GP2 Discorsi 2003 341


AI MEMBRI DELLA SEZIONE EUROPEA


DEL "SIMON WIESENTHAL CENTRE" DI PARIGI


Lunedì, 1° dicembre 2003




342 Cari Amici del Centro Simon Wiesenthal,

Sono lieto di accogliervi oggi in Vaticano e vi ringrazio per i buoni auspici e il dono che mi avete offerto in occasione del venticinquesimo anniversario della mia elezione alla Sede di Pietro. In questi tempi difficili, preghiamo affinché tutti i popoli, ovunque, siano rafforzati nel loro impegno a favore della comprensione reciproca, della riconciliazione e della pace.


ALLA COMUNITÀ


DEL PONTIFICIO SEMINARIO FRANCESE DI ROMA


Lunedì, 1° dicembre 2003




Signori Cardinali,
Signor Superiore,
Cari Fratelli nel Sacerdozio,
Cari Seminaristi, Cari Amici,

Sono lieto di accogliervi in questo momento, in cui il vostro Seminario celebra il suo 150° anniversario. Saluto in modo particolare i due Cardinali presenti, usciti dalla vostra casa. La formazione dei futuri sacerdoti è un compito fondamentale nella Chiesa, che richiede l'attenzione dei Vescovi, i quali ne sono i primi responsabili e ai quali compete di chiamare agli Ordini sacri, dopo aver compiuto un discernimento insieme ai sacerdoti preposti a questo. Approfittate di questa tappa per lasciarvi guidare dal Signore, con grande docilità allo Spirito e profonda obbedienza alla Chiesa e ai suoi Pastori! La vostra formazione integrale è una maturazione umana, spirituale, morale e intellettuale, che implica di fare la verità lungo il suo cammino, alla luce di Cristo e nel contatto con le realtà pastorali, accettando con fiducia l'aiuto dei formatori in seno a una comunità. Avete anche la grande possibilità di essere un luogo di accoglienza fraterno per i sacerdoti francesi che risiedono a Roma e per i presbiteri di passaggio, facendo in tal modo un'esperienza formatrice del presbiterio.

Saluto infine il personale laico, incaricato del funzionamento del Seminario.

Affidandovi all'Immacolata, Tutela Domus, imparto a tutti voi con affetto la Benedizione Apostolica.

SALUTO DI GIOVANNI PAOLO II


AI PARTECIPANTI AL COLLOQUIO SU


"VERITA, GIUSTIZIA, AMORE, LIBERTA:


PILASTRI DELLA PACE"


Martedì, 2 dicembre 2003




Cari Amici,

343 Sono lieto di porgere il benvenuto a voi, partecipanti al Colloquio su "Verità, giustizia, amore, libertà: pilastri della pace". In modo particolare saluto il Segretario del Pontificio Consiglio per il Dialogo Inter-Religioso, l'Arcivescovo Pier Luigi Celata, e il Capo dell'Organizzazione per la Cultura Islamica e le Comunicazioni di Teheran, l'Ayatollah Mahmoud Mohammadi Araqi. Sono grato a entrambe queste istituzioni per aver promosso questo evento, che è il quarto Colloquio di questo genere da loro organizzato.

Oggi è particolarmente urgente il bisogno di dialogo, comprensione e cooperazione tra le grandi religioni del mondo, specialmente tra il Cristianesimo e l'Islam. La religione, in effetti, è chiamata a costruire ponti tra gli individui, i popoli e le culture, a essere un segno di speranza per l'umanità.

Esorto voi, e tutti gli uomini e le donne di buona volontà, a unire le vostre voci alla mia mentre ripeto che il santo nome di Dio non deve mai essere utilizzato per incitare alla violenza o al terrorismo, per promuovere odio o esclusione.

Sono fiducioso che il vostro dialogo costante e la vostra cooperazione, di cui questo Colloquio è un esempio eloquente, possono contribuire molto ad aiutare i cristiani e i musulmani a essere strumenti di pace sempre più efficaci nel nostro mondo. Che Dio Onnipotente benedica i vostri sforzi, e che conceda a tutti gli uomini il coraggio e la forza per abbracciare la verità, la giustizia, l'amore e la libertà come autentici pilastri della pace!

MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


ALL’ASSEMBLEA GENERALE DELLA CONFERENZA


DELLE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI CATTOLICHE




Professor ERNEST KÖNIG,
Presidente della Conferenza
delle Organizzazioni Internazionali Cattoliche

Per mezzo di questa lettera, invio cordiali saluti a Lei, e a quanti partecipano all'Assemblea Generale della Conferenza delle Organizzazioni Internazionali Cattoliche, che si svolge a Roma dal 30 novembre al 6 dicembre 2003.

Sono fiducioso che il tema scelto per la vostra Assemblea, "Rendere la società umana più umana, I valori del Vangelo che conducono dalla violenza alla compassione" susciterà molti dibattiti utili su come le Organizzazioni Internazionali Cattoliche possono svolgere un ruolo sempre più attivo nel costruire un'autentica cultura della pace in tutto il mondo. Un importante aspetto di questo impegno è quello di aumentare la consapevolezza che i diritti umani sono necessariamente accompagnati da doveri umani corrispondenti (cfr Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2003, n. 5). Il Vangelo, infatti, insegna chiaramente che abbiamo una responsabilità evidente verso gli altri: verso Dioin primo luogo, e verso gli altri uomini e donne (cfr Mc 12,29-33). Più questa consapevolezza aumenta e più la gente in tutto il mondo riconosce e accetta i propri obblighi nei confronti degli altri, più si serve la causa dell'armonia tra i popoli. È questo il solido fondamento su cui è possibile costruire una pace autentica e duratura.

Nel corso dell'Assemblea, avrete anche l'opportunità di riflettere sulla vostra missione, come Organizzazioni Internazionali Cattoliche, all'interno della famiglia più ampia delle associazioni cattoliche. In questo contesto, incoraggio ciascuna delle vostre istituzioni a rivedere i propri statuti alla luce del Codice di Diritto Canonico, apportando qualunque emendamento sia necessario per assicurare che tra voi prevalga sempre un autentico spirito di zelante servizio alla Chiesa universale. Infatti, "la spiritualità della comunione conferisce un'anima al dato istituzionale con un'indicazione di fiducia e di apertura che pienamente risponde alla dignità e responsabilità di ogni membro del Popolo di Dio" (Novo Millennio ineunte NM 45).

Pregando affinché Dio Onnipotente, "che dalle condizioni di oppressione e di conflitto ci chiama alla libertà e alla cooperazione per il bene di tutti" (Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2003, n. 10), invii su di voi la luce del suo Spirito, imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica come pegno di grazia e di fortezza nel nostro Signore Gesù Cristo.

344 Dal Vaticano, 28 novembre 2003

GIOVANNI PAOLO II



MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II

AL PRESIDENTE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI



Onorevole Signore

PIER FERDINANDO CASINI

Presidente della Camera dei Deputati

1. Con grande cortesia, Ella ha voluto informarmi che, ad un anno dalla mia visita al Parlamento Italiano, la Camera dei Deputati intende commemorare tale evento con una speciale iniziativa. Sono lieto, Signor Presidente, di far giungere per la circostanza un deferente saluto a Lei ed agli Onorevoli Colleghi, ai quali rinnovo l’espressione della mia più sentita gratitudine per l’amichevole accoglienza allora riservatami.

Perdura in me il ricordo di quel giorno, in cui per la prima volta l’Aula di Palazzo Montecitorio ha accolto fra le sue mura un Successore dell’apostolo Pietro, nel corso di una speciale seduta congiunta di tutti i Senatori e i Deputati della Repubblica, e con la partecipazione del Presidente del Consiglio dei Ministri, dei membri del Governo e delle più alte cariche dello Stato, a cominciare dal Presidente della Repubblica. Ripenso con commozione alla sincera attenzione che è stata riservata alla mia persona e mi è ancor oggi di conforto l’attestazione di unanime adesione riservata alle mie parole. Credo che quella pur rapida, ma intensa manifestazione abbia segnato una pietra miliare nella storia dei rapporti tra l’Italia e la Santa Sede. Formulo l’auspicio che la celebrazione, con cui codesta insigne Assemblea ne sottolinea l’anniversario, contribuisca a mantenere vivo lo spirito di quell’incontro.

2. Nel volgere dell’ultimo secolo l’Italia è profondamente mutata sotto il profilo sociale. Ora essa è avviata ad affrontare le sfide del terzo millennio con una rinnovata consapevolezza della propria missione nel contesto europeo e mondiale, segnato anch’esso da rapide e talora sostanziali trasformazioni. La visita del Vescovo di Roma al Parlamento Italiano ha evidenziato, in modo altamente simbolico, il ruolo determinante che il Cristianesimo ha avuto e tuttora conserva nella storia e nella vita della Nazione. Il Vangelo - annuncio di fede, di speranza e d’amore - è stato nei secoli linfa vitale per il popolo italiano, animandone in mille modi la ricerca del bene, del vero e del bello. Non si può non riconoscere che, malgrado i limiti e gli errori degli uomini, la Chiesa sia stata lievito di civiltà e di progresso per le persone, le famiglie, le comunità e per l’intero Paese. La stessa Costituzione repubblicana, nei suoi principi fondamentali, riflette in modo eloquente e sempre valido la verità evangelica sull’uomo e sulla società.

In qualsiasi parte del Pianeta siano emigrati, gli italiani, insieme con le loro riconosciute qualità umane e professionali, hanno recato le testimonianze della fede cristiana ereditata dai padri nella terra natale. La Chiesa, per parte sua, non ha mai cessato di coltivare queste profonde radici con la sua opera di evangelizzazione espressa mediante molteplici attività pastorali.

3. Possa questo patrimonio spirituale essere fatto proprio e testimoniato anche dalle nuove generazioni! E’ una ricchezza umana e religiosa da salvaguardare, perché rappresenta un bene prezioso per l’intera comunità civile. A tale impegnativo compito offrirà il suo contributo - ne sono certo - la proficua cooperazione esistente tra la Santa Sede e la Repubblica Italiana. Per questo nobilissimo scopo elevo a Dio una speciale preghiera, che affido all’intercessione materna di Maria venerata in ogni angolo di questa amata Terra italiana.

Con questi auspici, mentre porgo nuovamente il mio deferente saluto a Lei, Signor Presidente, e agli Onorevoli Deputati, volentieri invoco sull’intero Parlamento e su quanti prendono parte a codesta significativa manifestazione l’abbondanza delle celesti benedizioni.

Dal Vaticano, 26 novembre 2003.

IOANNES PAULUS II



"ECCLESIASTICA COMMUNIO"

AL PATRIARCA DI BABILONIA DEI CALDEI


AL NUOVO PATRIARCA DI BABILONIA DEI CALDEI,


SUA BEATITUDINE EMMANUEL III DELLY


INSIEME AI MEMBRI DEL SINODO DELLA CHIESA CALDEA


Mercoledì, 3 dicembre 2003




Beatitudini,
345 Cari Fratelli nell' Episcopato,
pastori e figli della venerata Chiesa Caldea!

1. "Grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo" (
Rm 1,7).

Vi accolgo con grande affetto e conclusione del Sinodo Straordinario della vostra Chiesa, che ha proceduto all'elezione del nuovo Patriarca di Babilonia dei Caldei, "Capo e Padre" della vostra Chiesa, successore del compianto Patriarca Raphael I Bidawid.

A Lei, caro Emmanuel III Delly, va il mio saluto cordiale, mentre invoco su di Lei una copiosa effusione di doni spirituali.

Saluto il Cardinale Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, al quale ho affidato la presidenza dei lavori sinodali. Lo ringrazio per la sua opera e per le cortesi espressioni di omaggio appena pronunciate.

Saluto tutti voi, venerati Fratelli, convenuti presso San Pietro per compiere l'atto più alto della responsabilità sinodale. Vi chiedo di recare alle comunità di cui siete pastori il mio pensiero affettuoso e l’assicurazione della mia preghiera. Il Papa è vicino a tutti gli iracheni e conosce le loro aspirazioni alla pace, alla sicurezza e alla libertà.

2. Beatitudine, Ella ha chiesto l’ecclesiastica communio. A tale istanza ben volentieri accedo. In questa prospettiva, ho dato incarico al Cardinale Moussa I Daoud di confermarla, secondo la prassi, nella Concelebrazione Eucaristica, che avrà luogo nella Basilica di San Pietro. La comunione con il Vescovo di Roma, Successore di Pietro, principio e fondamento visibile dell'unità nella fede e nella carità, fa’ sì che le singole Chiese vivano ed operino nel mistero della Chiesa una, santa, cattolica ed apostolica.

La Chiesa Caldea è fiera di testimoniare Cristo nella terra dalla quale partì "Abramo, nostro padre nella fede" e di trarre le sue origini apostoliche nella predicazione di "Tommaso, uno dei Dodici".

Partecipe dell'unica linfa vitale che promana da Cristo, essa deve continuare a fiorire, fedele alla propria identità, portando frutti abbondanti per il bene dell'intero corpo ecclesiale.

3. Venerati Fratelli, sviluppate sempre più l’unanime consonanza manifestatasi in questo Sinodo. L’unità di intenti, infatti, consentirà un pieno sviluppo della vita ecclesiale.

346 La concordia è tanto più necessaria se guardiamo alla vostra terra, oggi più bisognosa che mai di vera pace e di tranquillità nell’ordine. Operate per "unire le forze" di tutti i credenti in un rispettoso dialogo, che favorisca ad ogni livello l'edificazione di una società stabile e libera.

Mentre invoco l'intercessione della Santa Madre di Dio, che ha dato al mondo il Principe della Pace, vi imparto la Benedizione Apostolica, che di gran cuore estendo a tutti i figli e le figlie dell' amata Chiesa Caldea.




AI MEMBRI DEI COMITATI PREPARATORI


DELLA VISITA PASTORALE DEL SANTO PADRE


IN BOSNIA ED ERZEGOVINA


Giovedì, 4 dicembre 2003




Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Vi accolgo con gioia, e porgo il mio cordiale saluto a ciascuno di voi, convenuti a Roma per ricambiare la Visita pastorale che ho potuto compiere a Banja Luka il 22 giugno scorso. Con l’animo colmo di gratitudine per la calorosa accoglienza riservatami allora, do a ciascuno il mio benvenuto.

Saluto innanzitutto il Vescovo di Banja Luka, Mons. Franjo Komarica, e lo ringrazio per le cortesi parole che, anche in qualità di Presidente della Conferenza Episcopale della Bosnia ed Erzegovina, mi ha rivolto a nome di tutti i presenti. Insieme con lui, rivolgo un fraterno saluto allo stimato e caro Cardinale Vinko Puljic, Arcivescovo di Vrhbosna, unitamente all’Ausiliare, Mons. Pero Sudar, come pure al caro e zelante Vescovo di Mostar-Duvno ed Amministratore Apostolico di Trebinje-Mrkan, che non ha potuto prendere parte a questo incontro. Il mio deferente pensiero va, poi, al Presidente della Presidenza della Bosnia ed Erzegovina, il Signor Dragan Covic, e agli altri membri della Presidenza, come pure ai Signori Ministri presenti e a tutte le Autorità civili del Paese, che ringrazio per l’impegno profuso nella buona riuscita della mia Visita pastorale.

2. A Banja Luka ho avuto la grande gioia di proclamare beato un giovane originario di tale città, Ivan Merz. Il suo fulgido esempio di santità incoraggi i laici cattolici ad impegnarsi nel testimoniare il Vangelo, criterio ed orientamento fondamentale dei cristiani di ogni tempo.

Questo giovane, come hanno scritto i Vescovi della vostra Terra, "ha davvero molte cose da dire e da testimoniare" (Lettera pastorale dei Vescovi) ad ogni persona di buona volontà. L’insegnamento più incisivo è forse costituito da quanto si legge nel suo Diario alla data del 5 febbraio 1918, quando l’Europa era in piena guerra ed egli si trovava al fronte: "Mai dimenticare Dio! Desiderare sempre di unirsi a Lui!".

3. Queste parole rivestono un particolare significato per il vostro Paese, impegnato a superare molte sofferenze, che sono la conseguenza di un regime oppressivo e di una lunga guerra. Potrà superare questa difficile situazione grazie alla realizzazione di istituzioni democratiche a livello politico e amministrativo. Più necessario, comunque, sarà coltivare un autentico rinnovamento spirituale, mediante il quale ci si apra al perdono, alla riconciliazione e al reciproco rispetto dell’identità culturale e religiosa da parte di ciascuno.

Queste sono le vie che conducono alla creazione di una società prospera e serena, libera e solidale; questo è il cammino che rende possibile il tanto atteso rientro dei profughi e degli esuli nei loro paesi nativi, in un’atmosfera di sicurezza e di piena libertà.

4. Grande è la sfida che sta davanti a voi: "Mai dimenticare Dio"! Vi assicuro il sostegno della mia preghiera e desidero incoraggiarvi ad andare avanti con fiducia.

347 Su di voi e sulla vostra cara Patria scenda la Benedizione di Dio.

Siano lodati Gesù e Maria!



MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


PER IL 70° ANNIVERSARIO


DELL’HOLODOMOR IN UCRAINA




Ai Venerati Fratelli
LUBOMYR Card. HUSAR
Arcivescovo Maggiore di Lviv degli Ucraini
e MARIAN Card. JAWORSKY
Arcivescovo di Lviv dei Latini

1. Il ricordo delle vicende drammatiche di un popolo, oltre che in se stesso doveroso, si rivela quanto mai utile per suscitare nelle nuove generazioni l’impegno a farsi, in ogni circostanza, vigili sentinelle del rispetto della dignità di ogni uomo. La preghiera di suffragio, inoltre, che da tale ricordo scaturisce, è per i credenti balsamo che lenisce il dolore ed efficace supplica al Dio dei viventi, affinché doni il riposo eterno a quanti sono stati ingiustamente privati del bene dell’esistenza. La doverosa memoria del passato acquista, infine, una valenza che travalica i confini di una nazione, raggiungendo gli altri popoli, che sono stati vittime di eventi ugualmente funesti e possono trarre conforto dalla condivisione.

Sono questi i sentimenti che il 70° anniversario delle tristi vicende dell’holodomor ispira al mio animo: milioni di persone hanno subito una morte atroce per la nefasta efficacia di un’ideologia che, lungo tutto il XX secolo, ha causato sofferenze e lutti in molte parti del mondo. Per tale ragione, Venerati Fratelli, intendo rendermi spiritualmente presente alle celebrazioni che si terranno nel ricordo delle innumerevoli vittime della grande carestia provocata in Ucraina durante il regime comunista. Si trattò di un disumano disegno attuato con fredda determinazione dai detentori del potere in quell’epoca.

2. Nel riandare a quei tristi avvenimenti, chiedo a voi, Venerati Fratelli, di rendervi interpreti del mio solidale ed orante pensiero presso le Autorità del Paese e presso i vostri Concittadini, a me particolarmente cari. Le celebrazioni previste, destinate a rinsaldare il giusto amore per la Patria nel ricordo del sacrificio dei suoi figli, non sono rivolte contro altre Nazioni, ma intendono piuttosto ravvivare nell’animo di ciascuno il senso della dignità di ogni persona, a qualunque popolo essa appartenga.

Tornano alla mente le forti parole del mio predecessore il Papa Pio XI di v. m., il quale, riferendosi alle politiche dei governanti sovietici del tempo, distingueva nettamente tra governanti e sudditi e, mentre scagionava questi ultimi, denunciava apertamente le responsabilità del sistema "misconoscitore della vera origine della natura e del fine dello Stato, negatore dei diritti della persona umana, della sua dignità e libertà" (Lett. enc. Divini Redemptoris [18 marzo 1937], II: AAS 29 [1937], 77).

348 Come non pensare, a questo proposito, alla distruzione di tante famiglie, al dolore degli innumerevoli orfani, al dissesto dell’intera compagine sociale? Mentre mi sento vicino a quanti hanno patito per le conseguenze del triste dramma del 1933, desidero riaffermare la necessità di far memoria di quei fatti, per poter ripetere insieme, ancora una volta: Mai più! La consapevolezza delle aberrazioni passate si traduce in un costante stimolo a costruire un avvenire più a misura dell’uomo, contrastando ogni ideologia che profani la vita, la dignità, le giuste aspirazioni della persona.

3. L’esperienza di quella tragedia deve guidare oggi il sentire e l’operare del popolo ucraino verso prospettive di concordia e di cooperazione. Purtroppo, l’ideologia comunista ha contribuito ad approfondire le divisioni anche nell’ambito della vita sociale e religiosa. Occorre impegnarsi per una pacificazione sincera e fattiva: è in questo modo che possono essere adeguatamente onorate le vittime appartenenti all’intera famiglia ucraina.

Al sentimento del cristiano suffragio per quanti sono morti a causa di un dissennato disegno omicida si deve accompagnare la volontà di edificare una società dove il bene comune, la legge naturale, la giustizia per tutti e il diritto delle genti siano guide costanti per un efficace rinnovamento dei cuori e delle menti di quanti si onorano di appartenere al popolo ucraino. Così la memoria degli eventi passati diverrà fonte di ispirazione per la generazione presente e per quelle future.

4. Durante l’indimenticabile viaggio compiuto nella vostra Patria due anni orsono, accennando al luttuoso periodo vissuto dall’Ucraina settant’anni fa, ricordavo "gli anni terribili della dittatura sovietica e la durissima carestia degli inizi degli anni trenta, quando il vostro Paese, "granaio dell’Europa", non riuscì più a sfamare i propri figli, che morirono a milioni" (Discorso ai rappresentanti della politica, della cultura, della scienza e dell’impresa nel Palazzo Presidenziale [23 giugno 2001], 3: Insegnamenti 24/1, 2001, 1268).

È da sperare che, con l’aiuto della grazia di Dio, le lezioni della storia aiutino a trovare solidi motivi di intesa, in vista di una costruttiva cooperazione, al fine di edificare insieme un Paese che si sviluppi in maniera armoniosa e pacifica ad ogni livello.

Raggiungere questo nobile scopo dipende in primo luogo dagli Ucraini, ai quali è affidata la custodia dell’eredità cristiana orientale e occidentale, e la responsabilità di saperla far pervenire ad una sintesi originale di cultura e di civiltà. Sta in questo lo specifico contributo che l’Ucraina è chiamata ad offrire all’edificazione di quella "casa comune europea" nella quale ogni popolo possa trovare conveniente accoglienza nel rispetto dei valori della propria identità.

5. Venerati Fratelli, in questa circostanza così solenne come non riandare con la mente alla seminagione evangelica operata dai Santi Cirillo e Metodio? Come non ripensare con gratitudine alla testimonianza di San Vladimiro e della madre Sant’Olga, per mezzo dei quali Dio donò al vostro popolo la grazia del Battesimo e della vita nuova in Cristo? Con l’animo illuminato dal Vangelo, si può meglio comprendere come si debba amare la Patria per contribuire efficacemente al suo avanzamento sulla strada della cultura e della civiltà. L’appartenenza ad una stirpe deve accompagnarsi all’impegno di un generoso e gratuito scambio dei doni ricevuti in eredità dalle precedenti generazioni, al fine di edificare una società aperta all’incontro con altri popoli e altre tradizioni.

Mentre auspico che il popolo ucraino sappia guardare alle vicende della storia con occhi riconciliati, affido quanti ancora soffrono per le conseguenze di quei tristi fatti alle interiori consolazioni della Tuttasanta, Madre di Dio. Avvaloro questi sentimenti con una speciale Benedizione Apostolica, che imparto a voi, Venerati Fratelli, e a quanti sono affidati alle vostre premure pastorali, su tutti invocando copiose effusioni di celesti favori.

Dal Vaticano, 23 novembre 2003, Solennità di Nostro Signore Gesù Cristo, Re dell’universo.

IOANNES PAULUS II



AI PARTECIPANTI ALLA XXXII CONFERENZA DELL’ORGANIZZAZIONE DELLE NAZIONI UNITE


PER L’ALIMENTAZIONE E L’AGRICOLTURA (F.A.O.)


Venerdì, 5 dicembre 2003




Signor Presidente,
349 Signor Direttore Generale,
Eccellenze,
Signore e Signori,

1. Sono lieto di dare il benvenuto a voi, distinti partecipanti alla 32ª Conferenza dell'Organizzazione per l'Agricoltura e l'Alimentazione delle Nazioni Unite. Rivolgo un cordiale saluto all'onorevole Jim Sutton, Ministro dell'Agricoltura della Nuova Zelanda, che sta presiedendo questa sessione, e al Direttore Generale, il Signor Jacques Diouf. Il nostro incontro, oggi, mi consente di esprimere l'apprezzamento della Chiesa cattolica per l'importante servizio che la FAO rende all'umanità.

Oggi, tale servizio è più che mai urgente. La fame e la malnutrizione, aggravate dalla crescente povertà, rappresentano una grave minaccia per la pacifica coesistenza dei popoli e delle nazioni. Con il suo sforzo per combattere l'insicurezza alimentare che colpisce vaste aree del mondo, la FAO offre un importante contributo al progresso della pace mondiale.

2. Considerato questo stretto rapporto tra fame e pace, è evidente che le decisioni e le strategie economiche e politiche devono essere sempre più guidate dall'impegno a favore della solidarietà globale e del rispetto per i diritti fondamentali umani, incluso quello a un adeguato nutrimento. La dignità umana stessa è compromessa ogniqualvolta uno stretto pragmatismo, distaccato dalle esigenze oggettive della legge morale, porta a delle decisioni che vanno a favore di pochi fortunati, mentre ignorano le sofferenze di grandi segmenti della famiglia umana. Allo stesso tempo, conformemente al principio della sussidiarietà, gli individui e i gruppi sociali, le associazioni civili e le confessioni religiose, i governi e le istituzioni internazionali, sono chiamati, secondo le loro specifiche competenze e le loro risorse, a condividere questo impegno a favore della solidarietà, promovendo il bene dell'umanità.

3. Per questa ragione, sono fiducioso che il lavoro della FAO, stabilendo un'Alleanza Internazionale Contro la Fame, darà frutto nelle scelte pratiche e nelle decisioni politiche, ispirate dalla consapevolezza che l'umanità è un'unica famiglia. Come in ogni famiglia, occorre mostrare sollecitudine soprattutto verso coloro che sono svantaggiati e nel bisogno. Il mondo non può rimanere sordo dinanzi alle suppliche di quanti chiedono il cibo di cui hanno bisogno per sopravvivere!

4. Con questa convinzione, offro i miei oranti auspici perché questa Conferenza aiuti la FAO a perseguire con successo sempre maggiore i suoi nobili fini e obiettivi. Su tutti voi, invoco di cuore le benedizioni di Dio della sapienza, della perseveranza e della pace.



MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


ALL’EM.MO CARD. FRANCIS ARINZE


IN OCCASIONE DELLA GIORNATA DI STUDIO


SULLA "SACROSANCTUM CONCILIUM"


Al venerato Fratello

FRANCIS Cardinale ARINZE
Prefetto della Congregazione per il Culto Divino
350 e la Disciplina dei Sacramenti

A quarant’anni dal 4 dicembre 1963, giorno nel quale il mio venerato predecessore, il Papa Paolo VI, promulgava la Costituzione Sacrosanctum Concilium, primo frutto del Concilio Vaticano II, codesta Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti ha opportunamente promosso una giornata di studio, per mettere in risalto le tematiche di fondo del rinnovamento liturgico voluto dal Concilio.

Rallegrandomi per l’iniziativa, volentieri colgo l’occasione per trasmettere a Lei, venerato Fratello, e a tutti i partecipanti al Convegno, la Lettera da me preparata per ricordare la promulgazione della menzionata Costituzione conciliare, che ha segnato, nella vita della Chiesa, una tappa di fondamentale importanza per la promozione e lo sviluppo della Liturgia.

Nell’affidare a codesto Dicastero il compito di far conoscere al popolo cristiano il contenuto dell’allegata Lettera apostolica, assicuro la mia spirituale presenza ai lavori del Convegno, mentre di cuore invio a Lei, venerato Fratello, ai suoi collaboratori, ai relatori e ai presenti tutti una speciale Benedizione, pegno di copiosi favori celesti.

Dal Vaticano, 4 Dicembre 2003.

IOANNES PAULUS II



AL SECONDO GRUPPO DI VESCOVI


DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DI FRANCIA


Sabato, 6 dicembre 2003




Cari Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio,

1. Sono lieto di accogliervi, Vescovi e Amministratore diocesano, giunti dalle Province di Rennes e di Rouen, da questa regione dell'Ovest della Francia, che ho avuto occasione di visitare a due riprese, recandomi a Lisieux, a Saint-Laurent sur Sèvre e a Sainte-Anne d'Aurey. Siate i benvenuti, al termine della vostra visita ad limina, che è un tempo di incontro e di lavoro con i Dicasteri della Curia romana, e anche di rafforzamento spirituale, attraverso la preghiera sulle tombe degli Apostoli e la celebrazione della comunione tra di voi e con il Successore di Pietro. Ringrazio Monsignor Saint-Macary, Arcivescovo di Rennes, per avermi presentato le vostre Diocesi e gli importanti cambiamenti che sperimentate sia nella vita delle comunità cristiane, sia nelle forme di esercizio del ministero sacerdotale. A mia volta, desidero parlarvi di una questione che sta molto a cuore a me, come a tutti i Vescovi del mondo intero, ovvero quella delle vocazioni sacerdotali e della formazione dei presbiteri.

2. Da molti anni, ormai, il vostro Paese vive una grave crisi delle vocazioni, una sorta di traversata del deserto, che costituisce un'autentica prova nella fede sia per i Pastori sia per i fedeli, e che viene largamente ricordata nelle vostre relazioni quinquennali. In trent'anni, si è assistito a una lenta diminuzione degli effettivi, che sembra perfino essersi accentuata negli ultimi anni. Allo stesso tempo, si sono tenute numerose riflessioni per cercare di analizzare le cause di questo fenomeno e per porvi rimedio. Numerose iniziative sono state prese nelle Diocesi in Francia per risvegliare la pastorale vocazionale, per suscitare una nuova presa di coscienza nelle comunità cristiane, per interpellare i giovani, per ricordare la responsabilità dei sacerdoti nella chiamata, per adeguare i luoghi di formazione e assicurare ulteriormente la loro solidità. Certamente questi molteplici sforzi non hanno ancora prodotto tutti i loro frutti e la crisi continua a esistere, preoccupante per le sue conseguenze immediate e durature per la vitalità delle parrocchie e delle Diocesi di Francia.

Piuttosto che cedere allo scoramento dinanzi a questa situazione, vi esorto ad accogliere la sfida, con ferma speranza, per costruire il futuro delle vostre Chiese. In questo cammino, siate certi della vicinanza spirituale e dell'incoraggiamento del Successore di Pietro.

3. In Francia, i Seminari hanno una lunga storia e una ricca esperienza. L'ultima Visita apostolica, compiuta in tutti gli istituti di formazione del vostro Paese, ha mostrato che, nell'insieme, erano strumenti sicuri e ben adeguati per aiutare i giovani che sentono la chiamata del Signore a discernere la sua volontà, e per fare di loro Pastori disponibili e competenti. Essi sono, pertanto, a disposizione dei Vescovi come strumento fondamentale e necessario per la formazione dei candidati al sacerdozio (cfr Pastores dabo vobis PDV 60). Abbiate dunque a cuore di conservare, con tutta la vostra sollecitudine di Pastori, la qualità di queste case di formazione, in modo particolare attraverso la scelta di formatori che assicurino questo ministero sotto la vostra responsabilità, e vegliando sull'applicazione della Ratio institutionis, votata dalla vostra Conferenza Episcopale e approvata dalla Congregazione per l'Educazione Cattolica nel 1998!

351 Il Codice di Diritto Canonico prevede che in ogni Diocesi vi sia un Seminario per la formazione dei futuri sacerdoti (can. 237). Evidentemente, la situazione pastorale attuale non vi consente di ritenere ciò possibile ovunque, e nemmeno auspicabile: infatti, come dimostra l'esperienza, il raggruppamento di forze spesso è necessario e può offrire anche un reale dinamismo. Il legislatore, tuttavia, nella sua saggezza, ha voluto mostrare il legame profondo e intrinseco esistente tra la Chiesa diocesana e la formazione dei presbiteri. Ordinando, per il servizio delle comunità cristiane, degli uomini che fanno dono della loro intera vita e che avranno il compito di agire nel nome di Cristo, il Vescovo diocesano assicura la vita della Chiesa nella verità e la continuità del suo mistero, essendo essa Corpo di Cristo, "segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano" (Lumen gentium LG 1). Come potrebbe, perciò, la Chiesa diocesana disinteressarsi della formazione dei suoi futuri Pastori? Ecco perché è importante che il Seminario sia un'istituzione stabile, riconoscibile e riconosciuta nella Diocesi, che appaia sempre come il Seminario della Diocesi, anche se questo Seminario, che accoglie i candidati provenienti da diverse Diocesi, si trova in una Diocesi diversa. Pur lasciando il compito del discernimento alle persone a cui compete questa responsabilità, il Vescovo deve fare in modo di essere presente nella vita del Seminario, visitandolo, di persona o inviando un delegato, e incontrando regolarmente i formatori e i seminaristi. Inviterà questi ultimi a radicarsi progressivamente nelle realtà delle loro Diocesi, attraverso le fasi necessarie, soprattutto quando, per ragioni legittime legate agli studi, i luoghi di formazione sono distanti dalla Diocesi.

In questo spirito, una concertazione tra i Vescovi della Francia potrebbe essere molto utile, al fine di riflettere insieme, e con i formatori responsabili, sulla questione della distribuzione dei Seminari, di modo che non siano troppo distanti dalle Diocesi che affidano loro i propri candidati. Le nuove province, create di recente per un migliore servizio della vostra azione pastorale, non potrebbero forse costituire un quadro di riferimento, consentendo ai Vescovi di mettere in comune le forze pastorali disponibili per una migliore formazione dei candidati al sacerdozio?

È opportuno, inoltre, non dimenticare che la missione dei sacerdoti si esprime sacramentalmente e umanamente attraverso la solidarietà di uno stesso presbiterio, unito intorno al Vescovo, e che la formazione comune dei sacerdoti di una stessa Diocesi, o di una stessa provincia, nel medesimo Seminario, è certamente propizia a suscitare uno spirito di unità, tanto necessario per aiutare il Vescovo a mettere in pratica le sue decisioni pastorali, e anche per permettere ai sacerdoti di vivere nel sostegno reciproco e fraterno un ministero spesso difficile.

4. Come già sottolineato nell'Esortazione Apostolica Pastores dabo vobis (cfr nn. 43-59), desidero ricordare la fondamentale complementarità delle quattro dimensioni della formazione, umana, spirituale, intellettuale e pastorale, che il Seminario, "comunità educativa in cammino" (Ibidem, n. 60) dispensa in modo progressivo nel corso degli anni di formazione. L'attenzione verso le difficoltà specifiche dei giovani d'oggi, specialmente negli ambiti della vita familiare e della maturità affettiva, come pure la considerazione dell'ambiente sociale, caratterizzato dal relativismo generalizzato dei "valori" diffusi dai mezzi di comunicazione, dalla banalizzazione della sessualità, ma anche dagli scandali che vi sono collegati, richiedono una particolare sollecitudine per la formazione umana, affettiva e morale dei candidati. Incoraggio il personale dei Seminari a proseguire il suo lavoro di formazione e di discernimento in questo ambito, in collaborazione con specialisti competenti, al fine di permettere ai giovani, che essi accolgono, di conoscere sempre in modo chiaro le esigenze oggettive della vita sacerdotale e di fare luce sulla propria vita, affinché possano attribuire il giusto valore al dono del celibato e prepararsi a vivere generosamente nella castità, come dono d'amore offerto al Signore e a coloro che verranno loro affidati. Conto su di voi, che siete i primi responsabili della formazione dei sacerdoti nelle vostre Diocesi, affinché vegliate con attenzione e rigore su questa dimensione. "Ecco l'uomo" (Jn 19,5), disse Pilato, in modo profetico, presentando Gesù alla folla: nella formazione umana e affettiva dei candidati al sacerdozio, come pure in tutte le altre dimensioni della loro formazione, è proprio Cristo, Verbo incarnato e uomo nuovo e perfetto, che occorre cercare e contemplare; è Lui che bisogna prendere a modello (cfr 1Co 11,1), per imitarlo in tutte le cose, per diventare sacerdoti nel nome suo.

5. Le vostre Chiese diocesane sono impegnate in un intenso lavoro di adeguamento alle nuove realtà, come il riordino pastorale, la rapida diminuzione dei sacerdoti e l'accesso alle responsabilità pastorali di numerosi fedeli laici, evoluzioni sensibili delle quali, giustamente, è opportuno tener conto nella preparazione dei futuri sacerdoti, al fine di rendere la loro formazione sempre più solida e adeguata. Tuttavia, per portare a buon fine questa missione difficile e fondamentale della formazione dei sacerdoti, e per superare la situazione di crisi attuale, occorre certamente andare oltre e più in profondità (cfr Novo Millennio ineunte NM 1). La Chiesa, per questo, deve preoccuparsi di una certa stabilità nelle sue istituzioni e scoprire sempre più la ricchezza che la costituisce nella complementarità delle diverse vocazioni dei suoi membri. Essa deve, soprattutto, attribuire il giusto valore al ministero dei sacerdoti, comprendendo che questo è indispensabile per la sua vita, poiché le assicura la permanenza della presenza di Cristo, nella fedeltà all'annuncio e all'insegnamento della sua Parola, nel dono prezioso dei Sacramenti che la fanno vivere, soprattutto quelli dell'Eucaristia e della Riconciliazione, e nel servizio dell'autorità nel nome del Signore e nella sua maniera. È in un nuovo approfondimento della vita cristiana, attraverso il rinnovamento interiore della vita di fede di tutti, Pastori e fedeli, e attraverso l'irradiamento missionario delle comunità cristiane, che potranno nascere, tra i giovani, delle nuove vocazioni per la Chiesa.

6. A questo riguardo, è importante che la Chiesa, che chiama i giovani a servire Cristo, appaia ai loro occhi, come a quelli delle famiglie, serena e fiduciosa: "Venite e vedrete" (Jn 1,39)! Pertanto, è fondamentale che coloro ai quali è affidata la formazione al ministero presbiterale si sentano sostenuti dal loro Vescovo e dalla Chiesa: il gruppo dei formatori, scelto e incaricato dal Vescovo, o collegialmente dai Vescovi responsabili, ha bisogno di questa fiducia per svolgere la propria missione presso i giovani che gli vengono affidati, come pure presso i sacerdoti e i laici impegnati nella pastorale vocazionale. È bene, inoltre, che gli stessi giovani che desiderano diventare sacerdoti possano identificare il Seminario della loro Diocesi come il luogo normale dove prepararsi al sacerdozio per il servizio della Chiesa diocesana, nella fiduciosa obbedienza al Vescovo e senza avanzare esigenze particolari circa il luogo della loro formazione. Mi preme anche ricordare che l'accoglienza dei candidati provenienti da un'altra Diocesi deve essere fatta con discernimento e deve sempre obbedire alle disposizioni canoniche e pastorali vigenti (can. 241-242), ribadite dall'Istruzione circa l'ammissione al Seminario dei candidati provenienti da altre Diocesi o da altre famiglie religiose. A tal fine, appare auspicabile che i Vescovi di Francia possano discutere serenamente, nell'ambito della Conferenza episcopale, delle questioni legate alla formazione dei sacerdoti, senza ritornare sul lavoro già compiuto e acquisito, per manifestare sempre più, dinanzi all'insieme dei fedeli, un'unità di vedute, senza la quale i loro sforzi rischiano di essere privi di vitalità.

Dobbiamo sempre ricordare la preghiera pressante del Signore, il quale chiede al Padre suo che i suoi discepoli siano "una cosa sola, perché il mondo creda" (Jn 17,21), e dobbiamo impegnarci a vivere, tra noi, le esigenze di una comunione, da costruire, verificare e riprendere incessantemente, per rendere sempre più evidente l'unità del Corpo di Cristo.

7. Per preparare il futuro con speranza, la Chiesa deve proseguire e allargare la sua azione a favore delle vocazioni e rivolta ai giovani: questi ultimi sono la Chiesa del futuro e i sacerdoti di domani.

Rendendo grazie per il loro entusiasmo, tanto espressivo nei grandi incontri come la Giornata Mondiale della Gioventù, o in quelli che organizzate nelle vostre Diocesi, ma anche per la generosità con la quale sanno impegnarsi al servizio delle cause sociali e umanitarie, è opportuno aiutarli a rispondere, più numerosi di quanto fanno oggi, alle chiamate particolari che il Signore non manca di rivolgere loro. Sebbene le difficoltà dei giovani d'oggi a rispondere a questa chiamata siano molteplici, è possibile discernere tre motivi principali. La prima difficoltà è il timore dell'impegno a lungo termine, poiché si ha paura a prendere dei rischi su un futuro incerto e si vive in un mondo in cambiamento, dove l'interesse appare fuggente, legato fondamentalmente alla soddisfazione del momento. Questo è certamente un freno fondamentale alla disponibilità dei giovani, che non può essere superato, se non dando loro fiducia in una prospettiva corrispondente alla speranza cristiana. È l'intera posta del lavoro educativo che viene assicurata prima dalle famiglie e dalla scuola, e che si compie anche attraverso le diverse proposte pastorali per i giovani: penso in modo particolare ai movimenti giovanili come lo scoutismo, alle cappellanie, ai diversi luoghi di accoglienza che vengono loro offerti, dove possono imparare a dare fiducia agli adulti, alla società, alla Chiesa, agli altri giovani e a se stessi. La seconda difficoltà riguarda la proposta del ministero sacerdotale stesso. Infatti, da diverse generazioni, il ministero dei presbiteri si è notevolmente evoluto nelle sue forme; talvolta è stato scosso nelle convinzioni stesse di molti sacerdoti riguardo la loro identità; spesso è stato svalutato agli occhi dell'opinione pubblica. Oggi, i contorni di questo ministero possono apparire ancora vaghi, difficilmente percepibili dai giovani e privi di stabilità. È dunque importante sostenere il ministero ordinato, dargli il posto che gli compete nella Chiesa, in uno spirito di comunione che rispetta le differenze e la loro autentica complementarità, e non in uno spirito di dannosa concorrenza con il laicato. La terza difficoltà, quella più fondamentale, riguarda il rapporto stesso dei giovani con il Signore. La loro conoscenza di Cristo è spesso superficiale e relativa, in mezzo a molteplici proposte religiose, mentre il desiderio di essere sacerdote si nutre fondamentalmente del rapporto intimo con il Signore, in un dialogo veramente personale, poiché si esprime innanzitutto come desiderio di essere con lui (cfr Mc 3,14). È evidente che tutto quanto possa favorire, tra i bambini e i giovani, la scoperta autentica della persona di Gesù e del rapporto vivo con lui, che si esprime nella vita sacramentale, nella preghiera e nel servizio dei fratelli, sarà benefico per il risveglio delle vocazioni. Sia che si tratti di scuole di preghiera per i bambini, di ritiri o di veglie di preghiera per i giovani, sia che si tratti di proposte di formazione teologica e spirituale adeguate ai giovani, questo è un terreno fertile e necessario, dove la chiamata di Dio potrà germogliare fino a dare frutto. Vegliate, dunque, affinché i diversi servizi specializzati che concorrono, in stretta collaborazione, ad alimentare la vita diocesana, la pastorale familiare, la catechesi, la pastorale dei giovani, siano generosamente aperti a questa prospettiva delle vocazioni, che dà senso alla loro azione, grazie, soprattutto, alle domande e alle proposte dei Servizi diocesani per le Vocazioni, a cui spetta il compito di fare ascoltare alla Chiesa diocesana, nelle sue diverse componenti, la chiamata del Signore alle vocazioni particolari dei sacerdoti e dei diaconi, ma anche alle vocazioni alla vita consacrata.

8. Al termine di queste riflessioni, che ho voluto condividere con voi per manifestarvi la mia preoccupazione e il mio sostegno in una situazione difficile, che costituisce una prova per molti, desidero ricordare tutti coloro che si sono dedicati a questa missione: i membri del Servizio nazionale delle Vocazioni e dei Servizi diocesani delle Vocazioni, i responsabili della pastorale dei giovani, e soprattutto i gruppi di formatori dei Seminari. Nonostante la diminuzione del numero dei sacerdoti e l'accumularsi dei compiti che competono loro, siate attenti a offrire in modo sufficiente la vostra disponibilità a coloro ai quali affidate queste responsabilità pastorali, per consentire loro di assumerle con gioia e fiducia, e anche con efficacia. Rendo grazie, insieme a voi, per la testimonianza di fedeltà dei sacerdoti. Assicurate tutti loro della mia vicinanza spirituale e del mio incoraggiamento nel loro impegno generoso. Il Papa prega ogni giorno perché il dono del sacerdozio non manchi alla Chiesa e perché i seminaristi comprendano il dono meraviglioso che il Signore fa loro di chiamarli al suo servizio. Affidando tutti loro all'intercessione materna della Vergine Maria, vi assicuro della mia sollecitudine pastorale per le vostre Chiese diocesane. A tutti imparto di cuore la mia affettuosa Benedizione Apostolica, che estendo ai sacerdoti, ai diaconi, alle persone consacrate e a tutti i fedeli laici delle vostre Diocesi.


GP2 Discorsi 2003 341