GPII 1988 Insegnamenti - Alla Comunità di sant'Egidio - Città del Vaticano (Roma)

Alla Comunità di sant'Egidio - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il primato della carità è il cuore del vostro impegno

Testo:

Cari fratelli e sorelle della Comunità di sant'Egidio.


1. Siate i benvenuti! Saluto il vostro presidente, professor Andrea Riccardi e l'assistente, don Vincenzo Paglia; e saluto tutti voi, manifestandovi la mia gioia ed il mio augurio per il ventesimo anniversario della vostra fondazione.

Ricordo i tanti incontri con la Comunità. Agli inizi del mio episcopato romano, in visita alla Garbatella - era il dicembre 1978 - mi imbattei in una vostra opera di carità e la visitai. Dopo quella prima volta, spesso vi ho incontrato soprattutto nella periferia della diocesi, durante le visite alle parrocchie, ma anche nella Chiesa di sant'Egidio e a Castelgadolfo. E poi vi ho trovato in Italia e in varie parti del mondo. Ho avuto molte occasioni, lungo questi dieci anni, di seguirvi e di ascoltarvi: è stato per voi un periodo di crescita interiore e di sviluppo anche fuori Roma durante il quale - nella Pentecoste 1986 - avete ricevuto il riconoscimento come Associazione pubblica di laici da parte della Santa Sede.


2. Non è un caso che, per il ventesimo anniversario, vi siate raccolti a Roma e veniate a render visita al Papa, che è il Vescovo di questa Chiesa. La vostra Comunità è nata qui, nel 1968, da un gruppo di studenti; è cresciuta in questa Chiesa di Roma "che presiede nella carità". Vi siete sviluppati poi anche altrove, inserendovi in altre Chiese locali, ma avete mantenuto sempre uno spiccato senso della "romanità" della vostra origine. Vi dissi a Castelgandolfo nel 1986: "Dove ci sono le Comunità di sant'Egidio - anche non a Roma - sono sempre di Roma".

Questo carattere non vuol essere motivo di orgoglio o di privilegio. Vi si esprime piuttosto quel primato della carità, che tanto insistentemente Gesù ha inculcato nel Vangelo: "Chi vuol essere il primo fra di voi sarà il servo di tutti" (Mc 10,44). La Comunità di sant'Egidio ha vissuto questo servizio, secondo il suo Statuto, nell'evangelizzazione, nella scelta per i poveri, nell'amicizia e ospitalità in spirito ecumenico e di dialogo.


3. Dall'evangelizzazione sono nate le vostre Comunità anche in vari Paesi europei e in America Latina. Fin dall'inizio avete ascoltato le parole dell'apostolo Paolo ai Corinti che leggeremo nella liturgia di domani, vostro giorno anniversario: "Guai a me se non predicassi il Vangelo". Ma l'Apostolo aggiunge: "Qual è dunque la mia ricompensa? Quella di predicare gratuitamente il Vangelo..." (1Co 9,16 1Co 9,18). E' questa la ricompensa che voi oggi gustate. E, vedendo i frutti del Vangelo, sono lieto di gioire con voi.

A chi incontrate insegnate ad amare i poveri, quei "miei fratelli più piccoli" (Mt 25,40) di cui parla Gesù. E' un aspetto fondamentale della formazione che date ai giovani: l'amore per i poveri. Continuate ad orientarli verso questo impegno quotidiano di vita. Chi è in difficoltà deve poter trovare un aiuto presso le Comunità di sant'Egidio: se mancano i mezzi sopperisca una vita impegnata e generosa.

Io stesso, ricevendovi con gli anziani nel 1982,ho potuto vedere la riconciliazione operata con loro, troppo spesso emarginati dalla società e costretti a spegnersi nell'isolamento. Ormai, come allora, sento che l'amore per gli anziani è parte integrante della difesa della vita: non si può accettare lo scandalo di una società che allontana l'anziano perché è inutile, e maledice il dono di una lunga vita.


4. Frutto della vostra scelta per i poveri è il servizio agli zingari e agli stranieri. L'accoglienza agli stranieri poveri costituisce un fenomeno evangelico immesso nella nostra società, tentata dal ripiegamento sulla sua opulenza e sui suoi problemi. La filoxenia, l'amore per lo straniero, ha radici profonde nell'esperienza di fede, fin da Abramo, che accolse a Mamre tre stranieri e ne trasse una grande e feconda benedizione.

Questo senso di ospitalità e di fratellanza universale si ritrova anche nell'impegno ecumenico e di dialogo, che sant'Egidio vive partecipando alla vocazione della Chiesa di Roma nella sua dimensione locale ed universale. La vostra piccola comunità dell'inizio non si è posta alcun confine, se non quelli della carità.

Il mondo è oggi una terra d'angoscia. Gli uomini che vi abitano hanno paura gli uni degli altri. Da questa paura nascono l'ignoranza vicendevole, l'inimicizia e la violenza. Bisogna vincere questa paura con le sue tristi conseguenze. Il vostro impegno di fraternità universale tende a costruire rapporti di fiducia e di amicizia, che sradichino la paura e l'inimicizia.


5. In questo spirito voi vi dedicate anche a promuovere il dialogo tra cristiani e tra credenti di religioni diverse. Con legami, viaggi, incontri, avete creato una fraternità con esponenti e situazioni delle Chiese d'Oriente e, recentemente, avete potuto ricevere a santa Maria in Trastevere, con i giovani della diocesi di Roma, il Patriarca ecumenico Dimitrios I. Le distanze tra gli uomini sembrano ancora più ampie. Ma i rapporti di amicizia, fraternità e comunione rendono tutti vicini, smorzando ogni paura. E sant'Egidio dà in questo senso un contributo importante a rendere uomini e donne, anche di religioni diverse, più vicini e più fratelli.

Il primato della carità, fonte dell'evangelizzazione, del servizio ai poveri, di ogni dialogo, è il cuore del vostro impegno. E anche un eredità della Chiesa di Roma, che voi rinverdite. Per confermarvi in essa voi vi appoggiate a Cristo mediante la preghiera. Sono lieto di sapere che perseverate nella preghiera quotidiana, la sera, nella Chiesa di sant'Egidio ed in molti luoghi a Roma ed altrove. In questo ventesimo anniversario, vorrei ricordarvi che il segreto del vostro impegno in ogni direzione è qui: è il Cristo, che, nella preghiera e nell'amore, si manifesta come "fondamento" (1Co 3,10) di ogni costruzione.

Restate fedeli a Cristo! Perseverate con assiduo fervore nella preghiera! Con questa raccomandazione, che è ad un tempo un augurio e una consegna, di cuore vi benedico.

[Al termine del discorso, il Santo Padre ha pronunziato le seguenti parole:] Vi ascolto sempre con grande gioia quando fate l'autopresentazione con il canto "Noi non abbiamo", che vuol dire "noi non ci diamo niente". Ma si tratta della Parola di Dio, quindi, "Noi ci diamo tanto". Mi piace molto questa canzone per il paradosso evangelico che contiene e che ci porta direttamente verso il mistero di Cristo, colui che essendo il più ricco, divinamente ricco, si è fatto povero per noi, per farci ricchi. Vi auguro di penetrare sempre più in questo mistero con la vostra vita e con la vostra consapevolezza cristiana, con la vostra missione, con la vostra esperienza e di portare avanti, insieme questa opera che porta il bel nome di sant'Egidio.


Data: 1988-02-06 Data estesa: Sabato 6 Febbraio 1988




Recita dell'"Angelus" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Ogni madre sulla terra è benedetta perché è benedizione ogni frutto del grembo

Testo:

Carissimi fratelli e sorelle.


1. Da dieci anni la Chiesa italiana celebra, nella prima domenica di febbraio, la Giornata per la vita. Nella ricorrenza la Chiesa di Roma ha promosso una semplice manifestazione intesa a richiamare l'attenzione della città su questo fondamentale valore. Saluto i numerosi rappresentanti di associazioni, gruppi, movimenti e fedeli della diocesi, presenti in piazza san Pietro per la recita della preghiera mariana, insieme col Cardinale vicario e con i Vescovi ausiliari.


2. Quello della vita è un valore così essenziale da essere comprensibile anche ai più distratti e meno motivati fra gli uomini. Eppure il nostro tempo, che pur sembra aver toccato l'apice del progresso in molti campi, lo vede insidiato da una multiforme cultura e prassi di violenza, che s'accanisce in special modo sui più deboli e indifesi, come sono i bambini nel grembo materno e gli anziani, spesso lasciati soli e con tanta pena nel cuore.

Questa giornata è quindi una doverosa sosta, nella quale i credenti in Cristo e tutti gli uomini di buona volontà sono chiamati ad una corale riflessione sul valore sacro della vita in tutto l'arco dell'esistenza e, in modo particolare, sul dovere primario dell'accoglienza della vita nascente.


3. In questo anno mariano la Conferenza episcopale italiana ha felicemente scelto come tema della Giornata per la vita l'espressione evangelica: "Benedetto il frutto del tuo seno". Queste parole di Elisabetta a Maria, mentre rievocano ai credenti l'inizio della salvezza dell'umanità, rivelano anche che dono del Signore sono i figli (Ps 127[126],3) Se Maria è la benedetta fra tutte le donne, ogni madre sulla terra è benedetta, perché è benedizione ogni frutto del grembo.

Riaffermare quella verità è dire un si alla vita: un si all'amore vero fra gli sposi, sempre aperto alla vita; un si autentico, che deve aiutarli a superare le immancabili difficoltà, presenti in ogni scelta definitiva.


4. Dire si alla vita come Maria Santissima, nel momento stupendo e storico per l'umanità intera dell'Annunciazione, ringraziare Dio che ce l'ha donata attraverso i nostri amati genitori, rallegrarci ed essere solidali con chi è ora chiamato a donarla e a proteggerla, è quanto oggi voglio ripetere a ciascuno di voi.

Le giovani coppie non abbiano dunque timore nel donare la vita; gli operatori sociali e pastorali nel sostenerla e difenderla in tutti i luoghi dove sono chiamati a servire la grande comunità umana.

In questo anno mariano colei che è Madre di Gesù, e in Gesù Madre di tutti gli uomini, ci chiama a preparare l'avvento del terzo millennio con l'accoglienza alle giovani vite, con l'impegno a formarle e a educarle all'amore di Dio e dei fratelli, per aprire nuove strade alla fiducia e alla speranza. A Maria affidiamo ora nella preghiera il frutto di ogni grembo.

[Al termine della preghiera, il Santo Padre ha pronunciato le seguenti parole:] Oggi, nello Stato africano del Burkina Faso si sta celebrando un grande pellegrinaggio nazionale, promosso dall'episcopato locale, per festeggiare il ventesimo anniversario della fondazione a Yagma, località nei pressi della capitale Ouagadougou, di un Santuario dedicato all'Immacolata Concezione.

Il Santuario è sorto per iniziativa di un gruppo di laici, i quali, dietro l'invito e con l'incoraggiamento del Cardinale Zoungrana, Arcivescovo di Ouagadougou, si proposero di creare un appropriato luogo di culto mariano, nel quale potessero convenire dalla diocesi e dalla regione pellegrinaggi come quello odierno, che vede la partecipazione delle autorità religiose e civili.

Questo Santuario, il quale si ispira alle apparizioni di Lourdes, che ricorderemo nella liturgia tra pochi giorni, è un segno della presenza di Maria nel Burkina Faso e della devozione di quella popolazione per la Madre del Redentore.

Uniamoci anche noi alla preghiera di questi fratelli africani e chiediamo alla Vergine Santissima di intercedere presso il divin Figlio per le necessità spirituali e materiali di quanti abitano in quella amata regione, favorendo il consolidamento della fede, lo sviluppo delle strutture ecclesiali, l'intesa operosa tra fedeli e pastori, mentre a conferma di questi voti invio loro una speciale benedizione apostolica.


Data: 1988-02-07 Data estesa: Domenica 7 Febbraio 1988




Al termine della recita dell'"Angelus" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Pellegrini" con i fedeli del Burkina Faso al Santuario dell'Immacolata a Yagma

Testo:

Oggi, nello stato africano del Burkina Faso si sta celebrando un grande pellegrinaggio nazionale, promosso dall'episcopato locale, per festeggiare il XX anniversario della fondazione a Yagma, località nei pressi della capitale Ouagadougou, di un Santuario dedicato all'Immacolata Concezione.

Il Santuario è sorto per iniziativa di un gruppo di laici, i quali, dietro l'invito e con l'incoraggiamento del Cardinale Zoungrana, Arcivescovo di Ouagadougou, si proposero di creare un appropriato luogo di culto mariano, nel quale potessero convenire dalla diocesi e dalla regione pellegrinaggi come quello odierno, che vede la partecipazione delle autorità religiose e civili.

Questo Santuario, il quale si ispira alle apparizioni di Lourdes, che ricorderemo nella liturgia tra pochi giorni, è un segno della presenza di Maria nel Burkina Faso e della devozione di quella popolazione per la Madre del Redentore.

Uniamoci anche noi alla preghiera di questi fratelli africani e chiediamo alla Vergine santissima di intercedere presso il divin Figlio per le necessità spirituali e materiali di quanti abitano in quella amata regione, favorendo il consolidamento della fede, lo sviluppo delle strutture ecclesiali, l'intesa operosa tra fedeli e pastori, mentre a conferrna di questi voti invio loro una speciale benedizione apostolica.


Data: 1988-02-07 Data estesa: Domenica 7 Febbraio 1988




Visita pastorale del Vescovo di Roma - Roma

Titolo: Parrocchia di santa Emerenziana

Testo:

[Ai bambini] Mi domando perché in ogni parrocchia il primo incontro è quello con i bambini, con i ragazzi e le ragazze delle scuole, della catechesi. E trovo due ipotesi, due risposte possibili. Una è: forse i bambini sono un po impazienti e non potrebbero aspettare più a lungo, ma non mi piace questa risposta. E trovo un'altra risposta, e la trovo nel Vangelo, nelle parole con cui Gesù stesso ha parlato dei bambini, presentando i bambini come esempio agli adulti, anzi agli apostoli. Diceva che tutti devono diventare come bambini, perché nel loro cuore si trova già il Regno di Dio. Questa risposta mi piace, e sono convinto che il primo incontro con i bambini in ogni parrocchia, oggi in questa parrocchia di santa Emerenziana, è dovuto appunto a quelle parole di Gesù.

Voi siete, carissimi bambini, ragazzi e ragazze, in un certo senso questo esempio, questo prototipo della parrocchia, come una parte del Regno di Dio in questa terra. In voi questo Regno di Dio si trova. Si trova grazie al vostro Battesimo, si trova come la grazia santificante che avete ereditato da questo Battesimo e che avete certamente mantenuto nei vostri cuori perseverando nella fede a Gesù. E così voi per tutta la comunità cristiana rappresentate un punto di riferimento molto importante dal punto di vista evangelico, dal punto di vista spirituale e cristiano.

Voglio salutare tutti i presenti, i vostri genitori, i vostri maestri, insegnanti, e naturalmente i vostri pastori, i sacerdoti; saluto con tutto il cuore tutti i presenti, anzi in voi saluto tutta la comunità parrocchiale di santa Emerenziana. Ma soprattutto volevo dire questo: ho ascoltato i due discorsi che mi sono piaciuti molto. Uno per la sua sincerità, il secondo anche per i suoi contenuti direi teologici. Ho visto che uno dei vostri amici coetanei già sta leggendo le encicliche del Papa, anzi le più difficili, quelle sullo Spirito Santo. Allora mi congratulo con voi e penso che anche quelle cose che qualche volta appaiono difficili del Vangelo, della verità cristiana sono più facili, più accessibili ai bambini, ai giovani, ai cuori puri, perché, come diceva Gesù: beati quelli che sono puri di cuore perché loro vedono Dio.

Questo volevo dire a voi tutti qui presenti, anzi a noi tutti, me incluso, perché sempre dobbiamo ricordare queste parole tanto significative di Gesù, che ci ha dato i bambini come esempio. E sappiamo come amava i bambini. Ma dicendo questo volevo nello stesso tempo dirvi che davanti a voi c'è un cammino, dovete crescere, dovete aumentare anche fisicamente, come si dice di Gesù nel Vangelo di san Luca: lui cresceva negli anni, anche voi; cresceva nella sapienza, anche voi dovete sempre imparare cose nuove. Cresceva poi nella grazia di Dio. Vi auguro appunto questo, che le brevi parole che l'evangelista ha detto su Gesù si possano realizzare, compiere in ciascuno di voi. Che il vostro cammino verso il futuro sia simile a Gesù.

Adesso come piccoli voi siete molto vicini a Gesù. Le sue parole lo comprovano. Ma si deve mantenere questa vicinanza, non ci si deve mai allontanare da lui. Non si deve mai rompere questo legame con lui, che ci fa così vicini a lui. Rimanere, come ha detto la vostra coetanea, rimanere sempre così vicini a Gesù, come lo siete adesso preparandovi alla prima Comunione o dopo la prima Comunione, alla Cresima.

Vi auguro questo e questo auguro anche ai vostri genitori, alla generazione adulta, alla vostra parrocchia, a tutti noi, perché voi siete il futuro di ogni comunità, di ogni famiglia, di ogni popolo e della Chiesa. E con questi voti vi abbraccio - vorrei abbracciare tutti e ciascuno di voi - e vi benedico di cuore, ringraziando quelli che dedicano il loro tempo, e anche i loro talenti, il loro lavoro per insegnarvi il catechismo, il Vangelo, per portarvi avanti su quella strada che vi conduce alla maturità cristiana. Dovete maturare umanamente, dovete maturare anche cristianamente. Coloro che vi aiutano in questo processo di maturazione siano benedetti e ringraziati.

[Ai parrocchiani e agli abitanti del quartiere] Ringrazio il signor parroco per le sue amabili parole. Ringrazio tutti i presenti per la vostra accoglienza, per la vostra presenza. Siete qui numerosi, se si contano anche tutti quelli che ho incontrato prima, davanti alla sala di catechesi. Siete qui numerosi, ma sono convinto che siete in rappresentanza di tanti altri, parrocchiani anche loro molto numerosi, e membri di questa comunità dedicata al nome di santa Emerenziana.

Ringraziando voi, voglio ringraziare tutti, raggiungere tutte le case, tutte le abitazioni, dove si trovano le famiglie, dove abitano i nostri fratelli e le nostre sorelle, dove vivono ogni giorno da uomini, da donne, da bambini, da giovani, da anziani, da malati, dove vivono da cristiani.

Ecco, qui è il centro della vostra vita cristiana. Vorrei abbracciarvi tutti e portarvi con me, dentro questa chiesa, nell'Eucaristia che celebrero tra poco. Vorrei portare con me tutti voi e ciascuno di voi, e i vostri problemi, le vostre sofferenze, le vostre gioie, le vostre speranze. Tutto questo vorrei portare all'altare per offrirlo a Dio. Perché così ci ha insegnato il nostro Signore Gesù Cristo, con la sua vita terrena, col suo Vangelo e soprattutto col suo sacrificio in croce. Cristo crocifisso, Cristo risorto, lui ha insegnato a tutti noi, in tutti i posti del mondo, in ogni luogo, in tutti i secoli, ad essere con lui figli di Dio, figli nel Figlio; a portare al nostro Padre che sta nei cieli, che ci aspetta, tutte le vicende della nostra vita come offertorio continuo e specialmente l'Eucaristia nel modo sacramentale.

Voglio rendere concreto questo qui nella vostra parrocchia, sotto la protezione della Madre della Chiesa, Maria Madre della Chiesa in questo anno mariano, e anche sotto la protezione e con l'ausilio di santa Emerenziana martire.

Ecco, tutto questo è l'insieme del mistero, del mistero che è realtà in noi, realtà nel Popolo di Dio, realtà nel Corpo di Cristo. Questo mistero, e questa realtà insieme, vogliamo viverla e anche nella visita odierna del Papa.

Ringrazio il Signore perché a Roma ci sono tutte queste parrocchie: le posso visitare e così posso essere vicino a tutti i romani "per partes", parrocchia per parrocchia, e così posso essere sacerdote per tutti, offrire dappertutto con i miei fratelli e sorelle questo sacrificio perenne, questo sacrificio sacrosanto che è l'Eucaristia.

Vi imparto la mia benedizione insieme con il Cardinale vicario e il Vescovo della vostra zona pastorale e vi prego di portare questa benedizione e questo saluto a tutti i vostri comparrocchiani dappertutto.


[Omelia alla celebrazione eucaristica]


1. "Tutti ti cercano" (Mc 1,37).

Iniziamo la nostra meditazione omiletica della Parola di Dio da questa frase dell'odierno Vangelo di san Marco. Tale Parola si rivolge a noi nella liturgia di questa domenica con i testi scelti da diversi libri della Sacra Scrittura: dal libro di Giobbe, dai Salmi, dalla prima lettera ai Corinzi, dal vangelo secondo Marco. La Chiesa ha predisposto per noi una tale scelta di letture, imbandendo in questa sacra Liturgia la tavola della Parola di Dio.

Che cosa vuol dirci oggi la Chiesa con questa parola? Che cosa vuole insegnarci? I testi che leggiamo sono antichi di millenni. Noi viviamo alla fine del ventesimo secolo dopo Cristo. Qualcuno potrebbe quindi pensare che siamo ormai tanto lontani nel tempo da trovare nei testi ora letti soltanto il valore di un venerando monumento letterario. Ma la Parola di Dio non passa. "Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre" (He 13,8).


2. Il Vangelo ci fa vedere Cristo tra i malati. Prima nella casa di Simone e di Andrea (è noto che erano fratelli) accanto alla suocera di Simone. Cristo la guarisce da una malattia, tanto che ella può subito mettersi a svolgere i servizi di casa.

E poi "gli portarono tutti i malati e gli indemoniati" (Mc 1,32) perché alleviasse le loro sofferenze. Gesù guari molti di essi (cfr. Mc 1,34), così come aveva guarito la suocera di Simone.

E quando, più tardi, si ritiro in un luogo deserto per pregare, arrivarono "Simone e quelli che erano con lui" per dirgli "tutti ti cercano" (cfr. Mc 1,36-37).


3. In questo modo il testo del Vangelo ci introduce in una situazione ben nota: Gesù insegna - Gesù guarisce i malati - Gesù in mezzo alla gente, vicino a tutti e vicino a ciascuno. Gesù un "uomo per gli altri" - per tutti e per ciascuno - e in modo particolare per i poveri e i sofferenti. Per quelli che lo cercano.

La liturgia dell'odierna domenica ci consente di leggere questo incontro di Cristo con la sofferenza umana in una duplice dimensione.

Anzitutto nella dimensione immediata della casa e della città di Simone e delle altre località di Galilea.

Poi nella dimensione sovratemporale. Infatti nella prima lettura dell'antico testamento parla Giobbe: l'uomo che può essere considerato un simbolo perenne della sofferenza umana. In un certo senso: un simbolo della sorte terrena dell'uomo.

Profondamente penetranti sono le sue parole: "così a me sono toccati mesi d'illusione, e notti di dolore mi sono state assegnate... Si allungano le ombre e sono stanco di rigirarmi fino all'alba... Non ha forse un duro lavoro l'uomo sulla terra?... I miei giorni sono stati più veloci d'una spola, sono finiti senza speranza" (Gb 7,3-4.1.6).


4. Si può dire che l'antica figura di Giobbe, di quest'uomo giusto, colpito da una terribile sofferenza - umanamente non meritata - è un grande interrogativo per l'uomo di tutti i tempi. L'uomo pone continuamente la domanda circa le ragioni della sofferenza e circa il suo senso nel contesto dell'intera esistenza terrena.

Tale domanda è rivolta direttamente a Dio.

Il Vangelo dà la risposta. Cristo, sempre vicino alla gente che soffre; Cristo, che alla fine prenderà sulle spalle la croce - segno di obbrobrio - e su di essa finirà la vita, è lui stesso la risposta. Dio dà in lui la risposta al Giobbe dell'antico testamento e a tutti i Giobbe lungo i secoli e le generazioni.

Questa risposta è discreta e insieme forte e definitiva.

Cristo è questa risposta. Per comprenderla è necessario penetrare fino in fondo al suo Vangelo. Il suo mistero.

Quanto mirabilmente in lui - in Cristo trovano compimento le parole del salmista: "Il Signore... / risana i cuori affranti / e fascia le loro ferite... / Il Signore sostiene gli umili"! (Ps 147[146],3.6).

Egli pure, Gesù, "si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori" (cfr. Is 53,4).

In lui si è rivelato, fino in fondo, Dio, che è amore. Cristo infatti è il sacramento di Dio.


5. L'Apostolo, che è stato toccato in modo particolare dalla potenza del mistero pasquale di Cristo - Paolo di Tarso - esclama nell'odierna liturgia: "Guai a me se non predicassi il Vangelo!" (1Co 9,16).

Perché "guai"? "Guai", perché il Vangelo è una risposta di Dio ai continui interrogativi dell'uomo. La risposta unica e definitiva.

Nello spirito di questo "guai" l'Apostolo spiega in pari tempo che cosa significa predicare il Vangelo.

Ecco le sue parole: "... mi sono fatto servo di tutti per guadagnarne il maggior numero. Mi sono fatto debole con i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto a tutti, per salvare ad ogni costo qualcuno".

Questo significa, per Paolo di Tarso, "predicare il Vangelo" (1Co 9,19 1Co 9,22).

L'Apostolo aggiunge: "Tutto io faccio per il Vangelo, per diventarne partecipe con loro" (1Co 9,23).


6. In occasione dell'odierno incontro con la vostra parrocchia conviene che - alla luce delle parole dell'Apostolo - poniamo la domanda: parrocchia di santa Emerenziana fai anche tu, come l'Apostolo, tutto per il Vangelo, per diventarne partecipe? La risposta a questo interrogativo dipende dal confronto con le esigenze presenti nel Vangelo, che è il codice di vita del cristiano.

A tali esigenze uniformo tutta la sua vita la piccola, grande santa alla quale è dedicata la vostra parrocchia: sant'Emerenziana! Un'antica "passio" la ricorda e la addita all'ammirazione come "virgo sanctissima, licet cathecumena".

In una improvvisa persecuzione contro i cristiani, all'epoca dell'imperatore Diocleziano, la giovane Emerenziana, invece di fuggire, professo coraggiosamente la propria fede nel Cristo crocifisso e risorto, non temendo di affrontare la morte per il suo Vangelo. Fu così annoverata tra gli eletti in virtù del Battesimo di sangue. Ecco un luminoso esempio di chi veramente ha saputo "fare tutto per il Vangelo". A questa coerenza evangelica desidero rendere onore nel compiere la visita a questa parrocchia, che la venera come celeste protettrice.


7. Unitamente al Cardinale Poletti e al Vescovo del Settore Nord, monsignor Boccaccio, saluto tutti voi qui presenti e i vostri cari che sono rimasti a casa.

Rivolgo la mia parola di apprezzamento al parroco, monsignor Cesare Marelli, e a tutti i sacerdoti suoi collaboratori, i quali in fraterna unione dedicano tutte le loro energie per aiutarvi a progredire nel cammino della fede.

Il mio grato pensiero va poi alle associazioni ed ai gruppi che si occupano delle attività pastorali e caritative nei settori della catechesi e dell'assistenza alle persone anziane o ammalate. Ricordo, in particolare, le Volontarie Vincenziane della Carità, gli "Amici di sant'Emerenziana", la "Legio Mariae", il Gruppo dei Donatori di Sangue, il Gruppo missionario "Jonathan" e il "Fraterno Aiuto Parrocchie" che si adopera per raccogliere fondi destinati alla costruzione di una chiesa parrocchiale nel quartiere romano di Centocelle.

So anche che in questa parrocchia sono attivi alcuni "Gruppi coniugi" e "Gruppi famiglia" che operano nell'ambito di un programma pastorale rivolto a restituire alla famiglia la sua identità cristiana e il suo ruolo di prima e fondamentale cellula della società. Mi compiaccio sinceramente di queste iniziative, in un momento in cui si avverte una certa tendenza alla disgregazione del nucleo familiare. Non mi stanchero di ripetere che ogni sforzo inteso a rigenerare la famiglia è oggi più che mai meritorio ed urgente. Siate certi che quello che saprete fare in questo delicato campo non mancherà di portare i suoi frutti, procurandovi la soddisfazione di vedere casi difficili avviarsi a felice soluzione. Non cessate di prodigarvi finché non vedrete rifiorire la gioia, la serenità e l'armonia cristiana in ogni focolare, finché non otterrete che i cuori si aprano al perdono e alla riconciliazione nella luce soprannaturale della grazia, che il Signore non fa mancare a chi si mette sulle sue tracce e lo cerca con animo sincero.


8. "Tutti ti cercano".

Queste parole sono state rivolte un tempo a Gesù da Simone e dagli apostoli.

Alla luce dell'odierna liturgia abbiamo meditato sul loro significato.

Gesù Cristo è una viva risposta di Dio stesso alle fondamentali domande dell'uomo, unite al senso della sua esistenza sulla terra, in particolare al senso della sua sofferenza.

Il desiderio più fervente della Chiesa, ricevuto in eredità dagli apostoli, è che tutti lo cerchino e trovino in lui la risposta decisiva.

Ed è per questo che l'Apostolo grida: "Guai a me se non predicassi il Vangelo!".

Quindi, in occasione di questo incontro, traggo dalle parole della lettera ai Corinzi i miei auguri per la vostra parrocchia: fate tutto per il Vangelo, per diventarne partecipi.

Mediante il vostro servizio, "tutti" cerchino qui Cristo. E lo trovino! Amen! [Alle religiose] Raccomando a tutte queste carissime sorelle di diverse congregazioni, di diverse famiglie religiose, a ciascuna di voi che è consacrata, una sposa del Signore, vi raccomando questa parrocchia che fa parte della Chiesa di Roma, dove io sono Vescovo molto indegno e molto poco presente. Ma tanto più ho bisogno di questa raccomandazione, di questo aiuto delle mie sorelle carissime consacrate al Signore.

Poi oltre a questo devo svolgere anche il Ministero Petrino, non solamente a Roma ma per tutte le Chiese. Per questo tanto più sento bisogno di tale raccomandazione. E spero nella vostra preghiera, nella vostra fedeltà, nella vostra consacrazione. Perché la vostra preghiera porta in sè la forza della consacrazione, della persona consacrata, una forza dello Spirito Santo.

Vi raccomando anche questa parrocchia, come tutta la Chiesa di Roma, la raccomando al vostro apostolato. Sono diversi i campi dell'apostolato che state svolgendo, ma la raccomando ancora di più alla vostra testimonianza evangelica, perché questo mondo di oggi ha bisogno tanto di tale testimonianza evangelica.

Grazie a Dio che voi portate questa testimonianza, anche nel vostro abito.

Continuate a fare così, e che il Signore vi benedica.

[La saggezza degli anziani un aiuto alla comunità] Sono tanto felice di trovarmi qui in mezzo a voi in questa che sembra proprio una casetta di famiglia. Ho sentito che il vostro gruppo si chiama Amici di santa Emerenziana. Questo vuol dire che santa Emerenziana ha scelto la vostra amicizia: voi avete scelto lei, ma lei ha scelto la vostra amicizia. E questo è bello: santa Emerenziana era giovanissima, come anche sua sorella Agnese. Ma i giovani devono cercare l'amicizia con gli anziani: la prima età con la terza età; devono cercare questa amicizia per imparare qualcosa, per essere più maturi. Gli anziani sono giovani di cuore e portano in sè l'esperienza della loro lunga vita, la saggezza. I giovani senza gli anziani, senza una nonna sarebbero molto poveri.

Santa Emerenziana era brava, sapeva come farsi amici gli anziani, le nonne ed i nonni. Vi voglio benedire e ringraziarvi per l'apporto che con la vostra presenza date a questa comunità di santa Emerenziana.

[L'augurio ai laici che lavorano in parrocchia] Mentre ascoltavo le vostre testimonianze, guardavo un po anche le iscrizioni che ornano la vostra sala. Una in particolare mi ha colpito: questa che tocca il cuore stesso del Vangelo: "Chi perde la sua vita per me la ritrova". E' veramente un paradosso; ma il Vangelo è paradossale. Ma appunto per i paradossi entra nel cuore dei problemi. Anche l'uomo è paradossale e senza questa sua paradossalità non si possono spiegare le sue difficoltà, i suoi problemi, le sue sofferenze e dall'altra parte non si possono spiegare le sue speranze, le sue aspirazioni, le sue ragioni.

Ecco io voglio soprattutto ringraziarvi. Ringraziarvi per quello che fate, per tutti i compiti che avete assunto su di voi, nei vostri cuori, per cooperare al bene della comunità parrocchiale. Sono compiti diversi che vanno dalla catechesi, all'assistenza ai sofferenti, ai bisognosi, alla carità ed anche compiti, diciamo economici: se la Chiesa, la parrocchia deve portare avanti un'economia divina, deve tuttavia operare anche nel campo della piccola economia umana.

Tutti questi compiti sono distribuiti tra voi a seconda dei vostri talenti, le vostre possibilità, secondo le diverse vocazioni. Non si può dire altrimenti: si tratta di vocazioni, di vocazioni dei laici. Tutto quello che fate è apostolato, apostolato dei laici. Anzi la parrocchia, la Chiesa cammina con il vostro apostolato. Lo ha confessato il Concilio Vaticano II nei numerosi documenti, ma soprattutto nella "Lumen Gentium", come nel decreto "Apostolicam Actuositatem" sull'apostolato dei laici. E poi in tanti altri momenti del suo magistero. E lo ha confessato di nuovo il Sinodo dei Vescovi, l'ultima sessione ordinaria tenutasi qui a Roma nel mese di ottobre dell'anno scorso.

Io non posso ora dare delle risposte molto concrete alle cose che mi avete chiesto perché le stesse domande sono state piuttosto di fondo e dunque bisogna dare ad esse delle risposte concrete. Ma sarebbe necessario un lungo colloquio, dopo aver meglio specificato i problemi. Ma io credo che almeno la metà del lavoro che dovete compiere lo avete già compiuto. Se avete ritrovato Cristo, se avete sentito la sua voce che vi ha chiamato e vi ha detto "seguimi", "aiutami", e se avete risposto a quella chiamata facendo quello che fate, io direi che siete già a metà del vostro cammino, o forse anche di più. Il resto viene poi da sè, viene facendo questo lavoro che già fate. così è strutturata la vita umana, ed anche la vita cristiana, la vita dei pastori, dei laici ed anche la vita del Papa. Io penso che Cristo si impara, seguendolo, parlando con lui, dialogando con lui, vivendo con lui nella preghiera soprattutto, leggendo il Vangelo, meditandolo; forse qualche volta anche discutendo con lui perché io so che soprattutto delle donne anche italiane, hanno imparato a discutere con lui.

Il Signore ama la sincerità del cuore umano. Se c'è da affrontare un impegno grande non ci vogliono delle parole, delle belle parole; c'è bisogno di sincerità. Facendo tutto quello che fate, già passo per passo trovate le parole che vi servono e la verità che dovete portare agli altri. La verità si presenta sempre più concreta; le risposte vengono da sole, vengono dalla prassi pastorale, dalla prassi apostolica; vengono perché nel vostro impegno catechetico, caritativo lavora lo Spirito Santo con i suoi doni. Con questi doni ci porta l'illuminazione, la forza, le risposte. Lo dico anche basandomi sulla mia esperienza: tante volte sono al buio; poi c'è un piccolissimo segno e in quel momento c'è la risposta, c'è la parola. E l'augurio che vi faccio è che sappiate sempre trovare e capire questa parola.

[Ai gruppi di assistenza pastorale alle famiglie del quartiere] Con grande gioia saluto voi, il vostro compito. Vi ringrazio anzi proprio perché portate avanti un compito particolare, specifico. Gli sposi sono la famiglia. Ha detto il vostro parroco, ma prima di lui lo hanno detto due Sinodi dei Vescovi, uno sull'evangelizzazione e l'altro sulla catechesi: la Chiesa è catechizzata, la Chiesa è catechizzante. Non si possono separare queste due realtà, se vuole essere catechizzante - e san Paolo lo dice oggi nella liturgia "Guai se non evangelizzassi" -, se vuole essere evangelizzante deve essere evangelizzata, continuamente; tutta la Chiesa e tutti i cristiani, cominciando dal Papa: se vuole essere evangelizzatore deve essere evangelizzato giorno per giorno.

Lo stesso vale per la catechesi: se vuole essere catechizzante deve essere sempre catechizzata. Ecco voi siete la Chiesa. Non solo la Chiesa di santa Emerenziana, ma siete la Chiesa domestica. I Padri della Chiesa la chiamavano ecclesiola, piccola Chiesa, piccola ma fondamentale. Voi siete la Chiesa. Oggi, come ha giustamente detto il vostro rappresentante, la società presenta molte crisi morali, che investono anche la famiglia. Ma la crisi della famiglia è la fondamentale, quella che investe tutte le altre. Allora quale soluzione adottare, quale risposta dare? Non ce ne sono altre: la famiglia deve essere Chiesa domestica. Se è Chiesa domestica, se è veramente Chiesa domestica, essa non sarà mai distrutta da nessuna forza, nè di ordine sociale, nè di ordine economico, e neanche di ordine spirituale. Se è veramente una Chiesa domestica, la famiglia è forte, è invincibile. Questa è la risposta alla crisi della famiglia, alla crisi del nostro tempo. Se la Chiesa domestica vuole essere catechizzante, evangelizzante, perché la Chiesa non può non essere evangelizzante. Diceva l'Apostolo: "Guai se non evangelizzassi", allora se vuole essere evangelizzante deve essere continuamente evangelizzata. Per questo io gioisco nell'incontrarvi: voi venite in questa parrocchia per essere evangelizzati, per portare la stessa catechesi, lo stesso Vangelo agli altri. E così servite al consolidamento delle vostre famiglie, servite quell'amore, quella fedeltà che sono beni, grandissimi beni della famiglia offerti all'uomo dal Creatore dall'inizio. Allora dovete conservare questi beni, amare questi beni, portare agli altri questi beni. Questa è la mia risposta alle vostre domande, alla vostra presenza e vi auguro che quello che voi dite diventi concreto per ciascuno di voi, per le vostre famiglie, per la vostra parrocchia.

[Con i giovani il congedo dalla comunità] E' la seconda volta che entro in questo teatro oggi pomeriggio. Una prima volta sono entrato arrivando in parrocchia e qui c'erano i bambini. A loro ho chiesto proprio questo "perché" sempre in ogni parrocchia che visito il primo incontro è con i bambini, con i più giovani della parrocchia. E ho tentato di individuare due ipotesi. Ora vorrei porre la stessa domanda in un certo senso con voi: perché ogni volta alla fine di una visita pastorale gli ultimi sono sempre i giovani. Per trovare una risposta parallela a quella data ai bambini potrei dire che i giovani sono più pazienti e dunque possono aspettare. Ma io credo che invece ci sia un'altra risposta: fra bambini e giovani è vero non c'è grande distanza, eppure una distanza c'è anche se non di tempo soltanto: c'è una distanza nel senso di crescita, di processo umano. Se vedo bambini nella parrocchia vedo una comunità che mi dice: siamo in cammino. Siamo bambini mi dicono, abbiamo sentimenti semplici. Loro è il Regno di Dio, come diceva Gesù, proprio grazie alla loro semplicità. Giovani vuol dire siamo prosecutori del cammino. Il cammino si fa nella gioventù perché per un cammino bisogna avere la forza sia per camminare sia per superare le difficoltà che possono presentarsi lungo il cammino stesso. La vostra presenza qui è per me la prova di questo cammino. La giovinezza è sempre una prova della carità. Voi conoscete quella conversazione di Cristo con il giovane, molto significativamente "Cristo lo guardo con amore". Ad ogni giovane arriva questa prova di amore di Cristo; trovate questo suo sguardo amoroso, accettatelo; rispondere vuol dire camminare. Per questo si devono superare delle difficoltà, bisogna correre oltre le ideologie, oltre le situazioni, bisogna uscire fuori dal clima generico della società opulenta, consumistica, materialista, ma si devono anche superare delle difficoltà che nascono dal di dentro, dalla nostra natura umana ferita dal peccato. I bambini non sanno quasi nulla di questo ma i giovani sanno già tutto. Con voi, con la vostra presenza in quest'ultima fase della visita la comunità, la parrocchia di santa Emerenziana vuole dirmi "Siamo in cammino, cerchiamo di superare le difficoltà per sostenere lo sguardo di Gesù che ci ama e per seguirlo". Vi auguro questa prova d'amore di Gesù che è propria della vostra età.


Data: 1988-02-07 Data estesa: Domenica 7 Febbraio 1988





GPII 1988 Insegnamenti - Alla Comunità di sant'Egidio - Città del Vaticano (Roma)