GP2 Discorsi 2004 240


AI MEMBRI DELL’ "INTERNATIONAL BOARD OF TRUSTEES"


DELL’OSPEDALE SAN GIUSEPPE DI GERUSALEMME


Sabato, 20 novembre 2004






Beatitudine, Signore e Signori,

241 sono lieto di accogliere in Vaticano l'International Board of Trustees dell'Ospedale San Giuseppe di Gerusalemme. Colgo questa opportunità per incoraggiare voi e tutti coloro che sono impegnati nell'opera dell'ospedale, a dare sempre il meglio di sé nel servizio generoso ai malati, con il massimo rispetto per la loro dignità umana e il loro valore unico agli occhi di Dio. Apprezzo il senso lodevole di solidarietà e di sollecitudine per le esigenze della comunità palestinese che ha portato il San Giuseppe a essere l'unico ospedale cattolico a Gerusalemme. Che l'ospedale continui a trovare sostegno morale e materiale sia in Terra Santa sia all'estero! A voi, e a tutti i benefattori, al personale e ai pazienti, imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica.


AI PARTECIPANTI ALL’ASSEMBLEA PLENARIA


DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA FAMIGLIA


Sabato, 20 novembre 2004


Signor Cardinale,
venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Sono lieto di ricevervi in occasione della Plenaria del Pontificio Consiglio per la Famiglia. A tutti rivolgo il mio saluto cordiale. Saluto in particolare il Signor Cardinale Alfonso López Trujillo, che ringrazio per i sentimenti espressi.

So che il Dicastero lavora intensamente per diffondere il "vangelo della famiglia". L’espressione è appropriata perché annunciare la "stupenda notizia" della famiglia, che affonda le sue radici nel Cuore di Dio creatore, è una nobile e decisiva missione. La famiglia, fondata sul matrimonio, è un'istituzione naturale insostituibile ed elemento fondamentale del bene comune di ogni società.

2. Chi distrugge questo tessuto fondamentale dell’umana convivenza, non rispettandone l’identità e stravolgendone i compiti, causa una ferita profonda alla società e provoca danni spesso irreparabili. Giustamente, pertanto, voi intendete riflettere sui vari aspetti che toccano la famiglia, a livello sia nazionale che internazionale. Anche in questo campo la Chiesa non può discostarsi dalla norma enunciata dall’apostolo Pietro: "Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini" (Ac 5,29).

Nell’Esortazione apostolica Familiaris consortio già ponevo in rilievo "il posto singolare che, in questo campo, spetta alla missione dei coniugi e delle famiglie cristiane, in forza della grazia ricevuta nel sacramento" e ricordavo che tale missione dev’essere posta "a servizio dell’edificazione della Chiesa" e "della costruzione del Regno di Dio nella storia" (n. 71). Questa missione non ha perso nulla della sua attualità, ha anzi assunto caratteristiche di eccezionale urgenza.

3. Venendo al tema principale della vostra Plenaria - "La missione delle coppie mature e sperimentate verso i fidanzati e le coppie giovani"-, desidero incoraggiarvi ad un impegno rinnovato in favore delle giovani famiglie. Come ebbi a dire nella Familiaris consortio, "nell'azione pastorale verso le giovani famiglie la Chiesa dovrà riservare una specifica attenzione per educarle a vivere responsabilmente l'amore coniugale in rapporto alle sue esigenze di comunione e di servizio alla vita, come pure a conciliare l'intimità della vita di casa con la comune e generosa opera per edificare la Chiesa e la società umana" (n. 69).

In quel documento avvertivo, inoltre, che le famiglie giovani, "trovandosi in un contesto di nuovi valori e di nuove responsabilità, sono più esposte, specialmente nei primi anni di matrimonio, ad eventuali difficoltà, come quelle create dall'adattamento alla vita in comune o dalla nascita di figli" (n. 69). Esortavo perciò i giovani coniugi ad accogliere cordialmente e a valorizzare intelligentemente l'aiuto discreto, delicato e generoso di altre coppie, che già da tempo vanno facendo l'esperienza del matrimonio e della famiglia.

242 4. A questo riguardo, rilevo con piacere la crescente presenza in tutto il mondo di movimenti a favore della famiglia e della vita. Il loro dinamismo, messo al servizio di coloro che camminano sulla via del matrimonio recentemente contratto, garantisce un aiuto prezioso nel suscitare l’opportuna risposta alla ricchezza della vocazione alla quale il Signore li chiama.

Dieci anni fa, nella Lettera alle Famiglie, sottolineavo quanto la ricca esperienza di altre famiglie si riveli importante, specialmente quando il "noi" dei genitori, del marito e della moglie, si sviluppa per mezzo della generazione e dell'educazione, nel "noi" della famiglia, con il dono preziosissimo dei figli (cfr n. 16). Si costruisce così, in un clima di collaborazione, la chiesa domestica, santuario della vita e vero pilastro portante per l’avvenire dell’umanità.

5. In conclusione, il mio pensiero va al V Incontro Mondiale delle Famiglie, che avrà luogo nel 2006 a Valencia (Spagna). So che il vostro Pontificio Consiglio sta preparando, congiuntamente con l'Arcidiocesi di Valencia quell'evento. Saluto l'Arcivescovo Mons. Agustín García Gasco, qui presente, ed invio un saluto caloroso all’amata terra di Spagna, che avrà l’onore di ospitare quell’evento.

Nell’invocare sul vostro lavoro la continua assistenza divina, vi affido alla speciale intercessione della Santa Famiglia di Nazaret e tutti di cuore vi benedico.


AI MEMBRI DEL SENATO ACCADEMICO DELL'UNIVERSITÀ


NICOLO COPERNICO DI TORUN (POLONIA)


Martedì, 23 novembre 2004




Signor Cardinale,
Venerati Fratelli nel Episcopato,
Illustri Membri del Senato e del Corpo Accademico,
Onorevoli Autorità
Carissimi Fratelli e Sorelle,

1. Saluto tutti cordialmente. Sono lieto di poter accogliere una rappresentanza così illustre dell’Università Nicolò Copernico di Torun. Ringrazio il Rettore Magnifico per le cortesi parole e il Senato accademico per avermi conferito il titolo di dottore honoris causa. L’accetto con gratitudine, come segno di dialogo tra la scienza e la fede, in continuo sviluppo.

243 2. Accogliendovi, illustri Signori, ricordo quel giorno del mese di giugno del 1999 nel quale mi era stato dato di varcare la soglia del vostro Ateneo. Ricordo anche di aver parlato allora proprio di questo dialogo, che è chiamato a superare la contrapposizione illuministica della verità raggiunta dalla ragione e di quella conosciuta mediante la fede. Oggi comprendiamo sempre meglio che si tratta della stessa verità e che bisogna che gli uomini, giungendo ad essa sulle vie a loro proprie, non camminino da soli, ma cerchino la conferma delle proprie intuizioni anche nell’incontro con altri. Soltanto allora gli studiosi e gli uomini di cultura saranno realmente in grado di assumersi quella speciale responsabilità di cui parlai a Torun: la “responsabilità per la verità – il tendere ad essa, il difenderla e il vivere secondo essa” (Discorso ai rettori delle Istituzioni accademiche, 7.06.1999).

3. Mi rallegro perché l’Università Nicolò Copernico si sta sviluppando in modo dinamico, offrendo la possibilità di conseguire la scienza a un numero sempre maggiore di giovani. E’ bene che vi possa partecipare anche la Facoltà di Teologia. So che codesto sviluppo si sta realizzando con il sostegno delle Autorità locali di una città che con certezza può essere chiamata la “città universitaria”. Che questa opera comune serva la città di Torun, la regione e tutta la Polonia. Non vi è in una nazione una ricchezza maggiore di quella di essere formata da cittadini dotti.

4. Illustri Signori, una volta ancora vi ringrazio per la vostra venuta. Vi prego di portare il mio saluto a tutti i Professori e agli Studenti della vostra Università, e anche a tutti gli abitanti della città di Torun. Che la benedizione di Dio vi accompagni costantemente!


AI PARTECIPANTI ALL'ASSEMBLEA PLENARIA


DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER I LAICI


Giovedì, 25 novembre 2004




Signori Cardinali,
venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Vi accolgo con gioia in occasione dell’Assemblea plenaria del Pontificio Consiglio per i Laici. Saluto con viva cordialità il Presidente, Mons. Stanislaw Rylko, e gli sono grato per le parole che mi ha indirizzato a vostro nome. Saluto il Segretario, Mons. Josef Clemens, i Membri e i Consultori, gli Officiali e il Personale di codesto Dicastero, che con impegno svolge la sua missione tesa a rinvigorire nei battezzati, mediante molteplici iniziative, la consapevolezza della propria identità e vocazione cristiana.

2. Penso, ad esempio, all’Incontro dei cattolici dell'Europa dell'Est, organizzato l'anno scorso a Kiev, in Ucraina, che ha evidenziato il ruolo svolto dai fedeli laici nella ricostruzione spirituale e materiale di quelle Nazioni dopo lunghi anni di totalitarismo ateo.

Conosco pure la sollecitudine del vostro Pontificio Consiglio per la “nuova stagione aggregativa” dei laici, che si caratterizza per una più stretta collaborazione tra le diverse associazioni, comunità e movimenti. Strumento prezioso è, al riguardo, il “Repertorio delle associazioni internazionali di fedeli”.

Sono, poi, informato dei primi passi della Sezione “Chiesa e Sport”, recentemente istituita, come pure dei confortanti frutti del Forum internazionale dei giovani sulla pastorale universitaria.

244 Non posso, inoltre, sorvolare sull'intensa preparazione della Giornata Mondiale della Gioventù, che si celebrerà a Colonia, in Germania, nell'agosto del 2005. Questo appuntamento, che ha per tema: “Siamo venuti per adorarlo” (Mt 2,2), sollecita tutta la Chiesa, e specialmente i giovani, a mettersi in cammino come i Magi per incontrare il Dio fatto Uomo per la nostra salvezza.

3. Chiuso il ciclo delle Assemblee dedicate ai sacramenti dell'iniziazione cristiana, con questa Plenaria voi iniziate a riflettere sulla parrocchia, tema che vi impegnerà nei prossimi anni.

La prima tappa, come emerge dall’agenda dei lavori, consiste nell’aiutare i fedeli laici a riscoprire il vero volto della parrocchia, “espressione più immediata e visibile” della Chiesa che “vive in mezzo alle case dei suoi figli e delle sue figlie” (Christifideles laici CL 26). La parrocchia è la cellula vitale nella quale trova naturale collocazione la partecipazione dei laici all'edificazione e alla missione della Chiesa nel mondo. E’ presenza che richiama costantemente ogni uomo a confrontarsi con il senso ultimo della vita; è porta aperta a tutti, perché ognuno possa accedere al cammino della salvezza. In una parola, la parrocchia è il luogo per eccellenza dell'annuncio di Cristo e dell’educazione alla fede. Proprio per questo ha bisogno di rinnovarsi costantemente per divenire vera “comunità di comunità”, capace di un'azione missionaria veramente incisiva.

4. In quest'anno dedicato all'Eucaristia, come non ricordare, infine, che l'Eucaristia è il cuore pulsante della parrocchia, fonte della sua missione e presenza che continuamente la rinnova? In effetti, la parrocchia è “comunità di battezzati che esprimono la loro identità soprattutto attraverso la celebrazione del Sacrificio eucaristico” (Ecclesia de Eucharistia, 32).

Carissimi Fratelli e Sorelle! Auguro di cuore che la riflessione sulla parrocchia, avviata dal Pontificio Consiglio per i Laici con questa riunione, aiuti tutti a comprendere ancor più che la comunità parrocchiale è luogo dell'incontro con Cristo e con i fratelli. Vi accompagno con la preghiera, mentre affido voi e i vostri cari alla materna protezione di Maria, Madre di Dio e Madre della Chiesa.

Con questi sentimenti tutti vi benedico.


A S.E. IL SIGNOR ALI ABDULLAH SALEH


PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DELLO YEMEN


Venerdì, 26 novembre 2004




Signor Presidente,

Sono lieto di salutare Lei e il suo seguito in Vaticano, e La ringrazio per i buoni sentimenti che ha espresso a nome del popolo dello Yemen.

Durante questo periodo di tensione nella Sua regione, esorto Lei e tutti gli uomini e le donne di buona volontà a combattere il terrorismo, impegnandovi per la pace e la giustizia. Ciò è possibile soltanto se le persone riconoscono la necessità costante di tolleranza e reciproca comprensione. A questo proposito, incoraggio i vostri sforzi volti a promuovere lo spirito di dialogo franco e aperto fra le diverse religioni e i diversi popolo della Penisola Arabica. Prego con fervore affinché Dio Onnipotente possa concedere a voi e a tutto il popolo yemenita, i doni di pace, armonia e riconciliazione.




AI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE


DEGLI STATI UNITI D’AMERICA (REGIONE IX)


Venerdì, 26 novembre 2004




245 Cari Fratelli Vescovi,

1. Con affetto in Cristo Gesù, vi porgo il benvenuto, miei fratelli Vescovi delle Province ecclesiastiche di Dubunque, Kansas City in Kansas, Omaha e Saint Louis, in occasione della vostra visita ad Limina Apostolorum.Oggi, proseguendo le mie riflessioni sull'esercizio del governo episcopale, desidero richiamare la vostra attenzione sul rapporto che vi unisce ai vostri più stretti collaboratori nell'apostolato, i vostri fratelli sacerdoti.

Diverse volte, nel corso di questi colloqui ho chiesto a voi e ai vostri fratelli Vescovi di trasmettere ai sacerdoti negli Stati Uniti la mia gratitudine personale e il mio apprezzamento per il loro servizio fedele al Vangelo. In questi giorni, mentre vi inginocchiate davanti alla tomba di san Pietro, qui nel cuore della Chiesa, vi chiedo non solo di affidare loro e il loro ministero al Signore, ma di rinnovare il vostro impegno nel collaborare con loro "con l'unione dei vostri spiriti, con la stessa carità, con i medesimi sentimenti" (cfr
Ph 2,2).

2. Hinc unitas sacerdotii exoritur. Queste parole, iscritte sull'Altare Maggiore della Basilica di San Pietro, ricordano solennemente che la fraternità che unisce voi e i vostri sacerdoti deriva definitivamente dalla grazia degli Ordini Sacri e dall'unica missione affidata dal Signore risorto agli Apostoli e ai loro successori nella Chiesa (cfr Presbyterorum ordinis PO 7). Il Concilio Vaticano II, in particolare, ha fatto ricorso a questa visione dell'unità del sacerdozio nel suo insegnamento secondo il quale i sacerdoti formano un unico presbiterio con il proprio Vescovo, esercitando con lui, e sotto la sua autorità, l'ufficio di Cristo, Pastore e Capo della Sua Chiesa (cfr Lumen gentium LG 28). Il rafforzamento quotidiano di questa comunione spirituale e gerarchica in seno al presbiterato diocesano è un compito primario ed essenziale di ogni Vescovo. Il Concilio ha infatti esortato i Vescovi a preoccuparsi in particolare del benessere dei loro sacerdoti, trattandoli come figli e amici e coltivando con costanza quella carità soprannaturale che porta a un'unione di volontà nel servizio del Popolo di Dio (cfr Christus Dominus CD 16,28). Io stesso sono convinto del fatto che il più efficace strumento di promozione di tale unione sia un impegno per la vita e la missione della Chiesa particolare, condiviso e costantemente rinnovato. Con un amore totale e abnegato per la comunità cristiana, i Vescovi e i sacerdoti scopriranno "una fonte di significati, di criteri di discernimento e di azione, che configurano sia la sua missione pastorale sia la sua vita spirituale" (cfr Pastores dabo vobis PDV 31). Il Vescovo, dimostrando con chiarezza che ama la Chiesa affidata alla sua sollecitudine con cuore indiviso, sarà il primo a promuovere fra i suoi fratelli sacerdoti la crescita di quella "comunità di vita, di lavoro e di carità" (Lumen gentium LG 28), basata sull'"unico amore" che è il centro e l'anima dell'apostolato.

3. Il Vescovo, oltre a promuovere la fiducia reciproca, il dialogo, lo spirito di unità e uno spirito missionario comune nel suo rapporto con i sacerdoti, ha anche il compito di coltivare nel presbiterato un senso di corresponsabilità per il governo della Chiesa locale. Il Concilio sottolinea opportunamente che i Pastori stessi condividono correttamente il munus regendi (cfr Christus Dominus CD 30) mentre il Vescovo è chiamato a governare la sua Diocesi "coadiuvato dal suo presbiterio" (Ibidem, CD 11; cfr CIC, can. CIC 369). L'esercizio concreto di questa corresponsabilità esige soprattutto che il Vescovo abbia una sana visione ecclesiologica, una sollecitudine per le esigenze legittime della sussidiarietà in seno alla Chiesa e un rispetto per i ruoli propri dei vari membri del presbiterato diocesano.

A motivo dell'importanza storica della parrocchia nella Chiesa negli Stati Uniti, un fine fondamentale del vostro governo dovrebbe essere di incoraggiare e coordinare l'opera pastorale condotta nella grande rete delle parrocchie e delle istituzioni correlate che formano la Chiesa locale. La parrocchia, infatti, è "eminente fra tutte quelle presenti in una Diocesi", e di essa "il Vescovo è il primo responsabile: ad essa pertanto egli deve riservare soprattutto la sua cura" (Pastores gregis, n. 45). La parrocchia è, e dovrebbe essere, il primo luogo in cui i fedeli si incontrano e sono invitati a partecipare pienamente alla vita e alla missione della Chiesa. La Diocesi dovrebbe esistere nelle parrocchie e per esse.

Per questo motivo, il rinnovamento della vita ecclesiale al servizio della nuova evangelizzazione dovrebbe cominciare opportunamente con la rivitalizzazione della comunità parrocchiale, incentrata com'è sulla predicazione del Vangelo e la celebrazione dell'Eucaristia (cfr Ecclesia in America, n. ). Il Vescovo deve svolgere un ruolo indispensabile in questa rivitalizzazione, promuovendo d'autorità l'insegnamento della Chiesa e proponendo un piano pastorale unificato, in grado di ispirare ed orientare l'apostolato sia del clero sia del laicato.

I Pastori devono essere aiutati non solo a "edificare una comunità", ma anche a chiarire ancor più pienamente "le mete alle quali il loro governo dovrebbe mirare sempre in comunione con la Chiesa particolare e universale" (cfr CIC, canoni CIC 528 CIC, canoni CIO 528 CIO 529), mentre i fedeli laici dovrebbero essere esortati a comprendere e ad esercitare il proprio munus regale al servizio del Regno di Dio (cfr Lumen gentium LG 31). In breve, tutta la comunità cristiana deve essere incoraggiata a passare dalla "Messa alla missione" (cfr Dies Domini, n. 45) alla ricerca della santità e al servizio della nuova evangelizzazione.

4. Preoccupazione essenziale di un governo responsabile deve essere anche quella di provvedere per il futuro. Nessuno può negare che il calo delle vocazioni al sacerdozio rappresenti per la Chiesa negli Stati Uniti una sfida difficile che non può essere ignorata né tralasciata. La risposta a questa sfida deve essere la preghiera insistente secondo il comandamento del Signore (cfr Mt 9,37-38), accompagnata da un programma di vocazione promozionale che riguardi ogni aspetto della vita ecclesiale. Dato che "la responsabilità di promuovere vocazioni al sacerdozio compete a tutto il Popolo di Dio e trova il suo principale compimento nella preghiera costante e umile per le vocazioni" (Ecclesia in America, n. 40), sottopongo alla vostra considerazione la proposta che la comunità cattolica nel vostro Paese celebri ogni anno una giornata nazionale di preghiera per le vocazioni sacerdotali.

La preoccupazione per il futuro richiede anche di prestare un'attenzione particolare alla formazione in seminario, che deve instillare nei candidati al sacerdozio non solo una visione teologica integrale, ma anche un impegno alla santità e alla saggezza spirituale, così come alla formazione di una capacità di guida prudente e di una dedizione altruistica per il gregge. A questo proposito, vorrei anche incoraggiarvi a non lesinare alcuno sforzo nel garantire una sana e costante educazione al clero, e in particolare, nel considerare una parte essenziale del vostro governo spingere giovani sacerdoti ad affrontare studi avanzati nelle scienze ecclesiastiche, soprattutto Teologia e Diritto Canonico.

Questa formazione, indipendentemente dai sacrifici che implica, andrebbe considerata come una fonte di arricchimento duraturo per la vita della Chiesa locale.

246 5. Cari Fratelli, la visione del Concilio, l'eredità spirituale del Grande Giubileo e le esigenze pastorali dei fedeli in America oggi esigono un impegno rinnovato per il centro della missione della Chiesa: proclamare il Vangelo di Gesù Cristo nella sua integrità, esortando all'obbedienza di fede, promuovendo una santità autentica e operando per la diffusione del Regno di Dio in ogni aspetto della vita personale, sociale e culturale. Mentre vi impegnate a compiere questa grande opera in comunione con i vostri fratelli sacerdoti, i vostri diaconi, le donne e gli uomini consacrati che appartengono alle vostre Chiese particolari e tutti i fedeli nella varietà dei loro doni e delle loro vocazioni, affido tutti voi alle amorevole preghiere di Maria, Madre della Chiesa, e imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica quale pegno di gioia e pace durevoli nel Signore.


AI PARTECIPANTI ALLA CONFERENZA INTERNAZIONALE


DELLE AMMINISTRAZIONI PENITENZIARIE D'EUROPA


Venerdì, 26 novembre 2004




Illustri Signori e gentili Signore!

1. E’ con vero piacere che accolgo quest’oggi voi, che partecipate a Roma alla Conferenza dei Responsabili delle Amministrazioni Penitenziarie dei 45 Stati aderenti al Consiglio d’Europa. Grazie per la vostra gradita visita, che mi offre l’occasione di meglio conoscere la vostra attività e i vostri progetti. Voi state affrontando tematiche quanto mai attuali, che concernono la gestione dei detenuti e delle strutture carcerarie d’Europa.

Vi saluto tutti con deferenza. Saluto in modo speciale il Direttore Generale degli Affari Legali al Consiglio d’Europa e il Capo Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria Italiana, ai quali esprimo viva gratitudine per le parole gentilmente rivoltemi a nome dei presenti.

2. Voi state riflettendo su come rendere sempre più rispondenti alle esigenze dei carcerati le norme penitenziarie d’Europa. Al riguardo, non v’è dubbio che al carcerato vada sempre riconosciuta la dignità di persona, quale soggetto di diritti e di doveri. In ogni Nazione civile deve essere preoccupazione condivisa la tutela dei diritti inalienabili di ogni essere umano. Con l’impegno di tutti si dovranno, pertanto, correggere eventuali leggi e norme che li ostacolassero, specialmente quando si trattasse del diritto alla vita e alla salute, del diritto alla cultura, al lavoro, all’esercizio della libertà di pensiero e alla professione della propria fede.

Il rispetto della dignità umana è un valore della cultura europea, che affonda le sue radici nel cristianesimo; un valore umano universale e, come tale, suscettibile del più largo consenso. Ogni Stato deve preoccuparsi che in tutte le carceri sia garantita la piena attenzione ai diritti fondamentali dell’uomo.

3. Misure semplicemente repressive o punitive, alle quali normalmente oggi si fa ricorso, risultano inadeguate al raggiungimento di obiettivi di autentico recupero dei detenuti. E’ necessario, pertanto, ripensare, come voi state facendo, la situazione carceraria nei suoi stessi fondamenti e nelle sue finalità.

Se scopo delle strutture carcerarie non è solo la custodia, ma anche il recupero dei detenuti, occorre abolire quei trattamenti fisici e morali che risultano lesivi della dignità umana ed impegnarsi a meglio qualificare professionalmente il ruolo di chi opera all’interno degli istituti di pena.

4. In questa luce, va incoraggiata la ricerca di pene alternative al carcere, sostenendo le iniziative di autentica risocializzazione dei detenuti con programmi di formazione umana, professionale, spirituale.

In questo contesto è di riconosciuta utilità il ruolo dei ministri di culto. Essi sono chiamati a svolgere un compito delicato e per alcuni versi insostituibile, che non si riduce ai soli atti di culto, ma si estende spesso a quelle istanze sociali dei detenuti che la struttura carceraria non sempre è in grado di soddisfare.

247 Come poi non prendere atto con piacere che vanno moltiplicandosi le istituzioni e le associazioni di volontariato dedite all’assistenza dei detenuti e al loro reinserimento nella società?

5. Legittima preoccupazione, da alcuni ribadita, è che il rispetto della dignità umana dei detenuti non vada a scapito della tutela della società. Per questo si insiste sulla necessità di difendere i cittadini, anche con quelle forme di deterrenza che sono rappresentate dall’esemplarità delle pene. Ma la doverosa applicazione della giustizia per difendere i cittadini e l’ordine pubblico non contrasta con la debita attenzione ai diritti dei carcerati e al recupero delle loro persone; al contrario, si tratta di due aspetti che si integrano. Prevenzione e repressione, detenzione e risocializzazione sono interventi tra loro complementari.

Illustri Signori e gentili Signore! Iddio sostenga i vostri sforzi per rendere il carcere un luogo di umanità, di redenzione e di speranza. Io assicuro la mia preghiera e invoco la benedizione di Dio su voi qui presenti e su quanti prestano il loro servizio nei penitenziari europei, con un pensiero particolarmente affettuoso per tutti i detenuti.


ALL’ASSOCIAZIONE "COMUNITÀ PAPA GIOVANNI XXIII"


Lunedì, 29 novembre 2004

Signori Cardinali,

venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Sono lieto di accogliere e di salutare ciascuno di voi, qui convenuti in occasione di questa speciale Udienza ai rappresentanti dei numerosi membri dell’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, diffusa in Italia e in altri 20 Paesi del mondo.

Saluto con particolare affetto il vostro Fondatore e Responsabile generale, il caro don Oreste Benzi, e lo ringrazio per le parole che mi ha rivolto a nome di tutti. Saluto i suoi collaboratori, i sacerdoti, i consacrati e quanti fanno parte a vario titolo del vostro benemerito Sodalizio, che proprio in questi giorni celebra il trentesimo anniversario di fondazione.

2. Fin dalle origini, da quando cioè don Oreste Benzi aprì la prima casa-famiglia, la vostra Comunità, che qualche mese fa è stata riconosciuta come Associazione internazionale privata di fedeli di diritto pontificio, si è distinta per un peculiare servizio agli ultimi e per uno stile di autentica condivisione, tesa a rigenerare nell’amore coloro che, per vari motivi, sono senza famiglia.

Essa è stata costantemente incoraggiata dai vostri Pastori e continua ad intrattenere rapporti di cordiale sintonia con le diocesi e le parrocchie in cui si trova ad operare. Le vostre attività cercano inoltre di inserirsi nel territorio e si aprono alla collaborazione delle strutture sociali pubbliche e private, senza però venir meno alla loro tipica ispirazione cristiana che sempre le orienta e le anima.

248 3. Voi siete ben consapevoli che l’azione caritativa verso i fratelli assume il suo pieno valore quando si fonda sul primato dell’amore di Dio. Per dare autentico amore ai fratelli è necessario attingerlo in Dio. Per questo opportunamente voi dedicate soste prolungate alla preghiera, all’ascolto della Parola di Dio, e fondate tutta la vostra esistenza su Cristo.

Carissimi Fratelli e Sorelle! Continuate a curare la vostra formazione spirituale e l’assidua frequenza ai Sacramenti. Fate, in particolare, dell’Eucaristia il cuore delle case-famiglia e di ogni altra attività sociale ed educativa. In questo anno dedicato al Sacramento dell’altare, ravvivate l’ardore contemplativo e l’amore per il divin Redentore, che nell’Eucaristia si fa per noi cibo di vita immortale. Attingete da Lui l’energia spirituale per essere infaticabili operai del suo Vangelo, testimoniandone la tenerezza a quanti vivono in condizioni di disagio e di abbandono.

Inizia proprio oggi la novena dell’Immacolata. Vi affido a Lei, Vergine Madre di Dio, perché vi renda sempre seminatori di speranza, di amore e di pace. Con questi sentimenti, imparto a voi qui presenti, all’intera Associazione e a quanti sostengono in ogni modo la vostra importante opera una speciale Benedizione Apostolica.


AI LEGIONARI DI CRISTO


E AI MEMBRI DEL MOVIMENTO "REGNUM CHRISTI"


Martedì, 30 novembre 2004




Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Sono lieto di incontrarmi con tutti voi, nel clima di gioia e di riconoscenza al Signore per il sessantesimo anniversario di Ordinazione Sacerdotale di Padre Marcial Maciel Degollado, Fondatore e Superiore Generale della vostra giovane e benemerita Famiglia religiosa.

Va innanzitutto al caro Padre Maciel il mio affettuoso saluto, che volentieri accompagno con i più cordiali auspici per un ministero sacerdotale colmo dei doni dello Spirito Santo. Saluto poi i Superiori dell’Istituto, in particolare il Vicario Generale che ringrazio per le parole che mi ha rivolto a nome di tutti. Saluto, inoltre, voi, cari Sacerdoti e Seminaristi Legionari di Cristo, cari Membri del Movimento Regnum Christi, e quanti avete preso parte alle celebrazioni giubilari di questi giorni.

2. La felice ricorrenza che vi vede tutti raccolti attorno al Fondatore, mentre invita a far memoria dei doni che egli ha ricevuto dal Signore in questi sessant’anni di ministero sacerdotale, costituisce al tempo stesso l’occasione per ribadire gli impegni che come Legionari di Cristo voi avete assunto al servizio del Vangelo. In particolare quest’oggi, incontrando il Successore di Pietro, voi volete rinnovare l’impegno della vostra totale fedeltà alla Chiesa ed a colui che la Provvidenza ha voluto come suo Pastore.

Mi è caro, in questo significativo incontro, ripetervi quanto ebbi a dirvi al termine del Grande Giubileo dell’Anno Duemila: “E’ oggi più che mai necessaria una proclamazione del Vangelo che, accantonando tutte le paure paralizzanti, annunci con profondità intellettuale e con coraggio la verità su Dio, sull’uomo e sul mondo” (Discorso ai Legionari di Cristo ed ai Membri del Movimento “Regnum Christi”, n. 4, in L’Oss. Rom Rm 5 gennaio 2001, p. 5).

3. Per portare a compimento questa impegnativa missione, è indispensabile coltivare una costante intimità con Cristo, cercando di seguirlo ed imitarlo docilmente. Ciò vi renderà sempre pronti a rispondere alle attese più autentiche e profonde degli uomini e delle donne del nostro tempo.

L’Anno dell’Eucaristia, che è iniziato ad ottobre, sia per voi occasione propizia per crescere nell’amore eucaristico, fonte e culmine di tutta la vita cristiana. Per la Chiesa questo sommo Mistero è il dono per eccellenza di Cristo, perché è “dono di se stesso, della sua persona nella sua santa umanità, nonché della sua opera di salvezza” (Ecclesia de Eucharistia, 11).

249 4. Restate uniti attorno all’Eucaristia! Fedeli al carisma che vi contraddistingue, proseguite la vostra missione evangelizzatrice nutrendovi di Cristo e facendovi suoi intrepidi testimoni.

Vi accompagnino i vostri santi protettori; vi sia di guida e di sostegno soprattutto Maria Santissima, la “Madonna del Soccorso”.

Con questi sentimenti e voti, imparto di cuore al caro Padre Maciel e a tutti voi qui presenti una speciale Benedizione Apostolica, che volentieri estendo ai Membri della vostra Famiglia religiosa e a quanti incontrate nel vostro quotidiano apostolato.

Dicembre 2004



A S.E. IL SIGNOR TEODORO OBIANG NGUEMA MBASOGO


PRESIDENTE DELLA GUINEA EQUATORIALE


Giovedì, 2 dicembre 2004

Signor Presidente,


La sua visita mi dà l'opportunità di inviare un saluto all'amato popolo della Guinea, presente tante volte nel mio ricordo e nella mia preghiera.

Nel suo Paese, che ho avuto la gioia di visitare nel 1982, la Chiesa, oltre all'evangelizzazione, svolge con i mezzi di cui dispone una generosa opera nel campo dell'educazione, della sanità, della promozione dei più bisognosi. Ispirandosi al Vangelo, desidera unicamente contribuire alla promozione della dignità dell'uomo, in un clima adeguato di libertà, collaborazione, riconciliazione, comprensione e rispetto, che renda possibile il compimento pacifico e fecondo della sua missione spirituale e umanitaria.

Desidero, quindi, che questo incontro contribuisca a un'intesa e a relazioni cordiali e serene fra le autorità pubbliche e la comunità cristiana, che recheranno beneficio a tutti i cittadini nel loro anelito di migliorare le proprie condizioni di vita, affinché si possano realizzare come persone e come figli di Dio.

Grato per la sua visita, formulo i miei migliori voti per tutto il popolo della Guinea e invoco su di esso abbondanti benedizioni divine che lo incoraggino nelle sue speranze e legittime aspirazioni.




AI MEMBRI DELL'ISTITUTO SECOLARE


DEI SERVI DELLA SOFFERENZA


Giovedì, 2 dicembre 2004






Carissimi Fratelli e Sorelle!


GP2 Discorsi 2004 240