GPII 1988 Insegnamenti - Omelia della Messa a La Paz (Bolivia)

Omelia della Messa a La Paz (Bolivia)

Titolo: Difendendo la vita, voi difendete la dignità della persona, la vostra patria, le vostre ricchissime culture e tradizioni

Testo:

"Beato l'uomo che teme il Signore e cammina nelle sue vie" (Ps 128[127],1).


1. Desidero che la benedizione annunciata nel salmo della liturgia odierna arrivi a tutti voi che mi ascoltate! Dio onnipotente, nostro Padre e Creatore ci benedica tutti! Saluto in primo luogo con affetto fraterno monsignor Luis Sàinz, pastore di questa Chiesa locale. Saluto anche i miei amati fratelli Vescovi, i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i fedeli di questa capitale e dell'arcidiocesi di La Paz e tutto il Popolo di Dio che vive in Bolivia.

Saluto con predilezione particolare la famiglia "aymara", che incontro per la prima volta: "Munata jilanaca, jumanacaja. Chuymajantawa" (Cari fratelli e sorelle, voi siete nel mio cuore).

A tutti porgo il bacio della pace, quale Vescovo di Roma che giunge a voi dalla Sede dell'apostolo Pietro. A tutti auguro che possiate camminare lungo i sentieri del Signore, lasciandovi guidare dal timore di Dio che è "fondamento della sapienza" (Pr 9,10).


2. Desidero in maniera particolare rivolgermi a tutte le famiglie boliviane senza eccezione.

La liturgia odierna ci rende partecipi della vita della sacra Famiglia, nel focolare di Nazaret. Dio inaugura la pienezza dei tempi, nelle circostanze le più normali e correnti: in una famiglia, una casa, in un piccolo villaggio della Galilea. Quivi, con Giuseppe, mastro carpentiere, vive e lavora Gesù, il Figlio di Dio fatto uomo e nato dalla Vergine Maria. In questa famiglia, colui che sarebbe stato la salvezza del mondo, impara come qualsiasi bambino a destreggiarsi nella vita. Il Figlio di Dio vive a Nazaret fino al compimento del trentesimo anno, con la sua madre terrena ed insieme a colui che, su incarico del Padre celeste, assume su di sè la responsabilità di padre sulla terra.

L'evangelista riassume in una sola frase quegli anni di vita nascosta: "Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era sopra di lui" (Lc 2,40).

La sacra Famiglia, esempio e modello per ogni famiglia cristiana, rende manifesti gli ideali che, secondo gli eterni disegni di Dio, ogni famiglia deve seguire per cercare di diventare degna del nome con il quale è stata designata dalla Tradizione cristiana: Chiesa domestica.


3. Il salmo che abbiamo cantato ci illustra la vita familiare e matrimoniale in cui tutti e ciascuno - il padre, la madre ed i figli - trovano un posto adeguato.

Nella fedeltà alla vocazione personale all'interno della famiglia, trovano anche - con la benedizione divina - una vera felicità umana.

"Beato l'uomo che teme il Signore e cammina nelle sue vie" (Ps 128[127],1).

Beato lo sposo che, come san Giuseppe, manifesta il suo amore guadagnando il sostentamento per la casa con il lavoro delle sue mani. "Vivrai del lavoro delle tue mani, sarai felice e godrai d'ogni bene" ci dice il salmo (Ps 128[127],2).

La vostra sapienza ancestrale, cari fratelli aymara, ci insegna: "Jani lun thata": Non essere ladro. "Jani Qaira": Non essere debole. "Jani Kari": Non essere bugiardo.

Sono queste delle virtù che, applicate al vostro lavoro, devono essere manifestazione dell'amore a Dio ed al prossimo, esempio di fortezza per i vostri figli e che porteranno la felicità alle vostre famiglie.

Beata la sposa la cui maternità viene paragonata dal salmista alla "vite feconda" (Ps 128[127],3), donna e madre, cuore della famiglia, che rappresenta davvero "l'intimità della tua casa" (Ps 128[127],3) e intorno alla quale tutti si riuniscono attratti dal suo amore sollecito. La donna come Maria, con il suo amore ed il suo lavoro, nascosto e generoso, dà consistenza al focolare.

Beati i figli - nelle parole del salmo - che sin da bambini crescono nella famiglia "come virgulti di ulivo" (Ps 128[127],3). Non soltanto "intorno alla mensa comune" (Ps 127[128],3), ma soprattutto intorno ai genitori, che devono essere il miglior modello per "crescere in sapienza e grazia", come Gesù di Nazaret.

Beata infine, la società che rende possibile la crescita degna delle sue famiglie, che favorisce il sereno e fecondo sviluppo della vocazione di ciascuno all'interno della famiglia.


4. Dio è amore. così ci insegna la sacra Famiglia, poiché nessun'altra cosa può occupare il centro della vita familiare e di tutta la vita cristiana se non l'amore. Ma c'è di più, secondo il disegno divino, la famiglia è considerata come "l'intima comunità di vita e d'amore coniugale" (GS 48; cfr. FC 17) e ad essa compete "la missione di custodire, rivelare e comunicare l'amore, quale riflesso vivo e reale partecipazione dell'amore di Dio per la comunità e dell'amore di Cristo Signore per la Chiesa sua sposa" (FC 17).

Attraverso l'amore coniugale, l'uomo e la donna "non sono più due, ma una carne sola" (Mt 19,6 Gn 2,24), chiamati a crescere continuamente nella comunione attraverso la quotidiana fedeltà alla promessa matrimoniale di reciproca totale donazione (cfr. FC 19).

Dio Padre ha voluto, inoltre, confermare, unificare ed elevare a perfezione l'unione fra uomo e donna, trasformandola in sacramento grande, simbolo dell'unione fra Cristo e la Chiesa (cfr. Ep 5,32). In questo mistero, lo Spirito Santo dà agli sposi la grazia necessaria per sviluppare questa comunione di vita e per mantenerla indissolubilmente fino alla morte (cfr. FC 19-20). Per questo, seguendo l'insegnamento di Gesù Cristo, è necessario ricordare con fermezza la dottrina sull'indissolubilità del matrimonio, portando l'aiuto materno della Chiesa a "quanti, ai nostri giorni, ritengono difficile o addirittura impossibile legarsi ad una persona per tutta la vita ed a quanti sono travolti da una cultura che rifiuta l'indissolubilità matrimoniale e che deride apertamente l'impegno degli sposi alla fedeltà" (FC 20).

Miei cari fratelli boliviani, non lasciatevi sedurre dal facile rimedio del divorzio e non rifiutate la grazia del sacramento, optando per unioni contrarie al volere di Dio ed alla legge naturale, come il concubinato, in cui non può essere presente l'amore completo. Aiutate i vostri amici, parenti e conoscenti che si possano trovare ancora in queste condizioni, o in quella che voi chiamate "sirvinacui" perché comprendano il vero senso del matrimonio cristiano e giungano, con la grazia di Dio, alla ricchezza e pienezza del sacramento come vi è stato consigliato dai vostri Vescovi (cfr. Episc. Boliviae "Epistula Pastolaris "De falilia"", 109). Soltanto un matrimonio indissolubile può essere la base stabile e duratura di una comunità familiare, che porti a compimento la sua vocazione di centro di manifestazione e diffusione dell'amore. "La carità non avrà mai fine" (1Co 13,8), come ci dice san Paolo.


5. Il vero amore è fedele. Edificate, dunque, la vostra famiglia, il vostro focolare sulla fedeltà, sulla donazione senza riserve, dando vita in voi all'amore che "è paziente, è benigno; non è invidioso; non tiene conto del male ricevuto" (1Co 13,4-7), dividendo le cose buone, le gioie e le sofferenze.

L'amore è grande ed autentico non soltanto quando sembra semplice e gradevole, ma anche soprattutto quando viene confermato nelle piccole o grandi prove della vita. I sentimenti che animano le persone manifestano la loro essenza più profonda nei momenti più difficili. E' allora che maturano nei cuori la mutua donazione e l'affetto, perché il vero amore non pensa a se stesso, ma a come accrescere il vero bene della persona amata.

Le piccole divergenze, inevitabili in una convivenza così intensa, non devono indebolire la mutua unione; devono essere motivo per rinnovare una generosa donazione. Le vostre famiglie cristiane boliviane devono essere un'oasi di pace dove, al di là delle piccole contrarietà quotidiane si possa avvertire un amore profondo e sincero, una serenità profonda, frutto dell'affetto e di una fede autentica e vissuta.

Evitate inoltre l'orgoglio, l'amor proprio, che è il maggior nemico dell'armonia fra gli sposi. Non evitate gli obblighi familiari ponendo il cuore in altri obiettivi - come i problemi del lavoro, della società o della politica o peggio ancora cercando il rifugio nel bere o in altre abitudini degradanti per la persona, o in una liberazione femminile che non promuove la donna ma che la rende ancora più schiava.

La famiglia deve essere il vostro luogo di incontro con Dio. Ogni famiglia è chiamata dal Dio della pace a costruire giorno per giorno la sua felicità nella comunione. In questa città, che vive sotto la protezione della Regina della Pace, vi esorto ad accostarvi con frequenza al sacramento della riconciliazione, alla comunione con l'unico corpo di Cristo e a curare l'osservanza del precetto domenicale. Darete così un solido fondamento alla presenza dell'amore nelle vostre famiglie e la vostra pace in Cristo sarà fonte di felicità per tutta la famiglia (cfr. FC 21).


6. L'autentico amore di Dio nella comunione matrimoniale si manifesta necessariamente in un atteggiamento positivo di fronte alla vita e fruttifica nella procreazione, come ha insegnato Papa Paolo VI: "Qualsiasi atto matrimoniale deve rimanere aperto alla trasmissione della vita" (Pauli VI HV 11).

La contraccezione è una falsificazione dell'amore coniugale, che trasforma il dono della partecipazione all'azione creatrice di Dio in una mera convergenza di egoismi meschini (cfr. FC 30 FC 32).

Inoltre, difendere la vita vuol dire difendere la dignità delle persone.

Vuol dire difendere la vostra patria, le vostre risorse naturali e la vostra ricchissima cultura e le vostre tradizioni. Non permettete che altri, nel perseguire i propri interessi materiali, vi impongano soluzioni che pretendono di indurvi a bloccare le fonti della vita; non tollerate l'ingiustizia di coloro che subordinano la concessione dell'aiuto economico per lo sviluppo delle vostre comunità alla limitazione delle nascite (cfr. SRS 25).

La Chiesa, quale madre e maestra, sa che gli sposi possono attraversare situazioni difficili e, di conseguenza, desidera aiutarli a trovare i modi per risolverle secondo il disegno divino. Anche qui, il ricorso frequente alla preghiera e ai sacramenti sarà la solida base sulla quale edificare la cooperazione con la divina Provvidenza (cfr. FC 33).

E, come non ricordare in questo momento che se non si devono portare ostacoli alla vita, ancor meno si possono eliminare i bambini non ancora nati, come accade con l'aborto? Chi nega la difesa dell'essere umano più innocente e debole, ovvero della persona umana già concepita ma non ancora nata, commette una gravissima violazione dell'ordine morale e dei diritti umani, che nessuna persona o istituzione può giustificare (cfr. GS 51; "Allocutio Matrii christianis coniugibus habita", 2, die 2 nov. 1982: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, V, 3 [1982] 1075).

"Beato l'uomo che teme il Signore e cammina nelle sue vie" (Ps 128[127],1). Beati gli sposi che accolgono l'amore del Signore nell'amore reciproco, dando vita a nuovi essere creati ad immagine e somiglianza di Dio, che saranno la loro gioia ed il senso della loro vita.


7. Il Vangelo che abbiamo appena proclamato ci mostra in dettaglio una scena molto significativa della sacra Famiglia in occasione della Pasqua: Gesù, ragazzo di dodici anni, sale a Gerusalemme con i suoi genitori, e rimane nel tempio, e non viene più trovato per tre giorni, fino al momento del ritorno a Nazaret.

L'evangelista ci racconta come lo cercarono e come finalmente "lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai dottori, mentre li ascoltava e li interrogava" (Lc 2,46).

Gesù, preso per mano da Maria e Giuseppe, sale al tempio, come ci narra san Luca. Anche voi, come Gesù, Maria e Giuseppe, dovete andare alla casa del Signore. Nelle vostre chiese e parrocchie, siate assidui nella preghiera, nei sacramenti, nella catechesi portando i vostri figli sulle vie del bene attraverso la costante ed integra educazione alle verità della fede e delle virtù cristiane.

Il bambino nei primi anni di vita deve ricevere dai suoi genitori e dall'ambiente familiare la prima catechesi. Le brevi preghiere che i genitori gli insegnano sono l'inizio di un dialogo affettuoso con quel Dio nascosto la cui Parola cominceranno ad ascoltare più tardi, a scuola e nel tempio, dove vengono introdotti progressivamente e pedagogicamente alla vita di Dio e della sua Chiesa (cfr. CTR 36).

L'opera dell'amore di Dio nell'amore dei genitori e dei figli si manifesta come principio di edificazione della Chiesa. Un'anelata primavera di vocazioni sacerdotali e religiose che seguano Gesù più da vicino è strettamente connessa alla vita della famiglia. Laddove sia normale accogliere la vita come dono di Dio, laddove l'amore metta i bambini in contatto immediato con il Padre celeste, è facile che si ascolti la sua voce ed essa trovi un'accoglienza generosa per donarsi al servizio totale dei fratelli nella Chiesa.


8. Trovando Gesù nel tempio, l'evangelista Luca ci dice che sua Madre gli chiese: "Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre ed io, angosciati, ti cercavamo. Ed egli rispose: "perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?"" (Lc 2,49). Quanto ci fa meditare la risposta di Gesù alla Madre! A dodici anni già mostra che è venuto a compiere la divina volontà. Maria e Giuseppe lo avevano cercato angosciati ed in quel momento non compresero la risposta che Gesù diede loro (cfr. Lc 2,48 Lc 2,50).

Quale profondo dolore nel cuore dei genitori! Quante madri conoscono un simile dolore! Talvolta perché non si comprende come un figlio giovane possa seguire la chiamata di Dio al servizio degli altri; una chiamata che i genitori stessi, con la loro generosità e spirito di sacrificio, hanno sicuramente contribuito a suscitare. Quel dolore, offerto a Dio attraverso Maria, sarà più tardi fonte di una gioia immensa per voi e per i vostri figli.

Ma Maria custodiva tutte queste cose nel suo cuore, conclude l'evangelista (cfr. Lc 2,50-51). Come ci insegna l'ultimo Concilio, Maria, guidata dalla luce interiore dello Spirito Santo, sin dal momento della annunciazione, seguiva il suo Figlio divino nel "pellegrinaggio della fede" e su questa strada si mantenne fino alla croce sul Golgota (cfr. LG 58-61).

Maria sempre, e in modo particolare in quest'anno mariano, accompagnerà le famiglie boliviane e tutta la grande famiglia della Chiesa di questo Paese quale sostegno nascosto e silenzioso, stabile nelle avversità e fonte della sua gioia.

Anche la sposa boliviana, strettamente unita a Maria santissima, deve essere il fondamento, la colonna e la consolazione degli sposi e dei figli di questa terra, quali che siano le difficoltà da superare, per poter camminare tutti sui sentieri del Signore, con la certezza della sua guida materna.

Quando ieri, sorvolando i ghiacciai andini, mi avvicinavo a questa amata città, ho potuto ammirare, dietro l'immenso altopiano, lo splendido lago azzurro, il Titicaca, sulle cui rive, a Copacabana, si venera la santissima Vergine, Madre di Dio e madre nostra, che ha voluto rimanere vicina ai suoi figli per condividerne le gioie e i dolori.

Maria è frutto di questo amore meraviglioso di Dio per gli uomini.

L'amore è a sua volta il maggior dono di Dio e la più grande virtù dell'uomo.

Attraverso l'amore si costruiscono la famiglia e la comunità e solo l'amore rimarrà per sempre nella nostra eterna unione con Dio.

Pertanto, cosa posso augurarvi più ardentemente, carissimi figli e figlie di questa terra boliviana, se non quell'amore di cui ci parla san Paolo nella sua lettera ai Corinzi? Cosa di meglio posso augurare a voi mariti, madri, figli; a te, famiglia boliviana? Non esiste un dono più grande del vero amore; e non esiste per la persona e la comunità un bene più grande all'infuori dell'amore.

"Beato l'uomo che teme il Signore e cammina nelle sue vie" (Ps 128[127],1).

Camminate sulle vie del Signore! Le vie del Signore sono amore.

E l'amore è la cosa più grande (cfr. 1Co 13,13).


Data: 1988-05-10 Data estesa: Martedi 10 Maggio 1988




Atto di affidamento alla Madonna al termine della santa Messa - La Paz (Bolivia)

Titolo: "Santissima Madre di Copacabana, imploro per le famiglie boliviane la tua materna protezione"

Testo:

Santissima Madre di Copacabana, / al termine di questa celebrazione liturgica / in cui abbiamo pregato insieme / per le famiglie boliviane, / imploro su di esse la tua materna protezione. / Tu, che dal tuo Santuario nazionale / accompagni con sguardo benevolo il cammino di questo popolo, / incoraggia con la tua potente intercessione / le famiglie della Bolivia, / che oggi affido alla tua cura. / Proteggi ed ispira / le madri di famiglia di questa nobile terra, / che con ammirevole dedizione curano / e danno stabilità ai loro focolari, / che guidano i loro figli sulla strada del bene / e cercano la propria dignità in quello che è cristiano ed umano. / Illumina anche i genitori / perché sappiano essere sempre, nella vita familiare e sociale, / esempi di rettitudine, / educatori responsabili dei propri figli, / modello di rispetto dei valori religiosi e morali, / che rendono stabile e sana la famiglia. / Abbi cura specialmente dei figli perché, ad imitazione di Gesù, / crescano in età, in sapienza e in grazia, / ricevendo e diffondendo nella propria famiglia / l'amore ed il rispetto fra tutti. / Forma il loro giovane cuore / affinché, con comprensione e generosità, / irrobustiscano l'unione familiare, / vivano in obbedienza ai principi cristiani / e siano in tal modo sostegno dei genitori e speranza della società boliviana. / Veglia, Madre, con particolare dolcezza / sulle famiglie contadine, che soffrono l'affronto della povertà, / sulle case dei minatori, / sui profughi, su coloro che non hanno nè pane nè lavoro, / i più poveri e abbandonati, / perché sperimentino il tuo conforto / e la solidarietà degli altri. / Insegna, infine, / a tutti i tuoi figli boliviani, / senza distinzioni di origini etniche o di estrazione sociale, / la fedeltà alla fede cristiana, / il coraggio nelle avversità, / la convivenza nell'identica dignità / di figli e fratelli, / l'impegno per migliorare la patria comune, / il dovere verso l'onestà e la giustizia, / la speranza in un mondo nuovo / in cui regnino veramente l'amore e la pace.


Data: 1988-05-10 Data estesa: Martedi 10 Maggio 1988




Alle religiose della Bolivia - La Paz (Bolivia)

Titolo: L'evangelizzazione deve risvegliare in ogni persona fame di giustizia e speranza di integrale liberazione

Testo:

Care religiose della Bolivia.


1. Sono veramente felice di essere qui a La Paz, bellissima città dell'Illimani, con un fascino e un panorama straordinari, dove sono venuto per incontrarmi con tanti figli e figlie di questa amata terra, e in questa occasione, con le religiose della Bolivia, sia contemplative che di vita attiva.

Vi saluto affettuosamente e vi ringrazio per essere qui. Molte di voi sono venute da luoghi lontani, sicuramente non senza sacrificio da parte vostra come anche da parte delle sorelle che sono rimaste a supplire alla vostra assenza.

A tutte voglio esprimere il mio più vivo ringraziamento per l'opera generosa che state portando avanti, spesso fra grandi difficoltà, soprattutto a favore dei più poveri ed emarginati: nella catechesi, nell'azione pastorale diretta, nell'assistenza sanitaria, nella promozione umana, nell'educazione e nelle vocazioni; risalta la vostra presenza attiva negli ospedali, negli asili per bambini e per anziani, nei centri di preghiera e di celebrazione liturgica.

Dopo aver ascoltato la lettura del Vangelo, in cui Maria, la piena di grazia, canta le lodi di Dio, vi invito a meditare con me sulla Parola del Signore con lo stesso atteggiamento della Vergine, ovvero disposti ad ascoltare con fedeltà e a rispondere con generosità.

Per essere luce che illumini con la forza del Vangelo quanti ci circondano, dobbiamo meditare spesso sulla Parola di Dio nei momenti forti di preghiera, grazie ai quali le persone consacrate assumono una forza maggiore per donarsi. Effettivamente, tale capacità di donarsi nasce dalla Parola divina e dalla forza dello Spirito Santo.


2. L'umile atteggiamento di ascolto, di preghiera e di donazione della Vergine del "Magnificat", conserverà sempre la sua qualità di esempio e di modello per tutta la vita consacrata. L'associazione di Maria a Cristo redentore, riconfermata perpetuamente dalla sua fedeltà alla Parola divina, costituisce il segreto della sua esistenza quale immagine della Chiesa: "Credere vuol dire "abbandonarsi" nella verità stessa della Parola del Dio vivente, sapendo e riconoscendo umilmente "quanto sono imperscrutabili i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie!"" (Rm 11,33). "Maria, che per eterna volontà dell'Altissimo si è trovata, si può dire, al centro stesso di quelle inaccessibili vie e di quegli imperscrutabili giudizi di Dio, si conforma a essi nella penombra della fede, accettando pienamente e con cuore aperto tutto ciò che è disposto nel disegno divino" (RMA 14). Non sono anche questi i disegni che Dio stesso proietta su di voi, care religiose? Se volete realmente essere d'aiuto ai fratelli, soprattutto ai più bisognosi, dovete modellare ogni giorno le vostre vite come una donazione personale a Cristo, che continua ad immolarsi nell'Eucaristia, associandovi al tempo stesso alla sua opera redentrice. Nella meditazione della Parola e nella celebrazione eucaristica è sempre Gesù "il pane della vita", che viene a noi per renderci simili a lui (Jn 6,35 Jn 6,48). Il vostro "si" alla parola di Dio e la vostra associazione a Cristo nel disegno della redenzione segue le orme di Maria, che "si è offerta totalmente come la serva del Signore alla persona e all'opera del Figlio suo" (LG 56).


3. Desidero felicitarmi con voi per la vostra fedeltà e comunione con la Chiesa, con il Papa e con i Vescovi, che sono, secondo l'espressione del Concilio Vaticano II, il "principio visibile e il fondamento dell'unità nelle loro Chiese particolari, formate ad immagine della Chiesa universale" (LG 23).

La vostra responsabile collaborazione con loro, con i sacerdoti e i laici nei compiti dell'evangelizzazione accrescono nella vita religiosa il senso di partecipazione alla natura sacramentale della Chiesa quale mistero, comunione e missione.

La persona consacrata rappresenta degnamente la Chiesa nella sua condizione di vergine, che aspetta con la lampada accesa l'arrivo dello sposo.

Mantenere durante tutta la vita questo atteggiamento come chi custodisce un grande tesoro, è una testimonianza particolare per la Chiesa e "un mezzo privilegiato per una evangelizzazione efficace" (Pauli VI EN 69). Infatti, la professione religiosa vi ha consacrati al servizio dei fratelli, nella sua concretezza e nella prospettiva della speranza escatologica, cioè con lo sguardo rivolto verso l'avvento finale del Signore (cfr. Mt 25,6 Ap 3,20). La capacità di inserirvi nelle più diverse situazioni umane dipenderà anche dal vostro modo di vivere questa speranza cristiana.


4. Questo atteggiamento di incondizionato e responsabile servizio alla Chiesa vi aiuterà a scoprire ed annunciare il posto e la dignità peculiari che corrispondono alla donna nel mondo attuale. "Alla luce di Maria la Chiesa legge sul volto della donna i riflessi di una bellezza, che è specchio dei più alti sentimenti di cui è capace il cuore umano: la totalità oblativa dell'amore; la forza che sa resistere ai più grandi dolori; la fedeltà illimitata e l'operosità infaticabile; la capacità di coniugare l'intuizione penetrante con la parola di sostegno e di incoraggiamento" (RMA 46).

Consacrate dunque a Dio, per mezzo di Cristo sposo, nella carità dello Spirito Santo, dovete fare in modo che le vostre vite brillino quale luce e trasparenza del modo d'amare e servire Gesù. Si. Nel seguire Gesù sta l'essenza e, per così dire, il coronamento della vita religiosa: "... Va, vendi quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi" (Mc 10,21). La vostra presenza profetica di persone consacrate nel mondo, in accordo con il carisma del proprio istituto, sarà sempre un segno permanente e pieno di speranza di questa sequela evangelica, con la particolarità di essere luce e sale, segno e stimolo che distinguono lo spirito del discorso della montagna.


5. Un'altra testimonianza che dovete rendere al Popolo di Dio è quella della vita comunitaria, quale segno efficace di evangelizzazione (cfr. Jn 17,23). E' questo un elemento indispensabile nella vita religiosa, una caratteristica che è stata vissuta, sin dalle origini, da tutte le istituzioni religiose. I vincoli spirituali non si possono creare, sviluppare e tramandare se non attraverso quotidiani e prolungati rapporti nella vita di fratellanza.

D'altra parte, la vita comunitaria è anche un aiuto efficace nel perseverare nella sequela evangelica.

I compiti propri della vita comunitaria, conformi alla carità evangelica, hanno come punto di convergenza il rapporto personale con Cristo e, di conseguenza, con il mistero della Chiesa, che è mistero di comunione e partecipazione. Concentrate, dunque, ogni vostro sforzo nel coltivare questa vita comunitaria per rafforzarla e renderla sempre più amabile, in maniera tale che si trasformi in molla preziosa di aiuto reciproco e in via impareggiabile di realizzazione personale. Questo esige che tutti i membri si sentano corroborati nello stesso proposito di essere testimoni di amore evangelico, come accadeva nelle prime comunità ecclesiali: "La moltitudine di coloro che eran venuti alla fede aveva un cuore solo e un'anima sola e nessuno diceva sua proprietà quello che gli apparteneva, ma ogni cosa era fra loro comune" (Ac 4,32). Anzi l'unità dei fratelli "manifesta la venuta di Cristo (cfr. Jn 13,35), e da essa promana una grande energia per l'apostolato" (PC 15).


6. Come in altri luoghi dell'America Latina, anche qui i poveri soffrono ogni sorta di privazioni. Troppo frequentemente manca loro l'indispensabile per vivere come persone umane e come figli di Dio. Vi sono contadini, minatori e tanti altri lavoratori ed abitanti delle estreme periferie della città che non guadagnano neppure quanto occorre per dare da mangiare ai figli. Vi sono anche nuovi poveri e nuovi emarginati, frutto di una società materialistica che genera nel cuore della famiglia e nel cuore dei lavoratori e dei giovani, quale obiettivo principale, lo sfrenato desiderio di agi, guadagni e potere, che sono il germe di ogni violenza ed oppressione (cfr. SRS 37).

Tutte voi, ciascuna secondo la peculiarità del proprio carisma, dovete essere al servizio dei poveri, nei quali Gesù è presente in maniera speciale e preferenziale. Cristo vi attende nei diversi settori in cui bisogna diffondere la carità a piene mani. La vostra fedeltà alla parola divina, il vostro quotidiano vivere il mistero redentore presente nell'Eucaristia e la vostra sequela evangelica di Cristo, vi porteranno a scoprire nuovi campi di evangelizzazione ed al tempo stesso vi renderanno disponibili a dedicare tutta la vostra vita a questi servizi di carità e missione.


7. Una delle conseguenze della povertà in Bolivia è generalmente la carenza d'istruzione, ma in modo particolare nelle aree rurali, nelle periferie e nei settori emarginati, dove le condizioni di vita sono più precarie. So che molte di voi lavorano direttamente al servizio dei più poveri, attraverso il movimento "Fede e gioia", mentre altre sono impegnate in altri servizi della pastorale e dell'educazione. Un settore speciale della vostra opera a favore di questi ambienti bisognosi è il lavoro con le persone responsabili come gli educatori, gli animatori delle comunita, i catechisti, ecc. Bisogna incoraggiare in ogni momento questi collaboratori e collaboratrici a lavorare instancabilmente con spirito e generosità evangelici. Ogni evangelizzatore, sia egli laico, sacerdote o persona consacrata, deve avvicinarsi ai poveri con cuore "mansueto ed umile" che cerca la luce nel Vangelo e con una vita povera che non mira al proprio interesse nè a imporre i suoi criteri personali.

Non dovete dimenticare che la testimonianza delle vostre vite è molto importante all'interno di una società assediata dalla tentazione di capovolgere i valori e di cercare soprattutto la sicurezza ed il benessere personale: avere e possedere di più. Voi religiose dovete testimoniare i valori evangelici che salvano l'uomo nella sua completa integrità.

La testimonianza della vostra vita, come sequela di Cristo casto, povero ed obbediente, fa risaltare la falsa sicurezza dei beni di questo mondo, quando vengono anteposti al vero bene della persona e della comunità.

Alla luce di Cristo che è cammino, verità e vita, appare chiaro che l'uomo "non può ritrovarsi pienamente se non attraverso un dono sincero di sè" (GS 24). Nel contesto della dottrina evangelica che voi testimoniate, si capisce perché "l'uomo vale più per quello che è che per quello che ha" (GS 35). Per questo la vera ricchezza non consiste nell'avere qualcosa e nemmeno nel dare qualcosa, ma nella capacita di donare se stessi e, pertanto, di essere capaci di condividere la vita con i fratelli che soffrono e che cercano la verità. La vostra verginità, povertà ed obbedienza, sono un segno del modo d'amare proprio di Gesù: vivere in modo solidale il destino dei fratelli, donare se stessi, non appartenere a se stessi, seguire sempre i disegni universali di salvezza del Padre. Con la vostra vita siete "come un segno e uno stimolo della carità e come una speciale sorgente di spirituale fecondità nel mondo" (LG 42).

La vostra vita sarà evangelizzatrice, se il vivere in modo trasparente la vostra consacrazione e la capacità di un rapporto personale con Cristo nel seguirlo si tradurranndo in opere nell'ambito della missione: che i poveri sentano la solidarietà fraterna di chi si dona; che i soli e gli abbandonati trovino una nuova presenza; che coloro che non hanno voce scoprano che vi è qualcuno che li ascolta di cuore; in una parola, che tutti trovino in voi un segno personale della presenza e dell'amore di Cristo che "passo beneficiando" (Ac 10,38).


8. Il vivere i consigli evangelici è direttamente collegato al Regno ed è segno escatologico del suo inizio già nella Chiesa e attraverso la Chiesa, sapendo che la sua pienezza sarà raggiunta nell'aldilà. Voi siete testimoni qualificati del Regno, nel suo presente e nel suo futuro. "La Chiesa perciò fornita del dono del suo fondatore e osservando fedelmente i suoi precetti di carità, di umiltà e di abnegazione, riceve la missione di annunziare e instaurare in tutte le genti il Regno di Cristo e di Dio, e di questo Regno costituisce in terra il germe e l'inizio. Intanto, mentre va lentamente crescendo, anela al Regno perfetto e con tutte le sue forze spera e brama di unirsi col suo re nella gloria" (LG 5).

L'evangelizzazione non può prescindere ma deve tener conto della situazione reale, che deve illuminare con il messaggio evangelico, affinché si risveglino nel cuore di ogni persona la fame e la sete di vera giustizia e la speranza di un'integrale liberazione dell'uomo.

Ogni istituzione religiosa deve essere aperta alla collaborazione con gli altri, per condividere i beni ricevuti, per rafforzare i servizi e per operare armonicamente nella pastorale d'insieme e nella vita della Chiesa locale. La formazione e il consolidamento del proprio carisma, che si ricevono principalmente nell'istituto di formazione, non devono impedire la prudente partecipazione alla formazione intercongregazionale, quando questa sia stata stabilita dai superiori religiosi e gerarchici.


9. Le vostre vite ed attività costituiscono una parte molto importante della realtà ecclesiale. La Chiesa ha bisogno che voi siate al servizio della sua opera evangelizzatrice, come persone che fanno parte responsabilmente del suo mistero e della sua missione. E affinché i vostri compiti e iniziative possano costantemente proiettarsi nel tempo, è necessario che anche molte giovani ascoltino la chiamata del Signore e si impegnino a seguirlo con una totale consacrazione a lui. La testimonianza della vostra vita consacrata e l'esempio del servizio ai fratelli, compiuto con la gioia del discepolo che ama il Signore, sarà molto importante nella promozione delle vocazioni.

In Bolivia, circa il sessanta per cento delle religiose sono di altri Paesi e soltanto un quaranta per cento sono boliviane. Naturalmente ogni vocazione fa sempre parte della stessa famiglia ecclesiale, in cui non vi sono estranei; ma è molto importante che sia intensificata la promozione delle vocazioni native, affinché l'evangelizzazione possa giungere in maniera più efficace al cuore di ciascuna delle culture, tanto varie e ricche in questo amato Paese. La vocazione è un dono di Dio. Ed è tutta la comunità ecclesiale che deve trasformarsi in comunità di preghiera perché germoglino le vocazioni.

L'opera della pastorale delle vocazioni deve essere armonica, senza particolarismi, aiutando le giovani ad aprire generosamente il cuore alla chiamata del Signore.


10. Vi invito, pertanto, alla pratica della fervida e perseverante preghiera, come espressione del vostro amore e della vostra sequela di Cristo.

Seguire Cristo è qualcosa di esistenziale. Gli impegni assunti per mettere in pratica i consigli evangelici, sono il modo più chiaro di esprimere questa sequela, l'imitazione, l'unione, la relazione e l'identificazione o trasformazione in Cristo. Si deve seguire Cristo e prolungarlo nel tempo tale quale fu: casto, obbediente, povero, umile, sacrificato, totalmente conformato al disegno del Padre per la salvezza degli uomini. Questa realtà di vita consacrata, quale continuazione di Cristo nella storia, supera la comprensione e va al di là delle forze umane; si può realizzare soltanto grazie a momenti forti di preghiera e di silenziosa e fervida contemplazione. Le religiose di vita attiva devono essere contemplative partendo da questi forti momenti per essere anche contemplative nell'azione.


11. Nella Chiesa, sin dai primi tempi, esiste la vita consacrata nella sua forma di vita contemplativa e claustrale. Le suore di clausura furono le prime ad arrivare in Bolivia e ad esse rivolgo adesso il mio affettuoso saluto e la mia esortazione alla sequela radicale, alle nozze con Cristo, alla preghiera e alla profonda sintonia con la missione della Chiesa. "Esse conservano sempre un posto eminente nel Corpo mistico di Cristo... cui danno incremento con una misteriosa fecondità apostolica" (PC 15). Il loro stile di vita è stato e sarà sempre apprezzato dalla Chiesa perché è uno stimolo per la dimensione contemplativa ed escatologica di tutto il Popolo di Dio. Voi, sorelle contemplative, siete entrate in un "dinamismo il cui impulso è l'amore" (Pauli VI "Evangelica Testificatio", 8), che vi fa comprendere più profondamente le necessità di tutti gli uomini. Voi siete "l'amore nel cuore della Chiesa", come voleva essere santa Teresa di Lisieux, patrona delle missioni, perché, vivendo nel cuore di Dio, vivete più da vicino di ogni altro "le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi" (GS 1). Dalla vostra fedeltà generosa e gioiosa alla vita contemplativa e conventuale dipende in larga misura l'abbondanza e la qualità delle altre vocazioni alla vita consacrata e sacerdotale.


12. L'anno mariano, care sorelle tutte, deve essere il punto di partenza di un ottimistico cammino verso il terzo millennio, quando la Chiesa sente la necessità e l'impellente bisogno di essere chiaro segno delle beatitudini. Vi manifesto il mio desiderio che, con lo sguardo rivolto a Maria - la donna consacrata per eccellenza, come immagine delle nozze con Cristo - approfondiate durante questi anni la dottrina conciliare e postconciliare sulla vita consacrata, così che essa si trasformi in una vera "spiritualità mariana" che è la spiritualità del "si" totale e sponsale alla chiamata del Signore.

Il "si" di Maria, pronunciato il giorno dell'incarnazione e mantenuto durante tutta la sua vita, deve essere per tutte le religiose e le persone consacrate uno stimolo ed un aiuto nella donazione totale al Signore. Quel "si" di Maria lo facciamo nostro tutti i giorni, soprattutto quando pronunciamo l'"amen" al termine della preghiera eucaristica.

Che Maria vi accompagni nel vostro "cammino di fede", con la sua "presenza materna" (RMA 24), nella vostra vita contemplativa, liturgica e comunitaria, nel vostro apostolato ed in tutte le opere di misericordia che realizzate con tanta generosità e slancio. Portate il mio saluto affettuoso a tutte le sorelle che non hanno potuto partecipare a questo incontro, ma che sono molto unite a noi spiritualmente. A loro e a tutte le religiose e le persone consacrate della Bolivia, va la mia benedizione apostolica.


Data: 1988-05-10 Data estesa: Martedi 10 Maggio 1988





GPII 1988 Insegnamenti - Omelia della Messa a La Paz (Bolivia)