GP2 Discorsi 2003 24


AI MEMBRI DEL SINODO PERMANENTE


DELLA CHIESA GRECO-CATTOLICA UCRAINA


Lunedì, 3 febbraio 2003




Venerati Fratelli nell’Episcopato!

1. La riunione del Sinodo permanente della Chiesa greco-cattolica ucraina qui in Roma vi offre la felice opportunità di riaffermare la vostra comunione con il Successore di Pietro. Avete voluto, infatti, ritrovarvi in questa città, al fine di incontrare in spirito di profonda unità e di cordiale fraternità il Papa e i suoi più stretti collaboratori. Siate i benvenuti!

Ringrazio il Cardinale Lubomyr Husar, vostro Arcivescovo Maggiore, per le gentili espressioni che, a nome di tutti, mi ha rivolto. Nel salutare ciascuno di voi singolarmente, intendo far giungere il mio affettuoso pensiero ai fedeli affidati alle vostre premure pastorali, ricordando il calore che essi mi hanno dimostrato durante la visita in Ucraina nel giugno del 2001. In quella circostanza, alla gioia delle vostre comunità si è unita anche l’accoglienza e il rispetto di tanti fedeli ortodossi, che hanno visto nel Vescovo di Roma un amico sincero.

2. La Chiesa greco-cattolica ucraina, rinata dopo i tragici eventi del secolo scorso, prosegue il suo cammino di ricostruzione nella consapevolezza della sua grande eredità spirituale, della feconda testimonianza dei suoi martiri e della necessità di mantenere a tutti i livelli un atteggiamento di dialogo, di collaborazione, di comunione.

Vi incoraggio in questo spirito che, nel contesto delle vicende quotidiane a volte difficili, vi è guida sicura per risolvere i problemi che via via si presentano. A tale riguardo, come non rilevare i recenti cordiali incontri con i vostri Fratelli Vescovi di rito latino, che hanno permesso di considerare, alla luce del medesimo obbligo della carità e dell’unità, le questioni pastorali che interessano ambedue le comunità? Anch’essi sono applicazione pratica di quella comunione effettiva e affettiva che deve guidare i Pastori del gregge di Cristo.

Tale comunione è tanto più necessaria se si riflette sulle sfide a cui la situazione odierna vi pone di fronte: dai bisogni spirituali di larghe fasce della popolazione, ai gravi dilemmi dell’emigrazione; dai disagi dei meno fortunati alle difficoltà familiari; dall’esigenza di un dialogo ecumenico al desiderio di una maggiore integrazione nel contesto europeo.

3. Venerati Fratelli, voi provenite da una terra che è la culla del cristianesimo nell’Europa orientale. A voi è chiesto di operare in questo "laboratorio" ecclesiale in cui coesistono la tradizione cristiana orientale e quella latina. Ambedue contribuiscono ad abbellire il volto dell’unica Chiesa di Cristo. L’Ucraina, "terra di confine", porta scritta nella sua storia e nel sangue di tanti suoi figli la chiamata ad operare con ogni impegno a servizio della causa dell'unità di tutti i cristiani.

Affido i vostri buoni propositi alle preghiere dei vostri numerosi martiri e all’intercessione di Maria Santissima, teneramente venerata nei molti santuari del vostro Paese.

Con la mia cordiale Benedizione Apostolica!




AI MEMBRI DELLA DELEGAZIONE DEL SANTO SINODO


DEL PATRIARCATO ORTODOSSO DI SERBIA


25
Giovedì, 6 febbraio 2003




1. Con profonda gioia rivolgo il mio saluto a voi, carissimi Fratelli, e con sentimenti di fraterna carità accolgo, presso le tombe dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, la vostra Delegazione. Per vostro tramite saluto il venerato Patriarca Pavle con il Santo Sinodo, e tutti i Vescovi, il clero, i monaci e i fedeli della vostra Santa Chiesa.

2. La presenza della vostra Delegazione a Roma e il nostro odierno incontro, che si realizza all'inizio del terzo millennio, non soltanto sono di grande significato, ma anche colmano di speranza tutti noi. Infatti, l'ultimo decennio del XX secolo è stato contrassegnato da non pochi dolorosi avvenimenti, che hanno provocato indicibili sofferenze a numerose popolazioni dei Balcani. Purtroppo non sono mancate ingiustizie ed i loro autori non hanno esitato a ricorrere alla strumentalizzazione dei sentimenti e dei valori religiosi e patriottici per ferire più in profondità il loro prossimo.

Le Chiese non sono venute meno al compito di richiamare tutte le parti in causa alla pace, al ristabilimento della giustizia e al rispetto dei diritti di ciascuna persona, prescindendo dalla sua appartenenza etnica o credenza religiosa. Com'è noto, anche la Santa Sede, senza fraintendimenti e con imparzialità, ha spesso levato la sua voce, ed io personalmente non ho mancato di farlo prima e durante le azioni che hanno in particolare colpito la popolazione del vostro Paese nel 1999.

3. Il recente passato ha inciso profondamente nella memoria degli uomini; ha lasciato non poca confusione nei giudizi, e tanta sofferenza in coloro che hanno subito lutti dolorosi o hanno dovuto abbandonare tutto ciò che possedevano. Le Chiese hanno il compito di agire secondo il modello del buon samaritano. Esse debbono alleviare le comuni sofferenze, curare le ferite e promuovere quella purificazione delle memorie da cui sgorgherà un sincero perdono e una fraterna collaborazione. Sono lieto che siano state già intraprese non poche iniziative in tal senso, e auspico che la loro realizzazione continui, grazie al generoso contributo di tutti, a livello locale nel vostro Paese come anche a livello regionale. Per quanto riguarda la Chiesa cattolica, anch'essa presente in Serbia e nei Paesi confinanti, assicuro che essa non eluderà questo dovere e non farà venir meno il suo contributo.

4. Oggi, le Chiese si confrontano con nuove esigenze e sfide, che derivano da una inarrestabile trasformazione del Continente europeo. L'identità cristiana dell'Europa, plasmata nelle sue radici dalle due tradizioni occidentale ed orientale, sembra talora essere messa in discussione. Questo non può non spingerci a ricercare e promuovere ogni forma di collaborazione che permetta agli ortodossi ed ai cattolici di dare insieme una vivida e convincente testimonianza della loro comune tradizione. Tale testimonianza risulterà efficace non soltanto nell'affermazione dei valori evangelici come la pace, la dignità della persona, la difesa della vita e la giustizia nella società di oggi, ma anche nell'avvicinamento e nel consolidamento di quella fraternità che dovrebbe contraddistinguere le relazioni ecclesiali tra cattolici ed ortodossi.

La vostra Chiesa nel corso dei secoli, anche tra non piccole avversità, si è impegnata per la diffusione del Vangelo nel Popolo Serbo, contribuendo in tal modo alla promozione dell'identità cristiana dell'Europa. Fedele alla tradizione apostolica, essa ha proclamato con perseveranza la Buona Novella della salvezza, imprimendo alla società serba una forte impronta culturale che affiora, tra l'altro, nella suggestiva architettura di chiese e monasteri. Quest'eredità non appartiene soltanto a voi; di essa sono fieri anche tutti gli altri cristiani. Il mio desiderio ed il mio auspicio è che l'Europa trovi i mezzi appropriati per preservarla ovunque essa è fiorita e cresce.

5. Carissimi Fratelli, vi ringrazio della vostra visita. Essa è per me un segno che lo Spirito di Dio guida la Chiesa verso il ristabilimento di quell'unità di tutti i discepoli di Cristo per la quale Egli ha pregato alla vigilia della sua morte. Chiediamo al Signore di darci la forza di continuare a percorrere questo cammino con fiducia, pazienza e coraggio. Vi prego di trasmettere i miei cordiali e fraterni saluti a Sua Beatitudine il Patriarca Pavle e alla vostra Chiesa in tutte le sue componenti. Quanto a voi, vi assicuro della mia preghiera affinché il Signore, che guida i nostri passi, vi accompagni in questa vostra visita, motivo di speranza per la crescita delle nostre reciproche relazioni.


AI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE


DEL BRASILE (CENTRO-OESTE E NORTE-2)


IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM"


Venerdì, 7 febbraio 2003


Venerabili Fratelli nell'Episcopato,

1. Siate i benvenuti nella Casa del Successore di Pietro in questa vostra Visita ad Limina Apostolorum, testimonianza visibile della collegialità episcopale della Chiesa. Saluto fraternamente ognuno di voi e Monsignor Jayme Henrique Chemello, Presidente della Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile. Desidero ringraziare di cuore per le sue parole il Cardinale José Freire Falcão, Arcivescovo di Brasilia, che ha voluto trasmettermi i buoni sentimenti che vi animano e le sfide pastorali dei Regionais Centro-Oeste e Norte-2.

26 Dando un'occhiata alla mappa dei vostri Stati, da Goiás fino alle frontiere internazionali del nord del Brasile, passando per Tocantins Pará e Amapá, posso immaginare le difficoltà che incontrate nell'esercitare la vostra missione di Pastori di quelle immense regioni. Essere Vescovo non è stato mai facile, e oggi presuppone obblighi, impegni e difficoltà che, ovunque, e in circostanze molte volte impreviste, costituiscono ostacoli enormi, complessi e, talvolta, umanamente insuperabili.

Tuttavia è Dio che vi invita a servire, con senso di responsabilità, il popolo che vi è stato affidato e non cesserà mai di sostenere e accompagnare coloro che ha prescelto, nella certezza che i fedeli "a causa della bella prova di questo servizio ... ringrazieranno Dio per la vostra obbedienza e accettazione del Vangelo di Cristo, e per la generosità della vostra comunione con loro e con tutti" (
2Co 9,13).

2. Senza negare le diversità specifiche di ogni diocesi, esistono situazioni e problemi che esigono un'azione pastorale concorde per esercitare, nell'unità e nella carità, "alcune funzioni pastorali ... per promuovere maggiormente il bene che la Chiesa offre agli uomini ... mediante forme e modalità di apostolato opportunamente adeguate alle circostanze di tempo e di luogo, a norme del diritto" (Motu proprio Apostolos suos, n. 14). Mi conforta sapere che questa è la vostra esperienza e questo è anche l'impegno della vostra Conferenza Episcopale: una lunga e proficua esperienza di comunione e di corresponabilità, che sta aiutando le vostre diocesi a unire i loro sforzi a favore dell'evangelizzazione, dando vita a un organismo di comunione episcopale, affinché i Pastori di un determinato territorio possano rinnovare il loro affetto collegiale nell'esercizio di alcune funzioni, ispirati dalla sollecitudine pastorale comune.

Fin dai suoi inizi, nel 1952, la Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile sta realizzando questa missione, con numerose iniziative destinate non solo a perfezionare la sua organizzazione, ma anche ad attestare la presenza del Redentore e del suo messaggio salvifico, in mezzo agli uomini. È stata questa la constatazione fatta al termine delle celebrazioni del Giubileo d'Oro dell'istituzione. La Conferenza dei Vescovi ha aiutato la Chiesa che è in Brasile a rimanere accanto al popolo, comprendendo la sua situazione e facendo proprie le sue cause.

Questo ci porta anche a ricordare l'importanza del fatto che, se la Chiesa ha bisogno di stare vicino al popolo, come Gesù fece nel percorrere le vie della Palestina per andare incontro alle anime, essa deve anche e soprattutto avvicinare Gesù al popolo, facendolo conoscere, facendo in modo che la grazia, che sgorgò dal suo fianco trafitto, come fonte di acqua viva, raggiunga i cuori che anelano alla gloria del Regno dei cieli. La Chiesa, quale strumento di salvezza, ha ricevuto da Cristo, attraverso i suoi apostoli, la missione vitale di andare "in tutto il mondo e" predicare "il Vangelo a ogni creatura", ricordando che "chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato" (Mc 16,15-16).

La vostra missione, venerati Fratelli nell'Episcopato, assume allora un carattere proprio e specifico al momento di decidere le diverse impostazioni della pastorale, e più in generale dell'evangelizzazione. Come successori degli Apostoli, avete ricevuto la luce che viene dall'Alto, mediante la consacrazione episcopale. "Il Signore Gesù, dopo avere pregato il Padre, chiamò a sé quelli che egli volle, e ne costituì dodici perché stessero con lui... e questi li costituì apostoli sotto la forma di un collegio o di un gruppo stabile, del quale mise a capo Pietro, scelto in mezzo a loro. Li mandò prima ai figli di Israele e poi a tutte le genti affinché, partecipi della sua potestà, rendessero tutti i popoli suoi discepoli, li santificassero e li governassero" (Lumen gentium LG 19).

Mediante la consacrazione sacramentale e la comunione gerarchica con il Capo e le membra, il Vescovo diviene membro del Collegio Episcopale e partecipa pertanto alla sollecitudine per tutte le Chiese (cfr Ibidem n. 23), per essere maestro di dottrina, sacerdote del culto sacro e ministro del governo (cfr CIC, can. CIC 375). Il compito principale dei Vescovi è, in effetti, quello di governare la diocesi che è stata affidata loro, consapevoli che così facendo "contribuiscono essi stessi efficacemente al bene di tutto il corpo mistico, che è pure un corpo fatto di Chiese" (Lumen gentium LG 23). Tutti sanno però che sono molte le occasioni in cui i Vescovi non riescono a compiere adeguatamente la loro missione, "senza una cooperazione sempre più stretta e concorde con gli altri Vescovi" (Apostolos suos, n. 15).

Questa è la ragione per cui, oggi, le Conferenze Episcopali cooperano mediante un aiuto fecondo e diversificato per dar vita, in modo effettivo e concreto, all'unione collegiale o collegialis affectus fra i Vescovi. L'unione con quei Fratelli nell'Episcopato con i quali ognuno si ritrova particolarmente vincolato, spesso a causa della vicinanza geografica e di molti problemi pastorali comuni, funge da veicolo al bene comune della diocesi che gli è stata affidata; in caso contrario il suo Pastore si vedrebbe impossibilitato a compiere efficacemente la sua missione. Penso, ad esempio, all'importante questione della formazione dei candidati al sacerdozio. La necessità di trovare vocazioni salde e sicure ha richiesto alle vostre Chiese particolari un rinnovato sforzo e dispendio di energie. Formulo voti affinché l'Anno Vocazionale, promosso dalla Conferenza Episcopale, sia coronato da successo, per la qual cosa avete fin da ora il mio sostegno e la sicurezza delle mie preghiere elevate all'Onnipotente.

3. Si può pertanto affermare che il compito pastorale del Vescovo nella sua diocesi include necessariamente la partecipazione attiva ai lavori della Conferenza Episcopale, configurando, al contempo, i suoi limiti: limiti da parte della Conferenza, dovendo questa occuparsi di quelle questioni che devono essere da essa seguite, conformemente ai suoi Statuti, per il bene dell'insieme delle diocesi, e limiti anche da parte della dedizione personale di ogni Vescovo, a seconda dell'importanza dei problemi che devono essere trattati nella Conferenza, ossia conformemente ai benefici che se ne ricaveranno per tutte le diocesi.

Tenete quindi presente che un eccesso di organismi e di riunioni, che obbliga molti Vescovi a restare spesso lontani dalle proprie Chiese particolari, oltre a essere contrario alla "legge di residenza" (CIC, can. CIC 395), ha conseguenze negative sia sull'accompagnamento del suo presbiterio, sia su altri aspetti pastorali, come potrebbe essere il caso della diffusione delle sette.

Per questo è stata esplicitamente indicata la necessità di evitare, oltre all'eccessiva moltiplicazione di organismi, la burocratizzazione degli organi sussidiari e delle commissioni che restano operanti nel periodo fra le riunioni plenarie; in tal modo questi organi "esistono per aiutare i Vescovi e non per sostituirsi ad essi" (Apostolos suos, n. 18).

27 4. Nello svolgimento di questa missione, rivolgendomi ai miei Fratelli nell'Episcopato, attraverso la Lettera Apostolica sotto forma di Motu Proprio Apostolos suos, ho messo in evidenza il fatto che "l'unione collegiale dell'Episcopato manifesta la natura della Chiesa la quale, essendo in terra il seme e l'inizio del Regno di Dio", citando il Concilio Vaticano II (Lumen gentium LG 9) "costituisce per tutta l'umanità un germe validissimo di unità, di speranza e di salvezza" (n. 8).

Desidero inoltre ricordare qui con soddisfazione lo spirito che pervade la Conferenza Episcopale dei Vescovi del Brasile, quale frutto della recente revisione dei suoi Statuti. Impegnandosi a "promuovere una salda comunione fra i Vescovi... e una loro sempre più grande partecipazione alla Conferenza" (Cap. I, art. 2), avete voluto riaffermare la tradizione apostolica conservatasi sempre nel corso della vita della Chiesa, fin dalla sua costituzione.

Non mi è sconosciuta la vastità della Chiesa in Brasile, che è fra le più grandi del mondo cattolico. I diciassette Regionais che la compongono, ognuno con un numeroso gruppo di diocesi e a volte di Prelazie, Eparchie, un Esarcato, Abbazie territoriali, un Ordinariato Militare e un altro per i fedeli di Rito Orientale, un'Amministrazione Apostolica Personale, ci mostrano l'immenso e impegnativo panorama di lavoro che avete dinanzi e la continua preoccupazione di mantenere unito il processo evangelizzatore.

Tale strutturazione deve essere al servizio della Conferenza e di ognuno degli Ordinari locali, al fine di mettere in atto le decisione dell'Assemblea Generale e, quando necessario, del Consiglio Permanente, come "organo di orientamento e di accompagnamento dell'attuazione della CNBB" (Cap. V, art. 46). Confido perciò nel vostro zelo pastorale, affinché sia evitata qualsiasi discrepanza relativa alle norme statuarie approvate.

5. La dimensione continentale del Brasile richiede un'attenzione rinnovata, affinché a tutti giunga la certezza mediante la quale Cristo ha costituito il Popolo di Dio "in una comunione di vita, di carità e di verità" (Lumen gentium LG 9). Il Popolo di Dio si presenta come una comunità, nella misura in cui i suoi membri possiedono e partecipano degli stessi "beni" che servono per identificarlo e distinguerlo dagli altri gruppi sociali. San Paolo riassume i beni che concorrono a costituire il Popolo di Dio, proclamando che per i seguaci di Cristo vi è "un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo" (Ep 4,5).

Tutti hanno il diritto di ricevere in modo unitario e omogeneo non solo la verità rivelata, ma anche il pensiero comune dell'Episcopato nazionale, attraverso le dichiarazioni fatte a nome della Conferenza dei Vescovi. Faccio quindi appello al vostro senso di responsabilità per i pronunciamenti fatti attraverso i mezzi di comunicazione sociale, in rappresentanza della stessa Conferenza. Il fatto che una comunicazione sia di totale responsabilità personale, conformemente a quanto indicato dai vostri Statuti (cfr Cap. IV, art. 131), non esclude la coerenza dottrinale e la fedeltà al Magistero della Chiesa.

6. Come Maestri nella Fede e dispensatori dei misteri di Dio, avete bisogno di una sintonia ancora più grande quando si tratta di analizzare, nei diversi organismi della Conferenza Episcopale, questioni di carattere nazionale che si ripercuotono sulle diverse pastorali diocesane.

Le Conferenze Episcopali hanno la propria responsabilità nell'ambito di loro competenza, ma "le loro decisioni hanno riflessi immancabili nella Chiesa universale. Il ministero petrino del Vescovo di Roma rimane il garante della sincronizzazione delle attività delle Conferenze con la vita e l'insegnamento della Chiesa universale" (Udienza generale, 7 ottobre 1992, n. 8). Nell'ambito di competenza di ogni organismo che compone la vostra Conferenza, spetta al Vescovo fare un diligente e attento esame delle materie che gli vengono sottoposte, non potendo esimersi, per mancanza di tempo, dall'analisi obiettiva delle questioni. Come "testimoni della divina e cattolica verità" i Vescovi, "sono i dottori autentici, cioè rivestiti dell'autorità di Cristo, che predicano al popolo loro affidato la fede da credere e da applicare nella pratica della vita" (Lumen gentium LG 25).

A questa esigenza si deve aggiungere anche la corretta applicazione, per ogni caso, delle norme del Diritto della Chiesa sia occidentale sia orientale. Se, da un lato, teoricamente, regna un consenso abbastanza esteso nel concepire il Diritto nella Chiesa alla luce del mistero rivelato, come è stato indicato dal Concilio Vaticano II (cfr Optatam totius OT 16), dall'altro persiste ancora l'idea di un certo legalismo che, nella pratica, riduce questo Diritto a un insieme di leggi ecclesiastiche, poco teologiche e poco pastorali, in sé contrarie alla libertà dei figli di Dio. Tale visione è certamente inadeguata, visto che, come ho già avuto occasione di dire, anche di recente, le norme canoniche si basano su una realtà che le trascende e comprende aspetti essenziali e permanenti nei quali si concretizza il diritto divino (cfr Discorso al Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, 24/01/2003, n. 2). È pertanto necessario pensare che l'azione pastorale non si può ridurre a un certo pastoralismo, inteso nel senso di ignorare o attenuare altre dimensioni fondamentali del mistero cristiano, fra le quali quella giuridica. Se la pastorale diluisce qualsiasi obbligo giuridico, relativizza l'obbedienza ecclesiale, privando di senso le norme canoniche. La vera pastorale non potrà mai essere contraria al vero Diritto della Chiesa.

7. Venerati Fratelli, è una grazia sapersi e sentirsi uniti, vicini gli uni agli altri, decisi a procedere e a lavorare insieme, soprattutto quando si percepiscono tante forze che ci sono contrarie, forze di divisione che cercano di separare o persino di contrapporre i fratelli fra di loro, fratelli chiamati prima a vivere uniti. Continuate il vostro cammino ricercando sempre una sintonia fraterna nell'ambito della vostra Conferenza Episcopale e con il Successore di Pietro che, in questo momento, rinnova il suo abbraccio di comunione con tutti, anche con coloro che sono stati qui, a partire dallo scorso anno, in Visita ad Limina. Poiché siete l'ultimo gruppo previsto dell'Episcopato brasiliano, lascio a voi i miei voti di pace e di fraternità, nella speranza che continuiate a costruire l'unità nella verità e nella carità e perché possiate, insieme, rispondere alle grandi sfide del momento attuale.

Nel concludere questo incontro, rivolgo il mio pensiero alla Vergine Aparecida, Madre delle vostre Comunità cristiane e Patrona della grande Nazione brasiliana. A Lei affido tutti voi e i vostri sacerdoti, religiosi e religiose, e i fedeli laici delle vostre diocesi, e vi imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica.


AI VESCOVI E AI SACERDOTI AMICI


DELLA COMUNITÀ DI SANT’EGIDIO


28
Sabato, 8 febbraio 2003




Venerati Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio,
Cari Amici della Comunità di Sant'Egidio!

1. Sono lieto di incontrarmi con tutti voi, convenuti a Roma da varie parti del mondo per alcuni giorni di preghiera e di riflessione, in occasione dell'incontro internazionale dei Vescovi e Sacerdoti, amici della Comunità di Sant'Egidio. Un saluto particolarmente cordiale indirizzo agli esponenti di altre Chiese e Comunità ecclesiali qui presenti.

Ringrazio Mons. Vincenzo Paglia per le cortesi parole che mi ha rivolto, facendosi interprete dei comuni sentimenti e, insieme con lui, saluto il Professor Andrea Riccardi, che ha seguito ed animato fin dai primi passi il cammino della Comunità di Sant'Egidio.

Questo vostro convegno intende ricordare i 35 anni della vostra Comunità, che in questi anni si è diffusa in vari Paesi, creando una rete di solidarietà nella Comunità cristiana e civile.

2. Vi siete riuniti in questi giorni per riflettere sul tema: "Il Vangelo della pace", argomento quanto mai importante e sentito nel momento che stiamo attraversando, segnato da tensioni e venti di guerra. Diventa, pertanto, sempre più urgente annunciare il "Vangelo della pace" ad un'umanità tentata fortemente dall'odio e dalla violenza.

Occorre moltiplicare gli sforzi. Non ci si può fermare di fronte agli attacchi del terrorismo, né davanti alle minacce che si levano all'orizzonte. Non bisogna rassegnarsi, quasi che la guerra sia inevitabile. Alla causa della pace offrite, cari amici, il contributo della vostra esperienza, un'esperienza di vera fraternità, che conduca a riconoscere nell'altro un fratello da amare senza condizioni. E' questo il sentiero che conduce alla pace, un cammino di dialogo, di speranza e di sincera riconciliazione.

3. Nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace del 1° gennaio scorso ho voluto ricordare il quarantesimo anniversario dell'Enciclica "Pacem in terris", del mio venerato predecessore, il Beato Giovanni XXIII. Oggi come allora la pace è in pericolo. Va pertanto ribadito con forza che "la pace non è tanto questione di strutture, quanto di persone. Strutture e procedure di pace - giuridiche, politiche ed economiche - sono certamente necessarie e fortunatamente sono spesso presenti. Esse tuttavia non sono che il frutto della saggezza e dell'esperienza accumulata lungo la storia mediante innumerevoli gesti di pace, posti da uomini e donne che hanno saputo sperare senza cedere mai allo scoraggiamento. Gesti di pace nascono dalla vita di persone che coltivano nel proprio animo costanti atteggiamenti di pace" (n. 9).

Attraverso una rinnovata coscienza missionaria voi anche siete chiamati, oggi più che mai, ad essere costruttori di pace. Rimanendo fedeli e coerenti con la storia della vostra tradizione associativa, continuate ad adoperarvi perché si intensifichi ovunque la preghiera per la pace, accompagnata da un'azione concreta a favore della riconciliazione e della solidarietà tra gli uomini e tra i popoli.

4. Possano le Comunità cristiane, e tutti i credenti in Dio, seguire l'esempio di Abramo, comune padre nella fede, mentre sul monte prega il Signore perché risparmi la città degli uomini dalla distruzione (cfr
Gn 18, 23ss.). Con la medesima insistenza dobbiamo continuare ad invocare per l'umanità il dono della pace.

29 Volgiamo lo sguardo fiducioso a Cristo, il "Principe della Pace", che ci annuncia la buona novella della salvezza, il "Vangelo della Pace": "Beati i miti perché erediteranno la terra" (Mt 5,5). Egli chiama i suoi discepoli ad essere testimoni e servitori del Vangelo, certi che più di qualsiasi sforzo umano, è lo Spirito Santo a dare fecondità alla loro azione nel mondo.

Nel rinnovare a tutti voi l'espressione della mia riconoscenza per questo incontro, invoco la celeste protezione della Vergine Maria, Regina della Pace, su ciascuno di voi e sulle vostre iniziative.

Assicurandovi la mia spirituale vicinanza, imparto di cuore l'Apostolica Benedizione a voi qui presenti, a tutti i membri della Comunità di Sant'Egidio sparsi nel mondo, e a quanti incontrate nelle vostre quotidiane attività.


AI PRESULI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DELLA


BIELORUSSIA IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM"


Lunedì, 10 febbraio 2003



1. "Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri" (Jn 13,34). Queste parole, che Gesù lascia come testamento agli Apostoli nel Cenacolo, non cessano di risuonare nel nostro cuore, cari e venerati Fratelli nell'Episcopato!

Benvenuti nella casa di Pietro! Abbraccio con affetto ciascuno di voi. Saluto in particolare Lei, Signor Cardinale, Pastore della Sede Metropolita di Minsk-Mohilev, e La ringrazio cordialmente per le parole che ha voluto rivolgermi a nome non solo degli altri Confratelli, ma dell'intero popolo cattolico di Bielorussia. Saluto voi, amati Pastori di Grodno, di Pinsk e di Vitebsk. Invio con affetto il mio pensiero anche alla piccola ma fervida comunità cattolica di rito bizantino, erede della missione di San Giosafat, e saluto il Rev.mo Visitatore Apostolico ad nutum Sanctae Sedis, che quotidianamente se ne prende cura.

L'amore di Cristo ci unisce; è il suo amore che deve impregnare la nostra vita e il nostro servizio pastorale, stimolandoci a rinnovare la nostra fedeltà al Vangelo e a tendere ad una sempre più generosa dedizione alla missione apostolica che il Signore ci ha affidato.

2. È ancora vivo in me il ricordo del nostro incontro nell'aprile del 1997. Fu allora ragione di profonda gioia prendere atto della primavera della vita ecclesiale nel vostro Paese, dopo l'inverno della persecuzione violenta protrattasi per diversi decenni. Allora erano ancora marcati gli effetti dell'ateizzazione sistematica delle vostre popolazioni, specialmente dei giovani, della distruzione quasi totale delle strutture ecclesiastiche e della chiusura forzata dei luoghi di formazione cristiana. Grazie a Dio, è terminata quella rigida stagione e già da alcuni anni è in corso una progressiva, incoraggiante ripresa.

Nel passato quinquennio, la celebrazione dei Sinodi per l'Arcidiocesi di Minsk e per le Diocesi di Pinsk e Vitebsk vi ha offerto l'opportunità di meglio focalizzare le priorità pastorali, elaborando appropriati piani apostolici per le varie esigenze del territorio. Questa volta siete venuti a raccontarmi dei frutti del vostro generoso lavoro pastorale ed insieme a voi ne ringrazio il Signore, sempre misericordioso e provvidente.

3. Si tratta ora di progettare l'impegno futuro. Al primo posto c'è la famiglia, che anche in Bielorussia, attraversa purtroppo una seria e profonda crisi. Prime vittime di tale situazione sono i bambini, che rischiano di portarne le conseguenze per l'intera esistenza. Vorrei ripetere, a vostro conforto e incoraggiamento, quanto ho detto alle tantissime famiglie riunite a Manila, lo scorso 25 gennaio, per il IV Incontro Mondiale delle Famiglie. Occorre testimoniare con convinzione e coerenza la verità sulla famiglia, fondata sul matrimonio. Essa è un bene grande, necessario per la vita, lo sviluppo e il futuro dell'umanità. Trasmettete alle famiglie della Bielorussia la consegna che ho affidato a quelle del mondo intero: fare del Vangelo la regola fondamentale della famiglia, e di ogni famiglia una pagina di Vangelo scritta nel nostro tempo.

4. Il vostro Paese conta quasi dieci milioni di abitanti, dei quali gran parte risiede nelle città. La Bielorussia, se è la Nazione che ha sofferto di meno dei cambiamenti del periodo post-sovietico, è rimasta però anche quella in cui i processi di inserimento nel vasto contesto del Continente europeo sono avvenuti a rilento. Le conseguenze di tale ritardo pesano sulla ristrutturazione economica e, soprattutto nelle campagne, cresce la povertà. La concentrazione della popolazione nei centri urbani comporta uno sforzo notevole per la presenza della Chiesa. Ciò vale specialmente per la capitale Minsk, dove ormai vive più del 20% della popolazione.

30 Tra le priorità, voi ponete i giovani, sempre più numerosi nelle città e alla ricerca di un possibile impiego. La crisi demografica senza precedenti, che interessa il vostro Paese, costituisce altresì una forte sfida per l'annuncio del "Vangelo della vita", e i fenomeni dell'emarginazione, tra i quali l'alcolismo che recentemente si è ulteriormente aggravato, attendono risposte urgenti ed efficaci. A tutte queste problematiche la Chiesa cattolica, pur minoritaria nel Paese, si sforza di rispondere con i mezzi e le strutture disponibili. Vi incoraggio, carissimi, a proseguire su questo cammino e vorrei profittare di quest'occasione per ringraziare quelle organizzazioni cattoliche di altre nazioni, specialmente italiane e tedesche, che vi offrono il loro sostegno e la loro collaborazione.

5. "La messe è molta, ma gli operai sono pochi" (
Mt 9,37). Dinanzi alla mole di lavoro da compiere, viene spontaneo pensare a questa parola di Gesù. Che fare? La risposta ci viene dal Vangelo: "Pregate dunque – aggiunge Cristo - il padrone della messe che mandi operai nella sua messe" (v. 38). La preghiera, innanzitutto. Occorre intensificare l'implorazione dell'aiuto divino, ed educare i fedeli a fare della preghiera un momento fondamentale tra le loro occupazioni quotidiane. Gioverà a ciò l'opera, che avete iniziato, di tradurre in bielorusso i testi sacri, in particolare quelli del Messale Romano.

Accanto alla preghiera, non posso non ricordare il vostro sforzo per la formazione dei candidati al sacerdozio e alla vita consacrata, specialmente nei due seminari maggiori di Grodno e Pinsk, come pure mi piace sottolineare la necessaria attenzione verso i sacerdoti in cura d'anime. La collaborazione del clero e dei religiosi provenienti dalla vicina Polonia costituisce ora una necessità, che sicuramente aiuterà al consolidamento della comunità cattolica del vostro Paese.

Ed infine il dialogo ecumenico con la Chiesa ortodossa. Nella vostra terra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa hanno da sempre vissuto insieme e non poche famiglie sono confessionalmente miste, bisognose pertanto di assistenza anche da parte della Chiesa cattolica. Il Signore continui a guidare i vostri passi nella ricerca del reciproco rispetto e della mutua cooperazione.

Ricorrono quest'anno 380 anni dal martirio di San Giosafat, Arcivescovo di Polatsk, il cui sangue ha santificato la terra bielorussa. Possa il ricordo del suo martirio essere per tutti sorgente di fedeltà a Cristo ed alla sua Santa Chiesa.

6. Tutti affido a Maria, la Theotokos. A Lei domando di proteggere voi, venerati e amati Fratelli, i vostri più stretti collaboratori che sono i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i seminaristi, i laici attivamente impegnati nell'apostolato e l'intera Comunità cattolica che vive in Bielorussia. Su tutti e su ciascuno Ella vegli materna, insieme ai vostri santi Patroni. Quanto a me, vi assicuro il mio quotidiano ricordo nella preghiera, mentre di cuore vi benedico.


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