GP2 Discorsi 2003 43

GIOVANNI PAOLO II



ALLA DELEGAZIONE


DI LEADERS RELIGIOSI DALL’INDONESIA


Giovedì, 20 febbraio 2003




Eminenza,
Cari amici,

vi saluto con grande gioia, Membri della Delegazione Interreligiosa dell'Indonesia. La vostra presenza qui suscita in me ricordi vivi della visita pastorale in Indonesia nel 1989, un'occasione piena di affetto e apprezzamento reciproci poiché ho potuto sperimentare personalmente la varietà del vostro ricco patrimonio culturale e religioso.

In questo momento di grande tensione per il mondo, siete giunti a Roma e io sono lieto di avere l'occasione di parlarvi. Con la reale possibilità della guerra che incombe all'orizzonte, non dobbiamo permettere alla politica di diventare una fonte di ulteriore divisione fra le religioni del mondo. Infatti, né la minaccia della guerra né la guerra stessa dovrebbero poter alienare cristiani, musulmani, buddisti, induisti e membri di altre religioni. In quanto responsabili religiosi impegnati per la pace, dovremmo cooperare con il nostro popolo, con coloro che professano altri credi religiosi e con tutti gli uomini e con tutte le donne di buona volontà per garantire comprensione, cooperazione e solidarietà. All'inizio di quest'anno, ho detto: "la guerra è sempre una sconfitta per l'umanità" (Discorso al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, 13 gennaio 2003, n. 4). È anche una tragedia per la religione.

Prego con fervore affinché i nostri sforzi volti a promuovere la comprensione e la fiducia reciproche rechino frutti abbondanti e aiutino il mondo a evitare il conflitto. È attraverso l'impegno e la cooperazione costante che le culture e le religioni riusciranno a "superare le barriere che dividono, ad accrescere i vincoli della mutua carità, a comprendere gli altri, a perdonare coloro che hanno recato ingiurie" (Pacem in terris, V). Questo è il cammino che conduce alla pace autentica sulla terra.

Insieme, operiamo e preghiamo per questa pace.

Su di voi e sull'amato popolo dell'Indonesia invoco abbondanti benedizioni divine.

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE


AGLI ASSISTENTI DELL’AZIONE CATTOLICA ITALIANA




Carissimi Assistenti dell'Azione Cattolica Italiana!

44 1. Sono lieto di salutarvi in questa occasione, che vi vede radunati a Roma per il Convegno nazionale sul tema: "Fare nuova l'Azione Cattolica in Parrocchia". Un particolare saluto rivolgo all'Assistente Generale, mons. Francesco Lambiasi, e alla Presidente Nazionale, dottoressa Paola Bignardi.

Voi state riflettendo in questi giorni su come l'Azione Cattolica può contribuire, all'inizio del nuovo millennio, a ridisegnare il volto della parrocchia, struttura-base del corpo ecclesiale. L'esperienza bimillenaria del Popolo di Dio, come è stato del resto autorevolmente ribadito dal Concilio Vaticano II e dal Codice di Diritto Canonico, insegna che la Chiesa non può rinunciare a strutturarsi in parrocchie, comunità di credenti radicate nel territorio e collegate tra di loro attorno al Vescovo nella rete della comunione diocesana. La parrocchia è la "casa della comunità cristiana" a cui si appartiene per la grazia del santo Battesimo; è la "scuola della santità" per tutti i cristiani, anche per coloro che non aderiscono a determinati movimenti ecclesiali o non coltivano particolari spiritualità; è il "laboratorio della fede" in cui vengono trasmessi gli elementi basilari della tradizione cattolica; è la "palestra della formazione", dove si viene educati alla fede ed iniziati alla missione apostolica.

Tenendo conto dei rapidi cambiamenti che caratterizzano questo avvio di millennio, è necessario che la parrocchia avverta più forte il bisogno di vivere e testimoniare il Vangelo, intessendo un dialogo proficuo con il territorio e con le persone che vi risiedono o vi trascorrono una parte significativa del loro tempo, riservando particolare attenzione a quanti vivono nel disagio materiale e spirituale e sono in attesa di una parola che li accompagni nella loro ricerca di Dio.

2. Il legame tra la parrocchia e l'Azione Cattolica Italiana è da sempre molto stretto. Nelle comunità parrocchiali l'Azione Cattolica ha anticipato in modo capillare e con intuito profetico l'aggiornamento pastorale del Concilio e ne ha accompagnato nel corso degli anni il cammino di attuazione. Ha portato nella parrocchia la sensibilità e le istanze di quanti risentono, nella fatica del vivere di ogni giorno, i riflessi di quel cambiamento che tocca in vario modo ogni persona, prima ancora che le comunità, e interessa gli ambienti di vita prima che l'organizzazione della pastorale. Molto resta ancora da compiere. A quarant'anni dal suo inizio, il Vaticano II continua ad essere "una sicura bussola" per orientare la navigazione della barca di Pietro (cfr Novo millennio ineunte
NM 57) e i documenti conciliari rappresentano "la porta santa" che ogni comunità parrocchiale deve attraversare per entrare non solo cronologicamente ma soprattutto spiritualmente nel terzo millennio dell'era cristiana.

Sono certo che l'Azione Cattolica non farà mancare all'indifferibile opera di rinnovamento delle parrocchie l'apporto di una quotidiana testimonianza di comunione; sarà pronta a prestare il proprio servizio nella formazione di laici maturi nella fede, portando in ogni ambiente l'ardore apostolico della missione. Una spiritualità di comunione, vissuta con il Vescovo e con la Chiesa locale: ecco il contributo che l'Azione Cattolica Italiana può dare alla comunità cristiana. A questo proposito mi piace richiamare quanto scrivevo nella Lettera apostolica Novo millennio ineunte: "Prima di programmare iniziative concrete occorre promuovere una spiritualità della comunione, facendola emergere come principio educativo in tutti i luoghi dove si plasma l'uomo e il cristiano, dove si educano i ministri dell'altare, i consacrati, gli operatori pastorali, dove si costruiscono le famiglie e le comunità. Spiritualità della comunione significa innanzitutto sguardo del cuore portato sul mistero della Trinità che abita in noi e la cui luce va colta anche sul volto del fratelli che ci stanno accanto" (n. 43).

3. Solo un'Azione Cattolica rinnovata può contribuire a rinnovare la parrocchia. Accompagnate perciò, carissimi Assistenti, l'Associazione nel cammino di rinnovamento lucidamente prospettato e coraggiosamente intrapreso dall'ultima Assemblea nazionale. Sostenetela con il vostro ministero presbiterale, perché il "coraggio del futuro" e la "fantasia della santità", che lo Spirito del Signore non farà certamente mancare ai responsabili e agli aderenti, la rendano sempre più fedele al proprio mandato missionario.

Vi esorto a contribuire, con la fecondità del vostro ministero sacerdotale, alla promozione di una vasta e capillare opera educativa, che favorisca l'incontro tra la freschezza del Vangelo e la vita spesso insoddisfatta e inquieta di tante persone. Per questo occorre assicurare all'Associazione responsabili, educatori e animatori ben formati, e suscitare figure laicali capaci di forte slancio apostolico, che rechino in ogni ambiente l'annuncio del Vangelo. In tal modo l'Azione Cattolica potrà riesprimere il proprio carisma di Associazione scelta e promossa dai Vescovi, mediante una collaborazione diretta e organica con il loro ministero per l'evangelizzazione del mondo attraverso la formazione e la santificazione del propri aderenti (cfr Art. 2 Statuto).

In occasione dell'XI Assemblea nazionale della vostra Associazione, ho avuto modo di sottolineare come un autentico rinnovamento dell'Azione Cattolica sia possibile mediante "l'umile audacia" di fissare lo sguardo su Gesù, che fa nuove tutte le cose. Solo mantenendo gli occhi rivolti verso di Lui, si è in grado di distinguere ciò che è necessario da quanto invece non lo è. A voi chiedo di assumere per primi questo sguardo contemplativo per rendere testimonianza della novità di vita che ne scaturisce a livello personale e comunitario. L'indispensabile rinnovamento strutturale e organizzativo sarà il risultato di una singolare "avventura dello Spirito", che comporta la conversione interiore e radicale delle persone e delle associazioni ai vari livelli: parrocchiale, diocesano e nazionale.

4. Al servizio di questo impegno formativo e missionario ponete, carissimi, le vostre migliori energie: la sapienza del discernimento spirituale, la santità della vita, le varie competenze teologiche e pastorali, la familiarità di relazioni semplici e autentiche.

Nelle associazioni diocesane e parrocchiali siate padri e fratelli capaci di incoraggiare, di suscitare il desiderio di un'esistenza evangelica, di sostenere nelle difficoltà della vita i ragazzi, i giovani, gli adulti, le famiglie e gli anziani. Abbiate a cuore l'educazione di personalità cristiane forti e libere, sapienti e umili, in grado di promuovere una cultura della vita, della giustizia e del bene comune.

Il Papa vi è vicino e vi incoraggia a non perdervi d'animo, soprattutto quando, dovendo contemperare il servizio di Assistente con altri incarichi in Diocesi, vi capita di sperimentare la fatica e la complessità di un tale ministero. Siatene certi: l'essere Assistenti dell'Azione Cattolica, proprio per la singolare relazione di corresponsabilità insita nell'esperienza stessa dell'Associazione, costituisce una sorgente di fecondità per il vostro lavoro apostolico e per la santità della vostra vita.

45 Desidero, infine, cogliere questa occasione per invitare tutti i presbiteri a "non aver paura" di accogliere in parrocchia l'esperienza associativa dell'Azione Cattolica. In essa infatti potranno trovare non solo un valido e motivato sostegno, ma una vicinanza e un'amicizia spirituale, insieme alla ricchezza che proviene dalla condivisione dei doni spirituali d'ogni componente della Comunità.

Affido questi auspici, come pure quelli che ciascuno di voi porta nel cuore, all'intercessione di Maria, Madre della Chiesa, ed imparto di cuore a voi e a tutti i presbiteri, che con voi esercitano il ministero di Assistente dell'Azione Cattolica nella Chiesa Italiana, la mia Apostolica Benedizione.

Dal Vaticano, 19 Febbraio 2003

IOANNES PAULUS II



AI PARTECIPANTI ALL’INCONTRO


DEI DIRETTORI DIOCESANI DELLE PONTIFICIE OPERE


MISSIONARIE DEGLI STATI UNITI D’AMERICA


Venerdì, 21 febbraio 2003


Cari Fratelli e Sorelle in Cristo,

sono lieto di accogliervi, Direttori Diocesani delle Pontificie Opere Missionarie negli Stati Uniti D'America, in occasione del vostro incontro a Roma. È con grande piacere che mi unisco a voi oggi nell'inaugurare un nuovo sito web che promette di aprire un nuovo capitolo nelle iniziative delle vostre Opere, volte a promuovere uno spirito universale missionario nel Popolo di Dio.

Lo sviluppo di Internet negli ultimi anni offre un'opportunità senza precedenti di ampliare la portata dell'opera missionaria della Chiesa poiché esso è divenuto la fonte principale di informazione e di comunicazione per così tanti contemporanei, in particolare giovani. Spero che il nuovo sito delle Pontificie Opere Missionarie risvegli nei Cattolici degli Stati Uniti un più profondo apprezzamento del mandato missionario universale della Chiesa e una maggiore consapevolezza della ricca varietà di culture e di popoli in cui il Vangelo di Gesù Cristo continua a radicarsi nel nostro tempo.

Ho fiducia nel fatto che il nuovo sito susciterà in molte persone una fede più profonda in Cristo, porterà un aumento delle vocazioni missionarie ed esorterà ad un maggior impegno nell'annuncio del Vangelo ad gentes e nella nuova evangelizzazione di Paesi tradizionalmente cristiani.

Cari amici, sulla scia del Grande Giubileo, la Chiesa è chiamata a contemplare nuovamente il volto di Cristo per compiere con maggiore entusiasmo il Suo comandamento di ammaestrare tutte le nazioni (cfr Novo Millennio ineunte NM 58).

Che l'attività delle vostre Opere sia un autentico lievito di zelo missionario fra i cattolici degli Stati Uniti e rechi frutti abbondanti per la diffusione del Regno di Dio nelle nuove frontiere che si schiudono di fronte a noi. Affidando voi e il vostro importante apostolato alle preghiere di Maria, Madre della Chiesa, imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica quale pegno di forza e di pace nel Signore.


AI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE


DELLA REGIONE NORD DELL’AFRICA (C.E.R.N.A.)


IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM"


Sabato, 22 febbraio 2003

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Cari Fratelli nell'Episcopato e nel sacerdozio,


1. Vi accolgo con gioia, Pastori della Chiesa di Cristo nella Regione del Nord dell'Africa, che venite in pellegrinaggio sulle tombe degli Apostoli Pietro e Paolo. Ringrazio Monsignor Teissier, Arcivescovo di Algeri e Presidente della vostra Conferenza Episcopale, che ha appena espresso a vostro nome le speranze che dimorano in voi, le difficoltà che incontrate, come pure la solidarietà profonda che vi lega ai vostri popoli. Auspico che questa visita, che manifesta la vostra comunione fraterna con il Vescovo di Roma, sia per tutti voi un sostegno e l'occasione di un dinamismo rinnovato, affinché portiate sempre con coraggio il peso del ministero apostolico nelle vostre Diocesi. Siate parimenti fra i vostri fedeli i testimoni della sollecitudine del Papa per la Chiesa dei Paesi del Maghreb!

2. Il mondo nel quale viviamo si caratterizza per la moltiplicazione degli scambi, per un'interdipendenza più forte e per l'apertura sempre più grande delle frontiere: è il fenomeno della mondializzazione, con i suoi aspetti insieme positivi e negativi, che le nazioni devono imparare a gestire in modo costruttivo! Per quanto la concerne, la Chiesa cattolica conosce bene la dimensione universale, che costituisce la sua identità. Dal giorno della Pentecoste (cfr
Ac 2,8-11), sa che tutte le nazioni sono chiamate a diffondere la Buona Novella della salvezza e che il popolo di Dio è presente per tutti i popoli della terra (cfr Lumen gentium LG 13). Le vostre Diocesi sono sempre state sensibili a questa dimensione della cattolicità e al vincolo vitale che le unisce alla Chiesa universale, poiché i Pastori e i fedeli provengono da diversi Paesi. Tuttavia questa realtà ha assunto una dimensione nuova nella vostra regione, nel corso di questi ultimi anni, con lo sviluppo delle relazioni e degli scambi fra il Nord e il Sud del Sahara. Per molteplici ragioni, molti uomini e donne originari dei Paesi dell'Africa subsahariana, spesso cristiani, si sono stabiliti nei Paesi del Maghreb o vi soggiornano temporaneamente. La vostra Conferenza Episcopale, la CERNA, ha organizzato di recente, con i Vescovi delle regioni del Sud del Sahara, una riflessione pastorale su questo tema.

Rendo omaggio alla qualità e all'importanza di questo lavoro, che vi invito a proseguire e a intensificare, convinto che questo "scambio di doni" sia una grazia di arricchimento e di rinnovamento per tutte le parti coinvolte.

3. Siate profondamente radicati nel mistero della Chiesa! È essa che Cristo invia per portare agli uomini la Buona Novella dell'amore di Dio! Come ha giustamente ricordato il Concilio Vaticano II, "il popolo messianico, pur non comprendendo di fatto tutti gli uomini, e apparendo talora come il piccolo gregge, costituisce per tutta l'umanità un germe validissimo di unità, di speranza e di salvezza. Costituito da Cristo in una comunione di vita, di carità e di verità, è pure da lui preso per essere strumento della redenzione di tutti e, quale luce del mondo e sale della terra, è inviato a tutto il mondo" (Lumen gentium LG 9).

In questo spirito, vi invito a valorizzare le ricchezze delle diverse tradizioni spirituali che hanno nutrito la storia cristiana dei vostri Paesi, dall'antichità fino al grande slancio missionario degli ultimi due secoli. Esse hanno sottolineato e messo in evidenza aspetti diversi del tesoro del Vangelo: il senso della comunità e il piacere della comunione fraterna, il segno della povertà e la disponibilità verso il prossimo, l'ascolto attento dell'altro e il senso della presenza discreta e amorevole, la gioia di annunciare e di condividere la Buona Novella. Queste ricchezze spirituali, vissute con fedeltà dalle famiglie religiose che partecipano alla vita delle vostre Diocesi, possono sempre recare frutto per il bene delle vostre comunità. Non temete di accogliere anche la novità che possono apportare fratelli e sorelle provenienti da altri continenti o da altre culture, con spiritualità e sensibilità diverse! La Chiesa non si rallegrerà mai abbastanza di essere, a immagine della prima comunità di Gerusalemme, una comunità fraterna dove ognuno può trovare il suo posto, al servizio del bene comune (cfr At Ac 2,32).

4. A tale proposito, le vostre relazioni sottolineano la presenza importante e attiva nelle vostre Diocesi di giovani, venuti dai Paesi subsahariani per un periodo di studi nelle università dei vostri rispettivi Paesi. La loro accoglienza e la loro partecipazione alla vita delle comunità cristiane mostrano chiaramente che il Vangelo non è legato a una cultura. Avete compiuto importanti sforzi di attenzione pastorale verso questi giovani, per aiutarli a superare il loro isolamento, e avete proposto loro una formazione cristiana salda, per permettere loro di crescere nella fede.

5. Voi sottolineate, cari Fratelli, la buona qualità delle relazioni fra i cristiani delle vostre comunità e la popolazione musulmana, e io desidero rendere omaggio alla buona volontà delle Autorità civili nei riguardi della Chiesa. Tutto ciò è possibile grazie alla conoscenza reciproca, agli incontri quotidiani della vita e agli scambi, soprattutto con le famiglie. Continuate a incoraggiare questi incontri di giorno in giorno come una priorità, poiché contribuiscono a fare evolvere, da una parte e dall'altra, le mentalità, e aiutano a superare le immagini preconcette che i mezzi di comunicazione ancora troppo spesso veicolano. Accompagnati da dialoghi ufficiali, importanti e necessari, tessono legami nuovi fra le religioni, fra le culture e soprattutto fra le persone, e fanno crescere in tutti la stima della libertà religiosa e il rispetto reciproco, che sono elementi fondamentali della vita personale e sociale. Rivelando i valori comuni a tutte le culture, essendo radicati nella natura della persona, mostrano che "dalla reciproca apertura degli aderenti alle diverse religioni grandi benefici possono derivare alla causa della pace e del bene comune dell'umanità" (Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2001, n. 16).

Sottolineate anche come gli eventi drammatici vissuti da alcuni membri della comunità cristiana e condivisi dalla popolazione musulmana abbiano accresciuto non solo la solidarietà umana, ma anche l'attenzione verso l'altro e verso i suoi valori religiosi. L'esperienza spirituale della Chiesa, che riconosce nella Croce del Signore l'espressione dell'amore più grande, ha sempre considerato il dono dei martiri come una testimonianza eloquente e una fonte feconda per la vita dei cristiani. È dunque legittimo sperare anche da questi eventi tragici frutti di pace e di santità per tutti.

Nel cammino del dialogo l'attenzione per la cultura occupa un posto importante fra le vostre preoccupazioni: grazie all'apertura o al mantenimento di centri di studi e di biblioteche qualitativamente validi, vi preoccupate di proporre l'accesso alla conoscenza delle religioni e delle culture, offrendo così agli abitanti dei Paesi del Maghreb i mezzi per riscoprire il loro passato. Rendo omaggio in particolare alla felice iniziativa del Colloquio dedicato a sant'Agostino, organizzato dalle autorità algerine, in collaborazione con la Chiesa.

6. In tutta la comunità cristiana, sebbene poco numerosa e fragile, il servizio della carità verso i più poveri resta una priorità, poiché è l'espressione della bontà di Dio per tutti gli uomini e della condivisione che tutti sono chiamati a vivere, senza distinzione di razza, di cultura e di religione. Questa diaconia la vivete soprattutto con le persone malate o disabili, accolte e curate negli ospedali, o nelle case di cura che le religiose mettono a disposizione della popolazione. Continuate così ad accogliere i migranti, che attraversano i vostri Paesi del Maghreb nella speranza di raggiungere l'Europa, per offrire loro un momento di riposo e di convivialità fraterna nella loro indigenza e nella loro condizione precaria! Continuate, attraverso organismi di aiuto come la Caritas, e in collaborazione con associazioni locali, a testimoniare la carità di Cristo, venuto per confortare tutti coloro che soffrono (cfr Mt 11,28)!

47 7. So che i vostri sacerdoti svolgono il loro ministero con grande carità pastorale e coraggio, preoccupandosi di stare molto vicino alla popolazione. Manifesto loro, attraverso di voi, la mia profonda stima, esortandoli a porre sempre più l'Eucaristia al centro della loro vita. Questa è la fonte quotidiana dove si alimenta la loro relazione personale con Cristo, e da dove nasce la carità che accresce incessantemente la loro preghiera e la loro sollecitudine missionaria, come proclama la Preghiera Eucaristica n. IV: "Ti preghiamo per... i membri della nostra assemblea, per il popolo che ti appartiene, e per tutti gli uomini che ti cercano con rettitudine". In effetti, è attraverso la partecipazione all'intercessione e all'offerta di Cristo che si costituisce il Popolo di Dio. Invito ancora i sacerdoti a restare disponibili agli appelli della Chiesa, in funzione dei nuovi bisogni. Che serbino la preoccupazione di coltivare fra di essi relazioni fraterne, in seno al presbiterio diocesano, condividendo le loro esperienze apostoliche, i loro diversi approcci pastorali e le loro scoperte spirituali!

Saluto cordialmente i religiosi e le religiose, che costituiscono spesso il nucleo permanente della presenza cristiana nelle vostre comunità. La loro fedeltà, radicata nella preghiera e a volte vissuta in maniera drammatica, è un sostegno essenziale per il ministero dei sacerdoti, come pure per i laici che desiderano vivere gli impegni del loro Battesimo. Invito dunque gli Istituti di Vita Consacrata, nonostante le difficoltà attuali, a mantenere e a rinnovare la loro presenza tanto importante nelle vostre Diocesi.

Incoraggio ancora i fedeli laici: alcuni sono restati nel Paese dopo la sua indipendenza, altri vi sono venuti per un periodo specifico di servizio o di studio, altri ancora sono venuti per partecipare, temporaneamente, al suo sviluppo economico e infine alcuni sono del Paese. Li saluto in modo particolare, esortandoli tutti ad alimentare la loro fede con il radicamento nella preghiera e con una formazione adeguata; potranno così discernere meglio i segni della presenza di Cristo e rispondere generosamente alla sua chiamata. Li assicuro della mia preghiera e del mio paterno affetto.

8. Cari Fratelli nell'Episcopato e nel sacerdozio, come sottolinea il documento che avete redatto in occasione del Grande Giubileo, Le Chiese nel Maghreb nell'anno 2000, che Monsignor Teissier mi ha consegnato a nome vostro, siamo appena entrati nel nuovo millennio e sappiamo già quanto il cammino verso la pace sia disseminato di ostacoli, che bisognerà superare con coraggio e perseveranza. Il dialogo interreligioso deve essere a sua volta proseguito con pazienza e determinazione, per superare le diffidenze reciproche e per imparare a servire insieme il bene comune dell'umanità. Il cammino verso la piena unità dei cristiani richiede, anch'esso, tempo e l'impegno di una ferma volontà. Lungi dallo scoraggiarci dinanzi a queste sfide e a queste difficoltà, facciamo nostra la fiducia dell'Apostolo: "Perché il Dio del Signore nostro Gesù Cristo... possa illuminare gli occhi della vostra mente per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi e qual è la straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi credenti secondo l'efficacia della sua forza che egli manifestò in Cristo, quando lo risuscitò dai morti e lo fece sedere alla sua destra nei cieli" (
Ep 1,17-20). Radicati così nell'amore di Cristo morto e risorto, siate determinati e forti per vivere il Vangelo della pace (cfr Ep 6,15), testimoniando ogni giorno, con la vostra presenza e la vostra accoglienza dell'altro, l'amore incondizionato di Dio per ogni uomo!

Chiedo alla Vergine Maria, Notre-Dame de l'Atlas, di vegliare su ognuno di voi e di condurvi sempre più all'incontro con il suo divino Figlio. Di tutto cuore imparto a voi, come pure ai vostri sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, e a tutti i fedeli laici delle vostre Diocesi, un'affettuosa Benedizione Apostolica.


AI PARTECIPANTI ALL’INCONTRO


PROMOSSO DALLA FEDERAZIONE NAZIONALE


DEI CAVALIERI DEL LAVORO


Sabato, 22 febbraio 2003

Illustri Signori e Gentili Signore!


1. Sono lieto di accogliervi in questa Udienza speciale, che mi offre la gradita opportunità di incontrare alcuni qualificati rappresentanti del mondo del lavoro e dell'imprenditoria in Italia. Vi saluto tutti cordialmente, con uno speciale pensiero per il Presidente della Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoro, Ingegnere Mario Federici, al quale va il mio ringraziamento per le cortesi parole rivoltemi a nome dei presenti. Saluto altresì il Dott. Biagio Agnes, Presidente della Commissione per la Comunicazione e l'Immagine.

L'Ordine al merito del Lavoro è comunemente riconosciuto come uno dei più prestigiosi. Esso conferisce il titolo di Cavaliere del Lavoro a persone che, come voi, si sono distinte per capacità imprenditoriali e, soprattutto, per rigore morale nei diversi campi delle attività produttive.

2. Voi rappresentate così, non solo un gruppo scelto dell'imprenditoria italiana, ma anche i promotori di una crescita solidale ed equilibrata dell'economia nazionale.

A tale proposito, permettete che vi rivolga l'invito a riservare sempre più, nel vostro operare, un'attenzione prioritaria ai principi etici e morali.

48 Ricordavo, nell'Enciclica Sollicitudo rei socialis, che "la collaborazione allo sviluppo di tutto l'uomo e di ogni uomo è un dovere di tutti verso tutti" (n. 32). Proprio nella vostra qualità di "Cavalieri del Lavoro", siate i paladini ed i primi testimoni di questo "dovere" universale. Si tratta d'un compito ancor più urgente alla luce dell'attuale evoluzione della società, segnata dal processo di globalizzazione, all'interno del quale vanno salvaguardati il valore della solidarietà, la garanzia di accesso alle risorse e l'equa ridistribuzione della ricchezza prodotta.

3. Nella società contemporanea la famiglia, non di rado, pare penalizzata dalle regole imposte dalla produzione e dal mercato. Tra i vostri sforzi, pertanto, ci sia quello di sostenerla efficacemente, perché sia sempre più rispettata come soggetto attivo anche del settore della produzione e dell'economia.

Inoltre, la vostra Federazione è da anni attenta alla formazione dei giovani. Penso, in proposito, alla Residenza universitaria Lamaro - Pozzani, riservata a quanti frequentano i corsi di laurea a Roma. Continuate ad investire sui giovani, aiutandoli a superare il divario esistente tra la formazione scolastica e le reali esigenze delle imprese di produzione. Permetterete così alle nuove generazioni, grazie anche a un saldo ancoraggio al patrimonio dei valori umani e cristiani, di contribuire a rendere il mondo del lavoro sempre più a misura d'uomo.

Rinnovando il mio cordiale ringraziamento per l'odierna visita, auspico per ciascuno un proficuo successo nei vari campi professionali. Invoco su di voi, sulle vostre famiglie e sulle persone care l'intercessione di San Benedetto da Norcia, Patrono dei Cavalieri del Lavoro, e di cuore tutti vi benedico.


AI MEMBRI DELLA PONTIFICIA ACCADEMIA PER LA VITA


Lunedì, 24 febbraio 2003

Carissimi membri della Pontificia Accademia per la Vita!


1. La celebrazione della vostra Assemblea mi offre l'occasione di rivolgervi con gioia il mio saluto, esprimendovi apprezzamento per l'intenso impegno con cui l'Accademia per la Vita si dedica allo studio dei nuovi problemi nel campo soprattutto della bioetica.

Un particolare ringraziamento rivolgo al Presidente, Prof. Juan de Dios Vial Correa, per le amabili parole di saluto indirizzatemi, come pure al Vice Presidente, Mons. Elio Sgreccia, solerte e valido nella sua dedizione al compito affidatogli. Saluto anche con affetto i membri del Consiglio Direttivo e i Relatori di questa importante riunione.

2. Nei lavori della vostra Assemblea avete voluto affrontare, in un programma articolato e denso di riflessioni fra loro complementari, il tema della ricerca biomedica, ponendovi dal punto di vista della ragione illuminata dalla fede. E' una prospettiva che non restringe il campo di osservazione, ma piuttosto lo amplia, perché la luce della Rivelazione viene in aiuto della ragione per una più piena comprensione di ciò che è proprio della dignità dell'uomo. Non è forse l'uomo che, come scienziato, promuove la ricerca? Spesso è ancora l'uomo il soggetto su cui si compie la sperimentazione. In ogni caso, è sempre lui il destinatario dei risultati della ricerca biomedica.

E' un fatto da tutti riconosciuto che i miglioramenti della medicina nella cura delle malattie dipendono prioritariamente dai progressi della ricerca. In particolare, è soprattutto in questo modo che la medicina ha potuto contribuire in maniera decisiva a sconfiggere epidemie letali e ad affrontare con esiti positivi gravi malattie, migliorando notevolmente, in grandi aree del mondo sviluppato, la durata e la qualità della vita.

Tutti, credenti e non credenti, dobbiamo rendere omaggio ed esprimere sincero appoggio a questo sforzo della scienza biomedica, rivolto non soltanto a farci meglio conoscere le meraviglie del corpo umano, ma anche a favorire un degno livello di salute e di vita per le popolazioni del pianeta.

49 3. La Chiesa cattolica intende esprimere anche un ulteriore motivo di gratitudine a tanti scienziati dediti alla ricerca nell'ambito della biomedicina: molte volte, infatti, il Magistero ha richiesto il loro aiuto per la soluzione di delicati problemi morali e sociali, ricevendone una convinta ed efficace collaborazione.

Qui vorrei ricordare in particolare l'invito che il Papa Paolo VI, nell'Enciclica Humanae Vitae, rivolse a ricercatori e scienziati, affinché offrissero il loro contributo "al bene della famiglia e del matrimonio", cercando di "chiarire più a fondo le diverse condizioni che favoriscono un'onesta regolazione della procreazione umana" (n. 24). E' invito che faccio mio sottolineandone la permanente attualità, resa anche più acuta dalla crescente urgenza di trovare soluzioni "naturali" ai problemi di infertilità coniugale.

Io stesso, nell'Enciclica Evangelium vitae, ho fatto appello agli intellettuali cattolici perché si rendessero presenti negli ambienti privilegiati dell'elaborazione culturale e della ricerca scientifica per rendere operante nella società una nuova cultura della vita (cfr n. 98). Proprio in questa prospettiva ho istituito la vostra Accademia per la Vita con il compito di "studiare, formare e informare circa i principali problemi di biomedicina e di diritto, relativi alla promozione e alla difesa della vita, soprattutto nel diretto rapporto che essi hanno con la morale cristiana e le direttive del magistero della Chiesa" (Motu proprio Vitae mysterium, 4).

Nel terreno della ricerca biomedica l'Accademia per la Vita può quindi costituire un punto di riferimento e di illuminazione non solo per i ricercatori cattolici, ma anche per quanti desiderano operare in questo settore della biomedicina per il bene vero di ogni uomo.

4. Rinnovo, pertanto, un sentito appello affinché la ricerca scientifica e biomedica, evitando ogni tentazione di manipolazione dell'uomo, si dedichi con impegno ad esplorare vie e risorse per il sostegno della vita umana, la cura delle malattie e la soluzione dei sempre nuovi problemi in ambito biomedico. La Chiesa rispetta ed appoggia la ricerca scientifica, quando essa persegue un orientamento autenticamente umanistico, rifuggendo da ogni forma di strumentalizzazione o distruzione dell'essere umano e mantenendosi libera dalla schiavitù degli interessi politici ed economici. Proponendo gli orientamenti morali indicati dalla ragione naturale, la Chiesa è convinta di offrire un servizio prezioso alla ricerca scientifica, protesa verso il perseguimento del bene vero dell'uomo. In questa prospettiva essa ricorda che non solo gli scopi, ma anche i metodi e i mezzi della ricerca devono essere sempre rispettosi della dignità di ogni essere umano in qualsiasi stadio del suo sviluppo e in ogni fase della sperimentazione.

Oggi, forse più che in altri tempi dato l'enorme sviluppo delle biotecnologie anche sperimentali sull'uomo, è necessario che gli scienziati siano consapevoli dei limiti invalicabili che la tutela della vita, dell'integrità e dignità di ogni essere umano impone alla loro attività di ricerca. Sono tornato più volte su questo argomento, perché sono convinto che tacere di fronte a certi esiti o pretese della sperimentazione sull'uomo non è permesso a nessuno e tanto meno alla Chiesa, cui quell'eventuale silenzio sarebbe domani imputato da parte della storia e forse degli stessi cultori della scienza.

5. Una speciale parola di incoraggiamento desidero rivolgere agli scienziati cattolici perché, con competenza e professionalità offrano il loro contributo nei settori ove più è urgente un aiuto per la soluzione dei problemi che toccano la vita e la salute degli uomini.

Il mio appello è rivolto in particolare alle Istituzioni ed alle Università, che si fregiano della qualifica di "cattoliche", perché si impegnino ad essere sempre all'altezza dei valori ideali che ne hanno propiziato l'origine. Occorre un vero e proprio movimento di pensiero e una nuova cultura di alto profilo etico e di ineccepibile valore scientifico, per promuovere un progresso autenticamente umano ed effettivamente libero nella stessa ricerca.

6. Un'ultima osservazione è necessaria: cresce l'urgenza di colmare il gravissimo e inaccettabile fossato che separa il mondo in via di sviluppo dal mondo sviluppato, quanto alla capacità di portare avanti la ricerca biomedica, a beneficio dell'assistenza sanitaria e a sostegno delle popolazioni afflitte dalla miseria e da disastrose epidemie. Penso, in special modo, al dramma dell’AIDS, particolarmente grave in molti Paesi dell’Africa.

Occorre rendersi conto che lasciare queste popolazioni senza le risorse della scienza e della cultura significa non soltanto condannarle alla povertà, allo sfruttamento economico e alla mancanza di organizzazione sanitaria, ma anche commettere un'ingiustizia e alimentare una minaccia a lungo termine per il mondo globalizzato. Valorizzare le risorse umane endogene, vuol dire garantire l'equilibrio sanitario e, in definitiva, contribuire alla pace del mondo intero. L'istanza morale relativa alla ricerca scientifica biomedica si apre così necessariamente ad un discorso di giustizia e di solidarietà internazionale.

7. Auguro alla Pontificia Accademia per la Vita, che si accinge a iniziare il suo decimo anno di vita, di prendere a cuore questo messaggio e di farlo giungere a tutti i ricercatori, credenti e non credenti, contribuendo anche in questo modo alla missione della Chiesa nel nuovo Millennio.

50 A sostegno di questo speciale servizio, caro al mio cuore e necessario per l'umanità di oggi e di domani, invoco su di voi e sul vostro lavoro il costante aiuto di Dio e la protezione di Maria, Sede della Sapienza. Come pegno dei lumi celesti, imparto volentieri a voi e ai vostri familiari e colleghi di lavoro l'Apostolica Benedizione.




GP2 Discorsi 2003 43