GP2 Discorsi 2004 22


AI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DI FRANCIA IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM"

Venerdì, 30 gennaio 2004

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Cari Fratelli nell'Episcopato,

1. Al termine di questo tempo di grazia nel vostro ministero episcopale qual è la visita ad Limina, accolgo con gioia voi, ai quali è affidata la cura pastorale della Chiesa cattolica nelle province ecclesiastiche di Dijon e di Tours e della Prelatura della Missione di Francia. Il mio pensiero affettuoso accompagna Monsignor Michel Coloni, Arcivescovo di Dijon, che non ha potuto essere presente questa mattina. Attraverso il vostro pellegrinaggio alle tombe degli Apostoli Pietro e Paolo fate crescere in voi lo slancio apostolico che li animava. Incontrandovi con il Vescovo di Roma e i suoi collaboratori, fate l'esperienza della comunione con il Successore di Pietro e, in tal modo, con la Chiesa universale. Sostenuti dalla preghiera dei santi che hanno caratterizzato la storia e la spiritualità delle vostre regioni, in particolare san Martino e la beata Elisabetta della Trinità, possiate essere rafforzati, al fine di guidare, con sempre maggiore sapienza pastorale, il popolo di Dio che vi è affidato sui cammini della santità e della fratellanza! Ringrazio Monsignor André Vingt-Trois, Arcivescovo di Tours, per i cordiali saluti che mi ha rivolto, facendomi partecipe delle vostre speranze e delle vostre preoccupazioni. Possano i nuovi rapporti creati tra le Diocesi in occasione della riorganizzazione delle province ecclesiastiche contribuire a sviluppare i vostri vincoli d'unità, al fine di affrontare insieme le sfide della nuova evangelizzazione!

2. Le vostre relazioni quinquennali manifestano l'attenzione che dedicate alla vocazione e alla missione dei laici nelle circostanze attuali della vita della Chiesa. Molti laici servono la Chiesa con generosità, sebbene il loro numero diminuisca costantemente: le comunità cristiane invecchiano in modo progressivo; le generazioni di età compresa tra i 25 e i 45 anni sono poco presenti nelle comunità; la difficoltà di assicurare un ricambio dei cristiani che esercitano un ruolo di responsabilità nella Chiesa è già molto reale. Osservate, tuttavia, dei segni di speranza. Tra questi vi sono l'esigenza di laici che desiderano acquisire una solida formazione filosofica, teologica, spirituale o pastorale per un miglior servizio della Chiesa e del mondo, la ricerca di una maggiore coerenza tra la fede e la sua espressione nella vita quotidiana, la preoccupazione per una testimonianza cristiana radicata in una vita spirituale autentica, il gusto riscoperto per lo studio delle Scritture e per la meditazione della Parola, il senso crescente della responsabilità e dell'impegno a favore della giustizia e delle opere di solidarietà dinanzi alle nuove situazioni di precarietà. Invito tutti i Pastori ad appoggiarsi su questi desideri del popolo di Dio per intraprendere nuove iniziative, anche se queste, in partenza, interesseranno solo un numero esiguo di persone, nella certezza che i fedeli che avranno riscoperto Cristo proporranno in modo credibile il Vangelo agli uomini del nostro tempo, invitandoli a unirsi a loro, come fece l'Apostolo Filippo con Natanaele: "Vieni e vedi" (
Jn 1,46).

Ricordate i frutti che il Grande Giubileo dell'Incarnazione ha portato nelle Diocesi e nelle comunità parrocchiali, esortando i cristiani ad attingere alla grazia del loro battesimo, punto di partenza della missione propria di ogni fedele. Occorre ""ripartire da Cristo", con lo slancio della Pentecoste, con entusiasmo rinnovato. Ripartire da Lui innanzitutto nell'impegno quotidiano della santità, ponendoci in atteggiamento di preghiera e in ascolto della sua parola. Ripartire poi da Lui per testimoniarne l'Amore, attraverso una pratica della vita cristiana segnata dalla comunione, dalla carità, dalla testimonianza nel mondo" (Omelia del 6 gennaio 2001, n. 8). Spetta a voi attuare sempre più questo programma, affinché la comunità cristiana possa prendere il largo, accettando di lasciarsi evangelizzare e di interrogarsi sulla qualità e sulla leggibilità della sua testimonianza.

3. Al fine di accordare le strutture pastorali con le esigenze della missione, la fisionomia delle vostre Diocesi si è profondamente modificata. La prospettiva dell'ecclesiologia di comunione, che mira a edificare la Chiesa come casa e scuola della comunione, ha, in parte, orientato i vostri progetti pastorali. La diminuzione del numero dei sacerdoti non è l'unico motivo dei "riordini" pastorali che sono risultati necessari. Nel realizzarli, avete preso atto della riduzione numerica delle comunità. In maniera positiva, ciò ha consentito ad alcuni laici di partecipare attivamente al dinamismo della loro comunità, prendendo coscienza delle dimensioni profetica, regale e sacerdotale del loro Battesimo. Sono numerosi coloro che hanno accettato, con generosità, di impegnarsi nella vita parrocchiale, per sostenere, sotto la responsabilità del Pastore e nel rispetto del ministero ordinato, il dovere dell'evangelizzazione come pure il servizio della preghiera e della carità. Conosco il coraggio apostolico che li anima mentre devono far fronte all'indifferenza e allo scetticismo dell'ambiente che li circonda. Portate loro il saluto affettuoso del Successore di Pietro, che li accompagna con la sua preghiera quotidiana.

Abbiate cura di vegliare affinché una interazione feconda unisca i loro impegni di laici, in seno alle comunità cristiane, alla dimensione profetica della loro testimonianza nel mondo, ricordando che è importante "l'evangelizzazione delle culture, l'inserimento della forza del Vangelo nelle realtà della famiglia, del lavoro, dei mass-media, dello sport, del tempo libero, l'animazione cristiana dell'ordine sociale e della vita pubblica, nazionale e internazionale" (Esortazione Apostolica Post-sinodale Pastores gregis, n. 51). Affinché questa testimonianza sia feconda, è importante che sia sostenuta spiritualmente, nelle parrocchie e nelle associazioni dei fedeli. Che tutti, dunque, nella legittima diversità delle sensibilità ecclesiali, abbiano la costante preoccupazione di partecipare in modo pieno alla vita diocesana e parrocchiale e di vivere in comunione con il Vescovo diocesano.

In tal modo si compirà - e i Vescovi hanno la missione di vigilare su questo - la comunione intorno ai successori degli Apostoli. Vi chiedo di portare i miei ferventi saluti a tutti i fedeli laici impegnati nei movimenti e nei servizi della Chiesa, soprattutto a quanti operano nel campo della solidarietà e nella promozione della giustizia, manifestando, con la loro presenza nei luoghi di divisione della società, la vicinanza e l'impegno della Chiesa verso le persone che conoscono la malattia, l'esclusione, la precarietà o la solitudine. Coordinando sempre meglio le loro azioni, ricorderanno incessantemente alle comunità cristiane l'esigenza comune di essere attivamente presenti vicino a tutti gli uomini che soffrono (cfr Esortazione Apostolica Post-sinodale Christifideles laici CL 53).

4. Insieme a voi, rendo grazie per i giovani e gli adulti che scoprono o che riscoprono Cristo, e che bussano alla porta della Chiesa perché si sono posti la domanda della fede e del senso della loro esistenza o perché hanno incontrato dei testimoni. Abbiate molta cura del loro accompagnamento e del loro cammino, e della sensibilizzazione sempre maggiore delle comunità cristiane verso l'accoglienza fraterna dei catecumeni o di coloro che ricominciano a credere, nonché del loro sostegno dopo che hanno ricevuto il battesimo. Essi sono per la Chiesa, della quale devono assimilare le tradizioni, l'esperienza e le pratiche, un invito stimolante. Attraverso voi, ringrazio i gruppi del catecumenato per l'importante servizio che svolgono. Questo dinamismo catecumenale, come pure le richieste presentate dalle persone in occasione di una tappa importante della loro vita familiare - battesimo, matrimonio, esequie -, esortano le comunità cristiane a sviluppare una pastorale dell'iniziazione cristiana adattata. La qualità dell'accoglienza e della fraternità nella Chiesa è una forza di evangelizzazione per gli uomini d'oggi.

In questo spirito, è importante che i raggruppamenti parrocchiali non offuschino la visibilità della Chiesa nelle unità sociali di base come i comuni, soprattutto nelle aree rurali, offrendo la possibilità di celebrazioni gioiose dell'Eucaristia, che edifica la comunità e le dona lo slancio apostolico di cui ha bisogno.

Nelle comunità ci si rende conto che, anche per i cristiani impegnati, la Messa domenicale non ha il posto che le compete. I Pastori avranno dunque cura di ricordare con forza e chiarezza ai fedeli, in particolare a coloro che esercitano delle responsabilità nella catechesi, nella pastorale dei giovani o nelle cappellanie, il significato dell'obbligo domenicale e della partecipazione all'Eucaristia della domenica, che non può essere una semplice opzione tra le tante attività. In effetti, per seguire veramente Cristo, per evangelizzare, per essere servitori del Signore, occorre vivere personalmente in modo coerente e responsabile, conformemente alle prescrizioni della Chiesa, ed essere convinti dell'importanza fondamentale per la propria vita di fede della partecipazione, insieme all'intera comunità, al banchetto eucaristico (cfr Lettera Apostolica Dies Domini, n. 46-49).

5. Dalle vostre relazioni quinquennali emerge la vostra preoccupazione di proporre ai laici dei mezzi di formazione spirituale e teologica incessantemente approfondita, soprattutto attraverso la creazione di centri di formazione teologica, in diverse diocesi o a livello regionale. Questi luoghi permettono loro di approfondire la fede e di formarsi dal punto di vista pastorale per assumere una responsabilità nella Chiesa. Parimenti, questa formazione deve condurre i fedeli a una pratica sacramentale e a una vita di preghiera più intense. Il mondo moderno e i progressi scientifici impongono che, nell'ambito religioso, i Pastori e i fedeli abbiano una formazione che consenta loro di dare conto del mistero cristiano e della vita che Cristo propone a quanti desiderano seguirlo. In vista dell'integrazione dell'insegnamento ricevuto, è importante vigilare affinché il cammino intellettuale faccia accedere tutti a un rapporto personale con Cristo.

Da questo punto di vista, occorre formare permanentemente filosofi e teologi che possano donare ai cristiani le basi intellettuali di cui hanno bisogno per la loro fede e per la loro missione specifica di laici impegnati nel mondo. La Chiesa, oggi, educa numerosi giovani, nel rispetto delle culture e delle confessioni religiose, impegnandosi a offrire un insegnamento di qualità e avendo al contempo la nobile missione di trasmettere i valori umani, morali e spirituali tratti dal Vangelo. Esprimo il mio apprezzamento per il lavoro svolto dalle persone e dalle comunità educative profondamente impegnate negli ambiti scolastico e universitario, sia nell'insegnamento, sia nella catechesi e nelle cappellanie. Non dimentichino mai che per i giovani la prima testimonianza è quella della vita quotidiana, conformemente ai principi cristiani che esse desiderano comunicare. Spetta ai Pastori ricordare incessantemente questo criterio della coerenza.

6. La preoccupazione di promuovere e accompagnare la famiglia è al centro delle vostre sollecitudini di Pastori. La famiglia non è un modello di relazione tra tanti altri, bensì un tipo di relazione indispensabile per il futuro della società. In effetti, una società non può essere sana se non promuove l'ideale familiare per la costruzione di rapporti coniugali e familiari stabili e per delle giuste relazioni tra le generazioni. Come aiutare le famiglie? Le vostre Diocesi hanno la preoccupazione costante di offrire dei mezzi concreti per sostenere la loro crescita, consentendo loro di dare una testimonianza credibile nella Chiesa e nella società. Vi impegnate, come suggeriscono alcune vostre relazioni, a proporre soprattutto un accompagnamento alle coppie giovani, consentendo loro di acquisire la maturità umana e spirituale di cui hanno bisogno per uno sviluppo armonioso della loro famiglia. Penso anche alle nuove generazioni di giovani, che la Chiesa fatica a raggiungere e che vengono a chiedere alla Chiesa di prepararli al matrimonio. Incoraggio i sacerdoti, i diaconi e i fedeli impegnati in questo bel compito a far scoprire loro il senso profondo di questo sacramento, nonché le missioni alle quali esso impegna. In tal modo verrà proposta una visione positiva dei rapporti affettivi e della sessualità, che contribuiscono alla crescita della coppia e della famiglia. Come avevo già fatto in occasione della mia visita pastorale in Francia, a Sainte-Anne d'Auray, vi invito a sostenere le famiglie nella loro vocazione a manifestare la bellezza della paternità e della maternità e a promuovere la cultura della vita (cfr Discorso in occasione dell'incontro con le giovani coppie e i loro figli, n. 7).

Rendo inoltre omaggio al lavoro importante, svolto sotto la vostra vigilanza, dai servizi e dai movimenti della pastorale familiare. Le iniziative che essi promuovono sono un sostegno indispensabile per la crescita e la vitalità umana e spirituale dei focolari domestici, nonché una risposta concreta al fenomeno della disgregazione della famiglia. Non si può assistere impotenti alla rovina della famiglia. La Chiesa desidera partecipare, in quest'ambito, a un autentico cambiamento delle mentalità e dei comportamenti, affinché trionfino i valori positivi legati alla vita coniugale e familiare, e affinché i rapporti non siano visti solo dalla prospettiva dell'individualismo e del piacere personale, che snatura il senso profondo dell'amore umano, il quale è innanzitutto altruismo e dono di sé. L'impegno nel matrimonio comporta un certo numero di missioni e di responsabilità, tra cui quelle di mantenere e di far crescere il vincolo coniugale e di prendersi cura dei figli. In questo spirito, occorre offrire un aiuto ai genitori, che sono i primi educatori dei loro figli, affinché riescano, da un lato, a gestire e a risolvere le crisi coniugali che possono attraversare e, dall'altro lato, a dare ai giovani la testimonianza della grandezza dell'amore fedele e unico, come pure gli elementi di un'educazione umana, affettiva e sessuale, dinanzi ai messaggi spesso distruttivi della società attuale, che fanno pensare che tutti i comportamenti affettivi siano buoni, negando qualsiasi qualifica morale degli atti umani. Un tale atteggiamento è particolarmente disastroso per i giovani, poiché li induce, talvolta in modo sconsiderato, a comportamenti erronei che, come spesso osserviamo, lasciano tracce profonde nel loro psichismo, ipotecando i loro atteggiamenti e i loro impegni futuri.

24 7. Cari Fratelli nell'Episcopato, al termine del nostro incontro, desidero evocare la bella figura di Madeleine Delbrêl, di cui celebriamo il centenario della nascita. Ella ha partecipato all'avventura missionaria della Chiesa in Francia nel ventesimo secolo, in particolare alla fondazione della Missione di Francia e del suo Seminario a Lisieux. Possa la sua luminosa testimonianza aiutare tutti i fedeli, uniti ai loro Pastori, a radicarsi nella vita comune e nelle diverse culture, per farvi penetrare, attraverso una vita sempre più fraterna, la novità e la forza del Vangelo! Mantenendo viva nel loro cuore e nella loro vita la loro coscienza ecclesiale, "la coscienza cioè di essere membri della chiesa di Gesù Cristo, partecipi del suo mistero di comunione e della sua energia apostolica e missionaria" (Christifideles laici CL 64), i fedeli potranno dedicarsi al servizio dei loro fratelli. Vi affido a Nostra Signora e imparto a voi, ai sacerdoti, ai diaconi, ai religiosi e alle religiose, come pure a tutti i laici delle vostre Diocesi, un'affettuosa Benedizione Apostolica.

MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


AI PARTECIPANTI AL CONVEGNO INTERNAZIONALE


SU "REGOLAZIONE NATURALE DELLA FERTILITÀ


E CULTURA DELLA VITA"






Illustri Signori e gentili Signore!

1. Sono lieto di far giungere il mio cordiale pensiero a tutti voi, partecipanti al Convegno internazionale su “Regolazione naturale della fertilità e cultura della vita”, che si svolge a Roma in questi giorni. A tutti e a ciascuno porgo il mio affettuoso saluto. Esprimo vivo apprezzamento a coloro che hanno collaborato alla realizzazione di tale iniziativa, in primo luogo al Centro Studi per la Regolazione Naturale della Fertilità, alle Facoltà di Medicina e Chirurgia delle diverse Università romane, al Ministero italiano della Salute, all’Istituto Italiano di Medicina Sociale e all’Ufficio per la Pastorale Universitaria del Vicariato di Roma.

Quest’incontro affronta tematiche attuali, molto interessanti per lo sviluppo dei rapporti tra scienza ed etica. Il Magistero della Chiesa ha accompagnato con viva sollecitudine lo sviluppo di quella che potremmo chiamare la cultura della procreazione responsabile, e ha promosso la conoscenza e la diffusione delle metodiche cosiddette “naturali” di regolazione della fertilità. I miei venerati Predecessori, da Pio XII a Paolo VI, in più occasioni hanno incoraggiato la ricerca in tale ambito, proprio al fine di offrire basi scientifiche sempre più solide ad una regolazione delle nascite rispettosa della persona e del disegno di Dio sulla coppia umana e sulla procreazione. In questi anni, grazie al contributo di innumerevoli coppie cristiane in tante parti del mondo, i metodi naturali sono entrati nell’esperienza e nella riflessione dei gruppi e dei movimenti familiari e delle associazioni ecclesiali.

2. Assistiamo oggi al consolidarsi di una mentalità che, da un lato, appare quasi intimorita di fronte alla responsabilità della procreazione e, dall’altro, vorrebbe come dominare e manipolare la vita. E’ urgente, pertanto, insistere in un’azione culturale che aiuti a superare, in questo ambito, luoghi comuni e mistificazioni, molto spesso amplificati da una certa propaganda. Al tempo stesso, va sviluppata una capillare opera educativa e formativa nei confronti dei coniugi, dei fidanzati, dei giovani in generale, come pure degli operatori sociali e pastorali per illustrare adeguatamente tutti gli aspetti della regolazione naturale della fertilità nei suoi fondamenti e nelle sue motivazioni, oltre che nei suoi risvolti pratici.

I centri di studio e di insegnamento di tali metodiche saranno di valido sostegno alla maternità e alla paternità responsabili, adoperandosi perché ogni persona, a cominciare dal figlio, sia riconosciuta e rispettata per se stessa, e ogni scelta risulti animata e guidata dal criterio del dono sincero di sé.

E’ chiaro che, quando si parla di regolazione “naturale”, non ci si riferisce al solo rispetto del ritmo biologico. Si tratta, ben più compiutamente, di rispondere alla verità della persona nella sua intima unità di spirito, psiche e corpo, unità mai riducibile soltanto ad un insieme di meccanismi biologici. Solo nel contesto dell’amore reciproco, totale e senza riserve, dei coniugi, può essere vissuto in tutta la sua dignità l’evento della generazione al quale è legato il futuro stesso dell’umanità. Giustamente, pertanto, a tale fondamentale evento sono chiamati ad offrire il loro contributo responsabile non soltanto i medici ed i ricercatori, ma anche gli operatori pastorali e le autorità politiche nei rispettivi ambiti di competenza.

3. Il fatto che il Convegno sia stato promosso da alcune Facoltà di Medicina, mi dà modo di sottolineare, in modo speciale, il ruolo dei medici in questo delicato campo. Vorrei qui rinnovare l’espressione della stima che la Chiesa da sempre riserva a quanti nel mondo sanitario si sforzano di essere coerenti con la loro vocazione di servitori della vita. Penso, in particolare, agli uomini e alle donne di scienza che, illuminati dalla fede, si dedicano alla ricerca e alla diffusione dei metodi naturali di regolazione della fertilità, promuovendo al tempo stesso un’educazione ai valori morali che il ricorso a tali metodi suppone. Il ruolo e la responsabilità delle Università risultano decisivi per la promozione di programmi di ricerca in questo campo, come pure per la formazione di futuri professionisti capaci di aiutare i giovani e le coppie a compiere scelte sempre consapevoli e responsabili.

Auspico che il presente incontro possa segnare un’ulteriore tappa in questo cammino, offrendo un approfondimento completo del tema nei suoi diversi aspetti scientifici, culturali, psico-sociali e formativi. Esso non mancherà di offrire l’opportunità di un aggiornamento sullo stato dell’insegnamento dei metodi naturali a livello mondiale, in particolare nelle Facoltà europee di Medicina.

Nell’assicurare a ciascuno di coloro che partecipano al Convegno la mia spirituale vicinanza, auguro pieno successo a così intense giornate di studio. Con questi sentimenti, mentre invoco sui lavori la speciale assistenza di Maria Santissima, volentieri invio a tutti una speciale Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 28 Gennaio 2004

GIOVANNI PAOLO II



AI GIOVANI DEL SERVIZIO MISSIONARIO GIOVANILE (SERMIG)


25
Sabato, 31 gennaio 2004




Cari amici del SERMIG - Arsenale della pace!

1. Ancora una volta vi incontro con gioia e con affetto tutti vi saluto. La vostra numerosa presenza - vedo in particolare tantissimi giovani - costituisce un segno eloquente della vitalità della vostra Fraternità, come pure della volontà che la anima di operare al servizio della pace. Arsenale della pace: si chiama proprio così quella che, in un certo modo, potrebbe qualificarsi come la vostra casa, la fucina dei vostri progetti e delle vostre attività. Della pace voi volete essere messaggeri, testimoni e apostoli infaticabili. Grazie per il vostro giovanile entusiasmo! Grazie per la speranza che rappresentate per la Chiesa e per il mondo!

2. Un saluto cordiale vorrei rivolgere al Signor Ernesto Olivero, che quarant’anni or sono ha fondato la vostra benemerita Associazione. Lo ringrazio per le cortesi parole con cui si è fatto interprete dei comuni sentimenti, illustrandomi il significato dell’odierna manifestazione. Saluto il Presidente e gli attori del teatro Stabile di Torino, l’assieme strumentale e il coro "Voci della speranza" dell’Arsenale della Pace, che si sono esibiti in un’interessante rappresentazione artistica e musicale. Saluto le autorità e quanti non hanno voluto mancare a questo significativo appuntamento. Attraverso voi, cari Fratelli e Sorelle del SERMIG, mi piace far giungere il mio pensiero augurale ai molti ragazzi e ragazze che in diverse nazioni si sforzano di gettare le basi per una "Terra amica", dove nessuno si senta straniero e tutti siano uniti al servizio della giustizia e della pace.

3. Il tema dell’incontro di oggi - "La pace vincerà se dialoghiamo" - pone in luce il rapporto stretto che esiste fra il rispetto degli altri, il dialogo e la pace. Nella nostra epoca, caratterizzata da una fitta rete di scambi fra diverse culture e religioni, occorre promuovere ed agevolare l’accoglienza e la reciproca comprensione fra gli individui e i popoli. La vostra Fraternità si dedica a questa missione e offre un contributo da molti apprezzato alla causa della pace. A tal proposito, mi felicito anche per l’istituzione dell’"Università del Dialogo", che intende dar voce a giovani di ogni nazione, cultura e religione per costruire un mondo nel quale tutti siano a pieno titolo membri dell’unica famiglia umana. Questo dialogo deve abbracciare ogni ambito della vita sociale, economica e religiosa.

4. Nel Messaggio per la recente Giornata Mondiale della Pace ho ricordato che educare alla pace costituisce un impegno sempre attuale, un’urgenza del nostro tempo. Di fronte al dilagare della violenza, al diffondersi d’una mentalità edonista e consumistica, all’accrescersi della diffidenza e della paura dobbiamo con vigore riaffermare che la pace è possibile e quindi, se possibile, essa è pure doverosa. Questa convinzione vi ha guidato nei quattro decenni della vostra storia. Continuate, carissimi, in questa medesima direzione. Vi accompagni la Vergine Madre di Cristo; vi proteggano san Francesco, al quale la vostra Fraternità è legata, e il santo torinese Giovanni Bosco, del quale oggi celebriamo la festa, come pure tutti i vostri santi protettori. Il Papa vi vuole bene e vi assicura la sua preghiera, benedicendo ognuno di voi e le vostre molteplici iniziative apostoliche e missionarie.

                                                                                 Febbraio 2004


ALL’ARCIVESCOVO DI VIENNA (AUSTRIA)


CON UN GRUPPO DI SEMINARISTI


DEL SEMINARIO MAGGIORE DI VIENNA


Martedì, 3 febbraio 2004




Eminentissimo Signor Cardinale,
Egregio Signor Rettore,
Cari Seminaristi,

26 È con grande gioia che porgo il benvenuto a tutti voi nel Palazzo Apostolico! Nell'ambito della vostra formazione in Seminario, siete venuti in pellegrinaggio alle tombe degli Apostoli e alla Sede del Successore di Pietro. Possa questa visita rafforzare la vostra unione con la Chiesa universale!
"Venite e vedrete" (
Jn 1,39). Con queste parole, Cristo invita i primi discepoli a seguirlo e a rimanere con lui. Il Seminario è, "a suo modo, una continuazione nella Chiesa della comunità apostolica stretta intorno a Gesù" (Esortazione Apostolica Post-sinodale Pastores dabo vobis PDV 60).

Cari Seminaristi! La vostra amicizia con Cristo, Signore della vostra preziosa chiamata, e la vostra disponibilità a seguirlo nella comunità gerarchica della Chiesa, devono essere costantemente approfondite. La vita nel Seminario vuole aiutarvi e guidarvi proprio a questo. Occorre dare, ogni giorno di nuovo, una risposta fondamentale alla domanda decisiva di Cristo: "Mi ami?".

Lo studio e la preghiera, il ricevere regolarmente il Sacramento della Penitenza e la devota partecipazione al sacrificio eucaristico sono mezzi indispensabili sul cammino della santificazione.
Che il Signore, quindi, vi dia già ora - e poi in seguito come sacerdoti - la grazia di seguire la sua santa chiamata con il dono totale della vostra vita. Per questo vi imparto, per l'intercessione della Vergine Maria, di cuore la Benedizione Apostolica.


ALLA DELEGAZIONE


DELL’ "AMERICAN JEWISH COMMITTEE"


Giovedì, 5 febbraio 2004




Distinti Amici,

È con affetto che vi saluto, membri dell'American Jewish Committee mentre venite in Vaticano. Ricordo con gratitudine la visita che avete compiuto nel 1985 per celebrare il ventesimo anniversario della Dichiarazione Conciliare Nostra aetate, che ha contribuito in modo tanto significativo al rafforzamento dei rapporti tra ebrei e cattolici.

Mentre ci stiamo avvicinando al quarantesimo anniversario di questo documento storico, purtroppo vi è il grande bisogno che noi ribadiamo la nostra assoluta condanna del razzismo e dell'antisemitismo. La violenza nel nome della religione è sempre una profanazione per la religione. Al fine di contrastare questa allarmante tendenza, è necessario che noi, insieme, sottolineiamo l'importanza dell'educazione religiosa che promuove il rispetto e l'amore per gli altri.

In questi giorni, la nostra attenzione è ancora rivolta alla Terra Santa, che continua ad essere afflitta da violenza e sofferenze. È mia fervente preghiera che si trovi una giusta soluzione che rispetti i diritti e la sicurezza sia degli israeliani sia dei palestinesi.

Su tutti voi invoco il dono della pace. Shalom aleichem.


AI PARTECIPANTI ALLA PLENARIA


DELLA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE


27
Venerdì, 6 febbraio 2004




Signori Cardinali,
venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Si rinnova la mia gioia nel potervi incontrare al termine della Sessione Plenaria della vostra Congregazione. Nel rivolgere a ciascuno il mio cordiale saluto, desidero ringraziare in particolare il Signor Cardinale Joseph Ratzinger per i sentimenti espressi a nome di tutti e per la efficace sintesi dei molteplici lavori del Dicastero.

Questo appuntamento biennale mi permette di ripercorrere i punti salienti della vostra attività e di indicare altresì l’orizzonte delle sfide che vi impegnano nel delicato compito di promuovere e tutelare la verità della fede cattolica, a servizio del Magistero del Successore di Pietro.

In questo senso, il profilo dottrinale che caratterizza in modo speciale la vostra competenza può definirsi come propriamente “pastorale”, poiché partecipa alla missione universale del Supremo Pastore (cfr Pastor Bonus, 33). Una missione che ha fra le sue priorità anzitutto l’unità della fede e della comunione di tutti i credenti, unità necessaria per il compimento della missione salvifica della Chiesa.

Questa unità va continuamente riscoperta nella sua ricchezza e opportunamente difesa, affrontando le sfide che ogni tempo pone. L’odierno contesto culturale, qualificato sia da un diffuso relativismo come dalla tentazione di un facile pragmatismo, esige più che mai l’annuncio coraggioso delle verità che salvano l’uomo e un rinnovato slancio evangelizzatore.

2. La traditio evangelii costituisce il primo e fondamentale impegno della Chiesa. Ogni sua attività deve essere inseparabile dall'impegno per aiutare tutti a incontrare Cristo nella fede. Per tale motivo mi sta particolarmente a cuore che l’azione evangelizzatrice di tutta la Chiesa non si affievolisca mai, sia di fronte ad un mondo che ancora non conosce Cristo e sia di fronte a tanti che, pur avendolo conosciuto, vivono poi lontani da Lui.

Certo la testimonianza della vita è la prima parola con cui il Vangelo viene annunciato, tale parola non è però sufficiente “se il nome, l’insegnamento, la vita e le promesse, il Regno ed il mistero di Gesù di Nazareth, Figlio di Dio, non sono proclamati” (Evangelii nuntiandi EN 22). Questo chiaro annuncio è necessario per muovere il cuore ad aderire alla buona notizia della salvezza. Ciò facendo, si rende un enorme servizio agli uomini che cercano la luce della verità.

3. Certo, il Vangelo esige la libera adesione dell’uomo. Ma perché tale adesione possa essere espressa, il Vangelo va proposto, poiché “le moltitudini hanno diritto di conoscere la ricchezza del mistero di Cristo, nel quale crediamo che tutta l’umanità può trovare, in una pienezza insospettabile, tutto ciò che essa cerca su Dio, sull’uomo e sul suo destino, sulla vita e sulla morte, sulla verità...” (Redemptoris missio
RMi 8). La piena adesione alla verità cattolica non diminuisce, ma esalta la libertà umana e la sollecita verso il suo compimento, in un amore gratuito e colmo di premura per il bene di tutti gli uomini.

28 Questo amore è il sigillo prezioso dello Spirito Santo che, da protagonista dell’evangelizzazione (cfr Redemptoris missio RMi 30), non cessa di muovere i cuori all’annuncio del Vangelo e parimenti li apre ad accoglierlo. E’ questo orizzonte di carità che muove quella nuova evangelizzazione, cui ho più volte invitato tutta la Chiesa ed a cui desidero richiamarla ancora all’inizio di questo terzo millennio.

4. Un tema già altre volte richiamato è quello della recezione dei documenti magisteriali da parte dei fedeli cattolici, spesso disorientati più che informati dalle immediate reazioni e interpretazioni dei mezzi di comunicazione sociale.

In realtà, la recezione di un documento, più che un fatto mediatico, deve essere visto soprattutto come un evento ecclesiale di accoglienza del magistero nella comunione e nella condivisione più cordiale della dottrina della Chiesa. Si tratta, infatti, di una parola autorevole che fa luce su una verità di fede o su alcuni aspetti della dottrina cattolica contestati o travisati da particolari correnti di pensiero e di azione. Ed è proprio in questa sua valenza dottrinale che risiede il carattere altamente pastorale del documento, la cui accoglienza diventa quindi occasione propizia di formazione, di catechesi e di evangelizzazione.

Perché la recezione diventi un autentico evento ecclesiale, conviene prevedere modi opportuni di trasmissione e di diffusione del documento stesso, che ne consentano la piena conoscenza innanzitutto da parte dei Pastori della Chiesa, primi responsabili dell'accoglienza e della valorizzazione del magistero pontificio come insegnamento che contribuisce a formare la coscienza cristiana dei fedeli di fronte alle sfide del mondo contemporaneo.

5. Un altro argomento importante ed urgente che vorrei sottoporre alla vostra attenzione è quello della legge morale naturale. Tale legge appartiene al grande patrimonio della sapienza umana, che la Rivelazione, con la sua luce, ha contribuito a purificare e sviluppare ulteriormente. La legge naturale, di per sé accessibile ad ogni creatura razionale, indica le norme prime ed essenziali che regolano la vita morale. Sulla base di tale legge si può costruire una piattaforma di valori condivisi, intorno ai quali sviluppare un dialogo costruttivo con tutti gli uomini di buona volontà e, più in generale, con la società secolare.

Oggi, in conseguenza della crisi della metafisica, in molti ambienti non si riconosce più una verità iscritta nel cuore di ogni persona umana. Si assiste quindi, da una parte, alla diffusione tra i credenti di una morale di carattere fideista e, dall’altra, viene a mancare un riferimento oggettivo per le legislazioni, che spesso si basano soltanto sul consenso sociale, così da rendere sempre più difficile giungere ad un fondamento etico comune a tutta l'umanità.

Nelle Lettere encicliche Veritatis splendor e Fides et ratio ho voluto offrire elementi utili a riscoprire, tra l'altro, l'idea della legge morale naturale. Purtroppo questi insegnamenti non sembra siano stati recepiti finora nella misura auspicata e la complessa problematica merita ulteriori approfondimenti. Vi invito pertanto a promuovere opportune iniziative allo scopo di contribuire ad un rinnovamento costruttivo della dottrina sulla legge morale naturale, cercando anche convergenze con rappresentanti delle diverse confessioni, religioni e culture.

6. Desidero, infine, accennare ad una questione delicata ed attuale. Nell’ultimo biennio la vostra Congregazione ha assistito ad un notevole incremento nel numero dei casi disciplinari riferiti ad essa per la competenza che il Dicastero ha ratione materiae sui delicta graviora, inclusi i delicta contra mores. La normativa canonica che il vostro Dicastero è chiamato ad applicare con giustizia ed equità tende a garantire sia l’esercizio del diritto di difesa dell’accusato sia le esigenze del bene comune. Una volta comprovato il delitto, bisogna in ogni caso vagliare bene sia il giusto principio della proporzionalità tra colpa e pena, sia l’esigenza predominante di tutelare il Popolo di Dio.

Ciò non dipende però solo dall’applicazione del diritto penale canonico, ma trova la sua migliore garanzia nella giusta ed equilibrata formazione dei futuri sacerdoti chiamati in modo esplicito ad abbracciare con gioia e generosità quello stile di vita umile, modesto e casto, che è il fondamento pratico del celibato ecclesiastico. Invito pertanto la vostra Congregazione a collaborare con gli altri Dicasteri della Curia Romana competenti per la formazione dei seminaristi e del clero, affinché si adottino le misure necessarie per assicurare che i chierici vivano in modo consono alla loro chiamata e al loro impegno di perfetta e perpetua castità per il Regno di Dio.

7. Carissimi, vi ringrazio per il prezioso servizio che prestate alla Sede Apostolica e a favore della Chiesa intera. Possa il vostro lavoro portare quei frutti che tutti ci auguriamo. A questo fine vi assicuro uno speciale ricordo nella preghiera.

Vi accompagni anche la mia Benedizione, che con grato affetto imparto di cuore a tutti voi ed alle persone che vi sono care nel Signore.


GP2 Discorsi 2004 22