GPII 1987 Insegnamenti - Nella cattedrale del SS.mo Sacramento - Detroit (Stati Uniti)

Nella cattedrale del SS.mo Sacramento - Detroit (Stati Uniti)

Titolo: Il ministero di san Pietro grande dono della grazia divina

Testo:

Sia lodato Gesù Cristo! Caro arcivescovo Szoka, caro card. Dearden, fratelli e sorelle.


1. Ho atteso a lungo questo felice momento in cui, in questa cattedrale, Chiesa madre dell'arcidiocesi di Detroit, avrei avuto l'opportunità di esprimere a tutti voi il mio amore in Cristo. E' davvero una felice coincidenza salutarci in questo luogo di culto, in questa chiesa dedicata al Santissimo Sacramento, poiché è soprattutto l'Eucaristia che esprime ed è origine della nostra unità con Cristo e tra di noi. Come scrive san Paolo, "poiché c'è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti, infatti, partecipiamo dell'unico pane" (1Co 10,17). In armonia con tutta la vita e la tradizione della Chiesa, l'Eucaristia unisce il popolo di Dio al proprio vescovo nell'unità della Chiesa (cfr. sant'Ignazio di Antiochia, "Ad Phil.").

Questo è il rapporto che oggi celebriamo: la profonda realtà dell'Eucaristia, la Chiesa locale e il vescovo nell'unità della Chiesa universale.


2. Il Concilio Vaticano II parla della Chiesa come di un mistero, un mistero di comunione. Questo significa che la Chiesa è più che una semplice comunità o una semplice tradizione con credenze e pratiche comuni, più che un'organizzazione con influenza morale. Usando il linguaggio simbolico della Scrittura, il Concilio parla della Chiesa come di un gregge, un campo coltivato, un edificio. La Chiesa è il corpo di Cristo, la sua sposa, la nostra madre (cfr. LG 6-7).

Noi crediamo che la nostra comunione con Cristo e tra di noi nasce dall'effusione dello Spirito Santo. Crediamo anche che è lo Spirito Santo a renderla feconda. Il Concilio dice che è lui, lo Spirito Santo, che elargisce alla Chiesa i suoi doni "gerarchici e carismatici", e per grazie speciali rende tutti i fedeli "adatti e pronti ad assumersi varie opere o uffici utili al rinnovamento della Chiesa" (LG 4 LG 12). Creato da Cristo come strumento di redenzione, il popolo di Dio è una "comunione di vita, di carità e di verità" e "un germe validissimo di unità, di speranza e di salvezza per tutta l'umanità". In questo modo i credenti divengono la luce del mondo e il sale della terra (cfr. Mt 5,13-14 LG 9).

Cari fratelli e sorelle: quale grande opportunità offrono alla missione che avete ricevuto mediante il Battesimo la vostra città e la sua periferia e le zone rurali: edificare il corpo di Cristo nell'unità mediante i doni che avete ricevuto (cfr. Ep 4). La vostra è una missione che si svolge tra le forze sociali, culturali, politiche ed economiche che formano la vita della grande metropoli di Detroit: forze che inoltre pongono quesiti di fondamentale importanza per il futuro dell'umanità. Attraverso la conversione e la santità personale e attraverso la vostra quotidiana testimonianza al Vangelo mantenendovi in questo stato, ciascuno di voi edifica il corpo di Cristo e contribuisce in questo modo a un'ulteriore umanizzazione della famiglia umana senza perdere di vista il regno che verrà, che non è di questo mondo, e al quale aneliamo. Come ci dice anche il Concilio: lo Spirito Santo "continuamente rinnova la Chiesa e la conduce alla perfetta unione col suo Sposo. Poiché lo Spirito e la sposa dicono al Signore Gesù: Vieni!" (cfr. Ap 22,17 LG 4).


3. Quest'anno ricorre il 50° anniversario della scelta di questo edificio come vostra cattedrale. E' stata testimone di grandi eventi e, più spesso, di grandi celebrazioni liturgiche che segnano la vostra vita ecclesiale insieme al culto quotidiano di una comunità parrocchiale. Sono molto contento che sia così piena questa sera, piena della gloria di Dio, piena della lode di Dio.

Nel contesto della comunione che condividiamo, vengo a voi come successore di san Pietro, e perciò, come ribadisce il Concilio, come vicario di Cristo e pastore della Chiesa universale, come pastore del gregge di Cristo.

Questo perché il Signore ha stabilito in san Pietro una fonte duratura e visibile, e il fondamento della nostra unità nella fede e nella comunione (cfr. LG 18 LG 22). Basta infatti leggere ciò che riguarda san Pietro nei Vangeli per sapere che questo ministero è un grande dono della grazia divina e non il risultato di un qualsiasi merito umano. E' proprio nel momento in cui si rivela l'umana debolezza di san Pietro, vale a dire nel momento in cui Gesù prevede che Pietro lo rinnegherà tre volte, che il Signore aggiunge: "Ho pregato per te, che non venga meno la tua fede; e tu, a tua volta, conferma i tuoi fratelli (Lc 22,31-34). E così, cari fratelli e sorelle, confidando nell'aiuto del Signore, sono venuto qui oggi con il desidero di confermarvi nella fede, mentre proseguiamo insieme il nostro pellegrinaggio verso la nostra patria celeste.

La comunione dei santi, cui noi apparteniamo, comprende tutti coloro che hanno compiuto questo pellegrinaggio nella fede prima di noi. E in particolare Maria, la Vergine Madre di Dio, ci accompagna costantemente nel nostro cammino.

Affido tutti voi - sacerdoti religiosi e laici di Detroit - a lei, madre spirituale dell'umanità e avvocata della grazia (cfr. RMA 35 RMA 47) che ella sia per tutti voi "un segno di sicura speranza e consolazione" e "la figura della fede, della carità e della perfetta unione con Cristo" (LG 63 LG 69).

A lui, Gesù Cristo, con il Padre e lo Spirito Santo sia gloria per sempre. Amen.

1987-09-18 Data estesa: Venerdi 18 Settembre 1987




Alla comunità polacca - Detroit (Stati Uniti)

Titolo: Più ripieni di cultura cristiana, meglio si serve la Patria

Testo:

"Mi sarete testimoni... fino agli estremi confini della terra" (Ac 1,8).

Amati connazionali in terra americana! 1. Ecco, nel lungo tragitto del mio pellegrinaggio nella Chiesa che è negli Stati Uniti, Dio mi ha condotto a Detroit, il secondo cospicuo agglomerato dopo Chicago della popolazione di origine polacca. Ed eccomi ad Hamtramck che conosco così bene. Fin dall'inizio desidero dirvi (seguendo un'espressione di san Paolo) che ho desiderato di venire a voi. Ho desiderato tanto di incontrarvi in questo momento importante, per mettere in risalto la sollecitudine della Chiesa, e la sollecitudine del Papa per voi e per manifestare pubblicamente i legami naturali, i legami di sangue, di origine, di fede, di cultura, a un certo punto anche di lingua e di amore alla comune madre Patria, la Patria vostra, o dei vostri padri o avi.

Voglio anche dire che desidero estendere questo nostro incontro odierno, necessariamente limitato dal luogo e dal tempo, a tutti gli Stati Uniti, e in un certo senso a tutta l'America. Lo vedo come un incontro con l'intera "Polonia" americana, con ogni americana e americano che trae la sua origine dal vecchio Paese sulla Vistola, con ogni polacco al quale è capitato in sorte di vivere in questa terra. Desidero quindi incontrarmi sia con coloro che da generazioni qui hanno messo profondamente le loro radici, sia con quelli che, con l'animo ancora pieno del paesaggio natio, cercano qui, certamente non senza difficoltà, un punto di aggancio. Dicendo queste parole sono ben consapevole di trovarmi davanti alla parte più considerevole dell'emigrazione polacca nel mondo. Essa costituisce altresi una grande porzione della Chiesa negli Stati Uniti. Ancora oggi ci sono qui oltre 800 parrocchie così dette polacche.

"Mi sarete testimoni... fino agli estremi confini della terra". Come dunque non ringraziare Dio per questo incontro e per la comune preghiera? Come non ringraziare coloro che l'hanno reso possibile: le autorità americane e quelle della "Polonia" americana, i cardinali, i vescovi, i sacerdoti, le suore, i laici, le diverse organizzazioni? Saluto quindi cordialmente e do il benvenuto, insieme all'ideatore di quest'incontro, l'arcivescovo Edmund Szoka, a voi tutti qui presenti, a tutti gli ospiti, che ci onorano con la loro presenza. Saluto cordialmente tutti coloro che si uniscono a noi spiritualmente. Ma qui, in questo luogo, mi rivolgo in modo particolare al primo cardinale americano di origine polacca, Jan Krol di Filadelfia.

Rivolgo una parola di cordiale saluto anche a tutti i fratelli e sorelle qui presenti delle Nazioni slave, e in particolare alla affine Comunità ucraina rappresentata qui in gran numero. Saluto cordialmente l'intera comunità ucraina a Detroit. Voi siete vicini al mio cuore. Quando celebrate solennemente il millennio del cristianesimo nella Rus di Kijev e in Ucraina, dall'intimo del mio cuore slavo benedico tutti i figli e le figlie di san Vladimiro e di santa Olga, come anche tutti i fedeli della Chiesa in Ucraina e nell'emigrazione.


2. Intanto oggi desideriamo unirci in modo particolare con i figli e le figlie della stessa nazione che vivono in questo Continente, a tutti coloro che partecipano o dovrebbero partecipare all'eredità storica dell'unica Patria e dell'unica Chiesa. In questo modo ci troviamo insieme dinanzi alla Patria e all'intera Nazione, dinanzi alla sua storia, alla sua eredità, dinanzi al suo "ieri" e "oggi", e nello stesso tempo ci troviamo dinanzi a tutta l'eredità della "Polonia" in questo Paese vasto e ricco, che ha accolto e continua ad accogliere tanta gente da ogni continente, nazione, razza e lingua; Paese che divenne Patria per i vostri padri, e lo è oggi per voi.

Se ci richiamiamo al passato, se guardiamo attentamente al nostro "oggi", lo facciamo prima di tutto pensando con sollecitudine all'avvenire.

Poiché, come ha detto il poeta: "la nazione che si lascia recidere dalla sua tradizione, scende al livello di una tribù" (A. Slonimski).

Ricordiamo brevemente questi primi polacchi che, secondo le cronache, sono venuti in America del Nord nel 1608 e si sono stabiliti e Jamestown (Virginia). Ricordiamo, ancora, coloro che nella seconda metà del XVIII secolo hanno dato inizio alla "Polonia" del Michigan. L'ondata più grande di emigrazione ebbe luogo, come è noto, alla fine del secolo scorso e all'inizio del secolo presente. E' stata un'emigrazione economica; si trattava di uomini intraprendenti, laboriosi e di valore, ai quali in Patria era venuto a mancare il pane. Partivano dalla Polonia, dilaniata dalle spartizioni, e come nuovi venuti si sono in vario modo adattati: molto spesso erano senza istruzione; non hanno portato con sé alcuna ricchezza materiale; ma possedevano due grandi valori: l'amore innato per la fede e lo spirito polacco. D'altra parte, molti di loro partivano con il pensiero di poter ritornare dopo un certo tempo. Non hanno pensato che la loro discendenza avrebbe messo radici stabili nel nuovo Paese e avrebbe collaborato fruttuosamente alla sua costruzione tra il secondo e il terzo millennio dopo Cristo.

Le loro lacrime, le sofferenze, le difficoltà, le umiliazioni, la vita raminga e la nostalgia sono conosciute e descritte; eppure sono stati loro a costruire tutto ciò che è finora, e rimarrà nel futuro, la gloria e il patrimonio della Polonia nell'America del Nord. Prima di tutto essi hanno creato l'intera rete delle parrocchie con le chiese monumentali, come questa di san Floriano, le scuole, gli ospedali, le case dell'assistenza, le strutture organizzative, la stampa, le edizioni. Ricordiamo qui il rev. don Leopoldo Moczygemba e i suoi circa 100 parrocchiani che nella vigilia di Natale del 1854 hanno fondato la prima parrocchia polacca e hanno dato inizio al villaggio Panna Maria (Vergine Maria) nel Texas. Li ho incontrato i loro pronipoti. Ricordiamo anche coloro che nel 1872 hanno fondato la prima parrocchia polacca a Detroit, dedicata a sant'Adalberto.

Con grande commozione mi porto come pellegrino spiritualmente in questi due luoghi.

Occorre considerare, inoltre, il gran numero di vocazioni sacerdotali e religiose, sorte tra i polacchi, le migliaia di vocazioni religiose femminili, donate sia alle congregazioni polacche, sia alle altre. Sono sorte qui persino nuove congregazioni femminili polacche. Tutto questo ha fatto si che il contributo di quest'emigrazione nello sviluppo della vita religiosa e delle strutture ecclesiastiche divenisse insostituibile e crescesse un'enorme ricchezza per la Chiesa in terra d'America.

Lo stesso spirito è stato approfondito e sviluppato dalle diverse organizzazioni cattoliche, sia quelle più antiche, che contano oltre cento anni, sia quelle più recenti. Non è possibile nominarle tutte. In ogni modo le ho conosciute durante le mie precedenti visite agli Stati Uniti come arcivescovo di Cracovia; esse mi scrivono, in diverse occasioni, delle lettere a Roma.

Questa dedizione fedele alla Chiesa è rimasta unita strettamente all'amore della Patria e di tutto ciò che è collegato con essa. Ricordiamo soltanto i volontari dell'armata del generale Haller durante la prima guerra mondiale; i fondi per l'attività in favore dell'indipendenza prima dell'anno 1918, e in particolare per mantenere il Comitato Polacco a Parigi; le enormi offerte e i prestiti alla Polonia che, dopo aver riacquistato l'indipendenza, si sollevava dalle distruzioni e dalle rovine. Non dimentichiamo che questa generazione di emigrati con un lavoro pesante e pieno di sacrifici, ha assicurato migliori condizioni di esistenza per i propri figli e nipoti.

Una pagina a parte è stata scritta, nella storia della "Polonia", dal Seminario dei Santi Cirillo e Metodio, fondato a Detroit e trasferito poi a Orchard Lake, che poco fa ha celebrato il centenario della sua esistenza. Esso è cresciuto nell'autentico amore verso la Chiesa e nell'attaccamento allo spirito polacco. Parlando con il linguaggio conciliare, esso ha cercato di leggere "i segni dei tempi" e andare incontro ai bisogni dell'emigrazione polacca. Si è sviluppato e divenne un intero complesso scientifico ed educativo. Da esso sono usciti oltre tremila sacerdoti per il lavoro pastorale tra gli emigrati polacchi e circa quindicimila dei leader in ambiente di emigrazione. Anche la liturgia in lingua polacca diffonde la cultura patria e contribuisce a conservare la coscienza delle origini polacche tra le grandi moltitudini degli americani. Sono presenti qui i rappresentanti di Orchard Lake. Nelle loro mani depongo il ringraziamento per tutto ciò che è stato compiuto nel passato, e auguro una costante fedeltà e una nuova sensibilità ai bisogni della Chiesa di oggi e dell'attuale "Polonia" nel mondo. Colgo l'occasione per ringraziare Orchard Lake e per l'ospitalità di cui ho avuto prove nel passato.

Poi sono giunti i nuovi eventi, le prove della storia e le nuove ondate dell'emigrazione. In conseguenza della seconda guerra mondiale e degli avvenimenti prodotti da essa, sono venute negli Stati Uniti varie centinaia di polacchi.

Questa è stata un'emigrazione diversa dalla prima, caratterizzata da un livello superiore di cultura, con una diversa coscienza nazionale e politica, che ha conservato una grande solidarietà con la Patria e con la nazione. Una parola di riconoscimento merita il Congresso della "Polonia" in America, per la sua molteplice attività in favore della Nazione. E anche la Lega Cattolica che ha portato, dopo la guerra, e continua a portare un grande aiuto materiale alla Chiesa in Polonia. Per questo esprimo la viva riconoscenza della Chiesa che è in Polonia e la gratitudine mia personale.

L'ultima grande opera della "Polonia" di tutto il mondo, ma prima di tutto della Polonia negli Stati Uniti, e di alcuni amici americani, è la Fondazione in Vaticano della Casa del Pellegrino, il Centro della cultura cristiana polacca e il Centro di documentazione a Roma. So che sono continuati gli sforzi: per esempio sorgono le Associazioni degli Amici della Fondazione, per assicurare a queste Istituzioni attività e sviluppo. Dio ne ricompensi tutti. E così siamo arrivati, rapidamente, ai nostri giorni e ai compiti che oggi ci si presentano davanti alla "Polonia" e davanti alla Chiesa.

L'ultima ondata dell'emigrazione, come quelle precedenti, diventa oggi, per i contemporanei un "segno dei tempi" e nello stesso tempo una sfida. Ci costringe a riflettere e a operare. Ogni emigrazione ha portato una nuova ricchezza, e ha creato nuovi problemi. Ci sono stati e ci sono casi di divisioni nocive e perfino spaccature che hanno impedito alla "Polonia" negli Stati Uniti di giocare pienamente il ruolo del quale sarebbe stata capace, sia nel campo religioso e spirituale, che in quello socio-politico.


3. Rimane, quindi, sempre vivo e molto attuale il processo dell'integrazione in un duplice senso. Si tratta di un'integrazione, di una crescita di coscienza e di maturità in seno alla stessa "Polonia", e si tratta di un'integrazione nell'ambito del Paese che è ora la vostra Patria.

Cari fratelli e sorelle! Più sarete consapevoli della vostra identità, della vostra spiritualità, della vostra storia, della vostra cultura cristiana, dalla quale sono usciti i vostri avi e padri, e nella quale crescete voi, e meglio servirete la vostra Patria attuale, sarete più capaci di aumentare il bene comune negli Stati Uniti.

Questo Paese proprio nella sollecitudine per il bene comune, di fronte a una diversità di nazioni, razze e società sconosciuta altrove, ha cercato le diverse vie dell'integrazione. Sono conosciute le teorie di "nativism", "melting pot" e altre che non potevano verificarsi. Oggi ci parla del principio etnico dei "roots", delle radici, poiché da esse cresce la piena personalità dell'uomo, della comunità, della nazione.

La Chiesa desidera servire appunto una tale integrazione personale e sociale. Ne ho parlato in diverse occasioni. Ne parlano pure i numerosi documenti della Chiesa. Bisogna studiarli e metterli in pratica. Oggi desidero ancora ripetere con il Poeta: "Vi sono tante forze nella nazione", e pregare insieme con lui: "Facci sentire la forza" (S. Wyspianski, "Liberazione").

La nostra forza proviene dalla fede, da Dio stesso, e anche dalla nostra eredità millenaria nella quale si riverbera, in modo così vivo, il mistero pasquale di Cristo, la sua passione e la sua risurrezione. Questa ricchezza si è manifestata e continua a manifestarsi nell'amore dell'ideale, della verità, della libertà "nostra e vostra", nell'amore della pace, nel rispetto della dignità dell'uomo e delle nazioni.

Già nei nostri giorni ci sono stati momenti nei quali questi valori risplendettero davanti a tutto il mondo con una forza particolare. Chi di noi, e non soltanto di noi, può dimenticare la beatificazione e la canonizzazione del figlio della terra polacca, e figlio spirituale di san Francesco, l'umile religioso san Massimiliano Maria Kolbe, che in mezzo alle atrocità e alla brutalità del campo di concentramento ha riproposto davanti all'uomo contemporaneo l'amore fino alla fine? Questi valori, questa ricchezza, questa eredità si sono manifestati in un modo più pieno e hanno acquistato una nuova luce anche durante i miei tre pellegrinaggi in Patria. Accenno soltanto ai santi e ai beati perché essi esprimono in maniera più completa ciò che parzialmente vi è in ciascuno di noi singolarmente e in tutti insieme. Nello stesso tempo essi sono i modelli più perfetti nel nostro pellegrinaggio verso i destini definitivi in Cristo.

Dunque, il beato fra Alberto Chmielowski, patriota, artista, colui che per la miseria polacca e per l'uomo emarginato voleva essere buono come il pane.

Il beato Raffaele Kalinowski, la beata Orsola Ledochowska. E poi la beata Carolina Kozka, una semplice ragazza di campagna che in difesa della sua dignità di donna ha dato la vita. Infine, cronologicamente ultimo, il beato Michele Koza, vescovo e martire di Dachau.

Ma quest'eredità che testimonia l'anima polacca, si è manifestata negli ultimi anni anche in un'altra forma, quando la millenaria Nazione cristiana ha rivendicato la propria dignità e i suoi legittimi diritti. Ne ho parlato tra l'altro sul litorale polacco, e molte cose di ciò che ho detto si riferiscono al mondo intero e anche agli Stati Uniti. Proprio li, sul Baltico, "la parola solidarietà è stata pronunziata... in un modo nuovo, che allo stesso tempo conferma il suo contenuto eterno. Nel nome del futuro dell'uomo e dell'umanità bisognava pronunciare questa parola solidarietà. Oggi essa scorre come un'onda estesa attraverso il mondo, il quale si rende conto che non possiamo vivere secondo il principio "tutti contro tutti", ma solamente secondo l'altro principio, "tutti con tutti", "tutti per tutti". La solidarietà deve precedere la lotta. Solo allora l'umanità può sopravvivere. può sopravvivere e svilupparsi ciascuna nazione all'interno della grande famiglia umana... La solidarietà vuol dire un modo di esistere, per esempio, di una nazione, nella molteplicità umana, nell'unità, nel rispetto di tutte le differenze, di tutte le diversità che esistono tra gli uomini, dunque la unità nella molteplicità, il pluralismo, tutto questo è contenuto nel concetto di solidarietà" (Gdynia, 11 giugno 1987).


4. Con gratitudine e con giusto orgoglio pensiamo ai grandi autori della nostra cultura, agli scrittori, poeti, artisti, politici, alle guide religiose e spirituali, a tutti coloro che anche in questa terra hanno mostrato allo spirito umano le nuove vie: Tadeusz Kosciuszko, Kazimerz Pulaski, Wlodzimierz Krzyzanowski, Ignacy Paderewski, Helena Modrzejewska, Artur Rubinstein, e anche il rev. Leopold Moczygemba già nominato, il rev. Jozef Dabrowski, fondatore del Seminario Polacco, il rev. Teodoro Gieryk e Jan Barzynski, il rev. Witold Buhaczewski e tanti altri, senza escludere gli autori e i pensatori che vivono ancor oggi.

Ma insieme con loro ricordiamo pure le moltitudini sconosciute delle madri e dei padri di famiglia che, guidati da un genio insolito e dal senso della fede, hanno saputo, mediante un'autentica vita cristiana, mediante la fedeltà a Dio e agli ideali umani, forgiare le grandi idee, i valori che plasmano e decidono della vita quotidiana. Loro stessi hanno vissuto quotidianamente questi valori sviluppati durante i secoli e per questo sono stati capaci di trasmetterli, nella famiglia, alle generazioni nuove. Quanti sono i sacerdoti che oggi rendono testimonianza, che debbono la loro vocazione sacerdotale prima di tutto alle loro sante madri! Madri polacche, madri polacche, famiglie polacche! A loro mi rivolgo nello spirito dell'insegnamento eterno della Chiesa, nello spirito del Vangelo, nello spirito della nostra tradizione polacca. La Patria e la famiglia, la famiglia - Chiesa domestica -: questo è il posto primario per testimoniare Cristo, per diventare quelli che bisogna diventare così come ha detto Cristo. "Mi sarete testimoni...".


5. Adesso mi rivolgo a voi, "ministri di Cristo e amministratori dei misteri di Dio" (cfr. 1Co 4,1), a voi, sacerdoti, pastori della "Polonia". Del sacerdozio ho parlato ampiamente durante la presente visita agli Stati Uniti. Nel contesto di questo incontro desidero ringraziarvi per tutto il bene al quale, mediante il vostro servizio, la "Polonia" in America ha partecipato e continua a partecipare. Ricordate che l'emigrazione polacca è importante per la Polonia, così come la Polonia è importante per l'emigrazione. Dalla vostra coscienza, dal vostro rapporto con la nostra comune eredità cristiana, dipenderà, in gran parte, il legame dei vostri fedeli con la Nazione della quale sono figli e figlie, il legame della fede, della cultura, della lingua. Il rispetto e la conservazione di quest'eredità debbono costituire uno dei principi fondamentali della vostra pastorale. Quanto consolante è il fatto che nella gioventù in tutto il mondo cresca l'interesse per il proprio passato. I giovani scoprono se stessi, cercando le fondamenta della propria identità, le sue fonti e radici, i primi strati dai quali essa scaturisce.

So che lo stesso processo abbraccia in grande misura anche i nostri giovani che vivono qui, che sempre più volentieri imparano la storia della Patria dei loro padri, la lingua, tutta la sua ricchezza "I am proud to be Polish-American", dicono volentieri. Ma allora sono orgogliosi della loro origine, particolarmente quando la conoscono meglio, perché allora non sentono alcun complesso. Aiutateli in questa conoscenza e nella loro liberazione interiore.

Andate anche incontro ai bisogni spirituali dell'emigrazione recentissima. Non perdete coraggio, cari fratelli sacerdoti.

Non chiudetevi nella torre d'oro dei pregiudizi, della routine, del minimalismo pastorale e della facilità. Non diminuite, non chiudete alcuna cosa che possa servire al vero bene dei fedeli, rafforzate il loro legame soprannaturale con il Salvatore e la disponibilità a servire il bene della Chiesa, della Patria, degli Stati Uniti.


6. Cari fratelli e sorelle tutti! Cristo ha detto: "Mi sarete testimoni... fino agli estremi confini della terra". Lo ha detto agli apostoli poco prima della sua ascensione. E prima egli disse loro: "Avrete forza dello Spirito Santo che scenderà su di voi" (Ac 1,8). Cioè: mi sarete testimoni, quando avrete ricevuto la potenza dello Spirito. Siamo testimoni di Cristo nella potenza dello Spirito Santo.

Lo Spirito Santo è il principio, la fonte, il fondamento della vita cristiana nella nuova epoca della storia della salvezza, nel tempo della Chiesa, nel tempo della missione, nel tempo della testimonianza. La sua potenza riempia i vostri cuori, le vostre menti, la vostra volontà, affinché possiate testimoniare Cristo con la testimonianza vostra, con quella dei vostri Padri, con la testimonianza della millenaria eredità cristiana di questa terra che ha diritto e desidera chiamare anche voi suoi figli e figlie.

Quest'eredità è segnata in modo particolare dalla presenza della Vergine, Madre di Dio, di Maria, benedetta da Dio. Colei che "difende la Chiara Czestochowa, e risplende nella Porta d'aurora!". Il nostro Vate ha gridato a lei: "Là trasferisci la mia anima piena di nostalgia"! Le vostre anime non sentono la nostalgia, perché siete ormai figli e figlie di questa terra e cittadini di questo Paese. Tuttavia Maria trasferisca le vostre anime verso ciò che è buono, bello, grande, verso questi valori per i quali vale la pena vivere. Questo chiediamo a lei, particolarmente oggi. Questo chiediamo a lei nel presente Anno mariano.

Adesso desidero benedire tutti i presenti, le vostre famiglie, i vostri cari, i bambini e la gioventù, i malati, le persone anziane, quelli che sono soli.

Benedico i sacerdoti, i diaconi, le famiglie religiose maschili e femminili, e gli alunni dei seminari, le parrocchie, gli ambienti del lavoro e del divertimento.

Benedico l'intera "Polonia" nell'America del Nord.

1987-09-19 Data estesa: Sabato 19 Settembre 1987




Ai diaconi permanenti - Detroit (Stati Uniti)

Titolo: Servitori dei misteri di Cristo e dei propri fratelli

Testo:

Cari fratelli nel servizio di nostro Signore, care mogli e collaboratori di questi uomini ordinati al diaconato permanente.


1. Vi saluto nell'amore di nostro Signore Gesù Cristo, in cui, come san Paolo ci dice, Dio ci ha scelto, redento e adottato come suoi figli (cfr. Ep 1,3ss). Con san Paolo e con voi, oggi, lodo il nostro Padre celeste per questi meravigliosi doni di grazia. E' una gioia particolare per me incontrarmi con voi, perché rappresentate un segno grande e visibile dell'opera dello Spirito Santo all'alba del Concilio Vaticano II che provvide alla restaurazione del diaconato permanente nella Chiesa. La saggezza di quel provvedimento è evidente oggi nella vostra numerosa presenza e nella ricchezza dei vostri ministeri. Con tutta la Chiesa, ringrazio Dio per la chiamata che avete ricevuto e per la vostra generosa risposta. Per la maggioranza di voi che siete sposati, questa risposta è stata resa possibile dall'amore, dal sostegno e dalla collaborazione delle vostre mogli.

E' di grande incoraggiamento sapere che negli Stati Uniti nell'ultimo ventennio sono stati consacrati circa ottomila diaconi permanenti al servizio del Vangelo.

E' soprattutto la vocazione al servizio che desidero celebrare con voi oggi. Parlando dei diaconi, il Concilio Vaticano disse che "sostenuti dalla grazia sacramentale, nel servizio (diaconia) della liturgia, della parola e della carità sono al servizio del popolo di Dio" (LG 29). Riflettendo ulteriormente su questa definizione, il mio predecessore Paolo VI era d'accordo col Concilio che il diaconato permanente dovesse essere restaurato... "perché fosse... animatore del servizio, ossia della diaconia della chiesa presso le comunità cristiane locali, segno o sacramento dello stesso Cristo Signore, il quale non venne per essere servito ma per servire". Queste parole richiamano l'antica tradizione della Chiesa espressa dai primi Padri come Ignazio di Antiochia, che dice che i diaconi sono "ministri dei misteri di Gesù Cristo... ministri della Chiesa di Dio" ("Ad Trallianos", II, 3). Voi, cari fratelli, appartenete alla vita della Chiesa che ha visto diaconi santi, come Lorenzo, e prima di lui Stefano e i suoi compagni che gli Atti degli apostoli considerano "pieni di Spirito e di saggezza" (Ac 6,3).

Questa è l'essenza del diaconato al quale voi siete stati chiamati: essere un servo dei misteri di Cristo, e al contempo essere un servo dei vostri fratelli e sorelle. Il fatto che queste due dimensioni sono inscindibilmente unite in un'unica realtà, mostra l'importante natura del ministero che vi spetta con l'ordinazione.


2. Quali sono i misteri di Cristo dei quali voi siete ministri? Una descrizione approfondita ci è data da san Paolo nella lettura che abbiamo ascoltato poc'anzi.

Il mistero centrale è questo: il piano di gloria di Dio Padre è quello di far si che tutte le cose in cielo come in terra diventino una cosa sola sotto la guida di Cristo, il suo Figlio diletto. E' per questo che i battezzati sono predestinati, scelti, redenti e assegnati con lo Spirito Santo. Questo piano di Dio è al centro della vostra vita e la vita del mondo.

Al contempo, se il servizio a questo piano di redenzione è la missione di tutti i battezzati, qual è la specifica dimensione del vostro servizio di diaconi? Il Concilio Vaticano II spiega che la grazia sacramentale conferita attraverso l'imposizione delle mani vi rende capaci di prestare il vostro servizio della parola, dell'altare e della carità con una speciale efficacia (cfr. AGD 16). Il servizio del diacono è il servizio della Chiesa sacramentalizzato. Il vostro non è soltanto uno dei tanti ministeri, ma deve realmente essere, come lo defini Paolo VI, una "forza motrice" per la diaconia della Chiesa. Con la vostra ordinazione siete resi simili a Cristo nel suo ruolo di servizio. Voi dovete anche essere segni viventi del servizio, alla sua Chiesa.


3. Se consideriamo la profonda natura spirituale di questa diaconia, allora possiamo apprezzare meglio l'interrelazione fra le tre aree del ministero tradizionalmente associate con il diaconato cioè il ministero della parola, il ministero dell'altare, il ministero della carità. A seconda delle circostanze una o l'altra di queste può assumere particolare importanza nel lavoro individuale di un diacono, ma questi tre ministeri sono inseparabilmente uniti nel servizio del piano redentore di Dio. E' così perché la parola di Dio ci conduce inevitabilmente all'adorazione eucaristica di Dio sull'altare; a sua volta, questa adorazione ci conduce a un nuovo modo di vivere che si esprime in atti di carità.

Questa carità è sia amore di Dio che amore del prossimo. Come la prima Lettera di Giovanni ci insegna: "Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede... chi ama Dio, ami anche il suo fratello" (1Jn 4,20-21). Per la stessa ragione, gli atti di carità che non sono radicati nella parola di Dio e nella adorazione non possono portare frutti duraturi. "Senza di me", Gesù dice, "non potete far nulla" (Jn 15,5). Il ministero della carità è confermato in ogni pagina del Vangelo; richiede una costante e radicale conversione del cuore. Abbiamo un valido esempio di ciò nel Vangelo di Matteo proclamato prima. Ci viene detto: "Non offrite resistenza all'offesa". Ci viene ordinato: "Amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori". Tutto ciò è una parte essenziale del ministero della carità.


4. Certamente il mondo odierno non manca di occasioni per tale ministero, sia nella forma dei più semplici atti di carità che nella più eroica testimonianza alle esigenze radicali del Vangelo. Intorno a noi molti nostri fratelli e sorelle vivono nell'indigenza spirituale o materiale, o in entrambe. così molti popoli del mondo sono oppressi dall'ingiustizia e dalla privazione dei fondamentali loro diritti umani. Altri ancora sono turbati e soffrono per la perdita della fede in Dio o sono tentati di rinunciare alla speranza.

Nel mezzo della condizione umana è una grande fonte di soddisfazione apprendere che tanti diaconi permanenti negli Stati Uniti sono impegnati nel servizio diretto ai bisognosi: agli infermi, agli oppressi e agli afflitti, ai giovani e agli anziani, ai moribondi e ai deboli, ai sordi, ai ciechi e agli invalidi a coloro che hanno conosciuto la sofferenza nei loro matrimoni, ai senza tetto, alle vittime del sopruso economico, ai carcerati, ai profughi, alla gente della strada, ai poveri nelle campagne, alle vittime di discriminazione razziale ed etnica, e a molti altri. Come Cristo ci dice, "ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me" (Mt 25,40).

Al contempo, il Concilio Vaticano II ci ricorda che il ministero della carità al servizio del piano redentore di Dio ci obbliga a esercitare un'influenza positiva per il cambiamento nel mondo in cui viviamo, cioè ad essere un fermento - ad essere l'anima della società umana - cosicché la società possa essere rinnovata da Cristo e trasformata nella famiglia di Dio (cfr. GS 40ss).

L'ordine temporale include il matrimonio e la famiglia, il mondo della cultura, la vita economica e sociale, il commercio e le professioni, le istituzioni politiche, la solidarietà dei popoli, e i problemi della giustizia e della pace (cfr. AA 7 GS 46ss). Il compito raramente è facile. La verità su di noi e sul mondo, rivelata nel Vangelo non è sempre quella che il mondo vorrebbe ascoltare. La verità del Vangelo spesso contraddice il pensiero comunemente accettato, come vediamo chiaramente oggi di fronte a mali come il razzismo, la contraccezione, l'aborto e l'eutanasia, per nominarne solo alcuni.


5. Essere membri attivi nella società fa parte della missione battesimale di ogni cristiano, in conformità alle sue condizioni di vita, ma il diacono permanente ha una speciale testimonianza da dare. La grazia sacramentale della sua ordinazione è intesa a rafforzarlo e a rendere fecondi i suoi sforzi, proprio perché la sua occupazione secolare gli consente l'accesso alla sfera temporale in un modo che normalmente non è proprio degli altri membri del clero. Al contempo, il fatto di essere un ministro ordinato della Chiesa conferisce una dimensione speciale ai suoi sforzi agli occhi di coloro con i quali vive e lavora.

Egualmente importante è il contributo che un diacono sposato offre alla trasformazione della vita familiare. Lui e sua moglie, essendo entrati in una comunione di vita, sono chiamati ad aiutarsi e a servirsi l'un l'altro (cfr. GS 48). La loro collaborazione e unità è così intima nel sacramento del matrimonio, che la Chiesa chiede il debito consenso della moglie prima che il marito possa essere ordinato diacono permanente (CIC 1031 § 2). Come sottolineano gli attuali orientamenti del diaconato permanente negli Stati Uniti, l'arricchimento e l'approfondimento dell'amore sacrificale e reciproco tra marito e moglie costituisce forse il più significativo coinvolgimento della moglie di un diacono nel ministero pubblico del proprio marito nella Chiesa. Soprattutto oggi, questo non è un servizio da poco.

In particolare, il diacono e sua moglie devono essere un esempio vivente di fedeltà e indissolubilità nel matrimonio cristiano dinanzi a un mondo che avverte un profondo bisogno di questi segni. Affrontando con spirito di fede le sfide della vita matrimoniale e le esigenze della vita quotidiana, essi rafforzano la vita familiare non solo della comunità ecclesiale ma dell'intera società. Essi mostrano anche come gli obblighi della famiglia, del lavoro e del ministero possano armonizzarsi nel servizio della missione della Chiesa. I diaconi e le loro mogli e figli possono essere di grande incoraggiamento per tutti coloro che sono impegnati a promuovere la vita familiare.

Va ricordato inoltre un altro tipo di famiglia, vale a dire la parrocchia, che è l'ambiente usuale in cui la vasta maggioranza dei diaconi assolve il mandato della propria ordinazione "per aiutare il vescovo e il suo presbiterio". La parrocchia fornisce un contesto ecclesiale al vostro ministero e serve a ricordare che la vostra opera non si svolge nell'isolamento, ma in comunione col vescovo, i suoi sacerdoti e tutti coloro che in diversa misura condividono il ministero pubblico della Chiesa. I diaconi permanenti hanno l'obbligo di rispettare l'ufficio nel sacerdote e di cooperare consapevolmente e generosamente con lui e con il personale della parrocchia. Il diacono ha anche un diritto di essere accettato e pienamente riconosciuto da loro e da tutti.


6. Data la dignità e l'importanza del diaconato permanente, cosa ci si attende da voi? Come cristiani non dovremmo vergognarci di parlare delle qualità di un servitore alle quali tutti i credenti devono aspirare, e specialmente i diaconi, definiti dal rito dell'ordinazione servi di tutti. Un diacono deve distinguersi per fedeltà, integrità e obbedienza, e pertanto la fedeltà a Cristo, l'integrità morale e l'obbedienza al vescovo devono contraddistinguere la vostra vita, come evidenzia il rito dell'ordinazione. In questo rito la Chiesa esprime anche le sue speranze e aspettative per voi quando prega così: "Ascolta, Padre santo, la nostra preghiera, e nella tua bontà benedici questi tuoi figli che desiderano consacrarsi come ministri della Chiesa al servizio tuo e del popolo cristiano; concedi loro di perseverare nella vocazione, perché intimamente uniti a Cristo sommo sacerdote diventino autentici apostoli del Vangelo. Per Cristo nostro Signore".

Cari fratelli: questa preghiera vi impegna a una formazione spirituale che dura tutta la vita, cosicché possiate crescere e perseverare nel rendere un servizio che è realmente edificante per il popolo di Dio. Voi che siete mogli di diaconi permanenti, intime collaboratrici nel loro ministero, siete impegnate con loro a crescere nella conoscenza e nell'amore di Gesù Cristo. E ciò naturalmente significa crescita nella preghiera, preghiera personale, preghiera familiare, preghiera liturgica.

Poiché i diaconi sono ministri della parola, il Concilio Vaticano II vi invita a una costante lettura e a uno studio diligente delle sacre Scritture, altrimenti - se siete predicatori - potreste diventar vuoti per non aver ascoltato la parola nel vostro cuore (cfr. DV 25). Nella vostra vita di diaconi siete chiamati ad ascoltare, custodire e praticare la parola di Dio, per essere in grado di proclamarla degnamente. Predicare al popolo di Dio è un onore che implica una seria preparazione e un reale impegno alla santità di vita.

Come ministri dell'altare dovete essere immersi nello spirito della liturgia, ed essere convinti soprattutto che essa è "il culmine verso cui tende l'azione della Chiesa e, insieme, la fonte da cui promana tutta la sua virtù".

Siete chiamati ad assolvere il vostro compito con la dignità e il rispetto che si devono alla liturgia, che il Concilio definisce vigorosamente come "soprattutto l'adorazione della maestà divina" (cfr. SC 10). Mi unisco a voi nel ringraziare tutti coloro che si dedicano alla vostra formazione, sia prima che dopo la vostra ordinazione, attraverso programmi di formazione spirituale, teologica e liturgica.


7. "Cantate una nuova canzone al Signore! Lasciate che la vostra canzone sia cantata dall'alto delle montagne!" Cantate a lui come servitori, ma cantate anche come amici di Cristo, che ha fatto conoscere a tutti voi ciò che ha udito dal Padre. Non siete voi che avete scelto lui, ma lui che ha scelto voi, per progredire e portare frutti duraturi. Farete ciò amandovi l'un l'altro (cfr. Jn 15,15ss). Secondo i criteri di questo mondo la servitù è disprezzata, ma nella saggezza e provvidenza di Dio è il mistero attraverso il quale Cristo redime il mondo. E voi siete ministri di quel mistero, araldi di quel Vangelo. Potete essere certi che un giorno udrete il Signore dire a ciascuno di voi: "Ben fatto, buoni e fedeli servitori, entrate nella gioia del vostro Signore" (cfr. Mt 25,21).

Cari fratelli e sorelle: come uno che si sforza di essere "il servo dei servi di Dio", non posso accomiatarmi senza rivolgermi, insieme a voi, a Maria, che continua a proclamare: "Sono la serva del Signore" (Lc 1,38). E nell'esempio del suo servizio vediamo il perfetto modello della nostra chiamata al discepolato di nostro Signore Gesù Cristo e al servizio della sua Chiesa.

1987-09-19 Data estesa: Sabato 19 Settembre 1987





GPII 1987 Insegnamenti - Nella cattedrale del SS.mo Sacramento - Detroit (Stati Uniti)