GPII 1987 Insegnamenti - Ai padri sinodali - Città del Vaticano (Roma)

Ai padri sinodali - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Dalla sinodalità affettiva alla sinodalità effettiva

Testo:

1. Rendiamo grazie a Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo nell'amore dello Spirito Santo, per l'avvenuta celebrazione di questa settima assemblea ordinaria del Sinodo dei vescovi, che ha svolto i suoi lavori su un argomento così importante nel piano della salvezza, qual è la vocazione e missione dei laici nella Chiesa e nel mondo contemporaneo. E' cosa veramente giusta elevare il nostro grazie al Signore per l'esperienza di fraterna comunione che ci è stato dato di vivere in questi giorni tanto intensi, per il reciproco arricchimento che questa grande consultazione ha arrecato a ciascuno di noi per i frutti che speriamo possano derivare da questi nostri lavori a vantaggio del regno di Dio in lenta maturazione sulla terra. Iddio che con la sua benevolenza ha assistito e fecondato la nostra fatica, voglia farne germinare una messe copiosa di bene per la sua amata Chiesa.

Il mio pensiero di gratitudine si volge ai tempo stesso a ciascuno di voi, fratelli dilettissimi, che siete qui convenuti da ogni parte della terra, portando a questa assemblea la ricca esperienza del vostro zelo pastorale e che, nel corso di queste settimane, avete generosamente speso le vostre energie di mente e di cuore nell'elaborazione dei diversi argomenti sottoposti alla vostra considerazione. Le ansie e le speranze, che pulsavano nel cuore di ciascuno, si sono ripercosse nel cuore di noi tutti ed è così avvenuto che, in questi giorni, noi abbiamo potuto sperimentare in modo particolarmente tangibile quella "sollicitudo omnium ecclesiarum", che bruciava nel cuore dell'Apostolo (2Co 11,28). Nel ringraziare ciascuno di voi, vorrei che tutti i figli della Chiesa sapessero che il pensiero di loro, delle loro attese, dei loro problemi, ha aleggiato costantemente in quest'aula sinodale, accompagnando i nostri lavori.

Era presente, a ravvivare questo pensiero, una qualificata rappresentanza delle varie istanze ecclesiali. Anche a queste persone, religiose e religiosi, laiche e laici, esperti nelle varie discipline teologiche e umane, va il mio ringraziamento, insieme con l'espressione rinnovata del mio cordiale affetto.


2. E' stata veramente una grande consultazione quella che con la grazia di Dio ci è stato possibile realizzare in questa assemblea sinodale. Gli elementi di essa si trovano sparsi negli interventi e nei testi che hanno segnato le tappe della preparazione dell'assemblea stessa. Intendo alludere in particolar modo ai "Lineamenta" inviati a tutte le chiese particolari all'inizio dei 1985, ai suggerimenti, alle osservazioni e alle risposte da queste fatte successivamente pervenire alla Segreteria del Sinodo, all'"Instrumentum laboris" che, sulla loro scorta fu preparato e sottoposto alla riflessione dei vescovi, dei loro collaboratori e di tutti i fedeli nella primavera del corrente anno. Intendo, in particolare, alludere alle varie voci che sono state udite nel corso della discussione sinodale e, in fine, alle "Propositiones" nelle quali si sono consolidati i risultati di tale discussione.

Conformemente al desiderio dei padri sinodali, tutti gli elementi, che sono stati in tal modo messi in luce, costituiranno la base per elaborare il documento postsinodale, alla cui stesura è mia intenzione dedicarmi quanto prima.

Il limitato arco di tempo durante il quale il Sinodo, per necessità di cose, può trovarsi raccolto, non gli consente di redigere un proprio documento finale. Sarà pertanto mia cura, in adempimento della volontà manifestata, provvedere a tale compito, per la cui esecuzione mi varro della collaborazione del Consiglio per la Segreteria del Sinodo, non senza tener conto di quella sorta di "diritti d'autore" che competono il Sinodo stesso.

Spero che in questo modo sarà possibile soddisfare appieno le ragioni di quella collaborazione collegiale, che in questa ultima sessione del Sinodo ha avuto una sua manifestazione tanto significativa e imponente. Lo scopo essenziale, a cui tutti intendiamo contribuire, è di servire la grande famiglia di Dio che è la Chiesa, quel "popolo di Dio" di cui i laici sono la parte preponderante.

Nell'approfondire i vari aspetti della vocazione e missione dei laici occorrerà, tuttavia, aver sempre presente la molteplice differenziazione della Comunità ecclesiale, che così chiaramente è emersa, durante lo svolgimento del Sinodo, nelle parole di quanti sono intervenuti.

Questo servizio alla Chiesa, popolo di Dio in cammino sulle strade del tempo verso la patria eterna, è in modo speciale compito di noi tutti che, come membri del Collegio episcopale, realizziamo nella Chiesa il "munus pastorale" ereditato dagli apostoli.


3. Ritornando dai propositi concernenti il futuro a quanto stiamo vivendo nel presente desidero rinnovare l'espressione della mia gratitudine a tutti coloro che, in vario modo, hanno contribuito al lavoro svolto in questa sessione sinodale.

Il pensiero va in primo luogo a quanti hanno faticato nella sua preparazione. Meritano di essere innanzitutto menzionati il precedente e l'attuale Consiglio per la Segreteria con i collaboratori e i consiglieri. Degna di speciale menzione è poi, anche da questo punto di vista, l'assemblea straordinaria del Sinodo, celebratasi nel 1985: essa, riflettendo sui frutti del Concilio Vaticano II nel 20° anniversario della sua conclusione, si soffermo con particolare attenzione, com'era giusto, sul ruolo dei laici nella Chiesa, e traccio così nelle sue grandi linee lo schema di approfondimento secondo il quale si è poi svolta la preparazione della presente assemblea.

Il merito precipuo dei frutti raccolti in questi giorni e il conseguente dovere di speciale riconoscenza da parte di tutti noi devono tuttavia essere tributati ai vescovi residenziali e alle Conferenze episcopali, che hanno verificato e sviluppato la problematica sinodale "sul posto", consultando i rispettivi ambienti del laicato. Ovviamente, in tale consultazione molta parte hanno avuto anche i sacerdoti, i religiosi e le religiose che sono a diretto contatto con i laici: anche ad essi va il mio ringraziamento.

Una speciale menzione desidero riservare al Pontificio Consiglio per i laici, che si è inserito molto validamente in questo processo di preparazione, avvalendosi della sua specifica competenza; esso ha apportato, specialmente mediante l'incontro promosso in maggio a Rocca di Papa, un significativo contributo, relativo alla tematica centrale del Sinodo.

Intendo ora adempiere al lieto dovere di ringraziare esplicitamente tutti coloro che, senza risparmio di energie, hanno direttamente contribuito all'edificazione dell'"opus sinodale" in questa impegnativa Sessione. In primo luogo voglio esprimere tutta la mia stima a quanti hanno preso parte al Sinodo per il grande lavoro e la singolare diligenza che hanno posto nel promuovere il felice svolgimento di questo evento ecclesiale: gli inviati delle Conferenze episcopali e delle Chiese orientali, i membri da me nominati, i superiori generali delle Famiglie religiose, i capi dicastero della Curia Romana. Con la loro quotidiana dedizione costoro hanno fatto si che il Sinodo potesse essere celebrato con frutto. Il nostro pensiero va anche ai sacerdoti, cooperatori dei vescovi, e con animo fraterno abbracciamo, pur di lontano, quei degni vescovi che per varie cause sono stati impediti dal partecipare al Sinodo con gli altri confratelli.

Debbo poi e voglio manifestare i sentimenti della mia gratitudine ai tre presidenti delegati, i venerabili fratelli Pironio, Lubachivsky e Vidal - memore al tempo stesso del card. Trin Van Can che non ha potuto essere presente con noi al Sinodo -. Un pregevole lavoro - tutti certo lo riconosciamo - ha svolto il relatore generale, card. Thitandoum, arcivescovo di Dakar, che in questo modo ha fatto si che la Chiesa africana recasse un proprio contributo di grande valore alla fruttificazione sinodale. Il segretario speciale e i suoi collaboratori, sacerdoti e laici, uomini e donne, meritano di essere solidamente lodati per aver recato un eccellente aiuto ai partecipanti al Sinodo, mostrando grande solerzia e fedeltà. Sono certo di interpretare in questo momento il pensiero di tutti voi nel rendere sentite grazie al segretario generale del Sinodo, l'arcivescovo Schotte, e a tutti coloro che nella Segreteria generale del Sinodo dei vescovi gli hanno prestato la loro collaborazione: essi non solo hanno ottimamente preparato il comune lavoro dei padri, ma durante lo svolgimento di queste sessioni ci hanno efficacemente assistito, in modo che l'opera giungesse a felice compimento.

Meritano l'espressione della mia gratitudine i segretari aggiunti, i due laici, un uomo e una donna, nominati per questa circostanza, i quali hanno svolto il loro compito in modo esemplare: essi hanno reso presenti fra i pastori le attese e le speranze del laicato, della cui fede hanno reso una testimonianza solidissima e convincente.

Mi piace ricordare espressamente i moderatori dei "circuli minores" che hanno saputo guidare i lavori così saggiamente da consentire non solo a tutti di esprimersi liberamente, ma anche di far confluire le opinioni manifestate nei vari interventi sinodali in un maturo consenso collegiale. Gran parte del peso del lavoro hanno, tuttavia, sopportato i relatori dei "circuli minores": essi hanno assolto con piena diligenza il loro compito, recando il loro contributo nelle varie fasi all'opera del moderatore e del segretario speciale per favorire, pur nel rispetto delle opinioni e dei pronunciamenti di tutti, il formarsi del consenso sinodale. Lunghe ore essi hanno speso in questa ardua opera di conciliazione, dimostrando spirito di sacrificio, responsabilità verso la Chiesa e competenza.

In modo del tutto speciale voglio, altresi, rivolgere la mia parola di lode agli uditori e alle uditrici, uomini e donne, religiosi e religiose, membri di Istituti secolari, laici. La loro presenza in aula e nei "circuli minores" ha dato al processo sinodale un nuovo e più ampio respiro.

Tutti coloro che hanno parlato ai padri sinodali nell'aula, sia come inviati speciali sia come uditori, hanno reso presente la realtà cristiana come essa è. Tutti i laici del mondo hanno trovato voce tramite loro. La testimonianza della loro vita, dei loro impegni, del loro spirito di fede è stata esaltante. Il contributo da essi recato non può essere dimenticato. Ciascuno, nel rispetto del proprio ruolo, si è inserito nella grande famiglia sinodale sotto lo guida dello Spirito Santo.


4. Domani nella basilica di San Pietro, celebrando in comunione di spirito una solenne Eucaristia, rinnoveremo il nostro grazie al Signore per tutti i doni che ci ha elargito nel corso di questi giorni.

In vista di tale liturgica azione di grazie e in preparazione ad essa, noi ora ci scambiamo l'espressione della nostra reciproca gratitudine, ben consapevoli che "ogni buon regalo e ogni dono perfetto viene dall'alto e discende dal Padre della luce, nel quale non c'è variazione né ombra di cambiamento" (Jc 1,17). Il bene che abbiamo potuto farci vicendevolmente nell'ambito di questa assemblea e il servizio che abbiamo potuto rendere alla Chiesa e alla grande causa dell'apostolato dei laici, hanno la loro origine in Dio, nel quale è la sorgente ultima di ogni bene che si manifesta nel tempo e nello spazio. Sappiamo anche pero che tale lode a lui non sarebbe gradita, se non passasse attraverso il riconoscimento della parte che ciascun fratello e ciascuna sorella ha avuto nell'adempiersi del piano da lui predisposto secondo la sapiente sua onnipotenza e il suo provvido amore.

Reciprocamente quindi ci diciamo grazie e insieme uniamo le nostre voci per esprimere la nostra riconoscenza a lui, Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo, implorando che, come "ha iniziato in noi quest'opera buona, la porti a compimento" (cfr. Ph 1,6), a gloria sua e a vantaggio di quanti egli ha affidato alle nostre cure pastorali.

Che la "synodalitas effectiva" - come potremmo per analogia definirla -, da noi vissuta in questi giorni, si prolunghi nel tempo quale "synodalitas affectiva" e accompagni il nostro impegno nel mandare ad esecuzione quanto il Signore ha suggerito ai nostri cuori, rimasti costantemente vigili nell'ascolto durante lo svolgersi delle varie sessioni, nelle quali si è articolata la nostra assemblea.

Affidiamo questo nostro voto all'intercessione della piissima Vergine Maria, perché essa lo presenti al Figlio suo e ci ottenga da lui tutti gli aiuti necessari nel porre mano agli adempimenti della fase postsinodale in modo adeguato e fruttuoso.

1987-10-29 Data estesa: Giovedi 29 Ottobre 1987




Omelia alla chiusura del Sinodo - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il fedele laico lanciato sulle frontiere della storia

Testo:

1. Ecco, tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle sono fuori e ti cercano".

Gesù rispose: "Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?". E girando lo sguardo su quelli che gli stavano seduti attorno, disse: "Ecco mia madre e i miei fratelli! Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e Madre" (Mc 2,31-35).

Nel corso di questo mese di ottobre, nell'Anno mariano abbiamo cercato di meditare insieme questa risposta mirabile di Cristo. Il Concilio Vaticano II insegna che Maria "precede" l'intero popolo di Dio sulla vita della fede, della carità e dell'unione perfetta con Cristo. Ella è il "tipo" della Chiesa, proprio perché ha compiuto in modo perfetto la volontà di Dio.

Così, essendo Madre di Cristo secondo la carne, ella è diventata in modo perfetto anche Madre secondo lo spirito, conforme alle parole del Figlio. Queste parole non cessano di essere - per noi riuniti nel Sinodo, come anche per tutti i fratelli e le sorelle del mondo intero - una costante misura della vocazione cristiana: "Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre".


2. Oggi, nell'ultimo giorno dell'assemblea sinodale, desideriamo ringraziare il buon pastore, perché ci ha presi da tutte le genti per darci un cuore nuovo e mettere dentro di noi uno spirito nuovo (cfr. Ez 36,24 Ez 36,26). Questo "Spirito", che appartiene agli inizi stessi della Chiesa, ai suoi fondamenti apostolici e a tutta la sua tradizione, si è manifestato con una nuova chiarezza e potenza nell'insegnamento del Concilio Vaticano II sulla vita e sulla vocazione dei laici nella Chiesa e nel mondo.

Ecco, il Sinodo, i cui lavori concludiamo oggi, si è messo proprio al servizio di questo Spirito di Cristo. Suo compito era di dare un contributo efficace a tutti i membri del popolo di Dio per aiutarli a mettere in pratica e a vivere le indicazioni e i precetti che il grande Concilio del nostro secolo, sotto l'ispirazione dello Spirito di Verità e di Amore, ha trasmesso alla Chiesa. Tale è lo spirito con cui lo stesso Sinodo, alla fine dei suoi lavori, si è rivolto al popolo di Dio e ha inviato il suo Messaggio "Sui sentieri del Concilio".


3. Quali sono i frutti che portiamo oggi a questo altare? Con che cosa ci accostiamo a colui che è "pietra viva" di quell'edificio che tutti siamo chiamati a costruire "per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio?" (cfr. 1P 2,4-5).

Occorre, anzitutto, ringraziare il Signore nostro, buon pastore, per il fatto che nel corso del Sinodo la Chiesa intera ha potuto "sentire" se stessa, e mediante i singoli interventi, in un certo senso, ha potuto "vedere", "sperimentare" la sua realtà nella molteplice unità della sua vita e della sua missione.

Ringraziamo per il fatto che nel corso del Sinodo abbiamo potuto non solo gioire per la partecipazione dei laici ("auditores" e "auditrices"), ma ancor di più perché lo svolgimento delle discussioni sinodali ci ha permesso di ascoltare la voce degli invitati, i rappresentanti del laicato provenienti da tutte le parti del mondo, dai diversi Paesi, e ci ha consentito di profittare delle loro esperienze, dei loro consigli, dei suggerimenti che scaturiscono dal loro amore per la causa comune. In un certo senso, questa esperienza sinodale è senza precedenti; e ci si augura che possa diventare un "modello", un punto di riferimento per il futuro.

Ringraziamo ancora il Signore per il fatto che nel corso del Sinodo abbiamo potuto partecipare alle beatificazioni e alle canonizzazioni di santi e beati in maggioranza laici: san Giuseppe Moscati, alcuni dei santi martiri del Giappone, i beati Marcel Callo, Pierina Morosini, Antonia Mesina.

Ringraziamo Dio, infine, per il fatto che il Sinodo, in occasione del 25° anniversario dell'apertura del Concilio Vaticano II, ha potuto riprendere uno dei suoi temi principali e uno dei suoi fondamentali orientamenti.


4. Nella preparazione del presente Sinodo ha avuto particolare importanza il Sinodo straordinario del 1985. In esso la Chiesa si impegna a comprender meglio se stessa, nella sua vocazione e nella sua missione, nella sua natura in quanto mistero e comunione. Tale riflessione doveva, ovviamente, rivolgersi a tutte le componenti del popolo di Dio. perciò, come allora fu di nuovo posta in evidenza la natura dell'episcopato, così ora occorreva riflettere sui laici, con la consapevolezza che essi sono una speranza molto ricca di promesse per la Chiesa di oggi.

Ringraziamo il Signore perché anche questo Sinodo, come i precedenti, ha potuto continuare la sua riflessione nello spirito di fedeltà al Concilio Vaticano II, in atteggiamento di servizio alla verità e alla missione, protendendosi in maniera instancabile verso l'aggiornamento, senza deformazioni e rotture, e senza manomettere alcunché, nei riguardi del patrimonio di verità e di santità affidatoci dal Maestro. Era necessario compiere questa riflessione, perché gli orientamenti e le direttive che il Concilio ci ha lasciato fossero meglio assimilate nella mente e nel cuore, e fossero poi tradotte nella condotta di vita di tutti i membri del popolo di Dio, con coerenza e amore.

In questa prospettiva il Sinodo si è impegnato ad approfondire la figura dei fedele laico, lumeggiandone la straordinaria importanza e attualità nel mondo odierno. Punto di partenza è stato l'insegnamento del Concilio sulla Chiesa nella sua realtà di "mistero", di "comunione" e di "missione". E' appunto da queste tre angolature che è stata messa a fuoco la figura del fedele laico, uomo e donna.


5. Nell'ambito della "Chiesa-Mistero" il fedele laico è, insieme a tutti gli altri battezzati, "figlio di Dio", "membro del corpo di Cristo", "tempio vivo dello Spirito", "testimone e portatore di tutta la missione di salvezza". E' nella ricchezza del mistero che si scopre tutta la sua dignità sacerdotale, profetica e regale. E' li che si spiega la sua vocazione alla santità, la sua ansia di una spiritualità appropriata, l'urgenza di una sua formazione profonda e permanente, l'indispensabilità, per lui, come per tutti gli altri, dell'Eucaristia e della Penitenza, la sua sete quotidiana di dimensione contemplativa.

Il fedele laico è, innanzitutto, un vero "cristiano"! Egli dovrà pensare sempre che, per essere tale, è stato sepolto nel Cristo con il Battesimo e che da allora per lui - come ha detto l'Apostolo - il vivere è Cristo, giacché in Cristo egli recupera in pienezza ogni valore umano.


6. Nell'ambito della "Chiesa-Comunione" il fedele laico è "membro" di quel popolo dell'alleanza, che è chiamato a vivere in unione con Dio per mezzo di Gesù Cristo nello Spirito Santo. E questo, in comunione con tutti gli altri battezzati. Egli non può dunque mai chiudersi in se stesso, isolandosi spiritualmente dalla comunità, ma deve vivere in un continuo scambio con gli altri, con un vivo senso di fraternità, nella gioia di una uguale dignità e nell'impegno di far fruttificare insieme l'immenso tesoro ricevuto in eredità.

Lo Spirito del Signore dona a lui, come agli altri, molteplici carismi, lo invita a differenti ministeri e incarichi, gli ricorda, come anche lo ricorda agli altri in rapporto con lui, che tutto ciò che lo distingue non è un di più di dignità, ma una speciale e complementare abilitazione al servizio.

L'Eucaristia è la fonte e il culmine, il segno e la realtà, la constatazione e la profezia di questa portentosa comunione di consanguineità nella vita del Risorto. La comunione del corpo eucaristico di Cristo, infatti, significa e produce, cioè edifica, l'intima comunione di tutti i fedeli nel corpo di Cristo che è la Chiesa (cfr. LG 10 LG 16). così i carismi, i ministeri, gli incarichi e i servizi del fedele laico esistono nella comunione e per la comunione. Sono ricchezze complementari a favore di tutti, sotto la saggia guida dei pastori.


7. Infine, nell'ambito della "Chiesa-Missione", il fedele laico non solo condivide la responsabilità del mandato missionario, ma si distingue per una sua caratteristica condizione d'impegno per la diffusione del regno di Dio.

La Chiesa, ha ricordato il Papa Paolo VI sulla scorta del Concilio, "ha un'autentica dimensione secolare, inerente alla sua intima natura e missione, la cui radice affonda nel mistero del Verbo incarnato, e che è realizzata in forme diverse per i suoi membri" ("Insegnamenti", X, 1972, p. 103). Orbene, la realizzazione di questa dimensione secolare, di per sé comune a tutti i battezzati, ha una modalità di attuazione che è peculiare del fedele laico, il Concilio l'ha chiamata "indole secolare"; il fedele laico "vive nel secolo, cioè implicato in tutti e singoli i doveri e affari del mondo e nelle ordinarie condizioni della vita familiare e sociale, di cui la sua esistenza è come intessuta" (LG 32). così egli collabora nel realizzare la missione integrale della Chiesa, che "non è soltanto di portare il messaggio di Cristo e la sua grazia agli uomini, ma anche di permeare e perfezionare l'ordine delle realtà temporali con lo spirito evangelico" (AA 5).

Ecco allora il fedele laico lanciato sulle frontiere della storia: la famiglia, la cultura, il mondo del lavoro, i beni economici, la politica, la scienza, la tecnica, la comunicazione sociale; i grandi problemi della vita, della solidarietà, della pace, dell'etica professionale, dei diritti della persona umana, dell'educazione, della libertà religiosa. Il Sinodo non ha potuto affrontare ognuno di questi complessi temi, pero ha descritto il fedele laico in questo suo protagonismo cristiano nel mondo, associato e sorretto dai fedeli pastori e dai fedeli religiosi e religiose con compiti differenti pur nella comune missione.


8. Un'attenzione speciale il Sinodo ha rivolto alla "donna" e ai "giovani", non certo per motivi contingenti, ma per la profonda convinzione di dover considerare accuratamente due vaste posizioni del popolo di Dio che sono segno e richiamo sia alla feconda e solerte maternità della Chiesa sia alla sua perenne giovinezza.

Anche a questo riguardo sono state dette cose profonde e stimolanti, che sarà mia cura, nei prossimi mesi, raccogliere ordinatamente e presentare all'intero popolo di Dio. Vogliamo infatti rendere partecipi dei frutti di questi lavori tutti i nostri fratelli nell'episcopato, rappresentati nel Sinodo, come pure tutti i sacerdoti, collaboratori nel ministero episcopale, nonché le Famiglie religiose maschili e femminili nella Chiesa intera.

Ancora una volta rivolgo il mio vivo ringraziamento a tutti coloro che hanno collaborato alla realizzazione di questo Sinodo, al suo proficuo e ordinato svolgimento. Un saluto particolare va ai fratelli vescovi, che per qualsiasi ragione non sono potuti intervenire. Ci sentiamo in particolare comunione con essi, e amiamo pensarli presenti a questa liturgia in forza dell'unità nella fede e nella grazia, operata dal sacramento eucaristico, che stiamo celebrando. A loro e alle loro Chiese va il mio saluto affettuoso e cordiale.


9. Ecco, brevemente i principali frutti del nostro lavoro comune nel corso di questo mese. Li portiamo ora a colui che è "pietra viva", per riattestare che in lui anche noi desideriamo essere "pietre vive", con le quali viene costruito nella storia l'edificio della Chiesa, destinato a durare nell'eternità.

In questa offerta conclusiva dei frutti del nostro lavoro sinodale, alla fine del mese di ottobre, ci uniamo in modo particolare a Maria, che ci ha preceduto e guidato sulla via della fede consapevole e dell'amore responsabile. La ringraziamo anche per tutti coloro che ci hanno aiutato con la preghiera, particolarmente con la preghiera del Rosario, mentre si svolgevano i lavori del Sinodo dei vescovi sul tema della vita e della vocazione dei laici nella Chiesa e nel mondo contemporaneo.


10. Andandocene di qui verso tutte le direzioni, verso i vari Paesi e Continenti, verso le Chiese e le comunità dalle quali siamo convenuti, desideriamo - con una convinzione sempre più profonda nella fede, nella speranza e nella carità - professare e annunziare che siamo "la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato" (1P 2,9). Desideriamo proclamare le opere meravigliose di lui, che ci ha chiamati dalle tenebre alla sua ammirabile luce in Cristo. Desideriamo quindi, come coloro che hanno ottenuto misericordia (cfr. 1P 2,10), rendere testimonianza, davanti a tutti, a Dio che "è ricco di misericordia" (cfr. Ep 2,4); al Padre che "ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna" (Jn 3,16). Amen!

1987-10-30 Data estesa: Venerdi 30 Ottobre 1987




Ai padri sinodali in Santa Marta - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Tradurre in prassi la ricca dottrina del Concilio sul laicato


Mi congratulo con tutti, con la presidenza, con la segreteria generale del Sinodo, per questo pranzo conclusivo. Mi congratulo sinceramente: in questo modo possiamo veramente concludere la nostra assemblea nel senso molto tradizionale, come facevano i primi cristiani, che aggiungevano sempre all'ascolto della parola di Dio e all'Eucaristia, anche un'agape.

Si deve dire anzitutto che non è facile trasmettere quella esperienza, che si può e deve chiamare "esperienza del Sinodo", non è facile trasmettere tale esperienza agli altri. E' un po' come l'esperienza della fede. Non è facile parlare di quello che costituisce il contenuto, il nucleo, il clima di tale esperienza.

L'esperienza del Sinodo ha in sé qualche cosa del sacro; qualcosa del mistero della Chiesa. Si vive la realtà della Chiesa, la sua realtà anche "etnica", la sua realtà diffusa, parola di Dio diffusa, ricevuta nei Paesi, nelle culture, nei continenti. Si vive tutto questo; si vive ascoltando i diversi locutori, i loro interventi. Si vivono le esperienze delle Chiese locali, esperienze molto diverse, qualche volta, esperienze molto dolorose, qualche altra esperienze difficili. E così, da tutti gli interventi dei padri, e, qualche volta insieme con i padri, anche da quelli dei nostri fratelli e sorelle laici, emerge un quadro, una visione: una visione della Chiesa.

Ma non è solamente una visione, nel senso descrittivo, di come vive la Chiesa, la Chiesa realtà umana, realtà etnica, ma, nello stesso tempo, della Chiesa come mistero. E qui incomincia un punto, in cui l'esperienza del Sinodo, essendo profondamente esperienza religiosa, è difficile da trasmettere agli altri, da portare fuori; rimane, in un certo senso, dentro il Sinodo, rimane in noi, in quelli che vi hanno partecipato; tutti, tutti insieme la confermano, quella esperienza, e oggi parlano di quella esperienza del Sinodo, di quella esperienza della Chiesa. Ne parlano con grande gioia. E' una nuova ricchezza che ci è stata data, a ciascuno di noi e a tutti noi vivere così durante quattro settimane l'esperienza della Chiesa che è popolo di Dio; si, popolo di Dio in cammino, ma, essendo popolo di Dio, è nello stesso tempo il corpo di Cristo. E' un mistero.

Io vi auguro di mantenere questa visione, e questa esperienza intima, profonda della chiesa; di approfondirla nella riflessione, nelle orazioni; di portarla dappertutto e anche di cercare di trasmetterla agli altri, benché, come ho detto, sembri intrasmissibile. Dico adesso: cercate di trasmetterla nella sua identità nella sua autenticità. E' questo che aspetta la Chiesa, i nostri confratelli tutti, laici e sacerdoti, religiosi e religiose, naturalmente soprattutto i nostri fratelli nell'episcopato, perché il Sinodo è "ex definitione", dei vescovi.

E' molto importante portare tutto questo nel proprio cuore, ma anche nella propria testimonianza; rendere questa testimonianza dovunque arriveremo, dovunque saremo presenti.

Durante il Sinodo ho ricevuto una lettera interessante. Un laico mi scriveva così: cosa aspettiamo noi? Noi aspettiamo soprattutto una visione teologica del laico, del fedele laico, come ho detto oggi nell'omelia, del "Christi fidelis".

Sappiamo bene quali difficoltà siano collegate a questa parola tecnica "laico", e lo sappiamo bene anche dalla nostra esperienza sinodale. Lo scrivente domandava proprio questo, una buona teologia del laico. A me sembrava, avendo letto questa lettera, che una dottrina sul laico, sul laicato, l'abbiamo e molto ricca, e la troviamo nel magistero del Concilio Vaticano II; è veramente molto ricca, molto profonda, molto completa. Naturalmente rimane sempre la possibilità di svilupparla, di approfondirla, di fare di quella dottrina magistrale una teologia. Ma io penso che il Sinodo ci ha dimostrato anche che il problema non è quello della teologia. Quello che ora ci sta davanti, che ci preoccupa, che ci spinge, che ci lancia una sfida, è come fare di questa splendida teoria sul laicato un'autentica prassi ecclesiale.

Indubbiamente il Concilio Vaticano II ci ha dato dei grandi orientamenti, soprattutto con il decreto "Apostolicam Actuositatem"; ma si intravedono alcuni problemi nuovi e il Sinodo ha certamente incontrato e affrontato questi problemi e ha cercato di approfondirli e di dare un nuovo orientamento per tali questioni che sono, se così possiamo dire, un po' postconciliari, nel senso storico, cronologico. Ma tale problema sta davanti a noi tutti; e qui aggiungerei che quello che ha costituito un po' l'esperienza di questo Sinodo potrebbe essere anche un esempio per gli altri ambienti, a vari livelli della vita della Chiesa, a livello diocesano, a livello parrocchiale.

In questo Sinodo, veramente i laici non erano semplici "auditores"; si, erano presenti con questo titolo, "auditores" e "auditrices". Erano di fatto i nostri veri collaboratori, i nostri veri consultori. E io penso - ecco il problema di cui si tratta dappertutto - di dare ai laici, nei diversi ambienti parrocchiali ma anche in quelli associativi molto diversificati nella Chiesa, questo posto, questa possibilità di illuminare noi, anche noi vescovi, sacerdoti, pastori; illuminarci con la loro esperienza, con la loro saggezza, con la loro testimonianza.

Questo, io penso, significherebbe mettere in pratica quello che, come teoria e come teologia, è già molto ricco, dopo il Concilio Vaticano II. Pertanto si aspetta questo. Penso che qui il Sinodo ha fatto un grande passo avanti non solamente come considerazioni, come conclusioni, come proposte, "propositiones", ma anche come esperienza, come esempio, come modello, possiamo dire.

Andiamo quindi avanti con l'esperienza, che ha avuto una "dimensione orizzontale", molto larga, quasi universale, e, nello stesso tempo, anche una "dimensione verticale", nel senso di "levare oculos ad montes" (cfr. Ps 120,1), "ad montes spirituales", ai monti della fede, della speranza, della carità di Cristo, di Cristo nostro Signore e Salvatore, di Cristo buon pastore, della sua Madre di cui, con tanta soddisfazione, è stato ripetuto in questo Sinodo: ecco la prima laica.

E poi, a "quei monti", che sono Dio stesso nel suo mistero, che non è perciò un mistero del tutto separato, del tutto alieno alla nostra dimensione umana e orizzontale; la Chiesa inizia nel mistero; la costituzione dogmatica "Lumen Gentium" comincia al capitolo primo parlando del "mistero della Chiesa". Il mistero originario è la Trinità nella sua condiscendenza verso l'uomo, verso la storia umana, verso la salvezza umana. E il futuro, cioè il regno di Dio, deve essere edificato con quella realtà che costituisce l'uomo, l'umanità, le genti, le nazioni e noi tutti.

Vi auguro pertanto di mantenere bene queste due dimensioni, la verticale e l'orizzontale, e di portare così avanti la grande esperienza del Sinodo 1987 a tutti quelli che aspettano la vostra testimonianza. Grazie!

1987-10-30 Data estesa: Venerdi 30 Ottobre 1987





GPII 1987 Insegnamenti - Ai padri sinodali - Città del Vaticano (Roma)