GPII 1987 Insegnamenti - Alla cittadinanza in piazza Hart - Detroit (Stati Uniti)

Alla cittadinanza in piazza Hart - Detroit (Stati Uniti)

Titolo: Interdipendenza e solidarietà base della comunità mondiale

Testo:

Cari amici.


1. Sono felice, quasi al termine della mia seconda visita pastorale negli Stati Uniti, di potermi rivolgere a un così gran numero di persone in questa famosa città industriale che è Detroit. Vi saluto tutti molto cordialmente: capi cristiani e capi di altre religioni; rappresentanti civili dei governi federale, statale e comunale; popoli di diverse razze ed etnie, fratelli cattolici; fratelli e sorelle cristiani e non cristiani; uomini e donne di buona volontà! Sento di dover ringraziare il Signore nostro Dio per questa meravigliosa opportunità. Detroit è un luogo in cui il lavoro, il duro lavoro quotidiano privilegio, dovere e vocazione della persona umana (cfr. LE 9) è una caratteristica veramente peculiare della vita urbana. Questa è effettivamente una città di lavoratori, e molti di voi qui presenti - uomini e donne, giovani e anziani, immigrati e nativi - guadagnate da vivere per voi e per le vostre famiglie dentro e fuori Detroit cor l'opera delle vostre mani, delle vostre menti, con tutta la vostra persona. E molti di voi soffrono per i problemi che spesso caratterizzano la situazione lavorativa di un insediamento urbano industriale.

E' per questo motivo che vorrei trattare un argomento che, come ben sapete, mi sta molto a cuore: questo argomento è il progresso sociale e lo sviluppo umano, in rapporto alle esigenze della giustizia e al raggiungimento di una pace duratura, sia negli Stati Uniti che nel mondo.

Naturalmente, cari amici, caro popolo di Detroit e di tutta la zona limitrofa, siete voi a cui penso principalmente nel trattare questo argomento: voi, che siete stati creati a immagine e somiglianza di Dio; voi, che siete stati redenti dal sangue del Salvatore; voi che siete figli di Dio e fratelli e sorelle di Cristo; voi, che per tutti questi motivi possedete un'incomparabile dignità. Ma guardando a voi, raccolti qui nella Hart Plaza, vedo, oltre a voi, tutto il popolo di questo Paese e i popoli del mondo intero. Vedo tutti gli uomini e le donne che, come voi, affrontano ogni giorno di nuovo i doveri e le sfide che comporta provvedere al proprio mantenimento e a quello delle proprie famiglie tramite il lavoro. Come lavoro si intende ogni attività, sia manuale che intellettuale, quali che siano la sua natura o le circostanze in cui si svolge, grazie alla quale un essere umano guadagna il proprio pane quotidiano e offre il proprio contributo alla scienza e al progresso, alla civiltà e alla cultura (cfr. LE 1). Il lavoro umano costituisce una dimensione tanto fondamentale dell'esistenza umana, che non se ne può parlare se non se ne toccano tutti gli aspetti.


2. Il progresso sociale e lo sviluppo umano sono la preoccupazione di tutti. Sono di particolare importanza per la chiesa. Dall'inizio della sua esistenza, la Chiesa si è sforzata di spiegare tutta la ricchezza del messaggio che Gesù Cristo ha proclamato con le sue parole e le sue azioni. Inviato dal Padre ad assumere la nostra umanità e a portare la salvezza a tutti, il Signore Gesù ci fornisce la chiave per comprendere la nostra umanità. Ci ha insegnato la nostra origine e il nostro destino, che sono in Dio. Ci ha insegnato il valore trascendente di tutta la vita umana e la suprema dignità della persona umana, creata a immagine e somiglianza di Dio (cfr. Gn 1,27). Ci ha insegnato che la vita umana si compie conoscendo e amando Dio, e amando il nostro prossimo secondo il metro dell'amore di Dio per noi. Ci ha invitati a seguirlo, a diventare suoi discepoli. Ci ha chiamati a convertirci nei nostri cuori entrando nel mistero della sua passione, morte e risurrezione. Ci ha rivelato che siamo associati a Dio per portare a compimento la creazione. E adesso fa di noi un popolo scelto, una comunione di fede con un impegno per il suo regno.

In fedeltà a Cristo, la Chiesa si è sforzata di far si che il suo messaggio abbracciasse tutti gli aspetti della vita, nel corso dei cambiamenti che si sono verificati attraverso i secoli, traendo dall'eredità del Vangelo "cose nuove e cose antiche" (Mt 13,52). Ad ogni svolta del sentiero dell'umanità nel corso della storia si sono presentate nuove sfide che hanno riguardato la vita di ogni persona individualmente e della società nel suo insieme. Nel cercare di affrontare queste sfide, il popolo di Dio si è sempre rivolto al messaggio ci Gesù, per trovare i principi e i valori che potessero offrire soluzioni conformi alla dignità e al destino della persona umana. In tutta la sua storia, la Chiesa ha ascoltato le parole delle Scritture e ha cercato di metterle in pratica, in differenti situazioni politiche, economiche e sociali. Questo è stato uno sforzo veramente comune. I singoli cristiani hanno lottato per restare fedeli all'ispirazione del Vangelo nella propria vita di tutti i giorni; centri di istruzione hanno offerto un contributo con i loro studi specialistici; gruppi e associazioni hanno affrontato argomenti di particolare interesse; le comunità hanno preso iniziative pratiche; i singoli vescovi e le Conferenze episcopali hanno fornito una guida; e il magistero della Chiesa ha fatto dichiarazioni e ha pubblicato documenti. In una continua interazione, la Chiesa ha quindi sviluppato una tradizione di pensiero e di orientamenti pratici, che vanno sotto il nome di dottrina sociale della Chiesa. Questa dottrina sociale è stata espressa recentemente nei documenti del Concilio Vaticano II e negli scritti dei Papi, che hanno sistematicamente affrontato i rapidi cambiamenti della società contemporanea.

Anche oggi, le varie categorie del popolo di Dio secondo la loro peculiare chiamata continuano ad affrontare i problemi sociali nei loro diversi contesti storici e culturali.


3. Oggi, cari amici, nell'ultimo giorno di questa mia seconda lunga visita negli Stati Uniti d'America, vorrei esortarvi a proseguire nel vostro impegno personale di rispondere all'esigenza incessante di giustizia e di pace. Sotto la guida e l'ispirazione del magistero della Chiesa - che è quello del Papa e dei vescovi in unione con lui - ognuno di voi è chiamato ad offrire il proprio contributo. Ognuno di voi deve essere uno strumento per promuovere un ordine sociale che rispetti la dignità della persona umana e serva il bene comune. Ognuno di voi ha un insostituibile contributo da offrire per garantire un ordine sociale di giustizia nella pace. Oggi, nel vostro Paese, la partecipazione ai vari livelli della vita economica, sociale e politica ha intensificato molto la consapevolezza della dignità unica di ogni persona umana e ha allo stesso tempo rafforzato il vostro senso di responsabilità nei confronti di voi stessi e degli altri. Come cristiani, trovate nella fede una profonda motivazione per la vostra responsabilità e il vostro impegno sociale. Non lasciate che questo momento passi senza rinnovare il vostro impegno all'azione per la giustizia e la pace sociale. Guardate al Vangelo di Gesù Cristo per rafforzare la vostra decisione di diventare strumenti per il bene comune! Imparate dal Vangelo che a voi è stata affidata la giustizia e la pace di Dio! Non siamo semplicemente i costruttori della giustizia secondo i modelli di questo mondo, ma siamo i portatori della vita di Dio, che è egli stesso, giustizia e pace! Fate si che i vostri sforzi per raggiungere la giustizia e la pace in tutti i settori della vostra vita siano una manifestazione dell'amore di Dio! In un contesto simile a questo circa otto anni fa, nello Yankee Stadium di New York, ho proclamato la sfida del Vangelo contenuta nella parabola del ricco e del povero Lazzaro. Tutti voi conoscete bene questa meravigliosa lezione di responsabilità sociale che Gesù ci ha lasciato. Conoscendo la vostra fede e la vostra disponibilità alla sfida, oggi vi chiedo: Cosa avete fatto con questa parabola? Quante volte negli ultimi otto anni avete letto questa parabola per trovarvi ispirazione per la vostra vita di cristiani? O l'avete forse messa da parte, pensando che non fosse più applicabile a voi o alle situazioni del vostro Paese? 4. In ogni moderna società, non importa quanto progredita, esisteranno sempre situazioni, alcune vecchie e altre nuove, che spingono all'azione il vostro senso cristiano di giustizia. Nostro Signore ha detto: "I poveri infatti li avete sempre con voi" (Mt 26,11). Dovete quindi scoprire i poveri che sono tra voi. Esiste la povertà in mezzo a voi quando i vecchi e i deboli sono trascurati e il loro livello di vita continua ad abbassarsi. Esiste la povertà quando la malattia colpisce chi guadagna il denaro che fa vivere una famiglia. Esistono bisogni e sofferenze materiali in quelle zone e in quei gruppi dove la disoccupazione rischia di diventare endemica. Esiste la povertà nel futuro di coloro che non possono godere dei benefici di un'istruzione di base.


4. Alcune conquiste della moderna tecnologia portano con sé il potenziale per nuove privazioni e ingiustizie e devono quindi essere l'oggetto della nostra preoccupazione. L'introduzione della robotica, il rapido sviluppo delle comunicazioni, la necessaria ristrutturazione degli impianti industriali, la necessità di introdurre nuove specializzazioni nella gestione sono questi alcuni dei fattori che, se non vengono analizzati attentamente o esaminati alla luce del loro costo sociale, possono comportare ingiuste privazioni per molti sia temporanee che permanenti. Questi sono soltanto alcuni aspetti che sfidano la nostra responsabilità sociale. Altri aspetti comprendono la situazione della vita matrimoniale e familiare e i fattori che minacciano i valori ad essa sottesi; il rispetto per la sacralità della vita umana non nata; la situazione dei nuovi immigrati; manifestazioni aperte o camuffate di discriminazione basate sulla razza, origine, colore, cultura, sesso o religione ("Octogesima Adveniens", 16).

Nella misura in cui la propria coscienza sociale è sensibile, ogni comunità scoprirà dove esistono ancora o sono potenzialmente presenti problemi di ingiustizia o minacce alla pace. Ma se si vuole realmente cercare di esaminare alcune delle sfide nell'ambito domestico, bisogna considerare un altro importante aspetto che riguarda il progresso e lo sviluppo umano. Mi riferisco alla dimensione internazionale.


5. Senza insinuare in alcun modo che i problemi locali o nazionali non esistono più - ed è certo che esistono - diventa sempre più evidente che tali problemi locali o nazionali, e le loro soluzioni, sono fondamentalmente legati a realtà che trascendono i confini dei Paesi. Non soltanto le decisioni prese da una nazione influenzano altre regioni del mondo, ma la soluzione di molti problemi interni non può essere trovata se non a livello internazionale e perfino mondiale. Tutti i grandi problemi che riguardano la vita della persona umana nella società sono diventati problemi mondiali. Ogni decisione che riguarda la sfera politica, economica e sociale deve essere ponderata nel contesto delle sue ripercussioni sul resto del mondo. Ciò che influenza profondamente ogni discussione sul progresso sociale e lo sviluppo umano è il fatto che esiste un'interdipendenza mondiale.

Vent'anni fa, nel 1967, Papa Paolo VI scrisse proprio all'inizio della sua lettera enciclica sul "progresso dei popoli": "Oggi il fatto di maggior rilievo, del quale ognuno deve prender coscienza, è che la questione sociale ha acquistato dimensione mondiale" (PP 3). Negli anni successivi questa affermazione di Paolo VI è stata ulteriormente confermata da un susseguirsi di avvenimenti. Si affacciavano alla scena politica popoli che, dopo secoli di dominazione coloniale e di dipendenza, chiedevano con sempre maggiore insistenza il loro giusto posto fra le nazioni e nelle decisioni internazionali.

Una crisi economica mondiale ha evidenziato l'esistenza di un'economia basata su una sempre maggiore interdipendenza. Il fatto che continuino a esistere milioni di persone che soffrono per la fame e la malnutrizione e la crescente consapevolezza che le risorse naturali sono limitate, evidenziano il fatto che l'umanità è un tutt'uno. L'inquinamento atmosferico e delle acque minaccia sempre di più il delicato equilibrio della biosfera, dal quale dipendono le generazioni presenti e future e ci fa comprendere che tutti noi condividiamo un ambiente ecologico comune. La comunicazione immediata ha legato fra loro commercio e finanze in una dipendenza mondiale.

Le nazioni più povere del mondo sono inclini a vedere questa interdipendenza come un continuo modello di dominazione economica da parte dei Paesi più sviluppati, mentre questi ultimi talvolta vedono nell'interdipendenza l'apertura verso nuove possibilità di commercio e di esportazione.

L'interdipendenza esige chiaramente che i rapporti fra le nazioni vengano visti nell'ambito di questo nuovo contesto e che la questione sociale ha bisogno di un'etica adeguata. Nessuno può più dire: "Che siano gli altri a preoccuparsi per il resto del mondo!". Il mondo è ognuno di noi!


6. Parlando ai partecipanti della 68a Sessione dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro, il 15 giugno 1982 (n. 10), ho affermato: "Esiste un bene comune che non può più essere confinato in un compromesso più o meno soddisfacente fra le esigenze settoriali o fra quelle puramente economiche. Sono necessarie nuove scelte etiche; bisogna creare una nuova coscienza mondiale; ognuno di noi, senza rinnegare la propria origine e le radici della propria famiglia, la sua gente e la sua nazione, o gli obblighi che ne derivano, deve guardare a se stesso come a un membro di questa grande famiglia... la comunità mondiale... Ciò significa che il bene comune mondiale esige una nuova solidarietà senza frontiere".

La dottrina sociale della Chiesa vede questa nuova solidarietà come una conseguenza della fede. E' l'atteggiamento, nella realtà internazionale, di coloro che ascoltano il comandamento del Signore: "Che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati" (Jn 15,12). E' la conseguenza della nostra fede nel mistero della creazione: il fatto che Dio ha creato ogni persona umana a sua immagine e somiglianza. A ogni persona umana è stata conferita stessa fondamentale e inalienabile dignità. Ogni individuo è chiamato a riconoscere questa uguaglianza fondamentale nell'unità della famiglia umana. Ognuno è invitato a rispettare il destino comune di tutti in Dio. A ognuno si chiede di accettare il fatto che i beni della terra sono stati donati da Dio perché tutti ne abbiano beneficio.

Per i discepoli di Cristo, la solidarietà è un dovere morale che proviene dall'unione spirituale di tutti gli esseri umani, che condividono una medesima origine, una comune dignità, un destino comune. Nel crearci per vivere in società, in una solida rete di relazioni reciproche, e nel chiamarci, per mezzo della redenzione, a partecipare della vita del Salvatore non semplicemente come individui, ma quali membri di un popolo pellegrino, Dio stesso ha creato la nostra fondamentale interdipendenza e ci ha chiamati alla solidarietà con tutti. Questo insegnamento è espresso in maniera incomparabilmente efficace nella parabola del buon samaritano, che si è preso cura dell'uomo che era stato abbandonato moribondo lungo la strada che da Gerusalemme porta a Gerico. Tutti noi passiamo lungo quella strada e siamo tentati di passare dall'altra parte. Riferendosi al samaritano, che si era mosso a compassione, Gesù disse ai suoi ascoltatori: "Va', e anche tu fa' lo stesso". Oggi Gesù ripete a tutti noi che camminiamo lungo la strada della nostra comune umanità: "Va' e anche tu fa' lo stesso" (Lc 10,37).


7. Nel parlarvi del progresso sociale e dello sviluppo umano, sento l'esigenza di sottolineare la dimensione internazionale a ragione della oggettiva necessità di promuovere una nuova solidarietà mondiale.

Vi è un altro motivo che oggi mi fa riflettere in modo particolare sulla più ampia scena internazionale. Sapete bene che il vescovo di Roma e la Santa Sede seguono da vicino le attività internazionali e hanno quindi un interesse particolare nei confronti dell'attività dell'organizzazione delle Nazioni Unite a New York. Mi sarebbe piaciuto molto recarmi nuovamente nel suo quartier generale, come ho fatto nel 1979 e come ha fatto Paolo VI nel 1965. Sono spiacente di non poter accettare adesso il cortese invito a una nuova visita che il Segretario Generale delle Nazioni Unite ha voluto estendermi. L'interesse della Chiesa cattolica verso questa Organizzazione internazionale è legato all'importanza dei problemi di cui essa si occupa e dei motivi che hanno ispirato la sua istituzione.

Lavorare per la costruzione e il mantenimento di una pace giusta e duratura è un obiettivo che merita appoggio e collaborazione. Questo è in primo luogo il motivo per cui l'Organizzazione delle Nazioni Unite è stata creata, in quel giorno luminoso che è seguito al buio della lunga notte della seconda guerra mondiale.

Prego affinché, nonostante le sue inevitabili imperfezioni, essa sia in grado di adempiere sempre più efficacemente alla sua missione unica di servizio al mondo, un servizio di cui il mondo ha veramente bisogno.

Le Nazioni Unite si occupano del disarmo e del controllo degli armamenti, in primo luogo del controllo degli armamenti nucleari, ma anche delle armi biologiche, chimiche e convenzionali. Il suo impegno paziente, coscienzioso e talvolta addirittura frustrante in questa causa di somma importanza per il mondo e tutti i suoi abitanti è riconosciuto e apprezzato in quanto è un incentivo e un sostegno ai negoziati bilaterali per la riduzione degli armamenti da parte delle superpotenze. E' questo un problema che deve essere affrontato con un impegno inesauribile, con estrema lucidità e con un chiaro senso del valore della vita umana e dell'integrità della creazione.

Le Nazioni Unite si preoccupano anche di molte altre condizioni necessarie per una pace autentica. E' opportuno qui esaminarne alcune alla luce della dimensione internazionale della questione sociale.

Innanzitutto vorrei parlare della preoccupazione per i diritti umani.

Ricordate, ne sono certo, che le Nazioni Unite hanno adottato, oltre quarant'anni fa, la Dichiarazione universale dei diritti umani. L'ispirazione di fondo di questo importante documento era il riconoscimento che la via verso un mondo pacifico e giusto deve necessariamente passare attraverso il rispetto di ogni essere umano, attraverso la definizione e il riconoscimento dei diritti umani fondamentali, e attraverso gli inalienabili diritti degli individui e delle comunità dei popoli. L'adozione della Dichiarazione universale è stata seguita nel corso degli anni da molte dichiarazioni e convenzioni su aspetti estremamente importanti dei diritti umani - a favore delle donne, dei bambini, degli handicappati, dell'eguaglianza fra le razze - e soprattutto dai due trattati internazionali sui diritti economici, sociali e culturali e sui diritti civili e politici, insieme a un protocollo facoltativo. Nel 1981 l'assemblea Generale ha anche adottato una solenne dichiarazione contro ogni forma di intolleranza religiosa. Bisogna anche riconoscere il giusto merito delle Nazioni Unite per avere istituito la Commissione per i diritti umani come organo di controllo che segue attentamente gli sviluppi positivi e negativi in questo importante settore.

L'impegno delle Nazioni Unite nei confronti dei diritti umani va di pari passo con il suo impegno per la pace. L'esperienza ci insegna che il disprezzo o la mancanza di rispetto per i diritti umani, l'oppressione dei deboli, la discriminazione a motivo del sesso, colore, origine, razza o religione, creano conflitti e minacciano la pace. Anche qui, ciò che riguarda gli essere umani in un luogo, influenza tutti gli esseri umani ovunque nel mondo.

Attraverso le sue diverse istituzioni e programmi specifici, le Nazioni Unite sviluppano il loro impegno per una società internazionale più giusta ed equa. Questo lavoro e questo impegno comprendono la lotta contro le malattie e l'analfabetismo; l'azione intrapresa per l'emancipazione della donna; la tutela dei diritti dei bambini e degli handicappati; lo sviluppo del diritto internazionale; l'impiego pacifico dell'energia atomica; la tutela e la conservazione dei famosi monumenti che appartengono al patrimonio culturale dell'umanità; la difesa dell'ambiente; la lotta contro la fame, la malnutrizione e il sottosviluppo; e la difesa dei senzatetto.


8. L'esistenza e le attività dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, le sue conquiste e anche i suoi fallimenti, sottolineano in modo drammatico la necessità di rafforzare l'autorità internazionale al servizio del bene comune del mondo. E' già un segno di grande progresso il fatto che vengano sempre più universalmente riconosciute l'importanza dei problemi sociali mondiali e la necessità di promuovere efficacemente la pace. E' anche un segno di speranza il fatto che un'Organizzazione internazionale, costituita dalla grande maggioranza degli Stati, cerchi, con i limitati mezzi di cui dispone, e nonostante le difficoltà interne e esterne, di far aumentare la consapevolezza intorno ai problemi mondiali e alla loro appropriata soluzione.

E' anche una meravigliosa sfida per tutti i popoli e le nazioni del mondo adesso che ogni giorno diventiamo sempre più consapevoli della nostra interdipendenza essere interpellati dalle urgenti esigenze di una nuova solidarietà che non conosce frontiere. Adesso, che ci avviciniamo al terzo millennio della cristianità, ci viene offerta l'occasione unica, per la prima volta nella storia dell'uomo, di offrire un contributo decisivo per la costruzione di un'autentica comunità mondiale. La consapevolezza del fatto che siamo uniti in un destino comune sta diventando più forte, gli sforzi per raggiungere questo obiettivo si stanno moltiplicando da parte di uomini e donne di buona volontà in diverse attività: politiche ed economiche, culturali e sociali. Popoli di ogni età, così come nazioni e governi, sono sfidati in nome della nostra comune umanità, in nome dei diritti di ogni essere umano e in nome dei diritti di ogni nazione.

Per riuscire a dare una risposta corretta alle molte esigenze che l'interdipendenza "de facto" di tutte le nazioni esercita sul senso di solidarietà di tutti, dobbiamo creare un giusto equilibrio fra le costrizioni che l'interdipendenza esercita sulle nazioni e l'appello a un'effettiva solidarietà rivolto a tutte le nazioni. Nella vita di ogni nazione, il progresso sociale e lo sviluppo umano vengono garantiti dal rispetto dato ai diritti della persona umana.

L'autentica esistenza della persona umana nella dignità e la sua giusta partecipazione alla vita della comunità sono salvaguardati dal profondo rispetto che ogni persona nutre per la dignità e i diritti degli esseri umani suoi fratelli e sorelle. Allo stesso modo, il rispetto per i diritti dei popoli e delle nazioni deve salvaguardare l'esistenza nella libertà di ogni nazione e render quindi possibile la sua giusta ed effettiva partecipazione a tutti gli aspetti della vita internazionale. Senza queste premesse, sarebbe impossibile parlare di solidarietà.

Per essere capaci di solidarietà mondiale le nazioni devono innanzitutto rispettare i diritti umani dei loro cittadini ed essere a loro volta riconosciute dal loro popolo come l'espressione della loro sovranità; in secondo luogo, le nazioni devono rispettare i pieni diritti delle nazioni sorelle e sapere che anche i loro diritti quali nazioni non saranno disconosciuti.


9. Cari amici: l'America è un Paese molto potente. Il numero e la qualità delle vostre conquiste è stupefacente. In virtù della vostra posizione unica, quali cittadini di questa nazione, vi trovate di fronte a una scelta e dovete scegliere.

Potete scegliere di chiudervi in voi stessi e di godere i frutti del vostro tipo di progresso e cercare di dimenticarvi del resto del mondo. Oppure, nel diventare sempre più consapevoli dei vostri doni e della vostra capacità di servizio, potete scegliere di assumervi le responsabilità che la vostra storia e le vostre conquiste vi hanno messo sulle spalle. Facendo questa seconda scelta, riconoscerete l'interdipendenza e opterete per la solidarietà. Questa, cari amici, è veramente una vocazione umana, una vocazione cristiana, e per voi americani è una nobile vocazione nazionale.


10. Nel rivolgere l'attenzione sulla necessità di una sempre maggiore coscienza sociale nel nostro tempo, desidero anche volgere l'attenzione sulla necessità della preghiera. La preghiera è l'ispirazione e il dinamismo più profondo di tutta la coscienza sociale. Parlando ai vescovi americani nel 1983 ho affermato: "E' infatti nella preghiera che si alimenta e allo stesso tempo si misura la coscienza sociale. E' nella preghiera che il vescovo, insieme al suo popolo, valuta la necessità e le esigenze del servizio cristiano... Attraverso la preghiera la Chiesa comprende il pieno significato delle parole di Cristo: "Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri" (Jn 13,35). E' nella preghiera che la Chiesa comprende le molte implicazioni del fatto che la giustizia e la misericordia sono fra "le prescrizioni più gravi della legge" (Mt 23,23). Attraverso la preghiera la lotta per la giustizia trova autentica motivazione e incoraggiamento, e scopre e mantiene mezzi veramente efficaci" (Discorso "ad limina", 3 dicembre 1983).

Per finire, a voi, cattolici di Detroit e di tutta questa regione, ripeto le parole con cui Paolo VI concludeva il suo messaggio alla conferenza "Appello all'azione" che si è tenuta undici anni fa in questa stessa città di Detroit: "Nella tradizione della Chiesa, ogni richiamo all'azione è innanzitutto un richiamo alla preghiera. Siete quindi chiamati alla preghiera, e soprattutto alla più grande partecipazione al sacrificio eucaristico di Cristo.

E' nell'Eucaristia che trovate l'autentico spirito cristiano che vi permetterà di procedere e di agire in nome di Cristo". E per tutti voi, cari amici, popoli di ogni religione, razza ed etnia, io chiedo l'aiuto di Dio affinché diventiate sempre più consapevoli dell'interdipendenza globale e sempre più sensibili alla solidarietà umana.

1987-09-19 Data estesa: Sabato 19 Settembre 1987




Omelia allo stadio "Silverdome" - Detroit (Stati Uniti)

Titolo: L'unico dono degno di Dio è quello di noi stessi

Testo:

"Comportatevi da cittadini degni del Vangelo" (Ph 1,27).

Cari fratelli e sorelle in Cristo.


1. L'apostolo Paolo rivolge questo appello ai cristiani di Filippi. E oggi la liturgia della Chiesa rinnova quest'appello a tutti coloro che credono in Cristo.

Poiché sta per concludersi la mia visita nel vostro Paese, questa sera è per me una particolare gioia riflettere su quelle parole con voi, popolo della Chiesa di Detroit, e anche visitatori provenienti da ogni parte dei Michigan, dal vicino Canada e da altri luoghi.

Dalle umili origini della fondazione di Detroit nell'anno 1701, la proclamazione della parola di Dio in questa regione è continuata ininterrottamente, malgrado le difficoltà gli ostacoli, e ha raggiunto un livello di maturità e fertilità incredibile per i primi missionari. Molti anni ci separano dalla prima celebrazione dell'Eucaristia da parte dei sacerdoti che accompagnavano Cadillac, il fondatore di Detroit, e sappiamo tuttavia che la nostra comunione questa sera nel corpo e nel sangue di Cristo ci lega a loro e a tutti coloro che ci hanno preceduto nella fede. Con voi rendo grazie a Dio per il coraggio, la dedizione e la perseveranza dei numerosi sacerdoti, religiosi e laici che hanno lavorato così duramente in tutti questi anni, dapprima per condividere la loro fede con i nativi americani di questa regione, e poi per preservare e diffondere la fede tra persone di quasi tutte le razze e nazioni che si sono stabilite qui.

Con voi rendo anche grazie per l'intrepida fede cattolica di tanti vostri genitori e nonni venuti nel Michigan in cerca di libertà e per costruire una vita migliore per se stessi e specialmente per voi loro figli e nipoti. Qualunque sia il sentiero attraverso il quale avete ricevuto il dono della vostra fede cattolica, lo si deve in qualche misura a coloro che vi hanno preceduto qui. Le loro voci si uniscono a quella di san Paolo quando ci dice: "Comportatevi da cittadini degni del Vangelo".


2. Leggiamo questa esortazione stasera alla luce della parabola evangelica degli operai mandati dal padrone di una tenuta nella sua vigna dopo aver concordato con loro la paga giornaliera. Nostro Signore spesso insegnava servendosi di parabole come questa. Usando immagini della vita quotidiana, guidava i suoi ascoltatori a comprendere il regno di Dio. Usando parabole egli era capace di innalzare le loro menti e i loro cuori da ciò che è visibile a ciò che è invisibile. Quando ricordiamo che le cose di questo mondo già recano l'impronta del regno di Dio, non dobbiamo sorprenderci del fatto che l'immagine delle parabole si addica così bene al messaggio evangelico.

Da una parte, la vigna di cui Gesù parla è una realtà terrena, così come lo è il lavoro da farvi. Dall'altra, la vigna è un'immagine del regno di Dio.

Questo regno è descritto nei Vangeli come "la vigna del Signore" 3. Riflettiamo per un momento sulla prima di queste realtà - la vigna terrena - come luogo di lavoro, come il luogo in cui voi e io dobbiamo guadagnare il nostro pane quotidiano. Come dissi nella enciclica "Laborem Exercens" (LE 16): "L'uomo deve lavorare sia per il fatto che il Creatore gliel'ha ordinato, sia per il fatto della sua stessa umanità, il cui mantenimento e sviluppo esigono il lavoro. L'uomo deve lavorare per riguardo al prossimo, specialmente per riguardo alla propria famiglia, ma anche alla società, alla quale appartiene, alla nazione, della quale è figlio o figlia, all'intera famiglia umana di cui è membro, essendo erede del lavoro di generazioni e insieme coartefice del futuro di coloro che verranno dopo di lui nel succedersi della storia". Di conseguenza, la Chiesa considera suo compito concentrare l'attenzione sulla dignità e i diritti dei lavoratori, condannare le violazioni della dignità e di quei diritti, e fornire la guida per un autentico progresso umano. Il fine della Chiesa è innalzare sempre più la famiglia umana alla luce della parola di Cristo e della sua potenza.

Il punto centrale dell'insegnamento della Chiesa è la convinzione che le persone sono più importanti delle cose; che il lavoro è "per l'uomo" e non l'uomo "per il lavoro"; che la persona è sia il soggetto che il fine di tutto il lavoro e non può ridursi a un puro strumento di produzione; che la persona deve essere valutata per ciò che lui o lei è piuttosto che per ciò che possiede (cfr. LE 6 LE 12 GS 35). Quest'ultima verità, in particolare, ci ricorda che l'unico dono che possiamo offrire a Dio, veramente degno di lui, è il dono di noi stessi, come scopriamo nel messaggio della parabola evangelica di oggi.


4. Quel messaggio, come ho detto, ha a che fare con una realtà spirituale, il regno di Dio, verso il quale Gesù cerca di innalzare le menti e i cuori dei suoi ascoltatori. Egli inizia la parabola odierna con queste parole: "Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che usci all'alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna" (Mt 20,1). Il fatto che nostro Signore parli di questo più che del giusto lavoro e della giusta paga dovrebbe essere chiaro dal comportamento del padrone dell'uomo e dal nascente conflitto che sorge tra lui e alcuni operai. Non è che il padrone si rifiuti di rispettare l'accordo relativo alla paga. La disputa sorge perché dà a tutti la stessa paga, sia che la persona abbia lavorato l'intera giornata o metà. Ciascuno riceve la somma precedentemente concordata. così il padrone della vigna mostra generosità verso i ritardatari, con indignazione di coloro che hanno lavorato tutto il giorno. A loro questa generosità sembra essere un'ingiustizia. Quale risposta dà il padrone? "Non posso fare", lui dice, "delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?" (Mt 20,15).

In questa parabola troviamo una di quelle apparenti contraddizioni, di quei paradossi, che compaiono nel Vangelo. Nasce dal fatto che la parabola descrive due diversi modelli. Uno è il modello in cui la giustizia è misurata con le cose. L'altro modello appartiene al regno di Dio, in cui il metro di misura non è la giusta distribuzione delle cose ma l'offrire un dono, in definitiva, il dono più grande di tutti, il dono di se stessi.


5. Il padrone della vigna paga i lavoratori secondo il valore del loro lavoro, cioè l'importo di un denaro. Ma nel regno di Dio la paga è Dio stesso. E' ciò che Gesù sta cercando di insegnare. Quando si giunge alla salvezza nel regno di Dio, non si tratta soltanto di paga ma della generosità gratuita di Dio, che dà se stesso come dono supremo, a ciascuno di coloro che condividono la vita divina attraverso la grazia santificante.

Tale ricompensa o remunerazione non può misurarsi in termini materiali.

Quando una persona dà il dono di sé, anche nei rapporti umani, il dono non può misurarsi in quantità. Il dono è unico e indivisibile perché il donatore è unico e indivisibile. Come possiamo ricevere un simile dono? Guardiamo a san Paolo per una risposta. Sono affascinanti le sue parole nella Lettera ai Filippesi (1,20-21): "Secondo la mia ardente attesa e speranza che in nulla rimarro confuso.. Cristo sarà glorificato nel mio corpo, sia che io viva sia che io muoia. Per me infatti il vivere è Cristo e il morire un guadagno".

Con queste parole di san Paolo ci troviamo nel cuore di questa unità di misura che appartiene al regno dei cieli. Quando riceviamo un dono dobbiamo rispondere con un dono. Possiamo rispondere al dono di Dio in Gesù Cristo - la sua croce e risurrezione - nel modo in cui Paolo rispose - col dono di noi stessi.

Tutto ciò che Paolo è, è contenuto in questo dono di sé: sia la sua vita che la sua morte. Il dono della vita di una persona non può valutarsi solo in base al numero d'ore trascorso nella vigna terrena. San Paolo, e tutti quelli come lui, si accorge che non si può mai paragonare o eguagliare il valore del dono di Dio, che dona se stesso a voi. L'unica, valida unità di misura è la misura dell'amore. E la misura dell'amore, come dice san Bernardo, è l'amore infinito ("De diligendo Deo", I, 1). Ciò fa si che gli ultimi diventino i primi, e i primi gli ultimi.


6. C'è un altro episodio, nel Vangelo di Luca, in cui Gesù dice a uno dei farisei, scandalizzato per il comportamento di una nota peccatrice: "Le sono perdonati i suoi molti peccati, poiché ha molto amato" (Lc 7,47). Riflettiamo bene sull'amore nel cuore di questa donna, che ha lavato i piedi del Signore con le sue lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. Possiamo immaginare il profondo dolore che l'ha indotta a un gesto così insolito. Tuttavia, dandosi umilmente a Dio, ella scopri quel dono ancor più grande e gratuito di cui abbiamo parlato, vale a dire il dono di Dio di se stesso a lei. Attraverso questo scambio di doni, la donna riscopri se stessa, solo allora fu guarita e consolata. "Ti sono perdonati i tuoi peccati", Gesù dice a lei "...va' in pace" (Lc 7,48).

Anche per noi, peccatori, è troppo facile sprecare il nostro amore, usandolo nel modo sbagliato. E come i farisei noi non capiamo facilmente il potere dell'amore che trasforma. Solo nella vita, morte e risurrezione di Cristo comprendiamo che l'amore è l'unità di misura di tutte le cose nel regno di Dio, perché "Dio è amore" (1Jn 4,8). Possiamo sperimentare pienamente l'amore in questa vita solo attraverso la fede e il pentimento.


7. "Comportatevi da cittadini degni del Vangelo". Come cristiani viviamo e operiamo in questo mondo simboleggiato dalla vigna, ma al contempo siamo chiamati a lavorare nella vigna del Signore. Viviamo questa vita terrena visibile e, al contempo, la vita del regno di Dio, che è il destino ultimo e la vocazione di ogni persona. Qual è, dunque, il comportamento degno riguardo a queste due realtà? Nel Credo del popolo di Dio proclamato dal mio predecessore Paolo VI, troviamo una risposta a quella domanda, una risposta che riflette la fede della Chiesa alla luce del Concilio Vaticano II, particolarmente della costituzione Pastorale sulla Chiesa nel mondo moderno: "Noi confessiamo che il regno di Dio... non è di questo mondo... e che la sua vera crescita non può esser confusa con il progresso della civiltà, della scienza e della tecnica umane, ma consiste nel conoscere sempre più profondamente le imperscrutabili ricchezze di Cristo, nello sperare sempre più fortemente i beni eterni, nel rispondere sempre più ardentemente all'amore di Dio... Ma è questo stesso amore che porta la Chiesa a preoccuparsi costantemente del vero bene temporale degli uomini. Mentre non cessa di ricordare ai suoi figli che essi non hanno quaggiù stabile dimora, essa li spinge anche a contribuire - ciascuno secondo la propria vocazione e i propri mezzi - al bene della loro città terrena... a prodigare il loro aiuto ai propri fratelli, soprattutto ai più poveri e ai più bisognosi. L'intensa sollecitudine della Chiesa... per le necessità degli uomini, per le loro gioie e le loro speranze, i loro sforzi e i loro travagli, non è quindi altra cosa che il suo grande desiderio di esser loro presente per illuminarli con la luce di Cristo e adunarli tutti in lui, unico loro Salvatore" (Credo del popolo di Dio, 30 giugno 1968).

Cari fratelli e sorelle: queste parole ci dicono che cosa si intende per comportamento degno del Vangelo di Cristo: quel Vangelo che noi abbiamo ascoltato e in cui crediamo, e siamo chiamati a vivere ogni giorno. E oggi in questo sacrificio eucaristico offriamo il nostro lavoro, le nostre attività, le nostre intere vite al Padre attraverso suo Figlio Gesù Cristo. Noi imploriamo Dio di accettare il dono di noi stessi 8. "Giusto è il Signore in tutte le sue vie, / santo in tutte le sue opere. / Il Signore è vicino a quanti lo invocano, / a quanti lo cercano con cuore sincero" (Ps 144,17-18). Nella prima lettura il profeta Isaia parla nel nome del Signore, che nella parabola evangelica è rappresentato dal padrone della vigna. Il Signore dice: "I miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie... Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri" (Is 55,8-9).

E dunque, miei fratelli e sorelle, "Comportatevi da cittadini degni del Vangelo", vale a dire, misurate le cose di questo mondo con l'unità di misura del regno di Dio. Non viceversa! Non viceversa! "Cercate il Signore, mentre si fa trovare, invocatelo, mentre è vicino" (Is 55,6).

Egli è vicino! Il Signore è vicino! Il regno di Dio è dentro di noi.

Amen.

[Alla fine della Messa:] Nel corso di almeno due secoli, tanti immigrati provenienti da differenti Paesi e Nazioni hanno trovato qui, a Detroit, nel Michigan, una grande accoglienza. Oggi, desidero esprimervi la mia gratitudine a nome di tutti costoro. E desidero anche esprimere la mia gratitudine per la vostra grande ospitalità nei miei confronti durante questa visita a Detroit. La vostra ospitalità nei confronti di tanti uomini e donne in questi due secoli vi ha portato una nuova unità. Siete un solo popolo, e il nome di questo popolo, di questa nazione, è Stati Uniti. La mia speranza e il mio desiderio è che questa ospitalità che avete riservato al successore di Pietro durante questi dieci giorni porti un'unità più profonda nella Chiesa, nel popolo cristiano, negli Stati Uniti.

Possa quest'unità non rimanere limitata alle dimensioni della vostra sola Nazione, ma estendersi alla dimensione dell'universo. La mia speranza e il mio desiderio è che questa visita sia spiritualmente fruttifera. Molte grazie.

1987-09-19 Data estesa: Sabato 19 Settembre 1987





GPII 1987 Insegnamenti - Alla cittadinanza in piazza Hart - Detroit (Stati Uniti)