GPII 1987 Insegnamenti - A un Convegno di studio - Città del Vaticano (Roma)

A un Convegno di studio - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Nel rispetto della vita risiede la vera dignità dell'Europa

Testo:

Illustri signori, carissimi giovani.


1. Sono lieto di questo incontro che si svolge in occasione del Convegno di studi su "Il diritto alla vita e l'Europa". A tutti il mio cordiale saluto.

Il tema su cui avete incentrato le vostre riflessioni è di importanza decisiva per il futuro dell'Europa, anzi, di ogni popolo e nazione. Il rispetto incondizionato del diritto alla vita della persona umana già concepita e non ancora nata, è uno dei pilastri su cui si regge ogni società civile. Quando uno Stato mette a disposizione le sue istituzioni, perché qualcuno possa tradurre in atto la volontà di sopprimere il concepito, rinuncia a uno dei suoi doveri primari, e alla sua stessa dignità di Stato. San Tommaso d'Aquino, uno dei più grandi maestri della coscienza europea, insegna che la legge civile "ha forza di legge nella misura della sua giustizia" (I-II 95,2).

Questa giustizia - come spiega subito l'Angelico Dottore - si fonda sulla stessa legge naturale, così che una legge non conforme ad essa, egli conclude, "non è una legge, ma la corruzione della legge".

Non è necessario rifarsi alla luce della fede cristiana per capire queste verità di fondo. Quando la Chiesa le richiama, non vuole introdurre uno Stato cristiano: essa vuole semplicemente promuovere uno Stato umano. Uno Stato che riconosca come suo primario dovere la difesa dei diritti fondamentali della persona umana, specialmente di quella più debole. E chi è più debole della persona concepita e non ancora nata? 2. Ma voi avete voluto riflettere in particolare sul diritto alla vita del concepito e il destino dell'Europa. E' facile notare la stridente contraddizione che v'è fra la legalizzazione dell'aborto, ormai in atto, purtroppo, in quasi tutta la Europa, e ciò che costituisce la grandezza della cultura europea. Questa, che ha le sue fonti maggiori nell'eredità greca e latina, ha trovato nel cristianesimo l'illuminante apporto che le ha consentito di spingersi verso traguardi di superiore grandezza col cristianesimo, l'Europa ha scoperto la dignità di ogni singola persona umana come tale: una scoperta che ha fatto della cultura europea una cultura eminentemente umanistica. Radicata nella latinità, essa è stata la scuola del diritto, inteso come razionale organizzazione del vivere sociale sul fondamento della giustizia. Erede della cultura greca, la cultura europea ha visto nel retto uso della ragione - concepita come facoltà di cogliere la realtà non lasciandosi dominare dai propri interessi particolari - uno dei segni più chiari della grandezza dell'uomo.

Orbene, in questo incomparabile patrimonio culturale la legalizzazione dell'aborto si è inserita come elemento estraneo, recante in sé il germe della corruzione. Come è possibile parlare ancora di dignità di ogni persona umana, quando si permette che si uccida la più debole e la più innocente? In nome di quale giustizia si opera fra le persone la più ingiusta delle discriminazioni dichiarandone alcune degne di essere difese, mentre ad altre questa dignità è negata? Quale ragione è qui messa in atto, se anche per motivi utilitaristici o edonistici si permette l'eliminazione di un innocente? In verità, su questo punto l'Europa sta giocando il suo destino futuro, poiché sta dando segni di decadenza morale e anche di impoverimento demografico, e sta rischiando così di dilapidare un patrimonio culturale trasmessole da insigni pensatori, grandi giuristi e mirabili santi.


3. La vostra presenza, l'impegno con cui avete seguito queste giornate di studio dimostra pero quanto seria e profonda sia la vostra volontà di operare un cambio di rotta in questo cammino. Non vi spaventi la difficoltà del compito. Non vi freni la constatazione di essere minoranza. La storia dell'Europa dimostra che non di rado i grandi salti qualitativi della sua cultura sono stati propiziati dalla testimonianza, spesso pagata col sacrificio personale, di solitari. La forza è nella verità stessa e non nel numero.

L'Europa di domani è nelle vostre mani. Siate degni di questo compito.

Voi lavorate per restituire all'Europa la sua vera dignità: quella di essere luogo dove la persona, ogni persona, è affermata nella sua incomparabile dignità Nell'invocare sul vostro impegno il conforto della divina assistenza, di cuore vi benedico.

1987-12-18 Data estesa: Venerdi 18 Dicembre 1987




A vescovi polacchi in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La Chiesa deve trasmette ovunque ragioni di vita e di speranza

Testo:

Cari e venerati fratelli! Card. primate, arcivescovi e vescovi.


1. "Signore, buono come il pane... ci hai amati sino alla fine"...

La terza visita nella patria, seguendo l'itinerario del Congresso eucaristico in Polonia, è stata per me un evento vissuto profondamente. L'ho detto sia mentre ero in Polonia sia dopo il mio rientro a Roma. Oggi ci ritorno ancora una volta incontrandomi con voi in occasione della vostra visita "ad limina apostolorum".

La tradizione delle visite dei vescovi di tutto il mondo "ad limina apostolorum" trova la sua conferma anche nel diritto canonico. Tuttavia "la formula" della legge esprime "lo spirito" della Chiesa, della tradizione apostolica e infine del Vangelo stesso. La visita "ad limina" mette in rilievo la fondamentale verità sulla Chiesa come "comunione". Essa si radica profondamente nell'Eucaristia. L'Eucaristia edifica la Chiesa in molti sensi. Tra di essi la realtà della Chiesa "come comunione" è stata messa in evidenza in modo particolare nell'insegnamento del Concilio Vaticano II (cfr. in particolare LG 13).

perciò anche alla chiusura del Congresso eucaristico a Varsavia, intenzionalmente ho invitato l'episcopato polacco per la visita "ad limina" di quest'anno, che corrisponde al ritmo quinquennale, prevista nel Codice. Essa pero soprattutto esprime e consolida la Chiesa come una realtà "della comunione".


2. Ricollegandomi dunque a queste premesse desidero dare un cordiale benvenuto ai presenti pastori delle province ecclesiastiche di Gniezno, Warszawa e Poznan, con i loro vescovi ausiliari, costituite in quel corpo episcopale col quale sono stato legato per molti anni del mio servizio nella sede di Cracovia. E' difficile esprimere quanto io debba a quelle esperienze, anche ora servendo la Chiesa universale nella sede romana di San Pietro. Devo molto, moltissimo alla nazione, alla Chiesa; ai suoi pastori, iniziando dal grande primate del millennio. Insieme a loro abbiamo anche preso parte al Concilio, contraendo, insieme all'episcopato del mondo intero, un grande debito verso lo Spirito Santo.


3. Il Concilio bisogna apprenderlo costantemente. Costantemente conoscerlo e riscoprirlo nuovamente. Questa non è una conoscenza solo "accademica". Apprendiamo il Concilio per viverlo, per realizzarlo. Si tratta infatti dell'autorealizzazione della Chiesa: di una tale autorealizzazione che - sotto il soffio dello Spirito della Verità - corrisponde contemporaneamente ai "segni" del nostro tempo.

Proprio sotto questo aspetto la descrizione della Chiesa come "communio" (e in essa la sua unione con l'Eucaristia) ci schiude le più ampie prospettive.

Tutto ciò che corrisponde alla missione della Chiesa ("missio") nella dimensione, "ad intra" e in quella "ad extra", cresce da questo suolo; da questa base: dalla "communio". Da essa cresce e allo stesso tempo deve maturare verso essa.

Ciò è stato indicato due anni fa dal Sinodo in una sessione straordinaria, verso la fine del 1985, mettendo in rilievo, nel suo documento finale, la verità sulla Chiesa-Comunione. Il Sinodo di quest'anno - la sessione ordinaria del 1987 - sul tema del laicato, ha costruito sullo stesso fondamento i suoi studi e le proposte.

Bisogna che nell'anno del Congresso eucaristico in Polonia - e come frutto di questo Congresso - la missione della Chiesa nella nostra patria si realizzi sempre più profondamente e insieme sempre più concretamente nello stesso profilo teologico e nella stessa prospettiva.


4. Un'approfondita lettura del Concilio, iniziando dalla "Lumen Gentium" ci mostrerà che la totalità e allo stesso tempo la molteplicità dei compiti, posti davanti alla Chiesa in Polonia - in primo piano davanti all'episcopato -, si lascia chiamare "per nome", partendo proprio da una tale visione della Chiesa.

Ho cercato di porre questi compiti, almeno alcuni, nei discorsi dell'ultimo pellegrinaggio in Patria. Prima di tutto pero essi si fanno sentire attraverso il sistematico lavoro dell'Episcopato, sia dei singoli vescovi nelle diocesi, sia dell'intera Conferenza. Tra questi compiti desidererei tornare ancora una volta alla questione dei cattolici laici e del loro posto nella Chiesa e nella patria, e dunque in vari settori della vita nazionale, sociale, culturale.


5. Il Concilio Vaticano II ha posto all'attenzione della Chiesa questa dimensione della "comunione" dalla quale prende il proprio inizio la vita e la missione dei cristiani laici. Il testo base qui è la costituzione "Lumen Gentium" e in particolare il capitolo 2, sul popolo di Dio. Esso, e specialmente la sua collocazione nella costituzione, possiede una rilevante importanza il Concilio, prima di trattare la questione dell'episcopato, cioè della successione apostolica dell'autorità, cioè del servizio pastorale nella Chiesa, parla di quella eredità che provenendo dagli apostoli è condivisa da "tutti" nella Chiesa. Se la successione gerarchica agli apostoli è riservata ad alcuni, chiamati dallo Spirito Santo, l'eredità apostolica appartiene a tutti in virtù del Battesimo e della Confermazione. La vocazione cristiana è la vocazione all'apostolato (cfr. LG 13 AA 23). Tutti infatti partecipano alla missione di Cristo: sacerdote, profeta e re.

Questa universale partecipazione "in triplici munere" di Cristo stesso possiede una fondamentale importanza per l'autorealizzazione della Chiesa come "communio". La Chiesa si realizza nel suo specifico profilo "della comunione" in quanto in essa si sviluppa in modo corretto la partecipazione di tutti: quella partecipazione che è frutto del prender parte alla triplice missione di Cristo stesso. E in particolare si tratta della partecipazione del laicato.


6. I cattolici laici, uomini e donne, membri a pieno diritto della Chiesa, sono chiamati alla santità e all'apostolato; a diventare nel mondo contemporaneo "il sale della terra" e "la luce del mondo" (cfr. Mt 5,3-14). Il che significa che in tutti i campi della vita personale, familiare e sociale, particolarmente nell'ambiente di lavoro, essi devono essere testimoni di Cristo e mettere in pratica i principi evangelici di giustizia e di solidarietà. Questo ho messo in rilievo nell'omelia durante l'ordinazione sacerdotale a Lublino (9 giugno 1987), sottolineando che i laici "meritano la fiducia, che vi è in essi un grande potenziale di buona volontà, di competenza e di disponibilità a servire".

Il recente Sinodo dei vescovi è stato una "grande consultazione" sul tema della vocazione e della missione dei cattolici laici nella Chiesa e nel mondo contemporaneo. E' stata, in un certo senso, una verifica circa il grado in cui sono state realizzate le direttive e le decisioni del Concilio Vaticano II rispetto ai laici. Gli elementi di questa consultazione vi si trovano in tutte le enunciazioni e in tutti i testi sinodali, partendo dai "Lineamenta", passando alle discussioni, fino alle "propositiones", e diverranno base dell'elaborazione del documento post-sinodale.

Alla luce della riflessione sinodale si può dire che in molti campi dell'impegno pastorale, i soli sacerdoti non saranno in grado di realizzare i loro compiti senza la partecipazione dei laici, senza la collaborazione a livello della parrocchia e della diocesi di cattolici ben preparati, esperti nei diversi campi della conoscenza, possono eseguire compiti che non esigono la diretta presenza del sacerdote - e quanto numerosi sono tali compiti pastorali, partendo dalla catechesi dei bambini, della gioventù e degli adulti, fino alla cura pastorale delle famiglie e di diversi gruppi professionali e ambientali.

Un grande ruolo possono avere - come ha sottolineato il Sinodo - le associazioni dei cattolici laici e i movimenti autenticamente ecclesiali, quale insostituibile aiuto nella realizzazione della missione pastorale. E' una cosa particolarmente importante perché i cattolici laici, rendendosi sempre più conto della loro identità cristiana, cerchino una risposta alle nuove sfide poste davanti a noi dal mondo contemporaneo: indifferentismo, incredulità, ateismo, materialismo pratico, miseria materiale e morale, corruzione, ingiustizia, violazione dei diritti della persona umana, ecc.

Molta gente in Polonia, in particolare i cattolici laici, si rivolge oggi alla Chiesa con fiducia e speranza di trovare in essa non soltanto comprensione, ma anche la possibilità di realizzare la loro vocazione umana e cristiana. Il loro entusiasmo e la buona volontà devono essere apprezzati e accolti dai pastori con attenzione e benevolenza; le loro iniziative siano sottoposte a una prudente valutazione e in seguito realizzate secondo le possibilità. Dai pastori dipende in grande misura se i laici adempiranno ai loro compiti nella Chiesa e nel mondo contemporaneo a misura delle esigenze dei nostri tempi.


7. E' consuetudine dire che la Chiesa è diventata nel corso dei secoli "maestra" di molte nazioni specie nel continente europeo, e non solo. Ciò riguarda il periodo prima delle divisioni, specialmente prima della riforma. Tuttavia - in un qualche modo - non cessa di essere attuale.

Il Vaticano II ci permette di comprenderlo meglio: la Chiesa educa le nazioni e i popoli perché essa stessa è "un popolo": il popolo di Dio. E anche se ciò che rende la Chiesa popolo di Dio, appartiene essenzialmente a un ordine diverso da quello che costituisce le società, le nazioni e anche gli stati terreni, tuttavia esistono analogie e accostamenti. Ciò trova un'espressione adeguata nell'etica cattolica: nella dottrina sociale della Chiesa. Una breve sintesi di questo la troviamo anche nella costituzione "Gaudium et Spes", specialmente nei singoli capitoli della seconda parte.

Permettetemi di ripetere un passo già citato durante il terzo viaggio pastorale in Polonia, nel Castello Reale di Varsavia: "E' poi da lodarsi il modo di agire di quelle nazioni nelle quali la maggioranza dei cittadini è fatta partecipe della gestione della cosa pubblica in un clima di vera libertà...

Affinché poi tutti i cittadini siano aperti a partecipare alla vita dei vari gruppi, di cui si compone il corpo sociale, è necessario che trovino in essi dei valori capaci di attirarli e di disporli al servizio degli altri. Legittimamente si può pensare che il futuro dell'umanità sia imposto nelle mani di coloro che sono capaci di trasmettere alle generazioni di domani ragioni di vita e di speranza" (GS 31). Questo grande compito di trasmettere "ragioni di vita e di speranza", si pone anche davanti alla Chiesa in Polonia e ai suoi pastori.

Nello stesso documento conciliare leggiamo poi: "La Chiesa che in ragione del suo ufficio e della sua competenza, in nessuna maniera si confonde con la comunità politica e non è legata ad alcun sistema politico, è insieme il segno e la salvaguardia del carattere trascendentale della persona umana... fondata sull'amore del Redentore, contribuisce ad estendere il raggio d'azione della giustizia e dell'amore all'interno di ciascuna nazione e tra tutte le nazioni... si serve delle cose temporali nella misura in cui la propria missione lo richiede.

Tuttavia essa non pone la sua speranza sui privilegi offerti ad essa dall'autorità civile. Anzi essa rinunzierà all'esercizio di certi diritti legittimamente acquisiti, ove constatasse che il loro uso potrebbe far dubitare della sincerità della sua testimonianza" (GS 76).

Saper mantenere l'unione con la nazione, condividere le sue preoccupazioni, le sue difficoltà e le sue inquietudini, formare una retta coscienza individuale e sociale al fine di una corretta valutazione degli atteggiamenti e dei doveri nella vita personale, familiare e comunitaria costituisce un importante compito e una grande responsabilità pastorale della Chiesa.


8. Il momento della storia che stiamo vivendo non ci pone forse davanti agli occhi in modo nuovo quel compito che ha trovato la sua (...) forte? La Chiesa come maestra delle nazioni! E questo compito, non appartiene anche all'insieme di questa "nuova", seconda, evangelizzazione, della necessità di cui si stanno rendendo sempre più chiaramente conto tutte le Chiese e tutti gli episcopati del nostro continente? Allo stesso tempo è chiaro che quell'"educare" le nazioni da parte della Chiesa in questo stadio di coscienza cristiana e insieme sociale deve essere in grandissima misura l'"autoeducazione". così come in ogni uomo maturo o che sta maturando. Si potrebbe anche dire che una tale "autoeducazione" cristiana delle persone, delle comunità, dell'intera società, è allo stesso tempo un nuovo tentativo di "inculturazione" missionaria, adeguato al momento storico. E la Chiesa è missionaria sempre e ovunque. Missionaria - per propria natura missionaria - sempre nuovamente.

Il problema del "laicato" - dell'apostolato dei laici - possiede in questo campo un'importanza del tutto essenziale.


9. Durante le mie visite in Polonia ho sottolineato ogni volta che la sovranità di uno stato corrisponde alla piena verità sulla persona e sulla società, solo se in questo stato la nazione ritrova la propria sovranità, se essa si sente ed è il vero soggetto che decide di ciò che è "comune", del bene comune. In questo decidere di sé nessuno può supplire una società, né sostituirla. Se invece si tenta di imporre alla società come bene comune, come programma sociale, ciò non corrisponde alla consapevolezza, né alle coscienze e bisognerà infine convincersi che un tale agire è a danno della società e di se stessi.

Questa nazione, attraverso tutta la sua storia, persino attraverso le sue tristi esperienze, è troppo abituata a ciò che il Concilio chiama "partecipazione", e che si unisce con la "solidarietà" scoperta così appropriatamente sul Baltico.


10. "Lo stesso Verbo Incarnato volle essere partecipe della convivenza umana. Egli ha rivelato l'amore del Padre e la distinta vocazione degli uomini, rievocando gli aspetti più ordinari della vita sociale. Nella sua predicazione espressamente comando ai figli di Dio che si trattassero vicendevolmente da fratelli. Nella sua preghiera chiese che tutti i suoi discepoli fossero "una cosa sola". Comando inoltre agli apostoli di annunciare il messaggio evangelico a tutte le genti, perché il genere umano diventasse la famiglia di Dio, nella quale la pienezza della legge fosse l'amore. Ha istituito attraverso il dono del suo Spirito una nuova comunione fraterna, in quel suo corpo, che è la Chiesa, nel quale tutti, membri tra di loro, si prestassero servizi reciproci, secondo i doni diversi loro concessi.

Questa solidarietà dovrà sempre essere accresciuta fino a quel giorno in cui sarà consumata, e in cui gli uomini salvati dalla grazia, renderanno gloria perfetta a Dio, come famiglia amata da Dio e da Cristo fratello" (cfr. GS 32).


11. In questo spirito faccio a voi, cari fratelli nell'episcopato, e alle Chiese che servite, i migliori auguri per il santo Natale e l'Anno nuovo. Trasmettete i miei auguri e la benedizione a tutta la patria amata.

1987-12-19 Data estesa: Sabato 19 Dicembre 1987




Alla delegazione della Carinzia - Gioia e speranza nel Signore che viene



Gentili signore e signori, cari fratelli e sorelle! L'albero di Natale, che avete portato qui in Vaticano dalla vostra patria, la Carinzia, è stato per noi tutti un dono molto ricco. Già da alcuni giorni questo magnifico abete si staglia verso il cielo nella piazza San Pietro.

Sotto gli sguardi stupiti di molti passanti è stato addobbato a festa. Ora forma, insieme al venerando obelisco egiziano e alla cupola di San Pietro, un meraviglioso trio. In cima all'albero risplende una stella, come anche sull'obelisco: è la "stella della speranza", la luce della buona novella della nostra salvezza. Sulla cima dell'obelisco si erge la croce vittoriosa di Cristo, che si trova anche sulla cupola di Michelangelo.

Un albero ben cresciuto ha sempre rappresentato per gli uomini un essere vivente dotato di una profonda simbologia. Sotto molti aspetti supera il piccolo essere umano: profondamente radicato nel terreno, cresce alto verso il cielo. Il suo ciclo vitale corrisponde a più di un arco di vita dell'uomo. E per quegli uomini che vivono in mezzo alla natura è stato fino ad oggi una fonte di beni per la sopravvivenza.

Nei paesi dell'Europa centrale e settentrionale, dove tutte le latifoglie perdono il loro fogliame negli autunni tempestosi e appaiono scuri e quasi morti in inverno, l'aghifoglio ha mantenuto una particolare forza simbolica: porta il suo abito verde anche da inverno, anche con la neve e il ghiaccio, la tempesta e il freddo. Un segno imponente della speranza che il sole ravvivante ci manderà presto di nuovo i suoi raggi che riscaldano.

Voi ci avete portato un tale albero della fiducia e della felice speranza; ora esso è pronto a custodire accanto a sé il grande presepio di Natale e perciò a far si che i moltissimi visitatori della piazza San Pietro riconoscano l'alto significato dell'incarnazione di Dio e giungano alla gioia della festa. Gli occhi stupiti dei bambini e degli adulti di tutto il mondo, che nelle prossime settimane si dirigeranno verso le ghirlande e palline rilucenti fino alla stella splendente sulla cima, rappresentano certamente il più bel ringraziamento per coloro che si sono prodigati per questo speciale dono natalizio. Sono qui presenti rappresentanti di questi uomini della vostra patria in Carinzia. Vorrei salutarli tutti di cuore; ricordo tra di essi il rappresentante della diocesi di Gurk con l'onorato vescovo, i degni rappresentanti della Regione Carinzia sotto la direzione del capo regionale, così come i membri dei gruppi corali e della Cappella Musicale, che rendono ancor più belli questi giorni con le loro canzoni natalizie. A tutti voi, insieme con i vostri collaboratori in patria, esprimo il mio sentito ringraziamento per questo profondo contributo alla festa della nascita del Signore qui a Roma. Portate i miei migliori auguri di Natale alle vostre famiglie e comunità, dove in questi giorni vengono fatti alberi di Natale e presepi.

Rivolgo uno speciale saluto, insieme a un augurio di guarigione, attraverso di voi al capo regionale signor Leopold Wagner che si è ammalato in maniera così tragica. Le prossime festività possano ravvivare e rafforzare nuovamente in noi tutti la fede nella misericordiosa presenza di Dio e nella divina Provvidenza, così che ci venga donata una gioia profonda che riscalda le anime e i cuori. Per questo imparto a voi e a tutti i vostri cari in patria la mia speciale benedizione apostolica.

1987-12-19 Data estesa: Sabato 19 Dicembre 1987




Recita dell'Angelus - A Betlemme Maria ci invita a vedere gli uomini nostri fratelli



1. Nel nostro pellegrinaggio spirituale ci portiamo oggi a Betlemme, presso il santuario della Natività. Da quando i pastori fecero la prima visita a Maria santissima, al neonato Salvatore e a san Giuseppe e "riferirono ciò che del Bambino era stato detto loro" (Lc 2,17), quella "mistica grotta", come la chiamavano i fedeli delle prime generazioni, fu considerata un santuario, celebrato da cristiani e non cristiani. Anche dopo che l'imperatore Adriano, nel 135, la fece coprire con terra di riporto, ordinando che vi fosse piantato un bosco in onore di una divinità pagana, la grotta non fu perduta di vista nella devota frequentazione; sicché quando l'imperatore Costantino ordino nel 325 i lavori di sbancamento per la costruzione della Basilica, essa fu ritrovata quasi intatta.

Il centro ideale della stupenda Basilica della Natività, l'unica superstite delle tre fatte costruire da quell'imperatore, è la cripta, formata dalla sacra grotta, dove la beata Vergine "diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia" (Lc 2,7).

Visitando la Basilica, si può scendere nella grotta e ammirarne l'abside che ricopre come in una nicchia l'altare della Natività; ma soprattutto, pregare presso la sottostante lastra di marmo, ove è stata incastonata una stella, attorno alla quale corre una scritta in latino: "Hic de Virgine Maria Iesus Christus natus est".


2. Questo santuario è legato in modo speciale alla beata Vergine. Ivi non solo il popolo cristiano, ma anche illustri personalità di altre religioni hanno espresso rispetto e devozione per la madre di Gesù, la quale proprio in questo luogo benedetto, che san Girolamo chiama "augustissimum orbis locum" ("Epist." 58) diede alla luce il Salvatore del mondo.


3. Si! Il santuario di Betlemme ci ricorda la "Theotokos"; ci fa venerare l'"Alma Redemptoris Mater", che in questo Anno mariano brilla ai nostri occhi di luce più splendida. La contempliamo assorta davanti al suo Figlio, al divino Infante, che ha preso carne dal suo seno purissimo. Ma la contempliamo anche sollecita per noi tutti, fratelli adottivi del suo Primogenito. La maternità di Maria ci fa scoprire il senso e il valore dell'essere suoi figli spirituali. Ma l'essere tali, ci impegna a essere come lei, a cambiare modo di pensare e di amare; e a vedere negli uomini i suoi figli e i nostri fratelli, e ad accogliere nel nostro cuore il Verbo Incarnato.


4. Nello spirito di questo Santuario di Betlemme, rivolgo il mio pensiero a tutti i santuari mariani, nei quali la beata Vergine, pur venerata sotto vari titoli, richiama sempre al mistero dell'incarnazione. Ed è pure la luce di Betlemme che ha ispirato la bella iniziativa dei bambini delle parrocchie e delle scuole di Roma, i quali sono venuti in questa piazza, recando in mano le statuine del Bambino Gesù, perché siano benedette e poste poi nei presepi delle loro case. Carissimi, il Bambinello che portate in mano vi faccia crescere sempre più nell'amore verso di lui, amico dei piccoli.

Appello per la pace nella Terra di Gesù La prossima Festa del santo Natale rende più vivo il nostro attaccamento alla Terra dove è nato Gesù, Principe della pace e dell'amore. Quella Terra non può continuare a essere teatro di violenze, di contrapposizioni e di ingiustizie, con sofferenze per quelle popolazioni alle quali mi sento particolarmente vicino.

Rivolgiamo a Dio onnipotente la nostra preghiera, affinché ispiri le parti coinvolte e quanti sono in grado di collaborare a mettere fine a queste violenze e a trovare soluzioni pacifiche. Lo chiediamo per intercessione della Madre di Gesù, Maria, che ora invochiamo.

Rivolgo ora il mio saluto a quanti hanno preso parte al corteo, promosso con la collaborazione della Caritas Diocesana, quale testimonianza di solidarietà con i nomadi e con i loro problemi. Ben conoscendo le difficoltà esistenti, elevo al Signore la mia preghiera perché, con la buona volontà di tutti, si sappia trovare una giusta soluzione che venga incontro alle legittime attese, in armonia anche con quei valori di amore e di pace, che hanno nel mistero del Natale la loro celebrazione più alta.

1987-12-20 Data estesa: Domenica 20 Dicembre 1987




Nella parrocchia di San Luigi Grignion de Montfort - Roma

Titolo: Impegnati, perché il mondo intero diventi "tempio di Dio"

Testo:

[Omelia:] "Io gli saro padre ed egli mi sarà figlio" (2S 7,14).


1. La memoria liturgica del primo Avvento di Cristo si avvicina al suo compimento.

La Messa della domenica odierna ne dà testimonianza in modo molto eloquente. Tale testimonianza si manifesta soprattutto nella sollecitudine per la casa, per la dimora a Dio. Tutta la lettura tratta dal Secondo Libro di Samuele fa riferimento a questo argomento. Il re Davide, avendo consolidato il suo dominio su Giuda e su Israele, desidera costruire una casa a questo Dio, che ha concluso l'alleanza "con il suo eletto" (cfr. Ps 88,4). Davide è l'erede di quella alleanza, in forza della quale i discendenti di Abramo, liberati dalla schiavitù d'Egitto, sono entrati nella terra loro promessa da Dio. Il testimone dell'alleanza, solennemente stipulata sul Sinai tra il Dio d'Israele e Mosè, è l'Arca, la cosa più sacra per il popolo eletto.

Tuttavia "l'arca di Dio sta sotto una tenda" (2S 7,2). Questo fatto provoca rimorsi di coscienza a Davide, quando pensa che egli stesso "abita in una casa di cedro". Il profeta Natan loda l'intento del cuore regale. Preannuncia pero che non a lui ma al figlio (cioè a Salomone) sarà dato di realizzare questo disegno.


2. In tal modo, al punto di partenza dell'odierna liturgia di Avvento, si trova il tempio: la casa e la dimora del Dio dell'alleanza. Il segno visibile del fatto che Dio è l'Emmanuele (Dio con noi), il quale sta in mezzo al suo popolo e abita con esso. Tuttavia, la prima lettura ci prepara al Vangelo, in cui abbiamo sentito la descrizione dell'Annunciazione secondo il testo di Luca.

In questa descrizione, il tema del tempio, segno visibile dell'abitazione di Dio con gli uomini, viene collocato in un'altra dimensione.

Ecco, ora Dio desidera abitare nel seno della Vergine di Nazaret, desidera essere concepito in lei come uomo e nascere da lei. Questa è una dimensione completamente nuova del mistero dell'Emmanuele. E' una realtà totalmente nuova dell'alleanza.

L'antica alleanza della legge e del culto viene qui totalmente superata. I disegni eterni di Dio vanno ben oltre quello che Davide credeva. L'uomo vivo diventa la dimora - il tempio - del Dio vivente. Maria è la prima ed eminente espressione di questa alleanza: della nuova alleanza.


3. Nell'imminenza delle feste del Natale del Signore questa intera pericope sull'annunciazione assume una particolare attualità. E benché conosciamo molto bene questo brano del Vangelo di san Luca, tuttavia occorre che ci soffermiamo su di esso ancora una volta. "Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre" (Lc 1,31-32).

"Io gli saro padre ed egli mi sarà figlio", così aveva detto il profeta Natan al re Davide, e queste parole sembravano riferirsi al figlio regale, che doveva costruire un tempio a Dio in Gerusalemme. E tale probabilmente era il senso immediato di quelle parole. Adesso apprendiamo, durante l'annunciazione, che queste parole avevano ancora un altro senso, indiretto e di assai più vasta portata. In esse era racchiuso il preannunzio del mistero dell'incarnazione. Ecco, "il Figlio dell'Altissimo" si farà uomo. Per opera dello Spirito Santo nascerà da una Vergine chiamata Maria (Myriam). E proprio in lui si compiranno pienamente le parole del profeta Natan: "Io gli saro Padre ed egli mi sarà Figlio".


4. Nel momento in cui queste parole profetiche, ripetute in qualche modo all'annunciazione, giungono al loro compimento, giunge anche al suo termine il primo Avvento di Cristo nel mondo. E' l'Avvento per il quale tutta l'antica alleanza è stata un'ampia preparazione. Il compimento supera certamente l'attesa di tutti. E ci voleva proprio la fede sublime ed eroica della Vergine di Nazaret per riuscire a fissare gli occhi nella verità che si rivelava nella parola "Emmanuele". "Dio con noi" non significava soltanto Dio che abita nel tempio del proprio popolo. Significava Dio concepito nel seno della Donna, "Dio nato come uomo", "Figlio dell'uomo". Veramente: "Nulla è impossibile a Dio" (Lc 1,37).


5. così dunque: Dio è Figlio ("Tu sei mio Figlio, io oggi ti ho generato", canta il salmista (Ps 2,7), esprimendo ancora più pienamente, con tali parole, la verità racchiusa nella profezia di Natan).

L'Avvento si compie nella rivelazione della paternità e della figliolanza in Dio stesso. Ecco, ci avviciniamo alla pienezza del mistero di Dio.

Tale pienezza, Padre-Figlio-Spirito Santo, è già abbastanza chiara nelle parole dell'annunciazione. Diventerà poi sempre più esplicita fino alle ultime parole di Cristo rivolte agli apostoli: "Ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo (Mt 25,19).


6. In questo momento - alla soglia della solennità del Natale del Signore - l'Avvento è soprattutto la venuta del Figlio in una carne umana. La venuta; l'incarnazione del Figlio-Verbo per opera dello Spirito Santo. Ed ecco che il Figlio viene nel mondo per costruire un tempio al Padre. Rende chiara l'analogia col figlio di Davide della profezia di Natan.

Il Figlio viene per fare del mondo intero, un tempio. Dell'intero creato. Viene, diventando creatura, diventando uomo, per restituire al Creatore, che è Padre, tutto il creato, tutto il mondo-cosmos. Il Figlio viene, diventa uomo, per rendere l'uomo partecipe in modo speciale di questa ricostruzione cosmica. Tale è infatti la vocazione dell'uomo sin dal principio. Dal momento in cui è stato creato a immagine e somiglianza di Dio.


7. Ed è comprensibile che questo primo Avvento - l'Avvento del Figlio - sia contemporaneamente il compimento delle profezie e delle attese: in certo senso è il loro termine. E in pari tempo è inizio. E' l'inizio del secondo e definitivo Avvento. Questo Avvento si compirà soltanto quando, per opera di Cristo, il Figlio, operante nello Spirito Santo, restituirà al Padre il regno nella sua maturità di grazia e di gloria, perché "Dio sia tutto in tutti" (1Co 15,28). E così "il suo regno non avrà fine" (Lc 1,33).


8. E pure la vostra comunità parrocchiale, cari fratelli e sorelle, in quanto comunità di fede vive con la Chiesa universale questa speranza, questa attesa operosa di Gesù che verrà a portare a termine l'edificazione del regno di Dio.

In comunione con la Chiesa universale, anche voi siete impegnati, giorno per giorno, a far si che il mondo intero diventi "tempio di Dio", luogo nel quale Dio possa "abitare" ed essere in comunione con gli uomini. Un mondo, come dice l'Apocalisse (cfr. 22,22-23), direttamente illuminato da Dio.

Qual è tutto il senso di una parrocchia, dei suoi ministeri, delle sue attività, dei suoi gruppi, se non la ricerca comune e coordinata, alla luce della parola di Dio e sotto la guida dei pastori, di ciò che prepara il ritorno glorioso del Signore? E il nostro stesso riunirci qui oggi non è forse motivato dal desiderio di condividere assieme questa fede, questa comunione e questa speranza, nell'attesa dell'ultimo e definitivo Avvento del Signore? 9. In questo clima di fede e di comunione fraterna saluto tutti i presenti: il card. vicario, il vescovo del Settore, mons. Remigio Ragonesi, il parroco, padre Antonio Cortinovis e i suoi confratelli della Compagnia di Maria - i padri Monfortani - che hanno in questa zona la loro Curia Generalizia. Saluto le religiose delle comunità femminili, i missionari e missionarie dell'Ospedale psichiatrico, le persone consacrate appartenenti ai vari Istituti secolari, i membri del Consiglio pastorale e dei vari gruppi parrocchiali, e tutti voi, cari fedeli laici qui presenti: famiglie, lavoratori, anziani, malati, sofferenti, persone sotto il peso della prova, e tutti voi, cari giovani e ragazzi che frequentate i numerosi Istituti educativi presenti in questo territorio. A voi tutti e a ciascuno i miei più cordiali sentimenti e i più vivi auguri per l'ormai prossima festa natalizia.


10. Il ritorno del Signore è preparato dall'unità della comunità credente attorno ai sacramenti, e soprattutto attorno all'Eucaristia. E mi compiaccio per l'attenzione che i padri Monfortani rivolgono alla vostra formazione liturgica.

Raccogliamoci tutti attorno a Gesù Eucaristico, nell'attesa della venuta del Signore. Prepariamogli, nell'unità dei nostri cuori e delle nostre coscienze, un tempio degno per la sua venuta! Prepariamogli questo tempio in unione con Maria! Quale creatura ha saputo accogliere meglio della Madonna la venuta del Salvatore? Per questa realtà centrale della storia e della vita interiore di ogni cristiano ha vissuto, sofferto e mirabilmente scritto san Luigi Grignion de Montfort, il patrono della vostra parrocchia.

Chiediamogli di comunicarci la sua stessa devozione ardente e generosa per la Madre di Dio. Chiediamogli di insegnarci ad essere anche noi servitori fedeli di Maria, suoi strumenti docili, affinché, anche mediante la nostra collaborazione ella possa svolgere la sua azione di preparare i cuori all'Avvento del Signore! Uniti attorno all'Eucaristia. Uniti attorno a Maria. Ecco il modo di attendere il Redentore. Ecco la maniera di essere confermati nella conoscenza e nell'attesa del mistero della salvezza.


11. Rileggiamo ancora una volta, come conclusione, le parole dell'Apostolo nella Lettera ai Romani che la liturgia odierna ci ha proposto: "A Colui che ha il potere di confermarvi... secondo la rivelazione del mistero taciuto per secoli eterni, ma rivelato ora... a Dio che solo è sapiente, per mezzo di Gesù Cristo, la gloria nei secoli dei secoli. Amen" (Rm 16,25-27).

[All'intera comunità:] Saluto cordialmente tutta la vostra comunità parrocchiale che ha come celeste patrono san Luigi Grignion de Montfort, e i suoi figli spirituali, ministri sacri di questa vostra comunità. Saluto tutte le famiglie. Durante questo periodo di Avvento e poi, nel tempo del Natale, dobbiamo ricordarci che Dio si è fatto uomo nascendo come Figlio nel seno di una famiglia.

Vi auguro di riscoprire il santo Natale. E' certamente un costume anche sociale con una caratteristica specifica di ogni popolo, celebrare il Natale, Ma, dentro tutto ciò che appartiene al costume e alla tradizione popolare, dobbiamo sempre riscoprire di nuovo il mistero. Mistero stupendo, attraente e nello stesso, si può dire, anche mistero tremendo. Dio vero, Dio consostanziale al Padre, Dio si fa uomo. Il Verbo si fa carne. Riscoprire questa grandezza nelle dimensioni dell'umiltà, della povertà, perché il suo Natale era esemplarmente povero, fuori casa, senza tetto. Oggi dobbiamo riscoprire tutto questo. Dobbiamo chiederci: perché Dio si è fatto uomo? Cosa vuol dire questa verità per ogni uomo? Per l'uomo di ieri, di oggi e di domani? E' una verità fondamentale che attraversa tutta la storia dagli inizi alla fine e tocca ciascuno di noi, perché Cristo si è fatto uomo per ciascuno di noi che è un uomo, una persona umana. Lui, il Cristo, persona divina si è fatto uomo assumendo la natura umana da sua Madre. E' questo l'augurio che rivolgo a ciascuno di voi, carissimi parrocchiani, alle vostre famiglie e a tutta la vostra comunità. Buon Natale".

[A i ragazzi:] Saluto tutti voi, bambini, bambine, ragazzi e ragazze che frequentate i vari corsi di catechesi per prepararvi alla prima comunione e alla cresima. Saluto tutti e ciascuno e ringrazio per le parole introduttive che la vostra coetanea mi ha rivolto a nome vostro. Vedo tra voi un gruppo cospicuo di scouts che sono sempre la forza di ogni popolo, di ogni città, e anche di ogni parrocchia. Insieme a tutti voi voglio salutare i vostri genitori qui presenti che compiono insieme a voi lo stesso cammino catechistico-sacramentale. E' questo lo stesso cammino di salvezza, perché nella nostra vita, nella vita di ciascuno di noi, sempre si riflette quell'Avvento che ha anticipato, preparato la venuta di Gesù. Quando ci prepariamo per incontrare Gesù sacramentalmente, soprattutto nell'Eucaristia, viviamo il nostro personale Avvento come cristiani. Poi, ogni anno, nel tempo, ci prepariamo sempre di nuovo, sempre più profondamente. così dura e si sviluppa questo Avvento nella nostra vita, perché tutta la nostra vita è l'Avvento che noi attendiamo: l'ultima venuta di Gesù. Questi vostri desideri, desideri propri del vostro mondo di bambini, sono molto simili a quel grande desiderio che era nel cuore di Gesù, dal momento della sua nascita fino al giorno della sua morte e della sua risurrezione gloriosa. Cosa voleva infatti Gesù? Voleva il bene di tutti gli uomini. Ciascuno di voi vuole il bene di tutti gli uomini. Vuole che il mondo sia un mondo fraterno, amichevole, pacifico. Voglio augurare a tutti voi che questi desideri che sono propri della vostra età rimangano desideri di tutta la vostra vita, da tradurre in compiti e in realizzazioni. Siate simili a Cristo. Incarnate nella vita questi desideri nuovi insieme a Cristo. E' questo il mio augurio di buon Natale.

[Alle religiose:] In questo momento, in questa ultima domenica dell'Avvento, penso che dovete essere vigilanti perché, fra poco in questi giorni, verrà un angelo, che farà chiasso, che porterà una luce e vi dirà: Alzatevi e andate via a cercare questo bambino che è nato, che è nato in una grotta. Gesù è uno di quelli senza tetto di cui ci parla, in questo anno, anche l'Organizzazione delle Nazioni Unite, l'anno dei senza tetto. Allora Gesù era il primo fra loro, non solamente al momento della sua nascita, ma anche in seguito, quando non aveva dove posare il capo. Ecco, così ci ha arricchito - lo confessa l'Apostolo - immensamente arricchito con la sua povertà. E questa è appunto la luce, la parola, il messaggio del Natale, per tutti noi, ma specialmente per voi, per le religiose, per le persone consacrate che vogliono vivere, oggi, i consigli evangelici: castità, povertà, obbedienza. Tutti questi consigli si intrecciano, si completano tra loro. Vi auguro di far parte di quell'arricchimento che ci ha portato Cristo facendosi povero con la sua povertà, con la sua castità, con la sua obbedienza tremenda, tremenda obbedienza. Vi auguro di arricchire il mondo intorno a voi.

Naturalmente il suo arricchimento, quello che viene dal suo mistero, è immenso; il nostro sarà sempre più o meno misurato, ma deve rimanere nella stessa prospettiva.

Questo vi auguro per le feste natalizie e non solo per questo giorno, per questa ottava, ma per tutta la vostra vita. E se è vero per gli altri, voi più di tutti gli altri dovete vivere per gli altri; ma, direi, soprattutto, che ciascuna di voi deve sentirsi ricca; ricca della vostra povertà, della vostra obbedienza, della vostra castità. Questi sono gli auguri che vi faccio, e vorrei farli a tutte le religiose, a tutte le persone consacrate del mondo intero in quest'Anno mariano.

[Al Consiglio pastorale:] Vi ringrazio per questo incontro molto importante della visita pastorale nella parrocchia perché ci lascia dare almeno un'occhiata su quella realtà del popolo di Dio, del popolo cristiano che - anche a motivo dello stesso Battesimo, tanto più della Confermazione, della Cresima - è chiamato all'apostolato. Gesù ha ben distribuito la sua missione, lasciandola ai Dodici. Questi Dodici, come ci insegna anche il Concilio Vaticano II, erano una prefigurazione del nuovo Israele, che vuol dire della Chiesa, del nuovo popolo di Dio. Una prefigurazione e una radice nel senso della missione, nel senso dell'apostolato. Oggi, specialmente in questo periodo dopo il Vaticano II, forse ancora di più dopo questo ultimo Sinodo, noi vediamo sempre meglio quel pluralismo che si trova dentro la missione apostolica della Chiesa che viene dalla missione del Cristo, Cristo unico, vera grazia in sé.

Tutta la ricchezza della missione della Chiesa o piuttosto delle missioni della Chiesa abbraccia in sé tutti i carismi che poi vengono distribuiti come all'inizio erano distribuiti fra i Dodici, scelti come apostoli, e poi sono stati distribuiti tra tante e tante persone battezzate, persone confermate nella Cresima, persone che vivono l'Eucaristia: in una parola i cristiani. Tutti hanno una loro missione e un loro carisma specifico. Non solamente i pastori, i vescovi, i sacerdoti, ma tutti i laici. Allora per me è una grande gioia incontrare questa realtà dentro la vostra parrocchia, la realtà apostolica laicale. Il vostro parroco ha citato i diversi gruppi che fanno quel lavoro di approfondimento della fede, di trasferimento della fede agli altri, la catechesi. Poi, a conclusione di questa grande opera educativa, opera caritativa, opera di testimonianza c'è anche un consiglio pastorale che cerca di mettere insieme tutte le esperienze, tutte le osservazioni, tutte le missioni, tutte le necessità che si incontrano in quella realtà viva che si chiama parrocchia.

Così volevo ringraziarvi, con queste poche parole, per la vostra presenza. Oggi, ma non solamente oggi, la vostra presenza continua. Siete sempre presenti, siete intorno a Gesù, come una volta lo erano gli apostoli, i discepoli e gli altri. così noi siamo intorno a Gesù, per ascoltare la sua parola, per ascoltare il suo Spirito, per seguire il suo Spirito, dovunque ci porti. E sempre ci porta nel mondo, come ha portato gli apostoli: andate in tutto il mondo. Qui si potrebbe dire: andate in tutto questo ambiente, perché Roma non si vive in una sola parrocchia ma si vive in tutta la città, nei diversi uffici, nei diversi campi di lavoro, nelle diverse professioni, nei diversi compiti, nelle diverse responsabilità. Qui vicino c'è il policlinico "Gemelli" ma certamente ci sono ancora altri istituti importanti. Se voglio oggi augurarvi un buon Natale, lo faccio nel contesto di quella realtà di cui abbiamo brevemente parlato. Buon Natale vuol dire che Cristo è di nuovo nato per ciascuno di noi; e vuol dire nello stesso tempo che questa nascita di Cristo - nascita nel senso mistico, nel senso liturgico, sacramentale - faccia nascere in noi quello che emana da Cristo, che viene da Cristo e che Cristo vuole che sia trasferito agli altri attraverso ciascuno di noi. così Cristo sempre nasce, sempre vive, sempre muore, sempre risorge, ritorna in cielo e si prepara il suo secondo avvento. E noi abbiamo una parte in questa preparazione, come avevo detto anche durante la celebrazione nella chiesa. Allora buon Natale, alle vostre famiglie, ai vostri cari, a tutti, a tutta la parrocchia.

[Ai giovani:] Questa parrocchia è dedicata a un grande santo, san Luigi Maria Grignion di Montfort, e anche i vostri sacerdoti sono discendenti spirituali di questo santo e portano in sé e portano anche a voi la sua grande spiritualità mariana. Ma io penso che in questa parrocchia ha anche una sua parte direi abbastanza importante un'altra persona; non un santo dichiarato dalla Chiesa, ma un uomo molto conosciuto nella Chiesa e molto stimato. Quest'uomo si chiama Baden Powell. Non vorrei restringere l'importanza degli altri educatori che operano tra i giovani della vostra parrocchia, ma vedo soprattutto queste uniformi che subito ci dicono qual è l'educatore principale di questi giovani e di queste giovani.

Io ho una grande stima per questo educatore perché ci ha insegnato, a tutti i giovani e anche a quelli meno giovani di età che vogliono sentirsi ancora giovani, come vivere, come prendere la vita, per far si che sia un'opera positiva, costruttiva, efficace, ha insegnato come comprendere la vita umana, giovanile, nelle sue dimensioni più importanti, come la vita nel contatto con la natura. Vi vedo qui in questa sala ma vi vedo nello stesso tempo tra i vostri monti, tra i vostri boschi, i luoghi prediletti da tutti i giovani e specialmente dai giovani scout: i vostri campeggi, le vostre escursioni, i vostri raggruppamenti. Lo scorso anno ho avuto anche il privilegio di fare una visita a un grande raggruppamento nella regione dell'Abruzzo. Ma naturalmente questo vivere con la natura ci provoca, ci invita a vivere più profondamente, più seriamente la nostra propria umanità. L'uomo fa parte della natura, ma nello stesso tempo l'uomo la trascende con la sua umanità, con la sua personalità, con il suo intelletto. Conoscere il vero con la sua libera volontà è una grande originalità dell'uomo e ciascuno di noi allora deve saper bene prendere nelle mani questa realtà che si chiama uomo, che si chiama uomo o donna, che si chiama io; prenderla bene in mano e farla crescere autenticamente nell'umanità è una grande opera. E ci voleva un grande educatore, un grande conoscitore della natura umana per preparare questo programma che sempre porta frutti.

L'uomo non ha solamente una dimensione personale ma ha nello stesso tempo una dimensione sociale, comunitaria. Allora un grande compito è quello di imparare a vivere con gli altri, a vivere per gli altri; e anche questo entra profondamente nella vostra programmazione, ma nello stesso tempo sappiamo bene che ciò entra profondamente nel programma del Vangelo. Si dice che Cristo era per eminenza un uomo per gli altri: è una buona definizione, non è completa, ma è buona; e veramente era così. Era per gli altri. Allora imparare, secondo il vostro programma, a essere per gli altri vuol dire imparare anche una parte notevole, una parte sostanziale, essenziale del Vangelo, del cristianesimo. Le due cose crescono insieme, il nostro umano e il nostro cristiano, il nostro umano e il nostro divino, perché la grandezza dell'umano consiste finalmente nel fatto che nell'uomo c'è qualche cosa di Dio, qualche cosa divina. E lo leggiamo nelle prime parole della sacra Scrittura quando si parla della creazione. Nel Libro della Genesi subito è detto che li creo maschio e femmina a sua immagine e somiglianza, a sua immagine divina. Allora l'uomo ha in sé qualche cosa di Dio, qualche cosa divina.

Così si comprende poi tutto il resto, che è la liberazione: la venuta di Cristo, Dio-uomo, il suo Avvento, il perché della attualizzazione di quanto già si trovava nella creazione. L'uomo creato a somiglianza, a immagine di Dio, diviene quello che è l'immagine più perfetta del Padre: il suo Figlio unigenito consostanziale viene a farsi uomo per mostrarci, per insegnarci come vivere da uomini, divinamente, nello stesso tempo.

Allora questa piccola introduzione sia introduzione agli auguri che vi faccio. Vi auguro buon Natale. Vi rinnovo gli auguri ringraziandovi per la parte che avete nella comunità specialmente nella comunità giovanile di questa parrocchia e nello stesso tempo anche augurando la stessa cosa a tutti i giovani e, attraverso voi, agli altri raggruppamenti, alle altre comunità e associazioni specialmente nella comunità di questa vostra parrocchia. Ringrazio infine la vostra coetanea che ha toccato veramente i temi che mi sono molto vicini, che mi stanno a cuore e che certamente appartengono anche al programma della scoutismo educativo, perché senza questi valori, senza questo programma non si può pensare a un'educazione autentica dell'uomo, della persona umana, e anche della comunità umana, dei popoli, delle nazioni, dei continenti.

1987-12-20 Data estesa: Domenica 20 Dicembre 1987





GPII 1987 Insegnamenti - A un Convegno di studio - Città del Vaticano (Roma)