GP2 Discorsi 2005 29105

AL TRIBUNALE DELLA ROTA ROMANA IN OCCASIONE DELL’INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO Sabato, 29 gennaio 2005

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1. Questo appuntamento annuale con voi, cari Prelati Uditori del Tribunale Apostolico della Rota Romana, evidenzia l'essenziale legame del vostro prezioso lavoro con l'aspetto giudiziale del ministero petrino. Le parole del Decano del vostro Collegio hanno espresso il comune impegno di piena fedeltà nel vostro servizio ecclesiale.

È in questo orizzonte che vorrei collocare oggi alcune considerazioni circa la dimensione morale dell'attività degli operatori giuridici presso i tribunali ecclesiastici, soprattutto per quel che riguarda il dovere di adeguarsi alla verità sul matrimonio, così come essa è insegnata dalla Chiesa.

2. Da sempre la questione etica si è posta con speciale intensità in qualsiasi genere di processo giudiziario. Gli interessi individuali e collettivi possono, infatti, indurre le parti a ricorrere a vari tipi di falsità e perfino di corruzione allo scopo di raggiungere una sentenza favorevole.

Da questo rischio non sono immuni nemmeno i processi canonici, in cui si cerca di conoscere la verità sull'esistenza o meno di un matrimonio. L'indubbia rilevanza che ciò ha per la coscienza morale delle parti rende meno probabile l’acquiescenza ad interessi alieni dalla ricerca della verità. Ciò nonostante, possono verificarsi dei casi nei quali si manifesta una simile acquiescenza, che compromette la regolarità dell’iter processuale. È nota la ferma reazione della norma canonica a simili comportamenti (cfr CIC, cann.
CIC 1389 CIC 1391 CIC 1457 CIC 1488 CIC 1489).

3. Tuttavia, nelle attuali circostanze un altro rischio è pure incombente. In nome di pretese esigenze pastorali, qualche voce s’è levata per proporre di dichiarare nulle le unioni totalmente fallite. Per ottenere tale risultato si suggerisce di ricorrere all'espediente di mantenere le apparenze procedurali e sostanziali, dissimulando l'inesistenza di un vero giudizio processuale. Si è così tentati di provvedere ad un’impostazione dei capi di nullità e ad una loro prova in contrasto con i più elementari principi della normativa e del magistero della Chiesa.

È evidente l'oggettiva gravità giuridica e morale di tali comportamenti, che non costituiscono sicuramente la soluzione pastoralmente valida ai problemi posti dalle crisi matrimoniali. Grazie a Dio, non mancano fedeli la cui coscienza non si lascia ingannare, e tra di essi si trovano anche non pochi che, pur essendo coinvolti in prima persona in una crisi coniugale, non sono disposti a risolverla se non seguendo la via della verità.

4. Nei discorsi annuali alla Rota Romana ho più volte ricordato l’essenziale rapporto che il processo ha con la ricerca della verità oggettiva. Di ciò devono farsi carico innanzitutto i Vescovi, che sono i giudici per diritto divino delle loro comunità. È in loro nome che i tribunali amministrano la giustizia. Essi sono pertanto chiamati ad impegnarsi in prima persona per curare l'idoneità dei membri dei tribunali, diocesani o interdiocesani, di cui essi sono i Moderatori, e per accertare la conformità delle sentenze con la retta dottrina.

I sacri Pastori non possono pensare che l'operato dei loro tribunali sia una questione meramente "tecnica" della quale possono disinteressarsi, affidandola interamente ai loro giudici vicari (cfr CIC, cann. CIC 391 CIC 1419 CIC 1423 § 1).

5. La deontologia del giudice ha il suo criterio ispiratore nell’amore per la verità. Egli dunque deve essere innanzitutto convinto che la verità esiste. Occorre perciò cercarla con desiderio autentico di conoscerla, malgrado tutti gli inconvenienti che da tale conoscenza possano derivare. Bisogna resistere alla paura della verità, che a volte può nascere dal timore di urtare le persone. La verità, che è Cristo stesso (cfr Jn 8,32 Jn 8,36), ci libera da ogni forma di compromesso con le menzogne interessate.

Il giudice che veramente agisce da giudice, cioè con giustizia, non si lascia condizionare né da sentimenti di falsa compassione per le persone, né da falsi modelli di pensiero, anche se diffusi nell’ambiente. Egli sa che le sentenze ingiuste non costituiscono mai una vera soluzione pastorale, e che il giudizio di Dio sul proprio agire è ciò che conta per l'eternità.

6. Il giudice deve poi attenersi alle leggi canoniche, rettamente interpretate. Egli perciò non deve mai perdere di vista l’intrinseca connessione delle norme giuridiche con la dottrina della Chiesa. Qualche volta, infatti, si pretende di separare le leggi della Chiesa dagli insegnamenti magisteriali, come se appartenessero a due sfere distinte, di cui la prima sarebbe l'unica ad avere forza giuridicamente vincolante, mentre la seconda avrebbe un valore meramente orientativo od esortativo.

Una simile impostazione rivela in fondo una mentalità positivistica, che è in contrasto con la migliore tradizione giuridica classica e cristiana sul diritto. In realtà, l'interpretazione autentica della parola di Dio, operata dal magistero della Chiesa (cfr Conc. Vat. II, Cost. dogm. sulla divina Rivelazione Dei Verbum DV 10 § 2), ha valore giuridico nella misura in cui riguarda l'ambito del diritto, senza aver bisogno di nessun ulteriore passaggio formale per diventare giuridicamente e moralmente vincolante.

Per una sana ermeneutica giuridica è poi indispensabile cogliere l'insieme degli insegnamenti della Chiesa, collocando organicamente ogni affermazione nell'alveo della tradizione. In questo modo si potrà rifuggire sia da interpretazioni selettive e distorte, sia da critiche sterili a singoli passi.

Infine, un momento importante della ricerca della verità è quello dell’istruttoria della causa. Essa è minacciata nella sua stessa ragion d'essere, e degenera in puro formalismo, quando l'esito del processo si dà per scontato. È vero che anche il dovere di una giustizia tempestiva fa parte del servizio concreto della verità, e costituisce un diritto delle persone. Tuttavia, una falsa celerità, che sia a scapito della verità, è ancor più gravemente ingiusta.

7. Vorrei concludere questo incontro con un ringraziamento di vero cuore a voi, Prelati Uditori, agli Officiali, agli Avvocati e a tutti coloro che operano in codesto Tribunale Apostolico, come pure ai membri dello Studio Rotale.

Voi sapete di poter contare sulla preghiera del Papa e di moltissime persone di buona volontà che riconoscono il valore del vostro operato al servizio della verità. Il Signore ripagherà i vostri sforzi quotidiani, oltre che nella vita futura, già in questa con la pace e la gioia della coscienza e con la stima e il sostegno di coloro che amano la giustizia.

Nell’esprimere l’augurio che la verità della giustizia risplenda sempre più nella Chiesa e nella vostra vita, a tutti imparto di cuore la mia Benedizione.


MESSAGGIO IN OCCASIONE DEL CAPITOLO GENERALE DELLA CONGREGAZIONE DEI LEGIONARI DI CRISTO

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Cari Fratelli,

1. In occasione del terzo Capitolo Generale del vostro Istituto, sono lieto di inviare il mio saluto in modo particolare a Padre Marcial Maciel, vostro Fondatore, e anche a Padre Alvaro Corcuera, da poco eletto Direttore Generale della Congregazione dei Legionari di Cristo e del Movimento Regnum Christi. Parimenti estendo il mio saluto ai membri del Consiglio Generale e agli altri Padri Capitolari.

2. Il Capitolo Generale è sempre un evento molto importante per rivitalizzare il proprio carisma fondazionale, per esaminare con cuore grato le meraviglie che Dio ha compiuto nella vostra storia e per affrontare le sfide attuali della Chiesa con la spiritualità che vi è propria, in comunione con la pluralità di carismi che lo Spirito Santo ha effuso in essa nel corso dei secoli.

Vi trovate in un momento storico per la vita dell'istituto, nel quale si apre una nuova fase. Avete avuto la gioia di camminare per 64 anni sotto la guida del vostro Fondatore. Così siete cresciuti e vi siete sviluppati fino a raggiungere la maturità. Ora dovete continuare il cammino guidati dal nuovo Direttore Generale, anche se non verranno meno l'assistenza, l'affetto paterno e l'esperienza di Padre Maciel, che ha rinunciato a un nuovo periodo di governo. Ciò vi induce a custodire, a vivere e a trasmettere fedelmente i doni che per mezzo di lui avete ricevuto dal Signore.

3. Dinanzi a voi c'è il compito di sviluppare l'opera ispirata al Fondatore, la quale cerca di distinguersi per la dedizione al servizio alla Chiesa e per la formazione dei giovani in solidi principi cristiani e umani che, fondati sulla libertà e sulla responsabilità personale, possano contribuire alla loro maturazione spirituale, sociale e culturale, in fedeltà al magistero e in piena comunione con il Papa. Io personalmente ho potuto partecipare, in diverse occasioni, alla vita della vostra Congregazione, in concreto con l'approvazione definitiva delle Costituzioni, nel giugno del 1983, e, di recente, approvando gli Statuti del Movimento Regnum Christi.

4. Cari Fratelli, vi incoraggio a continuare a irradiare la vostra spiritualità e il vostro dinamismo apostolico, ricco nella diversità delle sue opere e sempre aperto a nuove espressioni, secondo i bisogni più urgenti della Chiesa nei diversi tempi e luoghi. Fedeli al carisma dell'Istituto e uniti saldamente alla Roccia di Pietro, il vostro contributo alla missione evangelizzatrice della Chiesa sarà realmente fecondo.

Chiedo allo Spirito Santo, con la materna intercessione della Santissima Vergine Maria, di illuminarvi nei vostri lavori capitolari, e al contempo vi imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 31 gennaio 2005

GIOVANNI PAOLO II



MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


AI PARTECIPANTI ALLA PLENARIA


DELLA CONGREGAZIONE PER L'EDUCAZIONE CATTOLICA




Al venerato Fratello
il Signor Cardinale Zenon Grocholewski
Prefetto della Congregazione per l’Educazione Cattolica

1. E’ con piacere che rivolgo il mio cordiale saluto a Lei, ai venerati Confratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio, come pure a tutti i componenti di codesto Dicastero, riuniti in occasione della Sessione Plenaria. Auguro pieno successo ai lavori di questi giorni, durante i quali state esaminando alcune questioni riguardanti i Seminari, le Facoltà ecclesiastiche e le Università Cattoliche.

2. Particolare attenzione state riservando al progetto educativo nei Seminari, che tiene conto della fondamentale complementarità delle quattro dimensioni della formazione: umana, intellettuale, spirituale e pastorale (cfr Pastores dabo vobis PDV 43-59).

Alla luce degli attuali mutamenti sociali e culturali, può a volte risultare utile che gli educatori si avvalgano dell’opera di specialisti competenti per aiutare i seminaristi a comprendere più a fondo le esigenze del sacerdozio, riconoscendo nel celibato un dono d'amore al Signore e ai fratelli. Già al momento dell'ammissione dei giovani al Seminario va verificata attentamente la loro idoneità a vivere il celibato così da giungere, prima dell'Ordinazione, ad una certezza morale circa la loro maturità affettiva e sessuale.

20 3. La vostra Plenaria ha rivolto la sua attenzione anche alle Facoltà ecclesiastiche e alle Università Cattoliche, che rappresentano un ricco patrimonio per la Chiesa. Nella “grande primavera cristiana” che Dio sta preparando (cfr Lett. enc. Redemptoris missio RMi 86), esse devono distinguersi per la qualità dell’insegnamento e della ricerca, così da essere in grado di dialogare a pieno titolo con le altre Facoltà e Università.

Data la rapidità dell’attuale sviluppo scientifico e tecnologico, tali Istituzioni sono chiamate a un continuo rinnovamento, valutando “le conquiste della scienza e della tecnica nella prospettiva della totalità della persona umana” (Ex corde Ecclesiae, 7). E’ sicuramente utile, da questo punto di vista, il dialogo interdisciplinare. Fecondo si rivela, in particolare, il confronto con “una filosofia di portata autenticamente metafisica” (Fides et ratio, 83), e con la stessa teologia.

4. Altro interessante argomento dei vostri lavori è l’educazione cristiana attraverso le istituzioni scolastiche. Quarant’anni fa la Dichiarazione conciliare Gravissimum educationis ha delineato, al riguardo, alcuni principi che in seguito la Congregazione per l’Educazione Cattolica ha sviluppato ulteriormente.

Nel contesto della globalizzazione e del mutevole intreccio di popoli e culture, la Chiesa avverte l’urgenza del mandato di predicare il Vangelo e intende viverlo con rinnovato slancio missionario. L’educazione cattolica appare, pertanto, sempre più il frutto di una missione che deve essere “condivisa” da sacerdoti, persone consacrate e fedeli laici. In questo orizzonte si colloca il servizio ecclesiale reso dai docenti di religione cattolica nella scuola. Il loro insegnamento contribuisce allo sviluppo integrale degli studenti e alla conoscenza dell’altro nel rispetto reciproco. Vivo è pertanto l’auspicio che l’insegnamento della religione sia ovunque riconosciuto ed abbia un ruolo adeguato nel progetto educativo degli Istituti scolastici.

5. Vorrei, infine, accennare all’efficace opera vocazionale che svolge la Pontificia Opera per le Vocazioni Sacerdotali, istituita dal mio venerato Predecessore Pio XII. Essa sostiene innanzitutto la “Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni”: un appuntamento annuale intorno al quale si intrecciano iniziative ed eventi della pastorale vocazionale in tutte le Diocesi.

Nel manifestare viva riconoscenza per questa benemerita e feconda istituzione, incoraggio volentieri quanti dedicano tempo e fatica per promuovere una capillare pastorale delle vocazioni all’interno della comunità ecclesiale. Mi pare poi molto opportuna l’iniziativa spirituale da essa intrapresa durante l’anno dedicato all’Eucaristia, quella cioè di creare, attraverso turni di preghiera in ogni Continente, un filo orante che colleghi tra loro le comunità cristiane del mondo intero.

6. A tale riguardo, vorrei ribadire che l’Eucaristia è la sorgente e l’alimento di ogni vocazione sacerdotale e religiosa. Desidero pertanto esprimere il mio apprezzamento per ogni iniziativa inserita in questa “rete” di preghiera per le vocazioni, che auspico possa avvolgere il mondo. Vegli Maria, “Donna eucaristica”, su quanti dedicano le loro energie alla pastorale vocazionale.

A tutti voi e a quanti vi sono cari imparto di cuore la Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 1 Febbraio 2005

GIOVANNI PAOLO II


MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


AI RELATORI ALL’INCONTRO PRELIMINARE


"I SEGNI DELLA MORTE"


PROMOSSO DALLA PONTIFICIA ACCADEMIA DELLE SCIENZE




Illustri Signori, gentili Signore!

1. A tutti rivolgo il mio saluto cordiale, esprimendo apprezzamento per la Pontificia Accademia delle Scienze, sempre intenta al suo tradizionale impegno di studio e di riflessione sulle delicate questioni scientifiche che interrogano la società contemporanea.

21 Essa ha voluto dedicare questa sessione del Gruppo di studio - come aveva già fatto per due volte durante gli anni ‘80 - ad un tema di particolare complessità e rilevanza: quello dei “segni della morte”, nel contesto della pratica dei trapianti di organi da cadavere.

2. Voi sapete che il magistero della Chiesa ha seguito fin dall’inizio, con costanza e consapevolezza, lo sviluppo della prassi chirurgica del trapianto di organi, introdotta per salvare vite umane dalla morte imminente e consentire ai malati di proseguire la vita per un ulteriore periodo di anni.

A partire dal mio venerato predecessore, Pio XII, sotto il cui pontificato ha avuto inizio la pratica della chirurgia sostitutiva del trapianto di organi, la Chiesa ha continuamente apportato il contributo del suo magistero in tale ambito.

Da una parte, essa ha offerto un incoraggiamento alla donazione gratuita degli organi e, dall’altra, ha sottolineato le condizioni etiche per tali donazioni, evidenziando l’obbligo di difesa della vita e della dignità del donatore e del ricevente, ed ha indicato i doveri degli specialisti che intervengono in questo procedimento sostitutivo. Si tratta di favorire un complesso servizio alla vita, armonizzando il progresso tecnico e il rigore etico, l’umanizzazione dei rapporti interpersonali e la corretta informazione della società.

3. A motivo del carattere progressivo delle conoscenze sperimentali, per tutti coloro che praticano la chirurgia del trapianto si pone la necessità di perseguire una continua ricerca sul piano tecnico-scientifico, per assicurare il miglior successo dell’intervento e la miglior durata possibile della sopravvivenza. Nello stesso tempo, si impone un continuo dialogo con i cultori delle discipline antropologiche ed etiche, per garantire il rispetto della vita e della persona e per fornire ai legislatori i dati per una necessaria e rigorosa normativa in materia.

In questa prospettiva, voi avete voluto approfondire ancora una volta, in un confronto serio ed interdisciplinare, l’ambito speciale dei “segni di morte”, in base ai quali può essere stabilita con certezza morale la morte clinica di una persona per procedere al prelievo degli organi da trapiantare.

4. Nell'orizzonte dell'antropologia cristiana è noto che il momento della morte di ogni persona consiste nella definitiva perdita della sua unità costitutiva corporeo-spirituale. Ciascun essere umano, infatti, è vivente proprio in quanto “corpore et anima unus” (
GS 14), e lo è finché sussiste tale uni-totalità sostanziale. Di fronte a tale verità antropologica, risulta chiaro, come ho già precedentemente avuto modo di ricordare, che “la morte della persona, intesa in questo senso radicale, è un evento che non può essere direttamente individuato da nessuna tecnica scientifica o metodica empirica” (Discorso del 29 agosto 2000, n. 4, in: AAS 92 [2000], 824).

Dal punto di vista clinico, tuttavia, l'unica maniera corretta - ed anche l'unica possibile - di affrontare il problema dell'accertamento della morte di un essere umano è quella di volgere l'attenzione e la ricerca verso l'individuazione di adeguati “segni di morte”, conosciuti attraverso la loro manifestazione corporale nel singolo soggetto.

Si tratta evidentemente di un tema di fondamentale importanza, per il quale la posizione della scienza, attenta e rigorosa, deve dunque essere ascoltata in primaria istanza, secondo quanto già insegnava Pio XII, affermando che “tocca al medico di dare una definizione chiara e precisa della ‘morte’ e del ‘momento della morte’ di un paziente che spira in stato di incoscienza” (Discorso del 24 novembre 1957, in: AAS 49 [1957], 1031).

5. A partire dai dati forniti dalla scienza, le considerazioni antropologiche e la riflessione etica hanno il dovere di intervenire con un’analisi altrettanto rigorosa, in attento ascolto del magistero della Chiesa.

Desidero assicurarvi che la vostra fatica è benemerita, e che certamente essa risulterà utile per i Dicasteri competenti della Sede Apostolica, - in particolare la Congregazione per la Dottrina della Fede - che non mancheranno di vagliare i risultati della vostra riflessione, offrendo poi i chiarimenti richiesti per il bene della comunità, in particolare dei pazienti e degli specialisti che sono chiamati a dedicare la loro professionalità a servizio della vita.

22 Nell’esortarvi a perseverare in questo concorde impegno per il vero bene dell’uomo, invoco dal Signore su di voi e sulla vostra ricerca copiosi doni di luce, in pegno dei quali a tutti imparto con affetto la mia Benedizione.

Dal Vaticano, 1 febbraio 2005

GIOVANNI PAOLO II


MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


IN OCCASIONE DELLA GIORNATA DELLA VITA CONSACRATA






Nel corso della Concelebrazione Eucaristica - prima di dare lettura del Messaggio del Santo Padre - l'Arcivescovo Franc Rodé ha portato ai presenti il "saluto personale" e la Benedizione di Giovanni Paolo II, unito spiritualmente ai consacrati e alle consacrate convenuti nella Basilica Vaticana. Queste le sue parole:

Nella festa della Presentazione del Signore al Tempio, giorno in cui il Figlio di Dio generato nei secoli eterni è proclamato dallo Spirito Santo "gloria di Israele" e "luce dei popoli", siamo radunati per rinnovare la nostra consacrazione al Signore. A tutti voi, cari fratelli e sorelle, porto il saluto personale del Santo Padre, che vi ringrazia per l'affetto dimostrato e per la fervida preghiera. In questo momento egli è presente in mezzo a noi con la sua preghiera e ci invia la sua benedizione. Ascoltiamo con cuore grato il suo Messaggio ai consacrati e alle consacrate del mondo.



Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Oggi si celebra la Giornata della vita consacrata, occasione propizia per ringraziare il Signore insieme a coloro che, da Lui chiamati alla pratica dei consigli evangelici, “ne fanno fedelmente professione, si consacrano in modo speciale al Signore, seguendo Cristo che, vergine e povero (cfr Mt Mt 8,20 Lc Lc 9,58), redense e santificò gli uomini con la sua obbedienza spinta fino alla morte di croce (cfr Ph 2,8)” (Perfectae caritatis PC 1). Quest’anno tale celebrazione assume un significato speciale, perché ricorre il 40° anniversario dalla promulgazione del Decreto Perfectae caritatis, con il quale il Concilio Ecumenico Vaticano II ha tracciato le linee guida per il rinnovamento della vita consacrata.

In questi quarant'anni, seguendo le direttive del magistero della Chiesa, gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica hanno percorso un cammino fecondo di rinnovamento, segnato da una parte dal desiderio di fedeltà al dono ricevuto dallo Spirito per mezzo dei Fondatori e delle Fondatrici e, dall’altra, dall’ansia di adattare il modo di vivere, di pregare e di agire “alle odierne condizioni fisiche e psichiche dei religiosi, come pure, per quanto è richiesto dalla natura di ciascun istituto, alle necessità dell'apostolato, alle esigenze della cultura, alle circostanze sociali ed economiche” (Perfectae caritatis PC 3).

Come non rendere grazie al Signore per questo opportuno “aggiornamento” della vita consacrata? Sono certo che, anche grazie ad esso, si moltiplicheranno i frutti di santità e di operosità missionaria, a condizione che le persone consacrate conservino un inalterato fervore ascetico e lo trasfondano nelle opere apostoliche.

2. Il segreto di questo ardore spirituale è l’Eucaristia. In quest'anno, ad essa particolarmente dedicato, vorrei esortare tutti i religiosi e le religiose ad “instaurare con Cristo una comunione sempre più profonda mediante la partecipazione quotidiana al Sacramento che lo rende presente, al sacrificio che attualizza il dono d'amore del Golgota, al convito che alimenta e sostiene il Popolo di Dio pellegrinante. “L'Eucaristia - come affermavo nell'Esortazione apostolica Vita consecrata - sta per sua natura al centro della vita consacrata, personale e comunitaria” (n. 95).

Gesù si dona come Pane “spezzato” e Sangue “versato” perché tutti possano “avere vita e averla in abbondanza” (cfr Jn 10,10). Egli offre se stesso per la salvezza dell’intera umanità. Prendere parte al suo banchetto sacrificale non comporta solo ripetere il gesto da Lui compiuto, ma bere al suo stesso calice e partecipare alla sua stessa immolazione. Come Cristo si fa “pane spezzato” e “sangue versato”, così ogni cristiano - e ancor più ogni consacrato ed ogni consacrata - è chiamato a dare la vita per i fratelli, in unione a quella del Redentore.

3. L’Eucaristia è la sorgente inesauribile della fedeltà al Vangelo, perché in questo Sacramento, cuore della vita ecclesiale, si realizzano in pienezza l'intima immedesimazione e la totale conformazione con Cristo, a cui i consacrati e le consacrate sono chiamati. “Qui si concentrano tutte le forme di preghiera, viene proclamata ed accolta la Parola di Dio, si è interpellati sul rapporto con Dio, con i fratelli, con tutti gli uomini: è il sacramento della filiazione, della fraternità e della missione. Sacramento dell'unità con Cristo, l'Eucaristia è contemporaneamente sacramento dell'unità ecclesiale e dell'unità della comunità dei consacrati. In definitiva essa appare fonte della spiritualità del singolo e dell'Istituto” (Istr. Ripartire da Cristo, 26). Dall’Eucaristia le persone consacrate apprendono “una maggiore libertà nell'esercizio dell'apostolato, una irradiazione più consapevole, una solidarietà che si esprime con lo stare dalla parte della gente, assumendone i problemi per rispondere con una forte attenzione ai segni dei tempi e alle loro esigenze” (Ibid., 36).

23 Carissimi Fratelli e Sorelle, entriamo nel mistero dell’Eucaristia guidati dalla Santissima Vergine e seguendo il suo esempio! Maria, Donna eucaristica, aiuti quanti sono chiamati ad una speciale intimità con Cristo ad essere frequentatori assidui della Santa Messa ed ottenga per loro il dono di un'obbedienza pronta, di una fedele povertà e di una verginità feconda; li renda santi discepoli di Cristo eucaristico.

Con questi sentimenti, mentre assicuro un ricordo nella preghiera, volentieri benedico tutte le persone consacrate e le comunità cristiane all’interno delle quali esse sono chiamate a svolgere la loro missione.

Dal Vaticano, 2 Febbraio 2005

GIOVANNI PAOLO II



INCONTRO DI PREGHIERA

IN OCCASIONE DELLA FESTA DI MARIA MADRE DELLA FIDUCIA

PATRONA DEL SEMINARIO ROMANO MAGGIORE

Sabato, 5 febbraio 2005

Il Santo Padre Giovanni Paolo II segue la cerimonia alla televisione, dalla Sua stanza del Policlinico A. Gemelli. Pubblichiamo di seguito il discorso preparato dal Santo Padre per la circostanza e letto dal Sostituto della Segreteria di Stato, l’Arcivescovo Mons. Leonardo Sandri.


Carissimi!

1. Con grande gioia mi unisco a voi, nel giorno della festa della Madonna della Fiducia, patrona del Seminario Romano Maggiore. Saluto il Cardinale Vicario, i Vescovi Ausiliari, il Rettore e gli altri Superiori e, con speciale affetto, voi, cari Seminaristi, e i vostri familiari. Saluto il Coro e l’Orchestra diocesani, diretti da Mons. Marco Frisina, come pure i giovani amici del Seminario Romano. Voi siete per me motivo di consolazione, perché rappresentate un segno privilegiato dell’amore del Signore per la sua diletta Chiesa che è in Roma.

2. "Contemplare il volto di Cristo, e contemplarlo con Maria", è il ‘programma’ che ho additato alla Chiesa all’alba del terzo millennio, invitandola a "prendere il largo nel mare della storia con l’entusiasmo della nuova evangelizzazione" (Enc. Ecclesia de Eucharistia, 6). Voi avete voluto prendere queste mie parole come tema di riflessione per la vostra festa.

Mane nobiscum Domine! L’oratorio di Mons. Marco Frisina ha fatto echeggiare nell’Aula Paolo VI quest’invocazione intensa e sempre attuale per i cristiani, specialmente nei momenti della sofferenza e della prova. Nell’Anno dell’Eucaristia festeggiare Maria vuol dire, per voi, mettere al centro dell’attenzione il sacrificio del suo divin Figlio, che si rende sacramentalmente attuale in ogni santa Messa.

3. Carissimi Seminaristi, quanto significativo è il gesto di Gesù nell’icona della Madonna della Fiducia che venerate nel vostro Seminario! Indicando la Madre, il Bambino sembra anticipare, senza parole, ciò che alla fine, sulla Croce, dirà al discepolo Giovanni: "Ecco la tua madre" (Jn 19,27). Anch’io oggi vi ripeto: ecco la vostra Madre da amare e imitare con totale fiducia, per diventare sacerdoti capaci di pronunciare non una volta, ma sempre la parola decisiva della fede: "Eccomi", "Fiat".

"Mater mea, fiducia mea"! Questa giaculatoria possa essere la sintesi profonda e semplice delle vostre giornate, vissute contemplando Cristo con Maria.

24 4. Vorrei estendere questo augurio a tutti i giovani presenti, specialmente a coloro che stanno compiendo il cammino di verifica vocazionale in vista dell’ingresso in Seminario; a quanti seguono con interesse l’itinerario vocazionale della diocesi di Roma offerto a ragazzi, adolescenti e giovani.
Penso, in particolare, ai piccoli ministranti e ai gruppi giovanili delle parrocchie. Cari ragazzi, il Signore passa e chiama (cfr
Mt 4,18-22), siate pronti a collaborare con Lui.

Vi affido alla Madonna della Fiducia. E pregate il padrone della messe, perché non manchino operai per la sua messe (cfr Mt 9,38).

Con grande affetto tutti vi benedico.

SANTA MESSA PER GLI AMMALATI



NELLA MEMORIA DELLA BEATA VERGINE DI LOURDES

XIII GIORNATA MONDIALE DEL MALATO

MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II

Carissimi Fratelli e Sorelle!


1. Mi unisco con gioia a tutti voi che, come ogni anno, prendete parte, nella Basilica Vaticana, all’incontro di pellegrini, malati e volontari organizzato congiuntamente dall’UNITALSI e dall’Opera Romana Pellegrinaggi. A ciascuno di voi giunga il mio più affettuoso saluto.

In primo luogo indirizzo il mio saluto al Cardinale Vicario, ai Vescovi e ai numerosi sacerdoti presenti, e lo estendo poi con viva simpatia a voi, cari pellegrini accorsi per rivivere l’atmosfera tipica di Lourdes, a voi, cari responsabili dell’UNITALSI e dell’Opera Romana Pellegrinaggi, a voi, cari volontari, e soprattutto a voi, cari ammalati, ai quali mi sento particolarmente vicino.

2. La suggestiva Celebrazione eucaristica e mariana che state vivendo in San Pietro assume particolare significato nel giorno, in cui la liturgia fa memoria della Beata Vergine Maria di Lourdes.

La ricorrenza dell’11 febbraio ci fa tornare con il pensiero alla grotta di Massabielle, sugli alti Pirenei francesi, dove nel 1858 la Madonna per ben 18 volte si manifestò a santa Bernadette Soubirous. Da quella grotta, diventata luogo di orazione e di speranza per tanti pellegrini provenienti da ogni parte del mondo, l’Immacolata continua ad invitare alla preghiera, alla penitenza e alla conversione. È lo stesso messaggio di Cristo: "Convertitevi e credete al Vangelo" (Mc 1,15) che ci offre la liturgia della Quaresima appena iniziata. Accogliamolo con umile e docile adesione! L’accorrere di malati e sofferenti ai piedi della Vergine costituisce un’incessante esortazione a fidarsi di Cristo e della sua celeste Madre, che mai abbandonano quanti a loro si rivolgono nel tempo del dolore e della prova.

3. Morendo in croce, Cristo, l’uomo dei dolori, ha portato a compimento il disegno d’amore del Padre ed ha redento il mondo. Cari malati, se alle sue sofferenze unite le vostre pene, potete essere suoi privilegiati cooperatori nella salvezza delle anime. È questo il vostro compito nella Chiesa, la quale è sempre ben consapevole del ruolo e del valore della malattia illuminata dalla fede. Non è pertanto mai inutile la vostra sofferenza, cari ammalati! Anzi, essa è preziosa, perché è condivisione misteriosa ma reale della stessa missione salvifica del Figlio di Dio.

Per questo il Papa conta tanto sul valore delle vostre preghiere e delle vostre sofferenze: offritele per la Chiesa e per il mondo; offritele anche per me e per la mia missione di Pastore universale del popolo cristiano.

25 4. Dalla Basilica di San Pietro lo sguardo si allarga ora alle tante altre località, dove quest’oggi si raccolgono le comunità cristiane, in occasione della XIII Giornata Mondiale del Malato e, in modo particolare, al Santuario "Maria Regina degli Apostoli", a Yaoundé, in Camerun. Là si tengono le celebrazioni principali di quest’importante evento ecclesiale sul tema: "Cristo, speranza per l’Africa". Il Continente africano, insieme all’umanità intera, ha bisogno di sperimentare l’amore misericordioso del Signore e il sostegno della Vergine Santa, soprattutto nei momenti della fatica e della malattia.

Maria, Donna del dolore e della speranza, sia benigna verso chi soffre ed ottenga per ognuno pienezza di vita: tutti stringa al suo cuore di Madre.

Vergine Santissima, Regina dell’Africa e del mondo intero, prega per noi! A tutti, con affetto, invio la mia Benedizione.

Dal Vaticano, 11 Febbraio 2005


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