GP2 Discorsi 2003 330

330 4. Nella mia recente Esortazione Apostolica Post-sinodale Pastores gregis, ho osservato che il Vescovo è "distributore della grazia del supremo sacerdozio", esercitando il suo ministero attraverso la predicazione, la guida spirituale e la celebrazione dei sacramenti (cfr ). Come Pastori del gregge del Signore, siete ben consapevoli che non potere assolvere in modo efficace ai vostri doveri senza collaboratori impegnati che vi aiutino nel vostro ministero. Per questa ragione, è fondamentale che continuiate a promuovere la solidarietà tra il clero e una maggiore unità tra i Vescovi e i loro presbiteri. Sono fiducioso che i sacerdoti nel vostro Paese "vivano e operino in spirito di comunione e di collaborazione con i Vescovi e con tutti i membri della Chiesa, dando testimonianza all'amore che Gesù ha dichiarato essere il vero distintivo dei suoi discepoli" (Ecclesia in Asia, ).

Purtroppo, anche coloro che sono stati ordinati per il ministero, talvolta possono cadere vittima di tendenze culturali o sociali dannose, che minano la loro credibilità e ostacolano gravemente la loro missione. Come uomini di fede, i sacerdoti non devono consentire alla tentazione del potere o del guadagno materiale di distoglierli dalla loro vocazione, né possono permettere che le differenze etniche o di casta li distraggano dal loro compito fondamentale di diffondere il Vangelo. Come padri e fratelli, i Vescovi devono amare e rispettare i loro sacerdoti. Allo stesso modo, i sacerdoti devono amare e onorare i loro Vescovi. Voi e i vostri sacerdoti siete annunciatori del Vangelo e costruttori dell'unità in India. Le differenze personali o la casualità della nascita non devono mai minare questo ruolo fondamentale (cfr Discorso ai sacerdoti dell'India, Goa, 7 febbraio 1986).

5. Un fermo impegno verso il sostegno reciproco assicura la nostra unità nella missione, che è fondata su Cristo stesso e ci permette di accostarci "a tutte le culture, a tutte le concezioni ideologiche, a tutti gli uomini di buona volontà" (Redemptor hominis
RH 12). Dobbiamo sempre aver presenti le parole di san Paolo, quando insegna che "nessuno di noi, infatti, vive per se stesso e nessuno muore per se stesso" (Rm 14,7). La Chiesa, inoltre, esorta i fedeli ad avviare, con prudenza e carità, il dialogo e la collaborazione con i membri delle altre religioni. Una volta che abbiamo impegnati questi nostri fratelli e sorelle, siamo in grado di indirizzare i nostri sforzi verso una solidarietà duratura tra le religioni. Insieme cercheremo di riconoscere il nostro dovere di promuovere l'unità e la carità tra le persone, riflettendo su ciò che abbiamo in comune e su che cosa può promuovere ulteriormente la fratellanza tra noi (cfr Nostra aetate NAE 1,2).

Incoraggiare la verità esige un profondo rispetto per ogni cosa compiuto nell'uomo dallo Spirito, che "soffia dove vuole" (Jn 3,8). La verità che ci è stata rivelata, ci obbliga a essere il suo custode e a insegnarla. Nel trasmettere la verità di Dio, dobbiamo sempre conservare "una profonda stima per l'uomo, per il suo intelletto, la sua volontà, la sua coscienza e la sua libertà. In tal modo, la stessa dignità della persona umana diventa contenuto di quell'annuncio, anche se privo di parole, mediante il comportamento nei suoi riguardi" (Redemptor hominis RH 12). La Chiesa cattolica in India ha promosso in modo costante la dignità di ogni persona umana e il corrispondente diritto di tutti i popoli alla libertà religiosa. Il suo incoraggiamento a tollerare e rispettare le altre religioni è dimostrato dai numerosi programmi di scambio interreligioso che avete sviluppato a livello sia nazionale sia locale. Vi incoraggio a proseguire questi dialoghi franchi e utili con gli appartenenti alle altre religioni. Tali discussioni ci aiuteranno a coltivare questa ricerca reciproca della verità, dell'armonia e della pace.

6. Cari Fratelli, Pastori del Popolo di Dio, all'inizio del terzo millennio, torniamo a dedicarci all'opera di riunire gli uomini e le donne in un'unità di intenti e di comprensione. È mia preghiera che il vostro pellegrinaggio presso le tombe degli Apostoli Pietro e Paolo abbia rinnovato la forza che vi occorre per sviluppare un'autentica spiritualità di comunione, che insegni a tutte le persone come "fare spazio" ai loro fratelli e alle loro sorelle, "portando i fardelli gli uni degli altri" (cfr Novo Millennio ineunte NM 43). Affido voi, i vostri sacerdoti, i religiosi e i fedeli laici all'intercessione della Beata Teresa di Calcutta e alla protezione di Maria, Madre della Chiesa. Come pegno di pace e di gioia in Cristo nostro Signore, imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica.



MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


AI VESCOVI ITALIANI RIUNITI AD ASSISI


PER LA 52ª ASSEMBLEA GENERALE DELLA CEI




Carissimi Vescovi italiani!

1. “Grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo” (1Co 1,3).

Saluto con grande affetto ciascuno di voi, riuniti ad Assisi, presso la Basilica di Santa Maria degli Angeli, per la vostra 52a Assemblea Generale. Vi accompagno con la preghiera e vi auguro di trascorrere insieme giorni di intensa comunione e di fecondo lavoro. Saluto, in particolare, il Cardinale Presidente Camillo Ruini, i tre Vicepresidenti e il Segretario Generale, e tutti coloro che collaborano con generoso impegno alle attività della vostra Conferenza.

2. La vostra sollecitudine di Pastori si concentrerà in questa occasione su un tema di fondamentale importanza nella vita e nella missione della Chiesa, quello della parrocchia. Molto opportunamente, nel programma della vostra Assemblea, essa è presentata come “Chiesa che vive tra le case degli uomini”, facendo eco alle parole con cui descrivevo l’indole della parrocchia nell’Esortazione Apostolica Christifideles laici (cfr n. 26).

Mi preme sottolineare che condivido con voi la convinzione del ruolo centrale e insostituibile che compete alla parrocchia nel rendere possibile, e in un certo senso facile e spontanea per ogni persona e famiglia, la partecipazione alla vita della Chiesa. Come affermava infatti il Concilio Vaticano II nella Costituzione sulla Sacra Liturgia, le parrocchie “rappresentano in certo modo la Chiesa visibile stabilita su tutta la terra” (n. 42).

La fitta presenza delle parrocchie su tutto il territorio italiano, la loro vitalità e capacità di svolgere un servizio pastorale e anche sociale attento ai bisogni della popolazione, sono una straordinaria ricchezza della Chiesa in Italia. Nella vostra Assemblea cercherete di individuare le vie più idonee a conservare e incrementare questa ricchezza, in mezzo ai grandi mutamenti sociali e culturali del nostro tempo e facendo fronte alle molteplici sfide che tendono ad allontanare dalla fede e dalla Chiesa anche un popolo come l’italiano, il cui radicamento cristiano è tanto solido e profondo.

331 Per raggiungere questi risultati sarà particolarmente importante che le parrocchie italiane mantengano quel caratteristico stile “familiare” che le distingue e che fa di loro, in certo senso, delle grandi “famiglie di famiglie”: così le parrocchie saranno un ambiente di vita caldo e accogliente e potranno offrire un grande contributo alla difesa e alla promozione di quella realtà preziosa e insostituibile, ma oggi purtroppo continuamente minacciata, che è la famiglia.

3. Questa vostra Assemblea è anche l’occasione propizia che mi si offre di rivolgere un saluto affettuoso, riconoscente e incoraggiante, ai tanti sacerdoti italiani impegnati nel ministero parrocchiale, a cominciare dai parroci.

Conosco bene la loro fatica quotidiana, i problemi che tanto spesso incontrano, le delusioni che non mancano, e voglio assicurare loro la mia cordiale vicinanza. Ma conosco anche lo zelo e la fiducia che li animano, lo spirito di fede ed il senso della Chiesa, da cui traggono sempre rinnovate energie.

Sappiano questi sacerdoti che il Papa li porta nel cuore e che confida in loro per mantenere la fede nel Popolo di Dio e per far crescere nei Pastori e nei fedeli lo slancio apostolico e missionario, affinché le comunità parrocchiali siano cellule vive di irradiazione del cristianesimo.

4. Carissimi Fratelli nell’Episcopato, desidero esprimere il più vivo apprezzamento per la costante sollecitudine pastorale con cui seguite e accompagnate la vita sociale dell’Italia.

A un anno di distanza dalla mia visita al Parlamento italiano, questa diletta Nazione, che tanto ha contribuito e contribuisce alla costruzione dell’Europa e alla diffusione di autentici valori di civiltà, continua ad essere travagliata da vari problemi e contrasti, mentre non è ancora del tutto estirpata la mala pianta del terrorismo politico.

Sono pertanto al vostro fianco nell’opera che ognuno di voi svolge per favorire la serenità e la concordia nei rapporti tra le diverse forze e componenti politiche, sociali e istituzionali. Condivido di cuore, inoltre, il vostro continuo impegno a tutela della vita umana, della famiglia fondata sul matrimonio, della concreta libertà scolastica, e parimenti la vostra sollecitudine per lo sviluppo dell’occupazione e per il sostegno alle fasce più povere della popolazione.

5. Carissimi Vescovi italiani, siete riuniti ad Assisi nel 750° anniversario della morte di S. Chiara. Codesto luogo, al quale mi legano indimenticabili ricordi, è simbolo di pace per il mondo intero. Mi unisco spiritualmente a voi per invocare il dono della pace sull’umanità tormentata da tanti sanguinosi conflitti. Insieme a voi affido al Signore gli Italiani che sono caduti in Iraq, compiendo il loro dovere al servizio di quelle popolazioni.

Preghiamo infine per l’Italia e per tutte le Chiese affidate alla vostra cura pastorale, affinché la fede e la carità di Cristo siano luce e nutrimento per l’intera Nazione.

Con sentimenti di profondo affetto imparto a voi, alle vostre Diocesi e a ciascuna parrocchia italiana una speciale Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 14 Novembre 2003

GIOVANNI PAOLO II





AI PARTECIPANTI AL V CONGRESSO MONDIALE


PROMOSSO DAL PONTIFICIO CONSIGLIO


DELLA PASTORALE PER I MIGRANTI E GLI ITINERANTI


332
Giovedì, 20 novembre 2003




Eminenze,
Cari Fratelli Vescovi,
Cari Fratelli e Sorelle in Cristo,

1. La pace sia con voi! È con gioia che vi accolgo qui, oggi. Rivolgo un saluto speciale al Presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, il Cardinale Stephen Fumio Hamao, e lo ringrazio per le gentili parole che mi ha rivolto a nome vostro. Sono lieto di salutare gli altri Cardinali e i Vescovi presenti tra voi, e di porgere un particolare benvenuto ai nostri fratelli e alle nostre sorelle delle altre comunità cristiane. In occasione di questo V Congresso Mondiale, vi assicuro anche della mia vicinanza spirituale ai migranti, ai rifugiati, ai profughi e agli studenti stranieri in tutto il mondo, che voi cercate di assistere.

L'impegno di promuovere il benessere di tanti uomini e donne che, per diverse ragioni, non vivono nella loro terra natale, rappresenta un campo molto vasto per la nuova evangelizzazione alla quale è chiamata tutta la Chiesa. Un presupposto importante per questo compito è quello di riconoscere la mobilità, volontaria e involontaria, di tante famiglie, oggi.

2. La Chiesa continua a cercare di rispondere ai segni dei tempi; è questa una sfida che esige un sempre rinnovato impegno pastorale. Ispirato dalla Costituzione Apostolica Exsul familia di Papa Pio XII, e in risposta all'insegnamento del Concilio Vaticano II, il Pontificio Consiglio attualmente sta preparando un'Istruzione che affronterà i nuovi bisogni spirituali e pastorali dei migranti e dei rifugiati, e presenterà il fenomeno della migrazione come modo per favorire il dialogo, la pace e la proclamazione del Vangelo.

Occorre, oggi, rivolgere una particolare attenzione all'aspetto ecumenico della migrazione, con riferimento ai cristiani che non sono in piena comunione con la Chiesa cattolica, e anche alla dimensione interreligiosa, specialmente per quanto riguarda i seguaci dell'Islam. Sono fiducioso che l'Istruzione risponderà a queste esigenze oltre ad articolare la necessità di promuovere un programma pastorale aperto a nuovi sviluppi, e tuttavia sempre attento al dovere degli operatori di pastorale di collaborare pienamente con la gerarchia locale.

3. È in questo contesto che è stato scelto il tema del vostro Congresso: "Ripartire da Cristo per una rinnovata pastorale dei migranti e i rifugiati". Prendendo come punto di partenza la mia Lettera Apostolica Novo Millennio ineunte, intendete esaminare le sfide attuali alla luce della Parola di Dio e degli insegnamenti della Chiesa, mettendo in evidenza la carità e tenendo conto, in modo speciale, del mistero dell'Eucaristia, in particolare della sua celebrazione domenicale. Vi incoraggio in questo compito e vi ricordo che ciò che cerchiamo non è una formula, ma una Persona, e l'assicurazione che essa ci dà: "io sono con voi tutti i giorni" (
Mt 28,20).

A tal fine, ribadisco ancora una volta che per il rinnovamento pastorale, a prescindere dal suo obiettivo particolare, "non si tratta, allora, di inventare un "nuovo programma". Il programma c'é già: è quello di sempre, raccolto dal Vangelo e dalla viva Tradizione. Esso si incentra, in ultima analisi, in Cristo stesso, da conoscere, amare, imitare, per vivere in lui la vita trinitaria, e trasformare con lui la storia fino al suo compimento" (Novo Millennio ineunte NM 29). È questa la nostra comune proclamazione di Cristo che deve "raggiungere le persone, plasmare le comunità, incidere in profondità mediante la testimonianza dei valori evangelici nella società e nella cultura" (Ibidem).

4. È proprio nella società e nella cultura che dobbiamo mostrare rispetto per la dignità dell'uomo, del migrante e del rifugiato. A questo riguardo, esorto ancora una volta gli Stati ad aderire alla Convenzione Internazionale sulla Protezione dei Diritti dei Lavoratori Migranti e delle loro Famiglie, che è entrata in vigore il 1º luglio 2003. Similmente, mi appello agli Stati affinché rispettino i Trattati Internazionali riguardanti i rifugiati. Questa protezione della persona umana deve essere garantita in ogni società civile e deve essere abbracciata da tutti i cristiani.

333 5. Con gratitudine per il lavoro del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti e per il sostegno di tutti coloro che con esso collaborano, vi rendo volentieri partecipi di queste riflessioni e vi incoraggio nelle vostre deliberazioni dei prossimi cinque giorni. A voi e a tutti coloro che sono affidati alle vostre cure particolari, imparto la mia Benedizione Apostolica come pegno di forza e di pace nel nostro Signore Gesù Cristo.


AI PARTECIPANTI ALLA XXV ASSEMBLEA PLENARIA


DEL PONTIFICIO CONSIGLIO "COR UNUM"


Venerdì, 21 novembre 2003




Venerati Fratelli nell’Episcopato,
Cari Fratelli e Sorelle!

1. E’ con grande piacere che oggi ricevo voi, Membri del Pontificio Consiglio Cor Unum, venuti a Roma per l’Assemblea Plenaria del vostro Dicastero. Tutti di cuore vi saluto. Saluto, in particolare, Mons. Paul Josef Cordes, al quale desidero rivolgere una parola di cordiale ringraziamento per le espressioni di omaggio che mi ha appena indirizzato.

La carità verso Dio e i fratelli è manifestazione diretta della fedeltà della Chiesa al suo Signore, che "ha dato se stesso per noi" (Ep 5,2). Dal cuore squarciato di Gesù crocifisso è nata la Chiesa, la quale conseguentemente si sente impegnata a comunicare al mondo l’amore che da Lui ha ricevuto. Lo comunica anche agli uomini del nostro tempo, soprattutto ai poveri e a quanti si trovano in ogni genere di necessità. E’ questo, cari Membri del Pontificio Consiglio Cor Unum, il compito che il Papa vi affida, perché siate sostegno per tanti fratelli e sorelle in difficoltà, facendo sperimentare loro la tenerezza divina e la vicinanza amorevole del Successore di Pietro.

2. La Chiesa è al servizio dell'uomo nelle sue svariate e concrete necessità materiali e spirituali. Poiché "l'uomo è la via della Chiesa", come ho scritto nell'Enciclica Redemptor hominis proprio all'inizio del mio Pontificato (cfr n. 14), l’attenzione che a lui si deve prestare ci spinge a guardare in profondità all’anelito ad una pienezza di vita che è nel suo cuore.

Ben evidenzia questa esigenza il tema - "La dimensione della religione nella nostra attività caritativa" - che avete scelto per il vostro incontro. Esso infatti mette in luce che, nel recare sollievo a chi è affamato, malato, solo, sofferente, non va trascurata quell’intima aspirazione che pulsa in ogni umana creatura, ad incontrare e conoscere Iddio. Tutti, infatti, siamo alla ricerca di risposte esaurienti ai grandi interrogativi dell’esistenza. Noi cristiani sappiamo che solo in Gesù si trova la vera ed esauriente risposta a tante inquietudini dell’animo umano.

Ecco perché la Chiesa non si limita a soddisfare le sole attese materiali di chi è in difficoltà; non esaurisce la sua azione caritativa nel costruire strutture e opere filantropiche, per quanto lodevoli esse siano. Si sforza pure di andare incontro alle domande esistenziali più nascoste, anche se non chiaramente espresse. E con semplicità e prudenza pastorale non esita a testimoniare Cristo, che rivela il volto di Dio Padre, tenero e misericordioso.

3. Carissimi Membri del Pontificio Consiglio Cor Unum, vi sono sinceramente grato per il lavoro che quotidianamente compite e per l’aiuto che date alla Santa Sede. Le riflessioni di questi giorni vi spingono a mettere in evidenza il significato e il valore evangelico della diaconia della carità, che la Chiesa esercita attraverso le sue istituzioni benefiche e che testimonia con la dedizione di tante persone.

Non mancano esempi luminosi di questo servizio all’amore verso Dio e verso il prossimo. Addito a tutti Teresa di Calcutta, che ho potuto personalmente accompagnare per non pochi anni e che recentemente ho avuto la gioia di iscrivere nell’albo dei Beati. Dal Cielo interceda per voi e renda fruttuoso il vostro lavoro. Vegli sempre su di voi Maria Santissima, Madre di Misericordia e Consolatrice degli afflitti.

334 Con tali sentimenti, imparto di cuore la propiziatrice Benedizione Apostolica a ciascuno di voi e alle attività che il Pontificio Consiglio Cor Unum svolge con generoso impegno.


AI VESCOVI DEL BELGIO


IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM"


Sabato, 22 novembre 2003




Signor Cardinale,
Cari Fratelli nell'Episcopato,

1. Sono lieto di accogliervi oggi, in occasione della vostra visita ad Limina sulle tombe degli Apostoli Pietro e Paolo. Saluto in particolare i più giovani tra voi, che partecipano per la prima volta a questo incontro, e ringrazio il Cardinale Godfried Danneels, Presidente della vostra Conferenza Episcopale, per le gentili parole che mi ha appena rivolto. Auspico che questa visita, che è un tempo forte di contatto e di scambio di vedute con i Dicasteri della Santa Sede, per meglio servire l'evangelizzazione, ma anche un momento privilegiato di celebrazione dell'affectus collegialis che ci unisce, sia per ciascuno di voi una tappa significativa e un incoraggiamento nella vostra difficile ma esaltante missione di Pastori del popolo di Dio.

2. Le informazioni pervenutemi riguardanti la situazione della vostra Chiesa sono per me particolarmente preoccupanti. In effetti, non è possibile non provare una reale e seria preoccupazione di fronte la diminuzione regolare e importante della pratica religiosa nel vostro Paese, che riguarda le celebrazioni domenicali, ma anche molti Sacramenti, in particolare il Battesimo e la Riconciliazione, e soprattutto il Matrimonio. Allo stesso modo, la rilevante diminuzione del numero dei sacerdoti e la persistente crisi delle vocazioni sono per voi soggetto di grande preoccupazione. Osservate, tuttavia, anche la qualità della collaborazione pastorale che vivete con i sacerdoti, nei vostri consigli presbiterali, come pure con i rappresentati del popolo di Dio, nei consigli pastorali diocesani. La partecipazione sempre più attiva dei fedeli laici alla missione della Chiesa, soprattutto nelle parrocchie, costituisce parimenti un motivo di soddisfazione. Questa partecipazione deve svolgersi nello spirito di corresponsabilità voluto dal Concilio Vaticano II, e secondo le indicazioni pastorali contenute nell'Istruzione interdicasteriale su alcune questioni concernenti la collaborazione dei fedeli laici al ministero dei presbiteri, che ricorda la differenza fondamentale tra il sacerdozio comune e il sacerdozio ministeriale, e il carattere insostituibile del ministero ordinato. Pertanto, per evitare confusioni, occorre che i principi dottrinali in questa materia siano chiaramente espressi. Ciò aiuterà i fedeli a cogliere in maniera più netta il senso del ministero sacerdotale, per il servizio del popolo di Dio. È evidente che i giovani non saranno in grado di impegnarsi nel ministero se non conoscono il posto che compete loro nella comunità cristiana e se i fedeli mettono in discussione il valore del loro impegno. Spetta dunque a voi, in questo ambito, educare tutti i vostri diocesani circa il senso e il valore del ministero ordinato.

3. I rapidi cambiamenti che constatate, corrispondono certamente a un'evoluzione sensibile della società, caratterizzata da una secolarizzazione molto diffusa, che talvolta potrebbe fare pensare che la società belga si compiaccia di voltare le spalle alle radici cristiane, che tuttavia la fanno vivere in profondità. Così, il vostro Paese recentemente si è dotato di una legislazione nuova e preoccupante negli ambiti che toccano alcune dimensioni fondamentali della vita umana e sociale, come la nascita, il matrimonio e la famiglia, la malattia e la morte. Voi non avete mancato di intervenire su tali questioni. È importante che i Pastori facciano sempre udire la loro voce per ribadire la visione cristiana dell'esistenza e, in questa circostanza, per sottolineare la loro disapprovazione, poiché simili cambiamenti al livello della legge non sono soltanto segno di adattamento o di evoluzione dinanzi a mentalità o comportamenti nuovi, ma toccano nel profondo la dimensione etica della vita umana e mettono in discussione il rapporto con la legge naturale, la concezione dei diritti umani e, in modo ancor più profondo, la concezione dell'uomo e della sua natura.

4. È dunque su un terreno pastorale nuovo, mutevole e difficile, che vivete la vostra missione di Pastori della Chiesa di Cristo. Come ho scritto recentemente ai Vescovi di tutto il mondo, "se il dovere di annunciare il Vangelo è proprio di tutta la Chiesa e di ogni suo figlio, lo è a titolo speciale dei Vescovi i quali, nel giorno della sacra Ordinazione che li immette nella successione apostolica, assumono come impegno precipuo quello di predicare il Vangelo e di predicarlo "invitando gli uomini alla fede nella fortezza dello Spirito e rafforzandoli nella vivezza della fede"" (Pastores gregis, n. 26). Pertanto, la nostra responsabilità di Vescovi è quella di fare sentire con forza e con chiarezza l'annuncio della salvezza di Dio, offerta a tutti gli uomini nel mistero dell'amore redentore di Cristo, salvezza ottenuta una volta per tutte sul legno della Croce, nonché quella di invitare i fedeli a condurre una vita conforme alla fede che professano. In una società che perde i propri riferimenti tradizionali e che favorisce volentieri un relativismo generalizzato nel nome del pluralismo, il nostro primo dovere è quello di far conoscere Cristo, il suo Vangelo di pace e la nuova luce che apporta al destino dell'uomo. Nel fare questo, la Chiesa "non è mossa [...] da alcuna ambizione terrena; essa mira a questo solo: a continuare, sotto la guida dello Spirito Paraclito, l'opera stessa di Cristo, il quale è venuto nel mondo a rendere testimonianza alla verità, a salvare e non a condannare, a servire e non ad essere servito" (Gaudium et spes GS 3). Vi invito, pertanto, a ricercare attivamente il dialogo con la società civile e con tutto il popolo del Belgio, preoccupandovi di far conoscere in modo esplicito i valori della fede cristiana e la sua ricca esperienza dell'uomo attraverso la storia e le culture, non per imporre il suo modello, ma per rispetto della verità di cui voi siete i ministri nel nome di Cristo, e per rispetto del dialogo stesso, che esige che si tenga conto dell'identità propria e legittima di ciascuno. È a queste condizioni che la Chiesa troverà il posto che le compete nella società belga, annunciando il Vangelo con chiarezza e adoperandosi per la sua progressiva inculturazione nella cultura attuale.

5. Per consentire ai fedeli di porsi in questa prospettiva autenticamente missionaria, vi incoraggio a promuovere sempre più la formazione teologica, spirituale e morale della gente: in tal modo i fedeli laici avranno un sostegno migliore nella loro vita cristiana e saranno più pronti a rendere conto della speranza che è in loro (cfr 1P 3,15), grazie a una migliore conoscenza della Parola di Dio e del mistero della fede, offerta attraverso l'esposizione organica e coerente del suo contenuto, soprattutto a partire dal Catechismo della Chiesa Cattolica. Preoccupatevi anche di sostenere le Università e gli Istituti che offrono una formazione di altissimo livello, più specializzata ma indispensabile, affinché si sforzino sempre più a testimoniare, in modo coerente, la forza del pensiero cristiano, rendendo così un servizio importante, soprattutto per la formazione sacerdotale!

Preoccupatevi di mantenere i rapporti istituzionali, ma anche di stima e di fiducia, che vi legano a queste istituzioni, come anche alle persone che vi lavorano, in particolare i teologi, di modo che l'unità cattolica sia sempre manifesta, nel rispetto necessario delle competenze e delle responsabilità di ciascuno (cfr Pastores gregis, n. 29). L'Università cattolica, in effetti, "deve esercitare la sua missione preoccupandosi di mantenere la sua identità cristiana [...]. Pur avendo una propria autonomia scientifica, ha il compito di vivere l'insegnamento del Magistero nei diversi ambiti della ricerca nei quali è impegnata" (Discorso al Congresso organizzato dalla Congregazione per l'Educazione Cattolica e dalla Federazione Internazionale delle Università Cattoliche, n. 6).

Spetta alle Autorità universitarie e ai Pastori, quali voi siete, essere attenti a questo. Vi invito anche, insieme ai parroci delle parrocchie e ai servizi di catechesi e di formazione permanente, a diffondere la Bibbia nelle famiglie, affinché "l'ascolto della Parola diventi un incontro vitale, nell'antica e sempre valida tradizione della lectio divina, che fa cogliere nel testo biblico la parola viva che interpella, orienta, plasma l'esistenza" (Novo Millennio ineunte NM 39). In modo del tutto speciale, auspico che i fedeli approfondiscano sempre più l'importanza dell'Eucaristia nella loro vita personale e comunitaria. Che sappiano dedicare anche del tempo alla preghiera nella loro vita quotidiana, per attingere alla fonte autentica, secondo un principio fondamentale della concezione cristiana della vita: il primato della grazia (cfr Ibidem, n. 38)!

335 6. Occorre uno sforzo particolare per rendere sempre più solida la formazione umana, morale, teologica e spirituale dei futuri sacerdoti, che avranno la responsabilità di condurre le comunità cristiane di domani e di vigilare sulla qualità della loro testimonianza nella società in cui vivranno, nonché di manifestare l'unità del presbiterio intorno al Vescovo. Per le esigenze in questo ambito, non basta accontentarsi di una formazione ricevuta solo esteriormente; diventare un Pastore secondo il cuore di Cristo richiede un'autentica conversione dell'essere; questa la si realizza attraverso tutte le dimensioni della formazione sacerdotale, nel crogiolo della vita comune, come pure nell'approfondimento della vita spirituale. È auspicabile, in particolare, che i giovani, e più in generale l'insieme del popolo cristiano, possano conoscere, senza equivoci, le esigenze oggettive della chiamata al ministero presbiterale, in particolare per quanto concerne il celibato per gli ordini sacri, che, secondo la tradizione che ci giunge dal Signore, sono riservati agli uomini. Quello che ho detto a tutta la Chiesa all'inizio del nuovo millennio, "Duc in altum, prendi il largo!" (cfr Novo Millennio ineunte NM 1), lo ripeto in modo particolare alle vostre comunità: prendete il largo, attingete in profondità, restituendo alla vita cristiana tutto la sua intensità spirituale! L'atteso rinnovamento della vita cristiana e delle vocazioni al ministero ordinato, come pure alla vita consacrata, non può giungere solamente dalla riforma o dalla riorganizzazione esteriore, che pure sono utili, ma anche e soprattutto da un rinnovamento interiore della vita di fede dei Pastori e dei fedeli. È altresì importante ritrovare la dimensione sacramentale della Chiesa e la verità del suo mistero, come Sposa mistica del Figlio di Dio (cfr Ep 5,31-32), che è il Redentore degli uomini. È a questa profondità che il ministero ordinato trova il suo vero significato: non si tratta soltanto di essere, attraverso le varie e molteplici attività del ministero, l'animatore o il coordinatore della comunità, ma occorre rappresentare sacramentalmente, nella comunità e per essa, il Cristo Servitore, Capo della Chiesa, che è il suo Corpo. Come potrebbe mancare alla Chiesa questo dono che il Signore le ha fatto? Vi esorto, cari Fratelli, a sostenere e a incoraggiare, con tutte le vostre forze di Pastori, una pastorale vocazionale che interpelli le comunità e i giovani, affinché tutti si preoccupino di trasmettere la chiamata di Dio e di preparare il futuro delle vostre Diocesi.

7. La Chiesa che è in Belgio è sempre stata attenta all'educazione dei giovani, mobilitando a tal fine molte delle sue forze vive, soprattutto i religiosi e le religiose; e le scuole cattoliche, molto numerose nel vostro Paese, accolgono oggi molti alunni. Mi felicito con voi, a questo proposito, per avere ribadito chiaramente i principi dell'insegnamento cattolico e il vostro attaccamento alla sua identità.

Chiedo ai responsabili, agli insegnanti e ai genitori degli alunni, di approfondire le ricchezze di questa identità cattolica, per dare alle giovani generazioni il meglio della tradizione educativa della Chiesa, il senso di Dio e il senso dell'uomo, nonché i principi morali indispensabili, al fine di permettere loro di procedere con serenità e responsabilità nel cammino della vita. Allora, tra i giovani del Belgio, potranno emergere coloro che sceglieranno di vivere il Vangelo impegnandosi nelle realtà temporali e nel Sacramento del Matrimonio, e quelli che sceglieranno di seguire Cristo in modo più radicale, sulla via dei consigli evangelici, apportando in tal modo nuovi frutti al raccolto già abbondante della vita consacrata in Belgio. È tra questi giovani, aperti alla generosità di Cristo e all'universalità del suo amore, che potranno nascere anche le vocazioni dei sacerdoti diocesani e dei sacerdoti missionari per il mondo.

8. Mentre nelle vostre relazioni avete sottolineato le difficoltà della vita cristiana in una società che sembra colpita d'amnesia, avete scorto anche i segnali del possibile rinnovamento: il nuovo vigore dei pellegrinaggi, l'attrazione per il silenzio dei monasteri, il sensibile aumento del numero dei catecumeni adulti, la partecipazione attiva di molti laici alla vita delle comunità parrocchiali e il rinnovato piacere, per molti di loro, di una vita spirituale autentica. Pertanto, possiamo dire con il salmista: "Chi semina nelle lacrime mieterà con giubilo. Nell'andare, se ne va e piange, portando la semente da gettare, ma nel tornare, viene con giubilo, portando i suoi covoni" (Ps 125,5-6). La speranza del credente, così espressa al ritorno dall'esilio a Babilonia, viene a illuminare la vita dei fedeli laici. Negli importanti dibattiti che oggi animano la società belga, in effetti, viene chiesta loro una doppia testimonianza: quella della parola profetica, attraverso prese di posizione chiare e conformi alle esigenze del Vangelo, come le ricorda in ogni occasione opportuna e non opportuna (cfr 2Tm 4,2) il Magistero della Chiesa, ma anche la testimonianza delle azioni, quelle degli uomini e delle donne impegnati nelle gioie e nelle difficoltà della vita quotidiana, attraverso la vita di coppia e la vita familiare, il lavoro e le responsabilità sociali o politiche, attenti verso i loro fratelli e solidali con le loro gioie e le loro speranze (cfr Gaudium et spes GS 1), desiderosi di testimoniare loro l'amore incondizionato di Cristo. Abbiate a cuore di incoraggiare e di sostenere tutti coloro che si adoperano per promuovere una pastorale familiare che attesti la grandezza del matrimonio cristiano e della gioia di accogliere i figli, che possa aiutare anche coloro che sono stati feriti nel loro progetto di vita a trovare il loro posto nella comunità ecclesiale! La fede del salmista illumina anche il lavoro quotidiano dei sacerdoti, generosamente impegnati nella loro missione pastorale, ma che talvolta potrebbero essere tentati dalla stanchezza o dallo scoramento dinanzi alle difficoltà che incontrano.

Che sappiano quanto il Papa è loro vicino, rendendo grazie per la fecondità spesso nascosta del loro ministero, e pregando affinché essi siano sempre più legati a Cristo, loro Maestro e Signore! La mia riconoscenza va anche ai diaconi permanenti: in comunione con i Vescovi e in collaborazione con i sacerdoti, annunciano, con il dono della loro vita, l'amore fedele e umile di Cristo. È "nell'attesa che si compia la beata speranza nella Pasqua" (Messale Romano, Prefazio delle Domeniche Ordinarie VI), attinta alla fonte del Sacrificio eucaristico, che voi stessi, Vescovi del Belgio, ricevete ogni giorno nuova forza per incoraggiare, sostenere, illuminare e guidare coloro che il Signore vi ha affidato, nella sua Chiesa. Siate per loro profeti, testimoni e servitori della speranza, "la speranza, infatti, specialmente in tempi di crescente incredulità e indifferenza, è valido sostegno per la fede ed efficace incentivo per la carità. Essa trae la sua forza dalla certezza dell'universale volontà salvifica di Dio (cfr 1Tm 2,3) e della costante presenza del Signore Gesù, l'Emmanuele sempre con noi sino alla fine del mondo (cfr Mt 28,20)" (Pastores gregis, n. 3).

Che la Vergine Maria, che ha portato nel suo seno la speranza di tutti gli uomini, vegli con amore sui bisogni della Chiesa in Belgio, e che orienti verso il Figlio suo, come lo ha fatto alle nozze di Cana, il cuore di tutti i fedeli: "Fate quello che vi dirà" (Jn 2,5)!

A tutti voi, imparto con affetto la Benedizione Apostolica, che estendo di cuore ai sacerdoti e ai diaconi, ai religiosi e alle religiose, e a tutti i fedeli laici delle vostre Diocesi.

GP2 Discorsi 2003 330