GP2 Discorsi 2004 64


AI VESCOVI DELL'AUSTRALIA


IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM"


Venerdì, 26 marzo 2004




Eminenze,
Cari Fratelli Vescovi,

1. "Grazia, misericordia e pace da Dio Padre e da Cristo Gesù Signore nostro" (1Tm 1,2). Con affetto fraterno vi porgo un cordiale benvenuto, Vescovi dell'Australia. Ringrazio l'Arcivescovo Carroll per i buoni auspici e i gentili sentimenti espressi a nome vostro. Li ricambio cordialmente e vi assicuro delle mie preghiere per voi e per coloro che sono affidati alle vostre cure pastorali. La vostra prima visita ad limina Apostolorum in questo nuovo millennio rappresenta un'occasione per rendere grazie a Dio per il dono immenso della fede in Gesù Cristo, che è stato accolto e custodito dai popoli del vostro Paese (cfr Ecclesia in Oceania, n. 1). Come servitori del Vangelo per la speranza del mondo, il vostro venire a vedere Pietro (cfr Ga 1,18) afferma e consolida quella collegialità che dà vita all'unità nella diversità e salvaguarda l'integrità della tradizione tramandata dagli Apostoli (cfr Pastores gregis, n. 57).

2. La chiamata di nostro Signore: "Seguitemi" (Mt 4,19), è valida oggi come lo era sulle sponde del lago di Galilea più di duemila anni fa. La gioia e la speranza del discepolato cristiano caratterizzano la vita di innumerevoli sacerdoti, religiosi e uomini e donne di fede australiani, che, insieme, cercano di rispondere alla chiamata di Cristo facendo in modo che la sua verità incida sulla vita ecclesiale e civile della vostra nazione. Tuttavia, è anche vero che l'ideologia perniciosa del secolarismo ha trovato terreno fertile in Australia. Alla radice di questo sviluppo preoccupante, vi è il tentativo di promuovere una visione dell'umanità senza Dio. Esso esagera l'individualismo, scinde il vincolo fondamentale tra la libertà e la verità e corrode i rapporti di fiducia che caratterizzano una vita sociale autentica. Le vostre relazioni descrivono in modo inequivocabile alcune delle conseguenze distruttive di questa eclissi del senso di Dio: l'indebolimento della vita familiare, l'allontanamento dalla Chiesa, una visione limitata della vita che non riesce a risvegliare nelle persone la chiamata sublime a "indirizzarsi verso una verità che lo trascende" (Fides et ratio, n. 5).

Dinanzi a queste sfide, quando i venti ci sono contrari (cfr Mc 6,48), il Signore stesso dice: "Coraggio, sono io, non temete!" (Mc 6,50). Rimanendo saldi nella fiducia, anche voi potete allontanare l'apprensione e la paura. Soprattutto in una cultura del "qui e adesso", i Vescovi devono spiccare come profeti, testimoni e servitori impavidi della speranza di Cristo (cfr Pastores gregis, n. 3). Nel proclamare questa speranza, che scaturisce dalla Croce, sono fiducioso che guiderete gli uomini e le donne dalle ombre della confusione morale e dal modo di pensare ambiguo al fulgore della Verità e dell'amore di Cristo. Infatti, solo comprendendo la destinazione finale dell'umanità, ovvero la vita eterna in cielo, è possibile spiegare la molteplicità delle gioie e dei dispiaceri quotidiani, consentendo alle persone di abbracciare il mistero della loro vita con fiducia (cfr Fides et ratio, n. 81).

3. La testimonianza da parte della Chiesa della fede che è in lei (cfr 1P 3,15), è particolarmente potente quando essa si riunisce per il culto. La Messa domenicale, data la sua speciale solennità e la presenza obbligatoria dei fedeli, e poiché viene celebrata nel giorno in cui Cristo ha vinto la morte, esprime con grande enfasi la dimensione ecclesiale intrinseca dell'Eucaristia: il mistero della Chiesa viene reso presente in modo molto tangibile (cfr Dies Domini, n. 34). Di conseguenza, la domenica è il "giorno supremo della fede", "un giorno indispensabile", "il giorno della speranza cristiana!".

Qualsiasi venir meno dell'osservanza domenicale della Santa Messa indebolisce il discepolato cristiano e offusca la luce della testimonianza della presenza di Cristo nel nostro mondo.

65 Quando la domenica perde il suo significato fondamentale e diventa subordinata a un concetto secolare di "fine settimana", dominato da cose come l'intrattenimento e lo sport, la gente rimane rinchiusa in un orizzonte talmente stretto da non riuscire più a vedere il cielo (cfr Dies Domini, n. 4). Invece di essere davvero soddisfatta o animata, rimane intrappolata in una ricerca senza senso del nuovo e viene privata della freschezza perenne dell'"acqua viva" (Jn 4,11) di Cristo. Sebbene la secolarizzazione del giorno del Signore comprensibilmente vi causi molta preoccupazione, tuttavia potete trarre conforto dalla fedeltà del Signore stesso, che continua a invitare il suo popolo con un amore che sfida e chiama (cfr Ecclesia in Oceania, n. 3). Esortando i cari fedeli in Australia - e in modo speciale i giovani - a rimanere fedeli alla celebrazione della Messa domenicale, faccio mie le parole della Lettera agli Ebrei: "Manteniamo senza vacillare la professione della nostra speranza (...) non disertando le nostre riunioni (...), ma esortandoci a vicenda" (He 10,23-25).

A voi, come Vescovi, suggerisco, in quanto moderatori della liturgia, di dare la priorità pastorale a programmi catechetici che insegnino ai fedeli il vero significato della domenica e li ispirino a osservarla pienamente. A tal fine, vi rimando alla mia Lettera Apostolica Dies Domini. Essa delinea il carattere pellegrino ed escatologico del Popolo di Dio, che oggi può essere così facilmente oscurato da una comprensione sociologica superficiale della comunità. Memoria di un evento passato e celebrazione della presenza viva del Signore Risorto in mezzo al suo popolo, la domenica guarda anche alla gloria futura del Suo ritorno e alla pienezza della speranza e della gioia cristiana.

4. Intimamente legata alla liturgia è la missione della Chiesa di evangelizzare. Mentre il rinnovamento liturgico, ardentemente auspicato dal Concilio Vaticano II, ha giustamente portato a una partecipazione più attiva e consapevole dei fedeli ai compiti a loro propri, questo coinvolgimento non deve divenire fine a se stesso. "Lo scopo per cui si è con Gesù è di partire da Gesù, sempre contando sulla sua potenza e sulla sua grazia" (Ecclesia in Oceania, n. 3).

È precisamente questa dinamica che viene articolata dalla preghiera dopo la comunione e dal rito conclusivo della Messa (cfr Dies Domini, n. 45). Mandati dal Signore stesso nella vigna - la propria casa, il luogo di lavoro, la scuola, le organizzazioni civiche - i discepoli di Cristo non possono stare "sulla piazza disoccupati" (Mt 20,3), né possono essere immersi tanto profondamente nell'organizzazione interna della vita parrocchiale da essere distolti dal comandamento di evangelizzare gli altri in modo attivo (cfr Christifideles laici CL 2). Rinnovati dalla forza del Signore Risorto e dal suo Spirito, i seguaci di Cristo devono ritornare alla loro "vigna" ardendo dal desiderio di "parlare" di Cristo e di "mostrarlo" al mondo (cfr Novo Millennio ineunte NM 16).

5. La communio esistente tra il Vescovo e i suoi sacerdoti esige che il benessere del presbiterio stia a cuore a ogni Vescovo. Il Rapporto conclusivo del 1998 (Incontro interdicasteriale con una rappresentanza dei Vescovi australiani) ha rilevato, a buona ragione, la grande dedizione dei sacerdoti che servono la Chiesa in Australia (cfr n. 19). Esprimendo il mio apprezzamento per il loro servizio instancabile e gratuito, vi incoraggio ad ascoltare sempre i vostri presbiteri come un padre ascolterebbe il proprio figlio. In un contesto secolare come il vostro, è particolarmente importante che voi aiutiate i vostri sacerdoti a comprendere che la loro identità spirituale deve caratterizzare in modo consapevole tutta la loro attività pastorale. Il sacerdote non è mai un amministratore o un semplice difensore di un particolare punto di vista. A imitazione del Buon Pastore, egli è un discepolo che cerca di trascendere i propri limiti personali e di gioire in una vita di intimità con Cristo. Un rapporto di profonda comunione e amicizia con Cristo, nel quale il sacerdote abitualmente parla "cuore a cuore con nostro Signore" (Istruzione Il presbitero, Pastore e guida della comunità parrocchiale, n. 27), alimenterà la sua ricerca di santità, arricchendo non solo la sua persona, ma anche l'intera comunità che egli serve.

È abbracciando la chiamata universale alla santità (cfr 1Th 4,3) che si trova la particolare vocazione alla quale Dio chiama ogni persona. A questo riguardo, sono certo che le vostre iniziative per promuovere una cultura di vocazione e per apprezzare i diversi stati della vita ecclesiale, che esistono perché "il mondo creda" (Jn 17,21), daranno frutto. In quanto ai giovani uomini che rispondono generosamente alla chiamata di Dio al sacerdozio, ancora una volta ribadisco che essi devono ricevere tutto il vostro aiuto mentre cercano una vita di semplicità, di castità e di servizio umile a imitazione di Cristo, l'Eterno Sommo Sacerdote, del quale devono diventare icone viventi (cfr Pastores dabo vobis PDV 33).

6. Il contributo degli uomini e delle donne consacrati alla missione della Chiesa e alla costruzione della società civile ha avuto un valore incommensurabile nella vostra nazione. Innumerevoli australiani hanno beneficiato dell'impegno altruista dei religiosi nell'ambito del ministero pastorale e della guida spirituale, come pure in quello dell'educazione, del lavoro sociale e medico e della cura degli anziani. Le vostre relazioni testimoniano la vostra ammirazione per questi uomini e queste donne, il cui "dono di sé per amore del Signore Gesù e, in Lui, di ogni componente della famiglia umana" (Vita consecrata VC 3) tanto arricchisce la vita delle vostre Diocesi.

Questo profondo apprezzamento della vita consacrata è giustamente accompagnato dalla vostra preoccupazione per la diminuzione del numero delle vocazioni religiose nel vostro Paese. Occorre una rinnovata chiarezza per articolare il particolare contributo dei religiosi alla vita della Chiesa: una missione per rendere presente tra gli uomini l'amore di Cristo (cfr Istruzione Ripartire da Cristo: un rinnovato impegno della vita consacrata nel terzo millennio,n. 5). Questa chiarezza susciterà un nuovo kairos, con i religiosi che riconfermano con fiducia la loro chiamata e, sotto la guida dello Spirito Santo, propongono di nuovo ai giovani l'ideale della consacrazione e della missione. I consigli evangelici della castità, della povertà e dell'obbedienza, abbracciati per amore di Dio, illuminano in modo splendido la fedeltà, il possesso di sé e la libertà autentica necessari per vivere la pienezza di vita alla quale sono chiamati tutti gli uomini e le donne. Con questi sentimenti, ancora una volta, assicuro i sacerdoti religiosi, i fratelli e le sorelle della testimonianza vitale che essi offrono seguendo in modo radicale le orme di Cristo.

7. Cari Fratelli, sono lieto di riconoscere i vostri fermi sforzi per sostenere l'unicità del matrimonio come patto per tutta la vita, basato sul generoso dono reciproco e sull'amore incondizionato. L'insegnamento della Chiesa sul matrimonio e sulla stabilità della vita familiare offre una verità salvifica alle persone e un solido fondamento nel quale ancorare le aspirazioni della vostra nazione. Spiegare in modo incisivo e fedele la dottrina cristiana sul matrimonio e sulla famiglia è molto importante al fine di contrastare la visione secolare, pragmatica e individualista, che ha conquistato terreno nell'ambito della legislazione e perfino una certa accettazione tra l'opinione pubblica (cfr Ecclesia in Oceania, n. 45). Particolarmente preoccupante è la crescente tendenza a equiparare il matrimonio con altre forme di convivenza. Questo offusca la natura stessa del matrimonio e viola il suo fine sacro nel disegno di Dio per gli uomini (cfr Familiaris consortio FC 3).

Far crescere le famiglie secondo lo splendore della verità di Cristo significa partecipare all'opera di creazione di Dio. È al centro della chiamata a promuovere una civiltà dell'amore. Il profondo amore delle madri e dei padri per i loro figli è anche quello della Chiesa, come lo è il dolore sperimentato dai genitori quando i loro figli cadono vittima di forze e di tendenze che li allontanano dal cammino della verità, lasciandoli disorientati e confusi. I Vescovi devono continuare a sostenere i genitori che, malgrado le difficoltà sociali spesso sconcertanti del mondo attuale, sono in una posizione tale, da esercitare una grande influenza e da offrire orizzonti più ampi di speranza (cfr Pastores gregis, n. 51). È compito particolare del Vescovo assicurare che nella società civile - compresi i mezzi di comunicazione sociale e i settori dell'industria dell'intrattenimento - siano sostenuti e difesi i valori del matrimonio e della vita familiare (cfr Ibidem, n. 52).

8. Infine, desidero esprimere la mia riconoscenza per il nobile contributo che la Chiesa in Australia dà al raggiungimento della giustizia sociale e della solidarietà. La vostra guida nella difesa dei diritti fondamentali dei rifugiati, dei migranti e dei richiedenti asilo, e il sostegno allo sviluppo offerto agli australiani indigeni sono luminosi esempi dell'"impegno di un amore operoso e concreto verso ogni essere umano" (Novo Millennio ineunte NM 49), al quale ho chiamato tutta la Chiesa. Il ruolo crescente dell'Australia come guida nella regione del Pacifico rappresenta per voi un'opportunità per rispondere al bisogno pressante di un attento discernimento del fenomeno della globalizzazione. L'attenta sollecitudine per le persone povere, abbandonate e maltrattate, e la promozione di una globalizzazione della carità contribuiranno molto a indicare un cammino di sviluppo autentico che superi l'emarginazione sociale e favorisca i benefici economici per tutti (cfr Pastores gregis, n. 69).

66 9. Cari Fratelli, con affetto e gratitudine fraterna vi offro queste riflessioni e vi assicuro delle mie preghiere, mentre cercate di guidare i greggi che vi sono affidati. Uniti nella vostra proclamazione della Buona Novella di Gesù Cristo, procedete ora nella speranza! Con questi sentimenti vi raccomando alla protezione di Maria, Madre della Chiesa, e all'intercessione e alla guida della Beata Mary MacKillop. A voi, ai sacerdoti, ai diaconi, ai religiosi e ai fedeli laici delle vostre Diocesi imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica.


AI PARTECIPANTI AL CORSO


PROMOSSO DALLA PENITENZIERIA APOSTOLICA


Sabato, 27 marzo 2004


Signor Cardinale,
venerati Fratelli nel Sacerdozio,
carissimi giovani!

1. Sono lieto di accogliere in questo tempo santo della Quaresima, cammino della Chiesa verso la Pasqua sulle orme di Cristo Signore, tutti i partecipanti al Corso sul Foro interno. Promosso ogni anno dal Tribunale della Penitenzieria Apostolica, il Corso è seguito con particolare interesse non solo da sacerdoti e confessori, ma anche da seminaristi che intendono prepararsi ad esercitare con generosità e sollecitudine il ministero della Riconciliazione, così essenziale per la vita della Chiesa.

Saluto innanzitutto Lei, Signor Cardinale James Francis Stafford, che, nella veste di Penitenziere Maggiore, accompagna per la prima volta questo scelto gruppo di maestri e di alunni, insieme con gli Officiali dello stesso Tribunale. Vedo con gioia che sono presenti anche i benemeriti Religiosi di diversi Ordini dediti al ministero della Penitenza nelle Basiliche patriarcali di Roma, a beneficio dei fedeli dell’Urbe e dell’Orbe. Tutti saluto con affetto.

2. Trent’anni or sono entrava in vigore in Italia il nuovo Rito della Penitenza, promulgato qualche mese prima dalla Congregazione per il Culto Divino. Mi sembra doveroso ricordare questa data che ha messo nelle mani dei sacerdoti e dei fedeli un prezioso strumento di rinnovamento della Confessione sacramentale sia nelle premesse dottrinali che nelle indicazioni per una degna celebrazione liturgica. Vorrei attirare l’attenzione sull’ampia messe di testi della Sacra Scrittura e di preghiere, che il nuovo Rito presenta per dare al momento sacramentale tutta la bellezza e la dignità di una confessione di fede e di lode al cospetto di Dio.

Merita inoltre di essere sottolineata la novità della formula dell’assoluzione sacramentale, che mette meglio in luce la dimensione trinitaria di questo sacramento: la misericordia del Padre, il mistero pasquale di morte e di risurrezione del Figlio, l’effusione dello Spirito Santo.

3. Con il nuovo Rito della Penitenza, così ricco di spunti biblici, teologici e liturgici, la Chiesa ha messo nelle nostre mani un opportuno aiuto per vivere il Sacramento del perdono nella luce del Cristo risorto. Il giorno stesso di Pasqua, come ricorda l’evangelista, Gesù entrò a porte chiuse nel Cenacolo, alitò sui discepoli e disse: "Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete resteranno non rimessi" (Jn 20,22). Gesù comunica il suo Spirito, che è la "remissione di tutti i peccati", com’è detto nel Messale Romano (cfr sabato della VII settimana di Pasqua, oraz. sulle offerte), affinché il penitente ottenga, per il ministero dei presbiteri, la riconciliazione e la pace.

Frutto di questo sacramento non è solo la remissione dei peccati, necessaria per chi ha peccato. Esso "opera una autentica «risurrezione spirituale», restituisce la dignità e i beni della vita dei figli di Dio, di cui il più prezioso è l’amicizia con Dio" (Catechismo della Chiesa Cattolica CEC 1468). Sarebbe illusorio voler tendere alla santità, secondo la vocazione che ciascuno ha ricevuto da Dio, senza accostarsi con frequenza e fervore a questo sacramento della conversione e della santificazione.

67 L’orizzonte della chiamata universale alla santità, che ho proposto come cammino pastorale della Chiesa all’inizio del terzo millennio (cfr Novo millennio ineunte NM 30), ha nel Sacramento della riconciliazione una premessa decisiva (cfr ibid., 37). E’, infatti, il sacramento del perdono e della grazia, dell’incontro che rigenera e santifica, il sacramento che, insieme con l’Eucaristia, accompagna il cammino del cristiano verso la perfezione.

4. Per sua natura, esso comporta una purificazione, sia negli atti del penitente che mette a nudo la sua coscienza per il profondo bisogno di essere perdonato e rigenerato, sia nell’effusione della grazia sacramentale che purifica e rinnova. Mai saremo abbastanza santi da non avere bisogno di questa purificazione sacramentale: l’umile confessione, fatta con amore, suscita una purezza sempre più delicata nel servizio di Dio e nelle motivazioni che lo sostengono.

La Penitenza è sacramento di illuminazione. La parola di Dio, la grazia sacramentale, le esortazioni piene di Spirito Santo del confessore, vera "guida spirituale", l’umile riflessione del penitente ne illuminano la coscienza, gli fanno capire il male commesso e lo dispongono ad impegnarsi nuovamente nel bene. Chi si confessa con frequenza, e lo fa con desiderio di progredire, sa di ricevere nel sacramento, con il perdono di Dio e la grazia dello Spirito, una luce preziosa per il suo cammino di perfezione.

Finalmente il Sacramento della penitenza realizza un incontro unificante con Cristo. Progressivamente, di Confessione in Confessione, il fedele sperimenta una sempre più profonda comunione con il Signore misericordioso, fino alla piena identificazione con Lui, che si ha in quella perfetta "vita in Cristo" in cui consiste la vera santità.

Visto quale incontro con Dio Padre per Cristo nello Spirito, il Sacramento della penitenza rivela così non solo la sua bellezza, ma anche l’opportunità della sua celebrazione assidua e fervente. Esso è un dono anche per noi sacerdoti che, pur chiamati ad esercitare il ministero sacramentale, abbiamo le nostre mancanze da farci rimettere. La gioia di perdonare e di essere perdonati vanno insieme.

5. Grande responsabilità di tutti i confessori è di esercitare con bontà, sapienza e coraggio questo ministero. Loro compito è di rendere amabile e desiderabile questo incontro che purifica e che rinnova nel cammino verso la perfezione cristiana e nel pellegrinaggio verso la Patria.

Mentre auguro a tutti voi, cari confessori, che la grazia del Signore vi renda degni ministri della "parola della riconciliazione" (cfr 2Co 5,19), affido il vostro prezioso servizio alla Vergine Madre di Dio e Madre nostra, che la Chiesa in questo tempo di Quaresima invoca, in una delle Messe a lei dedicate, come "Madre della Riconciliazione".

Con questi sentimenti a tutti imparto con affetto la mia Benedizione.




AI MEMBRI DEL COMITATO


"AMERICAN JEWISH JOINT DISTRIBUTION"


Lunedì, 29 marzo 2004




Distinti Ospiti,

È per me un grande piacere accogliervi, Presidente e membri del Comitato "American Jewish Joint Distribution". La vostra visita è un'ulteriore segno dei vincoli di amicizia tra il popolo ebreo e la Chiesa cattolica, vincoli che auspichiamo diventino sempre più forti.

68 Dio ha creato l'uomo a sua immagine e ha dotato gli esseri umani della capacità di amare. È attraverso l'amore che compiamo il nostro destino di agire a somiglianza di Dio. Da questo deriva il nostro dovere di servirci gli uni gli altri secondo il comandamento che si trova nel Libro del Levitico: "amerai il tuo prossimo come te stesso. Io sono il Signore" (19, 18). Siamo chiamati in modo particolare a servire coloro che hanno bisogno del nostro aiuto per vivere nella sicurezza, nella giustizia e nella libertà.

Incoraggio con piacere l'attività del vostro Comitato Congiunto. Che Dio benedica i vostri sforzi e vi conceda il successo nell'aiutare quanti hanno bisogno.

MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


AI PARTECIPANTI


AL VIII FORUM INTERNAZIONALE DEI GIOVANI


(ROCCA DI PAPA, 31 MARZO - 4 APRILE 2004)




1. Desidero innanzi tutto inviare il mio cordiale saluto a tutti voi, cari studenti, che siete convenuti in questi giorni a Rocca di Papa per partecipare all'VIII “Forum Internazionale dei Giovani” sul tema: “I giovani e l'università: testimoniare Cristo nell'ambiente universitario”. La vostra presenza è per me motivo di grande gioia, poiché è una fulgida testimonianza del volto universale, e sempre giovane, della Chiesa. Provenite infatti dai cinque continenti e rappresentate più di 80 Paesi e 30 tra Movimenti, Associazioni e Comunità internazionali.

Vorrei salutare i Rettori e i Docenti universitari presenti al Forum, così come i Vescovi, i sacerdoti e i laici impegnati nella pastorale universitaria, che in questi giorni accompagneranno i giovani nella loro riflessione.

Desidero esprimere il mio più vivo apprezzamento a Mons. Stanislaw Rylko, Presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, e a tutti i suoi collaboratori, per la realizzazione di questa felice iniziativa. Resta vivo nella mia memoria il ricordo delle precedenti edizioni del Forum, organizzate in concomitanza con le celebrazioni internazionali della Giornata Mondiale della Gioventù. Quest'anno si è deciso di rinnovarne la formula, conferendogli uno spazio più definito e accentuandone la dimensione formativa con la scelta di un tema specifico, volto ad approfondire un aspetto concreto della vita dei giovani. La tematica di questo incontro è certamente di grande attualità e risponde a una necessità reale. Sono lieto che tanti giovani, provenienti da culture così ricche e diverse, siano riuniti a Rocca di Papa per riflettere insieme, per condividere le proprie esperienze, per infondersi vicendevolmente il coraggio di testimoniare Cristo nell' ambiente universitario.

2. Nella nostra epoca è importante riscoprire il legame che unisce la Chiesa e l'Università. La Chiesa, infatti, non solo ha avuto un ruolo decisivo nell'istituzione delle prime università, ma è stata lungo i secoli fucina di cultura, e ancora oggi si adopera in questo senso mediante le Università cattoliche e le diverse forme di presenza nel vasto mondo universitario. La Chiesa apprezza l'Università come uno di “quei banchi di lavoro, presso i quali la vocazione dell'uomo alla conoscenza, come pure il legame costitutivo dell'umanità con la verità come fine della conoscenza, diventano una realtà quotidiana” per tanti professori, giovani ricercatori e schiere di studenti (Discorso all'UNESCO, n. 19: in Insegnamenti, III/1 1980, PP 1650 s.).

Cari studenti, nell'Università voi non siete soltanto destinatari di servizi, ma siete i veri protagonisti delle attività che vi si svolgono. Non a caso il periodo degli studi universitari costituisce una fase fondamentale della vostra esistenza, durante la quale vi preparate ad assumervi la responsabilità di scelte decisive che orienteranno tutto il vostro futuro. Per questo motivo è necessario che voi affrontiate il percorso universitario in atteggiamento di ricerca delle giuste risposte alle domande essenziali sul significato della vita, sulla felicità e sulla piena realizzazione dell'uomo, sulla bellezza come splendore della verità.

Fortunatamente oggi si è molto indebolito l'influsso delle ideologie e delle utopie fomentate da quell'ateismo messianico che tanto ha inciso in passato in molti ambienti universitari. Non mancano, però, nuove correnti di pensiero che riducono la ragione all’orizzonte della sola scienza sperimentale e quindi delle conoscenze tecniche e strumentali, per rinchiuderla talora in una visione scettica e nichilista. Oltre che inutili, questi tentativi di sfuggire alla questione del senso profondo dell'esistenza possono diventare anche pericolosi.

3. Mediante il dono della fede abbiamo incontrato Colui che ci si presenta con quelle parole sorprendenti: “Io sono la verità” (Jn 14,6). Gesù è la verità del cosmo e della storia, il senso e il destino dell'esistenza umana, il fondamento di ogni realtà! A voi, che avete accolto questa Verità come vocazione e certezza della vostra vita, spetta di dimostrarne la ragionevolezza anche nell’ambiente e nel lavoro universitario. Si impone allora la domanda: quanto incide la verità di Cristo nel vostro studio, nella ricerca, nella conoscenza della realtà, nella formazione integrale della persona? Può succedere, anche tra coloro che si professano cristiani, che alcuni nelle Università si comportino di fatto come se Dio non esistesse. Il cristianesimo non è una semplice preferenza religiosa soggettiva, ultimamente irrazionale, relegata all'ambito del privato. In quanto cristiani, abbiamo il dovere di testimoniare ciò che afferma il Concilio Vaticano II nella Gaudium et spes: “La fede infatti tutto rischiara di una luce nuova, e svela le intenzioni di Dio sulla vocazione integrale dell'uomo, e perciò guida l'intelligenza verso soluzioni pienamente umane” (n. 11). Dobbiamo dimostrare che fede e ragione non sono inconciliabili, anzi “la fede e la ragione sono come le due ali con le quali lo spirito umano s'innalza verso la contemplazione della verità” (cfr Fides et ratio, Intr.).

4. Giovani amici! Voi siete i discepoli e i testimoni di Cristo nell'Università. Il tempo universitario sia dunque, per tutti voi, un tempo di grande maturazione spirituale e intellettuale, che vi porti ad approfondire il vostro rapporto personale con Cristo. Ma se la vostra fede è legata semplicemente a frammenti di tradizione, di buoni sentimenti o di generica ideologia religiosa, non sarete certo in grado di reggere l'impatto ambientale. Cercate dunque di restare saldi nella vostra identità cristiana e radicati nella comunione ecclesiale. Nutritevi per questo di assidua preghiera. Scegliete, quando è possibile, buoni maestri universitari. Non rimanete isolati in ambienti che sono spesso difficili, ma partecipate attivamente alla vita delle associazioni, dei movimenti e delle comunità ecclesiali che operano nell'ambito universitario. Avvicinatevi alle parrocchie universitarie e lasciatevi aiutare dalle cappellanie. Bisogna essere costruttori della Chiesa nell'Università, ossia di una comunità visibile che crede, che prega, che rende ragione della speranza e che accoglie nella carità ogni traccia di bene, di verità e di bellezza della vita universitaria. Tutto questo non solo dentro il campus universitario, ma dovunque vivono e si ritrovano gli studenti. Sono certo che i Pastori non mancheranno di riservare una speciale cura per gli ambienti universitari e destineranno a questa missione santi e competenti sacerdoti.

5. Cari partecipanti all'VIII Forum Internazionale dei Giovani, sono lieto di sapervi presenti in Piazza San Pietro, giovedì prossimo, all'incontro con i giovani della diocesi di Roma e domenica alla Messa delle Palme, quando celebreremo insieme la XIX Giornata Mondiale della Gioventù sul tema: “Vogliamo vedere Gesù” (Jn 12,21). Sarà l’ultima tappa di preparazione spirituale al grande appuntamento di Colonia nel 2005. Non basta “parlare” di Gesù ai giovani universitari: bisogna anche farlo loro “vedere” attraverso la testimonianza eloquente della vita (cfr Novo millennio ineunte NM 16). Vi auguro che questo incontro a Roma contribuisca a fortificare il vostro amore per la Chiesa universale e il vostro impegno al servizio del mondo universitario. Conto su ciascuno e ciascuna di voi per trasmettere alle vostre Chiese locali e ai vostri gruppi ecclesiali la ricchezza dei doni che in queste intense giornate state ricevendo.

69 Nell’invocare la protezione della Vergine Maria, Sede della Sapienza, sul vostro cammino, imparto di cuore una speciale Benedizione Apostolica a voi e a tutti coloro che insieme con voi - studenti, rettori, professori, cappellani e personale amministrativo -, compongono la grande “comunità universitaria”.

Dal Vaticano, 25 Marzo 2004

GIOVANNI PAOLO II


                                                                    Aprile 2004


ALLA COMUNITÀ


DEL PONTIFICIO COLLEGIO BRASILIANO DI ROMA


Giovedì, 1° aprile 2004




Signor Rettore e Superiori,
Cari alunni del Pontificio
Collegio Pio Brasiliano
di Roma

1. Sono molto lieto di darvi il benvenuto a questo incontro con il quale desiderate rinnovare l'affetto e l'adesione al Successore di Pietro, in occasione del settantesimo anniversario della fondazione del vostro Collegio. Ringrazio il Rettore, Padre Geraldo Antônio Coelho de Almeida, S.J., per le amabili parole che mi ha rivolto per esprimermi i vostri sentimenti e le vostre speranze.

La vostra presenza qui, mi riporta alla visita che ho compiuto nel Collegio nel 1982, quando ho celebrato l'Eucaristia nella vostra Cappella e ho avuto l'opportunità di parlarvi e di visitare alcune parti di questo centro.

2. Il Collegio Pio Brasiliano è stato inaugurato il 3 aprile 1934 per volontà di Papa Pio XI e dell'Episcopato del Brasile, in modo particolare del Cardinale Sebastião Leme. Inviati, ciascuno di voi, dal vostro Vescovo, il Collegio Pio Brasiliano vi accoglie offrendovi un ambiente propizio per una più ampia formazione accademica e spirituale, tanto necessaria nella vostra missione sacerdotale. Risiedere alcuni anni a Roma, vi offre molte possibilità di entrare in contatto con la memoria storica dei primi secoli del cristianesimo, di aprirvi alla dimensione universale della Chiesa, di promuovere la comunione ecclesiale e la predisposizione ad accogliere gli insegnamenti del Magistero.

70 3. Anche se fisicamente lontani, so che il vostro cuore conserva vivo il ricordo delle persone che erano affidate alle vostre cure pastorali; in verità, il Pastore non può dimenticare i suoi fedeli quando vive la carità pastorale secondo lo stile di Cristo. Mi fa piacere ricordare quel messaggio sempre nuovo che vi ho rivolto durante la mia precedente visita: La Chiesa in Brasile ha urgente bisogno di sacerdoti ben formati (cfr Discorso del 24 gennaio 1982). È una responsabilità che ricade in modo particolare sui vostri formatori, non solo delle Università che frequentate, ma, direttamente, sui religiosi della Compagnia di Gesù, incaricati della direzione e dell'animazione di questo Collegio.

Voglia Dio che lo spirito fondazionale lasciato da sant'Ignazio vi animi continuamente, poiché l'Episcopato brasiliano e tutto il Popolo di Dio anelano sacerdoti santi e dotti, autentici Pastori di anime. Questa responsabilità si fa sempre maggiore, se pensiamo che alcuni sacerdoti provengono da altri Paesi latinoamericani, dall'Africa, dall'Oceania e dall'Europa.

4. Non voglio concludere questo discorso senza ringraziare la Comunità di religiose e tutti coloro che collaborano nella cura del Collegio, chiedendo a Dio che vi sappia ricompensare per il generoso e zelante servizio che prestate alla Comunità.

Nostra Signora Aparecida, venerata nel vostro Collegio e che ha sempre accompagnato tutti i suoi figli, Lei, che è la Madre dei Sacerdoti, vi conceda la grazia necessaria per imitare Gesù Cristo Sommo ed Eterno Sacerdote. Come pegno di questi vivi auspici, vi imparto una propiziatrice Benedizione Apostolica, che, di cuore estendo ai vostri familiari e amici.

GP2 Discorsi 2004 64