GP2 Discorsi 2003 335


CONCERTO DELL’ASSOCIAZIONE ITALIANA "SANTA CECILIA",

NEL CENTENARIO DEL MOTU PROPRIO

DEL PAPA SAN PIO X "TRA LE SOLLECITUDINI"

Sabato, 22 novembre 2003




Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Grazie per questa vostra manifestazione, con la quale avete voluto commemorare il centenario del Motu proprio "Tra le sollecitudini", pubblicato dal mio santo predecessore Pio X. Saluto con affetto tutti i presenti. Saluto anzitutto Mons. Vasco Giuseppe Bertelli, presidente dell’Associazione Italiana Santa Cecilia, e lo ringrazio per essersi fatto interprete dei comuni sentimenti. Saluto i promotori e gli organizzatori di questa sacra rappresentazione e tutti ringrazio per il significativo dono della campana, che porta incisa l’espressione biblica "Cantate Domino canticum novum".

Saluto i coristi delle Scholae Cantorum "SS. Pietro e Paolo" di Gessate (Milano) e di San Gervasio di Capriate (Bergamo), che hanno eseguito l’Oratorio "Passione secondo San Marco" di Mons. Lorenzo Perosi. Saluto i partecipanti al Congresso Nazionale della vostra benemerita Associazione. Estendo il mio affettuoso pensiero ai tantissimi cantori provenienti da ogni parte d’Italia, che domani in San Pietro animeranno la celebrazione eucaristica commemorativa di questo importante anniversario.

336 2. La vostra Associazione s’intitola a Santa Cecilia, che la pietà popolare presenta come patrona della musica. Questa giovane martire romana invita i credenti a camminare vigilanti verso l’incontro con Cristo, allietando il pellegrinaggio terreno con la festosità del canto e della musica.

Santa Cecilia accompagni dal Cielo ognuno di voi, carissimi Fratelli e Sorelle, e vi aiuti a realizzare appieno la vostra missione nella Chiesa.

Mentre invoco su di voi la materna protezione di Maria, Madre di Cristo e della Chiesa, vi assicuro un ricordo nella preghiera e di cuore tutti vi benedico.

MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


AL PRESIDENTE DEL II CONGRESSO AMERICANO MISSIONARIO


EM.MO CARD. RODOLFO QUEZADA TORUÑO




Al Cardinale

RODOLFO QUEZADA TORUÑO

Arcivescovo di Guatemala
Presidente del Secondo Congresso Missionario Americano

1. Il Secondo Congresso Missionario Americano, che si celebra nella Città di Guatemala con il motto "Chiesa in America, la tua vita è missione", mi offre l'opportunità di salutare con grande affetto tutti i presenti e di ricordare con viva gratitudine la vostra calorosa accoglienza, riservatami, come pellegrino dell'amore e della speranza, in occasione del mio ultimo viaggio in questo continente, durante il quale ho avuto il piacere di canonizzare il Fratello Pedro de San José de Betancur.

La canonizzazione di questo straordinario missionario è stata, in un certo senso, il preludio al presente Congresso. La sua potente intercessione e la testimonianza della sua santità vi guideranno in questa Assemblea, dalla quale, la Chiesa universale, attende, con speranza, un'abbondante messe di fede, di santità e di generosità missionaria.

Desidero, innanzitutto, salutare il Cardinale Rodolfo Quezada Toruño, Arcivescovo di Guatemala, e i numerosi Fratelli nell'Episcopato che si trovano in questo "Cenacolo" missionario continentale. Rivolgo, inoltre, il mio affettuoso saluto a quanti hanno collaborato alla preparazione del Congresso e a tutti coloro che vi partecipano: religiosi e religiose, fedeli laici, specialmente i giovani e i bambini. Il mio Inviato Speciale, il Cardinale Crescenzio Sepe, Prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, porta la testimonianza della mia vicinanza spirituale e del mio interesse per questo importante evento.

Penso, in modo particolare, a voi, che avete ricevuto la chiamata del Signore ad annunciarlo ad gentes, vocazione di dedizione e di santità che vi porta a servire tutti gli uomini e tutti i popoli della terra. "Come sono belli sui monti i piedi del messaggero di lieti annunzi che annunzia la pace, messaggero di bene che annunzia la salvezza che dice a Sion: "Regna il tuo Dio"". (Is 52,7).

2. La storia dell'Evangelizzazione del continente americano, cari Fratelli e Sorelle, mostra il rapporto intimo tra la santità e la missione. Considerando quest'opera missionaria da una prospettiva storica, è realmente gratificante constatare il grande impatto che il Vangelo e la vita cristiana hanno avuto sulle prime comunità, nonché la testimonianza dei numerosi missionari santi che hanno suscitato.

337 Sin dall'inizio dell'evangelizzazione e nel corso della sua interessante storia, lo Spirito del Signore ha suscitato, in queste terre benedette, bei frutti di santità negli uomini e nelle donne che, fedeli al mandato missionario del Signore, hanno dedicato la loro vita all'annuncio del messaggio cristiano, anche in circostanze e in condizioni eroiche. Alla base di questo meraviglioso dinamismo missionario vi erano, senza dubbio, la loro santità personale e anche quella delle loro comunità. Una rinnovata spinta verso la missione ad gentes, in America e dall'America, esige, anche oggi, missionari santi e comunità ecclesiali sante.

La chiamata alla missione è legata alla vocazione alla santità, la quale è "un presupposto fondamentale e una condizione del tutto insostituibile perché si compia la missione di salvezza della Chiesa" (Redemptoris missio
RMi 90). Dinanzi a tale chiamata universale, dobbiamo prendere coscienza della nostra responsabilità nel diffondere il Vangelo. A questo proposito, la cooperazione nella missione ad gentes deve essere segno di una fede matura e di una vita cristiana capace di produrre frutti, di modo che le Chiese particolari più bisognose ricevano un impulso umano e spirituale che le aiuti a camminare con i loro Pastori.

Per raggiungere questo obiettivo, "non basta rinnovare i metodi pastorali, né organizzare e coordinare meglio le forze ecclesiali, né esplorare con maggior acutezza le basi bibliche e teologiche della fede: occorre suscitare un nuovo "ardore di santità" fra coloro che sono i più stretti collaboratori dei missionari" (Ibidem).

3. A seguito dei miei viaggi pastorali nelle diverse Nazioni, in alcune delle quali il Vangelo è stato annunciato appena, sono giunto all'intima convinzione che l'umanità attende, con ansia sempre crescente, "la rivelazione dei figli di Dio" (Rm 8,19). Infatti, molte persone desiderano incontrare il mistero di santità e di comunione che è fondamentale nella Chiesa e che è anche epifania di "quell'amore che, sgorgando dal cuore dell'eterno Padre, si riversa in noi attraverso lo Spirito che Gesù ci dona (cfr Rm 5,5), per fare di tutti noi "un cuore solo e un'anima sola" (Ac 4,32)" (Novo Millennio ineunte NM 42).

Milioni di uomini e di donne che non conoscono Cristo, o che lo conoscono solo in modo superficiale, vivono nell'attesa, talvolta inconsapevole, di scoprire la verità sull'uomo e su Dio, sul cammino che conduce alla liberazione dal peccato e dalla morte. Per questa umanità che anela o che sente nostalgia della bellezza di Cristo, della sua luce chiara e serena che splende sulla terra, l'annuncio della Buona Novella è un compito vitale e inderogabile.

Questo Congresso è orientato verso tale impegno. Rispondete, dunque, con prontezza all'appello del Signore. Manifestate il desiderio di essere testimoni gioiosi e apostoli entusiasti del Vangelo fino ai confini estremi della terra, mediante la testimonianza di una vita santa!

4. Dopo la gioiosa esperienza del Grande Giubileo dell'Anno 2000, ho indicato la via della santità come fondamento sul quale dovrebbe basarsi la programmazione pastorale di ogni Chiesa particolare. Si tratta di "riproporre tutti con convinzione questa "misura alta" della vita cristiana ordinaria" (Novo Millennio ineunte NM 31). Ciò esige, cari Fratelli e Sorelle, un'adeguata e paziente pedagogia pastorale, una pedagogia della santità, che deve distinguersi per il primato che occorre dare alla persona di Gesù Cristo, all'ascolto e all'annuncio della sua Parola, alla partecipazione piena e attiva ai sacramenti, e alla coltivazione della preghiera come incontro personale con il Signore.

Tutta l'attività pastorale deve incentrarsi sull'iniziazione cristiana e sulla formazione che, aiutando a maturare e a rafforzare la fede di coloro che si sono già avvicinati ad essa, e attirando quanti da essa sono ancora lontani, rappresenta la maggiore garanzia perché le Chiese particolari d'America sviluppino un'efficace opera di cooperazione e di animazione missionaria. Questa deve essere, infatti, l'"elemento - cardine della loro pastorale ordinaria" (Redemptoris missio RMi 83).

5. Confortato dallo Spirito Santo e dalla testimonianza del numero crescente di missionari ad gentes provenienti dai vostri Paesi, desidero ribadire, dinanzi a questa grande Assemblea, segno di unità di tutti i popoli del continente, quanto ho già detto nell'Esortazione Apostolica Post-sinodale Ecclesia in America, rivolgendomi alle vostre comunità cristiane: "Le Chiese particolari d'America sono chiamate ad estendere il loro slancio evangelizzatore oltre le frontiere continentali. Non possono tenere per sé le immense ricchezze del loro patrimonio cristiano. Devono portarlo al mondo intero e comunicarlo a quanti ancora lo ignorano. Si tratta di molti milioni di uomini e donne che, senza la fede, patiscono la più grave delle povertà. Davanti a questa povertà sarebbe un errore non favorire un'attività evangelizzatrice fuori del Continente con il pretesto che c'è ancora molto da fare in America o nell'attesa di giungere prima ad una situazione, in fondo utopica, di piena realizzazione della Chiesa in America" (n. 74).

È grande la responsabilità delle vostre Chiese particolari nell'opera di evangelizzazione del mondo contemporaneo. È grande il frutto che esse potranno dare in questa nuova primavera missionaria "se tutti i cristiani e, in particolare, i missionari e le giovani Chiese risponderanno con generosità e santità agli appelli e alle sfide del nostro tempo" (Redemptoris missio RMi 92).

Carissimi Fratelli e Sorelle, è per me un motivo di profonda gioia sapere che il vostro Congresso, per il quale vi siete preparati comunitariamente durante l'Anno Santo Missionario, accoglierà questo appello e saprà dare risposte concrete ed efficaci al mandato evangelico della missione, che è vita per la Chiesa in America.

338 Come nei precedenti Congressi Missionari, chiedo al Signore che vi conceda di vivere un'intensa esperienza di comunione e che la Vergine Maria di Guadalupe, Madre ed evangelizzatrice dell'America, "esempio di quell'amore materno, dal quale devono essere animati tutti quelli che, nella missione apostolica della Chiesa, cooperano alla rigenerazione degli uomini" (Ibidem, n. 92), vi accompagni con la sua tenerezza e vi protegga con la sua potente intercessione.

Incoraggiando tutti e ciascuno di voi a vivere nella propria Chiesa particolare in uno spirito di comunione e di servizio, vi rinnovo il mio invito a compiere il mandato missionario nel mondo attuale, mentre vi imparto di cuore la Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 25 ottobre 2003.

GIOVANNI PAOLO II


MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


IN OCCASIONE DEL 40° ANNIVERSARIO DI FONDAZIONE


DELL'ASSOCIAZIONE RELIGIOSA ISTITUTI SOCIO-SANITARI (ARIS)


Carissimi Fratelli e Sorelle!


1. Sono lieto di inviarvi un mio Messaggio in occasione del 40° anniversario di fondazione dell’Associazione Religiosa Istituti Socio-sanitari (ARIS). Nel salutare con affetto ciascuno dei presenti, intendo raggiungere per vostro tramite tutti gli appartenenti a codesto benemerito Sodalizio, che offre un prezioso contributo al rinnovamento professionale e spirituale del mondo della sanità.

Vi esorto a proseguire nel servire il malato con competenza e dedizione. Il Signore, Datore di ogni bene, continui ad accompagnarvi ed a benedirvi come ha fatto nei quarant’anni trascorsi.

2. In questi giorni, che concludono l’anno liturgico, i credenti sono quasi naturalmente portati a volgere lo sguardo alle realtà ultime, a quando il Signore, nel giudizio finale, ci domanderà se e come abbiamo amato, accolto e servito il prossimo bisognoso (cfr Mt 25,31-46). Per prepararsi a quell’incontro decisivo è necessario impegnarsi quotidianamente a cercare e contemplare nei nostri fratelli il volto di Gesù, unico Salvatore del mondo. Possiamo riconoscere, specialmente nei malati e nei sofferenti, il volto dolente di Cristo, che sulla croce ci ha svelato l’amore misericordioso del Padre; amore redentore, che ha sanato definitivamente l’umanità ferita dal peccato.

Alla luce di queste perenni verità di fede, quanto importante appare la vostra missione accanto ai malati! Fate sì che l’apostolato della misericordia, a cui vi dedicate, diventi autentica diaconia di carità, che, nel tempo e nello spazio, renda visibile e quasi tangibile la tenerezza del cuore di Dio.

3. Molto spesso, chi vive in situazioni di profondo dolore e pena fa fatica a comprendere il senso e il significato dell’esistenza. E’ importante allora che accanto a lui ci sia qualcuno che, come il buon samaritano, lo sostenga e lo accompagni. Persone come Madre Teresa, recentemente beatificata, testimoniano in modo semplice e concreto la carità e la compassione del Signore per gli emarginati, i sofferenti, i malati, i moribondi. Mentre leniscono le ferite del loro corpo, li aiutano ad incontrare Cristo che, vincendo la morte, ha svelato il valore pieno della vita in ogni sua fase e condizione.

Non cessate mai, carissimi Fratelli e Sorelle, di annunciare il Vangelo della sofferenza! Testimoniate con il vostro servizio la potenza redentiva dell’Amore divino.

4. Colgo volentieri l’odierna opportunità per manifestarvi il mio apprezzamento per l’opera generosa che la vostra Associazione compie in molti Paesi, e specialmente nei territori di missione. Voi aiutate quelle giovani Chiese a gestire strutture di accoglienza per malati e sofferenti e a preparare qualificati operatori sanitari e pastorali.

339 E’ bene che tale proficua collaborazione fra Comunità ecclesiali del Nord e del Sud del mondo si intensifichi sempre più, affinché in ogni parte della terra, soprattutto là dove è più profonda la crisi di valori religiosi e morali, i credenti siano pronti a render ragione della loro fede.

Con tali voti, rinnovo a tutti l’espressione della mia riconoscenza per quanto andate facendo. Vi assicuro la mia preghiera e vi imparto di cuore la Benedizione Apostolica, che estendo volentieri alle rispettive famiglie religiose e ai tanti malati degenti nelle strutture dell’ARIS.

Dal Vaticano, 24 Novembre 2003

GIOVANNI PAOLO II



A S.E. IL SIGNOR GEORGI PARVANOV,


PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DI BULGARIA


Giovedì, 27 novembre 2003


Signor Presidente!

1. La visita che Ella oggi mi rende mi è particolarmente gradita. Nel salutare Lei, Signor Presidente, e il seguito che l’accompagna, desidero rinnovare il mio più fervido augurio all’intera nazione bulgara, affinché prosegua con fiducia il proprio cammino.

L’incontro di oggi mi porta con la mente all’indimenticabile visita che la Provvidenza mi ha concesso di compiere nel maggio dello scorso anno a Sofia, a san Giovanni di Rila e a Plovdiv. Ricordo con particolare intensità i volti delle innumerevoli persone che hanno voluto manifestarmi la loro vibrante gioia spirituale. Ho potuto percepire il fermo proposito di edificare il Paese con ritrovata serenità e fiducia nell’avvenire, all’interno della grande casa europea.

L’incontro cordiale con le Autorità civili di ogni ordine e grado, poi, mi ha persuaso della determinazione di tutti a proseguire con coraggio nell’edificazione pacifica dell’intera società, senza timore di affrontare le sfide che di giorno in giorno si presentano.

2. Il mio pensiero, poi, va al venerato Patriarca Maxim, Capo della Chiesa Ortodossa di Bulgaria che, durante il mio viaggio, ha voluto accogliermi nella sua dimora con fraterna attenzione. Si è trattato di una ulteriore tappa di una progressiva crescita nella comunione ecclesiale. Con loro ho potuto constatare come l’Europa attenda il comune impegno di cattolici e ortodossi in difesa dei diritti dell’uomo e della cultura della vita.

Gli stessi sentimenti di disponibilità al dialogo e alla collaborazione li ho visti nella piccola ma fervente Comunità cattolica, attivamente impegnata nel rendere testimonianza a Cristo in terra bulgara, in costante collaborazione anche con le altre Comunità religiose del Paese. È mio fervido auspicio che tale clima di fattiva intesa possa crescere a tutto vantaggio della reciproca comprensione e del bene dell’intera società.

3. Signor Presidente, mentre rinnovo il mio compiacimento per il gesto che Ella ha voluto compiere oggi, Le chiedo di voler recare ai suoi compatrioti il mio rinnovato saluto affettuoso e l’assicurazione del mio costante ricordo nella preghiera, affinché Dio continui a sostenere l’opera del suo Paese con le sue abbondanti benedizioni.


AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DI MOLDOVA


S.E. IL SIGNOR VLADIMIR VORONIN


340
Venerdì, 28 novembre 2003




Signor Presidente!

1. Sono lieto di poterLe porgere un saluto cordiale e di esprimerLe sentimenti di gratitudine per la visita che Ella mi ha fatto stamane. Si tratta del primo incontro fra la suprema Autorità della Repubblica di Moldova e il Successore di Pietro, da quando il Suo Paese è apparso sulla scena internazionale come Nazione sovrana e indipendente. Sia il benvenuto!

Nel rivolgermi a Lei, intendo far giungere anche ai Suoi concittadini un affettuoso pensiero, unito al mio incoraggiamento a proseguire con fiducia nell’edificazione di una Nazione degna delle sue nobili tradizioni. Il Paese che Ella rappresenta ha raggiunto da poco la libertà e chiede perciò di essere sostenuto con simpatia nei propri sforzi per superare le inevitabili difficoltà che sono proprie soprattutto degli inizi. La Moldova, posta com’è ai confini fra mondo latino e mondo slavo, non può non fare del dialogo uno strumento operativo essenziale della propria azione, al fine di far emergere le possibilità concrete di pace, di giustizia e di benessere.

2. La Comunità cattolica, per quanto piccola a livello numerico, è attivamente impegnata, sotto la guida del suo zelante Pastore, in questo processo, ponendosi come interlocutrice vivace e generosa nei confronti della società.

Mi piace sottolineare che la Chiesa in Moldova può compiere liberamente la propria missione evangelizzatrice e caritativa, e che lo Stato le riconosce personalità giuridica. È auspicabile che, senza pregiudizio per nessuno, il dialogo fra le Autorità dello Stato e la Chiesa cattolica possa continuare in maniera fruttuosa, a tutto beneficio dell’intera società moldava, nel rispetto delle norme della democrazia e dell’uguaglianza di tutte le confessioni religiose.

Signor Presidente, mentre rinnovo l’espressione del mio apprezzamento per la sua cortese visita, Le chiedo di recare ai suoi compatrioti l’assicurazione della mia preghiera e del mio costante ricordo, affinché possano progredire sempre più sulla via della prosperità e della pace, in ciò confortati dalle benedizioni del Cielo.




AL PRIMO GRUPPO DI VESCOVI


DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DI FRANCIA


Venerdì, 28 novembre 2003




Cari Fratelli nell'Episcopato,

1. Sono lieto di darvi il benvenuto, Vescovi delle provincie di Cambrai e di Reims. Voi inaugurate la serie di incontri che avrò con i Pastori della Chiesa in Francia, e sono lieto di avere l'occasione, nelle prossime settimane, di intrattenermi con tutti i Vescovi della Conferenza Episcopale. Ricordo con emozione il mio viaggio nella vostra regione e la Giornata Mondiale della Gioventù, che voi avete appena rievocato. Essa ha largamente mobilitato i giovani e, come voi dite, e come evidenziano anche le vostre relazioni e, regolarmente, i vostri bollettini diocesani, ha dato nuovo impeto ai giovani cattolici nel vostro Paese. Desidero rivolgere un saluto particolare ai tre Vescovi nominati di recente. Ringrazio Monsignor Thierry Jordan, Arcivescovo di Reims, che si è fatto vostro interprete, per le sue parole che hanno manifestato il vostro affectio collegialis, il vostro ardore apostolico e la vostra speranza, e per gli auspici che ha espresso in occasione dei venticinque anni del mio Pontificato. Sono particolarmente sensibile alla prospettiva nella quale compiete la vostra visita ad Limina, che è un tempo forte nella vita spirituale e nella missione del Vescovo, e una bella esperienza di comunione tra i Pastori.

2. Nel mondo attuale, come voi illustrate nelle vostre relazioni quinquennali, la vostra missione è divenuta senza alcun dubbio più complessa e delicata, soprattutto in ragione della situazione di crisi con la quale continuate a dovervi confrontare, in gran parte caratterizzata dalla fragilità spirituale e pastorale, e da un clima sociale in cui i valori cristiani e l'immagine stessa della Chiesa non sono percepiti in modo positivo in una società in cui spesso domina un andamento morale soggettivistico e lassistico. Inoltre, dovete largamente confrontarvi con la diminuzione del clero e delle persone consacrate. Tuttavia, quali che siano le circostanze apostoliche a voi proprie, affinché la speranza di Cristo non cessi di abitare in voi e di guidare il vostro ministero, vi incoraggio, come ho ricordato nella Pastores gregis, riprendendo quanto avevano sottolineato i Vescovi nel corso dell'assemblea sinodale, a permanere attenti alla vostra vita spirituale, radicando il vostro ministero in un rapporto intenso con Cristo, nella meditazione prolungata delle Scritture e in un'intensa vita sacramentale. In tal modo, potrete trasmettere ai fedeli il desiderio di vivere in unione intima con Dio, affinché affermino la loro fede, e affinché, insieme, possiate proporre la fede ai vostri concittadini, nello spirito dei documenti che avete elaborato sull'annuncio del Vangelo. Infatti, ogni missione si fonda su questo vincolo privilegiato con il Salvatore, poiché, come dice l'Apostolo, in ogni circostanza è Dio che fa crescere (cfr 1Co 3,6). Sin dalle origini della Chiesa, gli Apostoli erano consapevoli del pericolo che correvano dinanzi alle domande che potevano essere rivolte loro nel loro ministero. Si preoccupavano anche di ricordare quanto fosse importante per loro "rimanere assidui nella preghiera e al servizio della parola" (cfr Ac 6,4), per conservare una fede salda, e la capacità di essere sentinelle e di far fronte a tutte le sfide che si presentano nell'annuncio della verità e nei rapporti tra le persone (cfr San Gregorio Magno, Omelia su Ezechiele, I, 11, 4-6). In ogni vita cristiana, come ho ricordato nella Novo Millennio ineunte (cfr n. 39), e a fortiori nella missione apostolica, il legame con Cristo e la frequentazione della Parola, soprattutto la lectio divina, che consente di assimilare la Parola di Dio e che modella l'esistenza, sono fondamentali.

341 3. Nella vita e nella missione dei Vescovi, la collaborazione fraterna e la sollecitudine per la comunione sono fondamentali per manifestare l'unità di tutto il Corpo ecclesiale. Infatti, come dice l'Apostolo Paolo, "vivendo secondo la verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa verso di lui, che è il capo, Cristo, dal quale tutto il corpo ben compaginato e connesso, mediante la collaborazione di ogni giuntura, secondo l'energia propria di ogni membro, riceve forza per crescere in modo da edificare se stesso nella carità" (Ep 5,14-16). Pertanto, la coesione sempre più grande del collegio apostolico si riflette sulla crescita dell'intero Corpo della Chiesa. Sono consapevole della vostra preoccupazione di svolgere al meglio il vostro ministero episcopale, secondo la natura che gli è propria, prendendovi cura del gregge, e secondo la natura stessa del mistero della Chiesa.

A questo proposito, sono lieto, in questo anno in cui celebriamo il cinquantesimo anniversario dell'opera principale del Cardinale Henri de Lubac, Meditation sur l'Église, di evocare, innanzitutto, insieme a voi, il mistero della Chiesa, Corpo di Cristo, in seno al quale, voi, come successori degli Apostoli, siete incaricati di guidare, di insegnare e di santificare il popolo cristiano, come ho ricordato nella recente Esortazione Apostolica Post-sinodale Pastores gregis (cfr n. 5).

Oggi più che mai, appare importante fare scoprire ai fedeli il significato e la grandezza del mistero della Chiesa di Cristo, sviluppati in modo esteso nella Costituzione Lumen gentium, che esigerebbe uno studio più profondo. Questo mistero rimanda al mistero dell'Eucaristia, poiché l'Eucaristia edifica la Chiesa e la Chiesa fa l'Eucaristia (cfr Ecclesia de Eucharistia, n. 26). La chiesa viene convocata e riunita da Cristo, che le trasmette la sua vita e le fa dono dello Spirito Santo. Partecipando al sacrificio eucaristico, memoria del sacrificio della Croce, i cristiani ricevono il Salvatore veramente presente, per essere conformati al loro Signore e per vivere, attraverso lui, nella comunione fraterna, uniti ai loro Pastori, che rappresentano Cristo, Testa e Capo del Gregge.

Senza una conoscenza seria e approfondita del mistero della Chiesa, che rimanda sempre a Cristo, è evidente che non si può cogliere il significato dei ministeri ordinati e, in modo più generale, della struttura della Chiesa; grazie a questi ministeri, la Chiesa può, nella successione degli Apostoli, annunciare il Vangelo fino ai confini della terra (cfr Mc 16,15). Vi incoraggio, pertanto, unitamente a tutte le persone che hanno qualche competenza in materia, a perseguire, attraverso delle catechesi adattate, la formazione del popolo di Dio sulla natura divina della Chiesa, che fa intrinsecamente parte del mistero cristiano, come proclamiamo nel Credo: "Credo la Chiesa, una, santa, cattolica e apostolica", come pure sul significato del ministero episcopale. Questo contribuirà a una maggiore unità delle diverse comunità diocesane.

Nutriti da questa contemplazione del mistero della Chiesa, i fedeli saranno rafforzati nel loro amore per Cristo e per il suo Corpo mistico, e comprenderanno che cosa devono essere per partecipare in modo più pieno alla nuova evangelizzazione. Infatti, per essere evangelizzatori occorre preoccuparsi di costruire la Chiesa secondo la volontà del Signore e i suggerimenti dello Spirito Santo, e voler essere figli della Chiesa, nella quale, come diceva con entusiasmo santa Teresa di Lisieux, ciascuno è chiamato a trovare la propria vocazione, per la gloria di Dio e la salvezza del mondo. Allo stesso modo, questo suppone che ciascuno sia consapevole di essere, a modo suo, personalmente, nella famiglia e nella comunità, immagine della Chiesa agli occhi del mondo. Allora, profondamente radicati in Cristo, i fedeli si impegneranno per tutta la vita a essere testimoni della Buona Novella della salvezza, partendo alla ricerca della pecorella smarrita; saranno messaggeri e artefici di unità, per costruire un mondo riconciliato (cfr Paolo VI, Evangelii nuntiandi EN 14-15 EN 29 EN 31).

4. Nella prospettiva di manifestare ulteriormente e in modo più profondo la collegialità episcopale e di svolgere un lavoro pastorale sempre più efficace e di intensificare la necessaria collaborazione, avete coraggiosamente accettato, dopo aver riflettuto, di operare un certo numero di cambiamenti, tra cui la revisione delle provincie ecclesiastiche, riprendendo così l'antica forma dei rapporti tra le Diocesi, che, nel corso dei secoli, ha favorito un'intensa vita di collaborazione tra i Vescovi, in particolare a livello dottrinale e pastorale, come testimoniano i concili e i sinodi provinciali. Basti ricordare i concili provinciali del quarto secolo e la figura di san Cesario d'Arles, l'importanza del cui insegnamento teologico ci è ben nota. Un tale riferimento alla storia non può che suscitare, nei Pastori e nelle comunità, il desiderio di far vivere, oggi, la Chiesa di Cristo attraverso un impegno rinnovato.Da voi, la diminuzione del numero dei sacerdoti e delle forze vive indubbiamente richiederà che, senza nuocere alla responsabilità propria di ciascun Vescovo, le Diocesi di una medesima provincia possano unirsi e attuare dei servizi comuni, soprattutto nella catechesi, nella formazione permanente del clero e dei laici, nonché per tutto ciò che concerne le vocazioni, evitando in tal modo la dispersione e suscitando nuovi dinamismi. Le dimensioni più ridotte delle nuove provincie ecclesiastiche rispetto alle antiche regioni apostoliche, saranno ora per voi un'occasione particolarmente opportuna per un lavoro collegiale più intenso su un insieme pastorale relativamente unificato. Auspico vivamente che questo rafforzi i vostri vincoli di comunione fraterna e che vi offra aiuto e sostegno nella vostra vita personale e nella vostra missione.

I Vescovi sono costantemente chiamati a dare una testimonianza forte della comunione apostolica, tra di loro e con tutto il collegio episcopale intorno al Successore di Pietro, lavorando con grande fiducia reciproca e avendo cura di non fare nulla che possa infrangere questa comunione o dare eventualmente un'immagine negativa ai fedeli, e al mondo, fermo restando il rispetto dei poteri propri di ciascun Vescovo nel territorio diocesano e il potere supremo del Romano Pontefice (cfr Pastores gregis, n. 56). Con le sue azioni, i suoi discorsi, le sue decisioni, ogni Vescovo impegna, in un certo qual modo, tutto il corpo episcopale e tutta la Chiesa; l'unità della Chiesa è radicata nell'unità dell'episcopato, e la Chiesa diocesana, intorno al suo Pastore, è l'immagine della Chiesa, una e unita, poiché tutte le "Chiese particolari sono "formate a immagine della Chiesa universale"" (Catechismo della Chiesa Cattolica CEC 833 cfr Lumen gentium LG 23). Allo stesso modo, in ogni comunità ecclesiale unita al suo Pastore, per quanto possa essere piccola, è presente la Chiesa di Cristo, e in quest'ultima essa trova la sua origine e la fonte del suo apostolato. Tuttavia, è bene sottolineare che la comunione non è in contraddizione con la legittima diversità, che consente a ogni Chiesa diocesana di avere un proprio volto, in funzione dei pastori e delle comunità che la compongono. Sarebbe dannoso se l'esercizio della comunione divenisse un ostacolo al dinamismo delle diverse comunità locali, e, in un certo modo, in contraddizione con il senso stesso della comunione (cfr Esortazione Apostolica Post-sinodale Ecclesia in Europa, n. 18). Come sottolinea la Costituzione Dogmatica Lumen gentium, "in virtù di questa cattolicità, le singole parti portano i propri doni alle altre parti e a tutta la chiesa, di maniera che tutto e le singole parti si accrescono con l'apporto di tutte, che sono in comunione le une con le altre, e coi loro sforzi verso la pienezza dell'unità [...]. Così pure, nella comunione ecclesiastica, vi sono legittimamente delle chiese particolari, che godono di proprie tradizioni, rimanendo integro il primato della cattedra di Pietro, la quale presiede alla comunione universale della carità, tutela le varietà legittime, e insieme veglia affinché ciò che è particolare, nono solo non nuoccia all'unità, ma piuttosto la serva" (n. 13). Da ciò procedono i vincoli di intima comunione.

5. La missione apostolica del Vescovo è prima di tutto l'annuncio del Vangelo, che ci fa dire, come san Paolo, "guai a me se non predicassi il vangelo!" (1Co 9,16), comunicando al mondo la verità di cui la Chiesa è portatrice. Questa è accompagnata dalla missione di guidare e santificare il popolo di Dio sull'esempio del Buon Pastore, e di edificare così la porzione di Chiesa affidata a ogni Vescovo, immagine dell'unico Corpo di Cristo. Spetta al Vescovo avere particolare cura della sua Chiesa locale, svolgendo al meglio la missione della guida, assistito in questo dai collaboratori che lui ha scelto. Più il popolo è piccolo e fragile e meno numerosi sono i preti, più è necessario che il Vescovo si preoccupi di accudire il gregge affidato alla sua custodia, facendo attenzione a non allontanarsi troppo a lungo, a visitare le diverse comunità e ad ascoltarle e incoraggiarle. Per concentrarsi bene su questa missione, e per impegnare tutte le forze vive nella missione, la vostra Conferenza attualmente sta pensando di rivedere gli organismi che la compongono. Accolgo con piacere questa decisione unanime, la quale dimostra che i Vescovi sono consapevoli che i cambiamenti in seno alla società e nella Chiesa esigono nuove forme di collaborazione e di funzionamento, affinché le strutture siano veramente al loro servizio e al servizio della missione in tutte le sue forme. Il rinnovamento delle strutture, sebbene talvolta sia doloroso per alcune persone, è un impegno periodicamente necessario, al fine di evitare forme di sclerosi e eventuali blocchi nel dinamismo pastorale e nella ricerca ecclesiale. A questo proposito, saluto i sacerdoti e i laici che accettano umilmente di collaborare alla vita della Chiesa nelle istanze nazionali della Conferenza, e che, attraverso la loro dedizione, testimoniano la loro preoccupazione di servire Cristo.

6. Ho voluto incentrare il mio primo intervento sulla Chiesa e sulla missione episcopale, con riferimento alla recente Esortazione Apostolica Post-sinodale Pastores gregis. In occasione delle visite delle diverse provincie ecclesiastiche francesi, avrò l'occasione per affrontare altri argomenti menzionati nelle relazioni quinquennali che mi fanno pervenire i Vescovi della vostra Conferenza. Al termine del nostro incontro, vi chiedo di portare i miei saluti fraterni e il mio fiducioso incoraggiamento ai sacerdoti e ai diaconi che, come avete sottolineato, compiono con fedeltà e generosità la loro missione, e che si sentono responsabili dell'annuncio del Vangelo e dell'edificazione della Chiesa. Trasmettete a tutti i vostri diocesani, soprattutto alle persone e alle famiglie che hanno conosciuto le difficoltà legate alla situazione economica della vostra regione, il mio pensiero affettuoso, assicurandoli della mia fervente preghiera. Affidandovi all'intercessione della Vergine Maria, Patrona del vostro Paese, Madre della Chiesa e "specchio della Chiesa, come soleva chiamarla Padre de Lubac, imparto di tutto cuore a voi, come pure a tutti i vostri diocesani, la Benedizione Apostolica.
Dicembre 2003



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