GPII 1988 Insegnamenti - Recita dell'"Angelus" - Città del Vaticano (Roma)

Recita dell'"Angelus" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il Santuario di Maria Ausiliatrice edificato da don Bosco ricorda la presenza attiva di Maria nei momenti difficili della storia della Chiesa

Testo:

Carissimi fratelli e sorelle.


1. Nel nostro spirituale pellegrinaggio ai Santuari di Maria, oggi ci rechiamo col pensiero a Torino, alla Basilica di Maria Ausiliatrice. E lo facciamo con una particolare intenzione, cara al mio cuore: questo Santuario infatti è un monumento alla Madonna edificato da san Giovanni Bosco, di cui proprio oggi ricordiamo il primo centenario della morte.

Don Bosco, come viene affettuosamente chiamato nel mondo, non solo dalla grande Famiglia Salesiana di cui è fondatore, ha profondamente venerato, amato, imitato la Madonna sotto il titolo di "Auxilium Christianorum", ne ha diffuso insistentemente la devozione, in essa ha visto il fondamento di tutta la sua ormai mondiale opera a favore della gioventù e della promozione e difesa della fede.

Egli amava dire che "Maria stessa si è edificata la sua casa", quasi a sottolineare come la Madonna avesse miracolosamente ispirato tutto il suo cammino spirituale ed apostolico di grande educatore ed, ancora più estesamente, come Maria sia stata posta da Dio quale aiuto e presidio di tutta la sua Chiesa.


2. E' impresso in me il ricordo del grande quadro posto sopra l'altare maggiore del Santuario. In esso don Bosco volle che fosse espressa la visione che egli aveva della funzione ecclesiale della Madonna, quella di essere "Madre della Chiesa ed Ausiliatrice dei cristiani" (cfr. "Maraviglie della Madre di Dio invocata sotto il titolo di Maria Ausiliatrice", 6). Nel dipinto la Vergine santissima campeggia in alto, illuminata dallo Spirito Santo e circondata dagli Apostoli. Il santo aveva chiesto al pittore Lorenzone che fossero riprodotti attorno a lei i momenti più significativi della storia, nei quali l'Ausiliatrice aveva mostrato la sua materna e straordinaria protezione verso la Chiesa.

L'artista gli disse che ci sarebbero volute tutte le pareti del tempio e non potè tradurre in immagini la grandiosa proposta di don Bosco. Ad ogni modo, il cuore del santo vedeva la Madonna proprio in questa immensa ed ecclesiale prospettiva.


3. Sappiamo bene che la venerazione di Maria come Ausiliatrice antecede nel tempo il suo grande devoto don Bosco; il titolo si trova infatti nelle litanie Lauretane e sottolinea la presenza attiva di Maria nei momenti difficili della storia della Chiesa: presenza di salvezza insperata, segno prodigioso della immancabile assistenza dello Spirito di verità e di grazia.

Oggi, quando la fede viene messa a dura prova, e diversi figli e figlie del Popolo di Dio sono esposti a tribolazioni a causa della loro fedeltà al Signore Gesù, quando l'umanità, nel suo cammino verso il grande Giubileo del duemila, mostra una grave crisi di valori spirituali, la Chiesa sente il bisogno dell'intervento materno di Maria: per ritemprare la propria adesione all'unico Signore e Salvatore, per portare avanti con la freschezza e il coraggio delle origini cristiane l'evangelizzazione del mondo, per illuminare e guidare la fede delle comunità e dei singoli, in particolare per educare al senso cristiano della vita i giovani, ai quali don Bosco diede tutto se stesso come padre e maestro.

In questo anno mariano ci aiuti e ci benedica, dal suo Santuario di Torino, Maria Ausiliatrice; ci benedica anche il suo devoto figlio, san Giovanni Bosco.

"Maria Auxilium Christianorum, ora pro nobis".

[Al termine della preghiera il Santo Padre ha pronunciato queste parole:] Oggi si celebra la XXXV Giornata Mondiale dei Malati di Lebbra. Sento il dovere di richiamare la vostra attenzione sulla persistente e dolorosa realtà delle molte migliaia di persone che attendono dalla nostra solidarietà l'aiuto per combattere le conseguenze di questo morbo.

Nell'esortare alla preghiera per questi fratelli sofferenti, invito ciascuno ad impegnarsi nel sostegno alle concrete iniziative che vengono prese in loro favore. Desidero al tempo stesso assicurare la mia spirituale vicinanza ai numerosi missionari, laici, medici e infermieri, che quotidianamente prestano la loro opera in servizio dei malati di lebbra: sappiano essi guardare a Maria, che abbiamo invocata come "Auxilium Christianorum", per trovare in lei il più alto modello di generosa dedizione al prossimo.


Data: 1988-01-31 Data estesa: Domenica 31 Gennaio 1988




Visita pastorale del Vescovo di Roma - Roma

Titolo: Parrocchia di santa Maria Goretti

Testo:

[Il primo saluto alla comunità parrocchiale:] Saluto cordialmente tutti i presenti, come anche tutti i parrocchiani di santa Maria Goretti. Mi congratulo con voi per il vostro parroco che è così giovane e spero che insieme con lui tutta la comunità parrocchiale possa essere anche lei giovane e sempre ringiovanita.

Naturalmente non si può ottenere questo fermando gli anni, ma si può ottenerlo nella dimensione spirituale facendoci vivere la grazia di Dio. La grazia di Dio ci fa sempre giovani, anzi bambini. Gesù ci ha detto: se non diventerete come bambini non potrete entrare nel Regno dei Cieli. Ecco, la grazia di Dio ci fa diventare giovani, bambini, figli di Dio. Figli. Ringraziamo Dio perché abbiamo questa possibilità di essere sempre e, anche sempre più, spiritualmente giovani.

Lo dico oggi cominciando questa visita parrocchiale, ma tenendo davanti agli occhi anche la figura di un santo tipicamente italiano e nello stesso tempo un santo che appartiene già alla Chiesa universale. Penso a san Giovanni Bosco.

Oggi ricorre la sua morte. Cento anni fa è morto quest'uomo instancabile nell'attrarre al Regno di Dio i giovani. Quest'uomo che si faceva sempre più giovane con la forza della grazia di Dio. Che sia, anche oggi, durante questo centenario, un grande educatore delle nuove generazioni, dei suoi connazionali, ma anche di tutti i cristiani del mondo.

Auguro questo a voi perché oggi, in occasione di questo centenario, cade la visita nella vostra parrocchia intitolata ad un'altra santa italiana giovane, ragazza, martire: Maria Goretti. Lo auguro a voi, ma lo auguro a tutti noi, perché questo è il disegno di Dio per noi tutti. Dio vuole per noi la vita, non vuole la morte; morte che viene all'uomo insieme con gli anni, col passare degli anni.

Vuole per per noi la vita che non termina mai. E' un Dio della vita, non della morte. Vi auguro di vivere insieme con questo Dio la sua vita e non solamente di coltivare questa vita divina, che si chiama grazia santificante nei vostri cuori, ma anche di trasmetterla agli altri, alle nuove generazioni.

Così a noi tutti cristiani è affidato un grande, inestimabile tesoro, per ciascuno di noi, per portarlo dentro il nostro cuore e poi per trasmetterlo agli altri. Dio è così buono, che ci ha dato questo tesoro. Sappiamo essere degni della sua fiducia verso di noi.

[L'incontro con i bambini dell'asilo parrocchiale:] Ringrazio cordialmente per le vostre parole, parole molto belle. Si vede che anche i bambini dell'asilo sono oratori. Poi sanno portare i fiori, ma loro stessi sono fiori e sanno portare anche un dono generoso per gli altri bambini.

Sentono la loro solidarietà con tutti i bambini del mondo, e questo è bello.

Voi tutti vivete nella famiglia. Ha parlato a nome dei genitori un signore; un padre di famiglia, e ha sottolineato l'unità delle famiglie. Ecco, ciò che unisce la famiglia sono appunto i bambini, siete voi, e vi auguro di essere veramente quel legame benedetto per i vostri genitori, fra i vostri genitori, per tutto l'ambiente familiare. Vi auguro anche, come avete dimostrato qui, di sentirvi uniti a tutti i bambini del mondo; tutti i più giovani. Uniti col cuore, e anche con la preghiera. Perché i bambini possono ottenere molto con la preghiera; e penso che sono due le categorie di persone più potenti nella preghiera: una sono gli ammalati, i sofferenti, l'altra sono i bambini. Forse si possono aggiungere ancora le suore, specialmente quelle di clausura. Allora benedico le vostre famiglie e auguro loro di avere sempre quella unità cristiana voluta da Dio, per il bene dei bambini; per i bambini e per il loro futuro.

Bisogna che i genitori siano uniti per il loro amore, per il loro legame coniugale e nello stesso tempo per il bene dei loro figli.

Vi auguro di crescere negli anni, certamente, e poi anche di crescere nella saggezza e nella grazia di Dio, come san Luca ci dice di Gesù Bambino. così è cresciuto lui, così dovete crescere anche voi.

Alle suore auguro una buona continuazione di questa opera educativa qui nell'asilo.

[Nel teatro parrocchiale con i cresimandi] Voi vi preparate alla prima Comunione, alcuni anche alla Cresima. Questa preparazione cade nell'anno mariano. Voi sapete che questo è l'anno mariano? Quest'anno mariano è stato annunciato dalla Chiesa perché la ricorrenza a cui ci avviciniamo tutti è l'anno duemila. Duemila vuol dire duemila anni dopo la nascita di Cristo. E Maria è nata prima per insegnarci ad essere preparati, per dare al mondo questo divino Bambino, Gesù Cristo, a Betlemme.

Così facciamo anche noi, in questo anno mariano, imitando l'Avvento, per prepararci insieme a lei, alla Vergine, alla ricorrenza dell'anno duemila. Poi abbiamo tutti bisogno della sua protezione materna, del suo esempio verginale.

Lo dico anche pensando alla vostra preparazione: come Maria ci ha preparato nell'avvento di tutta l'umanità e come ancora il vecchio testamento ci ha preparato alla venuta di Gesù nella notte di Betlemme, così vi preparano i vostri maestri, i vostri sacerdoti, catechisti, le vostre mamme, i vostri papà, alla prima Comunione e poi agli altri sacramenti: alla vita cristiana semplicemente. La famiglia cristiana prepara i suoi bambini, i suoi giovani alla vita cristiana.

Nello stesso tempo voglio anche ringraziare tutti quelli che hanno parte in questa preparazione, soprattutto i vostri genitori, alcuni qui presenti, e i catechisti della parrocchia. E fra i catechisti ci sono anche i chitarristi; si fa preparazione non solamente con le parole, ma anche con le chitarre.

Poi voglio ringraziare le suore, i sacerdoti. Questo giovane sacerdote.

Parlando a tutti i parrocchiani davanti alla chiesa ho detto che avete un giovane parroco, mentre invece avete anche un ancora più giovane viceparroco.

Auguri per tutti, auguri per questa opera apostolica di preparazione ai sacramenti, all'Eucarestia, alla Cresima, alla vita cristiana in genere. Tutto questo guarda verso il futuro, al futuro di ciascuno di voi. E' un seme nel vostro cuore, nel vostro essere umano giovane; un seme divino, un seme della Grazia. Questo seme della Grazia divina deve essere coltivato per crescere, per crescere sempre più nell'autenticità e nell'identità di una vita cristiana prima giovane, poi adulta e dopo ancora anziana.

Quel seme deve sempre crescere e così cresce in noi il Regno di Dio.

Cresce la nostra vita entrando già nella dimensione del Regno di Dio. E questo Regno non passa. La nostra vita passa, ma questo Regno di Dio non passa. Con questo seme della vita divina, della Grazia di Dio, noi ci prepariamo a vivere la vita divina che non passa, che è eterna.

E' questa l'importanza della prima Comunione, della Cresima, di tutti i sacramenti, soprattutto dell'Eucaristia. Vi auguro di approfondire queste verità della fede e di vivere queste verità individualmente, personalmente, come anche in questa comunità dei giovani della vostra parrocchia di santa Maria Goretti.


[Omelia durante la celebrazione eucaristica]


1. "Insegnava loro come uno che ha autorità" (Mc 1,22).

Il testo del Vangelo di Marco ci porta oggi alla sinagoga di Cafarnao.

Gesù "entrato proprio di sabato nella sinagoga... si mise ad insegnare".

L'evangelista aggiunge: "Ed erano stupiti del suo insegnamento, perché insegnava loro come uno che ha autorità e non come gli scribi" (Mc 1,21-22). Che cosa è questa autorità che si manifesta nelle parole di Gesù sin dall'inizio della sua missione? Essa è la potenza della verità che viene da Dio.

Ne dà testimonianza anche lo spirito impuro, che grida in mezzo alla sinagoga per bocca dell'indemoniato: "Che c'entri con noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci! Io so chi tu sei: il santo di Dio" (Mc 1,24). (Quanta disperazione satanica in questo grido, ed insieme quale testimonianza!).

La liturgia dell'odierna domenica fa riferimento - nella prima lettura - alle parole pronunciate da Mosè, nel nome di Dio, ai figli di Israele: "Io suscitero loro un profeta in mezzo ai loro fratelli e gli porro in bocca le mie parole ed egli dirà loro quanto io gli comandero" (Dt 18,18).

E così è stato! Dio ha parlato al suo popolo "molte volte per mezzo dei profeti, infine ha parlato per mezzo del Figlio" (cfr. He 1,1).

Era Dio che metteva nella bocca dei profeti le parole che essi pronunziavano in suo nome. Dicevano ciò che egli comandava loro.

Infine è venuto il Cristo. Dio ha parlato per mezzo del Figlio. Sin da quando egli inizio ad insegnare in Galilea, coloro che l'ascoltavano hanno subito capito: "Parla come uno che ha l'autorità, non come gli scribi". E si chiedevano l'uno l'altro: "Che è mai questo? Una dottrina nuova insegnata con autorità" (Mc 1,27).

Si compi allora ciò che leggiamo in questa liturgia nel canto del Vangelo: "Il popolo che stava nelle tenebre vide una grande luce" (cfr. Is 9,1).


2. Nella seconda lettura parla l'apostolo Paolo. Egli scrive ai Corinzi sulla vocazione al matrimonio e alla verginità.

Trasmette nella sua istruzione apostolica ciò che Gesù una volta disse con la forza della verità rivelata. San Paolo parla sulla istituzione divina del matrimonio, e sulla sua indissolubilità. Parla anche di coloro che non si sposano, che scelgono liberamente la verginità per il Regno dei cieli.

Le parole dell'Apostolo sono un'eco di quelle del Signore; spiegano il suo insegnamento alla prima generazione dei suoi seguaci.

E' contenuta in esse la luce del Vangelo venuta nei cuori e nella vita degli uomini, trapassandoli con la forza della santa vocazione che proviene da Dio.

Paolo di Tarso è un'eco fedele dell'insegnamento di Cristo. Egli stesso, infatti, era stato il primo a sperimentarne la potenza. Egli, il fariseo di una volta, persecutore dei primi cristiani, si era convinto alle porte di Damasco che nella parola di Cristo - crocifisso e risorto - era contenuta la potenza della verità che viene da Dio. Era contenuta la pienezza della verità! 3. E forse anche su di lui, sull'antico Saulo di Tarso, si è compiuto l'annuncio che Dio trasmise ad Israele per mezzo di Mosè, a proposito della missione dei profeti: "Se qualcuno non ascolterà le mie parole dette nel mio nome, io gliene domandero conto" (cfr. Dt 18,19).

Non ha domandato Dio "conto" a Saulo? La festa della sua conversione, che abbiamo celebrato lunedi scorso, il 25 gennaio, ce l'ha ricordato e reso presente in modo quanto mai eloquente.


4. La liturgia dell'odierna domenica ci fa anche presente che sul terreno dei cuori umani cresce a volte, l'opposizione alla parola, che porta in sè la potenza della verità divina.

L'ha sperimentato Mosè sul cammino del pellegrinaggio verso la terra promessa.

Ancora nel salmo dell'odierna liturgia risuonano gli echi di quella resistenza, che il popolo poneva contro Dio e il suo profeta.

perciò il salmista esclama: "Ascoltate oggi la sua voce:/ "Non indurite il cuore come a Meriba,/ come nel giorno di Massa nel deserto,/ dove mi tentarono i vostri padri:/ mi misero alla prova,/ pur avendo visto le mie opere"" (cfr. Ps 95[94],7-9).


5. così Mosè. E Gesù di Nazaret, non ha forse sperimentato anche lui la stessa cosa, in grado ancora superiore? Già dall'inizio, a Cafarnao, lo spirito maligno voleva costringerlo al silenzio.

E gli uomini? Si! "Si stupivano del suo insegnamento", ma anche si opponevano ad esso. Infine credettero di ridurlo al silenzio con la morte in croce; di assestare un colpo mortale alla verità che egli annunziava, e che era lui stesso.

Ma al terzo giorno si dimostro che la morte non ha il potere su di lui.

Nè su di lui, nè sulla verità che è da Dio.


6. "Ascoltassimo oggi la sua voce".

Qui, in questa parrocchia romana, dobbiamo in modo particolare renderci conto dell'eredità, che è la parte di noi tutti.

Qui la potenza della verità, che è il Cristo, si è manifestata per il tramite dell'insegnamento apostolico di Pietro di Betsaida e di Paolo di Tarso.

Per mezzo della loro vita e della loro morte, a testimonianza di questa verità. E sulle loro orme, per mezzo di tanti altri, di generazione in generazione.


7. Per testimoniare questa stessa verità sono venuto oggi in mezzo a voi, in questa parrocchia intitolata a santa Maria Goretti. Come Pietro e Paolo, anch'io desidero comunicarvi la gioia che deriva dalla verità cristiana, ed infondervi fiducia e coraggio nel conseguirla.

Insieme con il Cardinale vicario, Ugo Poletti, e con il Vescovo ausiliare del settore nord, Mons. Salvatore Boccaccio, saluto tutti voi, cari fedeli del quartiere Nomentano. Rivolgo un saluto particolare al vostro parroco, Don Isidoro Taschin, che con la sua generosa dedizione ha contribuito a far crescere la vostra comunità cristiana anche nella sua dimensione interiore. Il mio saluto si volge poi a tutti i sacerdoti, che con zelo collaborano con lui nell'animazione cristiana di questa zona. Un pensiero speciale va alle persone anziane, agli ammalati e a quanti soffrono nel corpo e nello spirito.

Rivolgo una parola di plauso e di incoraggiamento alle suore Figlie della Madonna del divino Amore, che si occupano della scuola materna, della catechesi e delle attività parrocchiali. Il mio vivo apprezzamento va pure ai vari gruppi che sono attivi nell'ambito delle iniziative parrocchiali: i catechisti laici, i Neocatecumenali, le donne di Azione Cattolica, l'Associazione del Rosario Perpetuo, i responsabili della Caritas, che sono molto attivi nell'affrontare e alleviare le situazioni più gravi di povertà e di emarginazione. So dell'impegno con cui ci si adopera nella vostra parrocchia, in favore delle persone anziane, il cui numero è percentualmente in aumento a motivo del fenomeno della denatalità.

Esprimo un sentito ringraziamento a quanti si occupano di questi nostri fratelli bisognosi di aiuto: la loro premura nelle varie iniziative, la serenità e la forza che cercano di infondere sono una preziosa testimonianza di solidarietà autenticamente cristiana.

Ai giovani, in particolare, addito l'esempio della loro coetanea, santa Maria Goretti, a cui è affidata questa comunità parrocchiale. Questa fanciulla dodicenne preferi alla vita le ragioni della vita.

Non temete di onorare in lei la purezza cristiana, l'innocenza, e il senso del pudore. Sono virtù di cui c'è sempre bisogno, specialmente oggi, per la tutela della dignità umana e cristiana, per l'autenticità di una vita evangelica, per la sincerità dell'amore, per il rispetto reciproco delle persone, per l'onestà e la felicità della famiglia. In un campo tanto delicato, seguite l'esempio di questa generosa atleta del Signore, che seppe opporre la fortezza cristiana alla violenza della malvagità, riportando una splendida vittoria.


8. Cari fratelli e sorelle! Preghiamo insieme al salmista: cantiamo al Signore, presentandoci davanti al suo volto con accenti di lode, innalziamo la voce dei nostri cuori acclamando la roccia della nostra salvezza (cfr. Ps 95[94],1-2). "Tu hai parole di vita eterna" (Jn 6,68). Tu sei il nostro Dio e noi il popolo del tuo pascolo, il tuo gregge (cfr. Sal. 95[94],7).

Ascoltassimo oggi la sua voce... con l'orecchio interiore della fede, con la sensibilità del cuore. Non induriamo mai i nostri cuori.

Cristo! Istruiscici sempre. Tu, la cui parola porta in sè la potenza della verità che proviene da Dio! Tu, che sei la verità! Amen! [Alle comunità Neocatecumenali: Una illuminante catechesi sui sacramenti dell'iniziazione cristiana] Vi ringrazio per questo incontro e per tutte le testimonianze che avete reso. Ascoltandovi e incontrandovi (e sono già tante volte che ci incontriamo) io penso sempre al catecumenato e penso con categorie non solo storiche. Certamente questo catecumenato appartiene alla storia della Chiesa primitiva e missionaria, ma attraverso il vostro cammino e le vostre esperienze si vede quale tesoro per la Chiesa sia stato proprio il catecumenato come metodo di preparazione al Battesimo.

Quando noi studiamo il Battesimo, quando amministriamo questo sacramento principale della nostra fede, quando leggiamo le parole di san Paolo ai Romani, vediamo sempre più chiaramente che la pratica al giorno di oggi è divenuta sempre più insufficiente, superficiale. Se si tratta della natura sacramentale del Battesimo, se si tratta delle promesse battesimali che sono nel loro contenuto, veramente un programma di tutta la vita nuova, la vita in Cristo, naturalmente tutto ciò si pratica e si realizza nella liturgia della Chiesa oggi. Ma nello stesso tempo si vede chiaramente come senza il catecumenato previo, questa pratica diventa insufficiente, inadeguata a quel grande mistero della fede e dell'amore di Dio che è il sacramento del Battesimo.

Naturalmente c'è una spiegazione delle circostanze per cui il catecumenato della Chiesa primitiva, missionaria è scomparso con il tempo, da quando il Battesimo divenne più presente nelle famiglie, quando i genitori, spinti dalla fede, volevano far battezzare i loro bambini. Certamente questi bambini non potevano essere preparati al Battesimo con la metodologia del catecumenato, erano troppo piccoli. Questa metodologia è stata mantenuta viva nei Paesi di missione, e a volte, a me sembra che la fede di quei neofiti, di quei nuovi cristiani dell'Africa e degli altri Paesi del mondo che devono passare attraverso un'esperienza di catecumenato quasi analoga a quella del catecumenato primitivo, che dura quasi più di due anni, sia più matura e mi sembra che essi stessi diventino poi cristiani più maturi di noi che apparteniamo a Nazioni, a Paesi che vantano una vecchia cristianità, dove il catecumenato, nel senso primitivo, è scomparso. Naturalmente quel catecumenato non è scomparso del tutto ma è stato sostituito da una catechesi portata avanti dalla Chiesa, con un'informazione ed un insegnamento ed un'educazione cristiana nelle famiglie. Tutto ciò è un equivalente del catecumenato nel senso primitivo e missionario della parola. Ma è una cosa che si fa dopo il sacramento. Voi tutti appartenete alla categoria dei cristiani perché tutti avete ricevuto il Battesimo così come si riceve oggi il Battesimo: nella famiglia, nella parrocchia, nella Chiesa contemporanea.

Devo dire pero che il cammino si vede e devo dire che la parola "cammino" è molto appropriata; attraverso il vostro cammino catecumenale si può quasi ricostruire quello che una volta era il vero catecumenato, e forse lo si può approfondire ancora di più. E così si arriva a tutti i frutti del Battesimo vissuti così come erano vissuti una volta dalle comunità primitive, dai primi cristiani, dalle prime generazioni dei cristiani che erano pronti a tutto, persino al martirio per Cristo, e conducevano una vita molto coerente. Naturalmente erano anche peccatori perché l'uomo anche dopo il Battesimo rimane un peccatore potenziale; pero in questo Battesimo, in questa vita cristiana dei primi cristiani c'era una forza che poteva, in un periodo avverso, del tutto contrario, quello delle persecuzioni, del paganesimo, di una cultura pagana e molto mondana direi, sappiamo bene quale fosse la vita della Roma dei primi anni dell'era cristiana, poteva animare una cristianizzazione, una profonda opera di cristianizzazione che si diffondeva non solo tra le persone, tra le famiglie, ma si allargava alle nazioni intere. Certamente più si allargava la quantità della cristianizzazione più cominciava a venir meno la qualità della stessa. Certamente noi oggi, soprattutto nei Paesi della vecchia cristianità, soprattutto nei Paesi dell'Europa, avvertiamo l'esaurimento del nostro cristianesimo interno, di quello che dovrebbe essere il frutto del nostro Battesimo. Il Battesimo è un sacramento che contiene il progetto di tutta la vita cristiana, non è naturalmente l'unico sacramento ma e il sacramento degli inizi e del fondamento: sappiamo bene che un edificio cresce su quello che è il suo fondamento.

Si è molto parlato, e si è anche letto spesso, che il Battesimo, il nostro Battesimo, deve durare tutta la vita, deve portare frutti durante tutta la vita... Molte volte vediamo nei nostri ambienti, nei nostri Paesi, nella nostra società tradizionalmente cristiana, vediamo il contrario, lo vediamo anche a Roma.

Stiamo vivendo in un periodo di scristianizzazione; sembra che i credenti, i battezzati di una volta, non siano sufficienti per opporsi alla secolarizzazione, alle ideologie che sono contrarie non solo alla Chiesa, alla religione cattolica, ma sono contrarie alla religione in genere, sono ateistiche, anzi antiteistiche.

Voi, con il vostro cammino neocatecumenale nei diversi ambienti, cercate di rifare tutto quanto è stato disfatto; cercate di rifare in modo direi più autentico, che si riavvicina a quella esperienza primitiva. Io vedo così la genesi del neocatecumenato, del suo cammino: uno si è interrogato: di dove veniva la forza della Chiesa primitiva? E di dove viene la debolezza della Chiesa, molto più numerosa di oggi? E io credo che abbia trovato la risposta in questo cammino.

Ecco è questo quanto io sento vivendo con voi alcuni momenti. Vi auguro di continuare in questo cammino, di continuare a sopportare tutte le esigenze che da esso provengono perché non è un cammino breve; se si prende il catecumenato missionario a volte sembra duro: quattro anni! Voi siete più esigenti: il vostro dura sette anni! Vi auguro dunque di continuare ad essere sempre esigenti nel vostro cammino e soprattutto vi auguro di continuare a produrre tutti questi frutti, perché da voi, nelle vostre comunità si vede veramente come dal Battesimo crescono tutti i frutti dello Spirito Santo, tutti i carismi dello Spirito Santo, tutte le vocazioni, tutta l'autenticità della vita cristiana fin dal matrimonio, dal sacerdozio, dalle diverse professioni. Ci vuole coraggio per andare a portare la vostra esperienza negli ambienti più scristianizzati del mondo, a portare la vostra testimonianza: ma questo è provvidenziale perché tali ambienti non si possono affrontare diversamente, non si possono affrontare altrimenti queste comunità umane così disfatte, così scomposte, così lontane non solamente dalla fede ma anche da un livello umano. Non si possono affrontare se non con una grande esperienza di fede, con una profonda convinzione, con la vita guidata intimamente dallo Spirito Santo.

Io vi auguro tutti questi frutti, in questa parrocchia, che mi sembra contare molto sulle comunità. C'è un modo per formare una parrocchia come comunità basandosi su questa esperienza. Naturalmente non si può imporre questo metodo a tutti; ma se ci sono tanti candidati, perché no?, esso è coerente con la natura stessa della parrocchia perché come ciascuno di noi cristiani cresce dal Battesimo, così naturalmente la comunità cristiana cresce dal Battesimo, la Chiesa cresce dal Battesimo; cresce nell'Eucaristia si, ma cresce dal Battesimo; non c'è Eucaristia senza Battesimo. Allora la parrocchia è una comunità basilare nella Chiesa; può crescere sull'esperienza e sullo sfondo dell'esperienza neocatecumenale; sarebbe come rinnovarsi di quella comunità primitiva che cresceva dall'esperienza catecumenale.

Il Signore vi benedica, carissimi, benedica le vostre famiglie, benedica i vostri candidati al sacerdozio, benedica i vostri giovani e benedica i vostri bambini che sono grazie a Dio numerosi. E sono anche una grande speranza perché il mondo secolarizzato, scristianizzato, agnostico, che non ha più fede in Dio, perde la fede in se stesso, perde la fede nell'uomo. Come si spiega la denatalità, anzi come si spiega l'atteggiamento antinatalista delle comunità, delle Nazioni, dei gruppi e degli ambienti politici? Si spiega con la mancanza della fede nell'uomo.

Ma questa mancanza di fede nell'uomo deriva dalla mancanza di fede in Dio; l'uomo ha la sua dimensione, il suo principio; e questo suo principio è Dio stesso perché egli è stato creato a sua immagine e somiglianza e questo ci spiega chi è l'uomo, come può vivere e come può morire.

Vedendo qui davanti a me questi itineranti vedo proprio il segno del coraggio cristiano.

[La consegna ai giovani della parrocchia] Devo costatare, che siete abbastanza chiassosi, capaci di parlare, capaci anche di cantare, di suonare. Ma tutto questo per me è buon segno, perchè tutto ciò mi dice che voi veramente siete in contatto esistenziale con la sacra Cresima. Si, la sacra Cresima. Perché la sacra Cresima si deve fare chiassosa.

Un cresimato è un cristiano capace di fare chiasso, di testimoniare, di non stare zitto, di non nascondersi, ma di andare avanti. Capace di portare la sua fede davanti agli altri, di parlare agli altri della sua fede, di dare testimonianza della speranza che è in lui. Perché la sacra Cresima - come il Battesimo prima e tutta la vita cristiana poi - lascia in noi una grande speranza: noi siamo tutti uomini e donne della speranza, della grandissima speranza. Perché l'orizzonte delle nostre previsioni, delle nostre certezze sorpassa tutto quello che è la morte.

La nostra speranza va oltre i limiti, le frontiere della vita temporale.

Va oltre, ci porta verso la realtà di Dio stesso che deve essere la vita piena per noi. Possiamo parlare di felicità, possiamo parlare di compimento di tutto quello che noi siamo, ma soprattutto dobbiamo parlare di pienezza della vita, delle verità e dell'amore.

Ecco, di tutto questo noi dobbiamo portare la testimonianza davanti al mondo. E lo si fa anche facendo un po di chiasso, e perché no. A modo proprio degli scout. Facendo un po di canti. Tutte sono espressioni umane, di quello che è dentro di noi. Tutto ciò è l'espressione della nostra gioia esistenziale, della gioia che abbiamo per il fatto stesso di essere persone, di essere giovani, di essere cristiani.

Una tale testimonianza è necessaria negli ambienti in cui viviamo, dove molte volte c'è anche la disperazione, manca la speranza e non si vedono orizzonti. E' una cosa un po enigmatica pensare che le persone che sono nel mondo ricco, nei Paesi ricchi e opulenti, vivono tante volte in maniera più triste della gente semplice e povera dei Paesi poveri. Perché le ricchezze, anche quelle economiche, tutto quello che appartiene alla prosperità di questo mondo e che si può contare anche nei dollari, perché anche i dollari passano, tutto questo non risolve il problema dell'uomo. L'uomo è disposto ad un'altra ricchezza, maggiore ricchezza. Se manca questa ricchezza, ricchezza del cuore, non c'è gioia.

Allora vi auguro di essere gioiosi, di essere chiassosi, di essere scout, di essere cristiani, di essere giovani nei diversi gruppi di questa parrocchia, dove la patrona è una giovane. E tutti sappiamo chi è. Tutti sappiamo perché è martire. Ecco, questa è la mia risposta ai vostri interrogativi, alla vostra presenza e nello stesso tempo il mio augurio per la vostra giovinezza.


Data: 1988-01-31 Data estesa: Domenica 31 Gennaio 1988




Al comitato centrale per l'anno mariano - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Confidare di più in Maria per promuovere l'unità e la carità reciproca tra i cristiani

Testo:

Cari fratelli e sorelle,


1. E' con vivo gradimento che ho accolto la vostra richiesta di un incontro con me.

Ringrazio innanzitutto il Cardinale Dadaglio, Presidente del Comitato Centrale per l'Anno mariano, per le affettuose e devote parole che, a nome di tutti, ha voluto rivolgermi, accennando a quanto è stato fatto, alle iniziative in corso ed a quelle che ancora si intendono prendere.

Il panorama, che si apre dinanzi ai nostri occhi, ci spinge a ringraziare la Vergine santissima per la sua "presenza attiva" tra di noi, proprio quella "presenza" materna e premurosa, misteriosa ma efficace, della quale ho parlato nell'Enciclica "Redemptoris Mater" (RMA 1), dove ho inteso appunto proporre gli indirizzi pastorali e spirituali di fondo dell'Anno mariano.

Il mio ringraziamento si estende a tutti voi, cari fratelli e sorelle, per la disponibilita e il fervore col quale vi siete messi all'opera, e per la competenza con la quale la state svolgendo. Avete sentito anche voi l'"appello" di Maria, ed in certo modo vi siete fatti suoi docili strumenti, segni sensibili di questa sua "presenza attiva" nella storia di oggi, come del resto in tutta la storia della Chiesa, delle singole anime e dell'umanità.


2. Di questa presenza di Maria ha un particolare bisogno il nostro secolo, sul quale si proiettano ombre oscure, ma nel quale brillano anche singolari luci di speranza. E Maria dal canto suo, non fa mancare, per chi la sa comprendere ed apprezzare, la sua materna intercessione e il suo valido sostegno per farci affrontare serenamente e coraggiosamente le prove della vita presente, le croci quotidiane, i doveri della nostra testimonianza cristiana. Maria ci è accanto per aiutarci nell'impegno di lavorare all'edificazione di un mondo fondato sui valori della solidarietà, della giustizia, della pace.

Dobbiamo vedere, pertanto, questo Anno mariano come una speranza, una forza di rivitalizzazione delle energie soprannaturali della fede e della carità, una specie di "antidoto" ai numerosi veleni che rischiano, se non siamo avveduti, di intossicare le singole persone come la stessa società, allontanandole da Cristo, e quindi dalla salvezza. Maria è come una bussola, una "stella" luminosa, che continuamente ci orienta verso il "sole di giustizia", verso Gesù.

Il fascino soave di Maria ci conduce alla verità, e ci distoglie dalle seduzioni di questo mondo. Ella ci mostra una superiore bellezza, nella quale il nostro animo trova la vera pace, e ci fa riscoprire il mondo, al di là di ogni sua bruttura, nella sua realtà e nella sua innocenza originarie, così come esso è uscito dalle mani del suo Creatore, e come è stato salvato dal sangue del Redentore.


3. Questi pensieri possano servire per un ulteriore approfondimento del nostro impegno spirituale in questo anno particolarmente dedicato a Maria.

La prima cosa da fare resta sempre, quella di rendere più intenso e vissuto il culto mariano, e di affinarlo sulla base di criteri liturgici e devozionali seri e sicuri, nella fedeltà alla tradizione della Chiesa e alle indicazioni del suo magistero attuale.

Occorre anche insistere nell'approfondimento teologico della mariologia nei suoi vari aspetti: da quello antropologico a quello ecclesiologico, nel contesto dell'essenziale dimensione cristologica.

E' bene, inoltre, insistere ulteriormente sui benefici riflessi ed effetti che il culto mariano esercita nei confronti delle grandi cause della pace, della giustizia, della riconciliazione, della conversione, della evangelizzazione, della missionarietà della Chiesa. Occorre confidare di più in Maria per la causa dell'ecumenismo, per la promozione dell'unità e della carità reciproca tra i cristiani; penso in modo particolare alle occasioni che in tal senso possono essere offerte dalle celebrazioni del Millesimo anniversario del Battesimo della Rus'.

Ecco, cari fratelli e sorelle, questi sono i pensieri che mi sono venuti spontanei in questa circostanza. Vi ringrazio di nuovo per la vostra collaborazione e confido che, per l'intercessione della Beata Vergine, i vostri sforzi porteranno risultati ancora maggiori di quelli, già abbondanti e lodevoli, che stanno producendo.

Sotto gli auspici della santissima Madre di Dio imparto a tutti voi una speciale benedizione, che estendo ai vostri familiari ed a tutte le persone care.


Data: 1988-02-01 Data estesa: Lunedi 1 Febbraio 1988





GPII 1988 Insegnamenti - Recita dell'"Angelus" - Città del Vaticano (Roma)