GP2 Discorsi 2004 87

MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


AI PARTECIPANTI ALLA CONFERENZA INTERNAZIONALE


ORGANIZZATA DALLA FONDAZIONE VATICANA


CENTESIMUS ANNUS - PRO PONTIFICE




Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Sono lieto di inviare il mio saluto a tutti gli illustri Congressisti, convenuti a Roma per la Conferenza internazionale sul tema “Confronting Globalization: Global Governance and the Politics of Development”, organizzata dalla Fondazione Vaticana Centesimus Annus – Pro Pontifice.

Un grato pensiero rivolgo al Signor Cardinale Attilio Nicora, Presidente dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica. Saluto il Conte Lorenzo Rossi di Montelera, Presidente della Fondazione Centesimus Annus – Pro Pontifice, i Relatori e quanti hanno curato l’organizzazione dell’incontro.

Com’è noto, la globalizzazione costituisce un vasto fenomeno sociale che pone non poche sfide alla comunità internazionale e attende risposte efficaci ed eticamente responsabili. Proprio per questo, risulta quanto mai utile la riflessione che in questi giorni il vostro Convegno intende sviluppare, ponendosi in ascolto delle istanze emergenti nel contesto sociale, culturale ed economico mondiale.

2. La vostra Conferenza parte dalla considerazione che nel processo di globalizzazione mondiale il divario fra i Paesi ricchi e quelli poveri va purtroppo sempre più allargandosi. Di fronte alle popolazioni che vivono in condizioni di miseria inaccettabili, dinanzi a quanti versano in situazioni di fame, di povertà e di crescenti sperequazioni sociali, è urgente intervenire a salvaguardia della dignità della persona e per la promozione del bene comune.

88 Vi domandate allora giustamente come la globalizzazione e la solidarietà possano reciprocamente integrarsi sì da originare dinamiche mondiali che comportino un’armonica crescita economica e, insieme, un equo sviluppo.

La sfida resta sempre quella di dar vita a una globalizzazione solidale, individuando le cause degli squilibri economici e sociali, e prospettando scelte operative atte ad assicurare per tutti un avvenire all’insegna della solidarietà e della speranza.

3. E’ necessario che il processo di globalizzazione in atto sia animato da valori etici di fondo e finalizzato allo sviluppo integrale di ogni uomo e di tutto l’uomo; occorre che le coscienze siano educate a un alto senso di responsabilità e di attenzione al bene dell’intera umanità e di ogni suo singolo componente.

Solo a queste condizioni la famiglia umana, costituita da popoli tra loro diversi per razza, cultura e religione, potrà dar vita a forme di cooperazione economica, sociale e culturale ispirate da fraterna umanità.

Carissimi Fratelli e Sorelle! Sono certo che pure da questo vostro incontro scaturiranno utili indicazioni per affrontare con competenza e apertura d’animo queste ampie ed emergenti problematiche economiche e sociali.

La vostra Fondazione, nel rispetto delle varie culture e degli stili di vita, potrà dare il suo contributo a tutela della dignità della persona, in sintonia con il Magistero della Chiesa. E’ questa una nobile forma di testimonianza cristiana protesa a permeare l’attuale nostra società dei perenni valori evangelici. Iddio benedica ogni vostro sforzo e renda fruttuosa la vostra attività!

Colgo infine volentieri l'occasione per rinnovare a codesta benemerita Istituzione il mio vivo apprezzamento per il lavoro che da anni va svolgendo al servizio della Chiesa e, in modo particolare, del Successore di Pietro.

Nell’assicurare a ciascuno di voi e alle vostre famiglie un quotidiano ricordo nella preghiera, invio a tutti una speciale Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 29 Aprile 2004

GIOVANNI PAOLO II


MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


AI PARTECIPANTI ALLA CONVOCAZIONE NAZIONALE


DEI GRUPPI E DELLE COMUNITÀ DEL RINNOVAMENTO


NELLO SPIRITO (RIMINI, 29 APRILE-2 MAGGIO 2004)


Al venerato Fratello

Mons. MARIANO DE NICOLÒ
Vescovo di Rimini

89 1. Mi è gradito, anche quest’anno, rivolgere il mio cordiale saluto a Lei e, per mezzo Suo, a quanti prendono parte alla Convocazione nazionale dei gruppi e delle comunità del Rinnovamento nello Spirito, che si svolge in codesta città di Rimini dal 29 aprile al 2 maggio 2004. Il tema - “Ecco io creo nuovi cieli e nuova terra; si gioirà per sempre di quello che sto per creare” (Is 65,17-18) - aiuta a contemplare il mistero grande della gioia cristiana. Invito ciascuno a fare propria la preghiera conclusiva dell’Esortazione apostolica “Christifideles laici” nella quale ho chiesto alla “Vergine del Magnificat” di “insegnarci a trattare le realtà del mondo con vivo senso di responsabilità cristiana e nella gioiosa speranza della venuta del regno di Dio, dei nuovi cieli e della nuova terra” (n. 64). Gli incontri dei gruppi e delle comunità del rinnovamento nello Spirito, se veramente animati dalla presenza dello Spirito del Signore, soprattutto quando culminano nella celebrazione dell'Eucaristia, sono eventi nei quali “si apre sulla terra uno squarcio di Cielo e dalla comunità dei credenti si eleva, in sintonia con il canto della Gerusalemme celeste, un perenne inno di lode” (Spiritus et sponsa, 16), che “unisce il cielo e la terra” (cfr Ecclesia de Eucharistia,8, 19).

2. Lo Spirito Santo non mancherà di arricchire la testimonianza di ciascuno con i “doni spirituali e i carismi che Egli elargisce alla Chiesa” (Catechesi del 27 febbraio 1991). Tra questi carismi rivestono importanza peculiare “quelli che servono alla pienezza della vita spirituale”, instillando “il gusto della preghiera”, gusto che non esclude “l'esperienza del silenzio”(cfr Spiritus et sponsa, 13-14). “La rosa vastissima di carismi con i quali lo Spirito Santo partecipa alla Chiesa la sua carità e santità” (Catechesi del 27 febbraio 1991) sarà per voi, carissimi Fratelli e Sorelle che partecipate all’incontro, stimolo a diffondere l'amore a Cristo e alla sua Chiesa, “unica Madre sulla terra” (cfr Pastores gregis, 13) e ad inserire la lode che elevate a Dio, sotto la guida dei vostri Pastori, negli “spazi di creatività e di adattamento che la rendono vicina alle esigenze espressive delle varie regioni, situazioni e culture” (Spiritus et sponsa, 15).

3. Auspico di cuore che il Rinnovamento nello Spirito Santo susciti sempre più nella Chiesa quella conversione interiore senza la quale difficilmente l’uomo può resistere alle lusinghe della carne e alle concupiscenze del mondo. Il nostro tempo ha grandemente bisogno di uomini e donne che, come raggi di luce, sappiano comunicare il fascino del Vangelo e la bellezza della vita nuova nello Spirito. Con la forza travolgente della preghiera di lode e la grazia zampillante dalla vita sacramentale, lo Spirito elargisce incessantemente i suoi carismi alla Comunità ecclesiale, perché sia costantemente abbellita ed edificata.

Al Vangelo di Cristo occorre, però, corrispondere con l'audacia della fede, che è madre di tutti i miracoli d'amore, con quella ferma fiducia che ci fa impetrare da Dio ogni bene per la salvezza delle anime nostre. Ognuno, pertanto, da vero discepolo di Gesù deve applicarsi senza sosta a seguire i suoi insegnamenti, rendendo il proprio cammino di rinnovamento spirituale una permanente scuola di conversione e di santità.

4. Essere testimoni delle “ragioni dello Spirito”: questa è la vostra missione, cari membri del Rinnovamento nello Spirito Santo, in una società dove spesso la ragione umana non sembra essere irrorata dalla sapienza che viene dall’Alto. Ponete nell’animo dei credenti che partecipano alle attività dei vostri gruppi e delle vostre comunità un seme di feconda speranza nella quotidiana dedizione di ciascuno ai propri compiti.

Come scrivevo nell’Enciclica sull’Eucaristia “se la visione cristiana porta a guardare ai cieli nuovi e alla terra nuova (cfr Ap 21,1), ciò non indebolisce, ma piuttosto stimola il nostro senso di responsabilità verso la terra presente”; ci deve far sentire “più che mai impegnati a non trascurare i doveri della nostra cittadinanza terrena”. Cosi potrete contribuire ad “edificare un mondo a misura d'uomo e pienamente rispondente al disegno di Dio” (Ecclesia de Eucharistia,20).

La Vergine Maria, presente con gli Apostoli nel Cenacolo in attesa della Pentecoste, accompagni i lavori del vostro Convegno. Da parte mia, assicuro uno speciale ricordo nella preghiera, mentre a tutti invio la mia Benedizione.

Dal Vaticano, 29 Aprile 2004, Festa di Santa Caterina da Siena, Patrona d’Italia e d’Europa.

GIOVANNI PAOLO II



MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II

AL VESCOVO DI FROSINONE-VEROLI-FERENTINO (ITALIA)



Al Venerato Fratello
Mons. SALVATORE BOCCACCIO
Vescovo di Frosinone-Veroli-Ferentino

90 1. Nell’agosto dello scorso anno, il Capitolo della Cattedrale di Ferentino, sotto la Sua guida, venerato Fratello, ha indetto il XVII centenario commemorativo della morte di sant’Ambrogio martire, Protettore della Città e Patrono, insieme a santa Maria Salome, dell’amata Diocesi di Frosinone-Veroli-Ferentino. L’anno giubilare si concluderà il 1° agosto p.v.

In tale felice ricorrenza mi è gradito unirmi alla gioia di quanti rendono grazie al Signore per le meraviglie compiute nell’eroica esistenza e nel martirio del santo centurione Ambrogio, ucciso secondo la tradizione il 16 agosto del 304, durante la feroce persecuzione dell’imperatore Diocleziano. Da allora il ricordo di questo insigne testimone di Cristo ha continuato ad accompagnare il cammino dei cristiani di Ferentino e di codesta Comunità diocesana.

Nell’esprimere sentimenti di fraterna vicinanza a Lei, venerato Fratello, estendo il mio pensiero ai sacerdoti, che sono i Suoi più stretti collaboratori, alle religiose e ai religiosi, come pure a tutte le varie componenti del Popolo di Dio, affidato alle Sue cure pastorali.

La festa patronale di sant’Ambrogio martire ricorre il 1° maggio, nel contesto liturgico del Tempo pasquale, che è tempo quanto mai favorevole per celebrare un santo martire, testimone per eccellenza del Signore Gesù morto e risorto. Nella luce della Risurrezione, la passione del Signore rivela tutta la sua potenza salvifica, rendendo più facilmente comprensibili il significato e il valore del martirio cristiano. Il sangue versato in comunione con il sacrificio redentore di Cristo è seme di nuova vita evangelica: di fede, di speranza e di carità. E’ linfa vitale per la Chiesa, primizia di un’umanità rinnovata nell’amore e protesa alla ricerca operosa del regno di Dio e della sua giustizia. Tutto questo rappresenta sant’Ambrogio martire per la Chiesa che crede, spera ed ama in Ferentino e nell’intero territorio della Diocesi.

2. Molte cose sono cambiate in questi diciassette secoli di storia. Il mondo si è notevolmente trasformato e non poche conquiste si sono realizzate sul piano umano e sociale anche grazie al benefico influsso del messaggio evangelico e al generoso apporto di tante generazioni cristiane. Ai nostri tempi, però, il secolarismo avanza, minacciando di portare anche le società di antica evangelizzazione verso forme di agnosticismo che costituiscono una vera sfida per i credenti. In questo contesto acquista straordinaria eloquenza la testimonianza di coloro che per fedeltà a Cristo e al Vangelo non hanno esitato a dare la vita. Col loro esempio essi spronano i cristiani a una coerenza coraggiosa sino all’eroismo. Solo chi è disposto a seguirlo sino in fondo è in grado di porsi senza riserve al servizio dell’uomo, "prima e fondamentale via" della missione dei credenti nel mondo (cfr Enc. Redemptor hominis
RH 14).

A questo proposito, appaiono quanto mai opportune le priorità pastorali che Ella, venerato Fratello, ha voluto indicare alla Comunità ecclesiale in quest’anno centenario. Giustamente Ella invita tutti i battezzati a una rinnovata consapevolezza della loro vocazione missionaria, e mette in evidenza alcuni campi di prioritario intervento apostolico: la pace, i giovani, la famiglia, le povertà, i migranti. Invito l’intera Comunità diocesana a percorrere con entusiasmo e piena consapevolezza questo cammino, mossa dal desiderio di riecheggiare nel nostro tempo l’annuncio evangelico, testimoniando in modo concreto l’amore di Dio verso ogni essere umano. Nel volto di ogni persona, senza distinzione di razze e culture, e specialmente nel più misero e bisognoso degli uomini, i cristiani riconoscono il volto luminoso di Cristo.

3. Con l’offerta della vita i martiri testimoniano che questo appassionato servizio alla causa dell’uomo si può efficacemente realizzare soltanto se si resta intimamente uniti a Cristo. Questo è possibile se ci si mantiene ben fondati nella preghiera, se ci si nutre dell’Eucaristia e della Parola di Dio, se ci si rinnova costantemente nel sacramento della Riconciliazione (cfr Novo millennio ineunte, parte III). Con il proprio esempio il martire ricorda che la vera priorità per il battezzato è tendere alla santità, come insegna il Concilio Vaticano II nel capitolo V della Costituzione Lumen gentium.

A partire dal Grande Giubileo del 2000, ho più volte posto l’accento su questa "urgenza pastorale", condizione indispensabile per un autentico rinnovamento della Comunità cristiana. La santità esige che lo sguardo del nostro cuore resti fisso sul volto di Cristo, imitando Maria, modello di ogni credente. E’ necessario, altresì, che ciascuno attinga dai Sacramenti, e in modo speciale dall’Eucaristia, il vigore per portare a compimento la propria missione. In effetti, senza un profondo rinnovamento di fede e di santità e senza il costante sostegno divino come potrebbe la Comunità ecclesiale affrontare la grande sfida della nuova evangelizzazione?

4. Il ricordo e l’esempio di sant’Ambrogio martire costituiscano per tutti incoraggiamento e stimolo a seguire Cristo in piena e docile fedeltà. Per aiutare i sacerdoti, i religiosi e i fedeli di codesta Diocesi a percorrere con maggiore consapevolezza questo cammino di coerenza cristiana, in unione con i credenti di ogni parte del mondo, vorrei idealmente riconsegnare a ciascuno le Lettere apostoliche Novo millennio ineunte e Rosarium Virginis Mariae, insieme con l’Enciclica Ecclesia de Eucharistia.In tali documenti ho raccolto le indicazioni che ho ritenuto più necessarie per aiutare ciascuno ad inoltrarsi con speranza nel terzo millennio.

Rinnovo volentieri questo dono alla cara Diocesi di Frosinone-Veroli-Ferentino, invocando la celeste intercessione del santo Patrono, il martire Ambrogio, come pure la materna protezione di Maria Santissima, mentre di cuore invio a Lei, venerato Fratello, ed ai fedeli affidati alle Sue cure pastorali una speciale Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 27 Aprile 2004.

IOANNES PAULUS II


Maggio 2004


  DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II


AI PARTECIPANTI ALLA CONFERENZA


PROMOSSA DALLA "WORLD JURIST ASSOCIATION"


91
Martedì, 4 maggio 2004




Distinti Signori e Signore,

Sono lieto di salutarvi, membri della World Jurist Association, mentre quest'anno vi riunite a Roma per la vostra Conferenza, e ringrazio il Presidente Yevdokimov per le sue gentili parole.

Il tema delle vostre discussioni si incentra sugli aspetti legali di certe questioni economiche con le quali si confronta il nostro mondo sempre più globalizzato. Affinché i sistemi legali e gli strumenti giuridici siano realmente d'aiuto a tutti gli uomini e le donne, soprattutto a chi è povero e svantaggiato, devono sostenere l'intera verità della persona umana. Pertanto, è molto importante che le diverse espressioni del diritto internazionale riconoscano e rispettino quelle verità morali e spirituali che sono necessarie per difendere e promuovere adeguatamente la dignità e la libertà degli individui, dei popoli e delle nazioni.

Nella fiduciosa speranza che il vostro lavoro possa dare un contributo significativo in questo ambito, cordialmente invoco su tutti voi le abbondanti benedizioni di Dio Onnipotente.



MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


IN OCCASIONE DELLE CELEBRAZIONI GIUBILARI


PROMOSSE PER IL V CENTENARIO DELLA NASCITA DI SAN PIO V




Al venerato Fratello
Mons. FERNANDO CHARRIER
Vescovo di Alessandria

1. Mi è gradito inviarLe un cordiale saluto in occasione delle celebrazioni giubilari promosse per il V centenario della nascita del mio Predecessore, san Pio V. Estendo il mio affettuoso pensiero ai fedeli di codesta amata Diocesi, che giustamente ricorda, con gioia e gratitudine verso Dio, questo suo illustre figlio.

Le varie manifestazioni indette per commemorare tale felice anniversario offrono l’opportunità di ravvivare la memoria di questo grande Pontefice, e di riflettere sulla ricca eredità di esempi e di insegnamenti, da lui lasciati, che sono quanto mai validi anche per i cristiani del nostro tempo.

La ricorrenza del V centenario della sua nascita sia motivo di benedizione per tutta la Chiesa e, in maniera speciale, per l’amata Diocesi di Alessandria, come pure per la Comunità ecclesiale del Piemonte. L’intercessione di san Pio V e l’esempio delle sue virtù siano di stimolo per ciascuno a rendere più salda la fede, mantenendola incontaminata e in permanente contatto con le fonti della Rivelazione, e diffondendola nella società per edificare un’umanità aperta a Cristo e protesa alla costruzione della civiltà dell’amore.

92 2. L’epoca in cui egli si trovò a vivere fu in verità ben differente dall’attuale e, tuttavia, non mancano tra esse singolari analogie. I due periodi storici hanno visto il consolidarsi di convergenti energie religiose e, al tempo stesso, hanno registrato crisi profonde nella società con scontri tra città e popoli che talora sono sfociati in dolorosi conflitti armati. In ambedue le epoche la Chiesa si è impegnata nel cercare vie nuove per ravvivare la fede e proporla in modo adeguato nelle mutate condizioni culturali e sociali, anche mediante la celebrazione del Concilio di Trento, allora, e del Concilio Ecumenico Vaticano II, nel secolo scorso. Ai rispettivi Concili è seguito lo sforzo, non sempre facile, di applicarne fedelmente gli insegnamenti, dando vita a processi di autentica riforma della Chiesa.

In tale contesto storico e religioso, che ha caratterizzato il XVI secolo, si colloca la vicenda umana e spirituale di san Pio V, conclusasi il 1° maggio dell’anno 1572. Fin dall’infanzia, Michele Ghislieri ebbe a provare i disagi della povertà e dovette con il lavoro contribuire al sostentamento della sua famiglia. Attinse ai valori tipici della sua amata terra di Alessandria, alla quale restò sempre legato, sì da essere conosciuto, quando venne chiamato a far parte del Collegio cardinalizio, come il Cardinale Alessandrino.

A 14 anni entrò nell’Ordine dei Predicatori e compì l’itinerario formativo nei conventi di Vigevano, Bologna e Genova, applicandosi senza tregua a percorrere il cammino della perfezione evangelica mediante la preghiera e lo studio, ed attingendo abbondantemente alle sorgenti della parola di Dio secondo il carisma domenicano.

Manifestava già allora un gusto particolare per la Sacra Scrittura e per la dottrina dei Padri, appassionandosi anche allo studio delle opere di san Tommaso d’Aquino che egli stesso, divenuto Sommo Pontefice, annoverò nel numero dei Dottori della Chiesa. Fu ordinato sacerdote a Genova nel 1528.

Incaricato dal Papa Paolo III di vigilare sulla purezza della fede nelle regioni di Padova, Pavia e Como si ispirò, come modelli e protettori, a san Domenico, a san Pietro martire di Verona, a san Vincenzo Ferrer e a sant’Antonino di Firenze, senza altra preoccupazione se non quella di ricercare sempre la maggior gloria di Dio e l’autentico bene dei fratelli, fedele al motto “camminare nella verità” che volle fare proprio. Proseguì con medesimo zelo quando fu nominato a Roma Commissario per la dottrina della fede, e negli altri incarichi affidatigli dai Papi Giulio III, Paolo IV e Pio IV. Eletto Vescovo di Nepi e Sutri nel 1556, fu creato Cardinale nel 1557, e nel 1560 divenne Vescovo di Mondovì.

3. A 62 anni, nel gennaio del 1566, venne eletto Successore di Pietro e durante gli anni di Pontificato si dedicò a ravvivare la pratica della fede in ogni componente del Popolo di Dio, imprimendo alla Chiesa una provvidenziale spinta evangelizzatrice. Instancabile nel lavoro pastorale, cercava contatti diretti con tutti, senza tener conto della fragilità del suo stato di salute. Si preoccupò di applicare fedelmente le decisioni del Concilio di Trento: in campo liturgico, con la pubblicazione del Messale Romano rinnovato e del nuovo Breviario; nell’ambito catechetico, affidando soprattutto ai parroci il “Catechismo del Concilio di Trento”; in materia teologica, introducendo nelle Università la Summa di san Tommaso. Richiamò ai Vescovi il dovere di risiedere in Diocesi per un’attenta cura pastorale dei fedeli, ai religiosi l’opportunità della clausura e al clero l’importanza del celibato e della santità di vita.

Consapevole della missione ricevuta da Cristo Buon Pastore, si dedicò a pascere il gregge affidatogli, invitando a far ricorso quotidiano alla preghiera, privilegiando la devozione a Maria, che contribuì ad incrementare notevolmente dando un forte impulso alla pratica del Rosario. Egli stesso lo recitava intero ogni giorno, pur preso da compiti gravosi e molteplici.

4. Venerato Fratello, lo zelo apostolico, la costante tensione alla santità, l’amore alla Vergine, che caratterizzarono l’esistenza di san Pio V siano per tutti stimolo a vivere con più intenso impegno la propria vocazione cristiana. In modo speciale, vorrei invitare a imitarlo nella filiale devozione mariana, riscoprendo la semplice e profonda preghiera del Rosario che, come ho voluto ricordare nella Lettera apostolica Rosarium Virginis Mariae, aiuta a contemplare il mistero di Cristo: “Nella sobrietà dei suoi elementi, concentra in sé la profondità dell’intero messaggio evangelico, di cui è quasi un compendio… Con esso il popolo cristiano si mette alla scuola di Maria, per lasciarsi introdurre alla contemplazione della bellezza del volto di Cristo e all’esperienza della profondità del suo amore” (n. 1).

Grazie alla recita fervorosa del Rosario, si possono ottenere grazie straordinarie per l’intercessione della celeste Madre del Signore. Di questo era ben persuaso san Pio V che, dopo la vittoria di Lepanto, volle istituire un’apposita festa della Madonna del Rosario.

A Maria, Regina del santo Rosario, in questo inizio del Terzo Millennio, ho affidato con la recita del Rosario il bene prezioso della pace e il rafforzamento dell’istituto familiare. Rinnovo questo fiducioso affidamento per intercessione del grande devoto di Maria che fu san Pio V.

5. Assicuro un particolare ricordo nella preghiera per Lei, Venerato Fratello, per i Vescovi che presenzieranno alla chiusura del centenario, per i Comitati Nazionali e di Onore, per le Autorità della Regione, della Provincia e dei Comuni del territorio alessandrino, per il clero, i religiosi e gli amati fedeli e per quanti prenderanno parte alla santa Messa del 5 maggio, a conclusione delle celebrazioni giubilari nella chiesa del monastero della Santa Croce a Boscomarengo.

93 A tutti invio di cuore una speciale Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 1 Maggio 2004


AI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE


DEGLI STATI UNITI D’AMERICA (REGIONE VI)


IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM"


Giovedì, 6 maggio 2004




Cari Fratelli Vescovi,

1. È con grande gioia che vi saluto, Vescovi delle province ecclesiastiche di Detroit e di Cincinnati, in occasione della vostra visita ad limina Apostolorum. Attraverso voi saluto i sacerdoti, i diaconi, i religiosi e i fedeli laici delle vostre Diocesi: la grazia e la pace del Signore Risorto siano con tutti voi, "coloro che sono stati santificati in Cristo Gesù, chiamati ad essere santi" (1Co 1,2)!

Nei miei incontri con i Vescovi degli Stati Uniti di quest'anno, ho voluto proporre alcune riflessioni personali sul ministero episcopale di santificare, insegnare e guidare il Popolo di Dio. Nella presente riflessione desidero continuare la nostra analisi del munus sanctificandi alla luce della responsabilità del Vescovo nel costruire la comunione di tutti i battezzati nella santità, nella fedeltà al Vangelo e nello zelo per la diffusione del Regno di Dio.

2. Come la santità, anche l'unità della Chiesa è un dono infallibile di Dio e un invito costante a una comunione sempre più perfetta nella fede, nella speranza e nell'amore. "Dio è comunione, Padre, Figlio e Spirito Santo [...], il quale chiama tutti gli uomini a partecipare alla medesima comunione trinitaria" (Ecclesia in America, n. 33). Attraverso l'effusione dello Spirito Santo, dono di Cristo Risorto, la Chiesa è stata istituita come "un popolo adunato dall'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo" (Lumen gentium LG 4). Come segno e sacramento di questa unità, che è la vocazione e il destino dell'intera famiglia umana, la Chiesa vive e svolge la sua missione salvifica come "corpo solo" (cfr 1Co 12,12 s.), che lo Spirito Santo guida nel cammino di tutta la verità, unifica nella comunione e nelle opere del ministero, dirige attraverso diversi doni gerarchici e carismatici, e abbellisce dei suoi frutti (cfr Lumen gentium LG 4). Questo mistero dell'unità nella diversità è particolarmente evidente nella celebrazione dell'Eucaristia da parte del Vescovo, quando egli è circondato dal presbiterio, dai ministri, dai religiosi e dall'intero Popolo di Dio (cfr Sacrosanctum Concilium SC 41); nell'Eucaristia si esprime e si realizza quella "santa comunione" che è l'anima stessa della Chiesa (cfr Lumen gentium LG 3).

Questo stretto rapporto tra la santità della Chiesa e la sua unità forma la base di quella spiritualità di comunione e di missione che, sono convinto, dobbiamo favorire all'alba di questo nuovo millennio "se vogliamo essere fedeli al disegno di Dio e rispondere anche alle attese profonde del mondo" (Novo Millennio ineunte NM 43). Il Vescovo, come icona di Cristo il Buon Pastore, presente in mezzo al suo santo popolo, ha il dovere primario di promuovere e incoraggiare una tale spiritualità (cfr Pastores gregis, n. 22). Il Concilio Vaticano II, pur affermando che l'edificazione del corpo di Cristo avviene in una ricca diversità di membra, funzioni e doni, ha osservato anche che "fra questi doni viene al primo posto la grazia degli apostoli" (Lumen gentium LG 7), i cui successori sono chiamati a discernere e coordinare i carismi e i ministeri donati per l'edificazione della Chiesa attraverso quell'opera di santificare l'umanità e di rendere gloria a Dio che è il fine di tutta la sua vita e di ogni sua attività (cfr Sacrosanctum Concilium SC 10).

3. Questa spiritualità di comunione, che i Vescovi sono chiamati a testimoniare personalmente, conduce naturalmente a uno "stile pastorale sempre più aperto alla collaborazione di tutti" (Pastores gregis, n. 44). Ciò esige da voi, in primo luogo, un rapporto sempre più stretto con i vostri sacerdoti che, attraverso l'ordinazione sacramentale, partecipano con voi all'unico sacerdozio di Cristo e all'unica missione apostolica affidata alla sua Chiesa (cfr Christus Dominus CD 11). Attraverso gli Ordini Sacri, sia ai Vescovi sia ai sacerdoti è stato affidato un sacerdozio ministeriale che differisce dal sacerdozio comune di tutti i battezzati "essenzialmente e non solo di grado" (Lumen gentium LG 10). Al contempo, in seno alla comunione del Corpo di Cristo, voi e i vostri sacerdoti siete chiamati a cooperare per consentire all'intero Popolo di Dio di svolgere il sacerdozio regale conferito dal battesimo.

Proprio perché i membri del presbiterio sono i suoi più stretti collaboratori nel ministero ordinato, ogni Vescovo deve cercare costantemente di agire con loro come "padre e fratello che li ama, li ascolta, li accoglie, li corregge, li conforta, ne cerca la collaborazione e, per quanto possibile, si adopera per il loro benessere umano, spirituale, ministeriale e economico" (Pastores gregis, n. 47). Come l'Apostolo Paolo ha raccomandato Timoteo alla comunità cristiana di Tessalonica, così anche i Vescovi devono poter presentare ciascuno dei loro sacerdoti alle singole comunità parrocchiali dicendo: è "nostro fratello e collaboratore di Dio nel Vangelo di Cristo, per confermarvi ed esortarvi nella vostra fede" (1Th 3,2). Come padre spirituale e fratello per i suoi sacerdoti, il Vescovo deve fare tutto ciò che è in suo potere per incoraggiarli nella fedeltà alla loro vocazione e alle esigenze di condurre una vita degna della chiamata che hanno ricevuto (cfr Ep 4,1).

A questo punto desidero esprimere una parola di stima e di elogio per la dedizione e per il lavoro fedele svolto da tanti sacerdoti impegnati negli Stati Uniti, specialmente quanti sono impegnati nel far fronte alle sfide e alle necessità quotidiane collegate al ministero parrocchiale. Invito voi, che siete i loro Vescovi, a unirvi a me nel ringraziarli e nel riconoscere con gratitudine il loro instancabile impegno come "pastori, evangelizzatori e animatori della comunione ecclesiale" (Ecclesia in America, n. 39).

94 4. Il rafforzamento di una spiritualità di comunione e di missione esigerà uno sforzo costante per rinnovare i vincoli di unità fraterna in seno al presbiterio. Per questo occorre riappropriarsi in modo consapevole e tornare a impegnarsi ogni giorno nelle cose che condividiamo come fondamento stesso della nostra identità di sacerdoti: la ricerca della santità, la pratica di un'intensa preghiera di intercessione, una spiritualità ministeriale alimentata dalla parola di Dio e la celebrazione dei sacramenti, l'esercizio quotidiano della carità pastorale e la vita di castità nel celibato come espressione di un impegno radicale a seguire Cristo. Come valori spirituali che uniscono i sacerdoti, questi devono formare la base del rinnovamento del ministero sacerdotale e della promozione dell'unità nell'apostolato, affinché, sotto la guida dei suoi sacerdoti, la comunità dei discepoli possa avere veramente "un cuore solo e un'anima sola" (Ac 4,32).

Una spiritualità di comunione darà naturalmente frutto nello sviluppo di una spiritualità diocesana radicata nel dono e nei carismi particolari offerti dallo Spirito Santo per l'edificazione di ogni Chiesa locale. Ogni sacerdote deve trovare "proprio nella sua appartenenza e dedicazione alla Chiesa particolare una fonte di significati, di criteri di discernimento e di azione, che configurano sia la sua missione pastorale sia la sua vita spirituale" (Pastores dabo vobis PDV 31). Al contempo, un autentico "spirito diocesano", ispirerà e motiverà anche l'intera comunità cristiana a un maggior senso di responsabilità per uno svolgimento fecondo della missione della Chiesa attraverso la sua ricca rete di comunità, di istituzioni e di apostolati (cfr Apostolicam actuositatem AA 10).

5. È nei Seminari minori e maggiori che vengono piantati i semi di una spiritualità di comunione e di missione e di un sacerdozio forte. Vi incoraggio a visitare con frequenza i Seminari, al fine di conoscere personalmente coloro che un giorno potrebbero essere sacerdoti nella vostra Chiesa locale. Questo contatto diretto può aiutare anche a "far sì che nei Seminari siano formate personalità mature ed equilibrate, capaci di stabilire solide relazioni umane e pastorali, teologicamente preparate, forti nella vita spirituale, amanti della Chiesa" (Pastores gregis, n. 48). Le sfide della vita ecclesiale esigono sempre più che il sacerdote sia in ogni senso un "uomo di comunione" (Pastores dabo vobis PDV 43), impegnato in una cooperazione effettiva con gli altri nel servizio della comunità ecclesiale.

L'adeguata formazione nella castità e nel celibato rimane una componente fondamentale della formazione in Seminario, unitamente alla presentazione di una comprensione solida e corretta della Chiesa e del sacerdozio, includendo una chiara e precisa identificazione delle posizioni che non sono compatibili con l'autorevole comprensione di sé della Chiesa, così come espressa dal Concilio e nei documenti del rinnovamento post-conciliare. È questa una responsabilità personale che compete a voi, come Pastori preoccupati per il futuro delle vostre Chiese locali, e che non può essere delegato. Poiché la formazione sacerdotale non si conclude con l'ordinazione, il vostro ministero di santificazione deve includere anche la sollecitudine per la vita spirituale successiva dei vostri sacerdoti e per l'efficacia del loro ministero. Ciò richiede una formazione personale permanente, volta ad approfondire e ad armonizzare gli aspetti umani, spirituali, intellettuali e pastorali della loro vita sacerdotale (cfr Direttorio sulla vita e il ministero dei presbiteri, n. 70). In tal modo, essi diventeranno sempre più pienamente "uomini della Chiesa", permeati di uno spirito veramente cattolico e di uno zelo missionario autentico.

Personalmente, sono convinto che la preghiera è la forza principale che ispira e forma le vocazioni sacerdotali. Come ho scritto nella mia Esortazione Apostolica Post-sinodale Pastores gregis, "le vocazioni hanno bisogno di una diffusa rete di intercessori presso il "Padrone della messe". Quanto più il problema della vocazione sarà affrontato nel contesto della preghiera, tanto più la preghiera aiuterà il prescelto ad ascoltare la voce di Colui che lo chiama" (n. 48).

6. Cari Fratelli, le nostre riflessioni, oggi, hanno messo in evidenza il nesso tra il munus sanctificandi e la spiritualità di comunione e di missione. Nell'esercizio quotidiano del vostro ministero episcopale, possiate voi essere costruttori di comunione nel dialogo personale e nell'incontro personale con i vostri sacerdoti, i diaconi, i religiosi e le religiose e i fedeli laici delle vostre Chiese locali! Questo è il cammino sicuro che consentirà loro di crescere in quella santità che è "sorgente segreta e misura infallibile della operosità apostolica e dello slancio missionario" della Chiesa (Christifideles laici CL 17).

Con gratitudine per lo straordinario dono e mistero che ci è stato affidato nel sacro ministero, esprimo la mia ferma solidarietà con voi e con i vostri fratelli nel sacerdozio. A voi e a tutti i fedeli affidati alle vostre cure pastorali imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica, come pegno di gioia e di pace nel Salvatore Risorto.


GP2 Discorsi 2004 87