GP2 Discorsi 2003 183


AI PARTECIPANTI AL CONGRESSO INTERNAZIONALE


PROMOSSO DALLA PONTIFICIA UNIVERSITÀ LATERANENSE


Venerdì, 9 maggio 2003


Signori Cardinali,
184 venerati Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio,
carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Sono lieto di incontrarvi in questa felice circostanza, che vede qui raccolti docenti e studenti dell'"Università del Papa". Desidero salutare i Signori Cardinali e i Vescovi presenti, come anche i partecipanti al Convegno indetto per questa circostanza, i professori e gli alunni delle varie Facoltà.

Ringrazio, inoltre, il Rettore Magnifico, Mons. Rino Fisichella, per i sentimenti espressi e per il significativo dono delle due opere con le quali l'Università intende ricordare questo momento.

2. Ritorno con la mente alle tre visite che Iddio mi ha concesso di compiere al vostro Ateneo nel corso di questi anni. Ogni incontro di questo genere risveglia nel mio animo il ricordo delle esperienze vissute nell'insegnamento accademico a Cracovia e a Lublino. Furono anni ricchi di studi, di contatti, di ricerche, animate dal desiderio di individuare e percorrere nuove piste per un'evangelizzazione attenta alle sfide dell'epoca moderna. Le conoscenze acquisite allora mi sono state utili per il ministero pastorale che ho svolto dapprima a Cracovia e, poi, quale Successore di Pietro, al servizio che continuo a svolgere all'intero Popolo di Dio.

In ogni fase e tappa della vita universitaria e del ministero pastorale, uno dei punti essenziali di riferimento è stata per me l'attenzione alla persona, posta al centro di ogni indagine filosofica e teologica.

3. Ho, pertanto, apprezzato che per ricordare i venticinque anni di Pontificato abbiate voluto promuovere questo Convegno su un tema quanto mai attuale: "La Chiesa a servizio dell'uomo!", sollecitando la partecipazione qualificata e rappresentativa di esponenti della Curia Romana e del mondo della cultura.

Scrivevo nella prima Enciclica Redemptor hominis: "La Chiesa non può abbandonare l'uomo, la cui ‘sorte’, cioè la scelta, la chiamata, la nascita e la morte, la salvezza o la perdizione, sono in modo così stretto ed indissolubile unite al Cristo... Quest'uomo è la prima strada che la Chiesa deve percorrere nel compimento della sua missione: egli è la prima e fondamentale via della Chiesa, via tracciata da Cristo stesso, via che immutabilmente passa attraverso il mistero dell'Incarnazione e della Redenzione" (n. 14).

4. Il messaggio del Vangelo è per l'uomo di ogni razza e cultura, perché gli sia faro di luce e di salvezza nelle diverse situazioni in cui si trova a vivere. Questo perenne servizio alla "verità" dell'uomo appassiona quanti hanno a cuore che egli conosca sempre di più se stesso e percepisca, con crescente consapevolezza, l'anelito di incontrare Cristo, piena realizzazione dell'uomo. Ecco un vasto campo di azione anche per voi, che intendete contribuire con dinamismo missionario a individuare nuove strade per l'evangelizzazione delle culture.

Cristo è la verità che rende liberi quanti lo cercano con sincerità e perseveranza. E' Lui la verità che la Chiesa proclama instancabilmente in modi diversi, diffondendo l'unico Vangelo di salvezza sino agli estremi confini della terra e inculturandolo nelle varie regioni del mondo.

Ricordava sapientemente sant'Ireneo: "Come il sole, creatura di Dio, è unico in tutto l'universo, così la predicazione della verità brilla ovunque e illumina tutti gli uomini che vogliono giungere alla conoscenza della verità... Si tratti di un grande oratore o di un misero parlatore, tutti insegnano la medesima verità. Nessuno sminuisce il valore della tradizione. Unica e identica è la fede. Perciò né il facondo può arricchirla, né il balbuziente impoverirla" (Contro le eresie, 1,10,3).

185 5. La vostra Università, come altri centri di studi ecclesiastici e religiosi, costituisce una singolare palestra nella quale diverse generazioni di "apostoli" possono fare personale esperienza di Cristo, approfondendone la conoscenza e preparandosi ad essere testimoni del suo amore nel ministero pastorale. Possano le vostre ricerche teologiche, filosofiche e scientifiche aiutare l'uomo contemporaneo a meglio percepire la nostalgia di Dio nascosta nell'intimo di ogni animo!

Chiedo a Dio di fecondare con la sua grazia ogni vostra attività. Maria, Sedes Sapientiae, vi assista con la sua materna protezione. Per parte mia, vi assicuro un costante ricordo nella preghiera, mentre a tutti e ciascuno imparto una speciale Benedizione Apostolica.




AL GRUPPO DI SAINT-FLOUR (FRANCIA)


IN OCCASIONE DELLE CELEBRAZIONI DEL MILLENNIO


DELLA MORTE DI PAPA SILVESTRO II


Sabato, 10 maggio 2003


Cari amici,

1. Rivolgo i miei voti di cordiale benvenuto a Monsignor René Séjourné, Vescovo di Saint-Flour, che è stato un valido collaboratore presso la Segreteria di Stato, come pure alla delegazione della Diocesi venuta per celebrare il Papa dell'anno 1000, Silvestro II, in occasione del millenario della sua morte.

2. Sono lieto di poter ricordare alcuni tratti significativi di colui che è stato definito "l'uomo più colto del suo tempo". Di fatto Gerbert d'Aurillac ha singolarmente dominato il suo secolo con le sue conoscenze e la sua erudizione, con la sua rettitudine morale e il suo senso spirituale. Fu al contempo un intellettuale e un uomo d'azione, un diplomatico e un uomo di Chiesa. Se le questioni attuali sono diverse da quelle che egli dovette affrontare, il suo atteggiamento spirituale e intellettuale resta un appello a ricercare la verità umana, che non si oppone mai alle verità della fede. Diceva: "Uniamo sempre la scienza e la fede".

3. È bene sottolineare la dimensione europea del suo ministero, essendo egli attento alla vita della Chiesa nelle nazioni che stavano nascendo allora. Benedettino del monastero Saint-Géraud d'Aurillac, apparteneva a questo ordine le cui diverse case contribuirono a modellare l'Europa. Arcivescovo di Reims, poi di Ravenna, divenuto nel 999 il primo Papa di origine francese, partecipò attivamente a questo movimento; ad esempio, nell'anno 1000, creò a Gniezno la prima Chiesa metropolitana in Polonia, che aveva fra le suffraganee la nuova Diocesi di Cracovia di cui io sono stato il Pastore. Gerbert contribuì anche alla rinascita intellettuale e alla vitalità del continente.

Il suo esempio ci aiuta a comprendere che l'Europa non si può costruire se non ammette, con lucidità, le sue radici cristiane. Queste ultime costituiscono una dimensione essenziale della sua identità, avendo lasciato la loro impronta sulla produzione culturale, artistica, giuridica e filosofica del Continente.

4. Mentre lodevoli sforzi vengono compiuti per dare una forma giuridica all'Europa, è bene ricordarsi di questo slancio iniziale, conferito da un francese all'inizio del secondo millennio.

Mediante la diffusione del Vangelo e la sua partecipazione alla vita delle nazioni, i cristiani si preoccupano ancora oggi di prendere parte all'edificazione della società. Attraverso di voi, incoraggio volentieri il popolo francese ad attingere dalle sue radici spirituali gli elementi di cui ha bisogno per la sua esistenza e per una vita solidale e fraterna con i suoi fratelli del continente.

5. Al termine di questa udienza, vi affido all'intercessione di Nostra Signora e, di tutto cuore, vi imparto una particolare Benedizione Apostolica, che estendo alle vostre famiglie e a tutti i diocesani di Saint-Flour.




AI COLLEGI PONTIFICI E ALLE COMUNITÀ DEGLI STUDENTI


DELLE CHIESE CATTOLICHE ORIENTALI IN ROMA


186
Lunedì, 12 maggio 2003


Beatitudine,
Venerati Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio,
Cari Alunni!

1. Sono lieto di porgere a ciascuno di voi il mio cordiale benvenuto. E’ con tanta gioia che oggi incontro Superiori e studenti dei Collegi Pontifici e delle Comunità di formazione delle Chiese Cattoliche Orientali in Roma.

Saluto, anzitutto, il Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, Cardinale Ignace Moussa I Daoud, e lo ringrazio per le cordiali parole con cui si è fatto interprete dei comuni sentimenti. Il mio saluto si estende, poi, al Segretario, al Sotto-segretario, agli Officiali e al Personale del Dicastero, come pure ai Superiori dei Seminari, dei Collegi e a tutti i presenti.

2. Questa felice occasione mi richiama alla mente le visite apostoliche che nel corso di questi anni ho potuto effettuare alle Comunità ecclesiali a cui appartenete. Porto nel cuore il ricordo fraterno dei vostri Patriarchi, dei Vescovi, dei sacerdoti e dell'intero Popolo di Dio, che ho avuto modo di incontrare. Ho anche ben presenti le complesse problematiche e le sfide che le Chiese Cattoliche d'Oriente sono chiamate ad affrontare in questo nostro tempo.

Volgendo, poi, lo sguardo a molti vostri Paesi, mi viene spontaneo ribadire con forza l'auspicio che si consolidi sempre più in quelle regioni la pace; che soluzioni eque e pacifiche restituiscano concordia e buone condizioni di vita a popolazioni già tanto provate da tensioni e ingiuste oppressioni. Voglia il Signore illuminare i responsabili delle Nazioni, perché si adoperino coraggiosamente, nel rispetto del diritto, per il bene di tutti e per la libertà di ogni Comunità religiosa.

3. Sono grato alla Congregazione per le Chiese Orientali che si prende cura della formazione dei seminaristi e dei sacerdoti, collabora e sostiene gli Istituti religiosi nel qualificare i propri membri, aiuta nel preparare all'apostolato laiche e laici competenti. Questa lodevole attività si articola in varie iniziative che abbracciano il campo degli studi orientalistici, quello della liturgia propria di ogni tradizione rituale, la formazione permanente a tutti i livelli e un costante aggiornamento delle esperienze pastorali.

Rientra nell'impegno del Dicastero l'istituzione, già dall'anno accademico in corso, del Collegio Sant'Efrem di via Boccea, dove viene offerto a sacerdoti di riti diversi ma di lingua araba un luogo adatto per la preghiera, per gli studi ecclesiastici e per una proficua attività apostolica.

A voi, cari Superiori dei Seminari, chiedo di portare avanti con dedizione l'opera preziosa, che state già svolgendo nei confronti degli alunni affidati alle vostre cure. Voi assicurate loro accompagnamento spirituale, l’educazione umana e il discernimento vocazionale, il perfezionamento negli studi teologici ed ecclesiastici, l’approfondimento culturale e di difesa dell'identità rituale, di maturazione ecclesiale e pastorale.

187 E voi, cari alunni, seminaristi e sacerdoti, religiosi e religiose, cari laici e laiche, sappiate mettere a profitto le varie opportunità che vi sono offerte in Roma, per poter meglio servire in futuro le vostre Comunità.

4. Nella Orientale Lumen notavo che è indispensabile favorire la conoscenza gli uni degli altri per far crescere la reciproca comprensione e l'unità. Ed offrivo poi alcune indicazioni, che qui riprendo, perché costituiscano anche per voi riferimento programmatico e pedagogico costante. Intendo accennare, in particolare, alla conoscenza della liturgia delle Chiese d'Oriente e delle tradizioni spirituali dei Padri e dei Dottori dell'Oriente cristiano.

Occorre prendere esempio dalle Chiese d'Oriente per l'inculturazione del messaggio del Vangelo: evitare le tensioni fra Latini e Orientali e stimolare il dialogo fra Cattolici e Ortodossi. E' inoltre utile formare in istituzioni specializzate per l'Oriente cristiano teologi, liturgisti, storici e canonisti in grado di diffondere, a loro volta, la conoscenza delle Chiese d'Oriente, come pure impartire nei seminari e nelle facoltà teologiche un insegnamento adeguato su tali materie, soprattutto per i futuri sacerdoti (cfr n. 24).

5. Affido questi suggerimenti alla vostra considerazione, mentre invoco su ciascuno di voi e sulle vostre Comunità la materna protezione di Maria, "Regina del Santo Rosario".

Io vi sono vicino con affetto e, assicurandovi la mia preghiera, imparto di cuore a tutti una speciale Benedizione Apostolica, che estendo volentieri ai vostri cari, ai Collaboratori dei Collegi, alle Comunità alle quali appartenete e a quanti con la loro carità sostengono la vostra opera educativa tanto importante per la missione della Chiesa in Oriente.


AI VESCOVI DELLA CHIESA SIRO-MALABARESE DELL'INDIA


IN VISITA AD LIMINA APOSTOLORUM


Martedì, 13 maggio 2003




Sua Eminenza, Venarabile Arcivescovo Maggiore
Cari Fratelli Vescovi,

1. "Pace a voi!" (Jn 20,26). In questo tempo di Pasqua è opportuno che vi saluti, Vescovi della Chiesa Siro-Malabarese, con le parole con le quali il nostro Signore Risorto ha confortato il vostro Padre nella fede, san Tommaso. Infatti, le origini della vostra Chiesa sono collegate direttamente agli albori della cristianità e all'impegno missionario degli Apostoli. In un certo senso, il vostro viaggio fino a qui per incontrarmi riunisce gli Apostoli Pietro e Tommaso nella gioia della Risurrezione, mentre ci uniamo nel proclamare all'amato popolo dell'India "una eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce" (1P 1,4). In modo speciale saluto Sua Eminenza il Cardinale Varkey Vithayathil, Arcivescovo Maggiore della Chiesa Siro-Malabarese, e desidero ringraziarlo per i saluti e i sentimenti espressi a nome dell'Episcopato, del clero e dei fedeli dell'intera Chiesa Siro-Malabarese.

2. La liturgia della Chiesa Siro-Malabarese, da secoli parte della ricca e varia cultura indiana, è l'espressione più viva dell'identità dei vostri popoli. La celebrazione del mistero eucaristico col rito Siro-Malabarese ha svolto un ruolo vitale nel forgiare l'esperienza della fede in India (cfr Ecclesia in Asia, n. 27). Poiché "l'Eucaristia, presenza salvifica di Gesù nella comunità dei fedeli e suo nutrimento spirituale, è quanto di più prezioso la Chiesa possa avere nel suo cammino nella storia" (Ecclesia de Eucharistia n. 9), vi esorto a custodire e a rinnovare con grande cura questo tesoro, non permettendo mai che venga usato come fonte di divisione. Il riunirvi attorno all'altare nella "pienezza di colui che si realizza interamente in tutte le cose" (Ep 1,23) non solo vi definisce come popolo eucaristico, ma è anche una fonte di riconciliazione che aiuta a superare gli ostacoli che possono impedire il cammino verso l'unità delle menti e dei fini. Come principali custodi della liturgia, siete chiamati sempre a essere vigili affinché si evitino sperimentazioni ingiustificate da parte di singoli sacerdoti che violano l'integrità stessa della liturgia e possono arrecare anche grave danno ai fedeli (cfr Ecclesia de Eucharistia, n. 10).

Vi incoraggio nei vostri sforzi volti a rinnovare il vostro "patrimonio rituale" alla luce dei documenti conciliari, prestando particolare attenzione all'Orientalium Ecclesiarum e nel contesto del Codice di Diritto Canonico delle Chiese Orientali e della mia Lettera Apostolica Orientale lumen.

188 Sono certo che con prudenza, pazienza e una adeguata catechesi questo processo di rinnovamento recherà frutti abbondanti. I molti risultati positivi già ottenuti dai vostri sforzi rendono questo compito meno scoraggiante e, in effetti, saranno una fonte di forza futura. Vi incoraggio a proseguire questo lavoro fondamentale di modo che la liturgia non venga solo studiata, ma anche celebrata in tutta la sua integrità e bellezza.

3. Similmente, occorre un impegno costante nella carità fraterna e nella collaborazione per il buon funzionamento di un Sinodo dei Vescovi. A questo proposito desidero elogiare la vostra salda dedizione a questo cammino condiviso: un segno di forza, fiducia e unità tra i Vescovi siro-malabaresi e "un modo particolarmente eloquente di vivere e manifestare il mistero della Chiesa come comunione" (cfr Discorso al Sinodo dei Vescovi della Chiesa Siro-Malabarese, 8 gennaio 1996, n. 4). Il Sinodo, infatti, è una delle espressioni più nobili della collegialità affettiva tra Vescovi ed è un forum adatto a discutere di questioni serie sulla fede e sulla società al fine di trovare soluzioni alle sfide che si pongono alla comunità siro-malabarese (cfr Orientalium Ecclesiarum
OE 4). Mantenere questa unità necessaria esige sacrificio e umiltà. Solo attraverso sforzi reciproci concertati potete "sostenere opere comuni che intendono promuovere più speditamente il bene della religione, proteggere in modo più efficace la disciplina ecclesiastica e anche promuovere in maniera più armoniosa l'unità di tutti i cristiani" (cfr Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium, canone 84).

4. La questione della cura pastorale dei cattolici orientali in India e all'estero continua a essere una sollecitudine della Conferenza dei Vescovi Cattolici dell'India e del Sinodo Siro-Malabarese. A questo proposito vorrei sottolineare "l'urgente necessità di superare le paure e le incomprensioni che sembrano comparire talvolta fra le Chiese orientali cattoliche e la Chiesa latina (...) specialmente per quanto attiene alla cura pastorale dei fedeli, anche al di fuori dei territori loro propri" (Ecclesia in Asia, n. 27). È incoraggiante vedere i passi che avete già compiuto nel cercare di trovare una soluzione a tale questione. Sono certo che continuerete a lavorare strettamente con i vostri fratelli Vescovi di rito latino e con la Santa Sede al fine di assicurare che i siro-malabaresi in India e nel mondo ricevano il sostegno spirituale che meritano nello stretto rispetto delle disposizioni canoniche che, come sappiamo, sono mezzi appropriati per preservare la comunione ecclesiale (cfr Christus Dominus CD 23 Codex Iuris Canonici, canone CIC 383 CIC 2 Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium, canone CIC 916 CIC 4). È necessario fare una chiara distinzione tra l'opera di evangelizzazione e quella della cura pastorale dei cattolici orientali. Questa deve essere fatta sempre con rispetto per i Vescovi locali, che sono stati chiamati dallo Spirito Santo a governare la santa Chiesa di Dio in unione con il Romano Pontefice, Pastore della Chiesa Universale.

5. La carità esorta ogni cristiano ad andare a proclamare la Buona Novella di Gesù Cristo fino ai confini della terra. Come dice l'Apostolo, "non è infatti per me un vanto predicare il vangelo; è per me un dovere: guai a me se non predicassi il vangelo!" (1Co 9,16). L'evangelizzazione è al centro stesso della fede cristiana. L'India, benedetta da così tante culture diverse, è una terra dove il popolo anela a Dio; ciò rende la vostra liturgia propriamente indiana un modo eccellente di evangelizzazione (cfr Ecclesia in Asia, n. 22).

L'evangelizzazione autentica è sensibile alla cultura e agli usi locali, rispettando sempre il "diritto inalienabile" di ogni e ciascuna persona alla libertà di religione. A questo riguardo resta valido il principio: "La Chiesa propone, non impone nulla" (Redemptoris missio RMi 39). Per questo, nei vostri rapporti con i fratelli e le sorelle delle altri religioni, vi incoraggio a "cercare di discernere e accogliere qualsiasi cosa sia buona e santa nell'altro, affinché insieme possiate riconoscere, preservare e promuovere le verità spirituali e morali che sole possono garantire il futuro del mondo" (cfr Discorso ai rappresentanti di altre religioni e di altre confessioni cristiane,7 novembre 1999, n. 3). Questa apertura, tuttavia, non potrà mai sminuire l'obbligo di proclamare Gesù Cristo come "la via, la verità e la vita" (Jn 14,6). Di fatto l'Incarnazione di Nostro Signore arricchisce tutti i valori umani, permettendo loro di dare frutti nuovi e migliori.

6. Mi unisco a voi nel rendere grazie perché le vostre Eparchie sono state benedette da tanti sacerdoti e religiosi. Li assicuro tutti delle mie preghiere per il buon esito del loro ministero e per la loro costante fedeltà alla loro vocazione. Il fardello della vostra missione pastorale non potrebbe essere portato senza il clero, i vostro collaboratori nel sacro ministero. Il necessario affidamento che fate sui sacerdoti vi spinge a promuovere un forte legame con loro. Sono vostri figli e amici. Come loro padri e confidenti dovete essere sempre "disposti ad ascoltarli e a trattarli con fiducia e benevolenza; e si applichino a promuovere l'intera attività pastorale in tutta la diocesi" (Christus Dominus CD 16).

Allo stesso modo i religiosi affidati alle vostre cure sono membri della vostra famiglia. La testimonianza data da tanti uomini e donne consacrati a una vita di castità, povertà e obbedienza è un segno autentico di contraddizione in una nazione che sta diventando sempre più secolarizzata. "In un mondo in cui il senso della presenza di Dio è spesso offuscato, le persone consacrate devono rendere una testimonianza convincente e profetica del primato di Dio e della vita eterna" (Ecclesia in Asia, n. 44). Il Vescovo deve adoperarsi per assicurare che i candidati alla vita religiosa siano preparati ad affrontare questa sfida attraverso una preparazione spirituale e teologica adeguata. Sono fiducioso che incoraggerete i religiosi nelle vostre Eparchie a continuare a rivedere, perfezionare e migliorare i loro programmi di formazione, affinché possano far fronte alle esigenze specifiche della comunità siro-malabarese.

7. La visita ad Limina vi dà l'opportunità, come Pastori di Chiese particolari, di illustrarmi come lo Spirito Santo agisce nelle vostre Eparchie. Nell'unione fraterna con il vostro Venerabile Arcivescovo Maggiore, avete condiviso le sfide e i risultati che caratterizzano la Chiesa Siro-Malabarese e i suoi membri fedeli mentre cercano ogni giorno di adempiere alle loro promesse battesimali. In questo Anno del Rosario, affido voi, il vostro clero, i religiosi e i laici alla protezione della Nostra Beata Signora, e vi imparto la mia Benedizione Apostolica.


AI VESCOVI DELLA CHIESA SIRO-MALANKARESE DELL'INDIA


IN VISITA AD LIMINA APOSTOLORUM


Martedì, 13 maggio 2003


Vostra Grazia,
Cari Fratelli Vescovi,

189 1. "Christo pastorum Principi". Ripetendo le parole pronunciate dal mio illustre predecessore, Papa Pio XI, quando ha ricevuto i vostri predecessori nella piena comunione poco più di settant'anni fa, sono lieto di darvi il benvenuto, Vescovi della Chiesa Siro-Malankarese, in occasione della vostra visita ad Limina. Stando con voi, mi avvicino maggiormente ai sacerdoti, ai religiosi e ai fedeli laici delle vostre Eparchie. In effetti, mentre la vostra comunità celebra il cinquantesimo anniversario della morte dell'Arcivescovo Mar Ivanios, un'instancabile apostolo dell'unità, è opportuno che vi ritroviate presso le tombe degli Apostoli Pietro e Paolo, pregando con Cristo "ut omnes unum sint". Colgo questa occasione per salutare in modo particolare l'Arcivescovo Cyril Mar Baselios. Sono grato per i buoni auspici che lei ha fatto a nome del clero, dei religiosi e dei fedeli della Chiesa Siro-Malankarese.

Mentre rendiamo grazie insieme per queste importanti pietre miliari nella vostra vita ecclesiale, ricordiamo anche le molteplici benedizioni che la vostra Chiesa ha ricevuto in un tempo relativamente breve. Siete diventati una delle comunità cattoliche del mondo in più rapida crescita, potendo vantare numerose vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa, e il vostro pusillus grex è la casa di molte istituzioni educative e assistenziali. La nuova Legge di Cristo, che ci esorta a superare i confini della famiglia, della razza, della tribù o della nazione, si manifesta in modo concreto attraverso la vostra generosità verso gli altri (cfr
Mt 5,44).

2. Un impegno coraggioso verso l'amore cristiano, mostrato così chiaramente nella comunità siro-malankarese, è il risultato di una spiritualità forte e vibrante. Il popolo dell'India è giustamente orgoglioso del suo ricco retaggio culturale e spirituale, espresso nelle caratteristiche innate di "contemplazione, semplicità, armonia, distacco, non violenza, disciplina, vita frugale, sete di conoscenza e ricerca filosofica", che distinguono coloro che vivono nel subcontinente. Questi stessi tratti permeano la comunità siro-malankarese, permettendo alla Chiesa di "comunicare il Vangelo in un modo che sia fedele tanto alla propria tradizione quanto all'animo asiatico" (cfr Ecclesia in Asia, n. 6).

Il retaggio mistico del vostro continente non si esprime solo nella vita spirituale dei vostri fedeli, ma si osserva anche nei vostri antichi riti. L'antica e riverita tradizione liturgica siro-malankarese è un tesoro che rispecchia la natura universale dell'opera salvifica di Cristo nel contesto peculiare Indiano. Nella vostra Celebrazione Eucaristica, come in tutte le celebrazioni del Sacrificio Pasquale, ""è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa, cioè lo stesso Cristo, nostra Pasqua e pane vivo che (...)". Perciò lo sguardo della Chiesa è continuamente rivolto al suo Signore, presente nel Sacramento dell'Altare, nel quale essa scopre la piena manifestazione del suo immenso amore" (Ecclesia de Eucharistia, n. 1).

3. In un momento di crescente secolarismo e, talvolta, di aperto disprezzo della santità della vita umana, i Vescovi sono chiamati a ricordare al popolo, attraverso la loro predicazione e i loro insegnamenti, la necessità di una riflessione sempre più profonda sulle questioni morali e sociali. La presenza siro-malankarese negli ambiti dell'educazione e dei servizi sociali vi pone in una posizione eccellente per preparare tutti gli uomini e le donne di buona volontà a far fronte a tali questioni in maniera veramente umana. In effetti, tutti i cristiani hanno l'obbligo di partecipare a questa missione profetica assumendo una posizione salda contro l'attuale crisi dei valori e ricordando costantemente agli altri le verità universali che devono essere manifeste nella vita quotidiana. Molto spesso, questa lezione viene impartita più attraverso le azioni che attraverso le parole. Come dice l'Apostolo Paolo: "Ricercate la carità. Aspirate pure anche ai doni dello Spirito, soprattutto alla profezia" (1Co 14,1).

Per rispondere a questa sfida in modo adeguato, occorre un'inculturazione dell'etica cristiana a tutti i livelli della società umana; questo è un compito difficile e delicato. "Per mezzo della sua stessa missione, la Chiesa cammina insieme con l'umanità tutta e sperimenta assieme al mondo la medesima sorte terrena; ed è come il fermento e quasi l'anima della società umana destinata a rinnovarsi in Cristo e a trasformarsi in famiglia di Dio" (Catechismo della Chiesa Cattolica CEC 854). La vostra lunga esperienza come piccola comunità di cristiani in una terra in prevalenza non cristiana vi ha preparati a diventare questo "fermento", uno strumento opportuno di trasformazione.

Questo processo non è mai semplicemente "esteriore", bensì esige un cambiamento interiore di valori culturali attraverso l'integrazione nel cristianesimo e il successivo inserimento nelle varie culture umane. Questo compito complesso, tuttavia, non può essere realizzato senza una riflessione e una valutazione adeguata, assicurando sempre che il messaggio salvifico di Cristo non venga mai diluito o alterato nel tentativo di renderlo più accettabile culturalmente o socialmente (cfr Ecclesia in Asia, n. 21).

4. Il vostro ministero speciale, come Pastori di greggi che stanno crescendo, richiede una stretta cooperazione con i vostri collaboratori. Come ho scritto nella mia Esortazione Apostolica Post-sinodale Pastores dabo vobis, "i presbiteri esistono e agiscono per l'annuncio dell'evangelo al mondo e per l'edificazione della chiesa in nome e in persona di Cristo capo e pastore" (n. 15).

Occorrono ambasciatori ben preparati per questo ministero di "edificare la Chiesa". Per questa ragione, i Vescovi devono adoperarsi incessantemente per individuare i giovani e incoraggiarli a rispondere alla chiamata al sacerdozio e alla vita consacrata. A tale riguardo, prego affinché continuiate a fare tutto ciò che è in vostro potere per assicurare che quanti hanno una vocazione sacerdotale o religiosa ricevano una buona formazione. Questo significa assicurarsi che i seminari sotto la vostra protezione siano sempre modelli di formazione secondo l'esempio di Gesù Cristo e del suo comandamento dell'amore (cfr Jn 15,12). La formazione deve essere specificamente incentrata su Cristo, attraverso la proclamazione delle Sacre Scritture e la celebrazione dei Sacramenti.

Lo stesso vale per la formazione dei candidati alla vita consacrata. "A tutti devono essere assicurati una formazione e un addestramento appropriati che siano centrati su Cristo (...), con accentuazione della santità personale e della testimonianza; la loro spiritualità e il loro stile di vita dovrebbero essere attenti all'eredità religiosa delle persone tra le quali si trovano a vivere e a servire" (Ecclesia in Asia, n. 44). Come Vescovi siete fonte di orientamento e di forza per le comunità religiose nelle vostre Eparchie. Attraverso la stretta cooperazione con i superiori religiosi, dovete contribuire a garantire che la formazione ricevuta dai candidati trasformi il loro cuore, la loro mente e la loro anima in modo tale che possano donare se stessi senza riserve al lavoro della Chiesa. La vostra forte guida farà molto per incoraggiare le comunità religiose a perseverare nel loro esempio edificante come testimoni della gioia di Cristo.

5. Cari Fratelli Vescovi, queste sono alcune delle riflessioni suscitate dalla vostra visita. La Solennità di Pasqua, che abbiamo appena celebrato, vi esorta a permettere al Signore Risorto di rinnovare costantemente le Chiese affidate alla vostra sollecitudine. Affidandovi a Maria, Regina del Rosario, prego affinché, attraverso la Sua intercessione, lo Spirito Santo vi colmi di gioia e di pace, e imparto la mia Benedizione Apostolica a voi e ai sacerdoti, religiosi e fedeli delle vostre Eparchie.


AI NUOVI AMBASCIATORI IN OCCASIONE


DELLA PRESENTAZIONE COLLETTIVA


DELLE LETTERE CREDENZIALI


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Giovedì 15 maggio 2003


Eccellenze,

1. Vi porgo il benvenuto mentre presentate le Lettere che vi accreditano come Ambasciatori straordinari e plenipotenziari dei vostri rispettivi Paesi: l'Australia, lo Zimbabwe, la Siria, Trinidad e Tobago, l'Etiopia, la Lettonia, le Isole Fiji, il Burundi, la Georgia, Vanuatu, la Moldova, il Pakistan.

Vi ringrazio per le cortesi parole che mi avete trasmesso da parte dei vostri Capi di Stato; in cambio, vi sarei grato se poteste esprimere loro i miei deferenti voti per la loro persona e per la loro alta missione al servizio del loro Paese. La vostra presenza mi dà anche l'opportunità di salutare cordialmente le Autorità civili e religiose dei vostri Paesi, come pure tutti i vostri concittadini, trasmettendo loro i miei auspici più ferventi.

2. Il nostro mondo vive un momento difficile, segnato da numerosi conflitti, di cui voi siete testimoni attenti; ciò preoccupa molti uomini e invita i Responsabili delle Nazioni a impegnarsi sempre più a favore della pace. In questa prospettiva, è importante che la diplomazia riacquisti il suo spirito nobile. In effetti, l'attenzione per persone e popoli e l'interesse per il dialogo, la fraternità e la solidarietà sono la base dell'attività diplomatica e delle istituzioni internazionali incaricate di promuovere prima di tutto la pace, che è uno dei beni più preziosi per gli individui, per le popolazioni e per gli Stati stessi, il cui sviluppo duraturo non può fondarsi che sulla sicurezza e sulla concordia.

3. Nell'anno in cui festeggiamo il quarantesimo anniversario dell'Enciclica Pacem in terris del Beato Giovanni XXIII, che fu anche un diplomatico al servizio della Santa Sede negli anni agitati della Seconda Guerra Mondiale, è particolarmente opportuno ascoltare nuovamente il suo invito a far sì che la vita sociale si fondasse su "quattro pilastri": la verità, la giustizia, l'amore e la libertà. La pace non può realizzarsi senza riguardo per le persone e i popoli; essa si costruisce quando tutti diventano collaboratori e protagonisti dell'edificazione della società nazionale.

4. Dal tempo dei grandi conflitti mondiali, la comunità internazionale si è dotata di organismi e di legislazioni specifiche, affinché mai più scoppiasse la guerra, che uccide persone civili innocenti, devastando intere regioni e lasciando ferite difficili da curare. Le Nazioni Unite sono chiamate a essere più che mai il fulcro delle decisioni riguardanti la ricostruzione dei Paesi e gli organismi umanitari sono invitati a impegnarsi in modo rinnovato. Ciò aiuterà i popoli coinvolti a farsi rapidamente carico del proprio destino, permettendo loro di passare dalla paura alla speranza, dallo smarrimento all'impegno nella costruzione del loro avvenire. È anche una condizione indispensabile per il ripristino della fiducia in seno a un Paese.

Infine, faccio appello a tutte le persone che professano una religione affinché il senso spirituale e religioso sia una fonte di unità e di pace, e non ponga mai gli uomini gli uni contro gli altri. Non posso non ricordare i bambini e i giovani che sono spesso i più segnati dalle situazioni di conflitto.

Avendo difficoltà a dimenticare quello che hanno vissuto, possono essere tentati dalla spirale della violenza. È nostro dovere preparare per loro un futuro di pace e una terra di solidarietà fraterna.
Sono queste alcune delle preoccupazioni della Chiesa cattolica che desideravo condividere con voi questa mattina; sapete quanto essa sia impegnata nella vita internazionale, nelle relazioni fra i popoli e nel sostegno umanitario, che sono espressioni della sua missione primordiale: manifestare la vicinanza di Dio a ogni uomo.

5. Nel corso della vostra nobile missione presso la Santa Sede, avrete la possibilità di scoprire più concretamente la sua azione. Vi faccio oggi i miei migliori auguri per la vostra missione. Invoco l'abbondanza delle Benedizioni divine su voi, sulle vostre famiglie, sui vostri collaboratori e sulle Nazioni che rappresentate.


GP2 Discorsi 2003 183