GPII 1988 Insegnamenti - Recita dell'"Angelus" - Città del Vaticano (Roma)

Recita dell'"Angelus" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Affidiamo alla Madonna di Altötting le grandi intenzioni dell'anno mariano e la sospirata meta dell'unità

Testo:

Cari fratelli e sorelle.


1. Oggi per la recita dell'"Angelus" ci volgiamo col pensiero al Santuario mariano di AltOtting, nella diocesi di Passau, in Baviera. Il nostro pellegrinaggio spirituale si dirige verso la Germania, perché in questi giorni sono ospiti a Roma i Vescovi della Repubblica Federale di Germania, venuti in visita "ad limina". Li saluto cordialmente nel nome della Madonna di AltOtting, Santuario a me particolarmente caro, per averlo potuto visitare personalmente durante il mio primo viaggio pastorale in Germania, nel novembre 1980.

Come Kevelaer nel nord del Paese, AltOtting è il più importante centro della pietà mariana nella Germania meridionale. "Unsere Liebe Frau von AltOtting": la nostra cara Signora di AltOtting. L'immagine della Madonna, venerata sotto questo titolo in quel Santuario, è una statua di stile gotico, della prima metà del quattordicesimo secolo, e presenta Maria col Bambino Gesù in braccio.


2. Secondo la tradizione del luogo, la devozione popolare verso quella sacra immagine comincio nel 1489, quando un bambino di tre anni, annegato nel fiume che là scorre, torno in vita per intercessione della Madonna di AltOtting. L'aiuto materno di Maria in favore di una famiglia provata, diede inizio alla interminabile processione di pellegrini, che, ormai da 500 anni, affluiscono a quel Santuario per venerare la Madre di Gesù, per affidare a lei gioie e pene, difficoltà e sofferenze. Dopo quel primo visibile segno di grazia la Madonna di AltOtting ha elargito innumerevoli altre grazie visibili e invisibili nel corso dei secoli ai moltissimi fedeli che in quel luogo sacro hanno visto esaudite le loro preghiere, hanno ripreso coraggio per la loro fede, e trovato sollievo nelle loro prove.


3. Sotto la guida sapiente e dinamica dei Padri Cappuccini i quali custodiscono nell'attiguo convento la tomba del loro santo confratello, Bruder Konrad, il Santuario di AltOtting, come luogo dedicato alla Madonna, è diventato un importante centro di preghiera e di attività pastorale per il profondo rinnovamento religioso e spirituale dei fedeli.

Affidiamo alla intercessione della Madonna di AltOtting anche le grandi intenzioni dell'anno mariano e della Chiesa universale, in particolar modo l'intenzione ecumenica, per la quale abbiamo intensamente pregato in questi giorni dell'Ottavario per l'unità dei cristiani. Nelle varie parti del mondo si sono elevate suppliche insistenti per ottenere dal Signore il ristabilimento della piena unità, da cui dipende in grande misura l'incisività della testimonianza dei cristiani nel mondo.

Invochiamo la Vergine Santa, nostra madre comune, perché, aiutandoci a progredire nella "peregrinazione della fede" di cui essa è l'esempio, ci faccia finalmente raggiungere la sospirata meta dell'unità fra noi tutti, secondo la volontà di Gesù, Figlio suo e nostro unico Signore.

[Al termine della preghiera il Santo Padre ha così continuato:] Desidero ora ricordare che domani pomeriggio concluderemo la Settimana di preghiere per l'unità dei cristiani con una celebrazione nella Basilica di San Paolo fuori le mura. In un simbolico breve pellegrinaggio, dalle varie comunità locali si convergerà verso quella Basilica per un incontro che vuole esprimere l'unità di intenti e la coralità della comune invocazione: "Che siano uno, affinché il mondo creda". Chi può, non manchi all'appuntamento.

Saluto ora cordialmente il numeroso gruppo di ragazzi dell'Azione Cattolica di Roma, qui convenuti a conclusione di un mese di particolari riflessioni, preghiere ed iniziative sul tema della pace. Tutti i ragazzi dell'Azione Cattolica Italiana celebrano in gennaio il mese della pace, corrispondendo così al messaggio pontificio per la giornata mondiale della pace.

Essi vogliono unirsi in questo modo a tutti gli uomini di buona volontà per celebrare con l'animo, ma anche con gesti visibili e significativi un universale "concerto" di pace. E questo indicheranno le campane che essi desiderano stamane far risuonare in questa piazza.

Cari ragazzi mi compiaccio con voi e con i vostri assistenti ed animatori per questa iniziativa. Siate sempre operatori di pace, educandovi all'amore della verità, all'onestà, al gusto della giustizia, al rispetto del prossimo, alla generosità; e coltivando quella pace interiore che è segno di una vita buona e pura vissuta nella grazia di Dio.

Con questi sentimenti vi benedico.



Data: 1988-01-24 Data estesa: Domenica 24 Gennaio 1988




All'Istituto Calasanzio - Roma

Titolo: La libertà della scuola: un principio di singolare importanza nel nostro tempo

Testo:

Carissimi religiosi Scolopi, Signori insegnanti e collaboratori di questa scuola, Cari giovani e ragazzi!


1. In occasione della visita alla parrocchia di san Gabriele era opportuna una sosta qui, con voi e con le vostre famiglie, in questo Istituto, che celebra il suo quarantesimo anniversario di fondazione ed è l'erede dell'antica sede di "san Lorenzo in piscibus", fondata fin dal 1619, agli inizi della Congregazione.

Saluto il Padre Generale e con lui saluto gli altri superiori dell'Ordine e i religiosi presenti. Il mio cordiale saluto si estende poi al collegio dei docenti, a tutti voi studenti e ai vostri familiari. Sono contento di trovarmi qui con voi nel ricordo di san Giuseppe Calasanzio, di cui vi è ben nota la predilezione per i giovani.


2. Sono lieto di costatare che l'Istituto, sorto anche con l'aiuto e per volontà del mio predecessore Pio XII, continua, sulla via tracciata dal Calasanzio, nella missione di formare anime giovanili anche in questa zona di Roma.

La vostra è una comunità frequentata da numerosi alunni, mentre è noto che molte famiglie, cristiane e non, chiedono di affidare all'opera dei Padri Scolopi e dei loro collaboratori l'itinerario educativo dei propri figli, con una scelta che è significativa, perché dice fiducia nel metodo del Calasanzio, nell'opera e nella competenza delle scuole cattoliche da lui ideate, confermando il valido ruolo che esse svolgono per la formazione della personalità dei giovani e la loro preparazione alla vita. Mi compiaccio anche perché voi tenete sempre ben fermo il principio che le scuole calasanziane devono essere aperte a tutti, al fine di offrire anche a chi ha minori mezzi economici la garanzia di acquisire quel grado di cultura che gli è possibile, secondo le sue doti ed aspirazioni.

Questa circostanza conferma un principio che, anche nel nostro tempo, appare di singolare importanza: la libertà della scuola.


3. Al servizio che vi offre la scuola cattolica corrisponde per voi, cari giovani, un impegnativo ma esaltante compito: essere capaci di operare, nella professione di domani, quali membra vive della Chiesa. Dovrete trovarvi inseriti nelle legittime autonomie della vita laicale, con la consapevolezza di essere presenti quali testimoni di Cristo, partecipi di una società che non sempre accetta il messaggio del Vangelo. Proprio questa situazione sociale polivalente, e non di rado avversa, richiede che sappiate comprendere con chiarezza e purezza di coscienza il vostro ruolo e che ad esso vi prepariate raggiungendo qui, nella scuola, un peculiare rapporto con Cristo e con la Chiesa. La Chiesa chiede alla vostra scuola, educatori ed alunni, di prodigarsi in ogni modo per formare laici coscienti della loro vocazione e della loro missione. Sentitevi chiamati ad attuare quanto essa, sotto l'azione dello Spirito, va indicando in maniera sempre più precisa, adeguata e convincente circa la missione del laicato.

Con questi sentimenti e con tali speranze invoco per tutti voi la protezione della Madre di Dio, alla quale le Scuole Pie sono affidate, mentre a tutti, superiori, professori ed alunni, imparto la benedizione apostolica, estensibile alle rispettive famiglie ed all'intera comunità dei Padri Scolopi.


Data: 1988-01-24 Data estesa: Domenica 24 Gennaio 1988




Visita pastorale del Vescovo di Roma - Roma

Titolo: Parrocchia di san Gabriele all'Acqua Traversa

Testo:

[Il primo saluto alla comunità parrocchiale:] Saluto tutti i presenti e tutta la parrocchia di san Gabriele e li saluto nel nome della santissima Annunciazione, perché l'Arcangelo Gabriele è stato il messaggero dell'Altissimo per portare a noi uomini questa buona novella che trascende tutta la storia umana. Non c,è un avvenimento maggiore; non c'è un avvenimento più trascendente che questo: Dio si è fatto uomo. Questo messaggio, per sempre, questa annunciazione per sempre rimane legata al nome di Gabriele. Vi auguro che questo messaggio sia sempre per voi un motivo di fede e di speranza; un motivo di vero e cristiano orgoglio. Cosa possiamo sperare più di questo dono: che il Figlio di Dio si è fatto uomo per confermare la nostra dignità, la nostra vocazione che è terrena certamente, quotidiana, temporale, ma trascende tutta la temporalità, trascende il mondo. Una vocazione che viene da Dio e porta a Dio. Vi auguro di vivere sempre questo messaggio dell'Annunciazione, questa verità e questa realtà dell'Annunciazione legata tanto al nome di san Gabriele Arcangelo.

Vivere questa verità come uomini e come cristiani.

[Ai ragazzi e alle ragazze della parrocchia:] Mi rallegro molto per questo incontro. Voi siete la nuova generazione di questa parrocchia. San Gabriele Arcangelo, il patrono della vostra parrocchia è un personaggio molto importante: è stato il primo ad annunciarci il Vangelo. Il nucleo stesso del Vangelo si trova nell'Annunciazione. Possiamo allora tracciare una strada: dall'Annunciazione al Vangelo, vuol dire fino a Gesù Cristo e alla sua missione messianica, alla Chiesa apostolica nei diversi secoli e alla vostra parrocchia che porta il nome di questo Arcangelo. Egli è legato con gli stessi inizi del Vangelo. San Gabriele ha anticipato tutta l'opera della Chiesa che si chiama evangelizzazione. La parrocchia vive dall'evangelizzazione, per l'evangelizzazione, con l'evangelizzazione. Questa evangelizzazione si fa soprattutto attraverso la catechesi ed i sacramenti. Ecco, siamo così, vicini a voi. Voi vi trovate dentro questa opera catechetica e sacramentale. La vostra età giovane di bambini e di ragazzi è una età privilegiata perché siete tutti chiamati ad accedere ai più grandi misteri della fede cominciando dal Battesimo, alla Confessione, alla prima Comunione, alla Cresima: così voi imparate cosa vuol dire essere cristiani, come si vive da cristiani. Da cristiani si vive seguendo il Vangelo non solamente con la mente ma con le opere buone: voler bene ai vicini ed ai lontani, operare nella fraternità e nella pace. Il cuore del bambino si trova al centro del Vangelo, perché Vangelo vuol dire che Dio ci vuole bene e per questo bene ci offre se stesso nel suo Figlio, il nostro Salvatore. Ci vuole bene fino agli ultimi confini del cuore umano... Imparate bene il Vangelo ed il mistero dell'Annunciazione e la realtà di Gesù Cristo: una realtà non solo di duemila anni fa. Ma una realtà di oggi. Cristo vive in noi, vuol vivere in ciascuno di noi.

Quando ci si vuole bene ci si trova vicino a Cristo. Il cuore di Cristo vuol bene a tutta l'umanità... Vi auguro di non essere mai lupi nella vostra vita, ma lupetti si.


[Omelia durante la celebrazione eucaristica:]


1. "Il Regno di Dio è vicino" (Mc 1,15).

Cari fratelli e sorelle! Cerchiamo di penetrare col pensiero e col cuore il messaggio dell'odierna liturgia della Chiesa.

Ci troviamo - seguendo il testo del Vangelo di Marco - all'inizio dell'attività messianica di Gesù. Essa coincide, dapprima, con l'attività di Giovanni Battista sul Giordano, e poi col suo arresto. Gesù entra "nel terreno" preparato da Giovanni. Nella nativa Galilea comincia ad annunziare il Vangelo di Dio.

L'Evangelista ha annotato ciò che costituiva il nucleo stesso dell'insegnamento di Cristo: "Il tempo è compiuto e il Regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al Vangelo" (Mc 1,15).

Oggi la Chiesa non solo ricorda queste parole pronunciate una volta, all'inizio dell'attività di Gesù. La Chiesa le legge come parole pronunciate una volta per sempre. Come pronunciate sempre nuovamente. E sempre nuovamente attuali.


2. Esiste un'analogia tra la missione di Cristo e quella del profeta Giona dell'antico testamento.

Giona era stato mandato a Ninive, una grande città, con un avvertimento da parte di Dio: "Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta" (Jon 3,4).

Distrutta a causa della "condotta malvagia" (Jon 3,8) dei suoi abitanti.

Giona venne a Ninive per avvertire i suoi abitanti della incombente punizione divina ed esortarli a mutare la loro cattiva condotta.

Esortava dunque alla conversione, in nome dello sdegno di Dio e della giustizia divina. Leggiamo che la sua esortazione fu accolta.

Nell'annuncio di Giona è presente Dio, che premia il bene e punisce il male. Questa verità è la base di ogni ordine, religioso e morale. Essa è anche un'indispensabile introduzione al Vangelo, alla buona novella, ma non ne è ancora la pienezza.

Giona operava quando ancora non era venuta "la pienezza del tempo". Con la sua azione egli la preparava.


3. Gesù è consapevole che "il tempo è ormai compiuto". Mentre dice agli abitanti della sua nativa Galilea "convertitevi", contemporaneamente annuncia l'avvicinarsi del Regno di Dio. Quest'avvicinarsi del Regno di Dio è il contenuto essenziale del Vangelo, della buona novella.

Gesù è l'annunciatore della buona novella. Non annuncia solo l'ira di Dio e la sua giustizia: egli è venuto per rivelare fino in fondo che Dio è amore.

Allora, quando egli cominciava ad annunziare il Vangelo nella Galilea, i suoi ascoltatori (che erano insieme suoi compaesani) ancora non conoscevano questa verità fino in fondo. Sapevano che Dio è misericordioso, che egli perdona i peccati a coloro che si convertono (ne era prova, per esempio, la missione di Giona). Ma non sapevano ancora sin dove arrivava questo amore misericordioso di Dio, di Dio che è Padre.

Cristo doveva rivelare quest'amore con la parola e con l'opera. Doveva mostrare alla fine con la sua croce e risurrezione, quanto lontano giunga quest'amore paterno di Dio.

All'inizio aveva annunciato: "Il Regno di Dio è vicino", pero solo durante gli eventi della Pasqua a Gerusalemme doveva manifestarsi quanto esso era vicino! Quanto esso è vicino, proprio in Cristo; crocifisso e risorto.


4. Tutto questo noi già l'abbiamo conosciuto. E' infatti in base a questa conoscenza che noi oggi ci troviamo qui. Prendiamo parte all'Eucaristia come Chiesa di Gesù Cristo.

E' bene tuttavia che noi, seguendo il Vangelo, torniamo all'inizio di questa via, in Galilea, dove Gesù cominciava a proclamare il Vangelo, annunciando la vicinanza del Regno di Dio.

Bisogna infatti che noi sappiamo che il Regno di Dio si avvicina a noi - a ognuno e a tutti - a mano a mano che noi desideriamo prendere quei sentieri, lungo i quali Dio stesso ci conduce.

perciò, proprio nella liturgia odierna sono così eloquenti le parole del salmista: "Fammi conoscere, Signore, le tue vie, / insegnami i tuoi sentieri, / guidami nella tua verità e istruiscimi, / perché sei tu il Dio della mia salvezza, / in te ho sempre sperato" (cfr. Ps 25[24],4-5).

Così prega il salmista, uomo dell'antica alleanza. Ma così dice anche la Chiesa - di generazione in generazione -, ed esorta a una tale ardente preghiera ognuno e ognuna di noi. Ciascuno e tutti.

Perché, infatti, il Regno di Dio si è avvicinato alla storia dell'uomo in Cristo crocifisso e risorto, e questo è un fatto compiuto ed irrevocabile.

Pero... la storia dell'uomo - delle persone e delle comunità, delle nazioni e delle società - può allontanarsi da questo Regno, può abbandonare queste vie di verità, di cui parla il salmista. Il peccato può spadroneggiare in essa sotto diverse forme. L'uomo può - invece di cercare la giustizia del Regno di Dio - organizzare la propria vita personale come se Dio non esistesse; come se il Regno di Dio non si fosse avvicinato e non fosse entrato nella storia di questo mondo...


5. Tuttavia...

"passa la scena di questo mondo" (1Co 7,31). Passa da sola. Passa verso la morte, come ci insegna la quotidiana esperienza. Passa verso il Regno di Dio, come annunzia il Vangelo di Cristo. Proprio per questo esso è parola di vita. Di vita eterna.

Giona, che ando a Ninive, esorto i suoi abitanti a convertirsi dai peccati.

Anche Gesù, iniziando il suo insegnamento in Galilea, esortava: "Convertitevi", e aggiungeva: "Credete al Vangelo".

Anzi. Subito all'inizio egli chiamo alcuni pescatori del lago di Galilea, dicendo loro così: "Seguitemi, vi faro diventare pescatori di uomini" (Mc 1,17).

Che cosa significavano queste parole? Gli apostoli dovevano comprenderle più tardi alla luce della croce e della risurrezione, alla luce della Pentecoste.

Anche noi comprendiamo oggi queste parole di Cristo. Comprendiamo che il Regno di Dio ci è dato in dono come un compito, che esige conversione ed impegno nella missione.

La nostra generazione - per opera del Concilio Vaticano II - ha compreso ancora una volta questo: non solo la conversione dal peccato a Dio, che premia il bene e punisce il male, ma anche, ed insieme, l'entrare nel compito di questo regno, che ci è stato offerto in Gesù Cristo. L'entrare, a somiglianza dei pescatori di Galilea, che sono diventati "pescatori di uomini".


6. Questo avete certamente compreso anche voi, fedeli della parrocchia di "san Gabriele all'Acqua Traversa", che abbraccio con spirituale affetto. Con il Cardinale Vicario ed il Vescovo Ausiliare monsignor Remigio Ragonesi, saluto il vostro parroco, padre Salvatore De Fusco, insieme con tutti i suoi collaboratori, i Padri Vocazionisti, e mi compiaccio con loro per l'assidua cura pastorale e per le numerose iniziative di apostolato, specialmente tra i giovani.

Il mio saluto va poi ai numerosi nuclei familiari che compongono questa parrocchia. Vorrei ricordare tutti, dai funzionari dello Stato ai professionisti, dagli esponenti del mondo politico e della cultura, a quelli del giornalismo, dell'arte e del cinema; ma non voglio dimenticare la presenza, nella stessa area parrocchiale, di una larga fascia di popolazione emergente e povera.

Desidero, altresi, rivolgere uno speciale pensiero alle tante persone provenienti da varie parti del mondo, che in misura cospicua abitano in questo quartiere. La parrocchia di "san Gabriele all'Acqua Traversa" è chiamata ad esercitare verso di loro con spirito cristiano, una singolare ospitalità. Si tratta di funzionari di Ambasciate, ma anche di persone che collaborano presso le famiglie. Mi pare che questa circostanza meriti singolare attenzione per la comunità cattolica, che deve sentirsi interpellata ad offrire, con l'accoglienza, la cordialità, il dialogo e lo spirito di amicizia, anche una valida testimonianza di fede e di carità.

Il mio saluto, infine, va alle molte comunità religiose, che qui operano in tanti settori dell'apostolato e dell'assistenza. Un pensiero, quindi, prima di tutto ai Padri Vocazionisti della Curia Generalizia, qui presenti con il Padre Generale, alle Suore Vocazioniste che prestano il loro servizio nella parrocchia.

Saluto con affetto le comunità che si dedicano all'educazione dei giovani: i Padri Scolopi, con la loro scuola che comprende le elementari, le medie e le superiori; le Suore Domenicane della Redenzione, con il loro studentato; le Suore Adoratrici della Croce con l'orfanatrofio; ed ancora le Domenicane dell'Immacolata, con la casa di riposo. Saluto le rispettive Curie Generalizie, insieme con quelle delle Suore di Madre Cabrini e del divin Redentore.


7. Desidero incoraggiare il lavoro del Consiglio pastorale e di amministrazione e tutte le iniziative di catechesi per i ragazzi della Messa di prima Comunione e della Cresima. Uno speciale pensiero di benedizione e di plauso a voi catechisti.

Ovviamente meritano un ricordo ed un incoraggiamento tutte le associazioni, dall'Azione Cattolica agli Scouts, ai gruppi di servizio verso gli anziani e verso le famiglie con figli handicappati, alla "San Vincenzo", al Movimento di Rinascita ed a tutte le iniziative di carità.

Ma un pensiero di particolare apprezzamento mi sembra necessario rivolgere al lavoro di catechesi che qui si compie in favore sia dei giovani che si preparano al matrimonio sia dei genitori che chiedono il Battesimo per i loro figli. Vi esorto ad aiutare le famiglie nuove a scoprire il vero significato del matrimonio cristiano, ad apprezzare il dono della vita, ad onorare l'impegno di fedeltà reciproca assunto davanti all'altare. La testimonianza della grazia e della gioia del sacramento coniugale è la prima e più forte risposta che le famiglie cristiane possono dare anche a coloro che hanno scelto forme di unione estranee al sacramento. Esorto, perciò, le famiglie giovani ad impegnarsi per portare insieme, mediante una testimonianza serena e coerente, l'annuncio della verità di Cristo sul matrimonio. Auguro che esse possano assumersi la responsabilità di proclamare con spirito missionario, la buona novella di Gesù sull'amore coniugale: essa rivela e compie il progetto sapiente e amoroso che Dio ha sugli sposi, introdotti nella misteriosa e reale partecipazione all'amore stesso di Cristo per la Chiesa (cfr. FC 51).


8. Scrive l'Apostolo: "Questo vi dico, fratelli: il tempo ormai si è fatto breve; d'ora innanzi, quelli che hanno moglie, vivano come se non l'avessero; coloro che piangono, come se non piangessero e quelli che godono come se non godessero; quelli che comprano, come se non possedessero; quelli che usano il mondo, come se ne non usassero appieno: perché passa la scena di questo mondo" (1Co 7,29-31).

Le parole di san Paolo ora citate rendono testimonianza che si è avvicinato il Regno di Dio, che dobbiamo vivere costantemente nella sua prospettiva. Nella prospettiva di ciò che è eterno e duraturo, dato che "passa la scena di questo mondo".

Che cosa vuol dire questo? Che dobbiamo vivere come degli "assenti" in questo mondo? No. Questo vuol dire, che dobbiamo trasformare questo mondo con la verità del Vangelo, con la potenza dello Spirito Santo, datoci da Cristo crocifisso e risorto.

Leggiamo il messaggio del Concilio. Leggiamo la Costituzione sulla Chiesa nel mondo contemporaneo. Che cosa dice del matrimonio e della famiglia? Che cosa dice della vita della comunità umana: culturale, sociale, economica, politica, internazionale? Questa è la risposta del Vangelo al passare del mondo.

Esso passa infatti non verso la morte, ma verso il Regno di Dio, entrato irrevocabilmente nella storia dell'uomo.

"Fammi conoscere, Signore, le tue vie...

Guidami nella tua verità e istruiscimi". Amen.

[Ai sacerdoti Vocazionisti:] Il Superiore Generale ha raccontato molto bene la storia del vostro Fondatore e anche della vostra Congregazione. Siete Vocazionisti per promuovere dappertutto le vocazioni, per tutte le Chiese diocesane, per tutte le congregazioni religiose, maschili e femminili. Ma vi auguro che di questa promozione indirizzata alla Chiesa universale ci sia anche una percentuale per voi.

[Alle religiose:] Qui ci troviamo sotto la protezione di san Gabriele Arcangelo e sappiamo tutti qual è la sua missione, una missione sempre attuale: annunciare alla Vergine l'incarnazione del Figlio consostanziale al Padre, incarnatosi una volta per sempre. Egli continua la sua incarnazione, nel suo corpo sulla terra, non solamente come corpo eucaristico, sacramentale, ma anche come Corpo mistico, la sua Chiesa. Allora vediamo bene cosa ha fatto questo Gabriele Arcangelo; grandi cose ha annunziato.

Vi auguro, carissime sorelle, di essere anche voi portatrici dello stesso messaggio. E con questo pensiero e con questa intenzione vi lascio sotto la protezione, sotto l'ispirazione di san Gabriele Arcangelo.

Che possiate essere tutte portatrici del Vangelo, del buon messaggio, e che questo messaggio sia anche efficace per tutti quelli che aspettano, per tutti quelli che sembrano non aspettare. Deve essere anche per loro un messaggio, il vostro: testimonianza della vostra vita, testimonianza anche della vostra veste, del vostro abito religioso, testimonianza della vostra umiltà, del vostro amore.

Tutto questo si fa messaggio.

[Ai membri del Consiglio pastorale:] Certamente Dio ci ha voluti diversi dall'inizio, ci ha voluto, come sappiamo bene dalla Genesi, uomo e donna, ma ha voluto questa diversità iniziale, come tutta la continuità di questa diversità iniziale, appunto per la comunione.

Possiamo dire che l'uomo è chiamato alla comunione attraverso la diversità.

Forse non sarebbe possibile per la nostra condizione umana di creature e nello stesso tempo persone, fare la comunione, creare la comunione senza questa diversità.

La prova principale di ciò è la famiglia, perché già dall'inizio Dio ci ha creato uomo e donna per costituire la prima e la più fondamentale comunione, comunione nel matrimonio, comunione nella famiglia. Naturalmente quello che si dice, che si pensa delle persone, delle prime persone, quelle che conosciamo dalla Genesi, poi si allarga, perché la famiglia diventa poi la stirpe, diventa il popolo, diventa l'umanità.

Ma Dio, con questa sempre crescente diversità, diversità nel mondo, anche delle razze, delle lingue, delle culture, dei popoli, non cessa di portare avanti il suo piano iniziale, di portare avanti la comunione. E la Chiesa è stata costituita da Dio nella persona di Gesù Cristo, nella sua missione salvifica e redentrice, appunto per essere la comunione, essere la comunione in se stessa, essere la comunione dei diversi: persone, famiglie, popoli, razze, culture, generazioni. Essere la comunione per dare all'umanità come tale la testimonianza della vocazione umana, quella che tutti abbiamo in Dio.

Noi dobbiamo crescere nella comunione sempre più, perché Dio, lui stesso, questo Dio uno e unico, è nello stesso tempo la Trinità e la comunione delle Persone, la comunione-mistero; la nostra vocazione umana quando siamo stati creati a somiglianza di Dio non può essere altra che avvicinarsi a quella comunione che è lui stesso, che è Dio stesso. Lo dico per dare una risposta a quello che ho sentito, alle parole molto belle e profonde e poi per dare un significato a quello che è la vostra parrocchia nella Chiesa di Roma, nella Chiesa universale e a ciò che è il vostro Consiglio dentro questa parrocchia. La parrocchia deve essere inizialmente comunione. E' la comunione. Il sacramento della comunione di battezzati in Cristo Gesù per ottenere la realtà della comunione; per farsi comunione sempre di più, la parrocchia ha bisogno di diversi organismi di raccordo, organismi che aiutano questa comunità umana e cristiana a diventare sempre più comunione.

Non è un compito facile, ma è un compito indispensabile, indispensabile per ogni parrocchia, indispensabile per la diocesi di Roma, indispensabile per la Chiesa universale.

Noi, in questa settimana, stiamo pregando per l'unione dei cristiani, perché anche loro sono divisi. Sono diventati non solamente diversi, orientali e occidentali, ma divisi, divisi nella fede. Non del tutto, diceva Papa Giovanni, perché è sempre più quello che ci unisce di quello che ci divide. E' vero, non del tutto divisi, ma divisi. Allora si deve cercare anche la riunificazione, l'unità dei cristiani, la comunione più matura di tutti quelli che confessano, che professano il nome di Gesù.

Ecco, volevo un po inquadrare il nostro incontro di oggi, questa visita, specialmente questo incontro e le prospettive possiamo dire teologiche, ecclesiologiche, ecumeniche che sono proprie alla vostra epoca.

E nello stesso tempo voglio ringraziare tutti i componenti di questo Consiglio pastorale parrocchiale per la loro collaborazione, per il loro contributo, per i diversi contributi. Appunto, ci vuole diversità per la comunione. Voglio ancora augurare a tutti buon anno, anno del Signore 1988, che sia propizio, che sia benedetto dalla Santissima Trinità.

[Ai giovani:] Ci troviamo nella parrocchia di san Gabriele Arcangelo, grande messaggero di Dio. così riusciamo a spiegare bene perché i giovani, che sentono il carisma di questa comunità parrocchiale, hanno voluto anche trasmettere un messaggio, trasmettere a se stessi e alla loro comunità, a tutti gli altri presenti e anche al Papa. Questo messaggio lo avete trasmesso con modi diversi, col racconto della vostra vita in questa parrocchia, con il canto in chiesa e anche qui in quest'aula parrocchiale. Avete cantato bene. Poi con questa rappresentazione avete cercato di esprimere voi stessi, voi giovani, perché la vostra età è l'età in cui si scoprono in se stessi i talenti, in cui si scoprono le forze, le energie del corpo e dello spirito nello stesso tempo. così l'uomo è costituito come unità, unità profonda del corpo e dello spirito. Questo vostro messaggio è stato molto creativo, e anche carico di suggestioni.

Vi ringrazio per questo messaggio, per tutto quello che voi mi avete affidato nel corso di tutta la mia visita nella vostra parrocchia.

Cosa voglio augurarvi? Ritorno al patrono della vostra parrocchia che è san Gabriele messaggero di Dio. Io vi auguro di ricevere lo stesso messaggio che lui ha portato. Lui era ii primo messaggero del Vangelo. Giovanni Battista era il precursore, ma Gabriele era il primo messaggero che ha portato la parola divina nella sua totalità. Tutto il Vangelo si trova in un certo modo nel mistero della Annunciazione. Vi auguro di ricevere il suo stesso messaggio, il Vangelo. Perché il momento della vostra vita, questo momento della gioventù, della giovinezza, è appunto il momento per ricevere un messaggio. O un messaggio divino, messaggio di salvezza, messaggio di amore, di speranza, o un messaggio contrario, di dissipazione, di divisione, di distruzione, di odio.

Non si riceve il messaggio per nasconderlo dentro se stessi, si riceve per diventare messaggeri, per cui oggi vi auguro di diventare messaggeri dello stesso messaggio di Gabriele, lo stesso messaggio di Gesù. Diventare messaggeri con tutti i modi che sono propri alla vostra età, che corrispondono al vostro genio giovanile, ai vostri talenti, alla vostra creatività, ai vostri desideri, forse anche attraverso i vostri dubbi, forse attraverso le vostre difficoltà, le vostre sofferenze.

E trasmetto questo messaggio e questo augurio a tutti i giovani che sono presenti qui: ai diversi gruppi, secondo i carismi dei diversi gruppi. Ci vuole la diversità dei carismi, così la Chiesa si costruisce all'inizio, dappertutto e in ogni parrocchia, in questa parrocchia.


Volevo con queste parole dare la risposta al vostro messaggio e voglio offrirvi ancora una benedizione per la vostra giovinezza, per i vostri desideri, per le vostre ricerche, anche per le vostre difficoltà di ordine diverso: di ordine intellettuale, di ordine affettivo, di ordine esistenziale, di ordine sociale. Che il Signore sia sempre con voi e che la sua forza sia sempre la vostra forza. Questo è il mio messaggio di augurio a tutti i giovani qui presenti e a tutti in questa parrocchia


Data: 1988-01-24 Data estesa: Domenica 24 Gennaio 1988




Ai membri del Tribunale della Rota Romana - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il "difensore del vincolo" è il necessario garante del rispetto della visione cristiana del matrimonio

Testo:


1. Le sono vivamente grato, monsignor Decano, per le nobili parole con cui ha interpretato i comuni sentimenti di augurio. A lei rivolgo il mio saluto cordiale, che estendo al Collegio dei prelati uditori del Tribunale della Rota Romana, agli officiali che ne fanno parte, ai componenti dello Studio Rotale e alla schiera di avvocati rotali, che vedo largamente rappresentata.

L'annuale incontro con voi costituisce per me una gradita occasione per sottolineare la importanza del vostro delicato servizio ecclesiale, e per esprimervi il mio apprezzamento e la mia gratitudine. Esso mi dà, inoltre, la possibilità di fare insieme con voi qualche riflessione circa l'attività giudiziaria nella Chiesa.


2. Nell'odierno incontro, riprendendo il discorso avviato l'anno scorso ("Allocutio ad Rotam Romanam habita", die 5 febr. 1987: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, X, 1 [1987] 270ss), intendo richiamare la vostra attenzione sul ruolo del difensore del vincolo nei processi di nullità matrimoniale per incapacità psichica.

Difensore del vincolo, come magistralmente notava Pio XII (Pii XII "Allocutio ad Sacram Romanam Rotam", die 2 oct. 1944: AAS 36 [1944] 281), è chiamato a collaborare per la ricerca della verità oggettiva circa la nullità o meno del matrimonio nei casi concreti. Ciò non significa che spetti a lui valutare gli argomenti pro o contro e pronunciarsi circa il merito della causa, ma che egli non deve costruire "una difesa artificiosa, senza curarsi se le sue affermazioni abbiano un serio fondamento oppure no" (Pii XII "Allocutio ad Sacram Romanam Rotam", die 2 oct. 1944: AAS 36 [1944] 281).

Il suo specifico ruolo nel collaborare alla scoperta della verità oggettiva consiste nell'obbligo "proponendi et exponendi omnia quae rationabiliter adduci possint adversus nullitatem" (CIC 1432).

Siccome il matrimonio, che riguarda il bene pubblico della Chiesa, "gaudet favore iuris" (CIC 1060), il ruolo del difensore del vincolo è insostituibile e di massima importanza. Di conseguenza la sua assenza nel processo di nullità del matrimonio rende nulli gli atti (CIC 1433).

Come già ebbi a ricordare, negli ultimi tempi "si notano a volte tendenze che purtroppo tendono a ridimensionare il suo ruolo" ("Allocutio ad Sacrae Romanae Rotae Tribunalis Praelatos Auditores, Officiales et Advocatos coram admissos", 9, die 28 ian. 1982: , V, 1 [1982] 248) fino a confonderlo con quello di altri partecipanti al processo, o a ridurlo a qualche insignificante adempimento formale, rendendo praticamente assente nella dialettica processuale l'intervento della persona qualificata che realmente indaga, propone e chiarisce tutto ciò che ragionevolmente si può addurre contro la nullità, con grave danno per la retta amministrazione della giustizia.

Mi sento, perciò, in dovere di ricordare che il difensore del vincolo "tenetur" (CIC 1432) e cioè ha l'obbligo - non la semplice facoltà - di svolgere con serietà il suo compito specifico.


3. La necessità di adempiere tale obbligo, assume una particolare rilevanza nelle cause matrimoniali, in sè molto difficili, che riguardano l'incapacità psichica dei contraenti. In esse, infatti, possono facilmente aversi confusione e fraintendimenti - che ebbi a sottolineare l'anno scorso - nel dialogo fra lo psichiatra o lo psicologo e il giudice ecclesiastico, col conseguente uso scorretto delle perizie psichiatriche e psicologiche. Ciò richiede che l'intervento del difensore del vincolo sia davvero qualificato e perspicace, così da contribuire efficacemente alla chiarezza dei fatti e dei significati, diventando anche, nelle cause concrete, una difesa della visione cristiana della natura umana e del matrimonio.

Voglio ora limitarmi a rilevare due elementi, ai quali il difensore del vincolo deve prestare una particolare attenzione nelle suddette cause, e cioè la corretta visione della normalità del contraente e le conclusioni canoniche da trarre in presenza di manifestazioni psicopatologiche per indicare alla fine i relativi compiti di colui che deve difendere il vincolo.

I 4. E' nota la difficoltà che nel campo delle scienze psicologiche e psichiatriche gli stessi esperti incontrano nel definire, in modo soddisfacente per tutti, il concetto di normalità.

In ogni caso, qualunque sia la definizione data dalle scienze psicologiche e psichiatriche, essa deve sempre essere verificata alla luce dei concetti dell'antropologia cristiana, che sono sottesi alla scienza canonica.

Nelle correnti psicologiche e psichiatriche oggi prevalenti, i tentativi di trovare una definizione accettabile di normalità fanno riferimento soltanto alla dimensione terrena e naturale della persona, quella cioè che è percepibile dalle medesime scienze umane come tali, senza prendere in considerazione il concetto integrale di persona, nella sua dimensione eterna e nella sua vocazione ai valori trascendenti di natura religiosa e morale. In tale visione ridotta della persona umana e della sua vocazione, si finisce facilmente per identificare la normalità, in relazione al matrimonio, con la capacità di ricevere e di offrire la possibilità di una piena realizzazione nel rapporto col coniuge.

Certamente, anche questa concezione della normalità basata sui valori naturali ha rilevanza per la capacità di tendere ai valori trascendenti, nel senso che nelle forme più gravi di psicopatologia viene compromessa anche la capacità del soggetto di tendere ai valori in genere.


5. L'antropologia cristiana, arricchita con l'apporto delle scoperte fatte anche di recente nel campo psicologico e psichiatrico, considera la persona umana in tutte le sue dimensioni: la terrena e l'eterna, la naturale e la trascendente.

Secondo tale visione integrale, l'uomo storicamente esistente appare interiormente ferito dal peccato ed insieme gratuitamente redento dal sacrificio di Cristo.

L'uomo dunque porta in sé il germe della vita eterna e la vocazione a far proprii i valori trascendenti; egli, pero, resta interiormente vulnerabile e drammaticamente esposto al rischio di fallire la propria vocazione, a causa di resistenze e difficoltà che egli incontra nel suo cammino esistenziale sia a livello conscio, ove è chiamata in causa la responsabilità morale, sia a livello subconscio, e cioè sia nella vita psichica ordinaria, che in quella segnata da lievi o moderate psicopatologie, che non influiscono sostanzialmente sulla libertà della persona di tendere agli ideali trascendenti, responsabilmente scelti.

In tal modo egli è diviso - come dice san Paolo - tra Spirito e carne, avendo "la carne desideri contrari allo Spirito e lo Spirito desideri contrari alla carne" (Ga 5,17), e nello stesso tempo è chiamato a vincere la carne e a "camminare secondo lo Spirito" (cfr. Ga 5,16 Ga 5,25). Anzi, egli è chiamato a crocifiggere la carne "con le sue passioni e i suoi desideri" (Ga 5,24), dando cioè a questa lotta inevitabile e alla sofferenza che essa comporta - quindi anche ai suddetti limiti della sua libertà effettiva - un significato redentore (cfr. Rm 8,17-18). In questa lotta "lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza" (Rm 8,26).

Quindi, mentre per lo psicologo o psichiatra ogni forma di psicopatologia può sembrare contraria alla normalità, per il canonista, che si ispira alla suddetta visione integrale della persona, il concetto di normalità, e cioè della normale condizione umana in questo mondo, comprende anche moderate forme di difficoltà psicologica, con la conseguente chiamata a camminare secondo lo Spirito anche fra le tribolazioni e a costo di rinunce e sacrifici. In assenza di una simile visione integrale dell'essere umano, sul piano teorico la normalità diviene facilmente un mito e, sul piano pratico, si finisce per negare alla maggioranza delle persone la possibilità di prestare un valido consenso.

II 6. Il secondo elemento sul quale intendo soffermarmi è connesso col primo e riguarda le conclusioni da trarre in sede canonica, quando le perizie psichiatriche riscontrano nei coniugi la presenza di qualche psicopatologia.

Tenendo presente che solo le forme più gravi di psicopatologia arrivano ad intaccare la libertà sostanziale della persona e che i concetti psicologici non sempre coincidono con quelli canonici, è di fondamentale importanza che, da una parte, la individuazione di tali forme più gravi e la loro differenziazione da quelle leggere sia compiuta attraverso un metodo scientificamente sicuro, e che, dall'altra, le categorie appartenenti alla scienza psichiatrica o psicologica non siano trasferite in modo automatico al campo del diritto canonico, senza i necessari adattamenti che tengano conto della specifica competenza di ciascuna scienza.


7. A tale proposito, inoltre, non deve essere dimenticato che difficoltà e divergenze esistono all'interno della stessa scienza psichiatrica e psicologica per quanto concerne la definizione di "psicopatologia". Certo, vi sono descrizioni e classificazioni che raccolgono un maggior numero di consensi, così da rendere possibile la comunicazione scientifica. Ma è proprio in relazione a queste classificazioni e descrizioni dei principali disturbi psichici che può nascere un grave pericolo nel dialogo tra perito e canonista.

Non è infrequente che le analisi psicologiche e psichiatriche condotte sui contraenti, anziché considerare "la natura e il grado dei processi psichici che riguardano il consenso matrimoniale e la capacità della persona ad assumere gli obblighi essenziali del matrimonio" ("Allocutio ad Rotam Romanam habita", 2, die 5 febr, 1987: , X,1 [1987] 271), si limitino a descrivere i comportamenti dei contraenti nelle diverse età della loro vita, cogliendone le manifestazioni abnormi, che vengono poi classificate secondo una etichetta diagnostica. Occorre dire con franchezza che tale operazione, in sé pregevole, è tuttavia insufficiente ad offrire quella risposta di chiarificazione che il giudice ecclesiastico attende dal perito. Egli deve perciò richiedere che questi compia un ulteriore sforzo, spingendo la sua analisi alla valutazione delle cause e dei processi dinamici sottostanti, senza fermarsi soltanto ai sintomi che ne scaturiscono. Solo tale analisi totale del soggetto, delle sue capacità psichiche, e della sua libertà di tendere ai valori autorealizzandosi in essi, è utilizzabile per essere tradotta, da parte del giudice, in categorie canoniche.


8. Si dovranno altresi prendere in considerazione tutte le ipotesi di spiegazione del fallimento del matrimonio, di cui si chiede la dichiarazione di nullità, e non solo quella derivante dalla psicopatologia. Se si fa solo un'analisi descrittiva dei diversi comportamenti, senza cercarne la spiegazione dinamica e senza impegnarsi in una valutazione globale degli elementi che completano la personalità del soggetto, l'analisi peritale risulta già determinata ad una sola conclusione: non è infatti difficile cogliere nei contraenti aspetti infantili e conflittuali che, in una simile impostazione diventano inevitabilmente la "prova" della loro anormalità, mentre forse si tratta di persone sostanzialmente normali, ma con difficoltà che potevano essere superate, se non vi fosse stato il rifiuto della lotta e del sacrificio.

L'errore è tanto più facile, se si considera che sovente le perizie si ispirano al presupposto secondo cui il passato di una persona non solo aiuta a spiegare il presente, ma inevitabilmente lo determina, così da toglierle ogni possibilità di libera scelta. Anche in questo caso, la conclusione è predeterminata, con conseguenze ben gravi, se si considera quanto sia facile trovare nell'infanzia e nell'adolescenza di ciascuno elementi traumatizzanti ed inibenti.


9. Un'altra possibile e non infrequente fonte di fraintendimenti nella valutazione delle manifestazioni psicopatologiche è costituita non dall'eccessivo aggravamento della patologia ma, al contrario, dalla indebita sopravvalutazione del concetto di capacità matrimoniale. Come annotavo lo scorso anno ("Allocutio ad Rotam Romanam habita", 6, die 5 febr. 1987: , X, 1 [1987] 273), l'equivoco può nascere dal fatto che il perito dichiara l'incapacità del contraente non in riferimento alla capacità minima, sufficiente per un valido consenso, bensi all'ideale di una piena maturità in ordine ad una vita coniugale felice.

III 10. Il difensore del vincolo, nelle cause riguardanti l'incapacità psichica, è chiamato quindi a fare costante riferimento ad una adeguata visione antropologica della normalità, per confrontare con essa i risultati delle perizie. Egli dovrà cogliere e segnalare al giudice eventuali errori, a tale proposito, nel passaggio dalle categorie psicologiche e psichiatriche a quelle canoniche.

Contribuirà così ad evitare che le tensioni e le difficoltà, inevitabilmente connesse con la scelta e la realizzazione degli ideali matrimoniali, siano confuse con i segni di una grave patologia; che la dimensione subconscia della vita psichica ordinaria venga interpretata come un condizionamento che toglie la libertà sostanziale della persona; che ogni forma di insoddisfazione o di disadattamento nel periodo della propria formazione umana sia intesa come fattore che distrugge necessariamente anche la capacità di scegliere e di realizzare l'oggetto del consenso matrimoniale.


11. Il difensore del vincolo deve inoltre badare che non vengano accettate come sufficienti a fondare una diagnosi, perizie scientificamente non sicure, oppure limitate alla sola ricerca dei segni abnormi, senza la dovuta analisi esistenziale del contraente nella sua dimensione integrale.

Così, ad esempio, se nella perizia non si fa alcun cenno alla responsabilità dei coniugi nè ai loro possibili errori di valutazione, o se non si considerano i mezzi a loro disposizione per rimediare a debolezze o errori, v'è da temere che un indirizzo riduttivo pervada la perizia, predeterminandone le conclusioni.

Ciò vale anche per il caso in cui il subconscio o il passato siano presentati come fattori che non solo influiscono sulla vita conscia della persona, ma la determinano, soffocando la facoltà di decidere liberamente.


12. Il difensore del vincolo, nell'adempimento del suo compito, deve adeguare la sua azione alle diverse fasi del processo. Spetta a lui innanzitutto, nell'interesse della verità oggettiva, curare che al perito si facciano le domande in modo chiaro e pertinente, che si rispetti la sua competenza e non si pretendano da lui delle risposte in materia canonica. Nella fase dibattimentale poi dovrà saper valutare rettamente le perizie in quanto sfavorevoli al vincolo e segnalare opportunamente al giudice i rischi della loro scorretta interpretazione, avvalendosi anche del diritto di replica che la legge gli consente (CIC 1603, § 3). Scorgendo infine, in caso di sentenza affermativa di primo grado, deficienze nelle prove sulle quali essa si basa o nella loro valutazione, non ometterà di interporre e giustificare l'appello.

Comunque, il difensore del vincolo dovrà rimanere all'interno della sua specifica competenza canonica, senza per nulla voler competere col perito o sostituirsi a lui nel merito della scienza psicologica e psichiatrica.

Tuttavia, in forza del CIC 1435, che richiede da lui "prudenza e zelo per la giustizia", deve saper riconoscere, sia nelle premesse sia nelle conclusioni peritali, gli elementi che occorre confrontare con la visione cristiana della natura umana e del matrimonio, vegliando che sia fatta salva la corretta metodologia del dialogo interdisciplinare con la dovuta osservanza dei rispettivi ruoli.


13. La particolare collaborazione del difensore del vincolo nella dinamica processuale fa di lui un operatore indispensabile per evitare fraintendimenti nel pronunciamento delle sentenze, specialmente là dove la cultura dominante risulta contrastante con la salvaguardia del vincolo matrimoniale assunto dai contraenti al momento delle nozze.

Quando la sua partecipazione al processo si esaurisse nella presentazione di osservazioni soltanto rituali, ci sarebbe fondato motivo per dedurne una inammissibile ignoranza e/o una grave negligenza che peserebbe sulla coscienza di lui, rendendolo responsabile, nei confronti della giustizia amministrata dai tribunali, giacché tale suo atteggiamento indebolirebbe la effettiva ricerca della verità, la quale deve essere sempre "fondamento, madre e legge della giustizia" ("Allocutio ad Tribunalis Sacrae Romanae Rotae Decanum, Praelatos Auditores, Officiales et Advocatos, novo Litibus iudicandis ineunte anno", 1, die 4 febr. 1980: Inesgnamenti di Giovanni Paolo II, III [1980] 310).


14. Mentre sono riconoscente per la sapiente e fedele opera dei difensori del vincolo di codesta Rota Romana e di molti altri Tribunali ecclesiastici, intendo incoraggiare la ripresa ed il rafforzamento di tale qualificato ruolo, che auguro sia sempre assolto con competenza, chiarezza, ed impegno specialmente perché ci troviamo di fronte a una crescente mentalità poco rispettosa della sacralità dei vincoli assunti.

A voi, e a tutti gli operatori della giustizia nella Chiesa, imparto la mia benedizione.


Data: 1988-01-25 Data estesa: Lunedi 25 Gennaio 1988





GPII 1988 Insegnamenti - Recita dell'"Angelus" - Città del Vaticano (Roma)