GP2 Discorsi 2004 28

MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


A MONS. VINCENZO PAGLIA, VESCOVO DI TERNI-NARNI-AMELIA


A CONCLUSIONE DEL IV INCONTRO INTERNAZIONALE


DEI VESCOVI E DEI SACERDOTI


AMICI DELLA COMUNITÀ DI SANT'EGIDIO


29 Al venerato Fratello Mons. VINCENZO PAGLIA
Vescovo di Terni-Narni-Amelia

1. Mentre sta per concludersi il VI Incontro Internazionale dei Vescovi e dei Sacerdoti amici della Comunità di sant'Egidio, desidero far giungere a Lei e ad ogni partecipante il mio cordiale saluto. Vi siete radunati a Roma, provenienti da vari Paesi, per vivere insieme momenti di riflessione e di preghiera in un clima di fraternità, arricchito anche dalla presenza di responsabili di altre Chiese e Comunità ecclesiali. Vi accomuna il legame alla Comunità di sant'Egidio, associazione che da 36 anni svolge un apprezzato servizio di evangelizzazione e di carità nella città di Roma e in altre località dell'Europa, dell'Africa, dell'America Latina e dell'Asia. Le sue molteplici attività sono particolarmente preziose in questo momento storico in cui si avverte l'urgenza di annunciare e testimoniare il Vangelo della carità ad ogni popolo, superando difficoltà, ostacoli e incomprensioni, oggi drammaticamente presenti.

Molto opportunamente, pertanto, la vostra riflessione di questi giorni si è concentrata proprio sul tema "Il Vangelo della carità", riconoscendovi il messaggio di speranza che deve essere recato soprattutto ai poveri, ancora molto numerosi, nonostante il diffuso benessere esistente in vari Paesi.

2. Il mio venerato predecessore, il beato Giovanni XXIII, amava dire che la Chiesa è di tutti, ma in special modo dei poveri, quasi facendo eco alla Beatitudine evangelica: "Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio" (
Lc 6,20). Il Regno di Dio appartiene ai poveri, i quali, secondo alcuni Padri, possono essere nostri avvocati presso Dio. Scrive, ad esempio, san Gregorio Magno, commentando la parabola del ricco epulone e del povero Lazzaro: "Ogni giorno possiamo trovare Lazzaro, se lo cerchiamo, e ogni giorno ci imbattiamo in lui, anche senza metterci a cercarlo. I poveri si presentano a noi anche in modo inopportuno e ci rivolgono delle richieste, essi che potranno intercedere per noi l'ultimo giorno... Rendetevi conto se è il caso di opporre un rifiuto, visto che a pregarci sono i nostri possibili protettori. Non sciupate dunque le occasioni di agire con misericordia" (Hom. in evangelia, 40, 10: PL 76, 1309).

Se nel Libro del Siracide leggiamo: "La preghiera del povero va dalla sua bocca agli orecchi di Dio, il giudizio di lui verrà a suo favore" (21, 5), il Vangelo afferma chiaramente che, nel giudizio finale, il Signore dell'universo dirà a quelli che staranno alla sua destra: "Io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi" (Mt 25,35-36).

3. Con ardente preghiera imploriamo quella sapienza evangelica che ci fa comprendere il vincolo d'amore che lega i poveri a Gesù e ai suoi discepoli! In effetti, il divin Maestro usa il termine "fratello" per indicare i discepoli e i poveri, quasi stringendoli in un unico circolo di amore. Sì! Per il discepolo di Cristo il povero è un fratello da accogliere e da amare, non un estraneo al quale dedicare, all'occorrenza, solo qualche momento di attenzione. I poveri, poi, sono anche i nostri "maestri"; essi ci fanno capire quel che noi tutti siamo davanti a Dio: mendicanti di amore e di salvezza.

Venerato Fratello, per la Comunità di sant'Egidio e per quanti intendono condividerne lo spirito, l'amore ai poveri continui ad essere il segno distintivo. Ognuno sappia farsi "prossimo" di chi si trova nel bisogno e sperimenterà così la verità delle parole della Bibbia: "Vi è più gioia nel dare che nel ricevere" (Ac 20,35).

Mentre assicuro la mia preghiera, invoco su ciascuno di voi la materna protezione di Maria e invio a tutti una speciale Benedizione Apostolica, volentieri estendendola alle persone che, nel quotidiano ministero pastorale, ognuno di voi incontra.

Dal Vaticano, 7 Febbraio 2004

GIOVANNI PAOLO II



AL SIGNOR JULIAN ROBERT HUNTE,


PRESIDENTE DELLA 58ª SESSIONE


DELL'ASSEMBLEA GENERALE DELLE NAZIONI UNITE


Sabato, 7 febbraio 2004




30 Signor Presidente,

Sono lieto di darle il benvenuto in Vaticano, nella sua funzione di Presidente della cinquantottesima Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Come lei sa, la Santa Sede considera l'Organizzazione delle Nazioni Unite un mezzo indispensabile per promuovere il bene comune universale. Lei ha intrapreso una ristrutturazione volta a far funzionare l'Organizzazione in maniera più efficiente.

Questo non solo assicurerà un'istanza superiore efficace per la giusta risoluzione dei problemi internazionali, ma consentirà anche alle Nazioni Unite di diventare un'autorità morale sempre più rispettata per la comunità internazionale. È mio auspicio che gli Stati membri considerino una tale riforma "un preciso obbligo morale e politico, che richiede prudenza e determinazione" (Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, n. 7), nonché un requisito necessario per la crescita di un ordine internazionale al servizio dell'intera famiglia umana. Offro i miei buoni auspici oranti per i suoi sforzi a favore di questo obiettivo, e volentieri invoco su di lei e sui suoi colleghi le benedizioni divine della sapienza, della fortezza e della pace.


AI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DI FRANCIA


IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM"


Sabato, 7 febbraio 2004

Signor Cardinale,

Cari Fratelli nell'Episcopato,

1. È con gioia che vi accolgo, Vescovi delle Province ecclesiastiche di Lyon e di Clermont, al termine della vostra visita ad Limina. Questo è sempre un tempo forte di rafforzamento spirituale, grazie alla preghiera celebrata insieme sulle tombe degli Apostoli Pietro e Paolo, preghiera che ravviva in noi la consapevolezza del valore insostituibile della testimonianza cristiana, talvolta fino al martirio, e del radicamento apostolico della nostra fede. È anche un tempo di condivisione fraterna e di lavoro, che consente di rafforzare il nostro senso della Chiesa grazie agli incontri con il Successore di Pietro, garante della comunione ecclesiale, e con i diversi Dicasteri. Rivolgo un particolare benvenuto ai nuovi Vescovi, che sono numerosi nel vostro gruppo, e ringrazio cordialmente il Cardinale Philippe Barbarin, Arcivescovo di Lyon e Primate di Francia, che, a nome vostro, mi ha appena presentato le vostre due regioni e alcune delle vostre preoccupazioni pastorali. Voi evocate una situazione spesso difficile, dovuta alla mancanza di Pastori e alla secolarizzazione delle mentalità, mentre le vostre Diocesi si sforzano con coraggio di preparare il futuro.

2. Desidero oggi soffermarmi con voi sulla vita della Chiesa diocesana. Dall'ultima visita ad Limina dei Vescovi di Francia nel 1997, numerose Diocesi hanno iniziato una riflessione importante sulla vita e sul ruolo delle parrocchie, resa necessaria dall'evoluzione demografica e dalla crescente urbanizzazione, ma anche dalla diminuzione del numero dei sacerdoti, che si farà sentire ancora di più negli anni a venire. In molte Diocesi, questo lavoro è stato svolto nell'ambito di un sinodo diocesano, in altre, è stato intrapreso quello che viene definito un "cammino sinodale", cercando sempre di coinvolgere in modo ampio i pastori e i fedeli, al fine di valutare insieme ciò che la parrocchia rappresenta nella vita della Chiesa e quale deve essere il suo futuro. Molto spesso, il Vescovo ha successivamente deciso di attuare una riorganizzazione pastorale dell'intera Diocesi, sia creando nuove parrocchie, meno numerose e più adeguate, sia raggruppando le parrocchie esistenti in insiemi più coerenti, al fine di servire meglio le esigenze dell'evangelizzazione.

3. Lungi dal limitarsi a una semplice riforma amministrativa e a una nuova definizione dei confini parrocchiali, questa riflessione pastorale ha consentito di svolgere un vero e proprio lavoro di formazione permanente e di catechesi con i fedeli, permettendo loro di appropriarsi in modo più consapevole delle ricchezze di ciò che costituisce la vita di una parrocchia, vale a dire le tre grandi missioni della Chiesa: la missione profetica, caratterizzata dalla consegna di annunciare a tutti gli uomini la Buona Novella della salvezza, missione che è stata affidata alla Chiesa dal Signore stesso; la missione sacerdotale, che consiste nella partecipazione all'unico Sacerdozio di Cristo attraverso la celebrazione dei misteri divini; e infine la missione regale, che si esprime nel servizio verso tutti, secondo l'esempio del Signore Gesù.

Così, i fedeli hanno potuto valutare insieme il modo in cui la parrocchia svolgeva concretamente i propri compiti, imparando al contempo a unirli tra loro e comprendendo meglio che cosa costituisce la sua unità. In effetti, è fondamentale che i fedeli comprendano bene che la catechesi dei bambini, la vita di preghiera, il servizio ai malati, non sono delle attività che si affiancano l'una all'altra, affidate a degli "specialisti" o a dei volontari, ma che corrispondono a delle missioni fondamentali della vita cristiana e che, di conseguenza, sono il bene di tutti, come ha giustamente illustrato San Paolo, paragonando la Chiesa a un corpo (cfr 1Co 12,12-28). Ogni comunità ecclesiale, e in particolare la parrocchia, che è la cellula fondamentale della vita della Chiesa diocesana, deve annunciare il Vangelo, celebrare il culto che spetta a Dio e servire alla maniera di Cristo.

È altresì importante vigilare affinché la comunità parrocchiale esprima la diversità dei membri che la compongono e la varietà dei loro carismi, e affinché si apra alla vita della associazioni o dei movimenti. Allora, essa sarà un'espressione viva della comunione ecclesiale, che pone i beni di ciascuno al servizio di tutti (cfr Ac 4,32) e che non si chiude mai in se stessa. In tal modo, i fedeli diventeranno responsabili della comunione nella loro parrocchia e si sentiranno membri sia della Diocesi, sia di tutta la Chiesa (cfr Codice di Diritto Canonico, can. CIC 529 2).

31 4. Questa presa di coscienza dell'identità autentica della parrocchia, che non è solo un territorio geografico o una suddivisione amministrativa, bensì la comunità ecclesiale fondamentale, è stata accompagnata, per i fedeli, anche da una riscoperta dell'identità propria della Diocesi. Anche quest'ultima non è soltanto una circoscrizione amministrativa, ma è, innanzitutto, la manifestazione di una realtà ecclesiale: la Chiesa Diocesana, "porzione del popolo di Dio affidata a un Vescovo affinché egli, aiutato dal suo presbiterio, ne sia il Pastore" (cfr Christus Dominus CD 11). La Diocesi, pertanto, è un'entità viva, una realtà umana e spirituale, famiglia di comunità quali sono le parrocchie e le altre realtà ecclesiali presenti nel territorio.

Desidero sottolineare l'importanza di questa riscoperta della Chiesa nella sua natura autentica: essa non è un'amministrazione e nemmeno un'impresa, ma è, innanzitutto, una realtà spirituale, costituita da uomini e donne chiamati dalla grazia di Dio a diventare figli e figlie di Dio, e entrati in una nuova fraternità attraverso il Battesimo, che li ha incorporati in Cristo.

5. La riscoperta della natura sacramentale della Chiesa, che è anche "comunione missionaria" (Christifideles laici CL 32), deve dunque esprimersi in una nuova dinamica interamente orientata all'evangelizzazione. Le vostre Diocesi lo hanno compreso, scegliendo come oggetto della loro riflessione sinodale una prospettiva dagli intenti missionari, come la riorganizzazione pastorale della Diocesi, l'evangelizzazione dei giovani o la pastorale dei sacramenti. La mobilitazione delle energie verso tale obiettivo, consente di delineare delle priorità pastorali concrete, che poi vengono messe in pratica più facilmente da tutti gli agenti pastorali. Parimenti, il fatto di lavorare insieme a lungo, sacerdoti e laici, su una questione tanto decisiva come il futuro della comunità cristiana, consente di scoprirsi in profondità, di apprezzare il coinvolgimento e il ruolo specifico degli uni e degli altri nella vita della Chiesa, e di percepire meglio la comunione ecclesiale, che pone in risalto l'apprezzamento e la complementarità delle differenze, come pure il servizio comune di Cristo e dei nostri fratelli in una stessa fede.

Insieme a voi, mi rallegro delle riunioni diocesane che avete potuto realizzare, soprattutto quelle dei giovani, ai quali, insieme a tutta la Chiesa diocesana, rivolgete una particolare attenzione. Esse consentono di percepire meglio il senso della Chiesa-comunione, poiché vi partecipano persone provenienti da diversi gruppi, da diversi luoghi, da diverse sensibilità, che sono chiamate a incontrarsi per compiere il cammino insieme, come indica esattamente l'etimologia della parola "sinodo". Auspico un'unità e una coerenza sempre più intense intorno ai Pastori incaricati di guidare il gregge. A questo proposito, so che siete attenti ad accogliere i gruppi e i sacerdoti di sensibilità più tradizionali, ed è indubbiamente possibile andare ancora più lontano in questo senso. Anche ai membri di queste comunità più tradizionali devono aprirsi alle altre realtà e alle sensibilità delle Chiese locali, per prendere parte sempre più attiva alla vita diocesana, secondo gli insegnamenti del Concilio Vaticano II. Come tutti i loro fratelli presbiteri, i sacerdoti di queste comunità devono svolgere un ruolo pastorale specifico accanto ai fedeli, manifestando concretamente la loro comunione filiale con il Vescovo e, in tal modo, con la Chiesa universale, e rendendosi disponibili agli appelli per la missione.

Per essere fedeli al senso della missione, che è una necessità vitale per la Chiesa e l'espressione della "sua identità più profonda" (cfr Paolo VI, Evangelii nuntiandi EN 14), certamente non è possibile accontentarsi di rimodellare gli strumenti delle nostre Chiese attraverso un semplice adattamento delle dimensioni territoriali delle parrocchie. Occorre anche aprirsi ad altre dimensioni, prestando la massima attenzione ai fenomeni sociali nuovi e a tutti gli "areopaghi moderni" (Redemptoris missio RMi 37). Per fare questo, alcune Diocesi hanno deciso di unire le loro forze apostoliche, mettendo al servizio delle Diocesi più bisognose dei sacerdoti disponibili alla missione. Accolgo con piacere questa iniziativa, e auspico che possa essere ripresa altrove, eventualmente sotto forme diverse, e forse nel quadro delle nuove Province, laddove le disparità di mezzi sono rilevanti e rischiano di penalizzare alcune Diocesi. Possano tutti i sacerdoti ai quali vengono rivolte simili richieste rendersi disponibili!

6. Nelle vostre relazioni manifestate l'importanza che attribuite al fatto che la Liturgia venga celebrata in modo solenne nella Chiesa cattedrale, intorno al Vescovo e ai suoi sacerdoti, e con una grande partecipazione di fedeli, nelle diverse occasioni durante l'anno, come quella della Messa crismale o al momento delle ordinazioni. La Liturgia, in tal modo, diventa quella "principale manifestazione della Chiesa" (cfr Sacrosantum Concilium, n. 41), dove tutto il Popolo di Dio si riunisce nel luogo che rappresenta la comunione visibile della Chiesa diocesana e dove esso prende più profonda coscienza della propria identità, ritrovando la sua fonte sacramentale che è Cristo Signore, Verbo incarnato, il cui Spirito agisce attraverso il ministero dei Pastori, e in primo luogo quello del Vescovo. Il corpo ecclesiale manifesta così la diversità delle sue membra e al tempo stesso i vincoli che esse hanno tra loro, e ciascuna di esse con il Vescovo, servitore della comunione tra tutti.

L'assicurazione che la vita cristiana si radica nel mistero eucaristico, "fonte e culmine della vita della Chiesa", secondo la bella definizione dei Padri conciliari (cfr Ibidem, n. 10), porta un numero sempre maggiore di fedeli a impegnarsi attivamente accanto ai ministeri ordinati nella preparazione e nella celebrazione dell'azione liturgica, per mettere in risalto la bellezza del culto cristiano, che è ordinato "per la gloria di Dio e la salvezza del mondo", come dice la liturgia della Messa.

7. Servire alla maniera di Cristo è la missione regale di ogni battezzato e di ogni comunità ecclesiale, che la Diocesi, pertanto, ha il dovere di manifestare concretamente. In un certo modo, il ministero dei diaconi permanenti onora questo impegno. In effetti, molti di loro ricevono una missione collegata all'esercizio della carità, quando si fanno carico delle cappellanie del mondo della sanità o di quello carcerario, o al servizio delle istituzioni caritative. Tuttavia, sono i fedeli laici i primi protagonisti di questa missione ecclesiale di servizio, nella testimonianza che rendono ogni giorno al Vangelo, attraverso la loro vita lavorativa e nei loro diversi impegni nel mondo. Attraverso le realtà della vita politica e sociale, nei diversi ambiti dell'attività economica e nell'azione culturale, essi operano in seno alla società per promuovere tra gli uomini dei rapporti che rispettino e onorino la dignità di ogni persona in tutte le sue dimensioni. Essi manifestano, inoltre, il loro senso della giustizia e della solidarietà di fronte a chi è meno avvantaggiato, a livello sia locale, sia nazionale e internazionale, soprattutto attraverso il sostegno alle opere missionarie. I cattolici di Francia hanno anche una lunga tradizione missionaria. Nonostante le povertà attuali, non dimentichino mai le regioni nelle quali i loro antenati hanno portato il Vangelo! Impegnarsi per la missione all'estero, lungi dall'impoverire la parrocchia o la Diocesi, le darà in cambio una nuova forza, legata alla condivisione dei doni.

8. Al termine del nostro incontro, durante il quale ho evocato, dinanzi a voi, alcune realtà che costituiscono il vostro lavoro quotidiano e che alimentano la vostra preghiera di Pastori, non posso dimenticare tutti i vostri collaboratori. Penso innanzitutto ai Vicari generali, più direttamente legati all'esercizio del vostro ministero, che percorrono ogni giorno le strade delle Diocesi per andare a incontrare le parrocchie, i loro Pastori e i loro fedeli, nonché ai Vicari episcopali, che a loro volta lavorano per rendere l'azione pastorale del Vescovo più vicina a tutti. Penso anche alle persone che lavorano presso la Curia diocesana, al servizio della comunità della Diocesi, per aiutare nella gestione del suo patrimonio, per migliorare l'esercizio della solidarietà attraverso una condivisione più giusta e più efficace delle risorse, o ancora per istruire le questioni di giustizia. Di recente, molte Diocesi hanno aperto una "Casa diocesana", dove sono riuniti i movimenti e i servizi per una migliore collaborazione tra di loro, ma anche per consentire il semplice incontro delle persone, come fanno anche i mezzi di comunicazione sociale quali le radio e la stampa diocesane. Attraverso voi, cari Fratelli Vescovi, desidero incoraggiare tutte le persone che lavorano in queste istituzioni diocesane, e che in tal modo svolgono un servizio di Chiesa la cui dimensione non sfugge a nessuno. Siano esse vivamente ringraziate!

Ritornando alle vostre Diocesi per riprendere con coraggio e forza spirituale il servizio della missione che il Signore vi ha affidato, abbiate a cuore di testimoniare a tutti i battezzati il sostegno e l'incoraggiamento del Papa! Possano tutti i fedeli impegnarsi a partecipare pienamente alla vita della Diocesi e a rafforzare i vincoli della comunione tra loro, senza dimenticare di aprirsi alle altre Chiese e di alimentare sempre il loro affetto per la Chiesa universale, pregando anche per il Papa e per lo svolgimento del suo ministero! Successore di Pietro, ho ricevuto la missione particolare di confermare i miei fratelli nella fede (cfr Lc 22,32) e di servire la comunione tra tutti i Vescovi e tra tutti i fedeli. Felice di esercitare ancora una volta per voi questo ministero che mi appartiene, affidandovi all'intercessione materna della Beata Vergine Maria, di cuore imparto a voi, come pure a tutti i vostri fedeli, la mia affettuosa Benedizione Apostolica.


ALLE PARTECIPANTI AL CAPITOLO GENERALE


DELL'ORDINE DEL SS. SALVATORE DI SANTA BRIGIDA


Lunedì, 9 febbraio 2004




Care Sorelle!

32 1. L’odierna vostra visita è per me motivo di grande gioia, e ben volentieri vi accolgo mentre si avvia a conclusione il IX Capitolo Generale del vostro Ordine del SS. Salvatore di Santa Brigida. Insieme a voi sono idealmente qui raccolte, attorno al Successore di Pietro, le vostre Consorelle che operano in diversi Paesi del mondo. A tutte e a ciascuna invio il mio più cordiale saluto.

In modo speciale, saluto con affetto l’Abbadessa Generale, Madre Tekla Famiglietti, che è stata riconfermata per un ulteriore sessennio. Nel ringraziarla per i sentimenti espressi nell’indirizzo rivoltomi, formulo a lei, come pure al nuovo Consiglio Generale, voti di proficuo lavoro a servizio della benemerita Famiglia “brigidina”, che in questi anni è andata crescendo e si è arricchita di nuove opere ed attività. Di tale confortante sviluppo apostolico e della promettente fioritura vocazionale rendo grazie a Dio insieme a voi.

2. “Ritornare alle radici… per un rinnovamento della vita religiosa”: questo è il tema sul quale avete voluto riflettere durante l’assemblea capitolare. In un clima di silenzio e di preghiera, vi siete poste in ascolto dello Spirito Santo per discernere quali siano le priorità del vostro Ordine in questa nostra epoca. Ogni autentico rinnovamento richiede un saggio recupero dello spirito delle origini, in modo da tradurre il carisma fondazionale in scelte apostoliche consone alle esigenze dei tempi. Per questo, fedeli alla peculiare vocazione monastica che contraddistingue la famiglia brigidina, vi siete preoccupate di ribadire il primato assoluto che Dio deve occupare nell’esistenza di ciascuna di voi e delle vostre comunità. Siete chiamate anzitutto ad essere “specialiste dello spirito”, anime cioè infuocate di amore divino, contemplative e costantemente dedite all’orazione.

3. Solamente se sarete “specialiste dello spirito” come fu santa Brigida, potrete incarnare fedelmente in questa nostra epoca il carisma di radicalità evangelica e di unità , ereditato dalla beata Elisabetta Hesselblad. Attraverso l’ospitalità e l’accoglienza che offrite nelle vostre case, potrete testimoniare l’amore misericordioso di Dio verso ogni uomo e l’anelito all’unità che Cristo ha lasciato ai suoi discepoli.

Ho scritto nella Lettera apostolica Novo millennio ineunte che la grande sfida del terzo millennio è “fare della Chiesa la casa e la scuola della comunione”, e che, a tal fine, occorre “promuovere una spiritualità della comunione” (cfr n. 43). Chiedo a voi, care Sorelle, di essere dappertutto costruttrici infaticabili del “grande ecumenismo della santità”. La vostra azione ecumenica è particolarmente apprezzata, perché interessa nazioni del Nord-Europa, dove minore è la presenza dei cattolici ed importante è la promozione del dialogo con i fratelli di altre Confessioni cristiane.

La Vergine Maria, Madre di Cristo e della Chiesa, vegli sul vostro Ordine e intercedano per voi santa Brigida e la beata Elisabetta Hesselblad. Io vi accompagno con un quotidiano ricordo al Signore, mentre di cuore benedico voi e tutte le vostre comunità.



XII GIORNATA MONDIALE DEL MALATO


AGLI AMMALATI


NELLA MEMORIA DELLA BEATA VERGINE DI LOURDES


Mercoledì, 11 febbraio 2004




Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Ancora una volta la Basilica di San Pietro ha spalancato le sue porte ai malati: a voi, che siete qui presenti e, idealmente, a tutti i malati del mondo. Con grande affetto, carissimi, vi saluto. Fin da questa mattina, la mia preghiera è stata dedicata in modo speciale a voi, e ora sono lieto di incontrarvi. Insieme con voi, saluto i vostri familiari, gli amici e i volontari che vi accompagnano. Saluto i membri dell’UNITALSI, come pure i responsabili e gli operatori dell’Opera Romana Pellegrinaggi, che quest’anno celebra 70 anni di vita. Saluto e ringrazio, in modo particolare, il Cardinale Camillo Ruini, che ha presieduto la Santa Messa, i Vescovi e i sacerdoti concelebranti, i religiosi, le religiose e tutti i fedeli presenti.

2. Proprio vent’anni or sono, nella memoria liturgica della Beata Vergine di Lourdes, ho pubblicato la Lettera Apostolica Salvifici doloris sul senso cristiano della sofferenza umana. Scelsi allora questa data pensando al particolare messaggio che da Lourdes la Vergine rivolse ai malati e a tutti i sofferenti.

Anche oggi il nostro sguardo si dirige verso la venerata immagine di Maria che si trova nella grotta di Massabielle. Ai suoi piedi sono scritte le parole: “Io sono l’Immacolata Concezione”. Parole che trovano quest’anno speciale risonanza qui, nella Basilica Vaticana, dove, cento-cinquant’anni fa, il beato Papa Pio IX proclamò solennemente il dogma dell’Immacolata Concezione di Maria. E proprio dall’Immacolata Concezione, verità che ci introduce nel cuore del mistero della creazione e della redenzione, ha tratto ispirazione il mio Messaggio per l’odierna Giornata Mondiale del Malato.

33 3. Guardando a Maria, il nostro cuore si apre alla speranza, perché vediamo quali grandi cose Dio realizza quando con umiltà ci rendiamo disponibili a compiere la sua volontà. L’Immacolata è segno stupendo della vittoria della vita sulla morte, dell’amore sul peccato, della salvezza su ogni malattia del corpo e dello spirito. E’ segno di consolazione e di sicura speranza (cfr Lumen gentium LG 68). Ciò che ammiriamo già compiuto in Lei è pegno di quanto Dio vuole donare ad ogni umana creatura: pienezza di vita, di gioia e di pace.

La contemplazione di questo ineffabile mistero infonda conforto a voi, cari ammalati; illumini il vostro lavoro, cari medici, infermieri e operatori sanitari; e sostenga le vostre preziose attività, cari volontari, che in qualsiasi persona bisognosa siete chiamati a riconoscere e a servire Gesù. Su tutti vegli materna la Vergine di Lourdes. Grazie per le preghiere e i sacrifici che generosamente offrite anche per me! Io vi assicuro il mio costante ricordo e con affetto tutti vi benedico.


AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DI COLOMBIA


S.E. IL SIGNOR ALVARO URIBE VÉLEZ


Giovedì, 12 febbraio 2004




Signor Presidente,

La ricevo con gioia in questa visita che ha voluto farmi, rinnovandomi le dimostrazioni di affetto e di stima per il Papa, che contraddistinguono i colombiani. Mi compiaccio per la collaborazione esistente tra la Chiesa e le Autorità del suo Paese. La Colombia è molto presente nel mio ricordo e nella mia preghiera, auspicando che le sue genti camminino senza scoraggiarsi verso l'autentica pace sociale, rifiutando qualunque forma di violenza e generando nuove forme di convivenza attraverso il cammino sicuro e fermo della giustizia, promuovendo capillarmente da ogni angolo della Nazione l'unità, la fraternità e il rispetto di ciascuno.

È l'ora di porre basi solide per la ricostruzione morale e materiale della vostra comunità nazionale per il ristabilimento di una società giusta, solidale, responsabile e pacifica.

Le sono grato per la sua visita e rinnovo i miei auspici per il progresso spirituale e materiale dei colombiani, per la loro convivenza nella concordia e nella libertà, mentre invoco dall'Altissimo ogni tipo di benedizioni sugli amatissimi figli e figlie della Colombia, sulle famiglie, sulle comunità ecclesiali, sulle diverse istituzioni pubbliche e su coloro che le dirigono, a sua volta, affidando questi auspici alla materna intercessione di Nostra Signora di Chiquinquirá, Regina della Colombia, vi imparto la Benedizione Apostolica.


AL PRIMO MINISTRO DELL’AUTORITÀ PALESTINESE


IL SIGNOR AHMAD QUREI


Giovedì, 12 febbraio 2004




Signor Primo Ministro,

Sono lieto di darle il benvenuto in Vaticano. La sua presenza riporta alla mente i vivi ricordi del mio pellegrinaggio in Terra Santa, durante il quale ho pregato ferventemente per la pace e la giustizia nella regione. Sebbene i segni di speranza non siano mancati completamente, purtroppo la triste situazione in Terra Santa è causa di sofferenza per tutti.

Nessuno deve cedere alla tentazione dello scoramento, e tanto meno all'odio o alle rappresaglie. È la riconciliazione ciò di cui ha bisogno la Terra Santa: perdono e non vendetta, ponti e non muri. Questo esige che tutte le guide della regione seguano, con l'aiuto della comunità internazionale, il cammino del dialogo e dei negoziati che conduce alla pace duratura. Su di lei e sulla sua gente invoco di cuore l'abbondanza delle benedizioni divine.




AL MINISTRO DEGLI ESTERI


DELLA REPUBBLICA ISLAMICA DELL’IRAN


S.E. IL SIGNOR KAMAL KHARRAZI


34
Giovedì, 12 febbraio 2004




Eccellenza,

Sono lieto di darle oggi il benvenuto in Vaticano. La sua presenza qui è un segno della cooperazione che, per oltre cinquant'anni, ha caratterizzato i rapporti ufficiali tra la Santa Sede e il suo Paese. Sono fiducioso che questo spirito di collaborazione diventerà sempre più forte mentre affrontiamo le questioni di preoccupazione comune.

Non meno importante, a questo riguardo, è l'impegno costante di salvaguardare i diritti inalienabili e la dignità della persona umana, soprattutto attraverso sforzi volti a promuovere una maggiore comprensione tra i popoli di origini religiose, culturali ed etniche diverse.

Signor Ministro, l'assicuro dei miei buoni auspici per la sua permanenza a Roma e invoco su di lei le benedizioni di Dio Onnipotente.


AI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DI FRANCIA


IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM"


Venerdì, 13 febbraio 2004


Cari Fratelli nell'Episcopato,

1. Vi accolgo con gioia, Pastori delle Province ecclesiastiche di Bordeaux e di Poitiers, al termine della vostra visita ad limina. Venendo in pellegrinaggio sulle orme degli Apostoli Pietro e Paolo, avete affidato loro i fedeli delle vostre Diocesi, chiedendo la loro intercessione per assicurare la vostra missione di insegnare, guidare e santificare il popolo che vi è affidato. Ringrazio Monsignor Jean-Pierre Ricard, Arcivescovo di Bordeaux e Presidente della Conferenza dei Vescovi di Francia, per le parole che mi ha appena rivolto, presentandomi le speranze delle vostre Chiese diocesane. Auspico che il soggiorno a Roma vi rafforzi nel vostro ministero, contribuendo a dare nuovo slancio al dinamismo missionario delle vostre comunità. Avete appena ricordato l'attenzione che i Vescovi di Francia rivolgono alla pastorale dei giovani. Il Vescovo, in effetti, è invitato ad avere "una cura particolare per l'evangelizzazione e l'accompagnamento spirituale dei giovani"; il suo "ministero di speranza non può fare a meno di costruire il futuro insieme con coloro - i giovani appunto - ai quali è affidato l'avvenire" (Pastores gregis, n. 53).

2. Nelle vostre relazioni quinquennali evocate l'ambiente complesso e difficile in cui vivono i giovani. Il loro universo culturale è caratterizzato dalle nuove tecnologie della comunicazione, che sconvolgono il loro rapporto con il mondo, con il tempo e con gli altri, e che modellano i loro comportamenti. Questo crea una cultura dell'immediato e dell'effimero, che non è sempre favorevole all'approfondimento, né alla maturazione interiore o al discernimento morale. Tuttavia, l'utilizzo dei nuovi mezzi di comunicazione è di innegabile interesse. La vostra Conferenza e numerose Diocesi, d'altronde, hanno colto bene il carattere positivo di questo cambiamento, proponendo dei siti Internet, soprattutto rivolti ai giovani, nei quali è possibile informarsi, formarsi e scoprire le diverse proposte della Chiesa. Posso solo incoraggiare lo sviluppo di questi strumenti per servire il Vangelo e per alimentare il dialogo e la comunicazione.

La società è caratterizzata da numerose fratture, che rendono i giovani particolarmente fragili: separazioni familiari, famiglie ricostituite con fratelli diversi, rottura dei legami sociali. Come non pensare ai bambini e ai giovani che soffrono profondamente della disgregazione del nucleo familiare, o a quelli che vivono situazioni di precarietà che spesso li portano a considerarsi esclusi dalla società? Parimenti, l'evoluzione delle mentalità non cessa di preoccupare: soggettività esacerbata; liberalizzazione eccessiva dei costumi che fa ritenere ai giovani che ogni comportamento, poiché è possibile tenerlo, potrebbe essere buono; grave diminuzione del senso morale, che porta a pensare che non esistano più né il bene né il male oggettivi. Voi evocate anche situazioni sociali di violenza, che fanno nascere tensioni importanti, soprattutto in alcuni quartieri delle città e delle periferie, nonché l'aumento dei comportamenti suicidi e dell'uso di droghe. Infine, la crescita della disoccupazione preoccupa i giovani. Questi, talvolta, danno l'impressione di essere entrati troppo presto nella vita adulta in ragione delle loro conoscenze e dei loro comportamenti, e di non avere avuto il tempo per la maturazione fisica, intellettuale, affettiva e morale, le cui fasi non sono concomitanti. La molteplicità dei messaggi e dei modelli di vita trasmessi dalla società offusca in larga misura la percezione e la pratica dei valori morali e spirituali, arrivando fino a ipotecare la costruzione della loro identità, la gestione della loro affettività e l'edificazione della loro personalità. Sono questi altrettanti fenomeni che non sono privi di pericoli per la crescita dei giovani, e per la convivenza tra le persone e tra le generazioni.

3. Come Pastori, voi dovete essere attenti a queste realtà, conoscendo la generosità dei giovani, pronti a mobilitarsi per delle cause giuste e desiderosi di trovare la felicità. Sono queste delle forze pastorali di cui la Chiesa deve tenere conto nella sua pastorale dei giovani, ed è vocazione della Chiesa contribuire al loro pieno sviluppo. Le comunità cristiane francesi sono le eredi di grandi figure di educatori, sacerdoti, religiosi e religiose e laici, che, nella loro epoca, hanno saputo inventare delle pedagogie adeguate. Vi invito, nonostante i vostri deboli mezzi, a non lesinare i vostri sforzi nell'ambito educativo. Esorto, in particolare, le comunità religiose che hanno questo carisma a non disertare il mondo dell'educazione scolastica o parascolastica, poiché è qui che, per eccellenza, è possibile incontrare i giovani, annunciare loro il Vangelo e preparare il futuro della Chiesa. I movimenti giovanili, anche se numericamente deboli, sono invitati a proseguire la loro azione, non dimenticando mai che il cammino educativo implica una durata. Esorto, oggi, a una nuova inventiva di proposte accanto ai giovani, per offrire loro i luoghi, i mezzi e l'accompagnamento specifici che consentano loro, a livello diocesano e parrocchiale, nelle cappellanie, nei movimenti o nei servizi, di crescere umanamente e spiritualmente. Le comunità cristiane hanno la missione di guidare i giovani a Cristo e di farli entrare nella sua intimità, affinché essi possano vivere della sua vita e costruire una società sempre più fraterna. L'aspetto sociale non deve far dimenticare l'obiettivo principale del cammino pastorale: condurre i giovani a Cristo.


GP2 Discorsi 2004 28