GP2 Discorsi 2004 133


AL PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI D’AMERICA,


S.E. IL SIGNOR GEORGE WALKER BUSH


Venerdì, 4 giugno 2004




Signor Presidente,

1. Porgo un cordiale benvenuto a Lei e alla signora Bush, e ai distinti membri della delegazione che la accompagna. Estendo un saluto cordiale e affettuoso a tutto il popolo degli Stati Uniti che rappresenta. La ringrazio per aver voluto incontrami di nuovo, nonostante le difficoltà dovute ai suoi numerosi impegni durante questa visita in Europa e in Italia e alla mia partenza, domani mattina, per recarmi all'incontro con i giovani in Svizzera.

2. Visita l'Italia per commemorare il sessantesimo anniversario della liberazione di Roma e per rendere onore alla memoria dei numerosi soldati americani che hanno offerto la propria vita per il loro Paese e per la libertà dei popoli d'Europa. Mi unisco a Lei nel ricordare il sacrificio di quei valorosi e nel chiedere al Signore che gli errori del passato, che hanno causato tragedie terribili, non si ripetano. Oggi, anche io ripenso con grande emozione ai numerosi soldati polacchi che sono morti per la libertà dell'Europa.

I nostri pensieri sono oggi rivolti anche ai venti anni di relazioni diplomatiche formali fra la Santa Sede e gli Stati Uniti, instaurate nel 1984 con il Presidente Reagan. Queste relazioni hanno promosso una comprensione reciproca su grandi questioni di interesse comune e una cooperazione concreta in diversi settori. Invio i miei più cordiali saluti al Presidente Reagan e alla signora Reagan, che è tanto sollecita con lui nella malattia.

Desidero esprimere anche stima per tutti i rappresentanti degli Stati Uniti presso la Santa Sede e apprezzamento per la competenza, la sensibilità e il grande impegno con cui hanno promosso lo sviluppo delle nostre relazioni.

3. Signor Presidente, la sua visita a Roma si svolge in un momento di grande preoccupazione per la costante situazione di grave disordine in Medio Oriente, sia in Iraq sia in Terra Santa. Lei conosce perfettamente la posizione inequivocabile della Santa Sede a questo proposito, espressa in numerosi documenti, mediante contatti diretti e indiretti e le molte iniziative diplomatiche intraprese da quando mi ha reso visita, prima a Castelgandolfo il 23 luglio 2001, e poi presso il Palazzo Apostolico, il 28 maggio 2002.

4. È evidente il desiderio di ognuno che questa situazione si normalizzi il più velocemente possibile con la partecipazione attiva della comunità internazionale e, in particolare, dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, per garantire un rapido ritorno della sovranità dell'Iraq in condizioni di sicurezza per tutto il suo popolo. La recente nomina del Capo dello Stato in Iraq e la formazione di un governo iracheno ad Interim sono passi incoraggianti verso il conseguimento di questo obiettivo. Che una simile speranza di pace venga riaccesa anche in Terra Santa e conduca a nuovi negoziati fra il Governo di Israele e l'Autorità Palestinese, dettati da un impegno sincero e determinato al dialogo!

5. La minaccia del terrorismo internazionale resta una fonte di costante preoccupazione. Essa influenza gravemente le relazioni normali e pacifiche fra gli Stati e i popoli dalla data tragica dell'11 settembre 2001, che non ho esitato a definire "giorno buio nella storia dell'umanità". In queste ultime settimane sono accaduti e venuti alla luce altri eventi deplorevoli, che hanno turbato la coscienza civile e religiosa di tutti e reso ancor più difficile un impegno sereno e risoluto alla condivisione dei valori umani: in assenza di questo impegno non potranno mai essere superati né la guerra né il terrorismo. Che Dio conceda forza e successo a quanti non cessano di sperare e di operare per la comprensione fra i popoli, nel rispetto per la sicurezza e i diritti di tutte le nazioni, di ogni uomo e di ogni donna!

6. Al contempo, signor Presidente, colgo questa opportunità per riconoscere il grande impegno del suo Governo e delle numerose agenzie umanitarie della sua nazione, in particolare quelle di ispirazione cattolica, per il superamento delle sempre più intollerabili condizioni in vari Paesi africani, nei quali non si può più trascurare la sofferenza causata da conflitti fratricidi, da epidemie e da una povertà degradante.

134 Continuo anche a seguire con grande apprezzamento il suo impegno per la promozione dei valori morali nella società americana, in particolare a proposito del rispetto per la vita e per la famiglia.

7. Una comprensione più piena e profonda fra gli Stati Uniti d'America e l'Europa svolgerà sicuramente un ruolo positivo nella risoluzione dei gravi problemi che ho menzionato e di tutti i numerosi altri che l'umanità oggi deve affrontare. Che la sua visita, signor Presidente, dia un impulso nuovo ed efficace a questa cooperazione!

Signor Presidente, mentre svolge la sua missione di servizio alla sua nazione e alla pace nel mondo, La assicuro delle mie preghiere e invoco di tutto cuore le benedizioni di Dio di saggezza, forza e pace.

Che Dio doni pace e libertà a tutta l'umanità!

Durante l'incontro il Presidente George Walker Bush ha consegnato a Giovanni Paolo II la "Presidential Medal of Freedom". Parole pronunciate dal Santo Padre:

Le sono grato, signor Presidente, per questo gesto premuroso.

Che l'anelito alla libertà, alla pace e a un mondo più umano, che questa medaglia simboleggia, ispiri uomini e donne di buona volontà in ogni tempo e in ogni luogo.

Dio benedica l'America!

VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II A BERN

IN OCCASIONE DELL’INCONTRO NAZIONALE DEI GIOVANI CATTOLICI

DELLA SVIZZERA


DURANTE LA CERIMONIA DI BENVENUTO


ALL’AEROPORTO MILITARE DI PAYERNE


Sabato, 5 giugno 2004




Signor Presidente,
Venerati Fratelli,
135 Illustri Signori e Signore!

1. Per la terza volta la divina Provvidenza mi conduce in questo nobile Paese, la Svizzera, crocevia di idiomi e di culture, per incontrare un popolo custode di antiche tradizioni e aperto alla modernità.

Rivolgo il mio cordiale e deferente saluto al Signor Presidente della Confederazione Elvetica e lo ringrazio per le parole di benvenuto. Saluto le altre Autorità e sono loro grato per l’accoglienza, come pure per quanto hanno compiuto al fine di facilitare, anche questa volta, il mio soggiorno svizzero.

Fraternamente saluto il Presidente della Conferenza Episcopale, gli altri Vescovi presenti e, attraverso di loro, saluto le Comunità ecclesiali di ogni Cantone del vostro Paese. Il mio pensiero si volge anche con deferenza ai cristiani delle altre Confessioni e a tutte le persone di buona volontà operanti nel Paese.

2. Scopo di questo mio pellegrinaggio apostolico è di incontrare i giovani cattolici della Svizzera in occasione del loro raduno nazionale. Li incontrerò questa sera nella Bern Arena e sarà festa per loro ed anche per me.

E’ il dovere di annunciare il Vangelo di Cristo a spingermi sui sentieri del mondo, per riproporlo agli uomini e alle donne del terzo millennio, in particolare alle nuove generazioni. Cristo è il Redentore dell’uomo! Chi crede in Lui e lo segue diventa costruttore della civiltà dell’amore e della pace.

3. Cari abitanti della Svizzera, mi permetto di bussare idealmente al cuore di ognuno di voi, entrando nelle vostre case e nei vari luoghi dove vivete e svolgete le vostre quotidiane attività. A tutti vorrei riproporre il gioioso annuncio evangelico di Cristo salvatore, offrendo a ciascuno l’augurio della sua pace.

Con questi sentimenti imploro dal Signore l’abbondanza dei suoi doni sull’intero Paese. Dio benedica la Svizzera!

VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II A BERN

IN OCCASIONE DELL’INCONTRO NAZIONALE DEI GIOVANI CATTOLICI

DELLA SVIZZERA


DURANTE L'INCONTRO


CON I GIOVANI CATTOLICI DELLA SVIZZERA


Palazzo del Ghiaccio della Bea Bern Expo

Sabato, 5 giugno 2004




1. Steh auf! Lève-toi! Alzati! Sto se! (Lc 7,14).

136 Questa parola del Signore al giovane di Nain risuona oggi con forza nella nostra assemblea, e si dirige a voi, cari giovani amici, ragazze e ragazzi cattolici della Svizzera!

Il Papa è venuto da Roma per riascoltarla insieme con voi dalle labbra di Cristo e per farsene eco. Vi saluto tutti con affetto, carissimi amici, e vi ringrazio per la vostra calorosa accoglienza. Saluto pure i vostri Vescovi, i Sacerdoti, i Religiosi e gli animatori che vi sono accanto nel vostro cammino.

Un particolare saluto rivolgo con deferenza al Signor Presidente della Confederazione Elvetica Joseph Deiss; al Pastore Samuel Lutz, Presidente del Consiglio Sinodale delle Chiese Riformate di Berna-Jura-Soleure e ai vostri amici di altre Confessioni che hanno voluto partecipare a questo evento.

2. Il Vangelo di Luca narra di un incontro: da una parte c’è il mesto corteo che accompagna al cimitero il giovane figlio di una madre vedova; dall’altra il gruppo festoso dei discepoli che seguono Gesù e lo ascoltano. Anche oggi, giovani amici, ci si può trovare a far parte di quel triste corteo che avanza sulla strada del villaggio di Nain. Ciò avviene se vi lasciate andare alla disperazione, se i miraggi della società dei consumi vi seducono e vi distolgono dalla vera gioia per inghiottirvi in piaceri passeggeri, se l’indifferenza e la superficialità vi avvolgono, se di fronte al male e alla sofferenza dubitate della presenza di Dio e del suo amore per ogni persona, se ricercate nella deriva di un’affettività disordinata l’appagamento della sete interiore di amore vero e puro.

Proprio in tali momenti Cristo si accosta a ciascuno di voi e, come al ragazzo di Nain, rivolge la parola che scuote e risveglia: "Alzati!". "Accogli l’invito che ti rimette in piedi!".

Non si tratta di semplici parole: è Gesù stesso che sta di fronte a voi, il Verbo di Dio fatto carne. Egli è "la luce vera che illumina ogni uomo" (
Jn 1,9), la verità che ci fa liberi (cfr Jn 14,6), la vita che il Padre ci dona in abbondanza (cfr Jn 10,10). Il cristianesimo non è un semplice libro di cultura o un’ideologia, e neppure soltanto un sistema di valori o di principi, seppur elevati. Il cristianesimo è una persona, una presenza, un volto: Gesù, che dà senso e pienezza alla vita dell’uomo.

3. Ebbene, io dico a voi, cari giovani: Non abbiate paura di incontrare Gesù: cercatelo anzi nella lettura attenta e disponibile della Sacra Scrittura e nella preghiera personale e comunitaria; cercatelo nella partecipazione attiva all’Eucaristia; cercatelo incontrando un Sacerdote per il sacramento della Riconciliazione; cercatelo nella Chiesa, che si manifesta a voi nei gruppi parrocchiali, nei movimenti e nelle associazioni; cercatelo nel volto del fratello sofferente, bisognoso, straniero.

Questa ricerca caratterizza l’esistenza di tanti giovani vostri coetanei in cammino verso la Giornata Mondiale della Gioventù, che si celebrerà a Colonia nell’estate del prossimo anno. Fin d’ora invito cordialmente anche voi a questo grande appuntamento di fede e di testimonianza.

Anch’io, come voi, ho avuto vent’anni. Mi piaceva fare sport, sciare, recitare. Studiavo e lavoravo. Avevo desideri e preoccupazioni. In quegli anni ormai lontani, in tempi in cui la mia terra natale era ferita dalla guerra e poi dal regime totalitario, cercavo il senso da dare alla mia vita. L’ho trovato nella sequela del Signore Gesù.

4. La giovinezza è il momento in cui anche tu, caro ragazzo, cara ragazza, ti domandi che cosa fare della tua esistenza, come contribuire a rendere il mondo un po’ migliore, come promuovere la giustizia e costruire la pace.

Ecco il secondo invito che ti rivolgo: "Ascolta!". Non ti stancare di allenarti alla disciplina difficile dell’ascolto. Ascolta la voce del Signore che ti parla attraverso gli avvenimenti della vita quotidiana, attraverso le gioie e le sofferenze che l’accompagnano, le persone che ti stanno accanto, la voce della coscienza assetata di verità, di felicità, di bontà e di bellezza.

137 Se saprai aprire il cuore e la mente con disponibilità, scoprirai "la tua vocazione", quel progetto cioè che da sempre Iddio, nel suo amore, ha pensato per te.

5. E potrai costituire una famiglia, fondata sul matrimonio quale patto d’amore tra un uomo e una donna che si impegnano ad una comunione di vita stabile e fedele. Potrai affermare con la tua testimonianza personale che, pur tra tutte le difficoltà e gli ostacoli, è possibile vivere in pienezza il matrimonio cristiano come esperienza piena di senso e come "buona notizia" per tutte le famiglie.

Potrai essere, se questa è la tua chiamata, sacerdote, religioso o religiosa, donando con cuore indiviso la tua vita a Cristo, e alla Chiesa e divenendo così segno della presenza amorevole di Dio nel mondo di oggi. Potrai essere, come tanti prima di te, apostolo intrepido e instancabile, vigilante nella preghiera, lieto ed accogliente nel servizio della comunità.

Sì, anche tu potresti essere uno di questi! So bene che di fronte a una tale proposta ti senti esitante. Ma ti dico: non avere paura! Iddio non si lascia vincere in generosità! Dopo quasi sessant’anni di sacerdozio, sono contento di rendere qui, davanti a tutti voi, la mia testimonianza: è bello potersi spendere fino alla fine per la causa del Regno di Dio!

6. C’è ancora un terzo invito: giovane della Svizzera, "Mettiti in cammino!". Non ti accontentare di discutere; non aspettare per fare il bene le occasioni che forse non verranno mai. E’ giunto il tempo dell’azione!

Agli inizi di questo terzo millennio, anche voi, giovani, siete chiamati a proclamare il messaggio del Vangelo con la testimonianza della vita. La Chiesa ha bisogno delle vostre energie, del vostro entusiasmo, dei vostri ideali giovanili per far sì che il Vangelo permei il tessuto della società e susciti una civiltà di giustizia autentica e di amore senza discriminazioni. Ora più che mai, in un mondo spesso senza luce e senza il coraggio di nobili ideali, non è tempo di vergognarsi del Vangelo (cfr
Rm 1,16). E’ tempo piuttosto di predicarlo dai tetti (cfr Mt 10,27).

Il Papa, i vostri Vescovi, l’intera comunità cristiana contano sul vostro impegno, sulla vostra generosità e vi seguono con fiducia e speranza: giovani della Svizzera mettetevi in cammino! Il Signore cammina con voi.

Abbiate nelle mani la Croce di Cristo. Sulle labbra le parole della Vita. Nel cuore la grazia salvifica del Signore risorto!

Steh auf! Lève-toi! Alzati! Sto se! E’ Cristo che vi parla. Ascoltatelo!

VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II A BERN

IN OCCASIONE DELL’INCONTRO NAZIONALE DEI GIOVANI CATTOLICI

DELLA SVIZZERA


DURANTE L'INCONTRO


CON L'ASSOCIAZIONE DELLE EX GUARDIE SVIZZERE


Piazzale antistante la Residenza Viktoriaheim

Domenica, 6 giugno 2004




Carissimi!

138 1. A conclusione di questo pellegrinaggio apostolico in Svizzera, ho la gioia di incontrarmi con voi, componenti dell’Associazione delle ex-Guardie Svizzere, e con i vostri familiari. A ciascuno rivolgo il mio cordiale saluto. In questi oltre 25 anni di Pontificato ho avuto modo di conoscere molti di voi in Vaticano ed è un piacere rivedervi ora insieme con le vostre famiglie. Grazie per la vostra gradita presenza. Un ringraziamento particolare dirigo al Presidente della vostra Associazione, Signor Jacques Babey, per le cortesi parole che mi ha rivolto a vostro nome.

2. Il Successore di Pietro ha uno speciale debito di riconoscenza verso la comunità cattolica di questo Paese, perché da essa provengono le Guardie Svizzere, che da cinque secoli svolgono un compito peculiare nella tutela dell’ordine e della sicurezza in Vaticano, a Castel Gandolfo e là dove il Papa si reca per il Suo ministero. E’ detto nel Vangelo che la bontà dell’albero si riconosce dai suoi frutti (cfr
Mt 7,17-18). Ebbene, i giovani che da qui vengono a Roma per questo singolare servizio al Pontefice sono ragazzi che fanno onore alle loro famiglie e alle parrocchie della Svizzera.

3. Fanno onore anche a questa benemerita Associazione, che si preoccupa di tenere sempre vivo, qui in patria, l’interesse per questo servizio alla Chiesa, affinché il Corpo della Guardia Svizzera Pontificia possa beneficiare di un costante e valido ricambio. Vi ringrazio vivamente per quanto avete fatto e continuate a fare, e vi incoraggio a perseverare nel vostro impegno di testimonianza a Cristo e di fedeltà alla Chiesa in mezzo ad un mondo che cambia.

La Vergine Maria vegli sempre su di voi e sulle vostre famiglie. Di cuore tutti vi benedico.


AI PARTECIPANTI AL DODICESIMO INCONTRO


DEL CONSIGLIO POST-SINODALE


DELLA SEGRETERIA GENERALE DEL SINODO DEI VESCOVI


PER L'ASSEMBLEA SPECIALE PER L'AFRICA


Martedì, 15 giugno 2004




Venerati Fratelli nell’Episcopato!

1. Rivolgo a ciascuno di voi un saluto cordiale, in questo tempo benedetto che segue la solennità del Corpus Domini, mentre siete riuniti per il dodicesimo incontro del Consiglio post-sinodale della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi per l’Assemblea Speciale per l’Africa.

Questo Consiglio post-sinodale, eletto dai Padri sinodali alla fine dell’Assemblea Speciale per l’Africa ormai dieci anni or sono, ha incoraggiato a più riprese i Vescovi dell’Africa nello sforzo di dare attuazione pratica alle conclusioni del Sinodo, contenute nell’Esortazione apostolica post-sinodale Ecclesia in Africa. In effetti, riunendovi regolarmente, voi siete in grado di verificare le realizzazioni, i progetti e i progressi delle Chiese locali africane. Queste ultime sono tanto più lodevoli e degne di ammirazione quanto più le situazioni politiche e socio-economiche sono ancora per la maggior parte tragicamente sfavorevoli, anche se vi sono alcuni segni confortanti.

E’ per questo che, ancora una volta, vi rinnovo l’espressione della mia gratitudine per l’importante opera che compite al servizio della collegialità episcopale. Voi offrite, infatti, costantemente al Successore di Pietro illuminati consigli, fondati sulla vostra esperienza pastorale della situazione della Chiesa e della società civile nel Continente africano.

2. Avevo definito la Prima Assemblea Speciale come “il Sinodo della risurrezione e della speranza” (Ecclesia in Africa, 13) e così è stato veramente, poiché già s’intravedono qua e là i primi segni di questa nuova fioritura. Tuttavia, questo Continente non sembra purtroppo conoscere né tregua né pace durevoli. Ai conflitti internazionali si aggiungono i focolai endemici di lotta che seminano terrore e devastazione tra le popolazioni, desiderose soltanto di vivere in una serenità finalmente ritrovata.

A ciò si aggiungono gli altri flagelli che colpiscono l’Africa e gli africani: la povertà, derivante sia da una situazione economica compromessa come pure dalle difficili condizioni in cui si trovano i settori dell’educazione e della salute. A questo proposito, come non evocare il dramma sociale dell’AIDS; l’insicurezza dovuta ai conflitti in corso o latenti e, infine, la corruzione presente ancora a troppi livelli della società civile? In tal modo si chiude il circolo vizioso che fa andare in cancrena questo giovane corpo pieno di vigore.

139 Per spezzare queste nuove catene è necessario lo sforzo congiunto di tutte le forze vive della società, in particolare di quelle della Chiesa, che già sono all’opera e intervengono a ogni livello con abnegazione e dedizione. La Chiesa universale, fedele al suo ruolo profetico verso l’Africa, ha, dal canto suo, già ricordato ai grandi del mondo cinque priorità per restituire agli africani quanto è stato loro sottratto, spesso con la violenza: il rispetto della vita e delle diversità religiose, lo sradicamento della povertà, la fine del traffico delle armi, la soluzione dei conflitti e l’azione in vista d’uno sviluppo motivato dalla solidarietà.

3. Certo, la nostra speranza è forte poiché si radica in Cristo e da lui riceve vigore e ispirazione. L’Assemblea Speciale per l’Africa aveva sottolineato la dimensione familiare della Chiesa, insistendo sulla nozione di Chiesa-famiglia di Dio, e nell’Esortazione apostolica post-sinodale Ecclesia in Africa avevo accolto questa bella espressione così significativa della paternità divina. In questo quadro ‘familiare’, mi sembra importante richiamare la necessità di un’autentica riconciliazione fraterna, dopo le ferite provocate dai conflitti che ancora avvelenano i rapporti interpersonali, inter-etnici e internazionali nelle diverse regioni dell’Africa.

Non sarebbe giunto il momento, come sollecitano numerosi Pastori d’Africa, di approfondire questa esperienza sinodale africana? L’eccezionale crescita della Chiesa in Africa, il rapido ricambio dei Pastori, le nuove sfide che il Continente deve affrontare esigono risposte che solo la prosecuzione dello sforzo richiesto dalla messa in opera dell’Ecclesia in Africa potrebbe offrire, ridando così rinnovato vigore e rafforzata speranza a questo Continente in difficoltà.

In segno di comunione collegiale e di gratitudine per la vostra instancabile disponibilità ed inestimabile servizio, imparto a voi, in qualità di membri del Consiglio post-sinodale della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi per l’Assemblea Speciale per l’Africa, la mia affettuosa Benedizione.

MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


AI PARTECIPANTI AL 95° KATHOLIKENTAG TEDESCO




Al mio venerato Fratello, Mons. Gebhard Fürst Vescovo di Rottenburg-Stuttgart
Venerato Confratello nell'Episcopato!
Cari Fratelli e care Sorelle in Cristo!

1. "Vivere con la forza di Dio" con questo motto, molti cristiani cattolici e innumerevoli ospiti di altre confessioni e del mondo politico e sociale si sono riuniti a Ulm, in occasione del 95º Katholikentag tedesco. Da Roma saluto quanti hanno partecipato alla manifestazione di apertura sulla piazza antistante il Duomo di Ulm. Il Duomo, con la sua alta torre, è come un dito proteso verso il cielo, che ci indica Dio, Creatore di tutta la vita. È la fonte della nostra speranza e della nostra forza. È la gioia del Signore la nostra forza (cfr Ne 8,10). Saluto anche tutti coloro che seguono questa manifestazione attraverso la radio e la televisione. La pace del Signore Gesù Cristo, crocifisso e risorto, che resta sempre vicino alla sua Chiesa, sia con voi! Rivolgo un saluto particolare al Vescovo della Diocesi di Rottenburg-Stuttgart e al Comitato centrale dei cattolici tedeschi che insieme organizzano questa manifestazione. Inoltre, saluto i Vescovi della Germania, di tutti gli altri Paesi europei e di tutto il mondo, la cui presenza sottolinea la comunione dei cattolici vissuta nelle Diocesi della Germania con i fratelli e le sorelle di stessa confessione nella grande Chiesa universale.

2. "Vivere con la forza di Dio". A questo motto, tratto dalla Seconda Lettera ai Corinzi, è orientato il programma del "Katholikentag" di Ulm. Il motto incita a rendere vivi, per mezzo della forza di Dio, tutte le celebrazioni liturgiche, i colloqui e le preghiere. Vi esorto a trascorrere questi giorni insieme con occhi e cuore aperti, cosicché diveniate di nuovo consapevoli di come in voi agisce con vigore la forza di Dio, che attraverso la vostra testimonianza di fede può essere vissuta anche nella società.

Nel corso delle manifestazioni di questo grande incontro di cattolici, al quale partecipano anche molti altri cristiani, siate esortati, in quanto cristiani credenti, a levare coraggiosamente la vostra voce quando vengono messi in discussione i fondamenti della fede cristiana e della convivenza umana, quando vengono accantonati gli alti valori del matrimonio e della famiglia cristiani e quando è in gioco l'unicità della vita, quale dono di Dio! Spronatevi reciprocamente a un nuovo impegno per i poveri e gli emarginati, per la pace e la giustizia su tutta la terra! Siate per tutti testimoni della speranza che è in voi (cfr 1P 3,15).

3. Il luogo del vostro incontro, la città di Ulm, sorge lungo le sponde del Danubio, il grande fiume che collega l'Est e l'Ovest dell'Europa. Negli ultimi decenni è divenuta sempre più forte nel continente la consapevolezza di una identità europea e del senso di appartenenza dei popoli europei. Proprio alcune settimane fa, altri dieci Stati, fra i quali otto dell'Europa centrale ed orientale, sono entrati a far parte dell'Unione Europea. Questo allargamento può diventare un grande guadagno per la comunità. L'Europa non è un'unione mera e casuale di Stati legati l'uno all'altro geograficamente. L'Europa, nonostante la sua molteplicità culturale, deve divenire sempre più, sulla base dei valori umani e cristiani, un'unità spirituale, che ispiri le azioni degli uomini.

140 Utilizziamo dunque le possibilità che l'Europa unita ci offre per una diffusione migliore del Vangelo di Cristo, cosicché nessuno resti privo dell'eccezionale dono salvifico di Dio! I cristiani si sono adoperati per l'unità europea e continuano a impegnarsi a questo scopo. L'Europa ha bisogno anche oggi del contributo dei cristiani e del cristianesimo per un buon sviluppo dei suoi popoli. Come ho affermato nella mia Esortazione post-sinodale Ecclesia in Europa, questo continente ha bisogno "di un salto qualitativo nella presa di coscienza della sua eredità spirituale. Tale spinta non le può venire che da un rinnovato ascolto del Vangelo di Cristo" (n. 120). Chi vive con la forza di Dio e con essa intende edificare la società, deve porsi questo compito in ogni luogo e in ogni tempo.

4. Cari Fratelli e care Sorelle! In questi giorni, fatevi mobilitare dalla dinamicità di Dio, che illumina e libera! Ponete tutte le sofferenze umane, la vostra mancanza di forze e la vostra limitatezza nella grandezza di Dio, il cui amore è più grande del nostro cuore. Egli desidera farci partecipare alla sua vita divina e donarci l'amore e la forza di cui abbiamo bisogno per porci al servizio del nostro prossimo e per rendere testimonianza della nostra fede comune nel tempo e nella società. Affinché possiate vivere con la forza di Dio, affido voi tutti, che siete riuniti a Ulm in occasione del "Katholikentag", alla intercessione della Santissima Vergine e Madre di Dio Maria e a san Bonifacio, del quale la Chiesa ricorda in questi giorni il martirio, avvenuto 1250 anni fa, e imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo 2004

GIOVANNI PAOLO II





AI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DELLA COLOMBIA


IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM"


Giovedì, 17 giugno 2004

Cari Fratelli nell'Episcopato,


1. Sono lieto di salutarvi cordialmente, Vescovi delle Province Ecclesiastiche di Medellín, Barranquilla, Cali, Cartagena, Manizales, Popayán e Santa Fé di Antioquia che formate il primo gruppo in visita ad Limina dall'amata Colombia. Dal pellegrinaggio sulle tombe dei santi Apostoli Pietro e Paolo e dagli incontri con il Vescovo di Roma e con i suoi collaboratori, riceverete un nuovo dinamismo per continuare la vostra missione episcopale, consapevoli che Cristo è presente nella sua Chiesa (cfr Mt 28,20) e che la guida con la forza del suo Spirito, affinché sia nel mondo il segno della salvezza. Che Lui, Maestro dei Pastori, vi colmi di speranza e vi porti ad essere i suoi testimoni nella vostra vita (cfr 1P 3,15), edificando così tutti i fedeli affidati alla vostra sollecitudine pastorale.

Ringrazio Monsignor Giraldo Jaramillo, Arcivescovo di Medellín, per le sue amabili parole con le quali ha rinnovato la adesione di ciascuno di voi e delle comunità ecclesiali che presiedete in nome del Signore e ha presentato, al contempo, gli orientamenti pastorali che guidano il vostro ministero affinché gli uomini e le donne camminino verso la comunione intima con Dio, Uno e Trino e vivano nella pace come membri di una grande famiglia unita.

2. La vostra presenza rinnova in me la vicinanza e l'affetto che sento per il vostro Paese. Ricordo la visita che ho realizzato nel 1986, il cui motto era: "Con la pace di Cristo, sui sentieri della Colombia". Sono stati giorni molto operosi che hanno lasciato un segno profondo e nei quali ho avuto modo di vedere direttamente i volti colmi di speranza dei colombiani, di apprezzare l'azione che la Chiesa conduce con tanto entusiasmo, di rivolgere a tutti una parola di conforto e di ricordare loro l'ineffabile amore di Dio per ciascuno di noi.

La Chiesa in questa Nazione ha prodotto frutti di santità. Durante questi ultimi anni ho avuto il piacere di elevare agli onori degli altari due nuovi Beati, originari delle vostre zone: il generoso sacerdote Mariano Euse, nel 2000, e, più recentemente, Madre Laura Montoya, venerata come madre degli indigeni. Ancor prima, un gruppo di giovani studenti colombiani dell'Ordine Ospedaliero, avendo ottenuto la palma del martirio, sono stati beatificati nel 1992. Questi esempii di santità sono perle preziose che ornano la storia del vostro Paese, del cui patrimonio spirituale fa parte la fede cristiana.

3. State effettuando la visita ad Limina dopo la celebrazione del Grande Giubileo del 2000, che, come ho affermato, è stata "un fiume d'acqua viva che scaturisce dal trono di Dio e dell'Agnello (cfr Ap 22,1), che si è riversato sulla Chiesa" (Novo Millennio ineunte NM 1). Venite, dunque, a Roma con il bagaglio di un fiume di grazia che ha dato vigore alle vostre Chiese particolari. È per questo che vi è ragione di speranza dinanzi al futuro, lavorando al servizio del Regno di Dio, animati dalla parola di Gesù Cristo: "Duc in altum" (Lc 5,4).

Con queste parole di Gesù che ho proposto come motto per il terzo millennio cristiano, desidero esortarvi ad andare avanti, senza perdervi d'animo con piena fiducia nel Signore, negli impegni dell'evangelizzazione, missione primordiale della Chiesa. È, infatti, questo il primo compito che Gesù ha affidato ai suoi Apostoli prima di ascendere al cielo per sedersi alla destra del Padre, come abbiamo celebrato liturgicamente poc'anzi. In quell'occasione Gesù disse loro: "Andate in tutto il mondo" (Mc 16,15), assicurando al contempo la sua presenza vicina e misteriosa.

141 4. La Chiesa, fedele al mandato di Gesù, continua a fare dell'evangelizzazione la sua azione principale. Questa comprende molti aspetti, tutti importanti, sebbene le circostanze concrete, suggeriscano, a secondo del tempo e del luogo, di porsi delle priorità, senza tralasciarne nessuno.

Nel caso particolare del vostro Paese, dove da anni si vive un conflitto interno che causa tante vittime innocenti, tanto dolore alle famiglie e alla società, che genera povertà, insicurezza e che limita le potenzialità di sviluppo integrale, siete consapevoli che nelle scelte pastorali occorre dare priorità alla pace e alla riconciliazione, contribuendo, in tal modo, a edificare la società sui saldi principii cristiani della verità, della giustizia, dell'amore e della libertà e promuovendo, inoltre, il perdono che nasce dal sincero desiderio di riconciliazione con Dio e con i fratelli.

Due anni fa, in occasione del Centenario della Consacrazione della Colombia al Sacro Cuore di Gesù, pratica caritativa che in questi giorni si è rinnovata in tante comunità del vostro Paese, vi ho scritto: "La società che ascolta e segue il messaggio di Cristo procede verso l'autentica pace, rifiuta qualsiasi forma di violenza e genera nuove forme di convivenza lungo il cammino sicuro e fermo della giustizia, della riconciliazione e del perdono, promuovendo vincoli di unità, fraternità e rispetto di ogni persona" (n. 4).

Non esitate mai a dedicare tutto lo zelo e l'impegno pastorale a promuovere la riconciliazione, che deriva dall'evangelizzazione, con l'intima convinzione che illuminerà l'azione dei laici cristiani e che potrà essere un rimedio efficace e permanente agli ardui e gravi mali che attualmente affliggono molti cittadini della vostra Nazione, a causa del conflitto civile interno, che ha causato tante morti, anche tra i servitori del Vangelo. Tra loro desidero ricordare Monsignor Isaías Duarte, Arcivescovo di Cali, come pure i sacerdoti e i religiosi assassinati negli ultimi anni. Questa triste situazione ha portato tanti colombiani a vivere nella povertà e rischia di fomentare una cultura della morte e della violenza anziché una cultura della vita e della solidarietà, propria delle vostre radici cattoliche.

5. Un altro campo d'azione pastorale che merita particolare attenzione riguarda la promozione e la difesa dell'istituzione familiare, oggi tanto attaccata da diversi fronti attraverso molteplici e sottili argomentazioni. Osserviamo una corrente, molto diffusa in alcuni luoghi, che tende a indebolire la sua vera natura.

Conosco il vostro impegno nel difendere e nel promuovere questa istituzione, che ha la sua origine in Dio e nel suo disegno salvifico (cfr Familiaris consortio
FC 49). Per tale motivo, è necessario continuare a proclamare con fermezza, come un autentico servizio alla società, la verità sul matrimonio e sulla famiglia istituita da Dio. Tralasciare questo impegno sarebbe una grave omissione pastorale che indurrebbe all'errore i credenti, come anche coloro che hanno l'ardua responsabilità di prendere le decisioni sul bene comune della Nazione. Questa verità non è valida solo per i cattolici, ma lo è anche per tutti gli uomini e le donne, senza distinzione, poiché il matrimonio e la famiglia costituiscono il bene insostituibile della società, la quale non può rimanere indifferente dinanzi al degrado o alla perdita della sua identità.

A questo riguardo, la pastorale familiare, svolta soprattutto da coppie che appartengono a movimenti o ad associazioni di spiritualità matrimoniale, e che sono d'esempio nell'educazione dei loro figli, deve guidare le coppie giovani e le famiglie in difficoltà, nonché coloro che si preparano a sposarsi a scoprire i valori del matrimonio cristiano e a essere fedeli all'impegno assunto nel ricevere il Sacramento. Al contempo, è altrettanto importante insegnare loro che, nel concepire i figli, devono seguire il criterio di una paternità responsabile, e seguirli, inoltre, nella formazione umana e religiosa appresa nella propria casa in un clima di serena convivenza e di tenerezza, come espressione dell'amore di Dio verso ciascuno dei suoi figli.

6. Un segno di speranza per la Chiesa in Colombia è il rifiorire delle vocazioni che contraddistingue le vostre comunità ecclesiali ed è espressione della sua vitalità. La regione da dove provenite è ricca di vocazioni sacerdotali e religiose, essendo i vostri seminari una speciale benedizione per la Chiesa, poiché i sacerdoti che ne escono, non solo servono nelle vostre Chiese particolari ma, alcuni di loro non esitano ad andare a collaborare in altre zone più bisognose.

Vi esorto, dunque, a continuare questo cammino, senza tralasciare in futuro un'assidua pastorale vocazionale, consapevoli del ruolo fondamentale di ciascuna comunità ecclesiale in questo impegno, basato innanzitutto su un'incessante preghiera al Signore della messe affinché mandi operai nella sua vigna e, inoltre, sull'educazione dei bambini e dei giovani per affrontare le sfide della vita cristiana, mettendoli anche nelle condizioni di ascoltare la chiamata divina a seguire Cristo nel cammino della vita sacerdotale o consacrata mediante i consigli evangelici.

7. Cari Fratelli, con queste riflessioni desidero esortarvi nel vostro servizio alla Chiesa di Dio che pellegrina in Colombia. Facendo ritorno nelle vostre Diocesi, spronate i sacerdoti, i consacrati e i fedeli a vivere la loro fede in Cristo. Portate il mio saluto ai giovani, chiamati a essere le "sentinelle dell'aurora" di questo nuovo millennio, speranza della Chiesa e della Nazione. In modo particolare ho presente i giovani colombiani che nei Seminari e nelle Case di formazione si preparano al sacerdozio o alla vita religiosa, le famiglie, scuole di ricca umanità e di virtù cristiane, e in modo molto speciale coloro che soffrono per il sequestro di alcuni dei suoi membri, i poveri e i bisognosi, che devono essere sempre oggetto delle vostre preoccupazioni e attenzioni, i professionisti nelle diverse sfere dell'attività umana, affinché, in questi momenti tanto particolari della vostra storia siano i costruttori di una società rinnovata, i malati e gli anziani.

Che su di voi e sulle vostre comunità cristiane discendano le benedizioni del Signore, per intercessione della Vergine di Chiquinquirà, Madre di tutti i colombiani, le cui mani sostengono il Rosario, "preghiera per la pace... vincolo di comunione e di fraternità che ci unisce in Cristo". Come conferma di questi auspici, vi accompagni la Benedizione Apostolica che vi imparto di cuore e che estendo alle vostre Diocesi.


GP2 Discorsi 2004 133