GPII 1988 Insegnamenti - Omelia durante la concelebrazione eucaristica e l'ordinazione di dieci vescovi - Città del Vaticano (Roma)

Omelia durante la concelebrazione eucaristica e l'ordinazione di dieci vescovi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: I Magi si trovano all'inizio di un grande itinerario il cui futuro conduce verso tutti i popoli della terra

Testo:


1. "Gerusalemme... Ia gloria del Signore brilla sopra di te" (Is 60,1).

Nella solennità dell'Epifania del Signore, la liturgia rilegge gli avvenimenti del giorno alla luce delle parole di Isaia.

E troviamo l'avvenimento del giorno nel Vangelo di Matteo: "Alcuni Magi giunsero da oriente a Gerusalemme e domandavano:"Dov'è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella e siamo venuti per adorarlo"" (Mt 2,1-2).

Se domandavano del re, del neonato re, allora questa domanda, secondo la logica umana, li doveva portare fino alla corte del re. Alla casa di Erode.

Tuttavia qui la logica umana non basta. I Magi venuti dall'oriente rimangono nell'orbita di una logica diversa, in una luce diversa, che agisce nelle loro anime.


2. Oggi, la Chiesa annunzia questa luce.

Isaia ne è il profeta, quando dice: "Alzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, / la gloria del Signore brilla sopra di te" (Is 60,1).

Da generazioni questa luce era partecipata da Israele. Da Abramo attraverso i patriarchi, Mosè, i profeti.

Questa luce si può ritrovare, in particolare, sulle carte del libro del profeta Michea che scrive: "E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero / il più piccolo capoluogo di Giudea: da te uscirà infatti / un capo che pascerà il mio popolo, Israele".

E quindi: Betlemme. La luce del libro e la luce della stella indicano il luogo esatto ai Magi. Essi seguono questa luce. E quando, giunti sul posto, a Betlemme vedono il bambino con la madre, non hanno alcun dubbio. E' proprio colui verso il quale stavano pellegrinando.

La logica umana - forse - gli ordinerebbe di tirarsi indietro. Il neo-nato re dei Giudei? Perché proprio qui? Perché non nel palazzo reale a Gerusalemme? Tuttavia i Magi si trovano nell'orbita di una logica diversa. Seguono la luce del mistero divino. Partecipano a questa luce mediante la fede. Ed hanno la certezza di trovarsi a tu per tu con colui che doveva venire. Esattamente secondo le parole del profeta.


3. Questo avvenimento è l'inizio.

In esso è già racchiuso ciò che hanno proclamato Isaia e Geremia: "Cammineranno i popoli alla tua luce, / i re allo splendore del tuo sorgere... / Uno stuolo di cammelli ti invaderà, / dromedari di Madian e di Efa, / tutti verranno da Saba, / portando oro e incenso" (Is 60,3-6).

I Magi, venuti dall'oriente, hanno fatto proprio così. Il testo del Vangelo di Matteo ne rende testimonianza: "E, prostratisi, lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro incenso e mirra" (Mt 2,11) Le parole del profeta si incontrano in modo mirabile col testo del Vangelo.


4. L'avvenimento del giorno viene chiamato dalla Chiesa, da secoli, col nome di Epifania. I Magi, venuti dall'oriente, si trovano all'inizio di un grande itinerario, il cui passato risale indietro nella storia del Popolo eletto dell'antica alleanza e il futuro conduce verso tutti i popoli e le nazioni della terra.

Con la venuta dei Magi dall'oriente appare al tempo stesso che la luce che Gerusalemme porta in sè non è destinata solo ad Israele.

Alla luce della nuova Epifania Dio si rivela in Gesù Cristo a tutti i popoli e a tutte le nazioni della terra. A tutti è destinata la luce divina, che penetra nel buio dell'umana esistenza.

Lo stesso Gesù, che oggi riceve a Betlemme, come bambino, l'adorazione dei Magi, in seguito al termine della sua missione messianica, dirà agli apostoli: "Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni" (Mt 28,19).

"Alzati, Gerusalemme, rivestiti di luce...".


5. Saluto cordialmente voi, cari fratelli, che nella solennità di oggi ricevete l'ordinazione episcopale in questa Basilica di San Pietro.

Siete venuti da quasi tutti i continenti, esprimendo così la cattolicità della Chiesa. Voi rappresentate infatti i paesi della Terra SantA, della Polonia, dello Zaire, del Brasile, della Nigeria, del Messico, della Jugoslavia, dell'Italia e degli Stati Uniti d'America. A tutte queste nobili nazioni rivolgo il mio pensiero, augurando ogni bene spirituale e materiale.

Voi appartenete all'odierna generazione di coloro ai quali "per rivelazione è stato fatto conoscere il mistero" (Ep 3,3), e che partecipano medIante la fede della Chiesa universale alla divina Epifania.

Questo è lo stesso mistero che "è stato rivelato ai suoi santi apostoli e profeti per mezzo dello Spirito" (Ep 3,5).

Lo stesso mistero che è stato rivelato - all'inizio - ai Magi venuti dall'oriente.

Siete della loro stirpe. Portate in voi la stessa luce che, allora, condusse quegli illustri personaggi a Betlemme.


6. Oggi ricevete l'ordinazione episcopale.

Prenderete in mano il bastone dei pastori del Popolo di Dio, metterete sul dito un anello, segno dello sposalizio con la Chiesa, alla quale siete inviati.

Riceverete ii Vangelo: il libro divino della santa Epifania.

Nella potenza dello Spirito di Cristo andrete in tutto il mondo. E a tutti predicherete che "sono chiamati in Cristo Gesù, a partecipare alla stessa eredità" (Ep 3,6), "a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della promessa..." come scrive l'Apostolo (Ep 3,6).

Andate dunque e predicate il Vangelo! Vi accompagni ovunque la luce dell'Epifania di Cristo.

"Alzati Gerusalemme..." "Alzati e brilla..."!


Data: 1988-01-06 Data estesa: Mercoledi 6 Gennaio 1988




All'"Angelus" nella solennità dell'Epifania - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Maria ha evangelizzato Cristo prima che egli evangelizzasse se stesso

Testo:

Carissimi fratelli e sorelle.


1. L'odierna solennità dell'Epifania riveste un particolare significato nel contesto dell'anno mariano, dedicato a ricordare colei che, essendo madre del Figlio di Dio, "è apparsa prima di Cristo sull'orizzonte della storia della salvezza" (cfr. RMA 3); colei che per prima, tra noi creature umane, ha mostrato al mondo il Salvatore. Ed anche oggi ella possiede questo "primato". Per questo, nella preghiera della Salve Regina le chiediamo: "Mostraci il frutto del tuo seno, Gesù! E vogliamo dirle, oggi: Mostracelo adesso, e non solo "dopo questo esilio"! Ecco il significato mistico e liturgico dell'Epifania: Maria che mostra al mondo il suo Figlio divino, il salvatore.


2. Maria precede cronologicamente l'avvento del Verbo incarnato nel mondo; e precede noi, discepoli del Verbo, dal punto di vista della santità e della fede nel Verbo stesso, Figlio di Dio.

Maria è la "stella del mattino" che precede l'aurora ed il "sole di giustizia", Cristo nostro Signore. Prima ancora che Gesù parlasse di sè e della propria missione, Maria ha parlato di Lui a coloro che venivano a visitare il bambino, e che restavano ammirati e stupiti nell'apprendere quanto Dio aveva operato per la salvezza d'Israele e dell'intera umanità.

Maria è, secondo l'invocazione di un antico inno liturgico, la "stella del mare". La sua fede è come luce che ci guida tra i marosi e le tempeste di questo mondo, e che illumina le tenebre della nostra ignoranza, dissipando l'errore, e guidandoci alla verità, che è Cristo.

Maria è come la stella di Betlemme, che mostra dove si trova il Figlio di Dio, venuto tra noi, per liberare l'uomo dalla morte e dal peccato e renderlo Figlio di Dio, "Dio per partecipazione".

Maria, come la stella di Betlemme, conduce tutti a Cristo sia i lontani che i vicini, sia chi appartiene ad Israele sia chi non vi appartiene, sia chi già crede, perché creda di più, sia chi non crede ancora, perché arrivi finalmente alla fede.


3. Maria ha evangelizzato Cristo prima che egli evangelizzasse se stesso: per questo Papa Paolo VI, nell'esortazione apostolica "Evagelii Nuntiandi" (Pauli VI EN 82), chiamo Maria "la stella dell'evangelizzazione". "Al mattino della Pentecoste - notava infatti il venerato Pontefice -, ella ha presieduto con la sua preghiera all'inizio dell'evangelizzazione sotto l'azione dello Spirito Santo". Faccio pertanto mio l'auspicio che il Papa allora espresse: "Sia lei la stella dell'evangelizzazione sempre rinnovata che la Chiesa, docile al mandato del suo Signore, deve promuovere ed adempiere, soprattutto in questi tempi difficili, ma pieni di speranza!".

Dall'Epifania fino alla Pentecoste, Maria dona Gesù all'umanità. E ancor oggi ella lo dona nella Chiesa e per il tramite della Chiesa. Mostraci anche oggi, o Vergine santa, in questa solennità dell'Epifania, il frutto del tuo seno, Gesù! Mostracelo, perché possiamo conoscere la "via, la verità e la vita"! Amen.


Data: 1988-01-06 Data estesa: Mercoledi 6 Gennaio 1988




All'Associazione santi Pietro e Paolo - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Una generosa testimonianza cristiana nella fedeltà alla Sede apostolica

Testo:

Carissimi.


1. Sono veramente lieto di incontrarmi di nuovo con voi, che in modo così familiare - come si addice a persone che sono di casa presso il Papa - vi siete raccolti numerosi per darmi un segno tangibile della vostra devozione. Mi piace vedere in questa presenza la testimonianza del vostro amore a Cristo - il cui mistero natalizio è egregiamente rappresentato nel presepio, davanti al quale ci siamo pochi istanti fa raccolti in preghiera - e della continuità delle tradizioni proprie della vostra associazione.

Come ha ben ricordato il presidente, avvocato Gianluigi Marrone, il vostro sodalizio non solo intende vivere l'annuncio che il Verbo di Dio si è fatto carne, portando all'uomo la pienezza dell'amore divino, ma si impegna a rendere, in spirito di autentica fedeltà, una generosa testimonianza cristiana. Affinché questa si mantenga sempre autentica ed esemplare, vi esorto a tenere fissi i vostri occhi al Redentore: egli, fin dalla sua nascita svela pienamente la nostra condizione umana, e splende fra noi quale luce da luce, per rischiarare il cuore ed il cammino.


2. Oggi come duemila anni or sono, molte persone, frastornate dal rumore delle vicende terrene e prese nel vortice di una vita, che vogliono costruire da sole, non avvertono la venuta di Gesù; altre pero, più vicine nello spirito per umiltà e povertà di cuore, sanno reagire come i Magi, i quali pur fisicamente lontani, accolsero senza riserve la gioiosa notizia della nascita del Salvatore e si affrettarono alla grotta per adorarlo e ringraziarlo. Infatti le anime buone sono sempre accanto a Gesù, in modo fermo e saldo, e con la loro esistenza diffondono la pace, che Dio è venuto a portare agli uomini.


3. Per crescere costantemente in questa vita spirituale e nel servizio, a cui vi siete impegnati aderendo a questa associazione - costituita da persone le quali desiderano rendere una specifica testimonianza di vita cristiana e di fedeltà alla Sede apostolica - siate sempre perseveranti nel corrispondere alle sollecitudini pastorali dei vostri sacerdoti, portando il vostro contributo prezioso alle molteplici attività che il sodalizio propone mediante le sue sezioni.

In tal modo, come ha posto in risalto l'ultima assemblea del Sinodo dei Vescovi, diverrete laici maturi nella Chiesa, consapevoli del compito che vi è proprio di "cercare il Regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio" (LG 31). In tal modo accoglierete in misura sempre maggiore la condiscendenza divina e ad essa risponderete con una matura esistenza cristiana che, mentre vive di Dio, sa stringere fraterni rapporti con gli uomini.

Nel rinnovarvi il mio compiacimento per le iniziative che state svolgendo, da anni, con dedizione ed intelligenza, mi è caro affidarvi a Maria, "Virgo Fidelis", perché in questo nuovo anno, che auguro per tutti sereno e fecondo di bene, ella sia per ciascuno fonte di luce e di incoraggiamento. La Madre del Redentore interceda coerente adesione al dono dell'amore di Dio. Da parte mia, quale segno di profondo affetto, imparto a voi, ai vostri familiari ed a tutte le persone care la mia particolare benedizione apostolica.

Voglio ringraziarvi per le vostre pluriformi attività nella Chiesa di Roma, nei diversi campi dell'apostolato, così vicini ai fondatori di questa Chiesa, ai santi Pietro e Paolo, gli apostoli, le colonne della Chiesa. Sono molto grato per tutto quello che avete fatto fino ad ora e vorrei affidarvi ancora molti altri compiti, non so quali, perché come ha detto Gesù una volta la messe è sempre grande e gli operai sono pochi; allora occorre sempre più operare per la messe, anche in questa messe apostolica che è propria dei laici nella Chiesa.

Avete una grande cura, piena di amore, per le celebrazioni liturgiche e vi ringrazio per tutto questo che posso costatare nei diversi luoghi, nelle diverse Basiliche; e ciò grazie alla vostra collaborazione, al vostro spirito di servizio, ed anche, diciamo, ad un certo vostro spirito di disciplina che testimoniate dentro il tempio. Se potessi presentare a voi ancora una proposta, lo farei eventualmente a riguardo di un atto specificamente liturgico ed eucaristico quale l'annuale processione del "Corpus Domini". Si tratta di dare a questa processione ancora più dignità, più devozione, più ordine, perché una volta eravamo molto più abituati alle processioni nelle città. Adesso questa processione è quasi un evento unico durante l'anno. Non so se domando troppo, ma lo dico col cuore aperto sapendo bene di trovare, da parte vostra, cuori sempre aperti.


Data: 1988-01-06 Data estesa: Mercoledi 6 Gennaio 1988




Al Vescovo americano monsignor Nolan - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Generoso servizio verso tutti i fratelli

Testo:

Cari fratelli in Cristo, Sono felice di offrire il mio cordiale saluto a tutti voi che siete venuti a Roma dagli Stati Uniti e da altri luoghi per partecipare alla gioia del Vescovo Nolan e per pregare con lui in occasione della sua ordinazione episcopale.

Come sapete, uno degli aspetti della Chiesa è di essere cattolica, o universale.

Abbraccia uomini e donne di ogni lingua, razza e cultura, che sono chiamati da Cristo da ogni angolo della terra per formare un unico santo popolo, unito nella fede e nell'amore.

Per molti anni, il ministero del Vescovo Nolan ha testimoniato la dimensione universale della Chiesa, servendo come Presidente della Pontificia Missione per la Palestina e come Segretario Nazionale dell'Associazione Cattolica per il Medio Oriente. Siete tutti consapevoli del suo impegno, e molti di voi, ne sono sicuro, hanno sostenuto questi sforzi con l'aiuto personale e la preghiera.

Che espressione meravigliosa del cattolicesimo quando le Chiese locali si aiutano a vicenda condividendo i doni di Dio! E' dovere di un vescovo dimostrare sollecitudine pastorale per la Chiesa in tutto il mondo, anche quando esercita il suo ministero in un luogo particolare.

La predicazione del Vangelo di salvezza, l'opera più importante di un Vescovo e il centro della missione della Chiesa nel mondo, richiede questa dimensione universale. Quando il nostro Salvatore affido questo compito ai suoi Discepoli e successori disse: "Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo" (Mt 28,19).

Ora che il Vescovo Nolan assume le sue nuove responsabilità per l'Arcidiocesi Militare degli Stati Uniti, sono certo che continuerete a pregare per lui, chiedendo al Signore che lo chiama al ministero episcopale della Chiesa di sostenerlo nel suo servizio generoso e gioioso per il bene del popolo di Dio.

Che la pace e la grazia di nostro Signore Gesù Cristo siano con tutti voi.


[Traduzione dall'inglese]


Data: 1988-01-07 Data estesa: Giovedi 7 Gennaio 1988




A monsignor Marian Oles, pro-nunzio apostolico in Iraq e Kuwait

Titolo: Una nuova tappa di un lungo cammino

Testo:

Desideriamo augurargli buon inizio del nuovo cammino. E' un'ulteriore tappa di un cammino molto più lungo. Questo cammino, iniziato in Polonia, nella terra di Lomza, lo ha condotto in Oriente, sia settentrionale che meridionale, poi in Inghilterra, a Roma, in seguito alle diverse sedi diplomatiche, alla Curia romana, e ieri, finalmente, il nostro amico ha iniziato questa nuova tappa. Che Dio lo benedica. Ringrazio di cuore tutti quelli che hanno partecipato a questa celebrazione, membri della sua famiglia, il Vescovo di Lomza. Ieri sono stati presenti anche altri rappresentanti dell'episcopato polacco. A tutti va il mio ringraziamento.

Voglio ringraziare anche tutti gli amici: amici italiani ed anche da fuori dell'Italia, che hanno voluto prendere parte a questa celebrazione, ordinazione episcopale del nostro caro amico. Allora il Signore lo benedica, e la sua missione in futuro. Questa missione incomincia nel punto in cui egli si era trovato anche prima, nella regione che egli aveva già conosciuto.


Data: 1988-01-07 Data estesa: Giovedi 7 Gennaio 1988




All'Arcivescovo Emery Kabongo Kanundowi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Inviato a condurre il popolo di Dio nella giovane e dinamica Chiesa di Luebo

Testo:

Cari amici, All'indomani dell'ordinazione episcopale di Monsignor Emery Kabongo, sono felice di ricevere lei, i suoi parenti e i suoi amici, i rappresentanti della comunità diocesana di Luebo. Partecipando alla commovente cerimonia dell'Epifania, avete manifestato la viva fede degli abitanti dello Zaire che, con tutti i cristiani del mondo, rendono omaggio al Salvatore, avete manifestato la vostra fiducia nel Pastore che vi è inviato dal Successore di Pietro per condurre il Popolo di Dio, per annunziare la Buona Novella di Gesù Cristo, per diffondere i doni della grazia con i sacramenti della Chiesa.

Occorre che vi dica qual'è stata per me la gioia nel celebrare questa ordinazione, nel conferire a Monsignor Kabongo la pienezza del sacerdozio? Mi sono ricordato della sua lunga preparazione intellettuale e spirituale al servizio pastorale, della sua esperienza nelle rappresentanze della Santa Sede in Asia e in America del Sud, e i dieci anni durante i quali ho apprezzato la sua attenta collaborazione.

Cara Eccellenza, raggiungerà ora la patria che tanto ama e dov'è atteso dalla vasta comunità cristiana della diocesi di Luebo. Dopo tutto quello che ha donato con dedizione alla Chiesa universale, ed in particolare assistendo il Vescovo di Roma, si consacra ora all'animazione pastorale di una Chiesa particolare nello Zaire, la cui immagine è stata impressa nella mia memoria dalle due visite apostoliche che ho compiuto. Potrà contare sulla mia fedele preghiera affinché lo Spirito del Signore la colmi dei suoi doni di sapienza, di luce e di forza nel suo ministero. Come Vescovo, sarà testimone di Cristo, ma riceverà anche un incoraggiamento nella sua missione dalla testimonianza evangelica dei sacerdoti, dei religiosi, dei laici e dei candidati al sacerdozio già numerosi a Luebo. Potrà così, nella serenità, portare il suo contributo alla vitalità della Chiesa nel suo grande paese, assieme ai suoi fratelli Vescovi.

Voi tutti che siete venuti per circondare Monsignor Kabongo, i suoi parenti, i suoi amici, i suoi diocesani, siate ringraziati per l'aiuto che gli avete offerto nel corso degli anni, per il sostegno che gli offrirete durante il suo ministero. E come non salutare, fra di voi, la memoria dei genitori che non hanno potuto accompagnare il proprio figlio fino a questa tappa! Tutti voi manifestate la profonda fedeltà che caratterizza, forse più di altri, il popolo africano; testimoniate anche il dinamismo delle Chiese giovani su cui conta tutta la Chiesa di cristo.

Che questo breve incontro familiare sia per voi un segno del mio affetto e della mia fiducia nei confronti dei miei collaboratori che si allontanano da questa casa, e a tutti quelli che sono loro vicini.

I miei voti per la sua missione lungo i cammini di Dio, per tutti voi sulle vostre diverse strade, sono affidati al Signore. Invoco sulla diocesi di Luebo, su voi qui riuniti e su quelli che amate l'abbondanza della grazia e la benedizione divina.


[Traduzione dal francese]


Data: 1988-01-07 Data estesa: Giovedi 7 Gennaio 1988




Al Patriarca di Gerusalemme dei Latini e ai pellegrini della Terrasanta - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Gioia per un pastore nato in una comunità rimasta nei secoli fedele al suo battesimo

Testo:

Sua Beatitudine, In questa grande festa dell'Epifania, avete seguito il cammino di Pietro, venendo a Roma per ricevere dal suo Successore la pienezza del sacerdozio e la missione di prestare la cura di un pastore ai fedeli di rito latino che vivono nella terra benedetta dove il Figlio di Dio si è fatto uomo. Sono contento di avere questa occasione per ripeterle quale sia stata la mia gioia nel conferirle l'ordinazione episcopale presso la tomba del pescatore della Galilea che divenne Principe degli Apostoli.

Il suo bagaglio culturale e la sua preparazione accademica e spirituale, assieme alla sua vasta esperienza pastorale, l'hanno preparata per le pesanti responsabilità ministeriali che ora si assume. Quelli che sono ora qui presenti con lei lo sanno bene. Alla loro presenza la assicuro della mia profonda comunione con lei e della mia vicinanza nella preghiera a tutti i Cristiani del Patriarcato latino di Gerusalemme.

La presenza dei suoi parenti ed amici, e di altri membri della sua Chiesa locale, testimonia la vitalità della fede e della speranza che vi sostengono. Desidero esprimere a tutti voi che avete accompagnato il vostro nuovo Patriarca e a tutti coloro che servirà durante il suo ministero la gratitudine e l'incoraggiamento del Papa. La mia gratitudine, perché colui che è divenuto vostro Vescovo è nato in una comunità rimasta fedele al suo battesimo attraverso i secoli, vivendo sulle orme di Cristo i gioiosi misteri, i dolorosi misteri e i gloriosi misteri della Redenzione. E vi offro il mio incoraggiamento perché è vostra responsabilità testimoniare la fede che avete ricevuto come dono prezioso e l'amore che Cristo dona ai suoi amici. Tutto questo sotto la guida di questo nuovo Pastore che vi radunerà per ascoltare le parole del Salvatore e per essere i primi celebranti dei sacramenti istituiti da Gesù nella vostra terra.

Sulla via da Betlemme a Gerusalemme, sulle strade percorse da Gesù, e su tutte le strade percorse dagli Apostoli per recarsi nel mondo a proclamare la Buona Novella della Salvezza, potete essere certi, cari amici, che il Signore è presente anche oggi. "Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28,20). Vivete, allora, con fiducia alla presenza del Signore. E vivete in comunione d'amore con la Chiesa universale: con gli altri discepoli presenti in Terrasanta, con i pellegrini che vi giungono da tutto il mondo, con i vostri fratelli e sorelle di ogni continente.

Vi assicuro delle mie preghiere per il vostro nuovo Pastore, per i suoi Vescovi ausiliari, per i sacerdoti e i religiosi, per le famiglie e per tutte le persone del Patriarcato. Che il Signore sia la vostra forza, rimuova tutti gli ostacoli dal cammino che vi invita a percorrere. Che vi aiuti a stabilire un dialogo fraterno e rispettoso con tutti quelli fra i quali vivete e a divenire servitori dell'unità e della pace.

Con tutto il cuore, vi impartisco la mia Benedizione Apostolica.


[Traduzione dall'inglese]


Data: 1988-01-07 Data estesa: Giovedi 7 Gennaio 1988




Ai membri della Commissione internazionale riformato-cattolica - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Lavoriamo insieme per la riconciliazione convinti che è lo Spirito Santo a guidarci

Testo:

Cari fratelli in Cristo.


1. E' per me una grande gioia incontrarmi oggi con voi, nell'occasione della quinta riunione della seconda fase della Commissione mista internazionale tra la Chiesa cattolica e l'alleanza mondiale delle Chiese riformate.

Attraverso un dialogo sostenuto dalla preghiera voi cercate soluzioni ai problemi che hanno tenuto divise per secoli le nostre comunità. Con l'aiuto di Dio riuscirete a portare un valido contributo al ristabilimento dell'unità fra i cristiani.

Mentre vi accolgo cordialmente in questa città, dove gli apostoli Pietro e Paolo versarono il loro sangue testimoniando per Cristo, vi assicuro il sostegno della mia preghiera. Il lavoro in cui siete impegnati è importante perché le divisioni tra cristiani sono contro la volontà di Cristo. Il dialogo ecumenico è un mezzo che la provvidenza utilizza per superare questa tragica situazione.

Qualsiasi siano state le cause, la non-unità fra i cristiani è di ostacolo alla missione della Chiesa di proclamare e diffondere il Vangelo, e rende più difficile la piena esperienza della riconciliazione, che è al cuore del mistero salvifico di Cristo. Vorrei ribadire ciò che ho scritto relativamente alla prima fase del dialogo tra cattolici e riformati al dottor James McCord nel 1982, che allora era presidente dell'Alleanza mondiale delle Chiese riformate: "Il sentiero che abbiamo percorso insieme non consente di tornare indietro, ma solo di progredire ulteriormente" (Die 26 iul. 1982).


2. Il vostro dialogo non avviene nel vuoto, ma è sostenuto dai molti elementi che dimostrano la reale seppure imperfetta comunione già esistente tra di noi. Il Battesimo, come dice il decreto sull'ecumenismo, "costituisce il legame sacramentale di unità esistente fra tutti coloro che attraverso di esso sono rinati" (UR 22).

E' anche fede comune che "uno solo è il mediatore fra Dio e gli uomini, l'uomo Cristo Gesù, che ha dato se stesso in riscatto per tutti" (1Tm 2,5-6).

Gesù Cristo soltanto è "la via la verità e la vita" (Jn 14,6), la pietra angolare, il capo della Chiesa che è il suo corpo. Il Concilio Vaticano II ha messo in chiara evidenza sia i molti elementi che i cattolici condividono con gli altri cristiani, sia le differenze tra di noi (cfr. UR 19-23 LG 15). Dobbiamo impegnarci molto perciò per raggiungere una più profonda convivenza e per lavorare verso una perfetta unità nella fede. Il dialogo ci aiuta a imparare gli uni dagli altri, e a penetrare più profondamente nella verità (cfr. UR 4). Ma in questo cammino noi dobbiamo sempre aprirci allo Spirito che, come insegna la Scrittura, ci guida alla verità (cfr. Jn 15,26). Tutti i nostri sforzi verso la riconciliazione - la preghiera, il dialogo, la collaborazione, la testimonianza reciproca - devono legarsi alla convinzione che lo Spirito Santo, se noi siamo aperti alle sue sollecitazioni, ci può condurre fuori dallo scandalo della divisione.

Il nostro impegno nello sforzo ecumenico ci richiede una fede così profonda da lasciarci guidare dallo Spirito alla riconciliazione.


3. Il Concilio Vaticano Il ha parlato di ecumenismo in questo contesto di fede. Il movimento per il ritorno alla unità, - dice - è "alimentato dalla grazia dello Spirito Santo" (UR 1). Ha anche espresso la speranza che le nostre iniziative ecumeniche "procederanno senza ostacolare i disegni della provvidenza, e senza pregiudicare le future ispirazioni dello Spirito Santo" (UR 24). Queste parole del Concilio individuano qualcosa della profonda importanza degli sforzi dei cristiani per abbattere le divisioni.

La nostra ricerca di riconciliazione risponde pienamente, in verità, alla volontà di Dio.

Desidero ringraziarvi per quanto avete fatto finora, e chiedo a Dio di sostenervi in questo impegno per l'unità tra i cristiani, per la sua stessa gloria: "Ora a colui che in tutto ha potere di fare molto più di quanto possiamo domandare o pensare, secondo la potenza che già opera in noi, a lui la gloria nella Chiesa e in Cristo Gesù per tutte le generazioni, nei secoli dei secoli.

Amen" (Ep 3,20).


Data: 1988-01-07 Data estesa: Giovedi 7 Gennaio 1988




Al Corpo diplomatico - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Disarmo, giustizia, sviluppo e diritti dei popoli: condizioni per la pace.

Testo:

Eccellenze, signore, signori.


1. Ringrazio vivamente il vostro decano, sua eccellenza monsignor Josep Amichia: egli ha espresso i vostri auguri con una grande delicatezza nei miei confronti e una profonda fiducia verso il successore di Pietro. Con la sensibilità che deriva dalla fede, ha saputo evocare alcuni grandi avvenimenti della Chiesa, suggerendo il loro legame con la storia contemporanea dell'umanità. Da osservatore saggio e preoccupato del bene di tutti i paesi,soprattutto dei più sprovveduti, ha sottolineato anche i problemi umani che permangono lancinanti per un gran numero di popoli: queste difficoltà sono infatti come altrettante ombre ed handicaps da superare perché anche quelle popolazioni possano vivere il nuovo anno nella pace.

Sappiamo bene, del resto, che si tratta di un'opera di solidarietà che interessa tutti i popoli.

Da parte mia, desidero anch'io inserire gli auguri che formulo nel quadro di queste realtà attuali. Ma desidero, prima di tutto, rivolgere cordiali auguri a ciascuno dei membri del Corpo diplomatico, qui presenti, e do il benvenuto, in modo speciale, agli ambasciatori che prendono parte a questo incontro per la prima volta. Sottolineo il fatto che il primo ambasciatore della Guinea Bissau ha inaugurato di recente la sua missione. Il giorno di Natale e a Capodanno, ho pensato nella preghiera a tutti voi, alle vostre famiglie, alle nazioni che rappresentate. I vostri governi hanno desiderato stringere relazioni diplomatiche stabili con la Santa Sede, la cui missione è essenzialmente spirituale, cioè orientata verso il bene plenario delle persone e dei popoli, secondo il disegno di Dio. Che Dio vi conservi tutti, voi e i vostri connazionali, nella pace! Aspri conflitti dilaniano ancora popoli e regioni 2. Sviluppero questa allocuzione annuale di auguri intorno ad alcuni avvenimenti della vita internazionale, fra gli altri i negoziati sul disarmo, che hanno segnato la fine dello scorso anno a Washington e il quarantesimo anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, che sarà celebrato quest'anno. Il disarmo, la giustizia nella salvaguardia dei diritti delle persone e dei popoli, lo sviluppo sono infatti tre condizioni per la pace.

Ma questi tre punti emergenti non ci faranno dimenticare gli aspri conflitti che dilaniano ancora popoli o regioni intere. Nessuno può rimanere indifferente davanti ai combattimenti che ogni giorno minacciano o sopprimono vite umane, distruggono il patrimonio sociale o culturale di tutto un popolo, l'opprimono o gli impediscono di progredire liberamente verso il suo sviluppo.

Certo, la responsabilità principale appartiene ai governi direttamente implicati; ma essi devono sapere che l'umanità intera soffre ed è umiliata dai mali che opprimono una parte dei suoi membri e che essa cerca con loro un esito umanamente propizio.

Alcuni dei popoli coinvolti possono invocare le ragioni che essi hanno di rispondere con le armi agli attacchi, ricorrendo alla distinzione moralmente accettabile tra legittima difesa e aggressione ingiustificata. Ma i moventi sono spesso molto intricati e, in ogni caso, si arriva a situazioni in cui la progressione è tale da superare ogni limite e divenire alla fine ingiusta, in quanto apportatrice di morte e di rovina per le diverse parti.

Pensiamo tutti al conflitto tra Iraq e Iran, dove appare urgente porre termine ad una guerra disumana, terribilmente devastatrice, diciamo assurda. In effetti, molti altri paesi sono implicati in questa guerra. E' ormai ora che essi collaborino, sinceramente, affinché cessino le ostilità, specialmente con l'aiuto della comunità internazionale.

L'Afghanistan merita di attrarre allo stesso modo la nostra attenzione.

Da otto anni, assistiamo al dramma di popolazioni, la cui vita, un tempo pacifica, subisce mutamenti incredibili e perdite umane considerevoli, al punto che la pace di tutta la regione ne è minacciata. Come non auspicare che le ripetute prospettive di trattazione abbiano infine un buon esito e si arrivi a una giusta soluzione che corrisponda ai desideri delle popolazioni! Noi pensiamo anche al Centro America, dove le sanguinose contrapposizioni continuano e minano gravemente la pace in diversi paesi. Alcune proposte per ristabilire la pace sono oggetto di un piano preciso. Gli impegni sottoscritti sarebbero di natura tale da offrire infine una speranza: possano essi trovare, presso le varie parti, una adesione leale ed una effettiva applicazione che non trascuri alcun elemento, ivi compreso il diritto dei popoli a vivere in un regime liberamente scelto! Non possiamo dimenticare neppure il Medio Oriente: le popolazioni che vivono nella terra della Palestina, in un contesto politico e sociale sempre precario; il Libano, in cui il disastro economico si aggiunge alle divisioni e all'insicurezza, proprio nel momento in cui bisognerebbe assolutamente garantirne la sovranità e l'integrità.

Così pure pensiamo alle situazioni di lotte interne che colpiscono in modo sanguinoso tanti paesi, come l'Etiopia, l'Angola, il Mozambico, lo Sri Lanka, e arrivano a volte ad impedire i soccorsi alle popolazioni che muoiono di fame o mancano delle cure più elementari. Altri paesi continuano a soffrire in silenzio per una situazione ingiusta che lede le aspirazioni di una maggioranza dei cittadini, come in Cambogia, oppure, molto spesso, di una minoranza.

Dobbiamo sempre ricordarci che sono anzitutto le popolazioni civili a soffrire di queste crisi prolungate, con tutti i drammi umani che ne derivano. Per questo desidero, ancora una volta, fare appello a tutti coloro che possono contribuire a placare questi conflitti, specialmente attraverso le vie diplomatiche. La Santa Sede è convinta che è possibile, in questi casi, giungere ad una soluzione senza che i belligeranti ne debbano uscire umiliati. Possano essi, con l'appoggio pacifico dei protagonisti della vita internazionale, dar prova di coraggio per trovare vie che conducano, senza indugi, ad una pace vera, della quale ricordero qui subito le condizioni essenziali! Clima di fiducia per il disarmo 3. La volontà di porre un termine alla corsa agli armamenti, o, meglio ancora, il disarmo effettivo, è evidentemente una delle condizioni della pace.

Nel panorama internazionale dell'anno appena terminato è stato soprattutto sottolineato il negoziato e firma da parte degli Stati Uniti d'America e dell'Unione Sovietica di un accordo per la eliminazione delle armi nucleari di media portata. Questo avvenimento, la cui importanza ho tenuto a sottolineare l'8 dicembre scorso (cfr."Allocutio ad precationem "Angelus Domini"", die 8 dec. 1987: , X, 3 [1987] 342s), è stato generalmente accolto con soddisfazione e sollievo, in quanto rappresenta il risultato di sforzi perseveranti e, nello stesso tempo, apre incoraggianti prospettive per il consolidamento del processo di disarmo e l'avvenire della pace. Grazie alla loro volontà politica, le due grandi potenze hanno saputo creare una situazione nuova, nella quale hanno trovato un'intesa non più solamente per limitare, ma per distruggere fisicamente una intera classe di armi.

L'accumulazione di queste armi costituisce, di per sè, una minaccia per la pace, ed anche una sfida per i popoli che mancano dell'essenziale per sopravvivere e svilupparsi. Il fatto di distruggerne una parte è oggi meritorio; esso non fa che sottolineare meglio la folle spirale in cui ci si è lasciati coinvolgere al punto di perdere il senso della misura, destinando a questo settore ricchezze che avrebbero dovuto servire a eliminare la fame nel mondo, a promuovere molteplici azioni necessarie per l'umanità, specialmente nel campo della sanità e dell'educazione, mettendo in opera le potenzialità positive della scienza e della tecnologia.

Il disimpegno nucleare - che, per il momento riguarda soltanto una porzione limitatissima dei rispettivi arsenali - può ora essere perseguito senza che gli equilibri militari globali siano rimessi in discussione, fino a raggiungere il livello più basso, compatibile con la sicurezza degli uni e degli altri. Le dettagliate misure di controllo poste in evidenza dal trattato manifestano il desiderio realistico di premunirsi delle garanzie necessarie perché gli impegni sottoscritti siano effettivamente rispettati. Questa reciproca sorveglianza, liberamente consentita, potrà essere di aiuto per superare lo stadio del sospetto e contribuire al lungo e necessario apprendistato della fiducia. Solo un clima di crescente fiducia può garantire il successo del cammino verso il disarmo e aprire nuove possibilità per il futuro.

Eliminare la minaccia della catastrofe nucleare 4. Nuove tappe sono infatti attese da tutti. Il vostro decano le ha sottolineate poco fa. Secondo i protagonisti, l'accordo sulle armi nucleari a medio raggio è un punto di partenza, più ancora che un punto di arrivo.

E' stato, per i due firmatari, l'occasione per affermare la loro determinazione ad accelerare i negoziati in corso per le armi nucleari balistiche, le più pericolose di tutte. Quello che importa, non è solamente attenuare, ma eliminare definitivamente la minaccia della catastrofe nucleare. E certamente l'augurio della comunità internazionale tutta intera che simili trattative giungano a conclusione al più presto, ispirandosi agli stessi principi.

Non meno urgente sembrerebbe il procedere all'eliminazione di un'altra classe di armi, particolarmente crudeli e indegne dell'umanità, delle quali alcuni belligeranti si sono serviti ancora recentemente, voglio dire le armi chimiche. Io imploro i responsabili politici interessati a voler iscrivere questo capitolo fra gli obiettivi che è possibile cercare di raggiungere senza indugio. Verrebbe così compiuto un passo importante per la moralizzazione delle relazioni internazionali, ed esso contribuirebbe a migliorare il clima di dialogo nel quale le grandi potenze e i loro alleati devono d'ora in poi abituarsi a vivere.

Più ardua ancora sarà probabilmente la discussione circa la riduzione degli armamenti convenzionali e delle armi nucleari dette tattiche, che vi sono collegate. Anche là, la sicurezza deve poter essere garantita al livello minimo degli armamenti e delle forze, compatibile con le esigenze ragionevoli della difesa e sulla base dell'equilibrio tra le parti in questione.Su quest'ultimo punto, è comprensibile che i responsabili politici avanzino con prudenza e realismo, per non compromettere, senza una garanzia sufficiente, l'avvenire dei loro connazionali.

Ma si tratta di evitare a qualunque prezzo una nuova forma di escalation degli armamenti convenzionali che sarebbe pericolosa e disastrosa.

Mirare al disarmo totale 5. Si vorrebbe ugualmente sperare che tutti i paesi, e soprattutto le grandi potenze, capiscano sempre meglio che la paura della "reciproca distruzione totale" che è al centro della dottrina della dissuasione nucleare, non può durevolmente costituire una base affidabile per la sicurezza e la pace. La Santa Sede, da parte sua, ha sempre affermato che una dissuasione fondata sull'equilibrio del terrore non può essere considerata come un fine in se stessa, ma soltanto come una tappa verso il disarmo progressivo (cfr."Nuntius scripto datus de apparatus militaris imminutione ex condicto facienda, ab Augustino SRE Presbytero Cardinali Casaroli, a publicis Ecclesiae negotiis, in plenario conventu organismi ONU nuncupati, recitatus", 8, die 7 iun. 1982: , V, 2 [1982] 2139). Solo a condizione di rimanere fondamentalmente transitoria e orientata alla ricerca di un altro tipo di relazioni internazionali, questa strategia può essere presa in considerazione. Una simile strategia, applicata in un contesto di contenimento e di cooperazione dovrebbe condurre a ricercare progressivamente un nuovo equilibrio al livello più basso possibile degli armamenti, per arrivare, in una tappa successiva, all'eliminazione della stessa arma atomica; è infatti al disarmo totale che occorre mirare in questo campo. Possano i protagonisti comprendere che la loro reciproca sicurezza riposa sempre più su una compenetrazione di interessi e di relazioni vitali! L'accordo di Washington: un punto di non ritorno 6. Se il recentissimo accordo per il disarmo ha potuto essere concluso, è anche grazie all'intenso lavoro internazionale compiuto da anni da parte delle Nazioni Unite, specialmente dalla Commissione per il disarmo e dalla Conferenza per il disarmo di Ginevra.

Questi lavori permettono di apprezzare tutti gli elementi che concorrono a cementare la pace fra le nazioni, come pure il lungo cammino che resta ancora da percorrere. Se l'accordo di Washington costituisce un inizio a beneficio della comunità internazionale, possa esso rappresentare per essa anche un punto di non ritorno! Un ritorno alla corsa agli armamenti sarebbe senza dubbio fatale per tutti. Le nazioni che vivono in sistemi politici o sociali diversi si rendono conto ora più che mai che devono imparare a vivere insieme, a trovare dei campi per la collaborazione, ad approfondire le loro relazioni pacifiche. Ed è un onore vostro, signore e signori diplomatici, consacrare le vostre competenze per preparare queste relazioni e conservarle.

Per giungere a ciò, è necessario rispettare alcuni valori etici ed alcune norme di diritto.

Salvaguardia dei diritti dell'uomo e dei popoli 7. Il disarmo non è dunque tutta la pace. Non è neppure un fine in se stesso. E' soltanto uno degli elementi del processo di ricerca di una sicurezza più stabile, mirante, in fin dei conti, a stabilire delle reciproche relazioni basate su un dialogo leale, su una collaborazione più intensa e su una maggiore fiducia.

In questo senso, la pace si radica in un rinnovamento delle convinzioni morali e spirituali. L'umanità è invitata ad un cambiamento di mentalità. Essa deve credere che la pace è possibile, che è desiderabile, che è necessaria. Per sopravvivere, essa è chiamata ad un capovolgimento, ad una conversione, anche a costo di staccarsi da una parte della sua storia, la sua storia bellicosa, piena di violenza, di oppressioni, in cui gli uomini e le nazioni erano ridotti alla mercè del più forte, in disprezzo della giustizia e dell'ordine morale voluto da Dio.

La pace non è solo assenza di conflitti, ma soluzione pacifica delle contese fra le nazioni, e dinamica di un ordine sociale e internazionale fondato sul diritto e la giustizia. Più precisamente, occorre rendere stabili i fondamenti della pace facendoli poggiare sulla salvaguardia dei diritti dell'uomo ed anche dei diritti dei popoli.

Rispetto dei deboli e delle minoranze 8. La giustizia passa infatti attraverso il rispetto del diritto dei popoli e delle nazioni a disporre di se stessi. Una pace duratura fra i popoli non può essere imposta dalla volontà del più forte, ma deve essere consentita da tutti nel rispetto dei diritti di ciascuno, in particolare dei deboli e delle minoranze.

Ci sono ancora dei popoli che non vedono riconosciuto il loro diritto all'indipendenza. Ci sono anche quelli che soffrono di una tutela, quasi una occupazione, che minaccia il loro diritto di governarsi conformemente ai loro valori culturali e alla loro storia.

Oltre a questi casi estremi, unanimemente riprovati, bisogna tener conto dell'aspirazione, sempre più estesa e legittima, di ogni nazione, anche la meno potente, ad essere responsabile delle proprie scelte, soggetto del suo divenire e non soltanto oggetto di contrattazioni interessate o di sollecitudine condiscendente da parte delle altre nazioni.

All'Est come all'Ovest, il diritto dei popoli a disporre del loro destino ed a cooperare liberamente con gli altri al bene comune internazionale non può che favorire la pace, nella misura in cui ciascuno si sentirà meglio rispettato e dunque interlocutore a pieno titolo nel dialogo fra le nazioni.

Il problema della fame è la più urgente delle urgenze 9. Lo stesso principio vale per le relazioni Nord-Sud. L'ineguaglianza nell'accesso al progresso economico e sociale ha anch'essa cause profonde che richiedono di essere esaminate con cura. Gli squilibri accentuati fra l'abbondanza e la povertà possono essere germi di conflitti futuri. Un gran numero di paesi - una sessantina - si trovano oggi in una situazione critica che si va aggravando.

Tutta l'umanità deve riconoscere in coscienza le sue responsabilità davanti al grave problema della fame, che non è riuscita a risolvere. E' questa la più urgente delle urgenze! Gli sforzi intrapresi da decenni in favore dello sviluppo devono costantemente essere reincentrati sulla loro prima finalità: permettere ai paesi poveri di farsi carico di se stessi sempre più, di valorizzare le loro risorse, di scambiare le materie prime ad un prezzo equo, di aver accesso alla tecnologia ed ai mercati mondiali, di liberarsi ragionevolmente dei debiti, come ha sottolineato il vostro decano.

Questo processo fa appello alla responsabilità delle nazioni più progredite, ma anche a quella dei dirigenti dei paesi in questione: spetta a loro gestire nel modo migliore le risorse disponibili, rinunciando ad alcuni investimenti di prestigio, facendo evolvere le strutture oligarchiche che perpetuano un immobilismo sociale, favorendo l'iniziativa produttiva, sempre rispettando i diritti delle persone e delle loro comunità.

Si, una delle condizioni della pace, a lungo termine, è lo sviluppo, concepito come il passaggio da un essere meno ad un essere di più, inglobando tutto l'uomo nella sua dimensione economica, certo, ma anche culturale, morale e spirituale. Non si ripeterà mai abbastanza che "lo sviluppo è il nuovo nome della pace", secondo la bella espressione del mio predecessore Paolo VI. Tornero su questo tema capitale in una prossima enciclica, che sarà pubblicata in occasione del XX anniversario della "Populorum Progressio".

I due processi del disarmo e dello sviluppo devono continuare fino a congiungersi e a sostenersi l'un l'altro. In particolare sarebbe aberrante se l'aiuto allo sviluppo divenisse aiuto agli armamenti dei paesi del terzo mondo, anche se questi hanno bisogno di mezzi difensivi. La politica di potenza dei paesi industrializzati non deve annullare da un lato il contributo che essa offre dall'altro all'autentico sviluppo dei popoli.

Il XL della Dichiarazioni dei diritti dell'uomo 10. L'indipendenza e la libertà degli Stati fra loro non è sufficiente a stabilire un clima di pace nel mondo. La pace è anche pace sociale, ordine fondato sulla giustizia all'interno di Stati sovrani, ai quali spetta di garantire con giuste leggi le condizioni per una vita umana degna di questo nome per tutti i cittadini.

Mi sembra che, oggi, quello che l'insegnamento della Chiesa chiama "l'ordine naturale" della convivenza, l'"ordine voluto da Dio", trova in parte la sua espressiole nella cultura dei diritti dell'uomo, se si può così caratterizzare una civiltà fondata sul rispetto del valore trascendente della persona. La persona è infatti il fondamento e il fine dell'ordine sociale; essa è il soggetto di diritti inalienabili e di doveri di coscienza, garantiti dal Creatore, e non anzitutto l'oggetto di "diritti" concessi dallo Stato, alla mercè dell'interesse pubblico così come esso lo determina. La persona deve potersi realizzare nella libertà e nella verità.

Noi celebriamo quest'anno il quarantesimo anniversario della "Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo". Se essa è oggetto di diverse interpretazioni, i principi superiori che contiene meritano una attenzione universale.

Questo documento può essere considerato come "una pietra miliare posta sulla strada lunga e difficile del genere umano" ("Allocutio in palatio Natiunum Unitarum ad Nationum Legatos", 7, die 2 oct. 1979: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, II, 2 [1979] 526).

I principi che la Dichiarazione contiene se lealmente resi operativi nella legislazione dei diversi paesi, possono condurre le nazioni ad un autentico progresso, sempre che questo venga identificato anzitutto come "il primato dei valori spirituali ed il progresso della vita morale" ("Allocutio in palatio Natiunum Unitarum ad Nationum Legatos", 7, die 2 oct. 1979: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, II, 2 [1979] 526).

Il diritto alla libertà religiosa 11. La Dichiarazione è tanto più importate ai nostri occhi, in quanto trascende le differenze razziali, culturali e istituzionali dei popoli ed afferma, al di là di tutte le frontiere, la uguale dignità di tutti i membri della comunità umana che spetta ad ogni società costituita, sia nazionale che internazionale, rispettare, proteggere e promuovere.

E' in gioco la felicità delle persone, ma anche la pace del mondo. La pace è infatti indivisibile. Non può essere garantita sul piano internazionale, se non affonda le sue radici nella pace sociale all'interno delle nazioni. Qualsiasi situazione di ingiustizia inflitta ad una comunità umana rischia di esplodere un giorno ed anche di acquisire dimensioni internazionali che nessuno sarà più in grado di controllare.

"Lo spirito di guerra, dicevo all'Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1979, nel suo primitivo e fondamentale significato, spunta e matura là dove gli inalienabili diritti dell'uomo vengono violati" ("Allocutio in palatio Natiunum Unitarum ad Nationum Legatos", 11, die 2 oct. 1979: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, II, 2 [1979] 530).

Questi diritti dell'uomo sono sia i diritti individuali che i diritti sociali, come quelli che garantiscono un'attiva partecipazione alla vita pubblica.

Nel contesto della violenza di oggigiorno, ritengo mio dovere richiamare il diritto al rispetto assoluto della vita umana, in tutti i suoi stadi, e qualunque sia lo stato di salute, dal momento del concepimento fino agli ultimi istanti.

Allo stesso modo denuncio tutte le forme di terrorismo che attentano alla vita di innocenti, ed anche i terrorismi di Stato che soffocano le libertà fondamentali.

Penso in modo speciale alla libertà di coscienza. Voi sapete che ho consacrato l'ultimo Messaggio per la Giornata Mondiale della pace a questo tema di fondamentale importanza. Il diritto alla libertà religiosa, cioè la facoltà di poter rispondere agli imperativi della propria coscienza nella ricerca della verità, e di poter professare pubblicamente la propria fede nella libera appartenenza ad una comunità religiosa organizzata, costituisce la ragion d'essere delle altre libertà fondamentali dell'uomo. Nella misura in cui la professione di una convinzione tocca più intimamente la coscienza, essa non può non influenzare le scelte e gli impegni dell'uomo. I credenti, pertanto, sono portati a contribuire efficacemente alla morale pubblica, alla solidarietà fra le persone e alla pace fra i popoli. Per questo la Chiesa cattolica non ha cessato di vigilare affinché ci si adoperasse in tutti i modi per far cessare persecuzioni e discriminazioni verso i credenti e le loro comunità. Ciò facendo, essa ha la consapevolezza di servire l'umanità, difendendo la dignità della persona.

Giustizia, libertà, verità 12. In definitiva, la pace è inseparabile dalla giustizia, dalla libertà rettamente intesa e dalla verità. Presuppone un clima di fiducia. E' un'opera più complessa del solo disarmo, anche se quest'ultimo è un processo importantissimo per costruire un mondo di pace ed è una prova della volontà di pace.

In questo ambito, vorrei qui formulare auguri per la felice conclusione della riunione della Conferenza per la sicurezza e la cooperazione in Europa, in corso a Vienna. Il Documento finale, che è in preparazione, dovrebbe rappresentare un contributo notevole perché siano assicurati e progrediscano insieme gli aspetti militari ed umanitari della pace.

La Chiesa, da parte sua, riconosce la propria responsabilità nella costruzione della pace. Non solo richiama i principi tratti dal Vangelo, ma cerca di formare persone capaci di essere, a loro volta, autentici artefici di pace.

Il disegno di Dio è un disegno di pace per tutta l'umanità. La maggior parte dei credenti sa che Dio è il Creatore, la sorgente di vita, il garante della giustizia, il difensore degli oppressi, colui che incessantemente chiama gli uomini a vivere nella fratellanza, o a riconciliarsi, a perdonarsi, a ricostruire nella pace ciò che è stato distrutto e diviso da uomini incoscienti e peccatori. I veri credenti dovrebbero essere nelle prime file di coloro che lavorano per la pace e che, nello stesso tempo, la attendono da Dio come un dono, ricercando la sua volontà.

Eccellenze, signore, signori, anche voi avete, in quanto diplomatici, la vostra parte nella costruzione della pace, nel disarmo dei pregiudizi, dei sospetti e degli irrigidimenti, nel placare le tensioni, nel ricercare soluzioni pacifiche, nel clima di fiducia e collaborazione da instaurare con la necessaria prudenza.

Possa il Dio della pace ispirare la vostra missione e colmare della sua benedizione, ciascuno di voi, ciascuna delle vostre famiglie, ciascuna delle vostre patrie!


Data: 1988-01-09 Data estesa: Sabato 9 Gennaio 1988





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