GPII 1987 Insegnamenti - A un incontro interconfessionale - Città del Vaticano (Roma)

A un incontro interconfessionale - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Maria, serva dell'unità di tutti i cristiani

Testo:

"Eccomi, sono la serva del Signore!" (Lc 1,38).

Venerabili fratelli.


1. Dopo Istanbul e Londra, il vostro itinerario spirituale vi ha portati quest'anno al Centro Mariapoli di Castel Gandolfo. Stamani anche il vescovo di Roma, il Papa, vi dà un affettuoso benvenuto, salutando mons. Klaus Hemmerle - che ringrazio per la cortese presentazione - e, con lui, ognuno di voi, come anche tutti i membri delle vostre Comunità: "Grazia e pace a voi in abbondanza" (1P 1,2).

Il vostro incontro, come tutti quelli promossi dal Movimento dei Focolari per il 1987, è centrato su Maria, la cui persona e il cui mistero voi amorevolmente approfondite, guardando a lei come "Parola di Dio vissuta", come "Theotokos" e come "Modello del cristiano". In Maria infatti si è realizzata in modo particolare l'amicizia salvifica e sponsale di Dio, in lei la beatitudine dell'ascolto ha avuto il suo più alto compimento; ella è il "luogo santo", in cui la Parola di salvezza si è fatta carne e continuamente si offre a noi; in lei, vergine benedetta e premurosa madre, ci è data l'icona della Chiesa, pellegrina di fede, messaggera di speranza, discepola di amore. La potenza dell'Altissimo, che ha steso su di lei la sua ombra, l'ha resa madre del Redentore e dei redenti.

Serva del Signore, ella diventa serva dell'umanità dei credenti e quale modello di ogni cammino di fede, ella si fa sostegno con la sua presenza orante di quanti cercano Dio in sincerità di cuore.


2. Venerati fratelli, memore dell'incontro avuto cinque anni fa, con quanti si ritrovarono allora al "Centro Mariapoli" per un simile incontro, desidero ora in questo Anno mariano, rinnovare con voi la fiduciosa invocazione: "Regina Apostolorum et mater unitatis, ora pro nobis!". Prega per noi, per l'intera Chiesa del Figlio tuo, la quale "ex maculatis immaculata" (sant'Ambrogio, "Expos Ev.

Luc." 1,17), ogni giorno è chiamata a rinnovarsi e a fiorire per la salvezza del mondo.

A lei affido la mia cordiale invocazione: che il vostro pellegrinaggio ecumenico, spinto dalla forza dello Spirito, sia sempre cantico di lode alla Trinità santissima, un servizio alla memoria delle opere mirabili da Dio compiute nella storia di ogni comunità cristiana, un richiamo fiducioso alla conversione e alla riconciliazione perché si compia l'anelito di Cristo. "O Padre, che siano perfetti nell'unità e il mondo sappia che tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me" (Jn 17,23).

"Ut sint consummati in unum". Amen!

1987-11-26 Data estesa: Giovedi 26 Novembre 1987




Ai vescovi dell'Africa Australe in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La violenza non si vince con la violenza

Testo:

Cari fratelli vescovi.


1. Nell'incontrarvi, oggi, abbraccio nell'unità di nostro Signore Gesù Cristo tutti i fedeli dei paesi che voi rappresentate: la Repubblica del Sud-Africa, la Repubblica di Botswana, il regno di Swaziland e Namibia. La nostra presenza qui oggi evoca la lode a Dio, la cui provvidenza è stata manifestata nella storia della vostra evangelizzazione, e il cui amore e potenza ha sostenuto il vostro popolo attraverso tutte le vicissitudini del loro passato.

Riflettendo sul ruolo dei vescovi, il Concilio Vaticano II ci offre questo splendido sommario di ciò che essi sono: "Nei vescovi... nostro Signore Gesù Cristo, il supremo sacerdote, è presente in mezzo a coloro che credono" (LG 21). Precisamente perché voi rappresentate Gesù Cristo in mezzo alla vostra gente, voi siete per loro segni viventi di Cristo, segni viventi della speranza cristiana, di tutte le persone, la difesa degli oppressi e le concrete esigenze di giustizia nella vostra regione.


2. La Santa Sede si è dimostrata sempre ferma nel proclamare la dignità umana.

Diciotto anni fa, in Africa, Paolo VI disse: "Deploriamo il fatto che... persistono situazioni sociali basate su discriminazioni razziali e spesso volute e sostenute dai sistemi di pensiero; tali situazioni costituiscono un manifesto e inammissibile affronto ai fondamentali diritti della persona umana...". Nel 1974 nel suo Messaggio al Comitato speciale delle Nazioni Unite sull'Apartheid, Paolo VI fece appello ancora una volta al bando della discriminazione sistematica. così facendo espresse la convinzione che "la causa è urgente e l'ora è tarda" (21 maggio 1974).

Fino ad allora gli eventi della storia hanno confermato questo giudizio.

La ragione stessa ci suggerisce che nessun'altra violenza deve essere accettata come soluzione alla violenza, ma che "deve aprire la strada alla ragione, alla mutua fiducia, agli scambi sinceri e all'amore fraterno". Nel presente contesto dell'Apartheid la chiamata alla conversione diventa sempre più rilevante e necessaria per la vostra gente. L'unica giusta soluzione al problema è la conversione dei cuori.


3. In questo periodo state riesaminando il vostro ruolo di pastori, rivalutando le vostre specifiche priorità e metodi nella luce delle necessità del momento, con una chiara visione dei fini da perseguire. Vi state chiedendo cosa è stato fatto e come deve essere fatto, chiedete alla vostra gente di confrontare la situazione della loro vita individuale e della loro società con il Vangelo e il suo potere trasformante.

Con la grazia di Dio e l'azione dello Spirito Santo diventa sempre più chiaro a molti che il ruolo della Chiesa nel mondo è quello di operare in vista della trasformazione cristiana della società, da raggiungersi per mezzo di cambiamenti che siano conformi al messaggio evangelico. In tutti questi cambiamenti il Signore Gesù stesso è attivo e opera con il potere dello Spirito Santo. Tutto ciò che è in relazione ai cambiamenti della società è connesso alla conversione del cuore. Per questo motivo i vescovi si soffermano con insistenza su questa necessità e mostrano una particolare sollecitudine nel ribadire l'enorme potere dell'amore. Siete convinti che la vostra esperienza di unità con la preghiera contribuirà realmente alla meta che deve essere costantemente riaffermata, la trasformazione cristiana della società. Il potere dell'amore nel quale ponete la vostra fiducia non è primariamente un amore umano, ma un amore divino, l'amore di Dio per tutti i poveri, gli oppressi, l'amore di Dio riversato nel cuore di Cristo, che nel rivelare l'amore ci insegna ad amare, a perdonare, ad essere giusti e ad essere riconciliati. La costante proclamazione dell'amore di Dio, insieme alla quotidiana testimonianza di questo amore, ha un'efficacia che ancora non comprendiamo pienamente nell'evocare la risposta dell'amore umano. Con il sacrificio eucaristico, la preghiera, la predicazione della Parola e la riflessione su di essa, la forza dell'amore divino può permeare la società.


4. Le necessità attuali continuano a richiamare con insistenza la dignità umana e il fondamento della dignità umana nei misteri della creazione e della redenzione.

Questi bisogni fanno appello a coloro che detengono il potere di riconoscere i diritti degli oppressi, così come il ruolo della società e la funzione della pubblica autorità in relazione con il bene comune e l'intero disegno di Dio per l'umanità. Ma "l'ora" che Paolo VI nel 1974 caratterizzo come "tarda" oggi richiede più che mai un'aggiunta di affermazioni profetiche e appelli alla mobilitazione dell'intera comunità ecclesiale, nello spirito del Vangelo che è lo spirito di conversione individuale dei cuori, con le armi del Vangelo, portate avanti la trasformazione della società.

A questo punto è necessaria una speciale forma di educazione cristiana che insegna la prospettiva della liberazione e della giustizia cristiana, e tiene conto della realtà salvifica della morte e risurrezione di Cristo. Nel dirci di essere fermi nella battaglia cristiana, san Paolo descrive gli strumenti del Vangelo. In questi discorsi egli parla della "spada dello Spirito che è la parola di Dio" (Ep 6,17). Questa spada è capace di "distinguere i pensieri e le intenzioni del cuore" (He 4,12), è la grande arma a disposizione della comunità cristiana nella sua lotta contro i mali della società.

Quando la comunità della Chiesa si raduna in preghiera per riflettere sulla parola di Dio, lo Spirito Santo stesso elargisce l'amore di Dio sul suo popolo e dà ad esso quella speranza che non delude (cfr. Rm 5,5). Con questa speranza e questo amore e con fiducia in Dio è possibile raggiungere ciò che con mezzi umani non è mai stato possibile ottenere. Cari fratelli: Gesù ci assicura "Ciò che è impossibile agli uomini è possibile a Dio (Lc 18,27).


5. Tutti gli sforzi che la Chiesa fa per aiutare o promuovere la trasformazione cristiana della società sono nel contesto dell'ubbidienza del Vangelo di Cristo.

Essi sono condizionati dalla sua comprensione dell'evangelizzazione come proclamazione del dono della salvezza data all'umanità con il mistero pasquale di Cristo. La Chiesa augura a tutti i suoi membri di comprendere i "profondi legami che esistono tra l'evangelizzazione e il progresso umano". Il progresso umano comprende sia lo sviluppo integrale che la liberazione cristiana. In questo senso Paolo VI chiese: "Come è possibile infatti proclamare il nuovo comandamento senza promuovere la giustizia, la vera pace, e l'autentico progresso dell'uomo?" (EN 31).

L'essere umano che è creato e redento da Dio è degno di una totale e radicale liberazione, liberazione non solo dalle strutture che violano la dignità umana, ma liberazione dal peccato stesso. E' estremamente necessario assicurarsi che all'atto di smantellare quelle strutture esse non vengano sostituite da altre che potrebbero perpetuare in forma differente condizioni non dignitose dei figli di Dio, che negano la libertà necessaria alla liberazione cristiana e che si oppongono ai valori fondamentali del Vangelo. Il trionfo del Vangelo è l'universale trionfo dell'amore sull'odio per mezzo della conversione dei cuori, su questo trionfo si basa la vera trasformazione cristiana della società secondo il Vangelo. L'intransigenza, la prospettiva di un conflitto inevitabile, la violenza vecchia e nuova, tutto ciò deve sottomettersi alla "spada dello Spirito che è la parola di Dio".

La Chiesa nella vostra regione è chiamata molto chiaramente in questo tempo a porre tutta la sua fiducia nella parola di Dio e in "Colui che in tutto ha potere di fare molto più di quanto possiamo domandare o pensare" (Ep 3,20).


6. Ripensando alla missione del laicato nelle vostre Chiese locali, sono convinto che il recente Sinodo dei vescovi vi abbia suggerito molte riflessioni che saranno utili nel vostro piano pastorale. Una accresciuta consapevolezza da parte dei laici della loro dignità e della loro chiamata a contribuire attivamente alla missione di Cristo e della sua Chiesa, ha generato un nuovo entusiasmo che pervade la Chiesa sotto l'azione dello Spirito Santo. E' un altro dono del Signore che prego che sia un ulteriore aiuto alla Chiesa in Sud-Africa, nel soddisfare i bisogni di questo momento.

Nel trattato sull'evangelizzazione, Paolo VI affermo che "il primo mezzo di evangelizzazione è la testimonianza di un'autentica vita cristiana" (EN 41). Queste parole diventano cura speciale, sfida per tutti i religiosi delle vostre diocesi. Si, dobbiamo tutti essere convinti che la testimonianza dell'amore consacrato ha un'efficacia soprannaturale che supera di gran lunga il potere dell'edificazione esterna. In questo campo i religiosi svolgono un ruolo importante come testimoni dell'amore di Dio, nel seguire il messaggio del Vangelo.

Anche i vostri sacerdoti, con i seminaristi, devono essere consapevoli che i loro contributi alla soluzione di tutti i problemi della libertà e della giustizia devono fondarsi sulla conversione del loro cuore e nella loro fedeltà di amore. Proclamando la parola di Dio ai fedeli, ascoltandola nei loro cuori e applicandola alla propria vita essi saranno più efficaci operatori di pace e riconciliatori del popolo di Dio.

Cari fratelli vescovi: il vostro contributo all'unita tra di voi, lo sperimentare insieme l'amore di Cristo, e il portare testimonianza a questo amore sono atti di direzione pastorale, un contributo pastorale alle Chiese locali che presiedete, che amate e servite.


7. Ci sono molti problemi particolari che sono oggetto della vostra attenzione ma non possono essere adeguatamente commentati in questo momento. Uno di essi è l'importante questione della Namibia. Siate certi che la Santa Sede sta seguendo questo problema in tutti i suoi dettagli con profondo interesse e viva sollecitudine per il bene del popolo stesso.

La mia ultima parola a voi, cari fratelli, è una parola di speranza. Con grande amore in nostro Signore Gesù Cristo, invio il mio messaggio di speranza a tutti i vostri cari sacerdoti, religiosi e laici. Ricordate sempre che Cristo è con voi. Il suo Spirito dimora in voi, e la sua parola vi sostiene. Cristo non abbandona mai i suoi discepoli, e a tutti voi egli ripete: "Abbiate fiducia! Io ho vinto il mondo" (Jn 16,33).

1987-11-27 Data estesa: Venerdi 27 Novembre 1987




Ai vescovi di Berlino in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Materialismo pratico e ideologismo offuscano cuori e menti

Testo:

Cari confratelli nell'episcopato! 1. Nella certezza del nostro profondo legame quali membri del Collegio dei vescovi, e della nostra intima unità in Cristo, che anche oggi ci precede sul cammino del popolo di Dio, vi ricevo oggi, al termine della vostra visita "ad limina", qui in Vaticano, il luogo della testimonianza di fede perenne dell'apostolo Pietro e dei suoi successori. A voi tutti va il mio saluto fraterno.

Subito ricordiamo anche quei confratelli che non partecipano al nostro incontro, e particolarmente l'onorato vescovo Schaffran che lascia per motivi di età l'incarico di guida della diocesi di Dresda-Meissen.

Con gioia saluto in voi inoltre i preti, le persone consacrate e tutti gli uomini, le donne e i giovani cattolici affidati a voi, vescovi della Conferenza dei vescovi di Berlino. Con speciale partecipazione ho seguito nel luglio di quest'anno il vostro incontro dei cattolici a Dresda e l'ho accompagnato con la mia preghiera. Desidererei esprimere i miei cordiali auguri a voi e a tutti i partecipanti per la vostra preparazione di questo incontro, per la partecipazione attiva di tutti i gruppi delle vostre Chiese locali nell'autocoscienza di fede e nell'esemplare gioia spirituale, per la dimostrazione festosa e fiduciosa della nostra vita di fede, che non minaccia nessuno, ma si apre ai fratelli lontani dalla fede nell'amore di Cristo.


2. La situazione della vostra Chiesa locale è caratterizzata dal fatto che vivete in un mondo che spesso non conosce Dio o lo ha dimenticato. così uno dei vostri compiti più importanti è di lavorare per quell'evangelizzazione di base, che operi "la conversione dagli idoli a Dio affinché gli uomini possano servire il Dio vivo e vero" (cfr. 1Th 1,9). E' nostra convinzione comune che la più profonda e vera attesa dell'uomo sia rivolta ultimamente a Dio che è via, verità e vita nella pienezza. L'ateismo e il materialismo che vi circondano hanno molte sfaccettature.

Vi opprime un ateismo che assorbe tutti gli ambiti della società e che considera la religione un pensiero sbagliato. Ancor di più vi opprime il materialismo pratico di ogni giorno ormai diffuso, che rende il cuore ottuso e gli occhi ciechi.

Le persone che riflettono si convincono sempre di più che la visione del mondo che esclude la verità di Dio dalla vita dell'uomo e della società non può nemmeno ben comprendere il valore dei veri bisogni terreni dell'uomo e i grossi problemi del presente e del futuro. Non lasciatevi per questo scoraggiare come piccola chiesa nel vostro paese. Avete nella vostra società un compito importante e insostituibile: siete testimoni del Dio vivo! Fate in modo che attraverso la vostra testimonianza di vita e di fede altre persone trovino accesso alle sorgenti della vita che il Vangelo ci mostra così riccamente! Potete essere certi che altre Chiese locali in situazioni simili guardano con attenzione alla vostra testimonianza missionaria per attingere per loro stimolo e incoraggiamento.


3. Solo chi è pronto a un cambiamento e a una conversione della vita può dare una vera testimonianza alla presenza santificante di Dio. L'efficacia della vostra testimonianza di fede dipenderà dall'intensità con la quale tutti i credenti seguiranno la chiamata di Gesù Cristo il quale ha detto: "Dovete essere perfetti come perfetto è il Padre vostro celeste" (Mt 5,48). E l'apostolo Paolo ripete questa esortazione con le parole: "Ciò che Dio vuole da voi è la vostra santità" (1Th 4,3). Possiamo portare qualcosa al mondo solo se noi prima ci facciamo afferrare dal signore e trasformare in persone nuove.

perciò il punto cruciale della vostra azione e della vostra vita pastorale dovrà coincidere con lo sforzo di rinsaldare e approfondire il legame vivo con Gesù Cristo, nostro Signore nelle vostre comunità e famiglie. "Lontani da me non potete fare nulla" dice il Signore (Jn 15,5). Già la ristrettezza dei mezzi e delle possibilità vi costringe a concentrarvi sugli essenziali compiti pastorali. Preoccupatevi affinché in tutte le espressioni di vita ecclesiale quel profondo attaccamento a Cristo e la pienezza di spirito siano la sorgente di tutto l'agire. Essa può dare alla Chiesa, anche in una situazione di minoranza, una forza convincente e una speranza irremovibile. Concordo pienamente con il principio da voi espresso nella lettera pastorale dell'8 settembre dello scorso anno indirizzata ai vostri preti e ai vostri diaconi: "I cristiani, la cui fede plasma tutta la vita, agiranno come un fermento positivo in ogni società, anche nella nostra".

Con gioia guardo a quei movimenti e comunità che stanno sorgendo tra di voi e che, stimolati dallo Spirito Santo, donano nuova forza vitale alla Chiesa.

L'ultimo Sinodo dei vescovi li ha apprezzati e incoraggiati in modo particolare.

Con gratitudine constato le numerose vocazioni religiose tra voi, che aiutano la Chiesa a "pregare Dio in Spirito e Verità" (cfr. Jn 4,23). Attraverso di voi sono venuto a conoscenza della vigorosa testimonianza di fede di così tanti giovani cristiani che rimangono fedeli a Cristo nella scuola e nel lavoro. L'evidenza di tali frutti dello spirito dovrebbe rendervi riconoscenti e fiduciosi.


4. La strada fondamentale, alla quale la Chiesa è chiamata, è l'uomo e cioè l'uomo in tutte le sue condizioni di vita. Là in ogni luogo - possiamo credere questo nella fede - vi ha già preceduto Cristo. Si, è vero, ciò che lei, venerato signor cardinale, ha detto nella predica durante la funzione a Dresda: "Questo pezzo di mondo, la vostra patria, veramente non è un mondo, senza Dio. perciò per noi cristiani questo paese è una dimora poiché Dio abita in esso". Nella vostra lettera pastorale già citata avete reso accessibili, con un linguaggio lodevolmente chiaro e comunque anche differenziato, ai vostri confratelli cristiani e soprattutto ai pastori le vie pratiche e spirituali in questo "mondo" e avete sviluppato criteri per una condotta libera e allo stesso tempo cosciente di sé nei singoli ambiti della vita.

La Chiesa deve cercare di comprendere l'uomo con le sue speranze e tristezze, con le sue paure e i suoi bisogni. Ciò è possibile solo se i pastori e i collaboratori della Chiesa condividono in solidarietà fraterna la vita degli uomini della loro terra e si sentono uniti ad essi. L'opera caritativa della vostra Chiesa è una viva testimonianza di questa solidarietà con i poveri e i malati, gli abbandonati e i sofferenti, verso i quali l'amore di Cristo ci spinge.

Non sarà facile, di fronte a una diminuzione delle opere religiose di carità, portare avanti in ogni caso queste strutture e opere come luoghi di lavoro cristiano. Al ringraziamento per coloro che fino ad ora hanno svolto questa attività si riallaccia la speranza che molti laici cristiani si sentano chiamati a dare una convincente espressione alla loro fede nel servizio della Caritas. così vi incoraggio a prendere in considerazione anche le nuove necessita dell'uomo d'oggi, necessità che sorgono dalle moderne condizioni di vita con la tendenza all'isolamento e all'indebolimento della singola persona in alcuni ambiti.

Le vostre comunità diventano così luoghi di umanità e solidarietà per le persone fallite e svantaggiate, per i "deboli" sotto un certo punto di vista.

Spalancate le porte della Chiesa a tutti coloro che cercano qualcuno, secondo l'amore del nostro Salvatore. Rivolgete l'attenzione anche a coloro che rimangono ancora nell'atrio della Chiesa e non sanno decidersi a un si pieno a Cristo. Anche per loro vale la parola del Signore: "Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorero" (Mt 11,28). Infine alla Chiesa spetta anche il compito dell'impegno per la dignità dell'uomo. I pastori della Chiesa eleveranno la loro voce di esortazione là dove sono in pericolo i diritti fondamentali dell'uomo; si impegneranno anche per la protezione della vita prima della nascita, per un libero campo d'azione della Chiesa soprattutto nell'istruzione e nell'accompagnamento dei giovani. In questo contesto sostengo espressamente la richiesta da voi avanzata a Dresda, che i vostri cristiani in futuro possano fare pellegrinaggi a Roma su normali vie come molti cristiani cattolici di altri paesi, per incontrare il Santo Padre. Chiederete gli aiuti della Chiesa negli ambiti nei quali essa può offrire un contributo del Vangelo di Cristo per il bene comune della società e dei concittadini che vivono in essa. I cristiani nel vostro paese desiderano giustamente offrire le loro capacità e le loro abilità alla vostra società senza con ciò dover rinnegare le loro convinzioni di fede. così una Chiesa, che testimonia e pratica in parole e fatti l'amicizia di Dio agli uomini, preparerà sempre di più i cuori degli uomini ad accogliere il Figlio di Dio fatto uomo.

Cari fratelli! Dio, nostro Padre fedele e misericordioso, vi sostenga e vi guidi nel vostro non facile compito di pastori e ricolmi abbondantemente il vostro cuore della gioia del Signore. Ascolti egli la nostra preghiera che noi vogliamo rivolgere a lui al termine del nostro incontro fraterno con le parole della liturgia: "Signore, nostro Dio, ci siamo riuniti nel nome del tuo Figlio e gridiamo a te... rendici attenti al nostro compito in questo tempo e dacci la forza di adempierlo" (Orazione). Chiedo questo per voi, per i vostri collaboratori e tutti i fedeli nelle vostre diocesi, con la mia speciale benedizione apostolica.

1987-11-27 Data estesa: Venerdi 27 Novembre 1987




Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Un passo significativo la visita del patriarca Dimitrios I

Testo:

Carissimi fratelli e sorelle.


1. Vorrei proporre oggi alla vostra attenzione un evento ormai prossimo, che tutti ci riempie di gioia. Giovedi 3 dicembre, infatti, verrà in visita a Roma il patriarca ecumenico Dimitrios I, il quale si tratterrà fra noi per alcuni giorni.

Venendo qui, questo illustre ospite ripercorrerà il cammino che anche a me è stato dato fare verso di lui, nel novembre del 1979, durante la mia visita ad Istanbul per partecipare alla celebrazione della festa del patrono del patriarcato ecumenico, sant'Andrea apostolo, fratello di Pietro.


2. Questa visita fa parte di un lungo cammino, avviato da Giovanni XXIII e dal patriarca Athenagora, predecessore di Dimitrios, e proseguito da Paolo VI, da me e dal patriarca Dimitrios, un cammino che vuole condurre, dopo tanti secoli, verso la ricomposizione dell'unità dei cristiani nell'unica Chiesa di Cristo.

La visita del patriarca Dimitrios, che ci onora tutti, è un altro significativo passo per comprenderci meglio e per vivere insieme importanti eventi ecclesiali. Affido alla vostra preghiera questa importante circostanza, perché Cristo ci aiuti a viverla in tutta la sua ricchezza. Preghiamo perché essa rechi tutti i frutti che noi speriamo; perché porti la gioia di un incontro fraterno; porti la pace, che è frutto dell'amore.


3. Domani si celebra al patriarcato ecumenico la festa di sant'Andrea. Come ogni anno, si è recata a Istanbul una delegazione della Chiesa cattolica, guidata dal card. Giovanni Willebrands. Il cardinale porta i sentimenti della Chiesa di Roma per l'imminente venuta del patriarca ecumenico. Speriamo che sant'Andrea intercederà perché le nostre preghiere siano particolarmente gradite a Dio.

Non è poi della più grande importanza il fatto che questa visita del patriarca Dimitrios alla Chiesa di Roma avvenga nell'anno dedicato alla Vergine Maria? Tutti conosciamo la fervida devozione con cui le Chiese orientali, e in particolare quella di Costantinopoli, onorano la santa Madre di Dio Maria, che ha seguito fedelmente l'opera del Figlio, e nel cenacolo ha ricevuto con tutti gli apostoli l'effusione dello Spirito, certamente segue i nostri passi, dell'uno verso l'altro. A lei affido questo storico momento.

Alla Tuttasanta chiedo, assieme con voi, la forza di progredire nella peregrinazione della fede, di cui ella è il più bell'esempio, affinché insieme, cattolici e ortodossi, possiamo giungere all'unità voluta dal Signore (cfr. RMA 30).

1987-11-29 Data estesa: Domenica 29 Novembre 1987




Nella parrocchia del Sacro Cuore di Gesù - Roma

Titolo: Ridare un volto, un'identità a quanti risiedono nel quartiere

Testo:

[Omelia:] "Tu, pastore d'Israele, ascolta" (Ps 79,2).


1. Fratelli e sorelle, eccoci alla prima domenica di Avvento. La liturgia della Chiesa ascolta la voce dell'antica alleanza. Questa voce risuona nel salmo responsoriale con un fervore particolare: Avvento vuol dire venuta, vuol dire pure attesa. Il Salmista grida: "Tu, pastore d'Israele, ascolta... Risveglia la tua potenza e vieni in nostro soccorso" (Ps 79,2-3).

E poi risuona lo stesso grido che sale direttamente dal cuore, sale dal profondo delle esperienze degli uomini dell'antica alleanza: "Dio degli eserciti, volgiti, / guarda dal cielo e vedi / e visita questa vigna, / proteggi il ceppo che la tua destra ha piantato, / il germoglio che ti sei coltivato" (Ps 79,15-16).


2. Parlare così, può soltanto un uomo consapevole dell'alleanza con Dio.

Consapevole della scelta. Consapevole del fatto che Israele è il gregge del divino Pastore. perciò non grida soltanto "vieni!", ma "volgiti!" e "visita!". Chiede che Dio, con la stessa potenza che ha dimostrato nei momenti decisivi della storia del suo popolo, entri di nuovo in questa storia. Per proteggere la vigna che lui stesso ha piantato. Per venire in soccorso.

Il linguaggio del Salmo è poetico, metaforico. Ma il significato delle parole univoco. Il Salmo è preghiera per la nuova venuta di Dio, che si è legato con Israele col vincolo dell'alleanza. Perché una nuova venuta? Perché l'eredità dell'alleanza è minacciata fra gli uomini. il Salmista grida: "Da te più non ci allontaneremo, ci farai vivere..." (Ps 79,19).


3. Prima domenica di Avvento. Prendiamo in prestito queste calde parole dell'Antico Testamento: l'Avvento infatti è sempre il periodo di un tale grido a Dio - sia nell'antica come nella nuova alleanza. Ovunque e sempre, dove l'uomo grida a Dio "vieni!", si rinnova l'Avvento. Questo non è un grido nel vuoto.

L'uomo che grida a Dio "vieni... volgiti... visita!" è consapevole che Dio non è soltanto colui che esiste in se stesso, sopra e oltre il mondo, ma è colui che si muove verso il mondo creato, verso l'uomo in questo mondo.

Proprio questo annunzia il profeta Isaia nella splendida prima lettura della liturgia odierna: "Tu vai incontro a quanti praticano la giustizia / e si ricordano delle tue vie" (Is 64,4). E quando non "pratichiamo" questa giustizia, quando ci dimentichiamo delle "vie del Signore", allora - leggiamo - "Dio nasconde il suo volto da noi e ci mette in balia della nostra iniquità" (Is 64,6). E' proprio questo spaventa il profeta. Ha paura di questa indifferenza da parte dell'uomo, perché, in pari tempo, ha paura che Dio si allontani, e le nostre iniquità "ci portino via, come il vento porta via le "foglie avvizzite" (cfr. Is 64,5).


4. E' profondamente penetrante questo dialogo del profeta con Dio. Con colui che è Dio del continuo Avvento, che sempre "va incontro". Isaia ne è certo, nonostante tutti i peccati e le apostasie dell'uomo. perciò grida: "Ma, Signore, tu sei nostro padre. / Noi siamo argilla e tu colui che ci dà forma, / tutti noi siamo opera delle tue mani" (Is 64,7). Il Dio di Isaia è creatore. Creando "è andato incontro" al suo creato, "è andato incontro all'uomo" nel mondo. Non si è fermato a distanza, indifferente nei confronti di ciò che ha creato e di chi ha creato.

"Orecchio non ha sentito, / occhio non ha visto - confessa il profeta - / che un dio, fuori di te, abbia fatto tanto / per chi confida in lui" (Is 64,3).

Si. Il Dio di Isaia, Dio d'Israele e Dio della rivelazione, è pure il Dio "per" il mondo, il Dio "per" l'uomo. Cristo dirà un giorno di lui, che "ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché l'uomo non muoia" (cfr. Jn 3,16), ma abbia la vita eterna.


5. Fratelli e sorelle, la nostra consapevolezza dell'Avvento cresce sul terreno della rivelazione dei Dio dell'alleanza. E' Dio che desidera la salvezza dell'uomo: "Da sempre ti chiami nostro redentore", dice il profeta (Is 63,16). E, preso da una santa "spavalderia", come un tempo Mosè sui versanti del Sinai, grida: "Se tu squarciassi i cieli e scendessi! / Davanti a te sussulterebbero i monti" (Is 63,19). E' un grande grido dell'anima umana. Un grido perenne. Isaia esprime il desiderio che travaglia più profondamente lo spirito umano. Questo desiderio dirige l'uomo verso l'Avvento definitivo.


6. Nella seconda lettura, tratta dalla Prima Lettera dell'apostolo Paolo ai Corinzi, si parla dell'Avvento che si è già compiuto come "grazia che ci è stata data - a noi uomini - in Cristo Gesù". In lui "siamo stati arricchiti di tutti i doni: nessun dono di grazia ci manca". Al tempo stesso siamo tuttora in attesa della "manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo" (cfr. 1Co 1,4 1Co 1,5 1Co 1,7).

L'Avvento della nuova alleanza rende testimonianza a ciò che è già stato compiuto, a colui che già si "è fatto carne" e nello stesso tempo in modo nuovo ci prepara ancora alla venuta del "giorno del Signore nostro Gesù Cristo". All'ultimo giorno. Viviamo dunque tra un "già" e un "non ancora". Contemporaneamente l'Apostolo sottolinea che Dio, il quale ci ha chiamati alla comunione con suo Figlio, "è Dio fedele" (cfr. 1Co 1,8 1Co 1,9).

Si può dire, ritornando alle parole di Isaia, che egli "ha già squarciato i cieli ed è sceso", e contemporaneamente che, nella comunione con lui, noi aspettiamo ancora l'Avvento definitivo: il definitivo squarciarsi dei cieli alla fine del mondo.


7. perciò la parola centrale del Vangelo diventa la parola "Vegliate": "Vegliate perché non sapete quando il padrone di casa ritornerà". "Siate attenti, vegliate, perché non sapete quando sarà il momento preciso" (Mc 13,35 Mc 13,33).

Questo "vegliate" evangelico, anno per anno, assume sempre di nuovo un significato attuale. E benché il tempo dell'antica alleanza sia già passato e la profezia di Isaia si sia avverata, tuttavia si può, e si deve, ulteriormente ripetere, sugli uomini della nostra epoca, ciò che una volta disse il profeta: "Perché, Signore, ci lasci vagare lontano dalle tue vie e lasci indurire il nostro cuore, così che non ti tema?" (Is 63,17).

Indurito: l'uomo della nostra epoca non cessa forse di essere sensibile a Dio? Non si adegua forse a un programma di vita, concepito come se Dio non esistesse? 8. L'esperienza del "cuore indurito" nell'uomo del nostro tempo, rende più urgente, questa sera, una domanda: qual è la vocazione e la missione di una parrocchia dedicata al Cuore di Cristo in uno dei centri più dinamici di Roma, crocevia di speranze e culture, di istituzioni e iniziative? A cento anni dalla dedicazione di questo glorioso tempio, sorto grazie alla volontà di due Papi, nonché di vari vescovi del mondo e del loro clero, ma soprattutto all'impegno generoso di san Giovanni Bosco - ormai giunto alla sera della sua vita - e della Società salesiana, è opportuno fermarsi un momento, all'inizio dell'Avvento, per riscoprire insieme il progetto di Dio su questa porzione del suo popolo.

Due particolari mi sembrano significativi nella storia di questa basilica. All'indomani dell'unità d'Italia don Bosco la volle più lunga del previsto; nel 1929, poi, alcuni ex allievi salesiani la resero più alta collocandovi la statua del Redentore. Due segnali storici e architettonici che oggi ci consegnano una realtà di servizio e di fede: una chiesa in crescita orizzontale e verticale, come luogo di fraternità nello spazio e nel tempo e come costante richiamo alla paternità trascendente di Dio. Qui si rispecchia il "genio dell'umile sacerdote", don Bosco: offrire a Roma e al mondo, in obbedienza alla volontà del Papa e con proprio non lieve sacrificio, una chiesa emblematica, che attraverso il messaggio del cuore di Cristo si faccia "casa di fratelli" perché "casa del Padre".


9. Dalla basilica alla comunità parrocchiale, in mezzo a una popolazione residente di tremila persone, con un migliaio di nuclei familiari, la vostra presenza pastorale si concepisce e si realizza sempre di più come servizio al cuore di Cristo che cerca il cuore degli uomini concretamente viventi in questo territorio.

Missione sublime e difficile! Per questo siete impegnati a riproporre in tutte le occasioni, con mezzi antichi e nuovi, la buona novella del suo amore, i progetti del suo cuore; per questo la liturgia, la catechesi, l'attenzione ai giovani, e la carità operosa sono la base della vostra pastorale, in sintonia col piano diocesano di "comunione e comunità missionaria". Il Papa vi esorta nel generoso sforzo di ridare un volto, un'identità a coloro che risiedono stabilmente nel quartiere. Proprio perché attraversato da un alto tasso di non residenti e perché densamente occupato da servizi commerciali, questo quartiere ha bisogno di abitanti non timorosi né passivi, ma coraggiosi e ricchi di fantasia. Tutti i gruppi parrocchiali si sentano impegnati a dare profonde motivazioni umane e cristiane a piccoli e anziani, giovani e adulti per la ricomposizione del tessuto sociale. Ognuno ha ricevuto dallo Spirito un dono per l'utilità comune.


10. Dai residenti, infine, a quanti approdano nei modi più diversi a questo quartiere la vicina stazione Termini è una calamita di problemi, ma moltiplica anche le occasioni di bene. Gli uni e le altre, normalmente, vanno al di là delle forze e delle competenze della singola comunità parrocchiale: qui, più che altrove, si avverte l'esigenza del coordinamento tra parrocchie e organismi diocesani da un lato, e del collegamento con le istituzioni civili e professionali dall'altro. E' un difficile banco di prova, che vi vede già all'avanguardia con iniziative socio-culturali e spirituali che testimoniano e stimolano la solidarietà: il benemerito Centro di accoglienza "Don Bosco" per giovani stranieri, in collegamento con la Caritas diocesana, le case-alloggio per emarginati, il comitato di coordinamento per i problemi e le feste del quartiere, gli incontri periodici per fasce d'età e famiglie, le liturgie per la comunità filippina di Roma e il prezioso, ininterrotto ministero del sacramento della penitenza.

In questo cammino per fare della parrocchia una comunità veramente aperta, vi animi sempre il carisma missionario di don Bosco e la spinta della Chiesa italiana, che sollecita ogni parrocchia a diventare "comunione di comunità", luogo prioritario in cui nascono, si riconoscono e maturano i diversi ministeri della Parola, dell'Eucaristia e della Carità.

Saluto con affetto il card. vicario Ugo Poletti e il vescovo ausiliare del Settore Roma-Centro, mons. Filippo Giannini... saluto pure il parroco, don Filippo Giua e i sacerdoti che con lui collaborano, indirizzando loro una particolare parola di apprezzamento per le molteplici iniziative parrocchiali in cui sono impegnati ed esortandoli a perseverare in esse con slancio rinnovato. E un saluto molto cordiale rivolgo infine ai laici che generosamente spendono parte del loro tempo nelle varie attività della parrocchia, favorendone l'irraggiamento pastorale in ogni ambiente del quartiere.

Cristo, che ha aperto il mistero insondabile del suo cuore ai piccoli, doni a tutti la vittoria sulla "durezza del cuore", per "accoglierci gli uni gli altri con animo mite e generoso".


11. Infine, fratelli e sorelle, cominciando l'Avvento, i nostri cuori si rivolgono a colei che la Chiesa invoca con le parole: "Alma Redemptoris Mater". E ci rivolgiamo a lei particolarmente in questo Anno mariano, che prepara la fine del secondo e l'inizio del terzo millennio dalla nascita di Cristo.

In questo momento della storia ci rivolgiamo alla Vergine, scelta per essere la madre del Redentore. Seguendola nel pellegrinaggio della fede, noi speriamo di avvicinarci a colui che continuamente "viene incontro" all'uomo.

"Alma Redemptoris Mater", sii la nostra guida nel cammino che ci conduce incontro al tuo Figlio! [Ai piccoli:] E' per me una grande gioia essere in questa parrocchia tanto legata alla memoria personale di san Giovanni Bosco, specialmente in questa chiesa, vicino a questo altare, dedicato a Maria santissima Ausiliatrice, dove lui ha celebrato durante la sua vita. E poi v'è un'altra bella coincidenza: oggi iniziamo il nuovo anno liturgico con la prima domenica d'Avvento. E nello stesso tempo questo anno ci porterà al primo centenario della beata morte di san Giovanni Bosco, beata perché era la morte di un santo e la Chiesa gioisce sempre di questa morte che è l'inizio di una nuova vita piena della santissima Trinità, dell'abbraccio di Dio. Questa sua morte, possiamo dire, era il giorno del suo avvento perché è giunto alla patria celeste cui aspirava durante tutta la sua vita. E vi aspirava amando soprattutto i giovani. Ed ecco un altro motivo di gioia: il mio primo incontro in questa vostra parrocchia dedicata al Sacro Cuore di Gesù è con voi, i parrocchiani più piccoli, a cominciare da quelli piccolissimi, per passare a quelli dell'asilo, fino a quelli della scuola primaria e poi, forse ad alcuni un po' più grandi. Ma soprattutto mi rivolgo a quelli più piccoli che vivono il loro periodo della prima Comunione, prima e dopo il Sacramento. E così essi vivono intensamente il mistero dell'Avvento perché questo mistero ha tanti significati nella vita. Abbiamo sentito come per san Giovanni Bosco, cento anni fa, il momento di avvento fu la sua beata, santa morte: è passato da questa vita al cielo, alla patria celeste. Ma per voi piccoli, il momento dell'Avvento di Cristo è il Battesimo. Per ciascun cristiano, in quel momento, Dio Incarnato, Cristo viene, irrompe nell'anima, e fa di questa anima una dimora della sua presenza, della sua grazia. E poi al momento della prima Comunione quando sotto le specie del pane e del vino dobbiamo invitare Cristo nella sua persona, nel suo corpo, nel suo sangue, nella nostra anima, dobbiamo entrare nella comunione eucaristica con lui; così lui viene da noi. E' il momento del suo Avvento in ciascuno di noi. E' per noi, per ciascuno di noi il suo Avvento. Allora vi auguro, carissimi, in questo tempio, così marcato dalla beata memoria di un grande santo che amava soprattutto i giovani, i ragazzi, i bambini, vi auguro, ragazzi e ragazze, di vivere bene quel vostro Avvento sotto le forme diverse, proprie della vita cristiana. E poi auguro ai vostri genitori qui presenti, come anche ai vostri educatori, laici, religiose e sacerdoti, di partecipare di questa grande gioia: l'Avvento di Gesù nei piccoli, Avvento sacramentale, Avvento battesimale, Avvento eucaristico. Raccomando a tutti di condividere questa gioia di tutta la Chiesa, di condividere la gioia di san Giovanni Battista che prepara le strade del Signore. Ecco siete voi, genitori, siete voi educatori, sacerdoti, voi suore religiose che preparate l'Avvento, la venuta di Gesù nelle anime dei giovani.

[Agli ammalati:] La mia parola finale la rivolgo ai carissimi ammalati.

Anche loro vivono l'Avvento di Gesù nella loro sofferenza. Questa vi rende fratelli e sorelle più vicini e più simili a Gesù redentore nostro. Vi auguro di vivere bene, cristianamente, la vostra sofferenza per la salvezza del mondo per la santificazione di ciascuno di voi e per la santificazione del mondo. così come ha vissuto, sofferto Gesù. Sappiamo bene che ci ha redento e salvato tramite la sua croce, la sua sofferenza. Sappiate, nella croce c'è sempre l'inizio della risurrezione. Questo ci insegna Gesù e questo dobbiamo imparare giorno per giorno da lui, dal suo mistero pasquale.

[Alle religiose:] Sappiamo bene che Dio creatore ha chiamato all'esistenza un maschio e una femmina e così anche ha chiamato nella famiglia Salesiana, una famiglia maschile e una femminile. Ma questo lo dico per i Salesiani, per non perdere la loro simpatia. Qui sono raccolte diverse famiglie religiose femminili e occorre dire che nel mondo intero, nella Chiesa universale esse sono molto più numerose delle famiglie maschili dei religiosi. Ciò vuol dire che il Signore vi chiama e viene ascoltato da voi. C'è tuttavia chi lamenta, soprattutto nel mondo occidentale, il decremento di vocazioni religiose femminili; ma speriamo che con la forza della preghiera sarà possibile superare questa difficoltà. Perché nella Chiesa deve permanere l'abbondanza di quel vostro carisma, di quella vostra testimonianza, testimonianza che scaturisce dal vostro apostolato, soprattutto dalla vostra consacrazione, consacrazione che è parte costitutiva della Chiesa, in quanto tutti siamo consacrati dal momento del nostro Battesimo; ci vuole poi un'espressione esplicita, un'intenzionalità specifica di quella consacrazione, un'espressione pluriforme di quella consacrazione e questo siete voi. Vi auguro di trovare in questa strada la gioia spirituale, gioia e pace spirituale che solamente Cristo ci può dare e di portare questa gioia e questa pace agli altri.

[Ai lavoratori:] Quando si va alla parrocchia del Sacro Cuore si pensa subito alla ferrovia. Molte volte anch'io ho avuto la possibilità di giungere qui a Roma attraverso la ferrovia, venendo dalla mia Patria, o ancora ritornandovi.

perciò conosco molto bene questa zona e sono sempre grato alla vostra grande famiglia di operatori ferroviari, che certamente è una famiglia di dimensione internazionale. Voglio approfittare di questa occasione per ringraziare voi qui presenti. Auguro tutto il bene per voi e per le vostre famiglie e poi per la vostra professione legata ai servizi sociali; servizi nel campo della comunicazione; quando si parla della comunicazione si pensa in prevalenza ai mass-media, invece la prima comunicazione sociale è quella spaziale. Auguro sempre bene a voi che svolgete questo importante compito e a tutti quelli che collaborano nella ferrovia italiana e specialmente nelle strutture romane. Vi auguro in questa prima domenica di Avvento di incontrare di nuovo, nel presepio che annualmente allestite all'interno della Stazione Termini, il nostro Signore Salvatore Gesù Cristo.

[Ai giovani e ai fratelli africani e filippini:] Qui si respira l'atmosfera della gioventù e questa si respira sempre quando ci si trova vicini a don Bosco perché era l'atmosfera della sua esistenza sempre vissuta tra i giovani e per i giovani. San Giovanni Bosco sapeva guidare i giovani alla santità.

Naturalmente anche la sua epoca non era priva di difficoltà. Voi incontrate oggi tante difficoltà. Ma cento anni fa, all'epoca di don Bosco, le difficoltà erano, se non le stesse, analoghe. Lui sapeva avvicinare le persone, sapeva fare tutto quanto era utile per portare a sé i giovani, sapeva dare consigli risolvere i problemi, guidare, perché pregava, perché si sacrificava, perché amava. Vi auguro di trovare tutto questo nella vostra comunità giovanile di questa parrocchia grazie all'apostolato dei figli di san Giovanni Bosco, i salesiani, ma anche grazie al vostro apostolato. Gli ambienti e le comunità giovanili di san Giovanni Bosco, alla sua epoca, ma anche in quelle successive, erano sempre gli ambienti di un apostolato giovanile molto intenso e attraverso il suo apostolato personale e quello comunitario si facevano camminare tutti verso un solo scopo: la santità e l'onestà della vita. Era un cristianesimo profondamente vissuto e praticato, che si fa Vangelo, che si fa vita per i giovani. così facendo, attraverso il Vangelo, i giovani riscoprono la ricchezza della vita; anche se sono poveri o se hanno difficoltà di tipo personale essi riscoprono la ricchezza che hanno dentro di loro.

La vostra comunità è molto particolare, qui non sono solamente i figli di questa terra italiana, di Roma, ma anche gruppi venuti dall'Africa e altri venuti dalle Filippine e forse non solamente da queste due terre. Esprimo la mia gioia per il fatto che questi gruppi hanno trovato una buona accoglienza tra voi.

Si sentono fra voi come fratelli, come amici. E camminano insieme con voi, con lo stesso entusiasmo, con la stessa ispirazione ecclesiale di san Giovanni Bosco.

Questo è un vero apostolato non solamente per la Chiesa romana e per la vostra parrocchia, ma un vero apostolato per la Chiesa Universale. Noi ci vediamo uniti con tanti altri giovani del mondo. Nei miei viaggi, nelle visite che faccio in diverse parti del mondo, dappertutto incontro i giovani e tutti sono vostri coetanei, vostri fratelli, fratelli nell'umanità, fratelli nel battesimo, fratelli in Cristo. Vi auguro di camminare insieme con tutti questi giovani, di camminare coraggiosamente, con più entusiasmo, verso un mondo più cristiano e più umano, un mondo migliore. Questo è il significato dell'Avvento. Oggi cominciamo quel periodo liturgico che ci prepara a Natale: questo periodo significa, appunto, un cammino verso un mondo migliore. Questo viene da Dio. E questo mondo migliore ci viene incontro, se noi andiamo incontro a Cristo, come sono andati i pastori a Betlemme.

[Ai laici:] Per me questa visita a questa chiesa tanto legata a san Giovanni Bosco, alla sua opera, è una grande gioia. Qui riuniti sono i rappresentanti dei gruppi, dei movimenti, e a ciascuno e a tutti voglio indirizzare una parola di apprezzamento e di incoraggiamento. Qui sono rappresentate anche le famiglie e certamente voi come padri e madri avrete le vostre sollecitudini familiari, ma anche la parrocchia è una famiglia, più allargata, e anch'essa vuole la stessa sollecitudine. Certamente questa sollecitudine è propria del parroco, dei sacerdoti, ma ci vuole anche la sollecitudine dei laici. Dico questo con l'impressione ancora molto viva del Sinodo che ha affrontato il problema della missione dei laici nella dimensione della Chiesa universale. Voi questa missione la espletate nel consiglio pastorale e allora vi auguro di continuare con questa vostra sollecitudine di cristiani, di laici impegnati nella vita della parrocchia, che si sentono corresponsabili insieme con il parroco e gli altri sacerdoti. Il bene della vostra comunità, così complessa, ha bisogno della vostra opera di laici, del vostro impegno come consiglio pastorale e come parrocchia.

1987-11-29 Data estesa: Domenica 29 Novembre 1987





GPII 1987 Insegnamenti - A un incontro interconfessionale - Città del Vaticano (Roma)