GP2 Discorsi 2003 57


AI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DELLA SCOZIA


IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM"


Martedì, 4 marzo 2003


Cari Fratelli Vescovi,

1. "Grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo" (Rm 1,7). Con affetto fraterno porgo un cordiale benvenuto a voi, Vescovi della Scozia, in occasione della vostra prima visita ad limina Apostolorum di questo nuovo millennio. I nostri incontri ci offrono l'opportunità per affermare ancora una volta la nostra comunione collegiale e per approfondire i vincoli di amore e di pace che ci sostengono e ci incoraggiano nel nostro servizio alla Chiesa di Cristo. Mi unisco a voi nel ringraziare Dio per la fede e la dedizione dei sacerdoti, dei diaconi, dei religiosi e dei laici che siete stati chiamati a guidare nell'amore e nella verità. Nelle vostre comunità locali constatiamo la meravigliosa potenza dello Spirito Santo, "il quale, attraverso i secoli, ha attinto dal tesoro della redenzione di Cristo dando agli uomini la nuova vita, operando in essi l'adozione nel Figlio unigenito, santificandoli, sicché essi possono ripetere con san Paolo: "Abbiamo ricevuto lo spirito di Dio (cfr 1Co 2,12)"" (Dominum et vivificantem DEV 53). È questo stesso Spirito che ci guida alla verità tutta intera (cfr Jn 16,13) e che ci sprona, in questo nuovo millennio, a prendere nuovamente il largo, sostenuti dalla speranza che "non delude" (Rm 5,5).

2. Le relazioni che avete portato dalle vostre diverse diocesi testimoniano le nuove ed esigenti situazioni che rappresentano oggi sfide pastorali per la Chiesa. Infatti, possiamo osservare che in Scozia, come in molte terre evangelizzate secoli fa e permeate dal cristianesimo, non esiste più la realtà di una "società cristiana", ossia di una società che, malgrado le debolezze e le mancanze umane, considera il Vangelo un parametro esplicito della sua vita e dei suoi valori.

58 Piuttosto, la civiltà moderna, sebbene molto sviluppata dal punto di vista tecnologico, spesso è bloccata dentro da una tendenza a escludere Dio o a mantenerlo a distanza. È questo che nella mia Lettera Apostolica Tertio Millennio adveniente ho definito come "crisi di civiltà", una crisi alla quale occorre rispondere con "la civiltà dell'amore, fondata sui valori universali di pace, solidarietà, giustizia e libertà, che trovano in Cristo la loro piena attuazione" (n. 52). La nuova evangelizzazione alla quale ho invitato tutta la Chiesa (cfr Novo Millennio ineunte NM 40) può rivelarsi uno strumento molto efficace per contribuire a introdurre questa civiltà dell'amore.

Ovviamente la nuova evangelizzazione, come qualsiasi evangelizzazione cristiana autentica, deve essere caratterizzata dalla speranza.Infatti, è la speranza cristiana che sostiene la proclamazione della verità liberatrice di Cristo, ravviva le comunità di fede e arricchisce la società con i valori del Vangelo della vita, che afferma sempre la dignità della persona umana e promuove il bene comune. In tal modo, la vita cristiana stessa viene ravvivata e le iniziative pastorali vengono più facilmente dirette verso il loro unico vero fine: la santità. Infatti, la santità è un aspetto intrinseco ed essenziale della Chiesa: è attraverso la santità che sia gli individui sia le comunità si configurano a Cristo. Per mezzo del Battesimo, il credente entra nella santità di Dio, essendo incorporato a Cristo e fatto dimora del suo Spirito. Pertanto, la santità è un dono, ma un dono che a sua volta diventa un compito, un dovere "che deve governare l'intera esistenza cristiana" (Novo Millennio ineunte NM 30). È il segno di un'autentica sequela cristiana, realizzabile da tutti coloro che desiderano veramente seguire Cristo con tutto il cuore, con tutta la mente e con tutta l'anima (cfr Mt 22,37).

3. Il concetto di santità non deve essere considerato come un qualcosa di straordinario, un qualcosa che esula dai confini della normale vita quotidiana. Infatti Dio chiama il suo popolo a vivere una vita santa nelle circostanze comuni nelle quali si trova: a casa, in parrocchia, al lavoro, a scuola o nel campo giochi. Vi sono molte cose nella società che attirano la gente - talvolta intenzionalmente - allontanandola dalla ricerca difficile e tuttavia profondamente soddisfacente della santità. Come Pastori di anime, non dovete mai cedere allo scoraggiamento nei vostri sforzi volti a guidare l'intera vita cristiana e l'intera comunità cristiana sempre più lungo il cammino della santità.

La formazione del vostro gregge a una santità pratica e gioiosa, nel contesto di una spiritualità salda e teologicamente preparata, deve quindi essere una vostra priorità pastorale (cfr Congregazione per il Clero, Istruzione Il presbitero, pastore e guida della comunità parrocchiale, n. 28). Esige la partecipazione impegnata di tutti i settori della vita diocesana. Il lavoro svolto da sacerdoti, diaconi, religiosi e laici, nelle parrocchie e nelle scuole, e negli ambiti dell'assistenza sanitaria e del servizio sociale rappresenta un contributo prezioso per conseguire quella santità di vita alla quale sono chiamati tutti i fedeli. Potrebbe risultare particolarmente utile sollecitare il coinvolgimento attivo delle comunità monastiche e delle altre comunità di vita consacrata, nell'ambito dei loro carismi e apostolato particolari, soprattutto nei progetti volti alla formazione dei giovani nella scuola di santità.

4. Un aspetto importante della nuova evangelizzazione è l'esigenza, molto sentita, dell'evangelizzazione della cultura. Le culture umane di per sé non sono statiche, bensì in costante cambiamento attraverso i contatti che i popoli hanno tra di loro e le nuove esperienze che condividono. È la cultura dei valori a permettere a una cultura di sopravvivere e prosperare.

Il contesto culturale stesso permea la vita dalla fede cristiana, il che a sua volta contribuisce a modellare tale contesto. I cristiani sono quindi chiamati a portare l'immutabile verità di Dio a ogni cultura. E poiché "il popolo dei battezzati si distingue per una universalità che sa accogliere ogni cultura", occorre aiutare i fedeli a promuovere ciò che è implicito nelle culture diverse, "verso la sua piena esplicazione nella verità" (Fides et ratio, n. 71).

Nelle società in cui la fede e la religione sono viste come qualcosa che dovrebbe essere limitato alla sfera privata, e che quindi non ha spazio nella vita pubblica o nel dibattito politico, spesso è ancor più importante che il messaggio cristiano venga compreso chiaramente per quello che è: la Buona Novella di verità e di amore che rende liberi gli uomini e le donne. Quando le fondamenta di una cultura specifica poggiano sul cristianesimo, la voce del cristianesimo non può essere messa a tacere senza impoverire gravemente quella cultura. Inoltre, se la cultura è il contesto in cui l'individuo trascende se stesso, allora rimuovere l'Assoluto da tale contesto, o metterlo da parte come irrilevante, porta a una pericolosa frammentazione della realtà o fa nascere crisi, poiché la cultura non sarà più in grado di presentare alle giovani generazioni la fonte di significato e di saggezza che esse, in ultima analisi, ricercano. Per questa ragione, i cristiani dovrebbero essere uniti in diakonia con la società: in autentico spirito di cooperazione ecumenica, con la vostra partecipazione attiva, i discepoli di Cristo non devono mai cessare di rendere presente in ogni ambito della vita - pubblico e privato - la luce che l'insegnamento del Signore getta sulla dignità della persona umana.

È questa la luce di verità che dissipa le tenebre dell'interesse egoistico e della corruzione sociale, la luce che illumina il cammino di un giusto sviluppo economico per tutti. E i cristiani non sono soli nel compito di far risplendere sempre più questa luce nella società. Insieme agli uomini e alle donne di altre credenze religiose e alle altre persone di buona volontà, con cui condividono valori e principi comuni, le vostre comunità cattoliche sono chiamate a lavorare per il progresso della società e per la pacifica convivenza di popoli e culture. Pertanto, anche l'impegno e la collaborazione interreligiosi sono un mezzo importante per servire la famiglia umana. In effetti, laddove non si permette alla luce di verità di risplendere nei dibattiti pubblici, gli errori e le illusioni facilmente si moltiplicano e spesso giungono a dominare nelle decisioni relative alle linee da seguire. Questa situazione appare ancora più evidente quando coloro che hanno perso o abbandonato la fede in Dio attaccano la religione: può emergere una nuova forma di settarismo, il che è tanto amaro quanto tragico, aggiungendo un ulteriore elemento di divisione nella società.

5. Nel compito della nuova evangelizzazione, forse non vi è altro gruppo verso il quale desiderate essere più attenti e più solleciti di quello dei vostri giovani. Sono loro la nuova generazione di costruttori che risponderanno all'aspirazione dell'umanità a una civiltà dell'amore caratterizzata dalla vera libertà e dalla pace autentica. Durante la Giornata Mondiale della Gioventù dello scorso anno, a Toronto, ho affidato loro con fiducia questo compito e incoraggio voi a fare lo stesso, dando loro ogni aiuto possibile per affrontare questa sfida. Nelle vostre relazioni sono lieto di constatare che i giovani in Scozia stanno dimostrando entusiasmo per la loro fede e un desiderio sempre crescente di incontrarvi e lavorare con voi, loro Vescovi. La Chiesa, come mater et magistra, deve guidarli verso una conoscenza e un'esperienza sempre più piena nella fede in Gesù di Nazareth: infatti, solo Cristo è la pietra d'angolo e il fondamento sicuro della loro vita, solo Lui permette loro di abbracciare pienamente il "mistero" della propria vita (cfr Fides et ratio, n. 15).

La forza potente dei mezzi di comunicazione sociale e dell'industria dell'intrattenimento sono dirette largamente ai giovani, che si ritrovano ad essere l'obiettivo di ideologie contrapposte che cercano di condizionare e influenzare i loro atteggiamenti e le loro azioni. Si crea confusione mentre i giovani sono assediati dal relativismo morale e dall'indifferenza religiosa. Come possono cimentarsi con l'interrogativo della verità e le esigenze di coerenza nel comportamento morale quando la cultura moderna insegna loro a vivere come se non esistessero valori assoluti o dice loro di accontentarsi di una religiosità vaga? La diffusa perdita del significato trascendente dell'esistenza umana porta al fallimento nella vita morale e sociale. Il vostro compito, cari Fratelli, è di mostrare l'enorme importanza per gli uomini e le donne contemporanei - e per la generazione più giovane - di Gesù e del suo Vangelo: poiché è qui che le aspirazioni e le esigenze umane più profonde trovano compimento. Il messaggio salvifico di Gesù Cristo deve essere nuovamente ascoltato in tutta la sua freschezza e la sua forza, affinché possa essere pienamente sperimentato e assaporato!

6. Parlando della nuova evangelizzazione, non presentiamo un "programma nuovo", bensì riprendiamo ancora una volta la chiamata del Vangelo inserita nella Tradizione vivente della Chiesa.

59 Tuttavia, la rivitalizzazione della vita cristiana esige iniziative pastorali adattate alle circostanze effettive di ogni comunità, costruite sul dialogo e modellate dalla partecipazione dei vari settori del santo popolo di Dio. Lo sforzo comune da parte di Vescovi, sacerdoti, diaconi, religiosi e laici è essenziale per affrontare questioni molto preoccupanti non solo per la Chiesa, ma anche per tutta la società scozzese. Il matrimonio e la vita familiare rappresentano due ambiti in cui tale cooperazione non è solo auspicabile, ma anche necessaria: a questo proposito sono lieto di apprendere del prossimo incontro tra i Vescovi della Scozia e alcune agenzie impegnate in questi ambiti. Un'altra questione in cui le forze congiunte di tutti i fedeli si dimostreranno particolarmente preziose, è l'accoglienza che le vostre comunità possono dare ai rifugiati e ai richiedenti asilo, specialmente attraverso programmi che mirino all'assistenza, all'educazione e all'integrazione sociale. Similmente, il processo di consultazione e di pianificazione che avete avviato riguardo alla questione dei seminari scozzesi dimostra l'importanza di un approccio collaborativo nell'affrontare questioni urgenti relative alla Chiesa a livello nazionale, diocesano o locale.

7. La formazione sacerdotale, naturalmente, rimane una delle vostre massime priorità. È fondamentale che i candidati al sacerdozio siano saldamente radicati in un rapporto di profonda comunione e amicizia con Gesù Cristo il Buon Pastore (cfr Pastores dabo vobis
PDV 42). Senza questo rapporto personale, per mezzo del quale parliamo "cuore a cuore con nostro Signore" (Istruzione Il presbitero, Pastore e guida della comunità parrocchiale, n. 27), la ricerca della santità, che caratterizza il sacerdozio come vita di intimità con Dio, sarebbe assente e quindi verrebbe impoverito non solo il singolo sacerdote, ma l'intera comunità. Oggi più che mai la Chiesa ha bisogno di sacerdoti santi, il cui cammino di conversione quotidiano inspiri negli altri il desiderio di cercare quella santità che l'intero Popolo di Dio è chiamato a perseguire (cfr Lumen gentium LG 39). Gli uomini che si formano al sacerdozio, poiché si preparano a essere strumenti e discepoli di Cristo, l'Eterno Sacerdote, devono quindi ricevere aiuto nel ricercare una vita veramente caratterizzata dalla povertà, dalla castità e dall'umiltà, ad imitazione di Cristo, l'Eterno Sommo Sacerdote, del quale devono diventare icone viventi (cfr Pastores dabo vobis PDV 33).

In questo stesso contesto, possiamo osservare che la formazione permanente del clero è giustamente considerata parte integrale della vita sacerdotale. Nella mia Esortazione Apostolica Post-sinodale Pastores dabo vobis, ho già commentato e ulteriormente articolato l'invito del Concilio Vaticano II a una formazione dopo il seminario (cfr Optatam totius OT 22). Senza ripetere quanto già detto in tale documento, desidero sottolineare che "la formazione permanente dei sacerdoti, sia diocesani sia religiosi, è la continuazione naturale e assolutamente necessaria" del "processo di strutturazione della personalità presbiterale" (n. 71). Vi esorto a considerare sempre i vostri sacerdoti come "figli e amici" (Christus Dominus CD 16) e a prendervi a cuore il loro benessere negli aspetti umani, spirituali, intellettuali e pastorali della loro vita sacerdotale: siate loro vicini, ascoltateli e incoraggiateli alla fratellanza e all'amicizia tra di loro.

8. Cari Fratelli, sono queste alcune riflessioni suscitate dalla vostra visita presso le tombe degli Apostoli. Con rendimento di grazie e affetto condivido con voi queste riflessioni e incoraggio ognuno di voi nel suo ruolo di "vero padre" per il vostro popolo, a immagine del Buon Pastore che "conosce le sue pecore e le sue pecore conoscono lui" (cfr Jn 10,14). Vi assicuro delle mie preghiere mentre "annunciate la parola in ogni occasione opportuna e non opportuna, ammonendo, e esortando, con inesauribile pazienza e dottrina" (cfr 2Tm 4,2). È vostro sublime dovere proclamare la Buona Novella di salvezza di Gesù Cristo: adempite a questo compito nella fiduciosa consapevolezza che lo Spirito Santo continua a guidarvi e a illuminarvi sempre. Il messaggio di speranza e di vita che annunciate non mancherà di suscitare nuovo fervore e rinnovato impegno per la vita cristiana in Scozia. In questo Anno del Rosario, vi affido a Maria, "Stella della Nuova Evangelizzazione", affinché vi sostenga nella saggezza pastorale, vi rafforzi nella fortezza e faccia ardere nel vostro cuore l'amore e la compassione. A voi e ai sacerdoti, ai diaconi, ai religiosi e ai fedeli laici delle vostre diocesi imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica.

MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


AI FEDELI BRASILIANI IN OCCASIONE


DELLA CAMPAGNA DI FRATERNITÀ 2003




Al Fratello nell'Episcopato
Mons. JAYME HENRIQUE CHEMELLO
Presidente della CNBB

"Insegnaci a contare i nostri giorni e giungeremo alla sapienza del cuore" (Ps 90,12).

È con particolare affetto che saluto l'Episcopato del Brasile e tutto il popolo di questa amata Nazione che, in occasione del Mercoledì delle Ceneri, inizia il suo cammino verso la Pasqua della Resurrezione, con lo sprone di una nuova Campagna di Fraternità, quest'anno con il motto: "Vita, dignità e speranza".

L'impegno sincero nel riflettere e approfondire, proprio nel periodo di Quaresima, il tema della fraternità con le persone anziane, può essere inserito nel quadro della "sapienza". All'interno della stessa esistenza, gli anziani sono invitati a vivere il piano che Dio ha per ognuno, ripetendo con il salmista: "Non mi allontano dai vostri giudizi, perché sei tu ad istruirmi" (Ps 118,102). Da parte loro, la certezza che il tempo di vita è limitato li porta a affrontare ogni cosa alla luce della verità divina, riconoscendo la relatività di qualsiasi altra realtà. Tuttavia la vita terrena, nonostante i suoi limiti e le sue sofferenze, conserva sempre un suo valore e deve essere accettata fino alla fine. Per il cristiano essa "assume i contorni di un "passaggio", di un ponte gettato dalla vita alla vita, tra la gioia fragile e insicura di questa terra e la gioia piena che il Signore riserva ai suoi servi fedeli" (Lettera agli anziani, n. 16).

La Chiesa, esperta in umanità, indica, per mandato del redentore, il cammino per il bene spirituale e umano, cammino di riconciliazione e di penitenza, mediante la conversione personale e la solidarietà con il prossimo. Tale solidarietà, oggi necessaria soprattutto con gli anziani, è dovuta all'aumento dell'età media, che il progresso della medicina ha reso possibile. La vecchiaia è sempre esistita, ma oggi si presenta con caratteristiche particolari per la maggiore longevità delle persone. È necessario, pertanto, programmare con urgenza l'aiuto a questi fratelli e a queste sorelle. Ciò richiede un mutamento di mentalità: è urgente sostituire la cultura utilitaristica e materialistica, che misura il valore dell'uomo in base a quello che produce e consuma, con una cultura che riconosca il valore "assoluto" di ogni persona, qualunque sia il grado di capacità e di efficienza che possiede.

60 Formulo voti affinché sia infusa nuova vita ai programmi sociali e sanitari di tutela dell'anzianità, non solo da parte delle istituzioni pubbliche e private, ma anche attraverso le diverse pastorali diocesane. Il mio pensiero si rivolge a tutti gli anziani del Brasile, in modo particolare ai vedovi e alle vedove, ai religiosi e alle religiose anziani e ai carissimi fratelli nel sacerdozio. A tutti coloro che si trovano nei centri per anziani, nelle case di riposo, negli ospedali, e soprattutto a quelli poveri, invio il mio caloroso abbraccio e il mio incoraggiamento affinché non si lascino abbattere dallo sconforto. Se Dio permette la sofferenza a causa della malattia o per qualsiasi altro motivo, "ci dà sempre la grazia e la forza perché ci uniamo con più amore al sacrificio del Figlio e partecipiamo con più intensità al suo progetto salvifico" (Ibidem, n. 13).

A tutti gli amati anziani brasiliani imparto, come sprone per la loro valida presenza nella società, in pegno di abbondanti favori di Dio, una speciale Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 4 gennaio 2003

GIOVANNI PAOLO II



INCONTRO CON I PARROCI E IL CLERO DELLA DIOCESI DI ROMA

Giovedì, 6 marzo 2003


Signor Cardinale,
Venerati Fratelli nell'Episcopato,
carissimi sacerdoti romani!

1. Il nostro consueto incontro di inizio Quaresima ha luogo quest'anno, come ha sottolineato il Cardinale Vicario, nel XXV anno del mio servizio pastorale quale Vescovo di Roma. E' una ricorrenza che richiama il ministero sacerdotale, nel quale il Vescovo e i suoi preti sono intimamente uniti nella consapevolezza del dono che Dio ha fatto loro e nell'impegno di "ricambiare", spendendo con gioia la propria vita a servizio di Cristo e dei fratelli.

Saluto con affetto ciascuno di voi e vi ringrazio per il servizio generoso che prestate alla Chiesa di Roma. Saluto e ringrazio il Cardinale Vicario, il Vicegerente, i Vescovi Ausiliari e coloro tra voi che mi hanno rivolto la parola.

2. "Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi" (Jn 20,21). "Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato" (Mt 10,40). In queste due affermazioni di Gesù è contenuto il mistero del nostro sacerdozio, che trova la sua verità e identità nell'essere derivazione e continuazione di Cristo stesso e della missione che Egli ha ricevuto dal Padre.

Altre due parole di Gesù ci aiutano a entrare più profondamente in questo mistero. La prima riguarda Lui in persona: "In verità vi dico, il Figlio da sé non può fare nulla, se non ciò che vede fare dal Padre" (Jn 5,19). La seconda è rivolta a noi e a tutti i nostri fratelli nella fede: "Senza di me non potete far nulla" (Jn 15,5). Questo "nulla" ripetuto rimanda noi a Cristo e Cristo al Padre. E' il segno di una dipendenza totale, della necessità del distacco da noi stessi, ma è anche il segno della grandezza del dono che abbiamo ricevuto. Uniti a Cristo e al Padre, in virtù del sacramento dell’Ordine, possiamo infatti rimettere i peccati e pronunciare sul pane e sul vino le parole: "Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue". Nella celebrazione dell'Eucaristia, operiamo veramente "in persona Christi": quello che Cristo ha compiuto sull'altare della Croce e che prima ancora ha stabilito come sacramento nel Cenacolo, il sacerdote lo rinnova nella forza dello Spirito Santo (cfr Dono e Mistero, p. 89).

61 3. Carissimi sacerdoti di Roma, questo esige che noi, nell'esercizio del nostro ministero e in tutta la nostra vita, siamo veramente uomini di Dio. Non soltanto i fedeli a noi più vicini, ma anche le persone deboli e incerte nella loro fede e lontane dalla pratica della vita cristiana non restano insensibili alla presenza e alla testimonianza di un sacerdote che sia veramente "uomo di Dio": al contrario, nella misura in cui lo conoscono, lo stimano e tendono ad aprirsi a lui.

Per questo è tanto importante che noi sacerdoti per primi rispondiamo con sincerità e generosità a quella chiamata alla santità che Dio rivolge a tutti i battezzati. La via maestra e insostituibile per progredire nel cammino della santificazione la preghiera: stando con il Signore diventiamo amici del Signore, il suo sguardo diventa progressivamente il nostro sguardo, il suo cuore diventa il nostro cuore. Se davvero vogliamo che le nostre comunità siano "scuole di preghiera" (cfr Novo millennio ineunte
NM 33), noi per primi dobbiamo essere uomini di preghiera e quindi, alla scuola di Gesù, di Maria e dei Santi, maestri di preghiera.

Il cuore della preghiera cristiana e la chiave del mistero del nostro sacerdozio è senza dubbio l'Eucaristia. Per questo la celebrazione della Santa Messa non può non essere, per ciascuno di noi, il centro della vita e il momento più importante di ogni giornata. Carissimi sacerdoti, in realtà non abbiamo alternativa! Se non cerchiamo, umilmente ma fiduciosamente, di progredire nel cammino della nostra santificazione, finiamo per accontentarci di piccoli compromessi, che man mano diventano più gravi e possono sfociare anche nel tradimento, aperto o mascherato, di quell'amore di predilezione con cui Dio ci ha amato chiamandoci al sacerdozio.

4. Il dono dello Spirito, che ci unisce a Cristo e al Padre, ci lega indissolubilmente a quel corpo di Cristo e a quella sposa di Cristo che è la Chiesa. Per essere sacerdoti secondo il cuore di Cristo dobbiamo amare la Chiesa come Egli l'ha amata, dando se stesso per lei (cfr Ep 5,25). Dobbiamo non avere paura di identificarci con la Chiesa spendendoci per essa. Dobbiamo essere, con autenticità e generosità, uomini di Chiesa.

Il legame del sacerdote con la Chiesa si sviluppa secondo la dinamica tipicamente cristologica del Buon Pastore, che è nello stesso tempo capo e servo del Popolo di Dio. Egli è essenzialmente uomo di comunione, che non si stanca di costruire la comunità cristiana come "casa e scuola della comunione" (cfr Novo millennio ineunte NM 43). Il Sinodo che abbiamo celebrato dal 1986 al 1993 è stato in concreto, per tutta la Diocesi di Roma, grande scuola di comunione ed è compito anzitutto del sacerdote tradurre questo messaggio del Sinodo nella vita quotidiana delle comunità. Ma ciò richiede che egli per primo sappia dare esempio e testimonianza di comunione all'interno del presbiterio diocesano e nei rapporti con gli sacerdoti che vivono e svolgono il proprio ministero nella medesima parrocchia o comunità. L'esperienza pastorale conferma che la comunione tra i sacerdoti contribuisce moltissimo a rendere credibile e fecondo il loro ministero, secondo le parole di Gesù: "Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri" (Jn 13,35).

5. Carissimi sacerdoti di Roma, dopo il Sinodo abbiamo vissuto la Missione cittadina e ora la nostra Diocesi è impegnata a dare stabilmente una precisa impronta missionaria a tutta la pastorale.

Nell'esercizio quotidiano del nostro ministero, dobbiamo formare una vera coscienza missionaria nei fedeli a noi più vicini, in modo che le nostre comunità possano diventare progressivamente autentiche comunità evangelizzatrici e ciascun credente si sforzi di essere testimone di Cristo in ogni ambiente e situazione di vita. E' così che noi realizziamo nella maniera più piena e genuina il "dono" e il "mistero" del nostro sacerdozio.

Il sacerdozio ministeriale del Nuovo Testamento è infatti per sua natura sacerdozio apostolico, in quanto giunge alla comunità mediante la "successione apostolica", cioè la trasmissione ai Vescovi del ministero e del carisma degli Apostoli. Attraverso il sacerdozio del Vescovo, anche il sacerdozio dei presbiteri "è incorporato nella struttura apostolica della Chiesa" (Pastores dabo vobis PDV 16), partecipando così del suo essenziale orientamento missionario.

6. Cari Fratelli nel sacerdozio, non stanchiamoci mai di essere testimoni e annunciatori di Cristo, non lasciamoci scoraggiare dalle difficoltà e dagli ostacoli che troviamo sia dentro di noi, nella nostra fragilità umana, sia nell'indifferenza o nelle incomprensioni di coloro ai quali siamo mandati, comprese talvolta le persone a noi più vicine.

Quando le difficoltà e le tentazioni pesano sul nostro cuore, ricordiamoci piuttosto della grandezza del dono che abbiamo ricevuto, per essere a nostra volta capaci di "donare con gioia" (cfr 2Co 9,7). Siamo infatti, soprattutto nel confessionale ma anche in tutto il nostro ministero, testimoni e strumenti della misericordia divina, siamo e dobbiamo essere uomini che sanno infondere speranza e fare opera di pace e di riconciliazione.

A questo, cari Fratelli, Dio ci ha chiamati con amore di predilezione, e Dio merita tutta la nostra fiducia: la sua volontà di salvezza è più grande e più forte di tutto il peccato del mondo.

62 Grazie per questo incontro. Grazie anche per il dono del volume, fresco di stampa, in cui sono stati raccolti i testi dei discorsi che vi ho rivolti negli incontri di inizio Quaresima, a partire dal 2 marzo 1979. Mi auguro che anche questa iniziativa valga a mantenere vivo e fecondo il dialogo che s'è intrecciato tra noi nel corso di questi anni.

Vi benedico tutti di cuore e con voi benedico le comunità che vi sono affidate.
***


Al termine del discorso il Papa, dopo aver ricordato il "fecondo dialogo" che si è intrecciato con i parroci di Roma durante gli anni del suo Pontificato, ha aggiunto:

E sono già quasi 25 anni. È il venticinquesimo anno. La mia vita sacerdotale comincia nell'anno 1946, con l'ordinazione che ho ricevuto dalle mani del mio grande predecessore a Cracovia, il Cardinale Adam Stefan Sapieha. Dopo 12 anni sono stato chiamato all'episcopato, nel 1958. Così dal 1958 sono già trascorsi 45 anni di episcopato: abbastanza!... Di questi 45 anni, 20 a Cracovia, prima come Ausiliare, poi come Vicario Capitolare, poi come Arcivescovo Metropolita e Cardinale; ma 25 anni a Roma! Così con questi calcoli si vede che sono diventato più romano che "cracoviensis"! Ma tutto questo è Provvidenza.

L'incontro di oggi mi ricorda i tanti incontri con i sacerdoti nella mia prima diocesi di Cracovia. Devo dire che erano incontri più numerosi. Soprattutto ho potuto visitare molte parrocchie. Anche a Roma ne ho visitate 300 su 340... Ancora ne mancano! Posso dire che vivo ancora con questo capitale che ho un po' raccolto a Cracovia: capitale di esperienze, ma non solamente, anche di riflessioni, di tutto quello che mi ha dato il ministero sacerdotale e poi episcopale.

Devo confessare davanti a voi, Parroci, che non sono mai stato Parroco. Sono stato solamente vice-Parroco. E poi soprattutto sono stato professore, in seminario, all'Università. La mia esperienza è più quella della cattedra universitaria. Ma pur senza l'esperienza diretta, immediata di essere Parroco, ho sempre avuto tanti contatti con i Parroci e posso dire che essi mi hanno offerto l'esperienza che è loro propria.

Così davanti a voi, in questo XXV, ho fatto un po' di esame di coscienza della mia vita sacerdotale. Vi sono molto grato per le parole che avete detto, per l'affetto che avete manifestato e soprattutto per le preghiere, di cui ho sempre grande bisogno. E così abbiamo aperto la nostra Quaresima romana, la mia venticinquesima Quaresima romana. Vi auguro buona Quaresima e poi buona Pasqua! La Pasqua, questo centro della nostra vita non solamente cristiana ma anche sacerdotale! Tanti auguri!




AI PARTECIPANTI ALL’INCONTRO PROMOSSO


DALL’UFFICIO NAZIONALE ITALIANO PER IL SERVIZIO CIVILE


E AI DIRIGENTI E DIPENDENTI DELLA BANCA DI CREDITO


COOPERATIVO SANGRO TEATINA


Sabato, 8 marzo 2003




1. Benvenuti, cari amici, che fate parte della vasta famiglia del servizio civile! Grazie per questa visita, che mi offre l’opportunità di conoscervi meglio e di esprimervi apprezzamento per la professionalità e la dedizione con cui andate incontro a quanti si trovano in difficoltà, pronti ad offrire loro il vostro sostegno.

Vi saluto con affetto. In particolare, saluto l’On. Carlo Giovanardi, Ministro per i rapporti con il Parlamento, e lo ringrazio per essersi fatto interprete dei comuni sentimenti, illustrando al tempo stesso le attività e le prospettive del servizio civile in Italia.

63 Fra di voi ci sono alcuni che, per convinzione personale profonda, hanno scelto di svolgere questo servizio in luogo di quello militare. Altri, ragazzi e ragazze, beneficiando delle nuove normative concernenti il servizio civile nazionale, hanno deciso di consacrare alcuni anni della loro gioventù alla nobile causa del bene comune, per costruire una società imperniata sui valori umani e spirituali, diffondendo la cultura dell'accoglienza e della solidarietà.

2. Dalle parole dell'On. Giovanardi ho potuto intuire quanto vasto sia il vostro campo d'azione: dalla tutela dei diritti delle persone all'educazione alla pace e alla cooperazione a livello nazionale e internazionale. Le vostre attività spaziano dalla formazione dei minori all'assistenza domiciliare e ospedaliera, all'inserimento occupazionale di portatori di handicap, alla promozione culturale, alla salvaguardia del patrimonio storico e alla protezione civile e ambientale.

L'apertura del servizio civile alle donne e il passaggio ad un servizio militare libero hanno moltiplicato le opportunità d'impiego di volontari in Italia e in altri Paesi, specialmente del Terzo Mondo. Penso, tra l'altro, al progetto di istituire corpi civili di pace in ambito europeo e mondiale con modalità di formazione e di crescita più incisive.

3. Si potrebbe dire che il servizio civile costituisce, nell'attuale momento storico, un "segno dei tempi". Anche la Chiesa intende fare spazio a questa preziosa riserva di energie, collaborando con le Istituzioni civili alla ridefinizione del quadro giuridico entro cui dar vita al nuovo servizio civile. Per tale ragione, i Vescovi hanno voluto ribadirne alcune importanti coordinate, quali la formazione della persona, la scelta preferenziale per i poveri e gli emarginati, la diversificazione delle proposte secondo gli interessi e le attese dei giovani, il rilancio del servizio civile quale contributo al bene comune, l'attenzione alle situazioni locali e a quelle dei Paesi emergenti o segnati dalla guerra.

Attraverso la scelta dell'obiezione di coscienza e il servizio civile, si è intensificata la cooperazione tra la Chiesa, i giovani e il territorio. Ciò ha reso possibile, sin dal 1976, la programmazione di itinerari di crescita umana e cristiana con significative e diversificate esperienze di solidarietà. In questo contesto, mi piace quest'oggi, giorno dedicato alla donna, ricordare il contributo che proprio tante donne, attraverso il servizio civile nazionale, hanno dato e continuano ad offrire al consolidarsi delle comunità civili ed ecclesiali.

Vorrei, infine, ricordare ciò che il beato Giovanni XXIII scriveva esattamente quaranta anni or sono nell'Enciclica Pacem in terris. "A tutti gli uomini di buona volontà - egli notava - spetta un compito immenso: il compito di ricomporre i rapporti della convivenza nella verità, nella giustizia, nell'amore, nella libertà" (n. 87). Cari amici del servizio civile, siate ogni giorno più convinti del valore della vostra missione. La Vergine Maria, sublime modello di servizio a Dio e ai fratelli, vi accompagni e sempre vi protegga. Io vi assicuro la mia preghiera, mentre tutti vi benedico di vero cuore.

4. Il mio saluto cordiale va ora a voi, cari amici della Banca di Credito Cooperativo Sangro Teatina, che celebra il centenario della nascita. A tutti do il mio benvenuto. Saluto, in particolare, il Pastore della vostra Arcidiocesi, Mons. Edoardo Menichelli, che ha voluto accompagnarvi a quest'incontro. Estendo il mio saluto ai dirigenti, ai dipendenti e a tutti i familiari.

Il vostro Istituto fu fondato il 3 maggio del 1903, grazie anche alla provvida iniziativa di quattro sacerdoti, sulla scia degli insegnamenti proposti nell'Enciclica Rerum novarum dal mio venerato predecessore, il Papa Leone XIII. L’Istituto si chiamava allora Cassa Rurale Cattolica di Depositi e Prestiti San Francesco d'Assisi e intendeva fare della cooperazione nel campo del risparmio e del credito un proficuo strumento per andare incontro ai ceti rurali, che non di rado rimanevano vittime della diffusa e mortificante morsa dell'usura.

Dalla nascita ad oggi sono trascorsi cento anni, durante i quali il vostro Istituto ha subito ampie e profonde trasformazioni, mantenendo sempre intatto il suo stile di solidarietà e la sua ispirazione etico-sociale improntata al Vangelo.

Mi congratulo con voi per il lavoro compiuto e per il consenso non solo economico ma anche sociale e culturale che la Banca incontra attraverso i numerosi e diversificati interventi di beneficenza e di solidarietà tra le popolazioni dell'Abruzzo e del Molise, dove essa è presente. Sono mutate le condizioni economiche e sociali delle popolazioni, ma permangono non pochi problemi acuiti dall'attuale crisi economica che interessa il mondo intero. Auspico che la vostra attività prosegua mantenendo lo spirito delle origini e si apra con coraggio e lungimiranza alle emergenti necessità dell'attuale momento storico.

Vi proteggano San Francesco d'Assisi e i santi vostri Patroni; vegli su di voi e sulle vostre famiglie Maria Santissima e vi aiuti a essere sempre fedeli discepoli del suo Figlio Gesù nel diffondere il Vangelo della Carità.

64 Carissimi, vi ringrazio nuovamente per la vostra visita e, mentre assicuro un ricordo nella preghiera, di cuore tutti vi benedico.




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