GPII 1988 Insegnamenti - Agli allievi dell'Istituto Ecumenico di Bossey - Città del Vaticano (Roma)

Agli allievi dell'Istituto Ecumenico di Bossey - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Essenziale relazione tra unità cristiana e proclamazione del Vangelo

Testo:

Cari amici dell'Istituto Ecumenico di Bossey.

E' per me un grande piacere incontrarvi oggi in Vaticano durante il vostro pellegrinaggio a Roma. Vi saluto con le parole dell'apostolo Paolo: "Grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo" (Ph 1,2).

Negli ultimi cinque mesi nella vostra scuola universitaria avete studiato il tema "L'unità e la missione della Chiesa". Lo avete fatto riflettendo sui vari sforzi compiuti dalle Chiese cristiane e dalle Comunità ecclesiali alla ricerca dell'unità che Cristo ha destinato a quanti lo seguono.

Avete puntualizzato che esiste una relazione essenziale e profonda tra l'unità dei cristiani e l'annuncio del Vangelo. Infatti l'unità dei cristiani e la missione sono indivisibili, come risulta dalla preghiera di Cristo per l'unità: "Come tu, Padre sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato" (Jn 17,21).

L'impegno di lavorare per una piena comunione è perciò urgente, perché è il mezzo per una più piena testimonianza a Cristo davanti al mondo. Il nostro comune Battesimo è già un appello e un incentivo a lavorare insieme in ogni modo possibile, superando divisioni ed evidenziando ciò che già ci unisce in Cristo Gesù.

Che la vostra visita alle tombe degli apostoli Pietro e Paolo sia un'esperienza di arricchimento spirituale e un'ispirazione per il vostro lavoro ecumenico quando tornerete ai vostri Paesi. Prego il Signore di mantenere vivi nei vostri cuori il sogno e il desiderio rinnovati dell'unità tra i cristiani, così che possiate portare un reale contributo all'unità che Cristo vuole.

Esprimiamo insieme la nostra speranza ecumenica con le parole della lettera agli Efesini: "A colui che in tutto ha potere di fare molto più di quanto possiamo domandare o pensare, secondo la potenza che già opera in noi, a lui la gloria nella Chiesa e in Cristo Gesù per tutte le generazioni, nei secoli dei secoli. Amen" (Ep 3,20-21).


Data: 1988-02-08 Data estesa: Lunedi 8 Febbraio 1988




Al personale di Pubblica Sicurezza in Vaticano - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Testimoni della sofferenza e dell'anelito che accompagnano le genti alla sede di Pietro

Testo:

Signor Ispettore capo, carissimi dipendenti dell'Ispettorato di Pubblica Sicurezza presso il Vaticano.


1. Mi è molto gradita la vostra visita e ringrazio di cuore ognuno di voi per gli auguri che avete voluto porgermi all'inizio del nuovo anno, con affettuoso gesto di ossequio.

Inoltre la vostra presenza mi dà occasione di rinnovarvi i miei sentimenti di stima e di riconoscenza per l'opera che compite con zelo e generosità per il Papa e per la Città del Vaticano. Il vostro impegno infatti è discreto e quasi in ombra, e tuttavia è importante, necessario e validissimo, affinché in questo territorio così singolare e significativo tutto si svolga col dovuto ordine, per l'edificazione dei fedeli che vi accorrono da ogni parte del mondo.

Conosco i disagi e le difficoltà che il vostro impegno diuturno vi impone, perché vi rende responsabili della vigilanza sia per l'ordinato svolgimento delle udienze e delle celebrazioni liturgiche sia per l'incolumità delle persone. Se questo lavoro, che voi svolgete con coscienza e diligenza, è certamente faticoso, esso è anche un titolo di onore e di merito.

Infatti - come già vi disse un giorno il mio predecessore Paolo VI - "il Vaticano è ben più che un complesso monumentale che può interessare lo studioso, il turista, l'erudito; il Vaticano è la sede del Vicario di Cristo, è il centro vivo e operante della cattolicita" (Insegnamenti di Paolo VI, XI [1973] 89).


2. Qui voi vedete un ininterrotto pellegrinare di persone di ogni nazionalità, ceto e cultura, desiderose di pregare sulla tomba di san Pietro e di ascoltare la parola del suo successore; qui voi siete testimoni della sofferenza e dell'anelito che accompagnano tanti uomini, credenti e non credenti, cristiani e non cristiani, verso la Sede di Pietro. Da questo centro della fede cattolica è infatti proclamata la vera religione, rivelata da Dio stesso mediante Gesù Cristo, fondatore della Chiesa, qui è celebrato il culto da Dio stesso voluto, e a lui offerto da Gesù Cristo con la sua vita e la sua morte in croce, che il santo sacrificio della messa perennemente attualizza.

Ebbene, voi con il vostro servizio di ordine e di vigilanza partecipate, anche se indirettamente, a questo arcano disegno di Provvidenza, per cui tutte le genti sono attratte e chiamate a Roma, alla Città del Vaticano, alla tomba di Pietro, alla Sede apostolica.

Questo vi sia di stimolo a compiere con sempre fervorosi sentimenti il vostro compito e, nello stesso tempo, anche ad attingere copiosamente alla luce di verità, che è Cristo sempre vivo nella sua Chiesa, con convinzione personale e con coerenza di vita, per essere anche voi testimoni sinceri e coraggiosi del Vangelo.

E' questo l'augurio che rivolgo a tutti voi per il nuovo anno, mentre invoco su di voi e sui vostri familiari la materna protezione di Maria santissima, assicurandovi il mio ricordo nella preghiera.

Ed ora con grande affetto vi imparto la benedizione apostolica, che estendo volentieri a tutte le persone che vi sono care.


Data: 1988-02-08 Data estesa: Lunedi 8 Febbraio 1988




Messaggio del Santo Padre per la Quaresima - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Di fronte allo scandalo della mortalità infantile spezzare le catene dell'egoismo

Cari fratelli e sorelle in Cristo! Nella gioia e nella speranza desidero esortarvi con questo Messaggio quaresimale alla penitenza, che produrrà in voi abbondanti frutti spirituali di più dinamica vita cristiana e di operosa carità.

Il tempo della Quaresima, che segna profondamente la vita di tutte le comunità cristiane, favorisce lo spirito di raccoglimento, di preghiera e di ascolto della Parola di Dio; esso ci incita a rispondere generosamente all'appello del Signore, espresso dal profeta: "E' piuttosto questo il digiuno che voglio... dividere il pane con l'affamato, introdurre in casa i miseri, senza tetto...

Allora lo invocherai e il Signore ti risponderà; implorerai aiuto ed egli dirà:"Eccomi"" (cfr. Is 58,6 Is 58,7 Is 58,9).

La Quaresima del 1988 si svolge nel contesto dell'anno mariano, all'avvicinarsi del terzo millennio dalla nascita di Gesù, il Salvatore.

Contemplando la maternità divina di Maria che porto nel suo seno il Figlio di Dio e circondo di particolari attenzioni l'infanzia di Gesù, si impone al mio spirito il dramma doloroso di tante madri, le cui gioie e speranze vengono infrante dalla morte precoce dei loro figlioli.

Si, cari fratelli e sorelle, io vi chiedo di riflettere su questo scandalo della mortalità infantile, che miete ogni giorno decine di migliaia di vittime. Ci sono bambini che muoiono prima di venire alla luce, altri non hanno se non una breve e dolorosa esistenza, troncata da malattie che sarebbe pur facile evitare.

Alcuni sondaggi attendibili dimostrano che, nei Paesi drammaticamente provati dalla povertà, proprio tra i fanciulli si riscontra il più elevato numero di morti dovute ad una disidratazione acuta, ad infezioni parassitarie, all'acqua inquinata, alla fame, alla mancanza di vaccinazione contro le epidemie e, perfino, alla mancanza di affetto.

In tali condizioni di miseria, moltissimi bambini muoiono prematuramente, altri sono colpiti tanto gravemente che ne è compromesso lo sviluppo fisico e psichico, la loro semplice sopravvivenza permane precaria, ed essi stessi sono svantaggiati nel trovare un posto nella società.

Le vittime di questa tragedia sono soprattutto i bambini che nascono in situazioni di povertà determinate troppo spesso da ingiustizie sociali; sono le famiglie che mancano delle risorse necessarie e che rimangono ferite per sempre dalla morte prematura dei loro piccoli.

Ricordiamo con quanta premura il Signore Gesù ha voluto dimostrarsi solidale con i fanciulli: "Allora Gesù chiamo a sè un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse:"...chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me...""; egli ordino: "Lasciate che i bambini vengano a me" (cfr. Mt 18,2 Mt 18, 5;19,14).

In questo tempo liturgico di Quaresima, vi esorto vivamente a lasciarvi afferrare dallo Spirito di Dio, il quale può spezzare le catene dell'egoismo e del peccato. Condividete, in spirito di solidarietà, con coloro che hanno meno di voi.

Donate non soltanto quanto è per voi superfluo, ma anche ciò che forse vi è necessario, affinché possiate sostenere generosamente tutte le azioni ed i progetti della vostra Chiesa locale, specialmente quelli tesi ad assicurare un avvenire giusto ai bambini meno protetti.

In questo modo, cari fratelli e sorelle in Cristo, risplenderà la vostra carità: "così gli uomini vedano le vostre opere buone e diano gloria al vostro Padre, che è nei cieli" (cfr. Mt 5,16).

Durante questa Quaresima, sull'esempio di Maria che accompagno fedelmente suo Figlio fino alla croce, si rafforzi la nostra fedelta al Signore e la nostra vita generosa renda testimonianza della nostra obbedienza al suo comandamento! Vi benedico di tutto cuore, nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.


Data: 1988-02-09 Data estesa: Martedi 9 Febbraio 1988





A un gruppo di Parlamentari americani - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: I diritti della persona vanno difesi dal concepimento alla morte naturale

Testo:

Cari amici statunitensi.

E' un piacere accogliervi, illustri membri della Camera dei Rappresentanti, insieme con gli amici e i familiari che vi hanno accompagnato a Roma. Meno di cinque mesi fa, io ho avuto il piacere di compiere una seconda visita pastorale nel vostro Paese, visitando in particolare le regioni meridionali e occidentali. Mentre vi saluto oggi, vi assicuro che il ricordo vivo di quei giorni è per me fonte di profonda gratitudine.

Uno dei caratteri più salienti del vostro paese è il pluralismo, la ricca diversità delle origini etniche e delle credenze religiose, delle tradizioni culturali e degli usi. In quanto membri del Congresso degli Stati Uniti, questa caratteristica della vita nazionale vi mette di fronte indubbiamente a situazioni interessanti e problemi di non poca difficoltà. Il vostro pubblico servizio è rivolto all'unità e al bene comune e richiede da voi di compiere ogni sforzo per salvaguardare e accrescere i diritti e la dignità di ogni essere umano, dal momento del concepimento alla morte naturale.

In quanto pubblici ufficiali, voi svolgete un servizio importante e onorevole nella società americana. Voi mettete in atto politiche che hanno un impatto non solo sulla qualità della vita dei vostri concittadini, ma anche sul destino delle altre nazioni. Avete una responsabilità particolare grave nel promuovere la giustizia e nel superare le scandalose disuguaglianze che esistono tra i ricchi e i poveri, i potenti e i diseredati. Appartenendo a una nazione che è stata benedetta in modo particolare dalla Provvidenza, la vostra responsabilità assume proporzioni ancora maggiori, e in un certo senso più grave.

So che il vostro senso di dedizione e il vostro senso del dovere vi rendono appassionati a svolgere il vostro ruolo nell'edificazione di un mondo di vera giustizia e di pace. In questo impegno così importante, vi assicuro il mio personale sostegno e la mia preghiera.

Vi assicuro anche della disponibilità della Chiesa ad offrire assistenza morale e spirituale.

Su voi e le vostre famiglie, su tutti coloro cui servite, invoco la benedizione di Dio foriera di gioia e pace.


Data: 1988-02-10 Data estesa: Mercoledi 10 Febbraio 1988




Ai vescovi amici del Movimento dei Focolari - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Per noi pastori Maria è modello di come devono essere condotte le anime

Testo:

Carissimi fratelli nell'episcopato, amici del Movimento dei Focolari!


1. Il tema scelto per il vostro convegno annuale è ricco di significato e di stimoli per la nostra vita quotidiana: "Maria, modello di perfezione".

Dietro invito di monsignor Klaus Hemmerle, vi siete riuniti provenendo da diverse parti del mondo, per riflettere assieme su quel vasto argomento e - quasi rivivendo un nuovo "cenacolo" con Maria - per invocare ancora una volta con lei il dono dello Spirito Santo, affinché l'intercessione della Regina degli Apostoli conferisca alla vostra testimonianza quel timbro "materno" che essa deve avere, per riuscire veramente efficace nel mondo. "La Vergine infatti nella sua vita - ci insegna il Concilio (LG 65) - fu modello di quell'amore materno, del quale devono essere animati tutti quelli che, nella missione apostolica della Chiesa, cooperano alla rigenerazione degli uomini".

Mi compiaccio vivamente pertanto, cari fratelli, di questa vostra iniziativa e, nel salutarvi tutti con larga effusione di cuore, mi auguro che da queste giornate di fraternità sacerdotale nella luce di Maria sorgano rinnovati e più fervidi propositi di generoso servizio nei confronti delle anime che vi sono affidate.


2. Maria è modello di perfezione, perché ella stessa "redenta in modo sublime in vista dei meriti del Figlio suo,... è figlia prediletta del Padre e tempio dello Spirito Santo; per il quale dono di grazia esimia precede di gran lunga le altre creature celesti e terrestri" (LG 53). E Papa Pio IX, di venerata memoria, precisava nella lettera apostolica "Ineffabilis Deus" che Maria mostra "una tale pienezza di innocenza e santità, che dopo quella di Dio, non se ne può intendere una maggiore, e nessuno all'infuori di Dio, può raggiungerla col pensiero".

Maria è un modello inesauribile di perfezione: per quanto ci sforziamo di imitarla, ella avrà sempre qualcosa da insegnarci; la sua santità e purezza trascendono assolutamente tutto il resto del genere umano, il quale porta le conseguenze del peccato e da esse deve liberarsi mediante un cammino di conversione e di penitenza. Maria, a differenza di tutti noi peccatori, non aveva bisogno di fare penitenza o di compiere particolari pratiche ascetiche, perché, essendo innocentissima, non aveva nulla di cui pentirsi. Le sue sofferenze, come quelle del suo divin Figlio, non sono servite ad espiare i propri peccati, ma quelli dell'umanità erede di Adamo.

Maria è così, nello stesso tempo, un membro "sovraeminente" e del tutto "singolare" della Chiesa (LG 53) ed un modello imitabile da tutti: come ebbe a dire il mio venerato predecessore Paolo VI, Maria nella Chiesa santa occupa, "dopo Cristo, il posto più alto e il più vicino a noi" (Pauli IV "Allocutio occasione oblata alterae Sessionis Sacrosancti Concilii Oecumenici sollemnis conclusionis", die 4 dec. 1963: Insegnamenti di Paolo IV, I [1963] 378).


3. Ella ci insegna ad essere quella "terra buona", della quale parla Gesù nella parabola del seminatore, vale a dire "coloro che, dopo aver ascoltato la parola con cuore buono e perfetto, la custodiscono e producono frutto con la loro perseveranza" (Lc 8,15).

Indubbiamente questo atteggiamento di disponibilità e di apertura non ha nulla dell'inerte passività di un soggetto privo di iniziativa e di responsabilità, ma al contrario suppone, nel soggetto umano, in Maria come in noi tutti, l'impegno di una tensione costante nell'acquisizione e nel progresso delle virtù. Maria, come ho detto, non ha certo dovuto - come dobbiamo fare noi - correggere le inclinazioni al male - in questo campo dobbiamo metterci alla scuola degli altri santi -; ella invece ci mostra la via per accedere dal bene al meglio, per superare prove e tentazioni e per progredire nella perfezione. Maria ci insegna come si avanza nella fede, nella speranza e nella carità.


4. Maria ci è modello di perfezione non solo perché propone agli occhi del nostro spirito un ideale assoluto e purissimo, ma anche perché ci guida, ci istruisce e consiglia concretamente e direi quasi quotidianamente per quanto riguarda la progressiva realizzazione dell'ideale nel corso della vita presente. Maria ci "precede", vorrei dire, non solo in senso ontologico ma anche in senso storico.

Ella ci guida nel nostro pellegrinaggio verso la patria celeste, indicandoci il cammino, difendendoci da insidie e pericoli, rendendoci vittoriosi sul maligno, confortandoci nelle fatiche e nelle sofferenze. Come ho detto nell'enciclica "Redemptoris Mater" (RMA 6), "la sua eccezionale peregrinazione della fede rappresenta un costante punto di riferimento per la Chiesa, per i singoli e le comunità, per i popoli e le nazioni e, in un certo senso, per l'umanità intera. E' davvero difficile abbracciare e misurare il suo raggio".

Maria, pertanto, è un eminente modello per noi pastori di come debbono essere condotte le anime; ella è il modello del modo quale la Chiesa stessa, madre e maestra deve condurre le anime. Ella non pretende, certo di sostituirsi al carisma proprio dei successori degli apostoli. Maria non è sacerdote. Ella dà tuttavia un contributo indispensabile e complementare, legato al mistero proprio della sua maternità e femminilità.

Ascoltiamo questo contributo di Maria! Cerchiamo di discernerlo con pastorale e saggia prudenza, cerchiamo di valorizzarlo e di trarne beneficio noi stessi! Sarà per la nostra santificazione e per quella di molte anime.

Con tali pensieri ed auspici, rinnovo tutta la mia gioia per questo fraterno incontro, e, sotto gli auspici della beata Vergine di Lourdes che oggi ricordiamo nella liturgia, imparto a tutti voi una speciale benedizione che estendo volentieri alle Chiese locali affidate alla vostra cura pastorale.


Data: 1988-02-11 Data estesa: Giovedi 11 Febbraio 1988




Omelia alla messa per i malati - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Lourdes è un segno speciale dell'azione di Maria nella storia

Testo:


1. "Non ci sarà più morte, nè lutto, nè lamento, nè affanno, perché le cose di prima sono passate" (Ap 21,4).

La visione di speranza aperta da queste parole, carissimi fratelli e sorelle, s'inserisce nel quadro più vasto della grandiosa profezia dell'Apocalisse, che abbiamo appena letto, circa il futuro rinnovamento dell'universo nella pienezza finale del Regno di Dio, al momento del ritorno glorioso di Cristo.

In questa "nuova terra" e sotto questo "nuovo cielo", il "mare", dice il testo, sarà scomparso. Il "mare", nel linguaggio biblico, sta a significare l'insieme di tutto ciò che si oppone a Dio e che non si lascia plasmare dalla sua azione benefica. Ebbene, anche tutto questo "insieme" sarà espulso dal nuovo mondo dei figli di Dio, liberati dalla morte, dal peccato e da ogni forma di male.

Giovanni ci dà anche la visione di una "nuova Gerusalemme" che non è frutto dello sforzo umano, ma che "scende dal cielo" che è, cioè, dono di Dio. E questa "Gerusalemme" - la comunità ecclesiale dei risorti - è rappresentata da una misteriosa figura femminile, una "sposa". Essa è "dimora di Dio con gli uomini" (Ap 21,3).

In questa figura femminile è adombrata Maria Santissima, la "donna nuova" - come abbiamo cantato nel versetto alleluiatico -, vera "dimora di Dio con gli uomini", perché da lei "è nato l'uomo nuovo, Gesù Cristo".


2. Oggi ricordiamo, cari fratelli e sorelle, una significativa presenza di questa donna nuova nella nostra storia. Celebriamo la memoria liturgica della prima apparizione della beata Vergine Maria a Bernardette Soubirous nella grotta di Massabielle.

Ricordiamo quindi che - come dicevo nella mia - enciclica "Redemptoris Mater" - "Maria è presente nella missione della Chiesa, presente nell'opera della Chiesa che introduce nel mondo il Regno del suo Figlio" (RMA 28).

Questa presenza si manifesta, tra l'altro, anche "mediante la forza attrattiva e irradiante dei grandi santuari, nei quali non solo individui o gruppi locali, ma a volte intere nazioni e continenti cercano l'incontro con la Madre del Signore".

Lourdes, come molti altri luoghi, è un segno speciale di questa azione di Maria nel corso della nostra storia. Ella difatti - come dice il Vaticano II (LG 62) - "assunta in cielo non ha deposto questa funzione di salvezza, ma con la sua molteplice intercessione continua ad ottenerci le grazie della salute eterna. Con la sua materna carità si prende cura dei fratelli del Figlio suo ancora peregrinanti e posti in mezzo a pericoli e affanni, fino a che non siano condotti nella patria beata".

A Lourdes Maria svolge una missione di sollievo della sofferenza e di riconciliazione delle anime con Dio e col prossimo.

Le grazie che questa Madre di Misericordia ottiene alle folle immense di un'umanità dolorante e smarrita, hanno tutte lo scopo di condurle a Cristo e di ottener loro il dono del suo Spirito.


3. A Lourdes Maria, per il tramite di santa Bernardette, si è rivelata in modo eminente come "portavoce della volontà del Figlio" (cfr. RMA 21).

Tutto quello che la Madonna disse alla veggente, tutto quello che la esorto a fare, tutto quello che poi a Lourdes è sorto, è avvenuto e sta avvenendo, riflette, si, se vogliamo, la "volontà" della Madonna: ma in nome di chi ella ha ottenuto tutto questo, in grazia di chi, se non del suo Figlio divino? Lourdes, quindi possiamo ben dire, appartiene a Cristo ancor più che alla sua santissima Madre. A Lourdes impariamo a conoscere Cristo attraverso Maria. I miracoli di Lourdes sono i miracoli di Cristo, ottenuti per l'intercessione di Maria.

Per questo, Lourdes è un luogo privilegiato di esperienza cristiana. A Lourdes si impara a soffrire come Cristo ha sofferto. Si accetta la sofferenza come egli l'ha accettata.

A Lourdes la sofferenza si alleggerisce perché la si vive con Cristo.

Purché la si viva con Cristo. Sorretti da Maria.


4. A Lourdes si impara che la fede allevia la sofferenza non tanto nel senso di diminuirla fisicamente. Questo è compito della medicina, o può avvenire eccezionalmente in modo miracoloso.

A Lourdes s'impara che la fede allevia la sofferenza in quanto la rende accettabile come mezzo di espiazione e come espressione d'amore. A Lourdes s'impara ad offrirsi non solo alla giustizia divina, ma anche - come diceva santa Teresa di Lisieux - all'amore misericordioso di colui che, come ho detto nella mia lettera apostolica "Salvifici Doloris" ("Salvifici Doloris", 18), ha sofferto "volontariamente ed innocentemente".

Il cristiano ha il dovere, come ogni uomo sensato e di coscienza, di prodigarsi per l'alleviamento effettivo del dolore, al fine di ottenere - per sè o per gli altri - la guarigione. Ma la sua preoccupazione principale è volta ad eliminare quel male più profondo che è il peccato. A nulla infatti varrebbe godere della salute fisica anche più florida, se l'anima non fosse in pace con Dio. Se essa, invece, è in grazia di Dio, anche le pene più terribili le riusciranno sopportabili, perché essa ne capirà l'utilità per la salute eterna, propria e dei fratelli.


5. Cari fratelli e sorelle dell'Unitalsi e dell'Opera Romana Pellegrinaggi! Cari malati qui presenti, familiari ed amici! Voi siete profondamente coinvolti nell'esperienza di questi misteri di salvezza. Alcuni di voi - organizzatori, assistenti, religiosi, religiose, barellieri, accompagnatori sono chiamati ad adoperarsi per alleviare l'umana sofferenza. Come il buon samaritano della parabola evangelica, vi sentite "commossi" per le sofferenze del prossimo, le sentite come vostre, vi "fermate" presso chi ne è toccato, sovvenendolo generosamente secondo la misura delle vostre possibilità e competenze. Come credenti, voi accompagnate il prossimo sofferente all'incontro, per il tramite di Maria, con Cristo crocifisso e risorto.

E voi, cari malati, voi siete chiamati a vivere il mistero di Cristo in modo più profondo e decisivo: mediante la stessa esperienza del soffrire.

"In modo più profondo e decisivo", ho detto. Infatti, qual è stato il momento decisivo e principale nel quale Cristo ha operato la nostra salvezza? Quando compiva i viaggi apostolici? Quando insegnava? Quando curava i malati o scacciava i demoni? Quando polemizzava contro gli scribi e i farisei? Quando dava ordini ai discepoli? No. E' stato il momento della croce. Certo, ogni atto compiuto da Cristo durante la sua vita è salvifico. Ma quello, dal quale ogni altro atto ha preso la sua efficacia ed il suo senso, è stata la croce.

Ecco perché siete voi, cari malati, ad operare in modo particolare non solo la vostra ma anche l'altrui salvezza, nella misura in cui, sull'esempio di Cristo, voi soffrite innocentemente e, con un atto d'amore generoso, offrite le vostre sofferenze per la salvezza del mondo.


6. Maria santissima svolge un ruolo essenziale nel farci comprendere ed accettare il mistero della croce. Ella ci introduce a quel mistero con materna saggezza; prepara ad esso la nostra debolezza, cominciando col farci sentire la potenza benefica del suo Figlio, anche nel nostro comune quotidiano.

Questo è il significato della presenza di Maria alle nozze di Cana, come abbiamo letto nel Vangelo dell'odierna liturgia.

In questa circostanza così profondamente umana Maria ci introduce a Cristo facendocelo sentire vicino alle nostre gioie più comuni e naturali. Ci ottiene una grazia sensibile. Ma questa squisita delicatezza di Maria non è fine a se stessa; essa mira molto più in alto. A Cana Maria ci fa compiere solo il primo passo che deve guidarci al mistero della croce e della risurrezione.


7. Maria non ci guida al mistero della croce soltanto come maestra, ma anche come compartecipe di tale mistero. ella soffre con Gesù e soffre con noi. Anche lei, con Gesù affronta e vince le potenze del male. Anche lei, col suo Figlio, "schiaccia la testa al serpente" (Gn 3,15).

Maria ci insegna, sull'esempio di Gesù, tutte le virtù necessarie per affrontare e vincere ogni specie di male: il coraggio, la fortezza, la pazienza, lo spirito di sacrificio, la santa rassegnazione ai voleri divini.

"Benedetta sei tu, figlia, / davanti a Dio Altissimo, / più di tutte le donne!... / Il coraggio che ti ha sostenuta / non cadrà dal cuore degli uomini!...

/ Con prontezza tu hai esposto la vita / per sollevare il tuo popolo / dall'umiliazione e dall'abbattimento" (Jdt 13,18-20).

"Ecco la dimora di Dio con gli uomini!" (Ap 21,3).

Ringraziamo ancora una volta la beata Vergine Maria di Lourdes.

Ringraziamola per il coraggio col quale, nel manifestarsi per mezzo della povera e piccola Bernardetta, ha saputo affrontare l'incredulità, le opposizioni ed i sarcasmi degli uomini chiusi nella prigione di un gretto razionalismo, per offrirsi a tutte le anime assetate di verità, di liberazione, di redenzione, di salvezza.

Ringraziamo la Vergine santissima per quello che ancor oggi ella opera a Lourdes; ascoltiamo i suoi appelli; corrispondiamo alle sue attese; seguiamo il cammino che ella ci indica verso Cristo e verso il Regno di Dio.

Ammiriamo. Ringraziamo. Benediciamo.


Data: 1988-02-11 Data estesa: Giovedi 11 Febbraio 1988




A presuli italiani partecipanti a un corso di aggiornamento liturgico - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Nell'Eucarestia celebrata dal Vescovo si manifesta il mistero stesso della Chiesa

Testo:

Venerati fratelli nell'episcopato.

Siate i benvenuti! A tutti il mio saluto cordiale. Voi siete convenuti a Roma aderendo all'iniziativa della Commissione Liturgica della Conferenza episcopale italiana, che ha promosso un corso di aggiornamento sul tema: "Celebrare oggi". Mi rallegro con gli organizzatori e con ciascuno di voi.

Senza riprendere i diversi punti toccati nel corso di questa settimana, vorrei sottolineare l'importanza della liturgia presieduta dal Vescovo nella vita della sua Chiesa.


1. Il ruolo del Vescovo come maestro, santificatore e pastore nella sua Chiesa è particolarmente evidente nella celebrazione della santa liturgia, che egli compie con i membri del presbiterio e col popolo ("Caer. Ep.", 11). Giustamente il Vaticano II ha sottolineato: "Tutti devono dare la più grande importanza alla vita liturgica della diocesi che si svolge intorno al Vescovo, principalmente nella chiesa cattedrale: convinti che c'è una speciale manifestazione della Chiesa nella partecipazione piena e attiva di tutto il popolo santo di Dio alle medesime celebrazioni liturgiche, soprattutto alla medesima Eucaristia, alla medesima preghiera, al medesimo altare cui presiede il vescovo circondato dai suoi sacerdoti e ministri" (SC 41).

Quando il Vescovo celebra in mezzo al popolo a lui affidato, è il mistero stesso della Chiesa che si manifesta mediante la celebrazione legittima dell'Eucaristia (cfr. "Caer. Ep.", 7); egli è il grande sacerdote del suo popolo.

"Mediante la predicazione del Vangelo, nella forza dello Spirito, egli chiama gli uomini alla fede oppure li conferma nella fede...", ("Caer. Ep.", 6) e mediante i sacramenti egli santifica i fedeli (cfr. "Caer. Ep.", 7). E' perciò necessario che il Vescovo sia fortemente convinto dell'importanza di tali celebrazioni per la vita cristiana dei suoi fedeli. Esse devono essere un modello per tutta la diocesi.


2. Affinché tutto si svolga in modo da manifestare nel medesimo tempo l'unità della Chiesa locale e la diversità delle funzioni, è importante che il Vescovo sia circondato da preti, da diaconi, e da altri ministri, che compiano ciascuno la loro funzione. Bisogna che la chiesa dove il Vescovo celebra, in particolare la sua chiesa cattedrale, sia un modello degno e appropriato e dimostri "in maniera esemplare alle altre chiese della diocesi quello che prescrivono i documenti e i libri liturgici per la disposizione e la decorazione delle chiese" ("Caer. Ep.", 46).

Importa che il ruolo della schola e quello dell'organista siano armonizzati, che i canti eseguiti siano vera espressione della fede, conformi sia alle regole liturgiche che alle norme dell'arte, che manifestino il carattere universale delle celebrazioni presiedute dal Vescovo e permettano la partecipazione del popolo ("Caer. Ep.", 40).

Perché ciascuno sappia quello che ha da fare o da dire, perché tutto si svolga con ordine, semplicità e bellezza, è indispensabile la presenza del maestro delle cerimonie, discreto e attento a tutto ("Caer. Ep.", 34-35).

Queste sono alcune indicazioni, che voi potete trovare più particolareggiate nel Cerimoniale dei Vescovi, pubblicato nel 1984, a voi particolarmente destinato. Esso contiene tutto ciò che è necessario compiere nell'anno liturgico per ottenere una liturgia episcopale che sia semplice e nobile nel medesimo tempo, piena di efficacia pastorale e in grado di servire da modello per tutte le altre celebrazioni.


3. Tutto ciò è importante, ma per capire pienamente il valore della liturgia bisogna scendere più in profondità (cfr. Synodus extr. Episcoporum 1985,"relatio finalis").

In primo luogo, è per mezzo della Liturgia che si raggiunge oggi il mistero della salvezza.

Quando il Vescovo offre il sacrificio eucaristico e celebra i sacramenti, trasmette quello che lui stesso ha ricevuto dalla tradizione che viene dal Signore (cfr. 1Co 11,25), e edifica in tal modo la Chiesa. Questa non ha la sua origine nella volontà dei discepoli, quasi avessero deciso di dare ai riti dell'antica alleanza una forma nuova. La Chiesa è stata creata come nuovo Popolo di Dio intorno alla tavola dell'ultima cena, come ho sottolineato nella lettera "Dominicae Cenae" (cfr."Dominicae Cenae", 4). Essa è continuamente fondata dai gesti di Cristo, compiuti in suo nome da ministri ordinati: è così che essa può associarsi al mistero della morte e della risurrezione del Signore e ricevere il suo Spirito vivificante.

Per questo il Concilio Vaticano II ha affermato che "La Liturgia è il culmine verso cui tende l'azione della Chiesa e, insieme, la fonte da cui promana tutta la sua virtù" (SC 10). Ciò dice l'importanza della celebrazione liturgica, poiché si tratta di esprimere con parole e gesti, la grazia straordinaria che ci è fatta, di fare sentire e manifestare il dono di Dio, che è lo stesso Cristo.

La celebrazione liturgica è, in secondo luogo, alimento di una autentica vita cristiana, sia personale che comunitaria. Quando celebriamo la liturgia, noi partecipiamo ai misteri della redenzione, compiuti da nostro Signore, e comunichiamo alla vita del Padre insieme con tutti i fratelli come noi redenti: rappresentiamo l'universo riconciliato con Dio. Quello che celebriamo in spirito e verità, noi lo viviamo, pregustando nello Spirito ciò che saremo eternamente.

Quando la liturgia è celebrata, la Chiesa è rivelata a se stessa, ciascuno di noi è rivelato a se medesimo. Sono momenti di pienezza e di grazia.

Perché si possa realizzare questa esperienza vera di conversione a Dio, bisogna che la celebrazione sia rivolta a tutto l'uomo, non solamente alla sua intelligenza, ma anche ai suoi sensi. Da qui deriva il posto da farsi a ogni elemento di bellezza: al canto, alla musica, alla luce, all'incenso. Da qui anche la necessità di una certa durata della celebrazione e di una sua articolazione interna ben strutturata.


4. Infine, la celebrazione è sorgente della missione della Chiesa e di ciascun cristiano.

Il dinamismo missionario non viene dalla volontà degli uomini, che decidono di farsi propagatori della loro fede. Esso nasce dallo Spirito, che spinge la Chiesa a dilatarsi. Esso progredisce per la fede nell'amore di Dio. La celebrazione liturgica è il momento in cui i cristiani scoprono, in Cristo e nella Chiesa, il volto di Dio e il suo dono ineffabile, è il momento in cui scoprono che essi stessi sono amati fino all'estremo. Se la celebrazione sarà tale, la testimonianza e la missione non potranno che nascere da questa certezza.

Che il vostro modo di celebrare sia l'espressione stessa della vostra fede. Ciò sarà per i vostri preti, i vostri diaconi, e i vostri fedeli una testimonianza e un esempio. così si potrà realizzare in ciascuna delle vostre Chiese locali ciò che Sant'Ignazio di Antiochia augurava alla Chiesa di Filadelfia: "Non c'è che una sola carne di nostro Signor Gesù Cristo e un solo calice per unirci al suo sangue, un solo altare, come un solo Vescovo con il presbiterio e i diaconi. così tutto ciò che fate, fatelo secondo Dio" (S.Ignatii Antiocheni "Phil.", 1).

Con questo augurio, ed a conferma dei sentimenti di fraterna comunione che mi uniscono a voi, e per vostro tramite, ai fedeli delle vostre chiese, vi imparto di cuore la mia benedizione.


Data: 1988-02-12 Data estesa: Venerdi 12 Febbraio 1988





GPII 1988 Insegnamenti - Agli allievi dell'Istituto Ecumenico di Bossey - Città del Vaticano (Roma)