GPII 1978 Insegnamenti - Ai giovani in San Pietro - Città del Vaticano (Roma)


Alla Congregazione dei Giuseppini del Murialdo - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La pedagogia dell'amore




1. Carissimi figli! Raccolti a Roma per l'annuale vostro Convegno Organizzativo, che questa volta coincide con il 150° anniversario della nascita del Fondatore del vostro Istituto, san Leonardo Murialdo, avete espresso il desiderio di incontrarvi con il nuovo Papa, per manifestare al Vicario di Cristo la vostra fedeltà e per avere da lui una sua parola.

Nell'esprimervi la mia riconoscenza per questo gesto premuroso e gentile, porgo prima di tutto a ciascuno di voi il mio più cordiale saluto e ben volentieri mi unisco a questa vostra celebrazione, auspicando che essa sia di stimolo per un rinnovato impegno nella vostra vita spirituale e nel vostro zelo apostolico.

Desidero, poi, profittare dell'incontro per esortarvi a mantenervi fedeli a tre consegne del vostro Fondatore.


1. La ricerca della santità. "Fatevi santi e fate presto" era la costante esortazione del Murialdo. Questa deve essere la nostra prima preoccupazione e il nostro impegno fondamentale.

La santità consiste prima di tutto nel vivere con convinzione la realtà dell'amore di Dio, nonostante le difficoltà della storia e della propria vita.

"Nel Testamento spirituale" il Murialdo scrisse: "Bramerei che la Congregazione di san Giuseppe mirasse soprattutto a diffondere attorno a sé e specialmente nel suo seno la conoscenza dell'amore infinito, attuale e individuale che Dio ha per tutte le anime, massime dei fedeli, e in modo particolarissimo per i suoi eletti e prescelti - i sacerdoti, i religiosi -, dell'amore personale che egli ha per ciascuno. Si legge nei libri di pietà, si predica dal pulpito che Dio ha tanto amato gli uomini, ma non si riflette che è adesso, attualmente, in quest'ora stessa che Dio ci ama veramente e infinitamente...".

Questo voglio dire anch'io a voi tutti nelle vostre difficoltà quotidiane, nei momenti della prova e dello scoraggiamento, quando sembra che ogni impegno sia quasi svuotato di interesse e di valore, ricordatevi che Dio conosce i nostri affanni! Dio vi ama uno per uno, vi sta vicino, vi comprende! In lui confidate e in questa certezza trovate il coraggio e la gioia di compiere con amore e con letizia il vostro dovere.

La "santità" consiste inoltre nella vita di nascondimento e di umiltà: sapersi immergere nel travaglio quotidiano degli uomini, ma in silenzio, senza rumori di cronaca, senza echi mondani. "Facciamo e tacciamo!": era il motto programmatico del vostro Fondatore. Fare e tacere! Come è attuale anche oggi questo programma di vita e di apostolato.

Fate tesoro, carissimi figli, degli insegnamenti del vostro Santo! Essi indicano la via sicura per l'Avvento del Regno di Dio!


2. Una seconda caratteristica di san Leonardo Murialdo è stata l'ansia pedagogica.

Egli fu indubbiamente un grande educatore, come Don Bosco, e impegno tutta la sua vita nell'educazione dei fanciulli e dei giovani, convinto del valore del metodo preventivo e dell'orientamento cristocentrico.

Meditiamo assieme ciò che egli scrisse ai confratelli raccolti negli Esercizi Spirituali del 1898: "L'amor di Dio generi lo zelo per la salvezza dei giovinetti: "ne perdantur" dice san Giovanni Crisostomo, "affinché non si perdano", non si dannino, e quindi... vero zelo di salvarli, di istruirli bene nella religione, di insinuare loro l'amore di Dio, di Gesù Cristo, di Maria e lo zelo di salvarsi. Ma tutto questo non si otterrà se non si avrà umiltà di cuore".

E' un'esortazione di cui il Papa si vuole fare eco stamani. Sia questo il vostro assillo: educate per salvare! La "pedagogia della salvezza eterna" sprigiona logicamente la "pedagogia dell'amore". Impegnate totalmente la vostra vita per edificare, per formare i fanciulli e i giovani, comportandovi in modo che la vostra vita sia per essi un incessante esempio di virtù: bisogna farsi piccoli con i piccoli e tutto a tutti per guadagnare tutti a Cristo! La bontà del cuore, l'affabilità, la pazienza, la cortesia, l'ilarità sono elementi necessari per "agganciare", per formare, per portare a Cristo, per salvare, e molte volte esigono sforzo e sacrificio. Nonostante le difficoltà, dovete continuare nella vostra fatica con amore e dedizione, perché l'opera dell'educatore ha un valore eterno.


3. Infine, vorrei rilevare un'ultima caratteristica, che mi pare importante per definire più compiutamente la fisionomia del Murialdo, ed è la sua profonda fedeltà alla Chiesa e al Papa. Visse in un'epoca assai difficile per la Chiesa,

specialmente in Italia, e da uomo intelligente e lungimirante qual era, aveva perfettamente capito che i tempi stavano velocemente cambiando e che era meglio per la Chiesa non avere più le preoccupazioni del "potere temporale". Ne fanno fede le sue lettere, così profonde ed equilibrate. Egli confidava nella Provvidenza, seguendo l'esempio di san Giuseppe, il cui nome porta la vostra Congregazione.

Agite anche voi così! Amate la Chiesa! Amate il Papa! Siate docili ai suoi insegnamenti e alle sue direttive, ben convinti che il Signore vuole l'unità nella verità e nella carità, e che lo Spirito Santo assiste il Vicario di Cristo nella sua opera indispensabile e salvifica. E pregate e fate pregare i vostri giovani e i vostri fedeli per il Papa e per la Chiesa.

Non possiamo concludere che rivolgendoci a Maria santissima, così amata e venerata dal Murialdo, che a lei ricorreva come alla Mediatrice Universale di ogni grazia. Nelle sue lettere ritornava continuamente il pensiero di Maria, in esse egli inculcava la recita del Rosario, affidava ai suoi figli la diffusione della devozione alla Vergine santissima, e affermava: "Se si vuol fare un po' di bene in mezzo ai giovani, bisogna infondere loro l'amore a Maria". L'opera benefica, svolta dal vostro Fondatore, ne costituisce la migliore conferma.

Seguitene, dunque, anche in questo l'esempio.

Con questi voti, mentre penso con ammirazione al grande lavoro da voi compiuto in varie parti del mondo, specialmente a vantaggio della gioventù, imploro dal Signore l'abbondanza delle sue grazie, dei suoi favori sul vostro apostolato, e con particolare benevolenza imparto a voi, carissimi figli, e a tutti i vostri giovani e alle vostre parrocchie la propiziatrice benedizione apostolica.

Data: 1978-12-01 Data estesa: Venerdi 1 Dicembre 1978


Messaggio al Segretario Generale delle Nazioni Unite - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Nella libertà religiosa il fondamento dei diritti umani

A Sua Eccellenza Dr. Kurt Waldheim, Segretario Generale delle Nazioni Unite.

La segnalata occasione del trentesimo anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti umani offre ancora una volta alla Santa Sede l'opportunità di proclamare ai popoli e alle nazioni il suo costante interesse e la sollecitudine per i fondamentali diritti umani, la cui espressione troviamo chiaramente insegnata nel messaggio stesso del Vangelo.

Con questo spirito desidero salutarla, Signor Segretario Generale, e attraverso lei desidero salutare il Presidente e i membri dell'assemblea generale delle Nazioni Unite, che si sono riuniti per commemorare questo anniversario.

Voglio esprimere a tutti voi la mia ferma adesione all'"assiduo impegno dell'Organizzazione delle Nazioni Unite di promuovere, in maniera sempre più chiara, autorevole ed efficace, il rispetto dei diritti fondamentali dell'uomo" (Paolo VI, "Messaggio per il XXV Anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo", 10 dicembre 1973; AAS 65 (1973) 674).

In questi ultimi trent'anni, sono stati presi notevoli provvedimenti e fatti rilevanti sforzi per creare e sostenere gli strumenti giuridici intesi a proteggere gli ideali espressi in questa Dichiarazione.

Due anni fa furono realizzate la Convenzione Internazionale sui Diritti Culturali, Sociali ed Economici e la Convenzione Internazionale sui Diritti Politici e Civili. Mediante esse, le Nazioni Unite segnarono un significativo passo in avanti nel rendere operante uno dei principi fondamentali, che è stato adottato come proprio fin dalla fondazione dell'organizzazione; cioè stabilire i mezzi, giuridicamente vincolanti, per promuovere i diritti umani degli individui e proteggere le loro fondamentali libertà.

Certamente, sarebbe un auspicabile traguardo che sempre un maggior numero di Stati adottassero queste Convenzioni, al fine che il contenuto della Dichiarazione Universale possa divenire sempre più operante nel mondo. In questo modo, la Dichiarazione, come l'espressione della ferma volontà della gente di ogni luogo di promuovere, con salvaguardie legali, i diritti di tutti gli uomini e di tutte le donne senza discriminazione di razza, di sesso, di lingua o di religione, troverebbe una più grande eco.

Si dovrebbe osservare che la Santa Sede - coerente con la propria identità e a vari livelli - ha sempre cercato di essere una fedele collaboratrice delle Nazioni Unite in tutte quelle iniziative intese a promuovere ulteriormente questo nobile ma difficile compito. La Santa Sede ha sempre apprezzato, lodato e incoraggiato gli sforzi delle Nazioni Unite diretti a garantire, in un modo sempre più efficace, la piena e giusta protezione dei diritti fondamentali e della libertà della persona umana.

Se uno sguardo retrospettivo dei trascorsi trent'anni dà a tutti noi motivo di vera soddisfazione per i molti progressi che sono stati fatti in questo campo, tuttavia non possiamo ignorare che il mondo in cui oggi viviamo offre troppi esempi di situazioni di ingiustizia e di oppressione. Si è costretti ad osservare una divergenza evidentemente crescente tra la significativa Dichiarazione delle Nazioni Unite e la crescita, talvolta massiccia, della violazione dei diritti umani in ogni parte della società e del mondo. Ciò può soltanto rattristarci e lasciarci insoddisfatti per l'attuale stato delle cose.

Chi può negare che oggi singole persone e autorità civili violano i diritti fondamentali della persona umana con impunità: diritti quali il diritto di nascere, il diritto alla vita, il diritto alla procreazione responsabile, al lavoro, alla pace, alla libertà e alla giustizia sociale, il diritto a partecipare alle decisioni che concernono popoli e nazioni? E che cosa si può dire quando ci troviamo di fronte alle varie forme di violenza collettiva, quali la discriminazione razziale contro individui e gruppi, l'uso di torture fisiche e psicologiche, perpetrate contro prigionieri o dissidenti politici? La lista cresce quando volgiamo la nostra attenzione agli esempi di sequestro di persona per ragioni politiche e agli atti di rapimento per guadagno materiale che colpiscono così drammaticamente la vita familiare e l'edificio sociale.

Nel mondo, come lo troviamo oggi, quali criteri possiamo usare per vedere che i diritti di tutte le persone vengono protetti? Quali basi possiamo offrire come terreno sul quale possano prosperare i diritti sociali e individuali? Indiscutibilmente questa base è la dignità della persona umana. Papa Giovanni XXIII lo spiegava nella "Pacem in Terris". "In una convivenza ordinata e feconda va posto come fondamento il principio che ogni essere umano è persona...; e quindi è soggetto di diritti e di doveri, che scaturiscono immediatamente e simultaneamente dalla sua stessa natura: diritti e doveri che sono perciò universali, inviolabili, inalienabili".

Del tutto simile è il preambolo della Dichiarazione Universale stessa quando dice: "Il riconoscimento della dignità personale e dei diritti uguali e inalienabili di tutti i membri della famiglia umana costituisce il fondamento della libertà e della pace nel mondo".

E' in questa dignità della persona che i diritti umani trovano la loro diretta sorgente. Ed è il rispetto per questa dignità che dà origine alla loro effettiva protezione. La persona umana, perfino quando erra, sia uomo o donna, mantiene sempre una dignità insita, e mai perde la propria dignità (Giovanni XXIII, PT 158).

Per i credenti, è col consentire a Dio di parlare all'uomo che si può contribuire più veracemente al rafforzamento della consapevolezza che ogni essere umano ha il proprio destino, e alla cognizione che tutti i diritti derivano dalla dignità della persona che è saldamente radicata in Dio.

Ora desidero parlare proprio di questi diritti, come sono sanzionati dalla Dichiarazione, e specialmente di uno di essi, che indubbiamente occupa una posizione centrale: il diritto della libertà di pensiero, di coscienza e di religione (cfr. Art. 18).

Mi si consenta di richiamare l'attenzione dell'assemblea all'importanza e alla gravità di un problema ancora oggi molto profondamente sentito e sofferto.

Intendo dire il problema della libertà religiosa, che è alla base di tutte le altre libertà ed è inseparabilmente legato ad esse proprio a causa di quella dignità che è la persona umana.

La vera libertà è la caratteristica predominante dell'umanità: essa è la fonte dalla quale sgorga la dignità umana; essa è "nell'uomo segno altissimo dell'immagine divina" (GS 17). Essa ci è offerta e conferita come nostra propria missione.

Oggi uomini e donne hanno una accresciuta consapevolezza della dimensione sociale della vita, e, come risultato, sono divenuti ancora più sensibili al principio di libertà di pensiero, di coscienza e di religione.

Comunque con tristezza e con dispiacere profondamente sentito, dobbiamo ammettere che, sfortunatamente, nelle parole del Concilio Vaticano II, nella sua Dichiarazione sulla libertà religiosa, "esistono tuttora regimi nei quali anche se nella loro costituzione la libertà di culto religioso è riconosciuta, gli stessi poteri pubblici tuttavia si sforzano di rimuovere i cittadini dalla professione della religione e di rendere assai difficile e pericolosa la vita delle comunità religiose" (DH 15).

La Chiesa si sforza di essere interprete della sete di dignità che uomini e donne hanno ai nostri tempi. Vorrei perciò solennemente chiedere che, in ogni luogo e da parte di ognuno, venga rispettata la libertà religiosa di ogni persona e di ogni popolo. Sono commosso nel fare questo solenne appello, a causa della profonda convinzione che, anche a parte dal desiderio di servire Dio, il bene comune "gode dei beni di giustizia e di pace, che provengono dalla fedeltà degli uomini verso Dio e verso la sua santa volontà" (DH 6). Il libero esercizio della religione apporta benefici sia agli individui che ai governi. perciò l'obbligo di rispettare la libertà religiosa ricade su ognuno, sia che si tratti di privati cittadini che di legittima autorità civile.

Perché dunque è repressiva e discriminante l'azione praticata contro un enorme numero di cittadini, che hanno dovuto sopportare ogni specie di oppressione, perfino la morte, soltanto al fine di preservare i loro valori spirituali, malgrado non avessero mai cessato di cooperare in tutto ciò che giova al vero progresso civile e sociale del loro paese? Non dovrebbero essi essere oggetto di ammirazione e lode piuttosto che essere considerati come sospetti e criminali? Il mio predecessore Paolo VI sollevo questa questione: "può uno Stato chiedere fruttuosamente la completa fiducia e collaborazione, mentre con una specie di "confessionalismo negativo" si proclama ateo e dichiara che rispetta entro un contesto individuale credenze che assumono posizioni contro la fede di parte dei suoi cittadini?" (Paolo VI, "Discorso al Corpo Diplomatico", 14 gennaio 1978: AAS 70 (1978) 170).

La giustizia, la sapienza e il realismo richiedono tutti che le perniciose posizioni del secolarismo siano superate, particolarmente il costringere erroneamente il fatto religioso alla sfera puramente privata. Ad ogni persona deve esser data la possibilità, entro il contesto della nostra vita di insieme, di professare la propria fede e il proprio credo, da sola o con gli altri, in privato e in pubblico.

C'è un ultimo punto che merita considerazione. Mentre si insiste - e a buon diritto - sulla rivendicazione dei diritti umani, non si dovrebbero perdere di vista gli obblighi e i doveri che si associano a questi diritti. Ogni individuo ha l'obbligo di esercitare i suoi diritti fondamentali in una maniera responsabile e moralmente giustificata. Ogni uomo e ogni donna hanno il dovere di rispettare negli altri i diritti che reclamano per sé. Inoltre, tutti dobbiamo dare il nostro contributo alla costruzione di una società che renda possibile e praticabile il godimento dei diritti e l'adempimento dei doveri inerenti a questi diritti.

Nel concludere questo messaggio, desidero porgere a lei, Signor Segretario Generale, e a tutti coloro che con qualsiasi funzione operano nella vostra Organizzazione, i miei auguri di gran cuore, con la speranza che le Nazioni Unite continueranno instancabilmente a promuovere dovunque la difesa della persona umana e della sua dignità, nello spirito della Dichiarazione Universale.

Data: 1978-12-02 Data estesa: Sabato 2 Dicembre 1978




Recita dell'Angelus - L'Avvento indica l'inizio della nuova vita


1. Oggi è la prima domenica di Avvento. Comincia il nuovo anno liturgico: ogni anno, infatti, iniziando dalla prima domenica di Avvento, la Chiesa, attraverso il ciclo delle domeniche e delle feste, cerca di renderci consapevoli dell'opera salvifica di Dio nella storia dell'uomo, dell'umanità e del mondo. Proprio per questo "adventus", che vuol dire "venuta", Dio viene all'uomo, e questa è una dimensione fondamentale della nostra fede. Noi viviamo la nostra fede, quando siamo aperti alla venuta di Dio, quando perseveriamo nell'Avvento. L'"Angelus" che recitiamo ci ricorda come era aperta alla venuta di Dio la Vergine Maria: ella ci introduce nell'Avvento.


2. Oggi, per la prima volta, mi reco in visita pastorale ad una parrocchia di Roma: la parrocchia di San Francesco Saverio, alla Garbatella. Mi reco in questa parrocchia come Vescovo, per dare testimonianza al mistero dell'Avvento, che forma la vita della parrocchia perché plasma la vita di ogni parrocchiano.

Penso, soprattutto, all'Avvento che si realizza nel Sacramento del Santo Battesimo. Ecco, un uomo viene al mondo: nasce come figlio dei suoi genitori; viene al mondo con l'eredità del peccato originale. I genitori, consapevoli di tale eredità e ispirati dalla fede nelle parole di Cristo, portano il loro figlio al Battesimo. Essi desiderano aprire l'anima del loro bambino alla venuta del Salvatore, al suo "Avvento". così l'Avvento indica l'inizio della nuova vita: viene tolto, in un certo senso, da questo bambino il sigillo del peccato originale, e viene innestato in lui l'inizio della nuova vita, della vita divina.

Poiché il Cristo non viene "con le mani vuote": egli ci porta la vita divina; egli vuole che noi abbiamo la vita e l'abbiamo in abbondanza (Jn 10,10).

Sappiamo che ogni parrocchia è un luogo in cui si battezza. Nella comunità del Popolo di Dio, che porta il nome di san Francesco Saverio, ogni anno vengono battezzati tanti Romani che nascono nella nostra città, appunto in questa parrocchia. E così essa diviene il luogo della "Venuta": continuamente persevera nell'"Avvento", e in ogni suo nuovo parrocchiano aspetta la venuta del Signore.

Pensiamoci sopra.


3. E pensiamo ancora, in questa prima domenica di "Avvento", ad un altro fatto. Ho ricordato san Francesco Saverio, perché proprio oggi, 3 dicembre, lo ricorda la Chiesa. E' noto che egli fu un grande missionario dell'Oriente, dell'Estremo Oriente.

Ebbene, in questi ultimi giorni, il mio cuore e i miei pensieri sono spesso andati all'Estremo Oriente, al Vietnam, perché ci è giunta la notizia della morte del Cardinale Joseph-Marie Trin-nhu-Khuê, Arcivescovo di Hanoi nel Vietnam.

Appena due settimane fa, l'ho incontrato qui e ho parlato con lui. Nonostante i suoi 79 anni di vita (e di vita difficile), sembrava giovane e vivace. Tuttavia, l'età avanzata ha le sue leggi, ed ecco è arrivata la notizia della sua morte.

Ricordo, dunque, oggi questo pastore fedele e tenace: ricordo questo servitore di Dio, il quale in mezzo ai suoi connazionali ha dato una testimonianza tanto eloquente a Cristo, nel suo Paese, il Vietnam, così lontano e al tempo stesso così vicino al cuore della Chiesa.

Pure questo è un tema di Avvento. Forse, all'ultimo momento della sua vita, quel Pastore e Vescovo, il Cardinale Trin-nhu-Khuê, è riuscito ancora a pronunciare le parole "Vieni, Signore Gesù" (Ap 22,20), per sentire poi la sua risposta: "Si, verro presto!".

Del Vietnam si torna a parlare molto in questi giorni. Tutti avete seguito le notizie riferite dai giornali.

Preghiamo pertanto per quei Vietnamiti che, lasciata la loro terra, soffrono perché non trovano chi con senso di umanità li accolga o chi venga incontro ai loro disagi e alle loro necessità.

Nell'auspicare che l'appello rivolto dalla Santa Sede mediante le Nazioni Unite raggiunga lo scopo desiderato, vi invito tutti a pregare perché il Signore sostenga e benedica gli sforzi di quanti si prodigano per venire incontro a questi fratelli in difficoltà.

Per questa intenzione e per la Chiesa in Vietnam recitiamo l'"Angelus".

Data: 1978-12-03 Data estesa: Domenica 3 Dicembre 1978



Alla parrocchia di San Francesco Saverio - La "Chiesa domestica" nella comunità parrocchiale


Dilettissimi fratelli e sorelle.

1. Sono qui oggi per visitare la vostra parrocchia dedicata a san Francesco Saverio; lo faccio con grande commozione e intima gioia. Questa è la mia Prima visita a una parrocchia nella diocesi di Roma, che Cristo mi ha affidato mediante l'elezione a Vescovo di Roma, avvenuta il sedici ottobre in seguito ai voti dei Cardinali, riuniti in conclave. Nel prendere possesso della Basilica di San Giovanni in Laterano, cattedrale del Vescovo di questa Città, ho detto che in quel momento entravo, in un certo modo, in tutte le parrocchie della diocesi di Roma.

Naturalmente, quest'ingresso nelle parrocchie di Roma, durante le cerimonie al Laterano del dodici novembre, era piuttosto intenzionale. Le visite effettive alle parrocchie romane debbono invece essere fatte gradualmente. Spero che tutti lo comprendano e siano con me indulgenti, in considerazione della mole immensa di impegni connessi col mio ministero.

E' una grande gioia per me poter visitare come prima parrocchia romana proprio la vostra, a cui mi unisce un ricordo particolare. Infatti, negli anni dell'immediato dopoguerra, come studente a Roma, mi recavo quasi ogni domenica proprio alla Garbatella, per aiutare nel servizio pastorale. Alcuni momenti di quel periodo sono ancora vivi nella mia memoria, benché mi sembri che, nel corso di più di trent'anni, molte cose qui siano enormemente cambiate.


2. Tutta Roma è cambiata. Allora vi erano poche borgate. Oggi ci troviamo al centro di un grande quartiere abitato. Gli edifici occupano ormai tutto il terreno del verde suburbano. Essi stessi parlano della gente che li abita. Voi, carissimi parrocchiani, siete questi abitanti. Costituite la cittadinanza di Roma e, in pari tempo, una definita comunità del Popolo di Dio. La parrocchia è proprio una tale comunità. Lo è, e sempre più lo diventa attraverso il Vangelo, la Parola di Dio, che viene qui regolarmente annunziata e anche per il fatto che qui si vive la vita sacramentale. Venendo oggi da voi, nel nome di Cristo, penso soprattutto a ciò che Cristo stesso trasmette a voi per mezzo dei suoi sacerdoti, vostri pastori. Ma non soltanto per mezzo loro. Penso a quanto Cristo opera per mezzo di voi tutti.


3. A chi va il mio pensiero in modo particolare e a chi mi rivolgo? Mi rivolgo a tutte le famiglie che vivono in questa comunità parrocchiale e che costituiscono una parte della Chiesa di Roma. Per visitare le parrocchie, come parte della Chiesa-diocesi, bisogna raggiungere tutte le "chiese domestiche", cioè tutte le famiglie; così infatti erano chiamate le famiglie dai Padri della Chiesa. "Fate della vostra casa una chiesa", raccomandava san Giovanni Crisostomo ai suoi fedeli in un suo sermone. E l'indomani ripeteva: "Quando ieri vi dissi: fate della vostra casa una chiesa, voi prorompeste in acclamazioni di giubilo e manifestaste in maniera eloquente quanta gioia avesse inondato il vostro animo all'udire quelle parole" ("In Genesim Serm." VI, 2; VII, 1: PG 54, 607ss., cfr. LG 11 AA 11). perciò, trovandomi oggi qui tra voi, davanti a questo altare, come Vescovo di Roma, mi reco in spirito in tutte le famiglie.

Molte sono certamente qui presenti: ad esse rivolgo il mio cordiale saluto; ma, col pensiero e col cuore, ricerco tutte.

Dico a tutti gli sposi e ai genitori, giovani e adulti: datevi le mani come avete fatto il giorno delle vostre Nozze, nel ricevere gioiosamente il sacramento del matrimonio. Immaginate che il vostro Vescovo, oggi di nuovo vi chieda il consenso e voi pronunciate come allora, le parole della promessa matrimoniale, il giuramento del vostro matrimonio.

Sapete perché lo ricordo? perché dall'osservanza di questi impegni dipendono la "chiesa domestica", la qualità e la santità della famiglia, l'educazione dei vostri figli. Tutto ciò Cristo ha affidato a voi, carissimi Sposi, nel giorno in cui, mediante il ministero del sacerdote, ha unito per sempre le vostre vite, nel momento in cui avete pronunciato le parole che non dovete mai dimenticare: "fino alla morte". Se le ricordate, se le osservate, miei carissimi fratelli e sorelle, siete anche apostoli di Cristo e contribuite all'opera della Salvezza (cfr. LG 35 e LG 41 GS 52).


4. Ora il mio pensiero va anche a voi, bambini, a voi, giovani. Il Papa ha per voi una particolare predilezione perché non solo rappresentate ma siete l'avvenire della Chiesa e quindi l'avvenire della vostra parrocchia. Siate profondamente amici di Gesù e portate in famiglia, nella scuola, nel quartiere l'esempio della vostra vita cristiana, limpida e lieta. Siate sempre giovani cristiani, veri testimoni dell'insegnamento di Cristo. Anzi siate portatori di Cristo a questa società sconvolta, oggi più che mai bisognosa di lui. Annunciate a tutti con la vostra vita che solo Cristo è la vera salvezza dell'umanità.


5. E ancora mi rivolgo, in questa visita, agli ammalati, ai sofferenti, alle persone sole, abbandonate, che hanno bisogno della comprensione, del sorriso, dell'aiuto, della solidarietà dei fratelli. In questo momento il mio pensiero va altresi a tutti gli ospiti - infermi, medici, personale di assistenza, cappellani, suore - del grande ospedale che si trova nell'ambito della parrocchia, il Centro Traumatologico Ortopedico. A tutti il mio affettuoso incoraggiamento e l'assicurazione della mia preghiera.


6. Ora che abbiamo abbracciato col pensiero e col cuore tutta la vostra Comunità, desidero dedicarmi a coloro che in essa, in modo particolare, si sono donati a Cristo.

Un paterno apprezzamento voglio esprimere alle religiose che vivono, pregano e operano in questa popolosa parrocchia: le Figlie della Carità di san Vincenzo de' Paoli, che si dedicano alla cura dei piccoli e dei poveri; le Suore Ancelle del Santuario, che sono consacrate all'apostolato della scuola; le Suore Discepole di Gesù Eucaristico, che, all'adorazione incessante verso Gesù Eucaristia, uniscono l'impegno per l'educazione dei ragazzi; le Clarisse Cappuccine, che da quattrocento anni, nel silenzio e nella povertà, pregano e si offrono per la Chiesa e per il mondo.

Grazie, grazie, sorelle carissime! Il vostro Sposo Gesù vi ricompensi del bene che fate! Continuate a servire il Signore "in letizia", con generosa e intensa costanza.


7. Le ultime parole le rivolgo a voi, carissimi fratelli sacerdoti, a lei, carissimo parroco, e a tutti i suoi collaboratori. Ho già avuto occasione d'incontrarmi con voi a parte e di riflettere insieme su varie questioni della vostra parrocchia. Vi ringrazio molto per la vostra collaborazione con me, con il Cardinale Vicario di Roma, con il Vescovo Ausiliare del vostro settore. Mediante il vostro ministero Cristo stesso viene e vive in questa comunità, insegna, santifica, assolve e, soprattutto, di tutti e di tutto fa un dono al Padre, come dice la terza Preghiera Eucaristica. Non stancatevi del santo ministero, non stancatevi del lavoro per il vostro Maestro. Per mezzo vostro giunga a tutti la voce dell'Avvento, che suona così chiara nelle parole del Vangelo: "Vegliate!".


8. La vostra parrocchia celebra oggi la festa del suo Titolare: san Francesco Saverio, apostolo dell'Estremo Oriente, missionario e patrono delle missioni.

Quanto merito lui per questa unica causa: portare l'avvento di Cristo nei cuori di coloro che lo ignoravano, di coloro a cui non era ancora giunto il suo Vangelo! La vostra parrocchia intende seguire il suo patrono, e oggi celebra la sua giornata missionaria.

Che la parola di Dio possa raggiungere tutti i confini della terra! Che possa trovare la via verso ogni cuore umano! Questa è la preghiera che elevo, insieme con voi, per intercessione di san Francesco Saverio, io, vostro Vescovo: Vieni, Signore Gesù, "Maranatha"! Amen.

Data: 1978-12-03 Data estesa: Domenica 3 Dicembre 1978




Al Cardinale Egidio Vagnozzi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Per il cinquantesimo di sacerdozio

Al nostro venerabile fratello Cardinal Egidio Vagnozzi, Presidente della Prefettura dell'Economato della Santa Sede.

Il 22 dicembre, nell'imminenza della solennità del Santo Natale, celebrerai il 50° di ordinazione sacerdotale. Potrai quindi aggiungere alla gioia del Natale di Cristo, quella di tale felicissima ricorrenza.

In tale occasione, da sottolineare in modo particolare, tu, venerabile nostro fratello, farai memoria dell'inizio del tuo sacerdozio, anzi ricorderai il primo segno della chiamata del Signore, quando l'Altissimo ha messo in te, ancora bambino, il seme di una così grande chiamata e ti ha infuso l'amore per il sacerdozio. Tu hai risposto a Dio che ti chiamava, con grande passione e zelo, e a somiglianza di Abramo e di Paolo hai risposto: "Eccomi" (Gn 22,1) e "che cosa vuoi che io faccia?" (Ac 9,6). E così, l'ordinazione sacerdotale ricevuta in quel giorno tanto remoto, ti ha trasfigurato con la sua forza in Cristo; tu hai, come annunciatore della parola di Dio e fedele mediatore tra Dio e uomo, predicato senza stancarti la parola di Dio, che non torna mai in cielo senza frutto (Is 55,11), e hai rimesso i peccati, nel nome di Cristo, ridando speranza alle coscienze; e hai consacrato l'Eucaristia, per la gloria di Dio e la salvezza del popolo cristiano. Hai poi lavorato molto come sacerdote e questo è ascritto a tua lode.

L'episcopato poi, che ti è stato conferito nel 1949, ha in un certo senso reso maturo il tuo sacerdozio, e ti ha chiamato tra i successori degli apostoli, e ti ha così dato nuovi poteri, tra i quali quello di consacrare altri sacerdoti e Vescovi: hai vissuto il tuo Episcopato, o venerabile fratello nostro, per la diffusione della santa Chiesa, con tua grande gioia.

Sebbene il tuo Episcopato non abbia comportato l'incarico di guidare una diocesi, un gregge, tuttavia la grazia dello Spirito divino ti ha reso idoneo a sostenere compiti assai vasti nelle varie province.

Infatti, poiché la Chiesa vive in questo mondo e si trova ad aver relazioni con uomini e nazioni, ha anche bisogno di uomini che siano preposti a questi compiti. Tu, venerabile fratello nostro, sei stato tra questi: a Manila, a Washington e in altre città. Poiché "ha sempre da dove attingere colui che ha il cuore pieno di carità" (S. Agostino, "Enarr. in Psalm." 33, II,13), hai sempre dato perciò molto sia alla Chiesa, sia ai popoli presso i quali hai avuto la Nunziatura Apostolica: hai dato la tua opera instancabile perché crescesse una reciproca amicizia tra la Chiesa cattolica e quei popoli; l'amore costante e fedele verso la Sede Apostolica e il Vicario di Cristo; la preoccupazione che i decreti del Concilio Vaticano II e le disposizioni dei Pontefici fossero tenuti in considerazione e fossero applicati; hai dato insigni esempi di religiosità, fiori del tuo sacerdozio; hai infine dimostrato prudenza, e non poca, che, come dice Cicerone "si vede nella scelta tra le cose buone e quelle cattive" (M.T. Cicerone, "De Officiis" I, 43,153).

Giustamente dunque da Paolo VI, vostro predecessore, sei stato cooptato nel Collegio dei Padri Cardinali, cioè nel Senato e nel vastissimo Consiglio della Chiesa. Del resto la tua attività è ancora oggi molto preziosa, dal momento che presiedi la Prefettura dell'Economato della Santa Sede.

Cogliamo dunque l'occasione di gioire e congratularci con te, e ti auguriamo ogni bene e lo chiediamo a Dio. Ti auguriamo anche buona salute, venerabile vostro fratello; ti giovi la benedizione apostolica, che impartiamo a te e a tutti i tuoi cari.

Data: 1978-12-07 Data estesa: Giovedi 7 Dicembre 1978


GPII 1978 Insegnamenti - Ai giovani in San Pietro - Città del Vaticano (Roma)