GPII 1988 Insegnamenti - Agli alunni della Pontificia Accademia Ecclesiastica - Città del Vaticano (Roma)

Agli alunni della Pontificia Accademia Ecclesiastica - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La chiamata della Santa Sede esige generosità piena e totale


Cari fratelli sacerdoti.

con gioia vi ricevo all'indomani della festa di sant'Antonio abate, esimio esemplare di santità nella Chiesa di Dio, che voi venerate quale patrono della Pontificia Accademia Ecclesiastica.

Una settimana fa la Chiesa, celebrando il Battesimo del Signore, ha meditato sulla sua missione profetica, sacerdotale e regale, una missione che il Padre ha affidato a Cristo, e che, attraverso l'azione dello Spirito Santo, lo conduce fino al Calvario, sul quale egli compie l'atto supremo del suo amore.

Tutta la Chiesa è associata a Cristo nella sua missione di salvezza.

Gesù Salvatore del mondo vuole che la sua Chiesa sia sempre accanto a lui, e così voi, carissimi, siete stati chiamati da Cristo stesso a partecipare alla sua missione salvifica. E' questo il senso sia del vostro battesimo sia della vostra ordinazione sacerdotale, come di quanto essi esigono da voi.

Inoltre, la Santa Sede vi ha chiamato alla Pontificia Accademia Ecclesiastica per una adeguata preparazione a partecipare al suo compito specifico - che è quello di Pietro di servire il Vangelo e la Chiesa. A voi viene affidata una forma particolare di partecipazione alla missione salvifica di Cristo.

Per voi la consapevolezza di essere chiamati a servire più da vicino al ministero di Pietro, completamente donati alla missione di Cristo e della Chiesa, deve costituire la motivazione più grande della vostra vita. E per comprendere questa missione e il modo più adatto a realizzarla, dovete guardare a Cristo sacerdote in ogni momento della vostra formazione.

Volentieri colgo quest'occasione per ringraziarvi di aver messo la vostra giovinezza a disposizione della Chiesa e della Santa Sede.

Proprio perché la vostra risposta all'invito ricevuto è tanto importante per la vita della Chiesa, vorrei incoraggiarvi a proseguire sul cammino intrapreso con fervore ed impegno sempre crescenti.

Di quale cammino si tratta? E' il cammino del sacrificio; il cammino dell'amore sacrificale. Due anni or sono, parlando agli alunni dell'Accademia, ricordavo che la vostra vocazione sacerdotale comporta anche la vostra chiamata ad essere "vittime d'amore con Cristo crocifisso" e che, vivendo così, "troverete il segreto del vostro successo non solo nel campo spirituale, ma anche in quello diplomatico, da veri rappresentanti della Chiesa e della Santa Sede" ("Allocutio ad professores et alumnos Pontificiae Academiae Ecclesiasticae", 3 die 2 iun 1986: ,IX, 1 [1986] 1745).

La chiamata della Santa Sede esige la generosità piena e totale dell' abbandono perfetto alla volontà del Padre, seguendo il modello divino, Cristo: "Quae placita sunt ei facio semper" (Jn 8,29). E la volontà del Padre è la salvezza del mondo realizzata attraverso l'amore sacrificale di Cristo.

E il modello umano di questa generosità è quello di Maria: una generosità sconfinata vissuta sia nel buio che nella luce irradiante della fede.

Un si vissuto sull'esempio di Cristo e della sua Madre, che richiede amore generoso, amore totale.

Questo, cari sacerdoti è l'ideale della Chiesa. Questo è l'ideale della Santa Sede. E questo dev'essere il programma costitutivo della Pontificia Accademia Ecclesiastica. La Santa Sede si attende di trovare questo amore in voi.

Questo amore sarà per voi fonte di grande libertà spirituale che si manifesterà in fedeltà gioiosa ai doveri della vita quotidiana. Sorretti da questo amore e da questa libertà spirituale, giunti al termine della vostra preparazione in accademia, sarete pronti ad andare ovunque le esigenze richiederanno la vostra presenza, e a compiere, con l'aiuto di Dio, qualsiasi cosa la Chiesa vi chiederà per il Regno di Cristo. Questo amore e questa libertà spirituale costituiscono le condizioni necessarie perché possiate collaborare con la rettitudine di intenti e con efficacia al compito specifico della Santa Sede, senza cercare onori e vantaggi personali.

Lo stile della vostra vita sacerdotale deve esprimere sempre la dignità e la nobiltà della vostra missione e anche lo stretto rapporto che avete con la Sede apostolica. A noi tutti sono applicabili le parole di san Paolo: "Vi esorto... a comportarvi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto... cercando di conservare l'unità dello Spirito per mezzo del vincolo della pace" (Ep 4,1 Ep 4,3).

Cari fratelli sacerdoti, la misura del vostro successo è veramente soprannaturale. La vostra partecipazione alla missione di Cristo, anche in quell'ambito particolare che è la missione della Santa Sede, riuscirà nella misura in cui vivete radicati in Cristo. Questo è tanto più vero perché la ragion d'essere della Santa Sede è di custodire i misteri più sublimi della Chiesa quali sono la sua unità e la sua carità.

Questa è la prospettiva di servizio che si apre davanti a voi e che richiede visione e mezzi soprannaturali e che esige da parte vostra una dedizione totale. Questa dedizione si manifesta oggi nella serietà della vostra preparazione umana, spirituale, culturale e pastorale.

Fra le vostre gioie più grandi ci sarà sempre la consapevolezza di operare sotto la protezione di Maria, Madre della Chiesa. Da Maria chiedo per voi che il frutto più ricco di quest'anno mariano che trascorrerete in accademia sia il rinnovamento della vostra comunità nella sua intima unione con Cristo e nella sua viva partecipazione al mistero della salvezza, in special modo all'Eucaristia, nella quale si trova "il centro della vostra vita e della vostra attività".

In segno della mia fiducia e del mio affetto in Cristo, vi benedico tutti nel suo nome.


Data: 1988-01-18 Data estesa: Lunedi 18 Gennaio 1988




Alla comunità dell'Almo Collegio Capranica - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Chiediamo a Dio di poter realizzare in fedeltà il suo progetto su di noi"


Carissimi superiori ed alunni dell'Almo Collegio Capranica! La prossimità della memoria liturgica di sant'Agnese ci ha riuniti ancora una volta, come è tradizione, per celebrare l'Eucaristia.

Porgo a tutti voi il mio saluto affettuoso, con l'augurio di pace, di serenità, di copiose grazie del Signore in questo nuovo anno, che segna una ulteriore, importante tappa del vostro cammino di formazione. In voi intendo salutare tutti gli ex-alunni della famiglia capranicense: quelli che operano in Roma nella pastorale diocesana e nel servizio alla Santa Sede, come coloro che vivono nelle missioni ed in tante altre chiese particolari sparse nel mondo.

Ci troviamo riuniti attorno all'altare del Signore per meditare sulle virtù della giovane martire romana, la cui vita ci ricorda con vigore le caratteristiche spirituali di coloro che sono chiamati a consacrare se stessi per il servizio al Signore.

Vogliamo, quindi, chiedere a Dio di poter realizzare in piena fedeltà il suo progetto su di noi, aderendo con fedeltà al dono della vocazione sull'esempio della testimonianza resa dai suoi santi. Si tratta di offrire al Signore interamente la propria esistenza, con un amore indiviso, coerente fino al dono della vita; di annunciare con fede consapevole la parola del Signore, al fine di ricondurre a lui gli uomini del nostro tempo; di manifestare con generosità il valore della carità, affinché attraverso di essa i nostri fratelli scoprano la nostra appartenenza a Cristo.

Ci sostenga e ci accompagni in questa preghiera l'intercessione di santa Agnese, patrona della vostra comunità.


Data: 1988-01-19 Data estesa: Martedi 19 Gennaio 1988









Alle Volontarie dell'Ospedale "Bambino Gesù" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Al servizio dei piccoli sofferenti con competenza ed evangelica dedizione

Testo:

Cari fratelli e sorelle.


1. Nel darvi il benvenuto, desidero esprimere a tutti - dirigenti, operatori sanitari ed appartenenti all'Associazione delle Volontarie dell'Ospedale Pediatrico "Bambino Gesù" - la mia gioia per questo incontro, che mi consente di manifestare viva gratitudine per la preziosa opera che voi svolgete, nell'ambito delle rispettive competenze, in favore dei bambini ammalati.

Ringrazio particolarmente il presidente dottor Marcello Sacchetti per le parole gentili, con le quali ha voluto introdurre questa udienza speciale.

Non posso nascondervi la mia soddisfazione per la recente realizzazione di un moderno centro di Tomografia Assiale Computerizzata (Tac) con annessa sezione di Ecografia, la cui spesa è stata interamente coperta da donazioni elargite da enti e da persone private, ad iniziativa di un comitato promosso dalla signora Darida e sostenuto dalla collaborazione delle Volontarie. Si tratta di una realizzazione davvero provvida, perché consente all'ospedale di prestare un'assistenza sempre più rispondente alle crescenti esigenze di coloro i quali si affidano alle cure dell'Ospedale Pediatrico, voluto dal Papa Pio IX ed incoraggiato dai suoi successori per l'amorevole assistenza, nello spirito del Vangelo, ai piccoli sofferenti.

Nel ricordo delle mie visite compiute al "Bambino Gesù", colgo con piacere l'occasione della inaugurazione di tale importante servizio per rinnovare l'espressione della mia riconoscenza a tutti gli appartenenti al volontariato, i quali, nonostante gli impegni familiari, sanno trovare il tempo e i mezzi per venire incontro a chi soffre. Il Signore li ricompensi del bene compiuto, ispirato da sincera e generosa solidarietà umana e cristiana.


2. Tale gesto acquista particolare valore anche per il fatto che la nuova attrezzatura è destinata alla cura dei piccoli, contribuendo perciò a far superare il dramma del dolore innocente, a studiare diagnosi appropriate, e a restituire la salute e il sorriso a coloro che, affacciatisi appena sulla scena di questo mondo, già si sentono minacciati dalle più diverse forme di malattia. Non c'è bisogno che io dica a voi, operatori sanitari, quanto sia delicata la vostra missione e quanto senso di responsabilità essa richieda, perché voi, per il fatto stesso di aver scelto di consacrare la vita alla cura dei piccoli degenti, dimostrate di avvertire nel vostro animo tutta l'urgenza di questi problemi umani, che non possono non appassionare gli spiriti nobili. Siete infatti ben consapevoli di come il bambino vada aiutato a superare i momenti critici della malattia e sostenuto nello sviluppo armonico della sua personalità, per poter un domani occupare senza complessi il posto cHe gli spetta nella società e nella comunità cristiana.

Questa attenzione deve essere sorretta anche dalla persuasione che - come ho detto in altra occasione - "ogni bambino è voluto da Dio Padre, è redento da Cristo, diventa tempio dello Spirito Santo nel Battesimo", così che "tutti devono considerare un privilegio accoglierlo, custodirlo ed amarlo, come ci ha insegnato il Signore" (cfr. "Allocutio ad "Federazione Italiana Scuole Materne"", 2, die 16 ian. 1988: , IX, 1 [1988] p. 113).


3. Il servizio alla vita deve vedere impegnati con generoso entusiasmo soprattutto voi, Operatori Sanitari Cattolici, che nella vostra fede in Dio creatore, di cui l'uomo è immagile, e nel mistero del Verbo eterno venuto tra noi nella fragile carne di un bimbo, trovate una nuova e più alta ragione di dedizione alla cura amorosa e disinteressata di ogni fratello, specialmente se, come nel vostro caso, è piccolo, povero e minacciato. Mi è di conforto sapere che queste convinzioni sono radicate nel vostro animo ed ispirano la vostra attività quotidiana.

Vi incoraggio a ben proseguire sulla strada di codesto servizio quanto mai meritorio, implorando sul vostro lavoro l'aiuto della Vergine Santa, Salus Infirmorum mentre imparto a tutti la mia benedizione.


Data: 1988-01-23 Data estesa: Sabato 23 Gennaio 1988




Ai Vescovi della Germania Federale in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: L'irrevocabile fedeltà è il dono più prezioso da tutelare e da trasmettere nel matrimonio cristiano

Testo:

Cari confratelli nel servizio episcopale.


1. Dopo aver già incontrato la settimana scorsa un primo gruppo di Vescovi della conferenza episcopale e i loro Vescovi ausiliari per la visita "ad limina" di quest'anno, oggi saluto voi del secondo gruppo della Germania nord-occidentale: i Vescovi di Aquisgrana, Essen, Hildesheirn, Münster, Osnabrüc e Paderborn e l'amministratore della diocesi dell'arcivescovado di Colonia. Un saluto particolare al Metropolita, l'Arcivescovo Degenhardt. Con voi voglio ricordare il Vescovo di Osnabrüc prematuramente scomparso, Helmut Hermann Wittler, morto da soli quattordici giorni. Dio conceda la pace eterna a questo meritevole pastore; la pace eterna anche al suo fedele servitore il Cardinale Josep. Höffner, la cui stimata figura ho ricordato con gratitudine nel primo gruppo episcopale. Un saluto fraterno ai Vescovi ausiliari, rappresentati in gran numero in questa riunione.


2. Nella prima parte del mio discorso alla vostra conferenza episcopale, ho parlato al primo gruppo di voi della preoccupazione per la fede; con voi adesso vorrei riflettere soprattutto sulla vita cristiana nelle comunità parrocchiali.

Il Concilio Vaticano II ha avviato una riflessione sulla comunità dei credenti delle parrocchie e delle diocesi per stimolarle e per rinnovarle. Nel vostro Paese ciò si è verificato in modo intensivo. Potreste riferire molte buone esperienze al proposito, già emerse in varie riunioni ecclesiali, come, per esempio il movimento liturgico ed il rinnovamento dell'apostolato dei laici. Molti sforzi sono stati spesi per l'organizzazione interna ed esterna delle comunità parrocchiali.

Ciò si è dimostrato particolarmente fruttuoso per le funzioni religiose ed i sacramenti. Fate si che le norme del rinnovamento liturgico vengano ovunque tenute in considerazione. Spesso si verificano spiacevoli malintesi: molti attribuiscono al Concilio e al rinnovamento liturgico ciò che in verità non è l'intenzione della Chiesa, ma si rifà a singoli, che agiscono arbitrariamente.

Tutti coloro che si occupano di liturgia nella Chiesa, devono essere consapevoli di svolgere un servizio santo, che esige che il singolo si inserisca in tutta la Chiesa che prega e nei compiti che a lui vengono assegnati.

Devono quindi guardarsi da una accentuazione eccessiva della propria persona. Sulla base di questa disponibilità al servizio ognuno può certamente portare i propri talenti personali. Soprattutto il sacerdote non deve mai dimenticare che egli agisce "in nome e nella persona di Gesù Cristo" come insegna una lunga tradizione. Egli deve potersi mettere nell'ombra del Signore, che egli annuncia.

Preoccupatevi quindi di accrescere questa spiritualità fondamentale necessaria per tutti i compiti e i doveri attinenti al servizio divino. Altrimenti può sorgere il pericolo che la santa funzione liturgica si appiattisca per diventare un'opera puramente umana. Il servizio divino ha la funzione principale di preghiera e rendimento di grazia. Noi ringraziamo Dio per i suoi doni che accogliamo attraverso le sue opere. Ciò può avvenire in molti modi, come mostra la ricchezza della Chiesa nella preghiera e nei riti. Rispettate anche dei tempi per il silenzio, la meditazione e la preghiera personale nei servizi divini. La parola detta ed annunciata deve crescere nel terreno fertile della preghiera e del rispettoso silenzio.

Vi sarei grato se - anche nei rapporti ecumenici con la Chiesa evangelica - richiamaste sempre di più l'attenzione sulla santificazione della domenica e sulla sua importanza per una cultura umana autentica. La celebrazione eucaristica della comunità parrocchiale è quindi un momento culminante che non può essere sostituito da nulla. Vi esorto dunque affinché consideriate questa singolarità della celebrazione eucaristica domenicale anche in vista del desiderio di un aumento dei servizi ecumenici.


3. Il rinnovamento delle parrocchie ha portato in molti luoghi nuova vitalità al cuore delle comunità. Numerosi fedeli vi lavorano volontariamente e mettono i loro talenti ed il loro servizio a disposizione della comunità parrocchiale. I Vescovi ed i sacerdoti dovrebbero essere grati e felici quando tanti cristiani al loro fianco si dimostrano testimoni attivi della loro fede. Ringraziateli anche a nome mio per questa missione. Lo stesso ringraziamento va anche ai giovani, uomini e donne, che perseguono un compito importantissimo di collaborazione con i sacerdoti e i diaconi nella pastorale diretta della Chiesa e per questo seguono i diversi corsi di formazione, fino allo studio completo della teologia. Naturalmente in questo campo esistono alcune difficoltà pratiche nella precisa assegnazione dei compiti e nella necessaria collaborazione con il clero che si occupa della cura delle anime. Ciò tuttavia non deve far diminuire la gioia per il fatto che ci troviamo davanti ad autentiche vocazioni spirituali che hanno bisogno di un vaglio particolare, dell'impegno e del sostegno dei pastori.

Siamo lieti che ci siano stati degli sviluppi che sono motivo di gioia e di riconoscimento. Tuttavia dobbiamo notare spassionatamente alcune tendenze negative: la frequenza nelle chiese negli ultimi decenni è sensibilmente diminuita nonostante gli uomini abbiano sempre più tempo libero; aumenta il distacco di molti battezzati dalla vita concreta della Chiesa. Questo voi lo sapete e avete già preso iniziative in proposito. Non indietreggiate davanti alla difficoltà dell'impegno e davanti alla necessità di una nuova evangelizzazione della vostra patria! Se oggi molti uomini non vengono più in Chiesa, è la Chiesa che deve cercarli. Dobbiamo preoccuparci anche di coloro che vengono da noi di rado o che non vengono affatto. La pastorale nei nostri moderni Stati industrializzati deve essere oggi essenzialmente missionaria. Non dobbiamo preoccuparci soltanto del piccolo gregge, ma dobbiamo sempre di più invitare tutti a darsi da fare. In questo dovrete seguire l'esempio di Cristo, che è morto per tutti e non ha voluto che nessuno si perdesse.


4. L'evangelizzazione si compie quindi nel pubblico annuncio della Chiesa per mezzo della catechesi e della predicazione in diversi campi e molteplici forme; essa esige quindi soprattutto la testimonianza personale nell'incontro fra gli uomini; la ricerca teorica e l'amministrazione della Chiesa possono quindi soltanto aprirle gli spazi. Giustamente i supporti tecnici non possono sostituire il rapporto uomo ad uomo nell'annuncio della fede: la scintilla della convinzione personale deve scoccare sempre di più e far germogliare o approfondire fra i fratelli la fede in Gesù Cristo.

Se oggi nuovi gruppi e movimenti di apostolato vogliono portare la lieta novella della salvezza con grande slancio, si dovrebbe dare loro ogni spazio disponibile e tanta fiducia. Portate avanti il vostro apostolato non nelle forme consuete e sempre sicure; l'integrazione, necessaria, nelle strutture e nei contesti locali non riesce subito dall'inizio. perciò tali movimenti meritano un riconoscimento ed un sostegno fondamentale, come ha sottolineato anche l'ultimo Silodo dei Vescovi.

Visti nel loro insieme, questi nuovi metodi di evangelizzazione hanno già meritato e hanno dato frutti sorprendenti. Lo Spirito Santo ha donato alle vostre Chiese locali un apostolato laico estremamente vario, ben articolato secondo i compiti: lo stesso Spirito Santo vi elargisce oggi nuovi talenti missionari, che possono conferire nuovo impulso alla vita della vostra comunità senza che vengano travisate o addirittura soffocate le iniziative ed i gruppi che hanno operato finora. La diocesi e la parrocchia rimangono le comunità fondamentali per la cura delle anime.

Quando parliamo di evangelizzazione, dobbiamo pensare innanzitutto alla famiglia cristiana: la cellula originaria di ogni comunità umana prevista dall'ordine della creazione è anche il primo luogo per l'apprendimento della fede.

La famiglia è il luogo dell'incontro delle generazioni; in essa devono essere apprese le virtù sociali; nello scambio quotidiano la fede diventa esperienza personale e allo stesso tempo comunitaria. La cura delle anime deve perciò mirare a rafforzare la famiglia, a proteggerla dalla minaccia di tendenze ad essa avverse e a guidarla al compito apostolico in quanto realtà matura.


5. Una particolare preoccupazione, che condividete con me, deve essere l'attenzione alle giovani generazioni nella Chiesa. Saranno loro a trasmettere il retaggio della fede alle generazioni che verranno. Bisogna quindi preoccuparsi della loro forza interiore e della loro testimonianza di fede. Impegnate tutte le vostre energie a favore dei giovani. Hanno bisogno di tutta la nostra fiducia e di un sincero dialogo con gli adulti. Solo in questo modo può essere colmato da ambo le parti il divario fra giovani e adulti, che oggi sembra essere maggiore di quello che divideva le generazioni passate. Mostrate quindi ai giovani che siete i loro compagni di viaggio, che recepite i loro interrogativi e le loro necessità e che potete testimoniare loro anche la forza del Vangelo per la loro vita. Quanto più ci impegnamo con ardore a favore dei giovani, tanto più chiaro e deciso deve essere il modo in cui gli stiamo vicini come pastori. Metteteli in guardia da coloro che con i loro errori ideologici potrebbero corromperli. Accogliete di buon grado le nuove positive esperienze dei giovani, ma allo stesso tempo mostrate loro dove iniziano le false vie e quali sono le strade che la Sacra Scrittura e la tradizione cristiana ci indicano. Per la carenza di sacerdoti, affiancate ai giovani un numero adeguato di curatori d'anime di buona levatura, che possano comunicare in modo convincente ed entusiasta la forza e la bellezza della rivelazione biblica e della fede della Chiesa. Date quindi spazio sufficiente alla testimonianza di fede dei giovani ed ascoltate le loro opinioni; poiché "il Signore manifesta spesso ai giovani ciò che è meglio", come dice san Benedetto.

Certamente fate bene ad aiutare sempre più i giovani, a legarli agli elementi fondamentali della visione cristiana della vita e dell'impegno sociale con cuore puro, come ci dice l'insegnamento della Chiesa riguardo al Signore e ai dogmi di fede. Siate anche consapevoli, e trasmettetelo ai giovani, che noi adulti abbiamo visto per primi e incominciato a stimare alcuni nuovi valori ed opzioni per una vita più sicura dell'umanità, che poi sono stati scoperti ed accolti dai giovani. Penso qui soprattutto alla pace, allo sviluppo dei popoli e all'ambiente.


6. Suscita preoccupazione e dolore in noi la situazione della famiglia e soprattutto il numero dei divorzi, che anche fra i cattolici del vostro Paese è paurosamente alto. E anche molti giovani per un certo periodo di tempo o addirittura radicalmente evitano il matrimonio, anche se vivono ed abitano insieme. L'irrevocabile fedeltà nel matrimonio, manifestata davanti alla società e alla Chiesa, è invece il bene più prezioso che la Chiesa deve tutelare come dono e compito del suo Signore per la vita matrimoniale. Per questo anche la richiesta isolata da parte di divorziati risposati di essere ammessi ai sacramenti ci mette infine alle strette. Una soluzione del problema verrà piuttosto da una più profonda preparazione dei giovani al mistero del matrimonio, visto soprattutto come sacramento, e ciò non soltanto per i coniugi interessati, ma come un'esigenza dell'insegnamento e predicazione della fede sul matrimonio cristiano in tutti i campi della pastorale. Sperimentate ed approfondite con tutto l'impegno le modalità possibili per la preparazione al matrimonio cristiano nelle vostre diocesi. Fate si che le coppie siano particolapmente consapevoli del grande compito di formare una famiglia cristiana. Forse, nella globalità dell'annuncio, abbiamo parlato troppo poco della grandezza e della bellezza, ma anche delle esigenze e dei compiti nel matrimonio e della famiglia cristiana. A questo proposito laici sposati dovrebbero portare la loro testimonianza. Fate dunque si che nei corsi di preparazione al matrimonio cristiano non ci si facciano idee sbagliate, non conformi all'autentico messaggio della nostra fede, che potrebbero infine confondere gli uomini.


7. Anche quanto attiene alla conversione; la riconciliazione, il pentimento e la confessione deve far parte della nostra intensa preoccupazione pastorale.

Nonostante i molti sforzi, la pratica della penitenza e della confessione continua ad essere in crisi. Ciò vale anche per il vostro Paese. Si parla molto di conversione e riconciliazione nella prospettiva di uno sviluppo sbagliato o di conflitti sociali, si evita invece il cambiamento del proprio stile di vita e la personale conversione del cuore e con ciò l'autentica riconciliazione con Dio e con gli uomini. Vengono molto trascurate o meno considerate le verità della coscienza personale e dell'esperienza concreta della colpa, come anche ciò che la Sacra Scrittura e l'insegnamento della Chiesa chiamano peccato. La conseguenza è che molti cristiani, che potrebbero credere e fare molto di buono, si sono allontanati dal regolare rinnovamento delle loro vite attraverso la penitenza e la confessione e si accontentano del riconoscimento generale delle proprie colpe nel corso del servizio divino. Molti si accostano quindi al sacramento dell'Eucaristia con un pentimento interiore, che contrasta con la dignità di questa preziosa eredità del Signore (cfr. 1Co 11,27). Fate quindi tutto il possibile affinché tutti i membri della Chiesa, anche gli stessi sacerdoti, vengano ricondotti a rinnovare la loro considerazione per la conversione e la riconciliazione, concretizzate nella Confessione personale. Il sacramento della Confessione è il dono di Gesù Cristo alla sua Chiesa, per corrispondere in pieno alla sua chiamata alla conversione.


8. Cari confratelli! Questi sono alcuni punti importanti della vita cristiana nelle comunità parrocchiali, per i quali il nostro servizio pastorale si deve prodigare per ottenere buoni risultati. Nell'incontro con i Vescovi del terzo gruppo, che vedro tra pochi giorni, affrontero soprattutto la testimonianza della vita cristiana nel mondo. Quando la sintetica visione generale dei punti difficili del nostro apostolato minaccia di toglierci il fiato, con me volgete lo sguardo alla certezza incrollabile che promana dalle parole dell'apostolo Paolo ai Tessalonicesi: "Siate sempre lieti, pregate incessantemente, rendete grazie per ogni cosa....! Non spegnete lo Spirito: non disprezzate le profezie. Esaminate ogni cosa e ritenete ciò che è buono!" (1Th 5,16s).

Si, anche oggi c'è molto di buono da riferire dalle vostre comunità.

Al ringraziamento a Dio unisco il mio ringraziamento per voi e per tutti i vostri collaboratori nel servizio, sia onorario che come occupazione principale, per questi molteplici frutti dello Spirito nelle vostre diocesi. Un particolare saluto e augurio fraterno allo stimato Arcivescovo di Hildesheim, Heinrich Maria Janssen, che ha da poco compiuto ottant'anni.

Dio vi elargisca tutte le sue ricche benedizioni e la meritata ricompensa ai "servi fedeli" (cfr. Mt 25,14s).


Data: 1988-01-23 Data estesa: Sabato 23 Gennaio 1988




Messaggio per la XXII Giornata delle Comunicazioni Sociali - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: I mass media aiutino l'uomo a realizzare liberamente la vocazione alla fraternità e alla solidarietà

Testo:

Fratelli e sorelle, cari amici del mondo dell'informazione e della comunicazione.


1. Se si potesse dire un giorno che "comunicare" equivale veramente a "fraternizzare", che "comunicazione" significa veramente "solidarietà umana", non sarebbe questo il più bel traguardo raggiunto dalle "comunicazioni di massa"? Ciò vorrei proporre alla vostra riflessione in questa XXII Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali.

Parlando di fraternità, penso al significato profondo di questo termine.

E' Cristo infatti il "primo nato d'una moltitudine di fratelli" (Rm 8,29), che ci fa scoprire in ogni persona umana, amica o nemica, un fratello o una sorella.

Venuto "non per giudicare il mondo, ma per salvarlo" (Jn 3,17), Cristo chiama tutti gli uomini all'unità. Lo Spirito di amore che egli dona al mondo è anche Spirito di unità: san Paolo ci mostra il medesimo Spirito che elargisce doni diversi, che agisce nelle diverse membra di uno stesso corpo: ci sono "diversità di doni... ma è lo stesso Dio che opera tutto in tutti" (1Co 12,4-6).


2. Penso anzitutto al fondamento spirituale della fraternità e della solidarietà, perché questo significato cristiano non è estraneo alla primaria realtà umana di tali concetti. La Chiesa non considera la fraternità e la solidarietà come valori esclusivamente suoi. Viceversa, abbiamo sempre presente il modo in cui Gesù ha lodato il buon Samaritano, che ha riconosciuto un fratello nell'uomo ferito, meglio che il sacerdote e il levita (cfr. Lc 10,29-37).

Similmente l'apostolo Paolo invita a non disprezzare i doni degli altri, ma a rallegrarsi dell'opera dello Spirito in ciascuno dei nostri fratelli (cfr.

1Co 12,14-30).


La fraternità e la solidarietà sono fondamentali e urgenti: dovrebbero oggi contrassegnare i popoli e le culture. La scoperta, nella gioia, di rapporti felici tra popoli e tra culture non sarebbe la più bella "festa" offerta dalle comunicazioni di massa, il loro "spettacolo" più riuscito nella migliore accezione di questi termini? Dato che oggi le comunicazioni di massa si sviluppano vertiginosamente, i legami che esse instaurano tra popoli e culture rappresentano il loro apporto più prezioso. Ma io so che voi stessi, i comunicatori, avete coscienza, degli effetti perversi che rischiano di snaturare questi rapporti tra popoli e tra culture. L'esaltazione di sè, il disprezzo o il rifiuto di coloro che sono diversi possono aggravare le tensioni o le divisioni. Generando violenza, tali atteggiamenti distorcono e distruggono la vera comunicazione, rendendo impossibile ogni relazione fraterna.


3. Affinché possano esistere una fraternità e una solidarietà umana, e a più forte ragione affinché si accentui la loro dimensione cristiana, bisogna riconoscere i valori elementari ad essa sottesi. Ne ricordo qui alcuni: il rispetto dell'altro, il senso del dialogo, la giustizia, la liceità etica della vita personale e comunitaria, la libertà, l'uguaglianza, la pace nell'unità, la promozione della dignità della persona umana, la capacità di partecipazione e di condivisione.

La fraternità e la solidarietà superano ogni spirito di clan, di corporazione, ogni nazionalismo, ogni razzismo, ogni abuso di potere, ogni fanatismo individuale, culturale o religioso.

Spetta agli artefici della comunicazione di massa utilizzare le tecniche e i mezzi a loro disposizione con costante riferimento ad una coscienza chiara di questi valori primari. Eccone alcune applicazioni concrete: - le agenzie di informazione e l'insieme della stampa manifestano il loro rispetto verso gli altri tramite un'informazione completa ed equilibrata; - la diffusione radiofonica della parola raggiunge meglio il suo scopo se viene offerta a tutti la possibilità di dialogare; - i media che sono l'espressione di gruppi particolari contribuiscono a rafforzare la giustizia, allorché fanno ascoltare la voce di coloro che ne sono privi; - i programmi della televisione riguardano quasi tutti gli aspetti della vita e le reti si prestano a innumerevoli interconnessioni: quanto più si considera la loro influenza, tanto più si impone ai loro responsabili l'istanza etica, per offrire alle persone e alle comunità delle immagini che favoriscano l'integrazione delle culture, senza intolleranza nè violenza, al servizio dell'unità; - le possibilità di comunicazioni personali per telefono, la loro estensione telematica, la loro diffusione sempre più estesa attraverso i satelliti fanno ipotizzare un supplemento di uguaglianza tra le persone, in quanto facilitano l'accesso a questi mezzi del maggior numero di esse, consentendo veri scambi; - l'informatica si diffonde sempre più nelle attività economiche e culturali, le banche dati accumulano una quantità finora inimmaginabile di informazioni diverse: si sa che la loro utilizzazione può comportare ogni sorta di pressioni o di violenze sulla vita privata o collettiva, mentre una gestione saggia di questi mezzi diviene una vera condizione di pace; - concepire "spettacoli" da diffondere attraverso i vari audiovisivi implica il rispetto delle coscienze degli innumerevoli "spettatori"; - la comunicazione pubblicitaria risveglia e sviluppa dei desideri e crea dei bisogni: coloro che la commissionano o che la realizzano devono ricordarsi delle persone meno favorite per le quali i beni proposti restano irraggiungibili.

Quale sia il modo di intervento, è necessario che i comunicatori osservino un codice d'onore, che siano consapevoli della responsabilità di diffondere la verità sull'uomo, che contribuiscano a un nuovo ordine morale dell'informazione e della comunicazione.


4. Di fronte alla rete sempre più fitta e attiva delle comunicazioni sociali attraverso il mondo, la Chiesa si preoccupa soltanto, quale "esperta di umanità", di ricordare incessantemente i valori che fanno la grandezza dell'uomo. Per il cristiano la rivelazione di Dio in Cristo è una luce sull'uomo stesso. La fede nel messaggio della salvezza costituisce la più profonda delle motivazioni a servire l'uomo.

I doni dello Spirito Santo impegnano a servire l'uomo in una solidarietà fraterna.

Ci si potrà domandare: non siamo forse troppo fiduciosi circa l'aprirsi di tali prospettive? E le tendenze che si delineano nel settore della comunicazione di massa ci autorizzano a nutrire tali speranze? Ai cuori turbati per i rischi delle nuove tecnologie della comunicazione io risponderei: "Non abbiate paura". Non ignoriamo la realtà nella quale viviamo, ma leggiamola più in profondità. Distinguiamo, alla luce della fede, i segni dei tempi autentici. La Chiesa, preoccupata dell'uomo, conosce l'aspirazione profonda del genere umano alla fraternità e alla solidarietà, aspirazione sovente rifiutata, sfigurata, ma indistruttibile perché scolpita nel cuore dell'uomo dallo stesso Dio, che ha creato in lui l'esigenza della comunicazione e della capacità per svilupparla su scala planetaria.


5. Alla soglia del terzo millennio, la Chiesa ricorda all'uomo che la fraternità e la solidarietà non possono essere soltanto condizioni di sopravvivenza: esse sono caratteristiche della sua vocazione; una vocazione che gli strumenti della comunicazione sociale gli consentono di realizzare liberamente.

Lasciatemi dunque dire a tutti, specialmente in questo anno mariano: "Non abbiate paura". Maria non rimase ella stessa spaventata davanti all'annuncio che recava il segno della salvezza offerta all'umanità intera? "Beata tu che hai creduto", come testimonia Elisabetta (Lc 1,45).

Proprio in virtù di questa sua fede la Vergine Maria accoglie il disegno di Dio, entra nel mistero della comunione trinitaria e, diventando Madre di Cristo, inaugura nella storia una nuova fraternità.

Beati quelli che credono, coloro che la fede libera dal timore e apre alla speranza, portandoli a plasmare un mondo dove, nella fraternità e nella solidarietà, c'è ancora posto per una comunicazione della gioia! Animato da questa gioia profonda per i doni della comunicazione, ricevuti per l'edificazione di tutti, in questa solidale fraternità, invoco su ciascuno di voi la benedizione dell'Altissimo.


Dal Vaticano, 24 gennaio 1988, festa di san Francesco di Sales


Data: 1988-01-24 Data estesa: Domenica 24 Gennaio 1988





GPII 1988 Insegnamenti - Agli alunni della Pontificia Accademia Ecclesiastica - Città del Vaticano (Roma)