GPII 1987 Insegnamenti - Ai vescovi del Gabon in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Ai vescovi del Gabon in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Formazione integrale del popolo di Dio, priorità pastorale

Testo:

Cari fratelli nell'episcopato.


1. E' con molta gioia che vi do il benvenuto a Roma, in occasione della vostra tradizionale visita "ad limina", la seconda dopo il nostro incontro a Libreville in occasione del mio viaggio nel Gabon nel febbraio 1982.

Ringrazio vivamente mons. Makouaka, vescovo di Franceville e presidente della Conferenza episcopale del Gabon, per essersi fatto amabilmente vostro portavoce. Rivolgendovi i miei fraterni saluti, ho presente i sacerdoti, i religiosi, le religiose, i catechisti e tutti quelli che, assicurando i diversi servizi, vi assistono nel vostro compito pastorale: vi prego di trasmettere loro i miei sentimenti di profondo affetto e anche la mia gratitudine per la loro attiva e generosa partecipazione all'opera comune di evangelizzazione.

Avete appena stretto nuovamente i vostri legami di comunione con l'intero collegio episcopale attraverso la persona del vescovo di Roma, e rafforzato il vostro attaccamento, e quello dei fedeli della vostra diocesi, al successore di Pietro. Vi auguro di cuore che il vostro pellegrinaggio alle tombe dei santi apostoli e la vostra visita alla Santa Sede vi portino gioia e conforto nel vostro ministero.


2. Vorrei con voi rendere grazie al Signore per il dono della fede: il vostro paese è stato uno dei primi ad accoglierla in Africa centrale ed essa ha dato frutto. Mi sembra anche che oggi ci sia nei giovani del Gabon un ritorno d'interesse per la persona di Cristo e per il suo messaggio. Questo si nota dal crescente numero di risposte alla chiamata di Dio con la scelta dei giovani per la vita religiosa o sacerdotale. Ho appreso con gioia che i piccoli seminari di Saint-Kisito d'Oyen e Saint-Jean de Libreville avevano accolto un maggior numero di candidati e così pure il seminario maggiore. Possiamo avere in ciò un motivo di speranza per l'avvenire, constatando la generosità dei giovani che hanno il coraggio di lasciare tutto per seguire Cristo e riuscire anche nella vita.


3. Le vostre relazioni quinquennali mi hanno fatto vedere quali sono le vostre preoccupazioni pastorali e di conseguenza verso quali aspetti avete intenzione di dirigere i vostri sforzi. Desiderate investire molto nella formazione di un laicato gabonese capace di testimoniare autenticamente la propria fede. In questo siete in linea con il recente Sinodo dei vescovi che considera questo compito prioritario: "I cristiani laici hanno una sete di vita interiore, di spiritualità, e un crescente desiderio di impegno missionario e apostolico... La formazione integrale di tutti i fedeli, i laici, i religiosi e chierici deve essere oggi una priorità pastorale" (Messaggio al popolo di Dio, 29 ottobre 1987, n. 12).

Il nostro primo compito di pastori, infatti, è di portare la parola di Dio agli uomini affinché diventino il "popolo fedele", fortificato dalla pratica sacramentale, impegnato nelle attività vitali della Chiesa, sotto la spinta della grazia e della carità. I laici cristiani hanno una missione spirituale che ricevono dal loro Battesimo e dalla Cresima. Lungi dall'essere assente dai loro impegni professionali, la loro fede deve incoraggiarli a trasformare la società secondo il piano divino e chiamarli a costruire un mondo che favorisca la promozione integrale dell'uomo e il suo inserimento attivo nella società.

Vi esorto quindi a continuare l'educazione della fede del vostro popolo con una catechesi adeguata. così che i fedeli acquistino la maturità necessaria che eviterà loro di essere in balia di ogni dottrina e permetterà loro di affrontare efficacemente il proselitismo delle sette, attive nel vostro paese. In questa fatica di approfondimento della fede, le scuole cattoliche, che godono di una grande stima nel Gabon, sono delle opere chiave. In passato, esse hanno contribuito a formare l'élite del vostro paese e di altri paesi africani. Che esse possano mantenere lo spirito cristiano tra le generazioni che le frequentano e aiutare i giovani a comprendere bene il contenuto della fede e a esprimerla nella lingua della loro cultura! 4. Alla base della vita del "popolo fedele", ci sono la famiglia e il matrimonio cristiano. Voi misurate il lungo cammino da percorrere per affermare questo elemento fondamentale nelle strutture sociali. Una delle missioni del laicato è evangelizzare la società familiare, permettere a tutti coloro che la compongono, sposi e bambini, di tendere verso l'ideale che l'intera comunità dei cristiani ricerca. Nell'esortazione apostolica "Familiaris Consortio" (FC 2), rilevavo: "La famiglia cristiana è infatti la prima comunità chiamata ad annunciare il Vangelo alla persona umana in sviluppo e a condurre quest'ultimo con un'educazione e una catechesi progressive per la sua piena maturità umana e cristiana".

Il Sinodo dei vescovi ha richiamato, ancora una volta, il ruolo insostituibile della famiglia nella pedagogia della fede, auspicando che questa "diventi una vera "Chiesa domestica" nella quale si prega insieme, si vive il comandamento dell'amore in modo esemplare, in cui la vita è rispettata, accolta, protetta" ("Messaggio al popolo di Dio", n. 7). Nella pastorale delle coppie che animate e che incoraggiate, la partecipazione attiva delle famiglie già impegnate vi sarà preziosa. Attraverso una rete di famiglie nelle quali viene messo in pratica il Vangelo si trasmettono i valori morali e spirituali ai quali la gioventù gabonese ridiventa più sensibile.


5. Tra le vostre preoccupazioni maggiori, ho notato anche il problema delle vocazioni. Queste non sono ancora numerose, nonostante i segni promettenti, ai quali ho già fatto allusione. La Chiesa nel Gabon deve sempre più gravare sulla responsabilità dei Gabonesi, pur restando aperta all'aiuto fraterno di agenti apostolici venuti da altri paesi e aperta anche, da ora, all'invio in missione di Gabonesi stessi, ai quali le diocesi all'estero potrebbero fare appello.

Il risveglio e la perseveranza delle vocazioni sacerdotali e religiose, continua quindi, a giusto titolo, a trattenere la vostra attenzione. A questo proposito è bene notare che l'esempio di coloro che sono nel sacerdozio e il desiderio dei giovani di impegnarsi sono legati. E' anche importante che i giovani abbiano sott'occhio lo spettacolo di sacerdoti felici nel loro sacerdozio, che intrattengono con il loro vescovo una relazione personale di qualità. Ogni sacerdote deve poter fare esperienza che il vescovo non è un responsabile lontano, ma un pastore vicino a coloro che per primi condividono con lui il servizio dei fedeli. Una reale solidarietà tra sacerdoti e vescovi e una convivialità gioiosa e dinamica costituisce per i giovani un incoraggiamento importante nel percepire le chiamate che il Signore rivolge loro.


6. Cari fratelli nell'episcopato, prego Dio affinché queste considerazioni, offerte alla vostra riflessione all'atto della vostra visita, vi riconfermino nella fede, vi rinnovino nella speranza e vi confermino nell'amore che Dio ha per voi e per il vostro popolo.

Che il Signore faccia fruttificare il bel lavoro che compite con zelo! Affidiamolo insieme alla Vergine Maria, Regina degli apostoli, verso la quale i nostri sguardi si fanno ancora più supplichevoli nell'Anno mariano. Di cuore benedico voi e i vostri collaboratori e tutti i fedeli delle vostre diocesi.

1987-12-07 Data estesa: Lunedi 7 Dicembre 1987




Agli educatori ACR in convegno - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Fine del movimento rimane lo scopo della Chiesa: evangelizzare

Testo:

Carissimi educatori ed educatrici dell'Azione cattolica ragazzi.


1. Sono lieto di incontrarmi stamane con voi in occasione del vostro Convegno Nazionale, che vi vede raccolti per riflettere su un tema assai stimolante nella sua stessa formulazione: "Ragazzo: una libertà in gioco. Per una educazione alla responsabilità".

Nel rivolgervi il mio saluto cordiale, desidero innanzitutto ringraziare il vostro assistente ecclesiastico generale, mons. Antonio Bianchin, e con lui il presidente nazionale l'avv. Raffaele Cananzi. Il mio saluto si estende altresi ai dirigenti centrali e ai loro collaboratori, al cui impegno è dovuta la preparazione remota e prossima di questo Convegno.

Un affettuoso saluto va pure agli altri soci di Azione cattolica, che partecipano all'udienza; in special modo ai responsabili del Movimento Lavoratori e del Movimento Studenti, che svolgono la loro attività di animazione cristiana in ambienti di fondamentale importanza per la vita della comunità. A tutti l'espressione del mio apprezzamento e l'esortazione a perseverare con slancio rinnovato all'impegno di generosa testimonianza a Cristo, che qualifica e nobilita la loro scelta associativa.


2. Il pensiero torna ora al tema del Convegno, per raccoglierne l'invito a una meditata valutazione delle componenti essenziali di una autentica azione educativa. Educare significa promuovere la formazione della persona umana in vista sia del suo fine ultimo che del bene delle varie comunità, di cui essa è partecipe e in cui, divenuta adulta, dovrà svolgere precisi compiti. In tale opera di formazione la responsabilità prima e fondamentale spetta alla famiglia, culla voluta dal Creatore per la germinazione di ogni nuova vita umana. La funzione educativa dei genitori è tanto importante che, quando manca, difficilmente può essere in altri modi supplita. I genitori, tuttavia, da soli non bastano a provvedere a un compito tanto complesso ed esigente: in loro aiuto deve venire la comunità, offrendo tutti quei sussidi che essi possono legittimamente attendersi per la piena realizzazione della loro missione. L'intervento della comunità, peraltro, si attuerà nella linea del principio di sussidiarietà, proponendosi di favorire e sostenere l'azione dei genitori e non di sostituirvisi.

A un titolo tutto speciale il compito di educare spetta poi alla Chiesa.

Essa infatti ha avuto da Cristo la missione di annunciare a tutti gli uomini la salvezza e di fornire loro i mezzi soprannaturali necessari per il suo conseguimento. La Chiesa si pone, perciò, a fianco dei genitori per infondere nell'anima dei loro figli il germe della vita nuova, dono supremo di Dio, portato da Cristo, e per alimentarne poi via via lo sviluppo, fino a che essi raggiungano "lo stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo" (Ep 4,13).

Una singolare espressione di questa sollecitudine materna della Chiesa siete voi, educatori ed educatrici dell'Azione cattolica, che vi siete assunti il compito di formare nei ragazzi a voi affidati dei cristiani maturi, capaci di testimoniare - nei vari ambienti e in particolare con i coetanei - la gioia della scoperta di Cristo e dell'adesione al suo Vangelo.

L'educatore di Azione cattolica è un laico che, collaborando con la gerarchia nel modo proprio dell'Associazione, adempie il servizio educativo, proponendosi quale testimone e immagine di Cristo ai ragazzi che gli sono affidati. Caratteristiche di un tale educatore saranno perciò la maturità umana e cristiana, la sincera motivazione soprannaturale, l'autentica capacità e competenza educativa. La meta verso cui si orienta la sua azione è quella di educare i ragazzi a considerare fine immediato del Movimento il fine apostolico della Chiesa, cioè l'evangelizzazione e la santificazione degli uomini, così da animare dello spirito evangelico le varie comunità e i vari ambienti. L'educatore avrà cura altresi di educare i ragazzi ad agire uniti, a guisa di corpo organico, affinché sia meglio espressa la comunità della Chiesa e l'apostolato riesca più efficace (cfr. AA 20).

L'Azione cattolica ragazzi è chiamata a perseguire questi obiettivi rendendo sempre più ricco il cammino di fede che annualmente propone ai ragazzi secondo la propria metodologia educativa, frutto originale e interessante di questi ultimi vent'anni di impegno ecclesiale. In particolare, essa si sforzerà di rendere il momento catechetico esplicazione sempre più sistematica della prima evangelizzazione, iniziazione sempre più consapevole alla vita di Chiesa e alla concreta testimonianza di carità.

Particolare cura, inoltre, essa dovrà riservare all'educazione alla vita interiore e all'orientamento vocazionale, al fine di aiutare il ragazzo a cogliere i germi della propria personale vocazione. Di questa, in ogni caso, dovrà essere posta in evidenza la dimensione sociale, così che il ragazzo si senta responsabile di testimoniare con parole e opere la sua fede cristiana nella scuola, nel quartiere e in ogni altro ambiente in cui si svolge la sua vita.


3. Al fine di poter perseguire efficacemente tali mete educative, molto importante è il ruolo del gruppo educatori, composto dal sacerdote assistente dell'Associazione parrocchiale e dai laici educatori. Tale gruppo si pone quale realtà che aiuta ad adeguare di continuo il servizio educativo alle esigenze dei ragazzi, e quale luogo di amicizia, di incontro nel Signore, di avviamento a un impegno apostolico che si dilata nella vita.

Quando il credente approfondisce la sua identità umana e cristiana, vivendo in amicizia libera e responsabile con Cristo, si ritrova per ciò stesso proiettato verso il fratello, coinvolto in un legame di comunione-missione che orienta il rapporto educativo verso la scoperta dell'altro, verso il dono di sé e il servizio generoso del prossimo.


4. Si forma così quella personalità libera e responsabile, su cui il tema del Convegno intende porre l'accento. In un mondo che cerca affannosamente la libertà in tutte le sue manifestazioni e, nello stesso tempo, la teme nelle sue profonde implicazioni umane e religiose, è necessario e urgente che voi, educatori, sappiate proporre il contenuto e lo stile della libertà cristiana, che non separa ma genera comunione, non chiude nell'individualismo ma apre alla corresponsabilità.

Arricchita dai doni dello Spirito - che la rende varia e una - la comunità dei credenti deve presentarsi coraggiosamente agli uomini del nostro tempo come annunciatrice dei diritto dell'uomo a vivere in pienezza la propria realtà di creatura responsabile, chiamata alla partecipazione della vita stessa di Dio.

Attraverso la vostra azione, cari educatori ed educatrici, attraverso l'azione di tutti voi, membri della diletta Associazione di Azione cattolica, deve risonare nell'oggi della storia la risposta perennemente valida del Vangelo alle attese umane. Voi avete il compito di accompagnare le nuove generazioni che salgono alla scoperta del rapporto con Dio, con le cose, con se stessi, aiutandole a prender coscienza della loro originalità e, insieme, della confluenza di ogni vicenda umana in una solidarietà senza confini.

I ragazzi, crescendo, hanno diritto a trovare in voi la mano amica che accoglie e solleva, l'intelligenza affettuosa che illumina e previene, il cuore pronto a condividere il loro gioco e le loro esperienze, lo spirito vigile che aiuta a cercare i segni della chiamata di Dio e a maturare risposte generose nella costante attenzione ai bisogni dei fratelli.


5. Coraggio, dunque, carissimi! Siate fieri della vostra appartenenza all'Azione cattolica italiana, un'Associazione dal glorioso passato ecclesiale, e rinnovate il proposito di proseguire nel solco fecondo della sua storia, alla luce del Concilio e del recente Sinodo sui laici.

Sentitevi chiamati a testimoniare l'unità tra voi e con i ragazzi, come anche con i vari gruppi ecclesiali, per tradurre in atto l'anelito di comunione che lo Spirito sempre più abbondantemente suscita nella sua Chiesa.

Con questi voti, che affido all'intercessione della Vergine santissima, sublime modello di educatrice a un rapporto libero e responsabile con Gesù e con i fratelli, vi assicuro del mio costante affetto e vi benedico.

1987-12-07 Data estesa: Lunedi 7 Dicembre 1987




Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: A Loreto la realtà del Natale si fa esperienza trasformante

Testo:

Carissimi fratelli e sorelle nel Signore! 1. Fra i vari santuari mariani, vorrei oggi ricordare il celebre santuario di Loreto, uno dei più rinomati tra i millecinquecento e più templi italiani dedicati a Maria.

Al di là di quanto sulla miracolosa "traslazione" della santa casa di Nazaret narrano le tradizioni che sono tuttora oggetto di studio e di analisi da parte di storici e di mariologi, ciò che colpisce è lo straordinario concorso di popolo, attestato fin dal XIV secolo, verso questo santuario, divenuto presto da umile chiesetta tempio grandioso, stupendo per opere d'arte e per magnificenza di architettura. La devozione popolare alla Madonna di Loreto è antica quanto la tradizione circa le vicende della "traslazione" della casetta Nazaret sul "colle dei lauri" presso la città di Ancona.

Umili e ignoti pellegrini insieme a personaggi di riguardo sono giunti a Loreto per pregare la Vergine santissima. Là sono accorsi grandi santi, e anche numerosi Pontefici. Io stesso fui pellegrino a Loreto nel settembre 1979, poi nell'aprile 1985, in occasione del Convegno della Chiesa italiana sulla riconciliazione. Il Santuario di Loreto è certamente una pagina di storia ecclesiale ricca di avvenimenti e densa di fede e di devozione.


2. Come mai tanta affluenza di popolo a Loreto? Qual è il messaggio che si sprigiona da quelle mura misteriose? La singolare attrazione che il santuario mariano di Loreto esercita da ormai settecento anni sui fedeli, e specialmente sui malati, sui poveri, sugli umili, sugli emarginati, nasce proprio dal suo messaggio unico e intramontabile, il messaggio dell'incarnazione di Dio per la salvezza dell'uomo! A Loreto si medita e si riscopre la nascita di Cristo, il Verbo divino, e la sua vita terrena, umile e nascosta, per noi e con noi; a Loreto la realtà misteriosa del Natale e della santa Famiglia diventa in qualche modo palpabile, si fa esperienza personale, commovente e trasformante. Il pensiero dell'umile casa in cui il Verbo incarnato visse per anni convince il pellegrino che davvero Dio ama l'uomo così come è e lo chiama, lo segue, lo illumina, lo perdona, lo salva. E infatti a Loreto folle innumerevoli, ogni giorno e da tutto il mondo, si accostano al sacramento della Confessione e dell'Eucaristia e molti si convertono dall'incredulità alla fede, dal peccato alla grazia, dalla tiepidezza e dalla superficialità al fervore spirituale e all'impegno della testimonianza.


3. Loreto è una sosta di pace per l'anima; è un incontro particolare con Dio, è un rifugio per chi cerca la Verità e il senso della propria vita. Loreto è il santuario dell'incarnazione, che proclama l'amore di Dio, la dignità di ogni persona, la santità della famiglia, il valore del lavoro e del silenzio, la necessità della preghiera, il comando della carità verso tutti i fratelli! Ascoltiamo il suo messaggio, confidando in Maria, nostra Madre! [Dopo la preghiera:] Rivolgo un saluto cordiale ai bambini e alle bambine dell'Istituto "Maria Santa Bambina" che oggi hanno fatto la Prima Comunione e che assistono a questo incontro dalla terrazza del vicino Istituto.

L'Eucaristia, cari bambini, il Pane dei forti che avete ricevuto questa mattina vi faccia crescere nella fede cristiana e nella fede personale a Gesù, amico dei piccoli. Di cuore benedico voi e i vostri familiari e ringrazio tutti i presenti nonostante la pioggia moderata anche un po' dovuta al periodo di Avvento perché ogni giorno preghiamo "Rorate caeli desuper" e invito tutti alla Solennità del "Salus populi romani" prima sulla Piazza di Spagna, poi nella Basilica di Santa Maria Maggiore questa sera.

Sempre la Chiesa prega per coloro che hanno responsabilità nella vita pubblica nazionale e internazionale. In questi giorni tuttavia la nostra preghiera si fa particolarmente viva e insistente in relazione all'incontro che si svolge a Washington. Tutti siamo consapevoli di quanto grandi siano gli sforzi che occorrono perché venga attenuata, in attesa che possa essere definitivamente superata, la minaccia della catastrofe nucleare: perché vengano ricostruite le fondamenta stesse della pace nel mondo, poggianti sulla salvaguardia dei diritti dell'uomo e anche dei diritti dei popoli; perché maturi quella solidarietà indispensabile che aprirà una strada alla giusta distribuzione dei beni, secondo l'espressione di Paolo VI: "Lo sviluppo è il nuovo nome della pace". Ci rivolgiamo - mediante l'Immacolata Genitrice di Dio - a colui che è il "Principe della pace", perché le iniziative degli uomini vengano guidate dall'eterna Sapienza divina verso un felice compimento.

1987-12-08 Data estesa: Martedi 8 Dicembre 1987




Omaggio alla Statua della Madonna - Piazza di Spagna (Roma)


Titolo: "Madre, sii custode delle vie della Chiesa verso il mondo"

Testo:

1. "La Beata Vergine avanzo nella peregrinazione della fede e serbo... Ia sua unione col Figlio". "Redenta in modo sublime in vista dei meriti del Figlio suo... per il dono di grazia esimia precede di gran lunga tutte le altre creature.

Insieme pero è congiunta... con tutti gli uomini". Divenendo "figura della Chiesa", Maria "non cessa di precedere" noi tutti su quella Via, che è Gesù Cristo (LG 58 LG 63).


2. Rileggiamo queste parole della costituzione conciliare presso la colonna della Vergine Immacolata a Roma, in Piazza di Spagna. Qui giungono e qui s'incontrano le strade della nostra città. Da questo luogo ogni giorno passano migliaia di uomini: romani e forestieri venuti da tutta Italia e dal mondo. Vanno in diverse direzioni, preoccupati da tanti problemi, alla ricerca di molteplici mete.

Presso la colonna dell'Immacolata le vie degli uomini, pur così diverse l'uno dell'altra, si incontrano con colei, che "precede" tutti nella peregrinazione della fede...

Ci uniamo noi alla peregrinazione della fede della Vergine immacolata? Siamo noi in cammino insieme con lei? E' la domanda che la Chiesa fa a noi tutti nell'Anno mariano. E ai romani è il loro vescovo che fa questa domanda, presso la colonna dell'Immacolata in Piazza di Spagna.


3. Da Roma le vie si diramano in tutte le direzioni e a Roma queste anche conducono. Sono le vie, le vie molteplici della famiglia umana contemporanea, al termine del secondo millennio dopo Cristo. Sono anche le vie della Chiesa. La Chiesa s'incontra a Roma presso l'eredità dei santi apostoli, sulle orme di Pietro, a cui Cristo ha affidato un particolare servizio nei confronti di tutta la Chiesa.

Madre nostra! Vergine Immacolata di Piazza di Spagna! Sii custode di tutte queste vie: le vie della Chiesa e del mondo; le vie della Chiesa verso il mondo, e quelle del mondo verso la Chiesa.

Ecco, nella tua persona la Chiesa "ha già raggiunto... Ia perfezione, con la quale è senza macchia e senza ruga" (LG 65). Ma pure nella nostra peregrinazione terrestre dobbiamo continuamente "debellare il peccato per crescere nella santità"; dunque "innalziamo gli occhi" verso di te: verso di te, Immacolata; verso di te, Madre della Chiesa; verso di te, Madre di tutti gli uomini.

Stella del nostro Avvento! Stella mattutina della gloria perenne dell'uomo in Dio! Accogli il nostro amore e la nostra venerazione! Accetta il nostro affidamento.

1987-12-08 Data estesa: Martedi 8 Dicembre 1987




Omelia alla Messa - Basilica di Santa Maria Maggiore (Roma)

Titolo: Trascendere la soglia della storia per avvicinarsi al mistero

Testo:

1. "Dove sei?"... "Ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto" (Gn 5,9-10).

La liturgia della Solennità dell'Immacolata Concezione ci conduce in primo luogo al Libro della Genesi. Immacolata Concezione significa inizio della vita nuova nella grazia. Significa liberazione radicale dell'uomo, dal peccato.

Sin dal primo momento della sua concezione Maria fu libera dall'eredità del primo Adamo.

Seguendo questa logica, la liturgia odierna ci mostra, prima di tutto, Adamo e l'inizio di quest'eredità, che poi è diventata l'eredità del peccato e della morte. Ecco Adamo, che prima camminava in tutta semplicità dinanzi a Dio - dopo il peccato sente il bisogno di nascondersi dallo stesso Dio: "Ho udito il tuo passo... e mi sono nascosto" Effettivamente, la realtà del peccato è più potente. Adamo ne diventa consapevole e proprio da ciò derivano la sua paura e vergogna. Dinanzi agli occhi di Dio niente si può nascondere né il bene né il male. Dinanzi agli occhi di Dio non si poteva nascondere il peccato del primo uomo.


2. Anche quanto si svolge a Nazaret di Galilea, si svolge alla presenza di Dio.

Dio è dappertutto. La sua presenza abbraccia tutto. Tuttavia in questo momento è in modo particolare là: a Nazaret, nella casa della Vergine, il cui nome è Maria.

Ella pure rimane turbata alla parola del divin messaggero. Ma questo è un timore diverso da quello del Libro della Genesi: "Ho udito il tuo passo... e mi sono nascosto".

Anche Maria sente la voce di Dio nelle parole di Gabriele. Tuttavia non cerca un nascondiglio. Va incontro a queste parole con semplicità e dedizione totale. Va incontro a Dio, che le fa visita, e allo stesso tempo entra profondamente in sé. "Si domandava che senso avesse un tale saluto" (Lc 1,29).

La Vergine si domanda... e quando - con l'aiuto della spiegazione del divin messaggero - capisce, risponde: "...avvenga di me quello che hai detto" (Lc 1,38).


3. La liturgia della solennità odierna ci pone dinanzi agli occhi queste due immagini. Riconosciamo in esse il contrasto fondamentale del peccato e della grazia. L'allontanamento da Dio e il ritorno a Dio. Rifiuto e Salvezza.

Non si riesce a descrivere bene questo contrasto. Nessun quadro visibile, nessuna descrizione sensibile è in grado di riprodurre il male del peccato, ma neppure riesce a riprodurre la bellezza della grazia, il bene della santità.

La liturgia dunque - come tutta la rivelazione - ci conduce attraverso il visibile verso l'invisibile. E' la via sulla quale l'uomo tende continuamente verso l'incontro con colui, che "abita una luce inaccessibile" (1Tm 6,16).

Tuttavia su questa strada, sulla quale ci conduce la liturgia della solennità odierna, diventa completamente chiara la differenza tra ciò che è scritto nel Libro della Genesi, al III capitolo, e quello che leggiamo nel Vangelo di san Luca. E' una differenza, anzi una contrapposizione: è il compimento di quella "inimicizia", a cui si riferiscono le parole del Protovangelo: "Io porro inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe" (Gn 3,15).

Queste parole nel Libro della Genesi costituiscono un preambolo. Nel Vangelo trovano il compimento. Ecco quella "Donna" sta dinanzi al divin messaggero e sente: "Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio" (Lc 1,35) ... "la sua stirpe". E Maria risponde: "Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me..." (Lc 1,38).


4. In tale modo la liturgia della solennità odierna ci avvicina alla comprensione del mistero dell'Immacolata Concezione. Questo avvicinamento ci viene consentito prima mediante l'immagine del peccato all'inizio della storia dell'Uomo - l'immagine del peccato originale - e poi mediante le parole che la Vergine di Nazaret ha udito nel momento dell'Annunciazione: "Ti saluto, o piena di grazia" (Lc 1,28).

Pero la logica della rivelazione divina, che è in pari tempo la logica della parola di Dio nella liturgia odierna, risale oltre. Ecco, leggiamo nella lettera dell'apostolo Paolo agli Efesini: "Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo... (che) ci ha scelti in lui, prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati al suo cospetto" (cfr. Ep 1,3-4).

E dunque: per avvicinarsi al mistero dell'Immacolata Concezione di Maria bisogna trascendere la soglia del peccato originale, di cui leggiamo nel Libro della Genesi. Di più: è necessario trascendere la soglia della storia dell'uomo.

Porsi oltre questa soglia. Occorre mettersi davanti a tutto il tempo, "prima della creazione del mondo" e ritrovarsi nell'imperscrutabile "dimensione" di Dio stesso.

In un certo senso "nella dimensione pura" dell'eterna elezione, con la quale tutti noi siamo abbracciati in Gesù Cristo: nel Figlio Eterno-Verbo, che si è fatto carne nella pienezza dei tempi. E siamo eletti in lui alla santità, cioè alla grazia: "per essere santi e immacolati al suo cospetto".


5. Chi è eletto meglio e più pienamente di colei, a cui l'angelo dice: "piena di grazia"? Non è proprio lei la più pienamente prescelta tra tutti gli uomini, discendenti dal primo Adamo, ad essere "santa e immacolata" al cospetto di Dio? Nello spirito proprio di questa logica della rivelazione, che è pari tempo la logica della nostra fede, la Chiesa insegna che Maria in vista dei meriti del suo Figlio, redentore del mondo, è stata concepita dai genitori terreni libera dall'eredità del peccato originale, dall'eredità di Adamo. E' stata redenta da Cristo in modo sublime ed eccezionale, come ha confermato il Concilio Vaticano II (cfr. LG 53).

Proprio questo mistero professiamo oggi, 8 dicembre, nel periodo di Avvento. Lo professiamo e nello stesso tempo ci raccogliamo attorno all'Immacolata Madre del Redentore con gioiosa venerazione chiamandola: "Alma Redemptoris Mater".

E il tempo d'Avvento mette in particolare evidenza ciò che questo mistero significa sulle vie degli eterni destini divini. Su queste vie, sulle quali Dio non cessa di avvicinarsi all'uomo. Di venire a lui... Proprio questo significa "avvento".

Perché: "nella carità, ci ha predestinati a essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo" (cfr. Ep 1,4-5).

1987-12-08 Data estesa: Martedi 8 Dicembre 1987




Lettera al presidente della Commissione "Iustitia et Pax" - Città del Vaticano (Roma)


Titolo: Milioni di persone vivono senza tetto

Testo:

Al venerato fratello Roger Cardinal Etchegaray presidente della Pontificia Commissione "Iustitia et Pax".

All'approssimarsi dell'anno internazionale dei senza tetto, proclamato dall'Onu per il 1987, giudicai utile che la Chiesa, fedele alla missione e all'impegno di annunciare ai poveri il Vangelo di salvezza e liberazione (cfr. Mt 8,18-20 Lc 4,17 Is 61,1-2), approfondisse una riflessione sul grave problema della casa e mettesse in atto un esame attento per conoscere meglio come le comunità ecclesiali sentono oggi questo problema e cercano di darvi un'adeguata soluzione.

I dati che l'Eminenza vostra ha sottoposto alla mia considerazione, sono senza dubbio di consolazione, ma rappresentano senz'altro solo una piccola parte di fronte alle immense necessità di milioni di persone, che oggi vivono senza un tetto o una casa degna di questo nome. Questi risultati sono, senza dubbio, stimolo ad un maggiore impegno; in effetti, andare incontro a quanti hanno bisogno di una casa appartiene allo spirito delle "opere di misericordia", in base alle quali saremo giudicati da nostro Signore Gesù Cristo (cfr. Mt 25,31-46).

Potremo noi, cristiani, ignorare o sottovalutare tale problema, quando sappiamo bene che la casa "è una condizione necessaria perché l'uomo possa venire al mondo, crescere, svilupparsi, perché possa lavorare, educare ad essere educato, perché gli uomini possano costituire questa unità profonda e fondamentale che si chiama "famiglia"" (Insegnamenti, 2 [1979], 314)? In questi ultimi anni, il problema della casa si è fatto straordinariamente più acuto, a causa sia dell'aumento della popolazione, soprattutto nelle città, sia dei trasferimenti per motivi di lavoro, o anche per migliorare le condizioni di vita. Gli effetti balzano agli occhi: creazione di megalopoli, nascita di cinture periferiche con condizioni di vita subumane, emarginazione, miseria. A ragione il mio predecessore Paolo VI parlo dell'urbanesimo come di un fenomeno di grande importanza, perché, tra le altre cose, "sconvolge i modi di vita e le strutture abituali dell'esistenza: la famiglia, il vicinato, il segno stesso della comunità cristiana", creando nuove e degradanti miserie da cui sovente la dignità dell'uomo viene stravolta. (lettera apostolica "Octogesima Adveniens", n. 10; AAS 63 (1971), 408).

In un simile contesto, in cui emergono nuove forme di povertà, i senza tetto costituiscono una categoria di poveri ancora più poveri, che noi dobbiamo aiutare, sicuri, come siamo, che una casa è molto di più di un semplice tetto, e che là dove l'uomo realizza e vive la sua vita, anche costruisce la sua più profonda identità e le sue relazioni con gli altri. La Chiesa, partecipando alle "gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono" (GS 1), considera suo grave dovere unirsi a coloro che operano con dedizione e disinteresse perché il problema della casa trovi soluzioni urgenti e concrete, e perché i senza tetto siano oggetto della dovuta attenzione e preoccupazione da parte della pubblica autorità. In effetti, a seconda dell'attenzione che essa concede a questo così grande problema, come anche alle relazioni tra ambiente, abitabilità, servizi sociali e aree destinate alla pratica della vita religiosa, si potrà giudicare se i principi di etica sociale vengono debitamente considerati.

Le speculazioni sui terreni che servono allo sviluppo edilizio e sulla costruzione di abitazioni, lo stato di abbandono di interi quartieri o di aree rurali prive di rete stradale, di collegamento idrico o elettrico, di scuole o di trasporti necessari per gli spostamenti delle persone sono - come sappiamo - alcuni tra i mali più evidenti, strettamente collegati al più ampio problema della casa.

In questo spirito, i cattolici che coprono posti di responsabilità nella vita pubblica, e coloro che sono interessati al problema della casa, in particolare le amministrazioni locali, vengono sollecitati a offrire il loro contributo per mettere in atto delle politiche adeguate a far fronte alle situazioni di più urgente necessità e a rimuovere gli ostacoli che impediscono di trovare le modalità concrete, economiche, giuridiche e sociali, atte a determinare condizioni più favorevoli alla soluzione di questi problemi.

Come possiamo dichiarare di aver realmente celebrato un anno internazionale dei senza tetto, se non si è fatto nulla o quasi nulla; se tutto si è ridotto a qualche cerimonia che non produce alcun effetto positivo concreto? Secondo alcune recenti stime, agli inizi del secolo prossimo la popolazione giovanile sarà circa la metà della popolazione mondiale. Che condizioni di vita avrà, se già oggi milioni di persone vivono senza tetto? Come non sentire una preoccupazione piena di affezione per tante giovani coppie di fidanzati o sposi, che si trovano impossibilitati a realizzare con serenità e pienezza la stabilizzazione del loro amore e la legittima indipendenza, a causa della mancanza di abitazioni o del loro costo elevato? Signor Cardinale: guardando i dati e le iniziative che le Chiese particolari, le organizzazioni caritative cattoliche e tanti ferventi cristiani hanno messo in atto e portato a buon fine, non posso fare a meno di rallegrarmi del fatto che, in questo modo, si porta una testimonianza concreta di carità e di preoccupazione per i fratelli che mancano di una casa. Questo ci fa ricordare e riflettere sulle parole di consolazione di Gesù: "Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me" (Mt 25,40). Egli infatti nacque in una stalla e fu deposto "in una mangiatoia" dalle mani amorose di sua Madre, la Vergine santissima, perché non c'era posto per loro nell'albergo (cfr. Lc 2,7); e inoltre fu profugo, lontano dalla sua terra e dalla sua casa, nella sua prima infanzia.

Con questa riflessione, che è anche una preghiera alla santa Famiglia di Nazaret, desidero esprimere all'Eminenza vostra e a coloro che hanno collaborato alla redazione del documento il mio vivo apprezzamento, mentre imparto di cuore la benedizione apostolica foriera di abbondanti favori e consolazioni del cielo.

Dal Vaticano, 8 dicembre 1987.

1987-12-08 Data estesa: Martedi 8 Dicembre 1987





GPII 1987 Insegnamenti - Ai vescovi del Gabon in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)