GPII 1978 Insegnamenti - Alla Commissione di beneficenza del Credito Artigiano - Città del Vaticano (Roma)

Alla Commissione di beneficenza del Credito Artigiano - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Lo spazio della carità nella linea del Vangelo

Figli carissimi.

Vi esprimo, con molta cordialità, la mia soddisfazione per questo incontro, che si collega idealmente con quelli che con voi ha avuto il mio predecessore Paolo VI di venerata memoria, il quale ebbe la ventura di conoscere, già come Arcivescovo di Milano, la vostra istituzione, le sue finalità, le sue realizzazioni.


1. La vostra opera, che ormai ha 32 anni di vita, nacque con finalità non unicamente ed esclusivamente economiche, bensi benefiche: i frutti delle varie iniziative dovevano essere destinati all'incremento di opere cattoliche. E' questo l'aspetto interessante e, potremmo dire, esemplare della vostra azione, la quale, in primo luogo, pur nel gioco delle cosiddette regole dell'economia, vuole e deve rispettare, con assoluta coerenza, l'etica professionale e la legge di Dio per quanto concerne, in particolare, la giustizia nella sua significazione più globale.

Ma le vostre prospettive vanno oltre. Ispirandovi alla concezione cristiana della vita e dei rapporti tra gli uomini, voi non volete lasciarvi imprigionare dalla semplice logica individualistica del guadagno e del profitto, ma volete dare concreta applicazione all'insegnamento del Concilio Vaticano II, che ha così sintetizzato la tradizione cristiana e l'insegnamento magisteriale: "Dio ha destinato la terra e tutto quello che essa contiene all'uso di tutti gli uomini e popoli, e pertanto i beni creati debbono con equità essere partecipati a tutti, secondo le regole della giustizia, che è inseparabile dalla carità" (GS 69).


2. Al mio sincero plauso si unisce un cordiale auspicio. Nel mondo odierno, nonostante i grandi e reali progressi, c'è ancora tanto bisogno di solidarietà, di compartecipazione, perché ci sono ancora tanta povertà e miseria: molti nostri fratelli e sorelle soffrono la fame, la sete, le malattie di ogni genere; non hanno ancora un'abitazione decente e adeguata alla dignità della persona umana.

Rimane quindi un immenso spazio per la carità, per la "beneficenza", considerate e vissute non come il gesto orgoglioso di colui che, pago della propria ricchezza, lascia cadere ostentatamente nel tesoro del tempio una manciata di monete, ma come la donazione pudica ed umile della "povera vedova" del Vangelo, la quale dono due spiccioli, che erano pero tutto quello che ella aveva per vivere (cfr. Mc 12,41-44 Lc 21,1-4). La carità - dice san Paolo - "non manca di rispetto, non cerca il suo interesse" (1Co 13,5).


3. Continuate, figli carissimi, su queste linee maestre, che sono le linee del Vangelo, il quale deve rimanere sempre a saldo e sicuro fondamento del vostro comportamento individuale e sociale. Sia la vostra professione illuminata ed orientata dalla luce della fede, che si esprima e si traduca in coerente testimonianza di vita cristiana.

Con questi voti ben volentieri imparto a voi, a tutti i membri del Credito Artigiano e alle loro famiglie una speciale benedizione apostolica.

Data: 1978-12-21 Data estesa: Giovedi 21 Dicembre 1978


All'udienza per gli auguri natalizi - Annuncio del pellegrinaggio in Messico

Carissimi fratelli del Sacro Collegio e voi, figli della Chiesa Romana!


1. All'indirizzo che mi è stato testé rivolto a nome di tutti voi, qui presenti, io non posso che rispondere con una parola brevissima, ma carica d'intenso affetto: grazie vivissime! Si, grazie perché la vostra visita, in questa vigilia della sacra festività del Natale, non è un semplice gesto di protocollo che s'ispiri a una tradizionale, pur se gentile, consuetudine, ma è un atto ricco d'un tale calore di sentimento, da costituire per me un'ulteriore prova, se ce ne fosse bisogno - ma non ce n'è bisogno - del fatto che, eletto Papa appena due mesi fa, lasciata l'amata terra di Polonia e la mia diocesi di Cracovia, ho avuto in cambio un'altra terra qui in Roma e una Chiesa vasta quanto il mondo.

Natale è la festa degli affetti domestici: è un ritorno, accanto al bambino Gesù venuto come nostro fratello, alla nostra stessa nascita e, attraverso un itinerario interiore, alle radici primordiali della nostra esistenza, circondata dalle care figure dei nostri genitori, dei parenti, dei compatrioti.

Natale e un invito, pertanto, a ripensare alla nostra nascita, nella concretezza delle circostanze peculiari a ciascuno. Come è naturale per me riandare col pensiero, nell'onda di suggestive memorie, alla mia casa e alla mia Wadowice, così naturale è per ciascuno di voi ritornare al calore dei vostri focolari.

Il servizio di Pietro è impegno d'amore Ma ecco che la vostra devota e premurosa presenza di stamane viene ad intrecciarsi a questi miei pensieri personali e privati e, sciogliendo quasi l'inarrestabile commozione, mi riporta ad un'altra e ben più alta realtà: dico la nuova realtà in me sopravvenuta per la scelta che proprio voi, Signori Cardinali con gli altri Confratelli sparsi nel mondo, avete fatto nel giorno per me fatidico del 16 ottobre. "Vos estis corona mea", vi ripetero con l'Apostolo (cfr. Ph 4,1): voi avete esteso la cerchia della mia famiglia e siete diventati ad un titolo specialissimo miei "congiunti" secondo quella comunione trascendente, ma realissima e creatrice di legami altrettanto saldi quali quelli della famiglia umana, che si chiama ed è la vita ecclesiale.

Grazie, dunque, per questa corale attestazione di auguri e di voti, che non solo voi mi offrite, ma che con voi mi offrono coloro che qui rappresentate.

Io la ricambio "toto corde", auspicando per ognuno di voi, come per quanti a voi sono uniti, un'effusa donazione della grazia soprannaturale e della benignità umanissima del Salvatore nostro Gesù Cristo (cfr. Tt 2,11).


2. So bene come il mio predecessore Paolo VI di venerabile memoria, nel corso degli analoghi incontri ch'ebbero luogo in quest'aula nell'arco operoso e luminoso del suo quindicennio pontificale, preferi sempre allargare lo sguardo ai doveri della sua missione pastorale. Egli era solito richiamare i fatti salienti della Chiesa e del mondo, non soltanto per dare un preciso contenuto al colloquio con i più qualificati suoi Collaboratori, ma anche "per fare il punto" della situazione attraverso un'attenta disamina dei più recenti avvenimenti.

Una tale opportunità si presenta oggi anche a me, in forma simile e insieme diversa, ma forse più facile... Che cosa è successo quest'anno? E più esattamente: che cosa è successo dal tramonto del 6 agosto, allorché quell'insigne Pontefice chiuse gli occhi sulla scena del mondo per aprirli alla luce del cielo, dove entrava a ricevere il premio del servo buono e fedele? (cfr. Mt 25,21). Gli avvenimenti sono ben noti, e non è certo necessario richiamarli, tanto meno dinanzi a voi che ne siete stati non già spettatori, ma attori e, per larga parte, protagonisti. Nessuno di noi - direi col discepolo di Emmaus - è tanto forestiero in Roma, da ignorare "quae facta sunt in illa his diebus" (cfr. Lc 24,18).

In termini giornalistici o burocratici, si è parlato di avvicendamento, anzi di un duplice avvicendamento al vertice della Chiesa, sicché in un anno - è stato osservato - si sono avuti tre Papi! Il che è obiettivamente vero, ma non esaurisce certo il discorso sull'avvenuta successione alla Sede Apostolica, e su quel che essa contiene di più sostanziale e determinante: dico la formidabile eredità del ministero stesso di Pietro, quale si è atteggiata, in concreto, nella stretta di questi anni cruciali, durante il pontificato di Paolo VI, e si è al tempo stesso arricchita di germi e di succhi, di istanze rinnovatrici e di orientamenti programmatici durante l'assise conciliare.

E bisogna aggiungere che anche il rapido, ma intensissimo servizio di Papa Giovanni Paolo I ha contrassegnato questa già complessa eredità, apportandovi una più definita connotazione pastorale. Onde io, che sono stato chiamato a raccoglierla, sento quotidianamente il peso veramente enorme di tanta responsabilità.

E' il caso allora di parlare di vertici o di poteri? Oh no, fratelli: il servizio di Pietro - come accennai nella Cappella Sistina all'indomani della mia elezione - è essenzialmente un impegno di dedizione e di amore. Tale appunto vuol essere l'umile mio ministero.

In ciò mi conforta, anzitutto, la certezza o, meglio, la fede incrollabile nella potenza di Gesù Signore, che alla sua Chiesa ha promesso un'indefettibile assistenza (cfr. Mt 28,20) e al suo Vicario, come e più che a tutti gli altri Pastori, sussurra suadente: "Modicae fidei, quare dubitasti?" (Mt 14,31). Ma mi conforta anche l'aiuto che mi offrite voi e di cui, già in questo primo periodo di avviamento pontificale, in tanti modi e con tanta efficacia ho avuto quotidiana conferma. Ed è qui che riprendo il discorso degli auguri, per concluderlo con un rinnovato invito ad elevare per me le vostre preghiere. Sia la comunione nell'orazione e nella carità, anche intenzionalmente, la prima forma della vostra preziosa collaborazione.

La pedagogia della pace


3. Dopo lo sguardo alla Chiesa, il pensiero si volge per naturale connessione - come usava fare Papa Paolo - al mondo che la circonda. Come è andata in quest'anno, che ormai si conclude, l'umana società? E come sta andando in questi giorni? Più che ai fatti, a tutti noti, bisogna guardare il loro nesso, per coglierne - in quanto possibile - il senso e la direzione. Ci si può, ad esempio, domandare: progredisce o ristagna tra gli uomini la causa della pace? E la risposta si fa trepida e incerta quando si scopre, in diversi Paesi, il persistere di virulente tensioni, le quali non di rado danno origine a scoppi rabbiosi di violenza.

La pace, purtroppo, rimane assai precaria, mentre è facile intravedere i motivi di fondo che son li a minacciarla. Dove non c'è giustizia - chi non lo sa? - non ci può esser pace, perché l'ingiustizia è già un disordine e sempre vera resta la parola del Profeta: "Opus iustitiae pax (Is 32,17). Parimenti, dove non c'è rispetto per i diritti umani - dico i diritti inalienabili, inerenti all'uomo in quanto è uomo -, non ci può esser pace, perché ogni violazione della dignità personale favorisce il rancore e lo spirito di vendetta. E ancora, dove non c'è formazione morale che favorisca il bene, non ci può esser pace, perché bisogna sempre vigilare e contenere le tendenze deteriori che si annidano nel cuore.

Non voglio insistere, fratelli, su questi pensieri, ma mi preme ricavare da tutto ciò un'indicazione: studiando questa tematica, appare ancor più necessario consolidare le basi spirituali della pace, continuando con coraggio e con perseveranza quella pedagogia della pace, della quale Paolo VI è stato autorevole maestro. Nel Messaggio per la Giornata Mondiale della pace, pubblicato appena ieri, io ho ripreso il suo argomento sull'educazione alla pace, e rivolgo anche a voi - come a tutti gli uomini miei fratelli - l'invito ad approfondirlo e ad assimilarlo.

Interventi della Santa Sede per la vertenza tra Cile e Argentina E quanto sia urgente la necessità di impegnarsi a favore della pace lo confermano anche le tristi notizie che sono di recente giunte dal Continente Sudamericano.

Il contrasto che si è andato acutizzando in quest'ultimo periodo tra l'Argentina e il Cile, nonostante il vibrante appello alla pace rivolto ai Responsabili da parte degli Episcopati di quei due Paesi, vivamente appoggiato e fatto proprio dal mio predecessore, Papa Giovanni Paolo I, è motivo di profondo dolore e di intima preoccupazione.

Mosso dall'affetto paterno che porto a quelle due care Nazioni, anch'io, alla vigilia dell'incontro avvenuto il 12 dicembre a Buenos Aires fra i loro Ministri degli Affari Esteri e nel quale tante speranze erano state riposte, ho manifestato direttamente ai due Presidenti le mie preoccupazioni, i miei voti, il mio incoraggiamento a ricercare nell'esame sereno e responsabile il modo di salvaguardare la pace così vivamente desiderata da entrambi i popoli.

Le risposte ricevute sono piene di rispetto e di espressione di buona volonta. Tuttavia, nonostante l'accettazione, in principio, da parte di entrambi i contendenti, di un ricorso all'intervento mediatore di questa Sede Apostolica, per le concrete difficoltà poi sorte, il comune proposito non ha avuto attuazione. La Santa Sede non si sarebbe rifiutata all'appello, pur nella consapevolezza della delicatezza e della complessità della questione, considerando prevalenti, sugli aspetti politici e tecnici della vertenza, i superiori interessi della pace.

Nella giornata di ieri, poi, di fronte alle notizie sempre più allarmanti che giungevano sull'aggravarsi e sul possibile, anzi da non pochi temuto come imminente, precipitare della situazione, ho fatto conoscere alle Parti la mia disposizione - anzi, il desiderio - di inviare nelle due Capitali un mio

rappresentante speciale, per avere più dirette e concrete informazioni sulle rispettive posizioni e per esaminare e ricercare insieme le possibilità di una onorevole composizione pacifica della vertenza.

In serata è giunta la notizia dell'accettazione di tale proposta da parte di entrambi i Governi, con espressioni di gratitudine e di fiducia che, mentre mi confortano, fanno ancor maggiormente sentire la responsabilità che un simile intervento comporta, ma alla quale la Santa Sede ritiene di non doversi sottrarre. E siccome tutte e due le Parti sottolineano concordemente l'urgenza di tale intervento, la Santa Sede procederà con tutta la possibile sollecitudine.

Intanto desidero rinnovare il mio accorato appello ai Responsabili perché siano evitati passi che potrebbero comportare conseguenze imprevedibili - o anche troppo prevedibili - di danni e di sofferenze per le popolazioni dei due Paesi fratelli. E invito tutti ad elevare fervida preghiera al Signore perché la violenza delle armi non abbia il sopravvento sulla pace.

Il Santo Padre parteciperà alla Conferenza di Puebla


4. Ed ora desidero confidarvi alcune notizie quali liete primizie di iniziative e di eventi, tra loro diversi, ma tutti dimostrativi della multiforme presenza e attività della santa Chiesa.

a) La prima notizia è che, verso la fine del prossimo gennaio, mi riprometto di recarmi - a Dio piacendo - nel Messico, per partecipare alla III assemblea generale dell'Episcopato Latino-Americano, che avrà luogo - come sapete - a Puebla de los Angeles. E' un avvenimento, questo, di rilevantissima importanza ecclesiale, non solo perché nel vasto Continente dell'America Latina, chiamato il Continente della speranza, sono presenti in netta maggioranza i fedeli cattolici, ma anche in ragione dello speciale interesse e, più ancora, delle grandi attese che in quel convegno si appuntano, e che sarà un autentico merito storico per i Vescovi, i quali reggono quelle Chiese antiche e nuove, trasformate in consolanti realtà. Ma, prima di raggiungere la sede della Conferenza, faro sosta presso il celebrato Santuario di Nostra Signora di Guadalupe. E' da qui, infatti, che desidero trarre il superiore conforto e il necessario incitamento - quasi i buoni auspici - per la mia missione di Pastore della Chiesa e, segnatamente, per il mio primo contatto con la Chiesa nell'America Latina. Il punto essenziale dell'ambitissimo incontro con questa Chiesa sarà proprio tale religioso pellegrinaggio ai piedi della santa Vergine, per venerarla, per implorarla, per chiederle ispirazione e consiglio per i Confratelli dell'intero Continente.

E' una gioia per me affermare tutto ciò alla vigilia del Natale, nel momento in cui tutti - Pastori e fedeli - ci riuniamo intorno alla Madre che, come diede un giorno al mondo Gesù Salvatore nella grotta di Betlemme, così lo dà tuttora a noi nella fecondità inesauribile della sua verginale e spirituale maternità. Possa la mia presenza nel suo bel Santuario in terra messicana contribuire ad ottenere nuovamente il Cristo da lei, per mezzo di lei come Madre, non solo per il popolo di quella stessa terra, ma per tutte le Nazioni dell'America Latina.

Quanto al tema assegnato al Convegno di Puebla, voi già lo conoscete unitamente alle sapienti indicazioni contenute nel documento preparatorio, elaborato dal CELAM: "L'evangelizzazione nel presente e nel futuro dell'America Latina". Ebbene, la rilevanza di questo argomento, le sue implicazioni teologiche, ecclesiologiche e pastorali, dottrinali e pratiche, l'ampiezza stessa dell'area in cui bisognerà applicare ogni concreta risoluzione, sono tanto evidenti che non c'è da spiegare il perché della mia decisione. Come già Paolo VI volle essere presente alla II assemblea durante il Congresso Eucaristico Internazionale di Bogotà, così saro io tra i fratelli là convenuti per la nuova assemblea, al fine di testimoniare ad essi e ai loro sacerdoti e fedeli la stima, la fiducia, la speranza della Chiesa universale ed accrescere il loro coraggio nel comune impegno pastorale. Qualcuno ha detto che il futuro della Chiesa "si gioca" nell'America Latina. Anche se, su un piano generale, questo futuro è nascosto in Dio secondo un suo disegno che va oltre i progetti umani e i condizionamenti storico-sociali (cfr. Rm 11,33 Ac 16,6-9), quella frase contiene una sua verità, perché sta a significare quanto sia solidale la sorte della Chiesa nel Continente centro e sud-americano con quella dell'unica e indivisa Chiesa di Cristo. Vada, dunque, fin d'ora a quell'eletta assemblea il mio beneaugurante saluto.

A disposizione degli studiosi gli archivi fino a Leone XIII b) Il secondo annuncio riguarda la decisione di aprire agli studiosi l'Archivio Segreto Vaticano fino a tutto il pontificato di Papa Leone XIII. Una tale decisione, da tempo auspicata dal mondo della cultura, cade opportuna nell'anno 1978, che ha segnato - come ben sapete - un doppio centenario: quello della morte del Servo di Dio Pio IX, e quello della successiva elevazione alla

Cattedra di Pietro di Gioacchino Pecci, il cui ministero durato ben venticinque anni, "usque ad summam senectutem", raggiunse i primi anni del nostro secolo. Ecco allora che la Santa Sede, consentendo la libera consultazione delle carte e dei documenti concernenti quest'ampio e non secondario periodo che, andando dal 1878 al 1903, segno il trapasso al secolo XX, apre all'indagine un panorama di singolare ampiezza a servizio della verità storica e a testimonianza, altresi, della sempre attiva presenza della Chiesa nel mondo della cultura.

Dedicata a Paolo VI l'Aula del Nervi c) Nel medesimo ordine di idee s'inscrive anche l'iniziativa di onorare la memoria del mio grande predecessore Paolo VI. Da una parte, a suo perpetuo ricordo, la grande Aula delle udienze, da lui voluta e affidata all'arte geniale dell'architetto Pier Luigi Nervi, sarà d'ora in avanti denominata "Aula Paolo VI"; dall'altra, per valorizzare un patrimonio che si è costituito durante l'ultimo anno del suo pontificato, saranno resi accessibili gli "autografi" di tante insigni personalità che sono stati a lui offerti nella ricorrenza dell'ottantesimo genetliaco. Considero, infatti, un mio preciso dovere continuare e sviluppare l'interessamento che Paolo VI dimostro costantemente per le cause della cultura e dell'arte: il che fu per lui non piccolo titolo di gloria e torna di non poco prestigio alla Chiesa.

Così, fratelli e figli carissimi, ho risposto ai vostri auguri; vi ho anticipato ufficialmente alcune iniziative; vi ho raccomandato di pregare e di far pregare per me. I contatti finora avuti con voi mi spingono a rilevare il significato di questa comunione. Grazie a Dio, ho già potuto conoscere personalmente una parte dei miei più vicini collaboratori, quelli della Segreteria di Stato, e ho intenzione di proseguire, non appena mi sarà possibile, le visite agli altri Dicasteri della Curia Romana, nella convinzione che la reciproca conoscenza valga a favorire la migliore coordinazione dei nostri sforzi tendenti - secondo le rispettive funzioni a ciascuno assegnate - ad un medesimo e focale centro di riferimento: la crescita del Popolo di Dio nella fede e nella carità.

Ecco viene il Natale, viene il Signore Gesù: possa egli trovarci tutti - come auspica il prefazio di Avvento - vigilanti nell'attesa, esultanti nella lode, ardenti nella carità, sotto lo sguardo dolcemente rassicurante di Colei che, come Madre di Gesù, fu ed è anche Madre nostra. così sia, con la mia più cordiale benedizione.

Data: 1978-12-22 Data estesa: Venerdi 22 Dicembre 1978


Ai domestici e ai sediari pontifici - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La dimensione umana e cristiana del Natale

Carissimi.

L'incontro odierno riveste un carattere di particolare importanza e significato, perché, uscendo dallo schema abituale di presenza, di riserbo e di lavoro silenzioso, che voi svolgete a servizio del Papa, esso dà luogo ad una manifestazione di sentimenti, ad una comunione di animi, ad una festa di cuori.

E' il Natale di Gesù! Nel lieto ricordo di tale evento mirabile per la storia dell'umana salvezza, nello spirito dell'insegnamento del Verbo di Dio Incarnato, pieno di grazia e di verità; della luce di vera bontà che irradia dal Celeste Infante, noi ci uniamo più spontaneamente insieme, riscoprendo in tal modo la dimensione umana e cristiana, che ci rivela gli aspetti più genuini e nobili del nostro intimo.

Voi, infatti, siete qui presenti con le vostre famiglie, per riaffermare al Papa, mediante la presentazione di fervidi auguri Natalizi, la vostra profonda devozione, il vostro reverente affetto, la vostra incondizionata fedeltà alla sua Persona e al suo servizio.

A voi esprimo, insieme al mio sincero apprezzamento, viva riconoscenza per questa nuova e significativa testimonianza di filiale ossequio, la quale si aggiunge alle tante altre, che continuamente offrite attraverso la vostra opera, svolta con discrezione, diligenza e tratto signorile. Ai vostri deferenti omaggi, come pure all'assicurazione di preghiere rispondo, altresi, supplicando il Bambino Gesù di ricolmare voi e i vostri familiari, dei doni del suo amore, di concedere ai vostri cuori e alle vostre case la sua pace, di illuminare il vostro cammino con la sua luce e, infine, di confortare la vostra esistenza con la sua grazia celeste.

A suggello di tali paterni voti e quale conferma della mia benevolenza imparto di cuore a voi qui presenti, e a tutte le persone che vi sono care, la propiziatrice benedizione apostolica.

Data: 1978-12-23 Data estesa: Sabato 23 Dicembre 1978


Omelia della notte di Natale - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Solidarietà a chi soffre per la negazione dei diritti umani

Carissimi fratelli e sorelle.


1. Ci troviamo nella Basilica di San Pietro a quest'ora insolita. Ci fa da sfondo l'architettura nella quale intere generazioni attraverso i secoli hanno espresso la loro fede nel Dio Incarnato, seguendo il messaggio portato qui a Roma dagli apostoli Pietro e Paolo. Tutto ciò che ci circonda parla con la voce dei due millenni che ci separano dalla nascita di Cristo. Il secondo millennio si sta avvicinando celermente alla fine. Permettete che, così come siamo, in questo contesto di tempo e di luogo, io vada con voi a quella grotta nei pressi della cittadina di Betlemme, situata a sud di Gerusalemme. Facciamo in modo di essere tutti insieme più là che qua: là, dove "nel silenzio della notte" si è fatto sentire il vagito del Neonato, espressione perenne dei figli della terra. In quello stesso tempo si è fatto sentire il cielo, "mondo" di Dio che abita nel tabernacolo inaccessibile della Gloria. Tra la maestà di Dio eterno e la terra-madre, che si annunzia col vagito del Bimbo neonato, s'intravede la prospettiva di una nuova pace, della riconciliazione, dell'alleanza: E' nato per noi il Salvatore del mondo "tutti i confini della terra hanno visto la salvezza del nostro Dio".


2. Tuttavia in questo momento, in questa insolita ora, i confini della terra rimangono distanti. Sono pervasi da un tempo di attesa, lontani dalla pace. La stanchezza riempie piuttosto i cuori degli uomini, che si sono addormentati, così come si erano addormentati non lungi i pastori nelle valli di Betlemme. Ciò che accade nella stalla, nella grotta di roccia ha una dimensione di profonda intimità: è qualcosa che avviene "fra" la Genitrice e il Nascituro. Nessuno dall'esterno vi ha accesso. Perfino Giuseppe, il falegname di Nazaret, rimane testimone silenzioso. Lei sola è pienamente consapevole della sua Maternità. E solo lei capta l'espressione propria del vagito del bimbo. La nascita di Cristo è innanzitutto il suo mistero, il suo grande Giorno. E' la festa della Madre.

E' una strana festa: senza alcun segno della liturgia della Sinagoga, senza letture profetiche e senza canto di Salmi. "Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato (He 10,5) sembra dire, col suo vagito, Colui che, essendo Figlio eterno, Verbo consostanziale al Padre, Dio da Dio, Luce da Luce", si è fatto carne (Is 1,14), egli si rivela in quel corpo come uno di noi, piccolo infante, in tutta la sua fragilità e vulnerabilità. Soggetto alla sollecitudine degli uomini, affidato al loro amore, indifeso. Vagisce, e il mondo non lo sente, non può sentirlo. Il vagito del bimbo neonato può udirsi appena a distanza di qualche passo.


3. Vi prego quindi, fratelli e sorelle, che affollate questa Basilica, cerchiamo di essere più presenti là che qua. Non molti giorni fa, manifestai il mio grande desiderio di trovarmi nella grotta della Natività, per celebrare proprio là l'inizio del mio pontificato. Dato che le circostanze non me lo consentono, e trovandomi qui con tutti voi, ancor più cerco di essere là spiritualmente con voi tutti, per colmare questa liturgia con la profondità, l'ardore, l'autenticità di un intenso sentimento interiore. La liturgia della notte di Natale è ricca di un particolare realismo: realismo di quel momento che noi rinnoviamo, e anche realismo dei cuori che rivivono quel momento. Tutti, infatti, siamo profondamente emozionati e commossi, benché ciò che celebriamo sia avvenuto circa duemila anni fa.

Per avere un quadro completo della realtà di quell'evento, per penetrare ancor più nel realismo di quel momento e dei cuori umani, ricordiamoci che ciò è avvenuto così come è avvenuto: nell'abbandono, nell'estrema povertà, nella stalla-grotta, fuori della città, perché gli uomini, nella città, non hanno voluto accogliere la Madre e Giuseppe in nessuna delle loro case. Da nessuna parte c'era posto. Sin dall'inizio, il mondo si è rivelato inospitale verso il Dio che doveva nascere come Uomo.


4. Riflettiamo ora brevemente sul significato perenne di questa mancata ospitalità dell'uomo nei riguardi di Dio. Noi tutti, che siamo qui, vogliamo che sia diversamente. Vogliamo che a Dio, che nasce come uomo, sia aperto tutto in noi uomini.

Con questo desiderio siamo venuti qui! Pensiamo quindi questa notte anche a tutti gli uomini che cadono vittime dell'umana disumanità, della crudeltà, della mancanza di qualsiasi rispetto, del disprezzo dei diritti oggettivi di ciascun uomo. Pensiamo a coloro che sono soli, anziani, ammalati; a coloro che non hanno una casa, che soffrono la fame, la cui miseria è conseguenza dello sfruttamento e dell'ingiustizia dei sistemi economici.

Pensiamo anche a coloro, ai quali non è permesso, in questa notte, di partecipare

alla liturgia della Nascita di Dio, e che non hanno un sacerdote che possa celebrare la Messa. E andiamo col pensiero anche a coloro, le cui anime e coscienze sono tormentate non meno che la loro fede.

La stalla di Betlemme è il primo luogo della solidarietà con l'uomo: di un uomo con l'altro e di tutti con tutti, soprattutto con coloro, per i quali "non c'è posto nell'albergo" (cfr. Lc 2,7), ai quali non sono riconosciuti i propri diritti.


5. Il Bambino neonato vagisce. Chi sente il vagito del bimbo? Per lui parla pero il cielo, ed è il cielo che rivela l'insegnamento proprio di questa nascita. E' il cielo che la spiega con queste parole: "Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama" (Lc 2,14).

Bisogna che noi, toccati dal fatto della nascita di Gesù, sentiamo questo grido del cielo.

Bisogna che esso giunga a tutti i confini della terra, che lo odano nuovamente tutti gli uomini.

"Filius datus est nobis.

Christus natus est nobis. Amen".

Data: 1978-12-24 Data estesa: Domenica 24 Dicembre 1978


Messaggio "Urbi et Orbi" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Natale, festa dell'uomo




1. Questo messaggio lo rivolgo ad ogni uomo; all'uomo; all'uomo, nella sua umanità. Natale è la festa dell'uomo. Nasce l'Uomo. Uno dei miliardi di uomini che sono nati, nascono e nasceranno sulla terra. L'uomo, un elemento componente della grande statistica. Non a caso Gesù è venuto al mondo nel periodo del censimento; quando un imperatore romano voleva sapere quanti sudditi contasse il suo paese.

L'uomo, oggetto del calcolo, considerato sotto la categoria della quantità; uno fra miliardi. E nello stesso tempo, uno, unico e irripetibile. Se noi celebriamo così solennemente la nascita di Gesù, lo facciamo per testimoniare che ogni uomo è qualcuno, unico e irripetibile. Se le nostre statistiche umane, le catalogazioni umane, gli umani sistemi politici, economici e sociali, le semplici umane possibilità non riescono ad assicurare all'uomo che egli possa nascere, esistere e operare come un unico e irripetibile, allora tutto ciò glielo assicura Iddio. Per lui e di fronte a lui, l'uomo è sempre unico e irripetibile; qualcuno eternamente ideato ed eternamente prescelto; qualcuno chiamato e denominato con il proprio nome.

Così come quel primo uomo, Adamo; e come quel nuovo Adamo, che nasce dalla Vergine Maria nella grotta di Betlemme: "lo chiamerai Gesù" (Lc 1,31).


2. Questo messaggio è indirizzato ad ogni uomo, proprio in quanto uomo, alla sua umanità. E' infatti l'umanità che viene elevata nella nascita terrestre di Dio.

L'umanità, "la natura" umana, è assunta nell'unità della divina Persona del Figlio; nell'unita dell'eterno Verbo, in cui Dio esprime eternamente Se stesso; questa divinità Dio la esprime in Dio: Dio vero in Dio vero: il Padre nel Figlio e ambedue nello Spirito Santo.

Nella solennità odierna ci innalziamo anche verso il mistero inscrutabile di questa nascita divina.

Contemporaneamente, la nascita di Gesù a Betlemme testimonia che Dio ha espresso questa Parola eterna - il suo Figlio Unigenito - nel tempo, nella storia.

Di questa "espressione" egli ha fatto e continua a fare la struttura della storia dell'uomo. La nascita del Verbo Incarnato è l'inizio di una nuova forza dell'umanità stessa; la forza aperta ad ogni uomo, secondo le parole di san Giovanni: "ha dato potere di diventare figli di Dio". Nel nome di questo irripetibile valore di ogni uomo, e nel nome di questa forza, che porta ad ogni uomo il Figlio di Dio diventando uomo, mi rivolgo in questo messaggio soprattutto all'uomo: ad ogni uomo; dovunque lavori, crei, soffra, combatta, pecchi, ami, odi, dubiti; dovunque viva e muoia; mi rivolgo a lui oggi con tutta la verità della nascita di Dio; con il suo messaggio.


3. L'uomo vive, lavora, crea, soffre, combatte, ama, odia, dubita, cade e si rialza in comunione con gli altri.

Mi rivolgo perciò a tutte le varie comunità. Ai Popoli, alle Nazioni, ai Regimi, ai Sistemi politici, economici, sociali e culturali, e dico: - Accettate la grande verità sull'uomo.

- Accettate la piena verità sull'uomo pronunziata nella notte di Natale.

- Accettate questa dimensione dell'uomo, che si è aperta a tutti gli uomini in questa santa Notte! - Accettate il mistero, nel quale vive ogni uomo da quando è nato Cristo.

- Rispettate questo mistero! - Permettete a questo mistero di agire in ogni uomo! - Permettetegli di svilupparsi nelle condizioni esteriori del suo essere terreno.

In questo mistero si trova la forza dell'umanità. La forza che irradia su tutto ciò che è umano. Non rendete difficile questa irradiazione. Non la distruggete. Tutto ciò che è umano, cresce da questa forza; senza di essa deperisce; senza di essa va in rovina.

E perciò ringrazio voi tutti (Famiglie, Nazioni, Stati, Organizzazioni internazionali, sistemi politici, economici, sociali e culturali) per tutto quello che fate affinché la vita degli uomini possa diventare nei suoi vari aspetti sempre più umana, cioè sempre più degna dell'uomo.

Auspico di cuore e vi supplico di non stancarvi in tale sforzo, in tale impegno.


4. "Gloria a Dio nel più alto dei cieli!" (Lc 2,14).

Dio si è avvicinato. E' in mezzo a noi. E l'Uomo. E' nato a Betlemme.

Giace nella mangiatoia perché non c'era per lui posto nell'albergo (Lc 2,7).

Il suo nome: Gesù! La sua missione: Cristo!

E' Messaggero di grande Consiglio, "Consigliere ammirabile" (Is 9,5); e noi così spesso siamo irresoluti, e i nostri consigli non portano i frutti desiderati.

E "Padre per sempre" (Is 9,5), "Pater futuri saeculi, Princeps pacis"; e, nonostante che duemila anni ci separino dalla sua nascita, egli è sempre davanti a noi e sempre ci precede. Dobbiamo "corrergli dietro", e cercare di "raggiungerlo".

E' la nostra Pace! La Pace degli uomini! La Pace per gli uomini, che egli ama (Lc 2,14).

Dio si è compiaciuto dell'uomo per Cristo. L'uomo non lo si può distruggere; non è permesso umiliarlo; non è permesso odiarlo! Pace agli uomini di buona volontà.

A tutti rivolgo l'invito pressante a pregare insieme col Papa per la Pace, in particolare oggi e fra otto giorni, quando celebreremo in tutto il mondo la "Giornata della Pace".


5. Buon Natale ad ogni uomo e a ciascun uomo! Il mio pensiero augurale, pieno di cordiale affetto e di sincero rispetto, si rivolge a voi, sorelle e fratelli, che siete presenti in questa piazza: a tutti voi che, mediante gli strumenti della comunicazione sociale, avete la possibilità di mettervi in sintonia con questa breve cerimonia; a tutti voi, che cercate sinceramente la verità; che avete fame e sete di giustizia; che anelate alla bontà e alla gioia. A voi, padri e madri di famiglia; a voi, lavoratori e professionisti; a voi, giovani; a voi, ragazzi; a voi, bambini; a voi, poveri, malati; a voi, anziani; a voi, carcerati, e a voi tutti, che siete nella impossibilità di trascorrere il Santo Natale in famiglia, insieme ai vostri cari.

Buon Natale, nella pace e nel gaudio di Cristo.

(Omissis: pronunciato in varie lingue) Data: 1978-12-25 Data estesa: Lunedi 25 Dicembre 1978



GPII 1978 Insegnamenti - Alla Commissione di beneficenza del Credito Artigiano - Città del Vaticano (Roma)