GPII 1979 Insegnamenti - All'Ispettorato di Pubblica Sicurezza presso il Vaticano - Città del Vaticano (Roma)

All'Ispettorato di Pubblica Sicurezza presso il Vaticano - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Un servizio prezioso per il bene della comunità

Testo: Egregi Signori.

Anche voi avete desiderato venire dal Papa, per presentargli i vostri affettuosi auguri per il nuovo anno da poco iniziato. A ciascuno di voi rivolgo il mio saluto sincero e cordiale, che estendo anche alle vostre rispettive famiglie.

A tutti esprimo il mio riconoscente apprezzamento per questa visita e per i gentili auguri.

Al Signor Ispettore Capo, poi, desidero porgere il mio ringraziamento anche per le amabili parole, con le quali si è reso interprete dei vostri sentimenti.

Sono lieto di questo primo incontro con voi, che avete il compito della salvaguardia dell'ordine pubblico nelle vicinanze del Vaticano. L'incarico che voi svolgete con premura e sollecitudine è certamente importante e delicato: esso esige profondo senso di responsabilità e atteggiamento di totale dedizione al proprio dovere; richiede forza di volontà e impegno all'ideale, in un lavoro umile e non appariscente, non sempre del tutto valutato dal pubblico, ma tanto proficuo per il bene della comunità.

Colgo l'occasione per esortarvi paternamente ad essere sempre all'altezza del vostro compito, e a corrispondere alla fiducia che è stata posta in voi.

La vostra permanenza poi nel centro della cristianità, dove folle immense e continue accorrono per ricevere luce all'intelletto e conforto nelle vicende della vita; il fatto di svolgere la vostra opera non lontani dal Vicario di Cristo, che per divino mandato è "fondamento della Chiesa" e "Maestro di verità", vi aiutino ad approfondire sempre più la vostra fede cristiana, e vi impegnino in una vita esemplare. Faccio voti che le vostre convinzioni e la vostra coerenza vi procurino gioia e consolazione nel compimento del vostro dovere.

Vi assicuro un particolare ricordo nella preghiera: il Signore vi sia vicino nelle vostre fatiche e nelle vostre responsabilità. E la Madonna vi assista e vi accompagni sempre.

Mentre invoco su di voi e sulle vostre famiglie l'abbondanza dei più eletti doni celesti, di gran cuore imparto a voi e ai vostri cari la propiziatrice benedizione apostolica.

Data: 1979-01-22

Data estesa: Lunedì 22 Gennaio 1979.





Al Consiglio Permanente della CEI - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Costruire in comunione la Chiesa di Dio

Testo: Carissimi fratelli.

1. Sono grato al vostro Presidente per le amabili parole che ha voluto rivolgermi ed esprimo a tutti la mia gioia per l'incontro odierno. Penso che le ragioni di questa gioia siano così ovvie che non c'è bisogno di spiegazione. Questo incontro l'ho atteso in modo particolare e gli attribuisco un peso singolare.

"Arcano Dei consilio", in virtù dell'inscrutabile decreto di Dio, chiamato il 16 ottobre 1978 dai voti del Collegio dei Cardinali, ho assunto, dopo i miei grandi e amati predecessori, la guida della sede romana di San Pietro e insieme con essa quel ministero su tutta la Chiesa, per cui il Vescovo di Roma si è fatto, secondo la definizione di san Gregorio, "Servo dei servi di Dio".

Come è mio vivo desiderio adempiere a questo ministero e a tutti i compiti da esso derivanti, impegnando le mie forze e il mio amore verso tutte le Chiese che sono nell'unità universale della Chiesa cattolica e verso tutti i loro Pastori, che sono miei fratelli nell'Ufficio episcopale, così, ma in maniera del tutto particolare, desidero assolvere al mio servizio verso la Chiesa in questa terra italiana prescelta dalla Provvidenza e verso i Vescovi che, in unione collegiale col successore di Pietro, sono in essa i Pastori.

2. Questa veramente è la terra eletta dalla Provvidenza per diventare il centro della Chiesa. Qui, dove fu la capitale dell'Impero Romano, è venuto Pietro (e nel tempo stesso anche Paolo) per portare il Vangelo e per dare inizio non soltanto a questa Sede, ma anche a molte altre: ovunque sorsero comunità cristiane piene di fede e di sacrificio, pronte a dare la vita e a versare il sangue per Cristo, durante le persecuzioni che si susseguirono fino all'anno 31


3. Proprio a tempi così antichi e a quelli più recenti, ma sempre lontani, risalgono in questa Penisola, fra le Alpi e la Sicilia, numerose sedi vescovili che durante due millenni sono diventate centri dell'evangelizzazione e della vita del nuovo Popolo di Dio, punti d'appoggio per tanti cristiani e di sostegno umano per tante comunità, iniziative e istituzioni.

Con quali sentimenti di venerazione e di emozione viene a trovarsi in mezzo a tutta questa ricchezza di vita e di tradizione cristiana il figlio di una nazione che, in modo così evidente, ha legato la sua storia millenaria a questo centro della fede e della cultura che si è sviluppata intorno alla sede di San Pietro! E quanto ineffabilmente egli è grato per tutto ciò che, durante questi primi mesi del nuovo pontificato, gli hanno dimostrato i figli e le figlie di questa terra gentile! L'espressione di questa gratitudine desidero deporre oggi nelle vostre mani, cari e venerati fratelli, che, come membri del Consiglio Permanente, rappresentate qui l'intero Episcopato Italiano. Se l'elezione di Giovanni Paolo II è diventata - come spesso sentiamo dire - una nuova manifestazione e una prova dell'universalità della Chiesa, allora mi sia consentito di dire che in ciò ha la sua parte anche il Popolo di Dio, che è in Roma e in tutta Italia. La consapevolezza dell'universalità della Chiesa è certamente anche uno dei segni di quel "sensus fidei" di cui parla la costituzione "Lumen Gentium". "L'universalità dei fedeli che hanno ricevuto l'unzione dello Spirito Santo (cfr. 1Jn 2,20 1Jn 2,27) non può sbagliarsi nel credere, e manifesta questa sua proprietà mediante il soprannaturale senso della fede di tutto il popolo, quando "dai Vescovi fino agli ultimi fedeli laici" (cfr. S. Agostino, "De Praed. Sanct.", 14,27; PL 44, 980) mostra l'universale suo consenso in cose di fede e di morale.

E' invero, per quel senso di fede, suscitato e sorretto dallo Spirito di verità, che il Popolo di Dio, sotto la guida del sacro magistero cui fedelmente si conforma, accoglie non la parola degli uomini ma, qual è in realtà, la Parola di Dio (cfr. 1Th 2,13), aderisce indefettibilmente alla fede una volta trasmessa ai santi, e con retto giudizio penetra in essa più a fondo e più pienamente l'applica alla vita" (LG 12; cfr. LG 35).3. così dunque, trovandomi oggi davanti a voi, desidero insieme con voi riproporre quella causa che è comune a tutti noi, e cioè costruire la Chiesa di Dio, annunciare il Vangelo, servire l'elevazione dell'uomo alla dignità di figlio di Dio, diffondere tutti i valori dello spirito umano connessi strettamente con questa elevazione. Desidero esercitare tale missione insieme con voi, cari fratelli, ispirandomi a tutti i principi di quella collegiale unità che, con profondità, semplicità e precisione, sono stati elaborati dal Concilio Vaticano II, il quale sottolinea che il Signore Gesù costitui gli Apostoli "a modo di collegio o ceto stabile, del quale mise a capo Pietro, scelto di mezzo a loro" (LG 19). E come san Pietro e gli altri Apostoli costituivano, per volontà del Signore, un unico collegio, così i Vescovi e il successore di Pietro sono uniti fra loro in un unico collegio o corpo episcopale con e sotto il successore di Pietro (LG 19-22 CD 22).

Per cui il Romano Pontefice - come afferma ancora il Concilio - "è il perpetuo e visibile principio e fondamento dell'unità sia dei Vescovi, sia dei fedeli. I singoli Vescovi, invece, sono il visibile principio e fondamento di unità nelle loro Chiese particolari, formate ad immagine della Chiesa universale e in esse e da esse è costituita l'una e unica Chiesa cattolica" (LG 23).

Da qui nasce l'esigenza di una piena comunione dei Vescovi tra loro e con il successore di Pietro nella fede, nell'amore, negli intenti e nell'azione pastorale.

Questa comunione si espande nella comunione dei singoli Vescovi con i propri sacerdoti, con i religiosi e le religiose, con le anime cioè che hanno donato totalmente la propria vita al servizio del Regno. Qui la comunione si esprime, da una parte, nella sollecitudine dei Pastori per le necessità spirituali e materiali di questi figli, a loro più vicini e spesso più esposti alle difficoltà provenienti da un ambiente secolarizzato e, dall'altra, nell'impegno posto da sacerdoti, religiosi e religiose nello stringersi attorno ai loro Vescovi, per ascoltarne docilmente la voce ed eseguirne fedelmente le direttive.

La comunione tra Vescovi, clero e religiosi costruisce la comunione con il laicato, il quale con tutta la sua ricchezza di doni e di aspirazioni, di capacità e di iniziative, ha un compito decisivo nell'opera di evangelizzazione del mondo contemporaneo.

Nella Chiesa possono esistere legittimamente gradi diversi di collegamento con l'apostolato gerarchico e forme molteplici di impegno nel campo pastorale. Dall'accettazione cordiale di tutte le forze di ispirazione chiaramente cattolica e dalla loro valorizzazione nei piani di azione pastorale non può che derivare un sicuro vantaggio per la sempre più incisiva presenza della Chiesa nel mondo.

E' inoltre urgente impegnarsi in uno sforzo di ricupero alla piena comunione ecclesiale di quei movimenti, organismi, gruppi che, nati dal desiderio di un'adesione generosa e coerente al Vangelo, non si trovano ancora in quell'ottica comunitaria, necessaria per un agire sempre più consapevole della comune responsabilità di tutti i membri del Popolo di Dio. Bisognerà creare nuove occasioni di incontro e di confronto, in un clima di apertura e di cordialità, alimentato alla mensa della Parola di Dio e del Pane eucaristico; bisognerà riprendere con pazienza e fiducia il dialogo, quando sia stato interrotto, senza lasciarsi scoraggiare da ostacoli ed asperità nel cammino verso la comprensione e l'intesa. Ma ciò non può raggiungersi senza l'ossequio, dovuto da tutti i fedeli, al Magistero autentico della Chiesa, anche a riguardo delle questioni connesse con la dottrina concernente la fede e i costumi. L'armonia tra unità istituzionale e pluralismo pastorale è una meta difficile e mai definitivamente acquisita: essa dipende dallo sforzo concorde e costante di tutte le componenti ecclesiali e deve essere cercata alla luce del sempre attuale assioma: "In necessariis unitas, in dubiis libertas, in omnibus caritas".4. Da ultimo, vorrei sottolineare che la comunione ha le sue difese, le quali, per quanto concerne i Vescovi, si riassumono soprattutto nella vigilanza prudente e coraggiosa nei confronti delle insidie che minacciano, dall'esterno e dall'interno, la coesione dei fedeli intorno al comune patrimonio di verità dogmatiche, di valori morali, di norme disciplinari.

La comunione ha i suoi strumenti, tra i quali primeggia quello rappresentato dalla vostra Conferenza nazionale, di cui quindi è doveroso auspicare la sempre maggiore efficienza e il sempre più articolato raccordo con le altre strutture ecclesiali, a livello regionale e diocesano.

Né da sottovalutare è lo strumento costituito dalla stampa, e in particolare dal quotidiano cattolico, per le possibilita che essa offre di dialogo costruttivo tra i fedeli di ogni parte della Nazione, in ordine alla personale e comunitaria maturazione di scelte responsabili e, occorrendo, coraggiosamente profetiche, nel contesto di un'opinione pubblica troppo spesso sollecitata da voci che non hanno più nulla di cristiano. Mi permetto, perciò, di fare appello alla vostra buona volontà, alle vostre energie, alle capacità organizzative delle singole diocesi, per un appoggio sempre più valido ad una causa tanto importante e meritevole.5. Poiché la Chiesa è posta come "universale sacramento di salvezza", ad essa "necessitas incumbit simulque ius sacrum evangelizandi" (AGD 7).

Nel comando del Signore di "andare in tutto il mondo e di annunciare il Vangelo ad ogni creatura" (Mc 16,15) si fonda il "diritto sacro" di insegnare la propria dottrina e i principi morali, che regolano l'attività umana in ordine alla salvezza.

Soltanto quando questo "diritto sacro" è rispettato in sé e nel suo esercizio, si attua quel principio, che il Concilio proclama la cosa più importante fra quelle che riguardano il bene della Chiesa, anzi il bene della stessa città terrena e che vanno ovunque e sempre conservate e difese, cioè che "la Chiesa nell'agire goda di tanta libertà quanta le è necessaria per provvedere alla salvezza degli esseri umani".

E' questa, infatti, la libertà sacra, di cui l'Unigenito Figlio di Dio ha arricchito la Chiesa acquistata col suo sangue.

A questo principio fondamentale, la libertà, si richiama la Chiesa nei suoi rapporti con la comunità politica e, in particolare, quando - di comune intesa - persegue l'aggiornamento degli strumenti giuridici, ordinati alla sana cooperazione tra Chiesa e Stato, nel leale rispetto della sovranità propria di ciascun ordinamento, per il bene delle stesse persone umane.6. Vi sarebbero ancora molte cose da dire. Pero, in questo primo colloquio, dobbiamo limitarci alle più importanti e alle più attuali.

Desidero che questo incontro sia l'inizio della nostra collegiale cooperazione, cioè di ognuno di voi, cari e venerati fratelli, e di tutti i Vescovi e i Pastori della Chiesa in Italia.

Desidero con tutto il cuore condividere il vostro ministero, la vostra sollecitudine, le vostre difficoltà, le vostre speranze, le vostre sofferenze e le vostre gioie.

In conformità al mio ufficio, e in pari tempo, conservando il pieno rispetto per l'individuale e collegiale missione di ciascuno di voi, figli di questa terra italiana, vorrei che si realizzasse, in modo particolare l'augurio: "fecit illos Dominus crescere in plebem suam".

Ci vivifica la comune fede e il medesimo amore a Cristo, il quale soltanto sa che cosa è nell'uomo (cfr. Jn 2,25).

E all'incontro di quest'uomo dei nostri tempi - a volte sperduto (anche in questa terra ricca del più bel patrimonio cristiano) - vogliamo insieme andare mediante il nostro servizio esercitato in unione con i sacerdoti, i religiosi e le religiose, e in solidale cooperazione con tutti i laici.

Di cuore auspico che, sotto la protezione della Madre della Chiesa e dei santi patroni d'Italia, possiamo compiere bene la missione affidataci dal Signore, e che i nostri fratelli e sorelle esperimentino la gioia della nostra comunione, e insieme a voi vivano la grande dignità della vocazione cristiana.

Data: 1979-01-23

Data estesa: Martedì 23 Gennaio 1979.








Ai giovani nella Basilica Vaticana - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Cristo, grande amico e fratello della gioventù contemporanea

Testo: Carissimi.

L'incontro di questa mattina, così festoso e cordiale, mi dà - come ogni Mercoledì - tanto conforto e tanta consolazione. Vedere questa immensa Basilica ricolma di ragazzi e di giovani, così pieni di vitalità e di entusiasmo, è uno spettacolo che fa esclamare al Papa: Ecco la vera, l'autentica gioventù della società contemporanea; la gioventù, che è lieta e serena perché ha un grande amico e fratello: Cristo Gesù, Uomo e Dio!

1. Vorrei salutarvi uno per uno; ma, abbracciandovi tutti con lo sguardo e col cuore, rivolgo un particolare pensiero ai gruppi più numerosi: al pellegrinaggio delle religiose, degli insegnanti e delle alunne, coi loro familiari, dell'Istituto romano "Sant'Orsola"; al pellegrinaggio degli insegnanti e degli alunni delle scuole medie e liceali di Casalpalocco; a quello della Scuola media statale romana "Giulio Salvadori", e a quello degli Istituti napoletani dei Padri Barnabiti, "Bianchi" e "Denza".

2. Anche se il Tempo Natalizio è ormai trascorso, desidero presentare brevemente alla vostra considerazione l'atteggiamento dei Magi, i quali, quando con l'indicazione della misteriosa stella trovarono Maria con Gesù bambino, "prostratisi lo adorarono" e poi "aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra". Anche l'uomo moderno - il giovane moderno - si incontra con Dio quando si apre davanti a lui con il dono interiore del suo "io" umano, per accettare e ricambiare i doni immensi che egli, per primo, gli ha fatto: il dono dell'esistenza, il dono della redenzione, il dono della fede.

E quel Bambino, che ha accettato i doni dei Magi, è ancor sempre Colui, davanti al quale gli uomini e i popoli interi "aprono i loro scrigni", cioè i loro tesori. I doni dello spirito umano, nell'atto di questa apertura davanti a Dio incarnato, acquistano un valore particolare, diventano i tesori delle varie culture, ricchezza spirituale dei popoli, e delle nazioni, comune patrimonio di tutta l'umanità. Il centro di questo scambio è lui: il medesimo che ha accettato i doni dei Magi. Egli stesso, che è il Dono invisibile e incarnato, causa l'apertura delle anime e quello scambio di doni, di cui vivono non solo i singoli uomini, ma anche i popoli, le nazioni, l'umanità intera.3. Queste riflessioni, carissimi giovani, sono collegate con quanto sto per dirvi adesso: l'odierno nostro incontro ha un particolare significato per me e per voi: domani intraprendero, con la grazia di Dio, un viaggio in Messico, per partecipare, a Puebla, alla riunione della Conferenza Episcopale dell'America Latina. Conoscero il grande popolo messicano, che ha una storia antica e gloriosa, e che in tempi recenti ha fatto grandi progressi. Pero, pur in mezzo al progresso politico, tecnico e civile, l'anima messicana ha mostrato e mostra chiaramente di voler essere e rimanere cristiana, dimostrando non solo buoni sentimenti religiosi, ma una fortezza e una fermezza di fede non indifferente, anzi talvolta eroica, come molti ricorderanno.

Recandomi in quella Nazione, mi mettero sulle orme di tanti pellegrini, che da tutta l'America si avviano al santuario della Madre di Dio a Guadalupe. E in quel luogo sacro preghero per l'umanità intera, per la Chiesa, per voi, giovani, perché siate sempre buoni, puri, lieti, e perché vi prepariate, con impegno e dedizione, ai compiti che dovrete affrontare, fra non molto, da adulti.

E voi, da parte vostra, durante questa settimana pregate per il Papa, perché sia in questi giorni messaggero di Cristo, cioè di fede, di amore e di pace.

Vi benedico paternamente.

Data: 1979-01-24

Data estesa: Mercoledì 24 Gennaio 1979.





All'aeroporto di Fiumicino - Roma

Titolo: Il viaggio del Papa in Messico

Testo: Vi esprimo di cuore il mio sincero ringraziamento per la vostra presenza in questo luogo, nel momento in cui mi allontano per alcuni giorni dalla mia diletta diocesi e dall'Italia, per recarmi nell'America Latina.

Questo vostro gesto, così delicato e premuroso, mi dà conforto ed è un sereno auspicio per la felice riuscita del viaggio, il quale - come sapete - vuole essere anzitutto un pellegrinaggio di fede: il Papa va ad inginocchiarsi dinanzi alla prodigiosa immagine della Madonna di Guadalupe, nel Messico, per invocare sul proprio servizio pontificale la sua materna assistenza e la sua protezione; per ridirLe, con una forza accresciuta dai nuovi immensi impegni: "Totus tuus sum ego!", e per mettere nelle sue mani l'avvenire dell'evangelizzazione nell'America Latina.

Il Papa, inoltre, va in alcune zone del Nuovo Mondo come messaggero del Vangelo per i milioni di fratelli e di sorelle, che credono in Cristo, li vuole conoscere, abbracciare, dire a tutti - bambini, giovani, uomini, donne, operai, contadini, professionisti - che Dio li ama, che la Chiesa li ama, che il Papa li ama; e per ricevere, altresi, da essi l'incoraggiamento e l'esempio della loro bontà, della loro fede. Il Papa si pone, pertanto, idealmente sulla scia dei missionari, dei sacerdoti, di tutti coloro, che, fin dalla scoperta del Nuovo Mondo, con sacrificio, abnegazione e generosità hanno diffuso in quelle immense terre il messaggio di Gesù, predicando l'amore e la pace fra gli uomini.

Il Papa, infine, compie questo viaggio per partecipare, insieme con i suoi fratelli Vescovi, alla Terza Conferenza Generale dell'Episcopato Latino Americano, che si svolgerà a Puebla. Saranno trattati in quella sede problemi importanti concernenti l'azione pastorale del Popolo di Dio, la quale, alla luce del Concilio Vaticano II, deve tener presenti le complesse situazioni socio-politiche locali per calare in esse i fecondi fermenti dell'annuncio evangelico. Il Papa andrà a Puebla per aiutare, "confermare" (cfr. Lc 12,32) i suoi fratelli Vescovi.

Mentre mi accingo ad intraprendere il volo, dopo aver salutato il Cardinale Segretario di Stato e gli altri Cardinali che sono qui con lui, esprimo il mio riconoscente apprezzamento al Presidente del Consiglio del Governo Italiano e alle Autorità civili e militari; saluto il Signor Decano del Corpo Diplomatico presso la Santa Sede e gli Ambasciatori dell'America Latina, e quanti sono venuti ad augurarmi il buon viaggio.

Tutti di cuore benedico.

Data: 1979-01-25

Data estesa: Giovedì 25 Gennaio 1979.





Al presidente della Repubblica Dominicana - Santo Domingo

Titolo: Ammirazione e ricordo del Papa per i popoli del Nuovo Mondo

Testo: Signor Presidente, fratelli nell'Episcopato, fratelli e sorelle.

Rendo grazie a Dio che mi permette di giungere in questa parte della terra americana, terra amata da Colombo, nella prima tappa della mia visita al un continente a cui tante volte ho diretto il mio pensiero, ricolmo di stima e di fiducia, soprattutto in questo periodo iniziale del mio ministero di Supremo Pastore della Chiesa.

Gli aneliti del passato si fanno realtà in questo incontro, a cui con affetto entusiasta partecipano così numerosi - e tanti altri lo avrebbero voluto - i figli di questa amata terra dominicana, a nome dei quali e a nome suo lei, Signor Presidente, ha voluto darmi un cordiale benvenuto con significative e nobili parole. A queste rispondo con sentimenti di sincero apprezzamento e profonda gratitudine, testimonianza dell'amore del Papa per i figli di questa ospitale Nazione.

Ma nelle parole ascoltate e nell'accoglienza gioiosa che mi tributa oggi il popolo dominicano, sento anche la voce, lontana ma presente, di tantissimi figli di tutti i Paesi dell'America Latina, che dalle terre messicane fino all'estremo sud del continente si sentono uniti al Papa da vincoli singolari, che toccano gli ambiti più reconditi del loro essere uomini e cristiani. A tutti e a ciascuno di questi Paesi e ai suoi figli, giunga il saluto più cordiale, l'omaggio di rispetto e affetto del Papa, la sua ammirazione e il suo apprezzamento per gli stupendi valori di storia e cultura che conservano, l'augurio di una vita individuale, familiare e comunitaria di crescente benessere umano, in un clima sociale di moralità, di giustizia per tutti, di intensa cura dei beni dello spirito.

Mi porta a queste terre un avvenimento di grandissima importanza ecclesiale. Arrivo a un Continente dove la Chiesa ha lasciato sempre una profonda impronta, che penetra all'interno della storia e del carattere di ogni popolo.

Vengo in questa viva zona ecclesiale, la più numerosa, parte vitale per il futuro della Chiesa cattolica, che fra le belle realizzazioni non è esente da ombre, fra le difficoltà e il sacrificio, dà testimonianza di Cristo e vuole oggi rispondere alla sfida del momento attuale, proponendo una luce di speranza, per il presente e per l'aldilà, attraverso la sua opera per l'annunzio della buona novella, che si concretizza nel Cristo Salvatore, Figlio di Dio e fratello maggiore degli uomini.

Il Papa vuol essere vicino a questa Chiesa evangelizzatrice per incoraggiare i suoi sforzi, per portare nuova speranza alla sua speranza, per aiutarla a scegliere meglio il suo cammino, potenziando o modificando ciò che convenga, perché sia ogni volta di più, fedele alla missione: il ricevere Gesù, Pietro e i suoi successori, gli Apostoli e i loro continuatori.

E, dato che la visita del Papa vuole essere un'opera di evangelizzazione, ho desiderato giungere qui seguendo la rotta che, al momento della scoperta del Continente, tracciarono i primi evangelizzatori. Quei religiosi che vennero ad annunciare Cristo Salvatore, a difendere la dignità degli indigeni, a proclamare i loro inviolabili diritti, a favorire la loro promozione integrale, ad insegnare la fratellanza come uomini e come figli dello stesso Signore e Padre, Dio.

E' questa una testimonianza di riconoscimento che voglio tributare agli artefici di quell'ammirabile impresa evangelizzatrice, in questa stessa terra del Nuovo Mondo, dove venne piantata la prima croce, si celebro la prima Messa, si recito la prima Ave Maria e da dove, fra diverse vicissitudini, parti l'irradiazione della fede diretta alle altre isole vicine e da lialla terra ferma.

Da questo luogo evocatore del Continente, terra di fervido amore alla Vergine Maria e di ininterrotta devozione al successore di Pietro, il Papa vuole riservare il suo ricordo e saluto più affettuoso ai poveri, ai campesinos, agli infermi e agli emarginati, che sentono vicina la Chiesa, che la amano, che seguono Cristo anche fra gli ostacoli e che con ammirevole senso umano mettono in pratica la solidarietà, l'ospitalità, l'allegria onesta e speranzosa, per cui Dio prepara il suo premio.

Auspicando il maggior bene per questi popoli buoni e generosi, ho fiducia che i responsabili, i cattolici e gli uomini di buona volontà della Repubblica Dominicana e di tutta l'America Latina impegneranno le loro migliori energie, amplieranno le frontiere della loro creatività, per edificare un mondo più umano e insieme più cristiano. E' la chiamata che il Papa vi fa in questo primo incontro nella vostra terra.

Data: 1979-01-25

Data estesa: Giovedì 25 Gennaio 1979.





Omelia a Santo Domingo - Repubblica Dominicana

Titolo: Amate Cristo e per Cristo gli uomini

Testo: Fratelli nell'Episcopato, amatissimi figli.1. In questa Eucaristia, in cui condividiamo la stessa fede in Cristo, il Vescovo di Roma e della Chiesa universale, presente tra voi, porge il suo saluto di pace: "La grazia e la pace sia con voi, da parte di Dio Padre e di nostro Signore Gesù Cristo" (Ga 1,3).

Vengo a queste terre americane come pellegrino di pace e di speranza, per partecipare ad un evento ecclesiale di evangelizzazione; spinto a mia volta dalle parole dell'apostolo Paolo: "Se evangelizzo, non è per me motivo di vanto, ma un dovere: guai a me se non predicassi il Vangelo" (1Co 9,16).

L'attuale periodo storico dell'umanità richiede una ravvivata trasmissione della fede, per comunicare all'uomo d'oggi il messaggio perenne di Cristo, adattato alle sue concrete condizioni di vita.

Questa evangelizzazione è una esigenza costante ed essenziale della dinamica ecclesiale. Paolo VI nella sua enciclica "Evangelii Nuntiandi" (EN 14) affermava che "l'annunzio del Vangelo costituisce la felicità e la vocazione della Chiesa, la sua identità più profonda: essa esiste per evangelizzare".

Lo stesso Pontefice precisa che "Cristo, come evangelizzatore, annunzia anzitutto un regno, il regno di Dio"; "come nucleo e centro della buona novella, Gesù annunzia la salvezza: quel gran dono di Dio che è la liberazione da quanto opprime l'uomo, ma che è soprattutto liberazione dal peccato e dal Maligno" (EN 8-9)

2. La Chiesa, fedele alla sua missione, continua a presentare il messaggio di salvezza del suo divin Fondatore agli uomini di ogni tempo, con l'aiuto dello Spirito Santo e sotto la guida del Papa.

Questa terra dominicana fu un giorno la prima destinataria e poi la promotrice di una grande impresa di evangelizzazione, che merita grande ammirazione e gratitudine. Dalla fine del secolo XV questa cara Nazione si apre alla fede di Gesù Cristo: e le è stata fedele sino ad oggi. Da parte sua, la Santa Sede proprio in questa isola crea la prima sede episcopale d'America e poi la sede arcivescovile e primaziale di Santo Domingo.

In un periodo relativamente breve i sentieri della fede solcano la geografia dominicana e continentale ponendo le fondamenta dell'eredità fatta vita che oggi contempliamo in quello che venne chiamato il Nuovo Mondo.

Fin dai primi tempi della scoperta emerge la preoccupazione della Chiesa per render presente il regno di Dio nel cuore dei nuovi popoli, fra le varie razze e culture, e anzitutto tra i vostri antenati.

Se vogliamo tributare un meritato grazie a quanti trapiantarono i semi della fede, questo omaggio va reso anzitutto agli ordini religiosi che si distinsero nel compito di evangelizzare anche a costo di offrire dei martiri; soprattutto i religiosi domenicani, francescani, agostiniani, mercedari e poi i gesuiti, che resero albero rigoglioso il germoglio di tenui radici. Occorre riconoscere che dalle correnti della sua propria spiritualità il suolo d'America era preparato a ricevere la nuova semente cristiana.

D'altra parte, non si tratta di una diffusione della fede disincarnata dalla vita dei suoi destinatari, quantunque debba sempre conservare il suo essenziale riferimento a Dio. Perciò, in questa isola, la Chiesa fu la prima a rivendicare la giustizia; e la prima a promuovere la difesa dei diritti umani nelle terre che si aprivano al Vangelo.

Sono lezioni di umanesimo, di spiritualità e di impegno nel promuovere la dignità dell'uomo quelle impartite da Antonio Montesinos, Cordoba, Bartolomeo de las Casas: a loro farà eco in altre parti Juan de Zumarraga, Motolinia, Vasco de Quiroga, José de Anchieta, Toribio de Mogrovejo, Nobrega e tanti altri. Sono uomini in cui palpita la preoccupazione per il debole, per l'indifeso, per l'indigeno, soggetti degni di ogni rispetto come persone e come portatori dell'immagine di Dio, destinati ad una vocazione trascendente. Di li nascerà, con Francesco da Vitoria, il primo Diritto Internazionale.3. Occorre aggiungere che non possono dissociarsi - grande lezione, valida ancor oggi - annunzio del Vangelo e promozione umana; ma, secondo la Chiesa, il primo non può neanche confondersi o esaurirsi nell'altra, come pretenderebbero alcuni.

Sarebbe chiudere all'uomo spazi infiniti, che Dio gli ha invece aperto; e sarebbe falsare il significato profondo e completo della evangelizzazione: annunzio, anzitutto, della buona novella del Cristo salvatore.

La Chiesa, esperta in umanità, fedele ai segni dei tempi, e obbediente al pressante invito dell'ultimo Concilio, oggi vuol continuare la sua missione di fede e di difesa dei diritti umani: e invita i cristiani ad impegnarsi nella costruzione di un mondo più giusto, più umano, più accogliente, che non si chiuda in se stesso ma che si apra a Dio.

Far più giusto questo mondo significa, tra l'altro, far si che non vi siano bambini senza sufficiente nutrimento, senza educazione, senza istruzione; che non vi siano giovani senza conveniente preparazione; che non vi siano contadini senza terra per vivere e svilupparsi secondo dignità; che non vi siano lavoratori maltrattati o sviliti nei loro diritti; che non vi siano sistemi che permettano lo sfruttamento dell'uomo da parte dell'uomo o dello Stato; che non vi sia corruzione; che non vi sia chi abbondi di ogni cosa mentre ad altri manchi, senza colpa, tutto; che non vi siano tante famiglie mal costituite, spezzate, disunite, curate insufficientemente; che non vi sia ingiustizia o disuguaglianza nella amministrazione della giustizia; che non vi sia alcuno senza protezione della legge e che tutti egualmente protegga la legge; che non prevalga la forza sulla verità e sul diritto, bensì la verità e il diritto abbiano la meglio sulla forza; che mai il lato economico o politico prevalgano su quello umano.4. Ma non contentatevi di questo mondo più umano. Costruite un mondo esplicitamente più divino, più secondo Dio, retto dalla fede e da quanto esso ispira per il progresso morale, religioso e sociale dell'uomo. Non perdete di vista l'orientamento verticale dell'evangelizzazione: ha la forza di liberare l'uomo, giacché è la rivelazione dell'amore, l'amore del Padre per gli uomini, per tutti e per ciascuno: amore rivelato in Gesù Cristo. "Poiché Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo figlio unigenito, affinché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna" (Jn 3,16).

Gesù ha manifestato questo amore anzitutto nella sua vita privata - "ha fatto bene ogni cosa" (Mc 7,37) - e nell'annunziare il Vangelo; poi con la sua morte e risurrezione, mistero pasquale in cui l'uomo incontra la sua definitiva vocazione alla vita eterna, alla unione con Dio. E' la dimensione escatologica dell'amore.

Amati figli, termino esortandovi ad esser sempre degni della fede ricevuta. Amate Cristo e per Cristo gli uomini: vivete la devozione alla nostra cara Madre del cielo, che voi invocate col bel nome di nostra Signora di Altagrazia e a cui il Papa vuole donare un diadema come devoto omaggio: lei vi aiuti a camminare verso Cristo, conservando e sviluppando completamente i semi piantati dai vostri primi evangelizzatori. Questo il Papa desidera da voi: da voi, qui presenti figli di Cuba, di Giamaica, di Curaçao e delle Antille, di Haiti, del Venezuela e degli Stati Uniti; soprattutto da voi, figli della terra dominicana.

Così sia.

Data: 1979-01-25

Data estesa: Giovedì 25 Gennaio 1979.






GPII 1979 Insegnamenti - All'Ispettorato di Pubblica Sicurezza presso il Vaticano - Città del Vaticano (Roma)