GPII 1987 Insegnamenti - A una rappresentanza della comunità polacca per la presentazione degli auguri - Città del vaticano (Roma)


2. Per questa ragione la festa del Natale, nella nostra tradizione cristiana e polacca, ha la funzione di ravvivare i vincoli di amore tra gli uomini.

Desideriamo, almeno spiritualmente, restare fedeli a questa tradizione, spezzando l'"Oplatek".

In questo momento così traboccante di significato e sentimento, - nel momento in cui ritroviamo per così dire la nostra infanzia nella dimensione umana e divina, - nel momento in cui si ravvivano in noi con particolare intensità, tanti eventi, azioni, uomini, legami, decisioni e impegni, - nel momento in cui l'esperienza del passato si unisce al pensiero del presente, - nel momento in cui la gioia diviene ancora più gioiosa, e il dolore è ancora più doloroso, pensiamo all'intera famiglia dell'uomo, alla Chiesa, alla nostra patria e a tutti i compatrioti, ovunque si trovino, vicini e lontani.

Come è grandioso il fatto conseguente all'Incarnazione del Verbo di Dio, per cui vi è incarnazione dell'amore in ogni buona azione, parola e servizio reso al prossimo. perciò spezziamo la cialda oppure il pane, perché Dio si dona a noi sotto forma di pane. E questo è insieme segno che vogliamo testimoniare a noi stessi amore reciproco, dimenticare i rancori, vincere l'odio; che vogliamo persistere nella verità, nella grazia, nella pace e nell'amore comune.


3. Con questo segno, con questi auguri, desidero raggiungere almeno spiritualmente: - tutti i sofferenti e i malati, quanti sono colpiti da angosce e ingiustizie di qualsivoglia genere, - ai più bisognosi di aiuto e soprattutto di un cuore umano, - ai genitori e figli, - a vescovi, sacerdoti e congregazioni religiose maschili e femminili, - a quanti accolgono Cristo e a quanti non lo accolgono, - a tutti i miei fratelli e sorelle in patria e fuori di essa.


4. Il particolare contenuto del nostro incontro di vigilia - che, nato da una esigenza di cuore, estendiamo a tutti gli ambienti, categorie e attività - diviene alla luce del mistero dell'Incarnazione tutto ciò che abbiamo vissuto e viviamo nella Chiesa, per grazia di Dio, nel corso di questo anno.

E allora intendo l'anno mariano, che - vissuto nello spirito dell'avvento - deve preparare la Chiesa e il mondo al terso millennio dell'era cristiana; intendo il Sinodo dei Vescovi che, accogliendo l'enorme eredità del Concilio Vaticano II, desidera indicare le strade della vita, della santità e della vocazione dei laici cattolici all'interno della Chiesa.

Quest'anno mi è stato dato inoltre di trovarmi per la terza volta nel mio itinerario di pellegrinaggio verso la mia patria, in occasione del Congresso Eucaristico nazionale, grazie al quale abbiamo potuto raccoglierci nella preghiera comune sulle conseguenze finali dell'Incarnazione: "Li amo sino alla fine" (Jn 13,1). E tramite questa cialda, pane eucaristico e al significato natio ad essa legato, la giornata odierna diviene ancor più significativa.

Mi è stato dato inoltre di incontrarmi, quest'anno, con la parte di polacchi che vivono all'estero più importante e più meritoria nel mondo, in occasione del mio pellegrinaggio di settembre negli Stati Uniti d'America e in Canada.

Infine, nel corso delle ultime settimane, ci sono state le visite alle "tombe e soglie apostoliche" dei miei fratelli Vescovi dalla Polonia.

Tutti questi momenti benedetti di incontro, di preghiera e riflessione comune, le parole pronunciate in queste occasioni, arricchiscono la nostra odierna vigilia polacca e divengono il contenuto particolare dei nostri auguri per questo anno.


5. Questa vigilia polacca e contemporaneamente papale e vaticana, si caratterizza anche per questo, per il fatto cioè che sono qui presenti, secondo le loro possibilità, insieme ai pastori, i rappresentanti di singoli gruppi presenti fisicamente in Italia e cosiddetti "nuovi emigranti".

Tramite voi, qui presenti, desidero inviare la cialda e i miei auguri per il Natale a tutti i miei compatrioti che si trattengono in alberghi, campi di accoglienza e in numerosi campeggi. A voi che provate numerose forme di solidarietà e amore, ma più spesso anche delusione e sofferenza e non di rado pure profonde umiliazioni. Che a tutti i vostri obbiettivi finali - anche terreni - vi conduca Cristo, che è "via, verità e vita" (Jn 14,6). Attraverso la strada che avete scelto, non perdete - nonostante le numerose difficoltà - la vostra umanità, la vostra dignità. Non perdetevi. Non perdete la speranza. Non perdete la fede soprattutto in Dio che è fedele, ma anche la fede nel vostro prossimo.

Sui problemi morali collegati con l'emigrazione, che rientra nell'ambito ristretto dei diritti dell'uomo, ho parlato nella vigilia dello scorso anno e in numerose altre occasioni. Si tratta del resto di uno degli importanti capitoli del magistero cattolico sociale. Oggi, come pastore della Chiesa cattolica e contemporaneamente come vostro compatriota, parlo, più che a voi, a coloro che, ora in patria, prendono in considerazione una tale possibilità: non prendete con facilità decisioni difficili, decisioni tali da poter segnare o da condurre l'uomo anche al dramma. Assumetevi la pena di guardare le vostre vite difficili sotto il prisma della luce della notte di Betlemme, della luce della morte in croce e della resurrezione di Cristo. Ricordiamo tutti, quanti vivono in patria e quanti si sono trovati fuori da essa, che esistono multiformi sfere della nostra vita e cultura nazionale che hanno acquisito senso in modo particolare nelle situazioni più difficili. Che nessuno si senta esonerato da quest'opera di creazione - secondo le proprie forze. Ovunque si trovi. Su tutti incombe l'impegno di creare il bene della nostra comune patria.


6. Ringraziamo Dio, poiché il Verbo si è fatto carne, poiché il Figlio di Dio è divenuto uomo per noi e per tutti gli uomini.

Lo ringraziamo inoltre per la nostra umanità, per ogni nascita e rinnovamento dell'uomo in Cristo. E rivolgendoci l'un l'altro reciprocamente in questa notte benedetta e nel giorno di Natale, preghiamo Cristo neonato, tramite l'intercessione di sua Madre, perché la grazia di rinnovamento ci sia donata, grazia di pace, grazia di gioia e di rafforzamento. Affinché ogni comunità del popolo di Dio attinga abbondantemente alla sua fonte. Affinché i nostri fratelli e sorelle ricevano questa profondità e ricchezza della Redenzione donata tramite Cristo. Affinché l'uomo, rispondendo al dono della notte di Betlemme, sappia servirsi di questa libertà che, in mezzo a tutti i valori, riesce a scegliere Dio e a porlo a capo degli eventi di cui è protagonista. Affinché in questo modo ciascuno di noi, ogni uomo diventi sempre più uomo, vivendo secondo il progetto di Dio, in relazione a tutta la famiglia umana. Il progetto di Dio su ciascun uomo ci è stato svelato in Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo. In Cristo nato nella notte di Betlemme.

[Traduzione dal polacco]

1987-12-24 Data estesa: Giovedi 24 Dicembre 1987




Omelia alla Messa di mezzanotte - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Con questa nascita è maturata la storia dell'uomo

Testo:

1. "Vi annunzio una grande gioia" (Lc 2,10). Questa voce venne dall'Alto. Penetro la notte profonda, e giunse ai pastori che stavano nei campi, nei pressi di Betlemme.

Oggi la Chiesa si fa eco di tale voce in tutti i luoghi della terra: Vi annunzio una grande gioia. La notte descritta nel Vangelo di Luca viene riletta, in questa liturgia, attraverso la testimonianza della notte nella profezia di Isaia: "Il popolo che camminava nelle tenebre / vide una grande luce; / su coloro che abitavano in terra tenebrosa / una luce rifulse" (Is 9,1). La testimonianza della notte in Isaia viene riconfermata dal Vangelo. Svela il suo senso e nello stesso tempo lo ritrova più pienamente. Novum Testamentum in vetere latet; vetus in novo patet", così scrive sant'Agostino, parlando dell'Antico Testamento in rapporto al Nuovo ("Quaest. in Hept.", 2,73).

Quanto potente, pero, è la testimonianza di Isaia circa la notte di Betlemme! "Su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse".


2. "Vi annunzio una grande gioia". Dice l'Angelo del Signore ai pastori, che in un primo momento si sono spaventati: "Furono presi da grande spavento". Per questo aggiunge subito: "Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo" (Lc 2,9 Lc 2,10).

Si! Del popolo "che cammina nelle tenebre", come di "coloro che abitano in terra tenebrosa". La voce del messaggero, in mezzo alla notte, annunzia la gioia. E' la gioia del creato. E' la gioia del tempo che raggiunge la sua pienezza, secondo i disegni di Dio. Per questo il profeta Isaia tiene davanti agli occhi non i pastori, ma i mietitori.

"Gioiscono davanti a te come si gioisce quando si miete" (Is 9,2). E così hanno gioito i pastori nei campi di Betlemme. La mietitura significa la maturità. Significa la pienezza del tempo.


3. Realmente, il tempo è maturato. All'annunzio di questa notte beata, è maturata la storia di Israele e quella dell'uomo. Con questa nascita è maturata la storia dell'uomo secondo i disegni di Dio. "Vi annunzio una grande gioia... oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore", così l'Evangelista Luca (2,10-11).

Ed ecco il profeta Isaia: "Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio... ed è chiamato: Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace" (Is 9,5). Quanta ricchezza di nomi! Ma la Madre del Bambino, nato in quella notte a Betlemme, sa soltanto una cosa: "Lo chiamerai Gesù" (Lc 1,31). E la stessa cosa sa Giuseppe, il carpentiere, al quale Maria era "promessa sposa".


4. Quale ricchezza di nomi nel libro del profeta! Con quale ampiezza egli cerca di esprimere chi sarà questo Bambino, questo Figlio che nascerà nella pienezza del tempo; che nascerà nella notte di Betlemme al di fuori della città, "perché non c'era posto per loro nell'albergo" (Lc 2,7). Nascerà e sarà deposto "in una mangiatoia" destinata agli animali. Ciò nonostante Isaia dice: "Grande sarà il suo dominio / e la pace non avrà fine / sul trono di Davide" (Is 9,6). E Maria aveva ascoltato durante l'annunciazione: "Il Signore Dio gli darà il trono di Davide, suo padre, e regnerà per sempre... e il suo regno non avrà fine" (Lc 1,32).


5. Tutto questo è mirabile. Mirabile è la testimonianza della liturgia, che attinge al profeta e al Vangelo. Mirabile è quest'incontro dei contrasti che dovrebbero escludersi a vicenda, ma che invece nel profondo s'incontrano.

S'incontrano nel profondo delle prospettive divine.

La notte di Betlemme ha già ritrovato la sua luce. I pastori sono già arrivati nella stalla. Ed ecco, al di sopra di questo avvenimento volano, ancora una volta, le parole del profeta, che proclama: "Questo farà l'amore geloso del Signore degli eserciti" (Is 9,6).


6. L'amore geloso? Geloso può essere l'amore di un uomo che, pur amando, non riesce a superare il limite del proprio "io". Ma l'amore di Dio può essere geloso? Di che cosa intende parlare questa notte di Betlemme? Non rende forse testimonianza a Dio, il quale "ha superato i limiti" del suo "Io" divino? A Dio che - ecco - giace nella mangiatoia (destinata agli animali) quale Bambino avvolto in fasce (cfr. Lc 2,7)? Amore geloso? Che cosa significa? Chi ci darà la risposta? 7. Rispondi tu Maria. Tu lo sai già ora meglio di chiunque altro. Già nella notte di Betlemme. Già nell'ora della nascita. Lo sai già ora, e lo saprai fino in fondo. Conoscerai fino in fondo la verità dell'"amore geloso" di Dio, tuo Figlio; che darà "se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità" (cfr. Tt 2,14).

Amore geloso? Diccelo tu, Isaia... Non è forse quell'amore che si dà fino alla fine e senza fine? Quest'amore è venuto stanotte nel mondo. Vi annunzio una grande gioia!

1987-12-25 Data estesa: Venerdi 25 Dicembre 1987




Messaggio natalizio "Urbi et Orbi" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La verità del Natale: tutti figli nel Figlio

Testo:

1. "E il Verbo era presso Dio... / tutto è stato fatto per mezzo di lui, / e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste. / In lui era la vita..." (Jn 1,1 Jn 1,3-4). / E "il Verbo era Dio" ().

Oggi, giorno di Natale, / la Chiesa guarda con l'occhio d'aquila del quarto Evangelista / nel mistero imperscrutabile di Dio. / Oggi la vista e l'udito della nostra fede / si aprono profondamente. / Ascoltiamo, insieme all'Apostolo, / le parole dall'Alto: / "Mio figlio sei tu, / oggi ti ho generato" (Ac 13,33 He 1,5).

Questo "oggi" è il "giorno" dell'Eternità divina, / e dura al di là di ogni misura del nostro tempo. / E la Chiesa intera grida con esultanza: / "Dio da Dio, Luce da Luce. / Generato, non creato, della stessa sostanza del Padre". / "Oggi ti ho generato, / mio figlio sei tu". / E dal Generante e dal Generato procede lo Spirito: / il Soffio del Padre e del Figlio. / L'Amore, il Dono increato. / L'insondabile vincolo della Trinità.


2. Dio e il mondo. / Il mondo, pur non eterno in se stesso, / è eternamente in Dio. / Ed è in te, Figlio-Verbo: / "generato prima di ogni creatura" (Col 1,15). / Il Padre ti introduce oggi nel mondo. / Introduce te, Verbo, / che sei "irradiazione della sua gloria / e impronta della sua sostanza" (He 1,3). / Te, Figlio, / che sostieni tutto con la potenza della tua parola. / Oggi il Padre ti introduce nel mondo. / Oggi "il Verbo si fece carne / e venne ad abitare in mezzo a noi" (Jn 1,14) / affinché i pastori di Betlemme vedessero / un bambino avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia, / poiché non c'era posto per lui nell'albergo...

E così "noi vedemmo la sua gloria". / Vedemmo la sua gloria "come di unigenito del Padre" (Jn 1,14) / durante tutti i giorni della sua vita in terra / mediante l'intera verità del Vangelo: parole e opere, / e mediante il Getsemani e la croce sul Golgota, / e poi mediante la tomba vuota e le successive apparizioni, / testimonianza che egli era risorto. / Vedemmo la sua gloria "come di unigenito dal Padre, / pieno di grazia e di verità" (Jn 1,14). / "Mio figlio sei tu, / oggi ti ho generato". / L'"oggi" dell'eternità divina si fa presente / nell'"oggi" quotidiano del Figlio di Dio in terra.


3. Figlio, eterna Sapienza, che hai compiuto fino alla fine / il tuo desiderio di stare con i figli dell'uomo / e "ricrearti sul globo terrestre" (cfr. Pr 8,31), / divenendo l'"Emmanuele": Dio con noi (cfr. Mt 1,23). / Verbo, che ti sei fatto carne / e venisti ad abitare in mezzo a noi. / Figlio nato da Donna come ciascuno di noi, / oggi la Chiesa ti guarda con gli occhi dell'anima e del corpo, / con gli occhi della fede e del cuore.

E questo è il nostro "oggi" umano. / L'"oggi" del mondo che passa. / L'"oggi" della storia. / Oggi la Chiesa guarda a te, / Bambino tra le braccia di Maria. / "Oggi" qui in terra hai la Madre! / O incontenibile, consustanziale al Padre, / che - per opera dell'Eterno Spirito - ti sei lasciato contenere / dal grembo materno della Vergine / nel momento dell'annunciazione. / Che ti lasci, oggi, stringere / dalle sue mani, dalle sue braccia / e succhi al materno seno, come ogni bambino umano! O incontenibile, / sul quale si china l'Eterno Padre e dice: / "Mio figlio sei tu, oggi ti ho generato", / e così ti abbraccia eternamente, / nel mistero imperscrutabile della Divinità. / O incontenibile, / sul quale si china la Madre terrena e dice: / Tu sei il mio Figlio. / Io, povera, ti ho dato alla luce / mediante l'ubbidienza allo Spirito Santo. / Il tuo nome è Gesù... Dio che salva.


4. Mediante la Madre tu entri nel nostro mondo, / entri nella storia dell'uomo. / Questa Madre è la Figlia di Sion, / porta in sé l'eredità di Israele, del suo popolo, / realizza in sé i desideri di tante madri di quel popolo. / Vi è in lei il mondo che attende il suo Dio.

Vi è in lei la creatura aperta fino in fondo, dinanzi al suo Creatore. / Vi è in lei la storia dell'uomo in tutti i luoghi della terra. / La storia dell'uomo incomincia sempre di nuovo / dal grembo di ciascuna delle madri, / in mezzo a tutta la ricchezza delle lingue, delle culture e delle razze. / La storia dell'uomo, nella maternità di quest'unica Madre, / raggiunge il vertice del mistero divino, / collegato eternamente con il Verbo / che si fece carne: figlio di Maria.


5. Si. Il vertice del mistero divino. / che nessun progresso umano può raggiungere, / nessuna misura della perfezione umana eguagliare. / Il vertice del mistero divino: / "Ha dato potere di diventare figli di Dio: / a quelli che credono nel suo nome" (Jn 1,12). / Ha dato loro potere affinché / né da volere di carne, né da volere di uomo, / ma da Dio siano generati (cfr. Jn 1,15).

Un tale potere ha dato loro / colui al quale il Padre dice eternamente: / "Mio figlio sei tu, oggi ti ho generato". / Colui che per noi e per la nostra salvezza / "discese" dal Padre, si è incarnato nel seno della Vergine Maria / e si è fatto Uomo. / Ha dato un tale potere a noi uomini. / E questo è il potere del Natale.


6. Sapranno gli uomini avvalersi di tale potere? / Sapranno accogliere la straordinaria possibilità, / loro offerta nel Bimbo di Betlemme, / di trascendere i limiti della loro finitezza, / l'opacità greve dei loro egoismi, / per accedere alla realtà meravigliosa della vita di Dio, / che è pienezza di luce, di gioia, di amore? L'interrogativo si è posto per ogni generazione della storia. / Ma ritorna con intensità particolare in questo nostro tempo, / nell'era tecnologica; / perché mai come oggi l'uomo è stato tentato / di credersi autosufficiente, / capace di costruire con le proprie mani la propria salvezza.


7. Ecco perché la Chiesa in questo Natale, / ancora una volta e con più forza che mai, / leva la sua voce per annunciare l'inaudito mistero / e riproporre all'uomo contemporaneo l'"ammirabile scambio" / tra ciò che egli è nella sua finitezza / e il tutto di un Dio, venutogli incontro / nella fragile carne di un Bimbo avvolto in poveri panni / e deposto in una mangiatoia dalle mani premurose della Madre.

La Chiesa leva la sua voce / e invita anche gli uomini di oggi / a muovere i propri passi verso Betlemme / per incontrare quel Bambino e scoprire sul suo volto / il sorriso di un Dio che vuole fare di ogni nato di donna / un figlio suo nel Figlio, Verbo eterno / per mezzo del quale è stato fatto tutto ciò che esiste. / Tutti figli nel Figlio, / tutti fratelli nell'unica famiglia di Dio. / E' questa la verità del Natale, / questo il perenne suo messaggio: / Tutti figli nel Figlio; così sia! [Omissis: auguri in 52 lingue] Christus natus est nobis! Venite adoremus!

1987-12-25 Data estesa: Venerdi 25 Dicembre 1987




Motu Proprio "Sollicita Cura" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Costituito il Tribunale di Appello presso il Vicariato di Roma


La sollecitudine di provvedere alle necessità della diocesi di Roma e delle circoscrizioni ecclesiastiche del Lazio, secondo le mutate circostanze, ha fatto si che nel decorso dei tempi più recenti siano state introdotte più di una volta nuove strutture e procedure.

Nel 1938, quando in Italia furono istituiti i tribunali regionali per le cause di nullità matrimoniale, presso il Vicariato di Roma fu costituito il tribunale di prima istanza per la regione conciliare, cioè ecclesiastica, del Lazio, competente solamente per le cause di nullità del matrimonio; per le altre cause invece rimasero in vigore i tribunali propri nelle singole diocesi della stessa regione. In quell'occasione, fu affidato a questo stesso foro regionale il compito di trattare in seconda istanza le cause svolte in primo grado dai tribunali regionali napoletano e cagliaritano, ferma restando sempre la facoltà di proporre direttamente presso la Rota romana il giudizio di seconda istanza. Come foro di appello per le cause definite in primo grado dal tribunale regionale del Vicariato di Roma fu stabilito che fosse competente soltanto il tribunale apostolico della Rota romana.

In seguito, tuttavia, poiché le cause trattate dai tribunali regionali d'Italia in prima istanza "venivano deferite con tale frequenza al tribunale apostolico della Rota romana da permettergli con difficoltà di espletare in modo conveniente il suo compito, com'è doveroso", con rescritto pontificio di Pio XII, emesso il 16 ottobre 1951, fu sospeso temporaneamente il diritto di deferire le cause di nullità matrimoniale, che erano state giudicate in prima istanza dai tribunali ecclesiastici regionali d'Italia, per il processo di seconda istanza, presso la Rota romana, secondo la norma del CIC 1599 § 1, 1° del Codice di diritto canonico del 1917, che corrisponde al CIC 1444 §1, 1° del nuovo codice; contemporaneamente fu pure costituito nel Vicariato di Roma - come si legge nel rescritto - il tribunale d'appello, distinto dal tribunale di prima istanza, al quale si devono sempre presentare in secondo grado sia le cause giudicate in prima istanza presso il tribunale di prima istanza del Vicariato di Roma, sia le cause napoletane e cagliaritane deferite in grado di appello al Vicariato di Roma.

Alla distanza di quindici anni, con rescritto del sommo pontefice il papa Paolo VI, in data 10 febbraio 1969, tolta la predetta sospensione, fu stabilito: "Le cause di nullità matrimoniale, trattate in prima istanza presso il tribunale di primo grado del Vicariato di Roma, possono essere deferite in grado di appello o alla Sacra romana Rota, oppure al tribunale di secondo grado dello stesso Vicariato".

Infine, con la costituzione apostolica Vicariae potestatis, emanata il 6 gennaio 1977, con la quale il Vicariato di Roma ricevette un nuovo ordinamento, Paolo VI costitui due distinti tribunali, cioè il tribunale ordinario della diocesi di Roma e il tribunale regionale del Lazio per le cause di nullità matrimoniale, dopo aver soppresso il tribunale di appello del Vicariato di Roma.

Al tribunale regionale del Lazio attribui la competenza di giudicare in primo grado le cause di nullità della regione Lazio e in grado di appello le cause di nullità matrimoniale giudicate in primo grado dai tribunali regionali napoletano e cagliaritano; e inoltre stabili che si appellasse alla Rota romana sia dal tribunale regionale del Lazio per le cause di nullità matrimoniali, sia dal tribunale ordinario della diocesi di Roma per le altre cause.

Tutti questi cambiamenti della normativa miravano a rispondere nel miglior modo possibile alle necessità di una retta amministrazione della giustizia nelle diverse circostanze.

Con le stesse disposizioni d'animo e tenendo presenti, tuttavia, le situazioni e le consuetudini pastorali - e col vivo desiderio che il tribunale apostolico della Rota romana sia sempre più messo in evidenza nell'esercizio del suo compito nei confronti della chiesa universale e possa svolgere questa funzione in modo più efficace, e perciò volendo che venga liberato dal trattare in grado di appello tutte le cause nelle quali si appella da una sentenza emessa in prima istanza dal tribunale regionale del Lazio - sentito il supremo tribunale della Segnatura apostolica, della Rota romana e della commissione da noi costituita, nonché dell'assemblea dei vescovi della regione Lazio, con la nostra suprema autorità apostolica decretiamo quanto segue: a) viene costituito nel Vicariato di Roma un tribunale di appello - distinto dagli altri tribunali esistenti nello stesso Vicariato - presso il quale saranno deferite in secondo grado le cause definite in prima istanza: - dal tribunale regionale del Lazio per le cause di nullità matrimoniale; - dai tribunali regionali napoletano e cagliaritano per le cause di nullità matrimoniale; - dal tribunale sia della diocesi di Roma sia delle altre diocesi della regione Lazio, per le altre cause; ferma restando sempre la facoltà di ricorrere in seconda istanza presso la Rota romana, a norma del CIC 1444 §1, 1°.

perciò il tribunale regionale del Lazio di prima istanza per le cause di nullità matrimoniale non è più competente a trattare in grado di appello le cause giudicate dai tribunali regionali napoletano e cagliaritano.

b) Il cardinale vicario esercita il compito di moderatore in questo tribunale a norma del diritto; in caso di impedimento, di assenza o di vacanza, lo sostituirà il vicegerente.

c) Il vicario giudiziale, i vicari giudiziali aggiunti, i giudici, i difensori del vincolo e il promotore di giustizia sono nominati dal sommo pontefice per un tempo limitato e definito, su proposta del cardinale vicario e udita l'assemblea dei vescovi della regione Lazio.

d) Questo stesso tribunale ha la sua amministrazione.

Quanto sopra stabilito, che ha valore nonostante qualsiasi cosa in contrario anche se degna di specialissima menzione, entrerà in vigore a tutti gli effetti giuridici dal 1 settembre 1988.

Norme transitorie 1. Le cause definite dai tribunali napoletano e cagliaritano, che sono in corso di trattazione in secondo grado presso il "tribunale regionale del Lazio per le cause di nullità matrimoniale", devono essere deferite al nuovo tribunale, qualora al 1 settembre 1988 non abbiano ancora concordato i dubbi a norma del diritto; possono essere deferite al medesimo anche quelle che, allo stesso giorno, si trovano in fase istruttoria, qualora entrambe le parti e il difensore del vincolo lo consentano.

Se invece è già stato emesso il decreto di conclusione in causa, la sentenza definitiva dev'essere emessa dal tribunale presso il quale la causa è stata introdotta.


2. Le cause giudicate in primo grado dal tribunale regionale del Lazio per le cause di nullità matrimoniale, i cui atti siano stati trasmessi, al 1 settembre 1988, alla Rota romana a norma del CIC 1682 par. 1, siano deferite al nuovo tribunale solamente se non è stato ancora composto il dubbio, e qualora almeno una parte lo richieda e l'altra parte e l'ecc.mo decano convengano.


3. La stessa norma, con gli opportuni adattamenti, vale per le cause non matrimoniali giudicate dal tribunale ordinario della diocesi di Roma che sono in corso di trattazione presso la Rota in grado di appello.


4. Le cause non matrimoniali definite nel primo grado dai tribunali delle diocesi del Lazio che, al 1 settembre 1988, siano in corso di trattazione in seconda istanza presso il tribunale ordinario della diocesi di Roma, devono essere deferite al nuovo tribunale qualora non sia stato concordato il dubbio, a norma del diritto; possono invece essere deferite le cause che sono ancora in fase istruttoria, col consenso delle due parti e del predetto tribunale della diocesi di Roma.

Se invece è già stato emesso il decreto di conclusione in causa, la sentenza definitiva deve essere emessa dal tribunale presso il quale la causa è stata introdotta.

Queste norme entreranno in vigore dal 1 settembre 1988.

Tutto quanto è stato da noi decretato motu proprio con questa lettera apostolica, vogliamo che sia fermo e definitivo, nonostante qualsiasi cosa in contrario, anche se degna di specialissima menzione.

Roma, presso San Pietro, 26 dicembre 1987, decimo del nostro pontificato.

1987-12-26 Data estesa: Sabato 26 Dicembre 1987




Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Santo Stefano ci porta nella finalità del mistero natalizio

Carissimi fratelli e sorelle, romani e ospiti.

Ci incontriamo nella piazza di San Pietro, intorno a questo presepio che costituisce un segno visibile della solennità e dell'ottava del Natale. Ci incontriamo intorno al mistero natalizio. Abbiamo contemplato ieri la profondità, la bellezza di questo sublime mistero umano-divino e oggi, nella festività di Santo Stefano protomartire, contempliamo lo stesso mistero in un momento apparentemente differente, ma così profondamente unito al mistero natalizio. Si, la memoria del protomartire di Gerusalemme, la memoria di santo Stefano diacono ci porta dentro la finalità profondissima del mistero natalizio, dell'incarnazione del figlio di Dio. Egli si è fatto uomo, nascendo dalla Vergine Maria, per farci figli di Dio come ci ha ricordato ieri l'evangelista Giovanni nella terza celebrazione eucaristica del Natale. Ci ha dato la forza, il potere di diventare i figli di Dio e questo vuol dire che siamo tutti chiamati a un'altra nascita, non solamente a quella terrena. Siamo chiamati alla nascita divina che raggiunge il suo compimento dopo la vita terrena, ma incomincia già in questa vita. Da questo punto di vista, santo Stefano protomartire costituisce, possiamo dire, un'incarnazione di questa verità rivelataci dal santo Natale di Gesù. E così oggi viviamo il Natale di Gesù, viviamo il mistero di Betlemme nel presepio, viviamo nella prospettiva che questo Natale ci ha aperto.

Saluto cordialmente tutti i presenti, e sono lieto che questo presepe nella piazza di san Pietro attiri tanti romani e tanti ospiti, specialmente i giovani, i bambini, che vogliono vedere il Figlio di Dio come il loro coetaneo, uno di loro, un piccolino, un bambino, un neonato. Preghiamo pertanto per le famiglie, per i bambini, per le madri, per i genitori, per la nostra madre Chiesa, che ci genera alla vita eterna, a quella definitiva nascita dell'uomo in Dio stesso.

1987-12-26 Data estesa: Sabato 26 Dicembre 1987




Recita dell'Angelus - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: La santità della famiglia per una società migliore

Testo:

Cari fratelli e sorelle.

1. L'odierna domenica, che segue da vicino la solennità del santo Natale, è dedicata dalla Chiesa a celebrare la Sacra Famiglia. Dopo aver concentrato nei giorni scorsi la nostra attenzione sul mistero del Figlio di Dio, fattosi bambino per la salvezza di tutti, noi siamo invitati a meditare su quella culla di amore e di accoglienza, che si chiama "famiglia".

Il titolo ufficiale della festa liturgica è "La santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe". E il titolo esprime da solo tutta la sublime realtà di un fatto umano-divino, presentando ai nostri occhi un modello da riprodurre nella vita, perché ogni famiglia, specie quella cristiana, s'impegni a realizzare in se stessa quella armonia, onestà, pace, amore, che furono prerogative mirabili della Famiglia di Nazaret.


2. La santità della famiglia è la via maestra e il percorso obbligato per costruire una società nuova e migliore, per ridare speranza nell'avvenire a un mondo su cui gravano tante minacce. Sappiano, perciò, le famiglie cristiane di oggi mettersi alla scuola di quel centro di amore e di donazione senza riserve che fu la sacra Famiglia. Il Figlio di Dio divenuto piccolo, come tutti i nati di donna, vi riceveva le continue cure della Mamma. Maria, rimasta sempre vergine, consacrava quotidianamente la propria vita alla sublime missione della maternità, e anche per questo tutte le genti la chiamano oggi beata.

Giuseppe, designato a proteggere il mistero della figliolanza divina di Gesù e della materna verginità di Maria, svolgeva il suo ruolo, consapevolmente, in silenzio e in obbedienza alla divina volontà. Quale scuola, quale mistero!

3. Il Figlio di Dio è venuto sulla terra per salvare ogni essere umano, trasformandolo profondamente dall'interno, per renderlo simile a sé, Figlio del Padre celeste. Nell'attuazione di tale compito, egli ha vissuto la maggior parte della sua esistenza terrena in seno a una famiglia, per farci comprendere l'importanza insostituibile di questa prima cellula della società, che virtualmente contiene tutto l'organismo.

La famiglia è di per se stessa sacra perché sacra è la vita umana, che solo nell'ambito dell'istituto familiare viene generata, si sviluppa e perfeziona in maniera degna dell'uomo. La società di domani sarà quella che è oggi la famiglia. Questa, purtroppo, è al presente sottoposta a ogni sorta di insidie da parte di chi cerca di lacerarne il tessuto e di minarne la naturale e soprannaturale unità disgregando i valori morali, su cui si fonda, con tutti i mezzi che l'odierno permissivismo della società mette a disposizione, specie con i mass-media, e negando il principio essenziale del rispetto per la sacralità di ogni vita umana, fin dal primo stadio dell'esistenza.

Occorre recuperare il senso vivo delle prerogative umane e cristiane della famiglia e della sua inderogabile funzione: quella di essere una comunità profondamente compaginata dall'amore così da offrire alla vita nascente un nido caldo e sicuro, in cui il nuovo essere umano possa essere educato alla stima di sé e degli altri, al riconoscimento dei veri valori, alla conoscenza e all'amore del Padre celeste "dal quale ogni paternità nei cieli e sulla terra prende nome" (Ep 3,15).

Cari fratelli e sorelle, preghiamo Gesù, Maria e Giuseppe, perché dappertutto rinasca il dono ineguagliabile della santità della famiglia.

[Al termine della preghiera:] Saluto cordialmente tutti i presenti che partecipano a questa preghiera domenicale dell'Angelus, "Angelus Domini", saluto voi che siete riuniti qui, nel cortile di Castel Gandolfo. Ma insieme con voi voglio salutare anche tutti quelli, e sono numerosi, che si sono raccolti nella piazza San Pietro intorno al presepio, al presepio che ci mostra nello stesso tempo le origini della Santa Famiglia. Mi unisco con loro come anche con tutti gli altri che partecipano, tramite la radio, la televisione, in Italia e fuori d'Italia, a questa preghiera caratteristica di ogni mezzogiorno di domenica. A tutti auguro buon Natale, perché il Natale continua nella sua ottava, fino al primo giorno del nuovo anno, e specialmente auguro questo buon Natale, come espressione sintetica di tutto il bene, divino e umano, a ogni famiglia qui in Castel Gandolfo, nella città di Roma, in Italia e in tutto il mondo. Buon Natale! Sia lodato Gesù Cristo!.

1987-12-27 Data estesa: Domenica 27 Dicembre 1987




GPII 1987 Insegnamenti - A una rappresentanza della comunità polacca per la presentazione degli auguri - Città del vaticano (Roma)