GP2 Discorsi 2004 149

DISCORSI DI GIOVANNI PAOLO II


AD ALCUNI MEMBRI


DELLE "BRUDERHOF COMMUNITIES"


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Sabato, 26 giugno 2004




Cari amici,

sono lieto di accogliere in Vaticano i rappresentanti del movimento internazionale delle Bruderhof Communities. Condividete una tradizione nella quale la chiamata di Cristo alla sequela trova espressione nella vita comune nello Spirito e nella testimonianza quotidiana del precetto evangelico dell'amore. I cristiani devono sempre ascoltare nuovamente le esortazioni radicali alla santità che è il centro del messaggio del nostro Salvatore. La vostra testimonianza di quel messaggio si riflette in particolare nel rispetto che nutrite per il Creato e nel vostro profondo impegno nella difesa di tutta la vita umana.

Vi saluto con affetto nel Signore e prego affinché i crescenti contatti con la Chiesa cattolica che state promuovendo rechino frutti quali maggiore comprensione reciproca, rispetto e cooperazione. Che Dio, nostro Padre misericordioso, riversi su di voi e sulle vostre comunità, abbondanti benedizioni di sapienza, gioia e pace.




ALLE LORO ALTEZZE REALI


DON FELIPE E DONNA LETIZIA DE BORBÓN


PRINCIPI DI ASTURIAS


Lunedì, 28 giugno 2004


Altezze,

sono grato di ricevervi in questa udienza, poco tempo dopo la celebrazione del Sacramento del Matrimonio, e vi ringrazio per la deferenza di avermi voluto rendere visita, agli inizi della vostra vita coniugale. La nascita di una nuova famiglia è sempre un grande evento. Lo è per gli sposi, il cui amore reciproco si arricchisce e si consolida con la grazia divina. Lo è anche per le rispettive famiglie e per la società, poiché una convivenza fedele che non finisce, porta con sé nuove speranze e nuove promesse di vita.

Rinnovo, dunque, gli auspici che vi ho già inviato per il giorno del matrimonio, e chiedo a Dio che vi aiuti in questo nuovo stato di vita, affinché formiate una famiglia felice, la quale, per il rilievo che essa ha nella società spagnola, sia anche punto di riferimento esemplare per tante famiglie di questa cara Nazione.

Vi prego di trasmettere il mio saluto alle Loro Maestà, come pure a tutti gli spagnoli che in questa occasione vi hanno espresso calorose dimostrazioni di affetto. Rinnovo il mio saluto e i miei migliori auspici, mentre vi benedico di cuore.


A SUA SANTITÀ BARTOLOMEO I,


PATRIARCA ECUMENICO DI COSTANTINOPOLI


Martedì, 29 giugno 2004




Santità,
151 Venerati e amati fratelli del Patriarcato ecumenico!

1. Benvenuti nel nome del Signore! A Lui il nostro ringraziamento, perché ci dona oggi di incontrarci, nella Festa dei Santi Pietro e Paolo, venerati anche dalla Liturgia ortodossa come Protóthronoi, coloro cioè che siedono sui primi troni.

Rendiamo, inoltre, grazie a Dio commemorando assieme il benedetto incontro che ebbe luogo quarant’anni fa tra il mio venerato Predecessore, il Papa Paolo VI, e il venerato Patriarca Atenagora I. Esso avvenne a Gerusalemme, dove Gesù fu innalzato sulla croce per redimere l’umanità e raccoglierla nell’unità. Quanto provvidenziale è stato per la vita della Chiesa quell’incontro, coraggioso e gioioso nello stesso tempo! Spinti dalla fiducia e dall’amore verso Dio, i nostri illuminati Predecessori hanno saputo superare pregiudizi e incomprensioni secolari, ed hanno offerto un esempio mirabile di pastori e guide del Popolo di Dio. Nel riscoprirsi fratelli, hanno avvertito un sentimento di profonda letizia, che li ha spinti a riprendere con fiducia i rapporti tra la Chiesa di Roma e la Chiesa di Costantinopoli. Iddio li ricompensi nel suo Regno!

2. Santità, con grande affetto La accolgo, veramente lieto di poterLa ospitare in questa casa in cui viva è la memoria dei Santi Apostoli. Insieme a Lei, saluto coloro che La accompagnano e, in particolare, i Metropoliti e la Delegazione del Patriarcato; saluto pure il Gruppo di fedeli dell’Arcidiocesi greco-ortodossa d’America, e il Gruppo di professori e studenti dell’Istituto di Teologia ortodossa di Studi Superiori di Chambésy, guidati dal Vescovo Makarios. Tutti ringrazio per la cordiale presenza.

In questi quarant’anni le nostre Chiese, nelle loro relazioni, hanno vissuto occasioni importanti di contatto, che hanno favorito lo spirito della reciproca riconciliazione. Non possiamo dimenticare, ad esempio, lo scambio di visite fra il Papa Paolo VI e il Patriarca Atenagora I nel 1967. Conservo, poi, viva memoria della mia visita al Fanar nel 1979 e dell’annuncio, con il Patriarca Dimitrios I, dell’inizio del dialogo teologico. Ricordo, inoltre, la visita a Roma del Patriarca Dimitrios I, nel 1987, e quella di Vostra Santità, nel 1995, a cui hanno fatto seguito altre significative occasioni di incontro. Sono tanti segni del comune impegno di continuare a percorrere la strada intrapresa, perché si realizzi quanto prima la volontà di Cristo: ut unum sint!

3. Lungo questo cammino hanno certo pesato i ricordi di dolorose vicende della storia passata. In particolare, in questa circostanza, non possiamo dimenticare ciò che accadde nel mese di aprile dell’anno 1204. Un esercito partito per recuperare la Terra Santa alla cristianità si diresse verso Costantinopoli per prenderla e saccheggiarla, versando il sangue di fratelli nella fede. Come non condividere, a distanza di otto secoli, anche noi lo sdegno e il dolore che, alla notizia di quanto era successo, manifestò subito il Papa Innocenzo III? Dopo tanto tempo possiamo analizzare gli avvenimenti di allora con maggiore oggettività, pur nella consapevolezza di quanto difficile sia indagare la piena verità storica.

Ci soccorre, in proposito, l’ammonimento dell’apostolo Paolo: "Non vogliate perciò giudicare nulla prima del tempo, finché venga il Signore. Egli metterà in luce i segreti delle tenebre e manifesterà le intenzioni dei cuori" (
1Co 4,5). Preghiamo, dunque, insieme affinché il Signore della storia purifichi la nostra memoria da ogni pregiudizio e risentimento, e ci conceda di procedere liberamente sulla strada dell’unità.

4. A questo ci invita anche l’esempio lasciato dal Patriarca Atenagora I e dal Papa Paolo VI, che oggi commemoriamo. Il ricordo di quell’incontro favorisca un balzo in avanti nel dialogo e nel rinsaldamento delle mutue relazioni fraterne. Il dialogo teologico, attraverso la "Commissione mista", rimane, a tal fine, uno strumento importante. Per questo auspico che sia quanto prima riattivato. Sono convinto, infatti, di tale urgenza ed è volontà mia e dei miei collaboratori di avvalerci di ogni mezzo per alimentare lo spirito di reciproca accoglienza e comprensione, nella fedeltà al Vangelo e alla comune Tradizione apostolica. Ci spinge su questa strada il comandamento antico e sempre nuovo dell’amore, che l’apostolo Paolo echeggiava nelle note parole: "Amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda" (Rm 12,10).

5. Affido questi propositi di riconciliazione e di piena comunione ai Santi Apostoli che oggi ricordiamo. Li invochiamo con fiducia, perché la loro celeste intercessione ci rafforzi nella fede e ci renda perseveranti nel cercare di realizzare quanto prima la volontà di Cristo. Ci ottenga questo dono Maria, la Madre di Colui che ci chiama tutti alla piena unità nel suo amore.

Con tali sentimenti rinnovo a Lei, Santità, e a voi tutti, miei graditi ospiti, il più cordiale benvenuto.



Luglio 2004


DICHIARAZIONE COMUNE


DEL PAPA GIOVANNI PAOLO II


E DEL PATRIARCA ECUMENICO BARTOLOMEO I






"Vigilate, state saldi nella fede, comportatevi da uomini, siate forti. Tutto si faccia tra voi nella carità" (1Co 16,13-14).

152 1. Nello spirito di fede in Cristo e di carità reciproca che ci unisce, ringraziamo Dio per il dono di questo nostro nuovo incontro, che si svolge nella festa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, testimoniando la ferma volontà di continuare il cammino verso la piena comunione tra noi in Cristo.

2. Molti sono stati i passi positivi che hanno segnato questo cammino in comune, soprattutto a iniziare dallo storico evento che oggi ricordiamo: l’abbraccio tra il Papa Paolo VI e il Patriarca Atenagora I a Gerusalemme, sul Monte degli Ulivi, il 5 e 6 gennaio del 1964. Oggi, Noi, loro Successori, ci ritroviamo insieme per commemorare degnamente davanti a Dio, nella fedeltà al ricordo e alle intenzioni originarie, quell’incontro benedetto, ormai parte della storia della Chiesa.

3. L'abbraccio dei nostri rispettivi Predecessori di venerata memoria a Gerusalemme esprimeva visibilmente una speranza presente nel cuore di tutti, come riferiva il Comunicato: "Con gli occhi rivolti a Cristo, archetipo e autore, con il Padre, dell'unità e della pace, essi pregano Dio che questo incontro sia il segno ed il preludio delle cose a venire per la gloria di Dio e l'illuminazione del suo popolo fedele. Dopo tanti secoli di silenzio, ora si sono incontrati nel desiderio di realizzare la volontà del Signore e di proclamare l'antica verità del suo Vangelo affidato alla Chiesa"1.

4. Unità e Pace! La speranza accesa da quello storico incontro ha illuminato il cammino di questi ultimi decenni. Consapevoli che il mondo cristiano da secoli soffre il dramma della separazione, i nostri Predecessori e noi stessi abbiamo con perseveranza continuato il "dialogo della carità", con lo sguardo rivolto a quel giorno luminoso e benedetto in cui sarà possibile comunicare allo stesso calice del santo Corpo e del prezioso Sangue del Signore2. I molti eventi ecclesiali, che hanno scandito questi ultimi quarant'anni, hanno dato fondamento e consistenza all’impegno della carità fraterna: una carità che, traendo lezioni dal passato, sia pronta a perdonare, incline a credere più volentieri al bene che al male, intenta prima di tutto a conformarsi al Divino Redentore, e a lasciarsi attirare e trasformare da Lui3.

5. Ringraziamo il Signore per i gesti esemplari di reciproca carità, di partecipazione e di condivisione, che ci ha dato di compiere, tra i quali è doveroso ricordare la visita del Papa al Patriarca Ecumenico Dimitrios nel 1979, quando, alla sede del Fanar, fu annunciata la creazione della "Commissione Mista Internazionale per il Dialogo Teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa nel suo insieme", ulteriore passo per affiancare al "dialogo della carità" il "dialogo della verità"; la visita del Patriarca Dimitrios a Roma nel 1987; il nostro incontro a Roma, nella festa dei Santi Pietro e Paolo nel 1995, quando pregammo in San Pietro, pur separandoci dolorosamente durante la celebrazione della Liturgia Eucaristica, poiché non ci è ancora possibile bere allo stesso calice del Signore. Poi, più recentemente, l'incontro di Assisi per la "Giornata di Preghiera per la Pace nel mondo" e la Dichiarazione comune per la salvaguardia del creato, sottoscritta nel 2002.

6. Nonostante la nostra ferma volontà di proseguire nel cammino verso la piena comunione, sarebbe stato irrealistico non attendersi ostacoli di varia natura: dottrinali anzitutto, ma anche derivanti da condizionamenti di una storia difficile. Inoltre nuovi problemi sorti da profondi mutamenti avvenuti nella compagine politico-sociale europea non sono rimasti senza conseguenze nei rapporti tra le Chiese cristiane. Con il ritorno alla libertà dei cristiani in Europa centrale e orientale si sono risvegliati anche antichi timori, rendendo difficile il dialogo. L'esortazione di S. Paolo ai Corinzi: tutto si faccia tra voi nella carità, tuttavia, deve sempre risuonare dentro di noi e fra noi.

7. La "Commissione Mista Internazionale per il Dialogo Teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa nel suo insieme", avviata con tanta speranza, ha segnato, negli ultimi anni, il passo. Essa può restare tuttavia strumento idoneo per studiare i problemi ecclesiologici e storici, che sono alla base delle nostre difficoltà, ed individuare ipotesi di soluzione. E’ nostro dovere continuare nel deciso impegno di riattivarne i lavori al più presto. Nel prendere atto delle reciproche iniziative in questo senso delle sedi di Roma e di Costantinopoli, ci rivolgiamo al Signore affinché sostenga la nostra volontà e convinca tutti di quanto sia indispensabile proseguire il "dialogo della verità".

8. Il nostro odierno incontro a Roma ci permette anche di affrontare fraternamente alcuni problemi e malintesi che sono recentemente sorti. La lunga pratica del "dialogo della carità" ci viene in soccorso proprio in queste circostanze, perché le difficoltà possano essere affrontate con serenità e non rallentino od oscurino il cammino intrapreso verso la piena comunione in Cristo.

9. Davanti ad un mondo che soffre ogni genere di divisioni e di squilibri, l’odierno incontro vuole richiamare in modo concreto e con forza l’importanza che i cristiani e le Chiese vivano tra loro in pace ed in armonia, per testimoniare concordemente il messaggio del Vangelo in modo più credibile e convincente.

10. Nel particolare contesto dell'Europa, in cammino verso forme più alte di integrazione e di allargamento verso l’Est del Continente, rendiamo grazie al Signore per questo positivo sviluppo ed esprimiamo la speranza che in questa nuova situazione cresca la collaborazione tra Cattolici e Ortodossi. Tante sono le sfide da affrontare insieme per contribuire al bene della società: guarire con l'amore la piaga del terrorismo, infondere una speranza di pace, contribuire a sanare tanti conflitti dolorosi; restituire al Continente europeo la consapevolezza delle sue radici cristiane; costruire un vero dialogo con l'Islam, poiché dall'indifferenza e dalla reciproca ignoranza può nascere soltanto diffidenza e persino odio; alimentare la consapevolezza della sacralità della vita umana; operare affinché la scienza non neghi la scintilla divina che ogni uomo riceve con il dono della vita; collaborare affinché questa nostra terra non sia sfigurata e il creato possa preservare la bellezza che Dio gli ha donato; ma, soprattutto, annunciare con rinnovato vigore il Messaggio evangelico, mostrando all’uomo contemporaneo quanto il Vangelo lo aiuti a ritrovare se stesso ed a costruire un mondo più umano.

11. Preghiamo il Signore che Egli dia pace alla Chiesa e al mondo e che vivifichi con la sapienza del suo Spirito il nostro cammino verso la piena comunione, "ut unum in Cristo simus".

153 Dal Vaticano, 29 Giugno 2004



1 Comunicato comune di Papa Paolo VI e del Patriarca Athénagoras I, Tomos Agapis - Vaticano - Fanar, 1971, n. 50, p. 120.

2 Cfr Allocuzione del Patriarca Athénagoras a Papa Paolo VI, (5 gennaio 1964), ibid., n. 48, p. 109.

3 Cfr Allocuzione di Papa Paolo VI al Patriarca Athénagoras, (6 gennaio 1964), ibid., n. 49, p. 117.



PAROLE DI CONGEDO DI GIOVANNI PAOLO II


AL PATRIARCA DI COSTANTINOPOLI BARTOLOMEO I


Giovedì, 1 luglio 2004




Santità!

Mentre volge al termine questa Sua gradita visita a Roma, in occasione della solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, desidero rinnovarLe l’espressione della mia più cordiale riconoscenza. Per tre giorni, accompagnato da un Seguito assai qualificato, composto, tra l’altro, da alcuni eminenti Metropoliti, che ancora saluto, Ella ha lasciato la Sede Patriarcale del Fanar, per stare vicino al Successore di Pietro. Insieme rendiamo grazie a Dio, perché in tal modo ci ha permesso di mostrare ai fedeli un segno vivo di fraternità e di confermare il proposito di progredire con decisione verso la meta della piena unità tra Cattolici e Ortodossi. C’è grande bisogno di questi segni di comunione, come pure di parole che li accompagnino e li spieghino, quali intendono essere quelle che abbiamo sottoscritto in una Dichiarazione Comune.

Un altro importante avvenimento di questi giorni è per me motivo di speciale gioia: l’aver avuto l’opportunità di concedere in uso al Patriarcato Ecumenico la chiesa di san Teodoro al Palatino, nel cuore di Roma antica. Ciò consentirà ai fedeli dell’Arcidiocesi Greca Ortodossa in Italia di avere una presenza significativa e continuativa vicino alla tomba dell’Apostolo Pietro.

Tutto questo, sappiamo, è dono di Dio. Ed è bello che i fratelli vivano insieme in questa comune riconoscenza verso Colui che è il “Padre della luce” dal quale discende “ogni buon regalo e ogni dono perfetto” (cfr Jc 1,17).

Grazie di cuore, Santità, a Lei e a ciascuno dei membri del Suo venerabile Seguito. Memori di queste giornate di grazia, e anche dell’odierno incontro conviviale, rimaniamo in comunione di preghiera e di fraterna carità.


AD UNA DELEGAZIONE


DELLA CITTÀ DI ANCONA (ITALIA)


154
Sabato, 3 luglio 2004

Venerato Fratello nell’episcopato,

carissimi Fratelli e Sorelle!

Sono lieto di porgervi un saluto cordiale in occasione di questa visita che mi avete voluto rendere. La vostra gradita presenza mi richiama alla mente le due volte che ho potuto visitare la vostra bella città. Benvenuti!

Ricambio volentieri i vostri sentimenti salutando Lei, Mons. Edoardo Menichelli, nuovo Arcivescovo di Ancona-Osimo, che ha da poco ricevuto dalle mie mani il Pallio di Metropolita. Saluto Lei, Signor Sindaco, che qui rappresenta gli abitanti del Capoluogo piceno, a me tanto cari. Saluto tutti i presenti. Nel rivolgermi a voi, desidero far giungere il mio pensiero ai vostri concittadini, ai quali auguro di cuore di saper essere fedeli alle loro antiche e nobili tradizioni morali, spirituali e civili.

Siete venuti a poco più di un anno da quando, con l'iniziativa "Canto di pace", avete ricordato i drammi subiti dalla vostra città nell'ultimo conflitto mondiale e la tenacia delle vostre genti nell'opera di ricostruzione. Avete voluto commemorare le tragedie della guerra con la preghiera che ho pronunciato ad Assisi nel gennaio del 2002, quando, insieme ai rappresentanti delle religioni, fu celebrata la Giornata di Preghiera per la pace nel mondo.

Mentre auspico che ciascuno sappia fare la propria parte nel promuovere il fondamentale bene della pace, vi affido alla protezione della Beata Vergine Maria, di san Ciriaco e di san Leopoldo vostri Patroni, e di cuore vi imparto la mia Benedizione.




AI PARTECIPANTI AL SIMPOSIO EUROPEO


DELLA COMMISSIONE EPISCOPALE


PER L’EDUCAZIONE CATTOLICA, LA SCUOLA E L’UNIVERSITÀ


Sabato, 3 luglio 2004




Monsignore,
Cari Amici,

1. Saluto cordialmente i docenti, gli educatori e i genitori che qui rappresentano le Università e le associazioni pedagogiche, come pure i responsabili della pastorale scolastica e universitaria delle Conferenze Episcopali dell'Europa. Ringrazio Monsignor Cesare Nosiglia, Presidente della Commissione Episcopale per l'Educazione Cattolica, la Scuola e l'Università della Conferenza Episcopale Italiana, per le sue parole e per il suo impegno nella realizzazione del simposio intitolato: Le sfide dell'educazione.

155 2. Mi compiaccio della vostra attenzione per le questioni riguardanti l'educazione, particolarmente importanti, oggi, in Europa, dove molti giovani sono disorientati. Le politiche educative degli Stati faticano a trovare nuove prospettive per fare fronte alle difficoltà degli adolescenti, sia nella loro vita personale sia nell'ambito sociale. Le necessità economiche spesso spingono a privilegiare l'insegnamento scolastico a scapito dell'educazione integrale dei giovani. Per dare un futuro alla gioventù, è importante che l'educazione sia intesa come una ricerca dello sviluppo integrale e armonioso della persona, della maturazione della coscienza morale al fine di discernere il bene e di agire di conseguenza, e come un'attenzione per la dimensione spirituale del giovane che cresce. Il continente europeo è ricco di una tradizione umanistica che, nel corso dei secoli, ha trasmesso i valori spirituali e morali che trovano nelle radici cristiane il loro riferimento fondamentale e il loro pieno significato.

3. In tutti i luoghi in cui vivono gli studenti, l'educazione deve consentire loro di diventare ogni giorno di più uomini e donne, di "essere" sempre più e non soltanto di "avere" sempre più. La formazione scolastica è uno degli aspetti dell'educazione, ma non è possibile ridurla solo ad essa. Il legame fondamentale tra tutti gli aspetti dell'educazione deve essere incessantemente rafforzato. L'unità del cammino educativo porterà a un'unità sempre più grande della personalità e della vita degli adolescenti. È bene che tutti si mobilitino e lavorino insieme per i giovani: genitori, insegnanti, educatori, gruppi delle cappellanie. Essi dovranno anche ricordare che ciò che insegnano deve essere sostenuto dalla testimonianza di vita. In effetti, i giovani sono sensibili alla testimonianza degli adulti, che sono per loro dei modelli. La famiglia rimane il luogo primordiale dell'educazione.

4. La mancanza di speranza dei giovani è fortemente accentuata, oggi, sebbene essi abbiano in sé molti desideri, come mi sono potuto rendere conto soprattutto durante le Giornate Mondiali della Gioventù. Nell'Esortazione Apostolica Ecclesia in Europa, avevo osservato che "alla radice dello smarrimento della speranza sta il tentativo di far prevalere un'antropologia senza Dio e senza Cristo" facendo occupare all'uomo il posto di Dio. "L'aver dimenticato Dio ha portato ad abbandonare l'uomo" (n. 9). L'educazione autentica deve partire dalla verità sull'uomo, dall'affermazione della sua dignità e della sua vocazione trascendente. Vedere ogni giovane attraverso questo prisma antropologico significa volerlo aiutare a sviluppare il meglio di se stesso, affinché realizzi, nell'esercizio di tutte le sue capacità, ciò a cui è chiamato da Dio.

5. Anche la comunità cristiana ha un ruolo nel percorso educativo. Essa ha il compito di trasmettere i valori cristiani e di fare conoscere la persona di Cristo, che chiama ciascuno a una vita sempre più bella e alla scoperta della salvezza e della gioia che Lui ci offre. I cristiani non abbiano paura di annunciare alle nuove generazioni Cristo, fonte di speranza e luce sul loro cammino! Sappiano accogliere gli adolescenti e le loro famiglie, ascoltarli e aiutarli, anche se questo è spesso un impegno esigente! L'educazione dei giovani è compito di tutte le comunità cristiane e di tutta la società.

Spetta a noi proporre loro i valori fondamentali, affinché siano responsabili di loro stessi e partecipino all'edificazione della società. Auspico che il vostro simposio dia nuovo slancio al cammino educativo nei diversi Paesi europei e, affidandovi alla Vergine Maria, imparto a tutti la Benedizione Apostolica

MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


AL MAGNIFICO RETTORE DELL’UNIVERSITÀ DI BOLOGNA (ITALIA)


IN OCCASIONE DEL CONFERIMENTO DEL SIGILLUM MAGNUM




Al Chiarissimo Signore
Prof. PIER UGO CALZOLARI
Magnifico Rettore dell’Università di Bologna

Con viva gratitudine accolgo l’atto di omaggio dell’Università di Bologna che, in occasione del XXV anniversario di Pontificato, ha voluto conferirmi il Sigillum Magnum dell’Alma Mater Studiorum. Sono particolarmente onorato di questo pregiato riconoscimento, considerando che l’Ateneo bolognese è tra i più antichi e famosi del mondo. L’ambiente universitario e, in modo speciale, i giovani studenti, hanno sempre occupato un posto privilegiato nella mia sollecitudine pastorale. Ad essi ho dedicato con entusiasmo non poche energie del mio sacerdozio e del mio episcopato. Quale Vescovo di Roma, poi, non ho mai mancato di incontrare le comunità accademiche in ogni occasione propizia, non solo a Roma e in Italia, ma anche durante i miei viaggi apostolici.

Allargando ancor più l’orizzonte, mi è caro pensare che il presente attestato di stima sia motivato dalla speciale attenzione da me riservata alla cultura e alla sua fondamentale importanza per la promozione dell’uomo e del progresso storico. "Genus humanum arte et ratione vivit": quanto ebbi modo di affermare nel 1980 a Parigi, rivolgendomi ai membri dell’UNESCO (n. 17: Insegnamenti, III, 1 [1980], p. 1649), ripeto ora a Lei, Magnifico Rettore, indirizzandomi così idealmente all’intera comunità dell’Alma Mater studiorum di Bologna. Vi è una inscindibile reciprocità tra l’educazione dell’uomo e la cultura: se, infatti, la persona umana si educa in ragione della qualità della cultura in cui vive, è altrettanto vero che il valore della cultura si misura dalla sua capacità di far crescere l’uomo secondo la sua altissima vocazione, aiutandolo cioè a diventare sempre più uomo (ivi, n. 11, p. 1644).

Mentre, pertanto, rinnovo l’espressione della mia riconoscenza per il dono del Sigillum Magnum, che sempre custodirò quale singolare documento dei vincoli che mi uniscono al mondo universitario, incoraggio Lei e l’intero Senato Accademico a far sì che l’attività scientifica e culturale sia sempre mossa da sincera passione per l’uomo e ordinata alla sua armonica ed integrale promozione. A tal fine assicuro un particolare ricordo nella preghiera e ben volentieri invoco su di Lei, sui Professori e sugli studenti dell’Università degli Studi di Bologna l’abbondanza delle celesti benedizioni.

156 Dal Vaticano, 3 luglio 2004

IOANNES PAULUS II


MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


AL PRESIDENTE DEL PONTIFICIO CONSIGLIO


DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE




Al mio venerato Fratello il Cardinale Renato Raffaele Martino
Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace

Sono stato lieto di apprendere del seminario internazionale su "Poverty e Globalization: Financing for Development, including the Millennium Development Goals" che si sta svolgendo oggi, venerdì 9 luglio 2004, sotto l'egida del Pontificio Consiglio per la Giustizia e per la Pace. Nell'estendere i miei saluti sinceri a Sua Eminenza, ai rappresentanti del Governo e ad altri distinti partecipanti, presenti a Roma per questa occasione, vorrei assicurarvi delle mie preghiere e incoraggiarvi in questa importante opera.

Le condizioni di povertà estrema che affliggono milioni di persone sono motivo di grande preoccupazione per la comunità internazionale. La Chiesa, impegnata in una "opzione preferenziale per i poveri", ovviamente condivide questa ansia e sostiene con vigore l'obiettivo del millennio di dimezzare il numero delle persone che vivono in povertà entro il 2015.

Attraverso le numerose agenzie cattoliche di aiuto e sviluppo, la Chiesa apporta il suo contributo all'opera di assistenza, proseguendo in tal modo l'opera di Cristo stesso, che è venuto a portare la Buona Novella ai poveri, a nutrire gli affamati, a servire e non a essere servito. È l'ora di una nuova "fantasia della carità" (Cfr Novo Millennio ineunte NM 50) per poter elaborare modi sempre più efficaci per ottenere una distribuzione più equa delle risorse del mondo.

Molto è già stato fatto per alleggerire il fardello del debito che affligge i Paesi poveri, ma è necessario fare di più se i Paesi in via di sviluppo devono sfuggire agli effetti paralizzanti del sottoinvestimento e se i Paesi industrializzati devono compiere il loro dovere di solidarietà verso i fratelli e le sorelle meno fortunati in altre parti del mondo. A breve e a medio termine, un impegno volto ad aumentare l'aiuto proveniente dall'estero sembra l'unica via percorribile e la Chiesa quindi considera con favore la ricerca di soluzioni innovative quali la International Finance Facility. Essa incoraggia anche altre iniziative promosse in molte parti del mondo sia da varie organizzazioni delle Nazioni Unite sia dai singoli Governi. Al contempo, il sostegno finanziario delle nazioni ricche pone un obbligo a chi lo riceve, quello di dimostrare trasparenza e senso di responsabilità nell'utilizzo di tale aiuto. Ho fiducia nel fatto che i Governi dei Paesi sia ricchi sia poveri prenderanno sul serio le rispettive responsabilità reciproche e verso la propria popolazione.

Confidando nel fatto che i vostri importanti dibattiti recheranno frutti abbondanti, invoco la luce del Signore su tutti coloro che partecipano a questo seminario e imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 5 luglio 2004

GIOVANNI PAOLO II




MESSAGGIO DEL SANTO PADRE


AL SUPERIORE GENERALE


DEI ROGAZIONISTI DEL CUORE DI GESÙ




Al Reverendissimo Padre

GIORGIO NALIN

Superiore Generale dei Rogazionisti del Cuore di Gesù

157 1. La saluto con gioia e affetto, Reverendissimo Padre, insieme con i Confratelli in procinto di raccogliersi con Lei per il 10° Capitolo Generale della Congregazione, che è ancora in festa per la recente canonizzazione del Fondatore, sant'Annibale Maria Di Francia.

Resta vivo nella memoria di ciascuno il ricordo della mattina del 16 maggio scorso quando, dinanzi a una grande folla intensamente partecipe, ho avuto la gioia di iscrivere nell’albo dei Santi colui che ho definito "insigne apostolo della preghiera per le vocazioni" e "vero padre degli orfani e dei poveri". Il suo carisma risplende ora di nuova luce: Padre Annibale è per tutti intercessore e modello luminoso, la cui presenza viva presso il Padre delle misericordie dà all'invocazione del cuore rinnovata fiducia di essere ascoltata, specialmente per quella preghiera a cui Cristo stesso ci invita: "Rogate!" (
Mt 9,38).

2. "Rogate!". E’ questa l’esortazione del Salvatore che, sin dai più giovani anni, ha rapito e trasformato l'intelligenza viva e il cuore ardente di sant'Annibale Maria: "Messis quidem multa, operarii autem pauci. Rogate ergo Dominum messis ut mittat operarios in messem suam" (Mt 9,37-38 Lc 10,2). In queste parole di Gesù il vostro Fondatore riconobbe un preciso programma di vita e di azione. La missione dei Rogazionisti si ritrova tutta nel programma indicato dal "Rogate", un imperativo di fronte al quale lo sguardo di fede rivolto alla messe si fa preghiera, perché il Signore mandi in essa numerosi operai.

Questa missione è più che mai attuale all'inizio del terzo millennio, e richiede buoni e operosi apostoli, dei quali i primi dovete e volete essere proprio voi. Opportunamente, pertanto, intendete riscoprire e rilanciare il vostro carisma, analizzando attentamente i bisogni della Chiesa e del mondo alla luce del perenne insegnamento di Gesù sulla fondamentale importanza della preghiera.

3. "Messis quidem multa, operarii autem pauci". La messe a cui siamo inviati appare oggi più vasta che mai. Il "villaggio globale", in cui si è trasformato il pianeta, stretto nella rete delle comunicazioni e degli interessi politici, economici e sociali non di rado in conflitto tra loro, rivela un bisogno urgentissimo di operai della riconciliazione, testimoni della Verità che salva e costruttori dell’unica pace vera e duratura fondata sulla giustizia e sul perdono.

Se poi lo sguardo passa a scrutare gli abissi dei cuori, il desiderio e l’attesa della vita che viene dall’Alto ci appaiono ancor più ampi e profondi. Davanti all’enormità di tali urgenze, le nostre forze risultano impari. "Operarii autem pauci". Come nel cuore dei discepoli davanti alla folla affamata, così nel nostro animo nasce la domanda che sant’Annibale avvertì intensamente, considerando i bisogni del povero quartiere dove aveva scelto di vivere e operare, Avignone di Messina: "Dove potremo noi trovare in un deserto tanti pani da sfamare una folla così grande?" (Mt 15,33).

Il pane della giustizia e della pace non può che venire dall'Alto: ecco perché il bisogno che è alla radice di tutti i bisogni è quello degli "operai" di cui parla Gesù, uomini e donne che non si risparmino nel trasmettere al mondo la Parola della vita, chiamando i cuori a conversione, offrendo il dono divino della Grazia per costruire ponti di solidarietà e condizioni di giustizia, in cui possa esprimersi la dignità piena di ogni esistenza umana.

4. "Rogate ergo Dominum messis ut mittat operarios in messem suam": è Gesù a indicarci con queste parole che cosa è necessario fare per rispondere alla vastità del compito che ci sta davanti. Prima di tutto pregare: "Rogate ergo!". La preghiera è la radice feconda e l'indispensabile alimento di ogni azione che voglia essere efficace per il Regno di Dio. E’ pregando che possono ottenersi dal Signore operai che dissodino il terreno, preparino il so1co, gettino il seme, veglino sulla sua crescita e raccolgano il frutto delle spighe mature. Pregando si riscopre il primato della dimensione contemplativa dell’esistenza, e si ottiene forza della fede che vince il mondo. Oggi, dopo il fallimento delle ideologie totalitarie dell’epoca moderna, la fede appare sempre più chiaramente quale àncora di salvezza quanto mai necessaria e urgente.

"Rogate": con questo invito Gesù domanda che tutta la nostra vita divenga preghiera e che la preghiera si trasformi in vita di testimoni credibili e innamorati di Lui e del suo Vangelo. Pregare per i buoni operai vuol dire cercare di essere buoni operai, conformando continuamente alle esigenze della sequela di Cristo le scelte del cuore e le opere della vita. Il richiamo all'universale vocazione alla santità, che ho inteso rilanciare nella Lettera apostolica Novo millennio ineunte (cfr nn. 30-31), risuona con particolare forza per gli apostoli del "Rogate", la cui missione è di spendersi senza riserve pregando quotidianamente per le vocazioni, propagando dovunque questo spirito di preghiera e promuovendo tutte le vocazioni, come operai umili e fedeli al servizio dell'avvento del Regno di Dio.

5. Carissimi Rogazionisti! La Chiesa e il mondo attendono da voi una rinnovata fedeltà al carisma di apostoli del "Rogate" che vi contraddistingue. Vivete perciò, con tutta la passione che lo Spirito saprà accendere nei cuori, la gioia della vostra chiamata, e non fate mancare al Popolo di Dio e all’umanità intera ciò che è stato chiesto dal Redentore in persona: "Rogate!".

Lavorate senza risparmio per il bene temporale e spirituale del prossimo, sull'esempio del vostro Padre Fondatore, mediante l'educazione e la santificazione dei fanciulli e dei ragazzi, l’evangelizzazione, la promozione umana e il soccorso ai più poveri (cfr Costituzioni, 5). Curando l'annuncio del Vangelo alle giovani generazioni, sapete di servire la causa per la quale la vostra intera esistenza si fa preghiera e merita di essere spesa.

158 L'impegno dell’evangelizzazione, dal primo annuncio alla catechesi, coniugato con il generoso servizio verso i più deboli, specie quelli che fra i ragazzi e i giovani non hanno famiglia o sostegno educativo, sia la vostra quotidiana preoccupazione, sia il modo concreto, attivo e fedele con cui preparare il terreno alla fioritura dei semi di vocazione che il Signore largamente effonde nella messe, in risposta all'invocazione convinta e fedele della preghiera.

Lo slancio missionario è intrinseco all'identità degli apostoli del "Rogate!". La contemplazione della "messe, che è molta" e degli "operai, che sono pochi", non può non aprire l’animo all’anelito dell’universale evangelizzazione dei popoli. Pertanto, giustamente il vostro santo Fondatore fin dalle origini ha desiderato che i suoi figli fossero attenti e disponibili per la "missio ad gentes".

6. Invoco l’assistenza dello Spirito sul discernimento che state operando nei vostri lavori capitolari e sulle decisioni che da essi scaturiranno.

Possa la Vergine Madre Maria, teneramente amata da sant'Annibale Maria Di Francia, essere la stella di un rinnovato slancio nella vostra missione agli inizi del nuovo millennio. Lei, Virgo fidelis, vi ottenga la fedeltà dell'ascolto, l’intensità della fede, la perseveranza della preghiera, il gusto del silenzio interiore e della contemplazione di Dio. La Madre del Bell'Amore vi sostenga nell'esercizio del vostro quotidiano apostolato. Interceda per voi sant'Annibale, mirabile esempio di dedizione totale alla causa del "Rogate".

Con questi auspici, di cuore imparto a Lei, caro Padre, ed ai Confratelli capitolari la mia Benedizione, che volentieri estendo alle Figlie del Divino Zelo, che condividono il vostro carisma e stanno pure per iniziare il loro Capitolo Generale, come anche ai laici che si ispirano alla vostra spiritualità e alla vostra missione, e a tutti quelli che di esse beneficiano per la gloria di Dio e la salvezza delle anime.

Dal Vaticano, 26 Giugno 2004


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