GPII 1988 Insegnamenti - Visita pastorale del Vescovo di Roma - Roma

Visita pastorale del Vescovo di Roma - Roma

Titolo: Parrocchia di san Pier Damiani

Testo:

[Il primo saluto alla comunità parrochiale] Sia lodato Gesù Cristo Saluto tutti i presenti. Saluto tutti i membri di questa comunità parrocchiale alla quale mi è dato oggi di rendere visita Vi saluto come comunità umana, romana, cittadina e nello stesso tempo come comunità cristiana che vive il proprio Battesimo. Ringrazio il vostro parroco per le sue parole, parole piene di commozione. Si sentiva in quelle parole un po' la presenza di tutta la comunità, le sue ansie, le sue sofferenze, le sue speranze.

Io vengo per condividere, almeno per un momento, questa realtà umana e cristiana, questa realtà delle vostre speranze, delle vostre ansie, delle vostre sofferenze. Lo dico subito, all'inizio del nostro incontro. Una visita, certamente, ha bisogno di due componenti. C'è uno che visita e c'è un altro che viene visitato. In questo caso è il Papa che visita e la parrocchia è visitata.

Ma, nello stesso tempo, è anche il Papa che è visitato dalla parrocchia perché tutto ciò che voi siete, come parte della Chiesa di Roma, incide profondamente nel mio animo, nell'animo del Vescovo di Roma che porta con voi la vostra vocazione umana e cristiana.

Sono venuto per pregare con voi, perché questa visita è per noi tutti, per voi e per me, una circostanza propizia per ricevere un altro visitatore: Gesù Cristo. Egli ha detto: dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro. Allora, quando siamo riuniti non solo in due o in tre, ma in molti egli è certamente tra noi. Allora, vi invito tutti a unirvi a Gesù Cristo, redentore del mondo, che vuole portare con noi le nostre croci e, attraverso queste croci riunite nella sua croce, vuole portarci la sua redenzione, la sua salvezza. Questa è la nostra fede. E la nostra fede è la nostra forza.

Vi auguro di essere forti nella fede. Ci sono tante debolezze umane dentro di noi e tante che si esprimono nelle strutture esterne, sociali, economiche, ma la fede rimane sempre la nostra forza. Vi auguro questa forza della fede che ci porta Gesù Cristo, specialmente in questo periodo quaresimale nel quale tutta la Chiesa vive profondamente il mistero pasquale, il mistero della croce, della redenzione. Auguro questa forza a ciascuno e a tutti. E come segno voglio offrirvi, all'inizio della visita, una benedizione insieme con il Cardinale vicario e con monsignor Riva, Vescovo del settore.

[Un accorato invito ai bambini ed ai ragazzi] Sia lodato Gesù Cristo.

Saluto cordialmente tutti i presenti, i genitori, gli insegnanti, le suore, i sacerdoti e soprattutto saluto i giovani, i ragazzi, i "lupetti", le "coccinelle", i neonati, tutti i presenti. E per me una grande gioia incontrare questa Chiesa giovane, la più giovane della vostra parrocchia. Ringrazio poi i vostri due compagni che hanno parlato esprimendo auguri al Papa, al Cardinale vicario, a monsignor Riva, al vostro parroco. Vedo che avete buoni sentimenti per tutti noi. E noi vogliamo rispondere sempre con gli stessi sentimenti ai nostri carissimi fratelli e sorelle, specialmente ai più giovani che entrano nella vita della Chiesa portando con loro una grande speranza.

Quando sono arrivato nella parrocchia, la prima sosta è stata davanti alla croce dove la vostra parrocchia è nata. Davanti a quella croce, dove ho adorato la passione di nostro Signore Gesù Cristo, ho incontrato molte persone. E una mamma mi ha detto: "Preghi, preghi molto per i giovani, perché non si lascino distruggere dalla droga". Sono rimasto molto commosso da quelle parole. Parole che venivano dal cuore di una madre, ma forse dal cuore di tante altre madri. Vorrei dire soprattutto questo a voi giovani, a voi ragazzi, ragazze, piccoli: fate tutto il possibile per non diventare vittime delle debolezze umane. Fate tutto il possibile per non farvi vincere dalle debolezze, dalla droga, dalla violenza, dalle altre debolezze umane che sono come un veleno, che avvelenano l'uomo fin dalla sua più giovane età. Vi auguro che la Parola di Cristo, la sua Parola santa e forte sia nella vostra vita sempre più forte di ogni altra parola di qualsiasi propaganda umana che cerca di portarvi fuori strada.

Guardo con tanto amore questi piccoli, questi ragazzi e queste ragazze, tanto belli, tanto promettenti. E vorrei che si potesse vedere per tutta la vita questa bellezza della vostra umanità. Cercate sempre la forza in Gesù Cristo. La Chiesa vi mostra la strada con la sua parola, con la sua catechesi, con i suoi sacramenti. Vi mostra la strada per diventare un uomo pienamente umano - cristiano vuol dire pienamente umano -, per non lasciare distruggere la propria umanità, la propria dignità umana. Anzi, indica la strada per diventare, per crescere come figli di Dio. Siete belli come ragazzi, come ragazze, come piccoli, come giovani, ma c'è una bellezza superiore che Cristo ha offerto ai nostri spiriti facendo con la sua grazia i figli di Dio. Portate questa bellezza in voi. La possedete.

Conservatela e fatela crescere.

Questi sono i miei auguri. Li esprimo davanti alla parrocchia più giovane, davanti al vostro parroco che tanto si sforza per portare la Parola di Cristo e la sua salvezza a tutti i suoi fratelli e sorelle, cominciando dai più piccoli.

Vi offro una benedizione. E che sia benedetta questa parrocchia nei suoi bambini, nei suoi giovani e nelle sue famiglie.


[L'omelia durante la celebrazione della santa Messa]


1. "Dio ha tanto amato il mondo" (Jn 3,16).

La Chiesa imbandisce dinanzi a noi la mensa della Parola di Dio. Lo fa ogni giorno. Ma le domeniche di Quaresima hanno un significato particolare, così come lo ha tutto questo periodo, che ci introduce nel cuore stesso del mistero pasquale.

Si potrebbe dire che la liturgia della Parola è una polifonia "sui generis", in cui si sviluppano diversi motivi. Ogni lettura costituisce, in un certo senso un motivo a parte in questa polifonia liturgica della Parola di Dio.

Ed anche se questi motivi apparentemente si differenziano, infatti, da libri tra di loro lontani nel tempo, tuttavia essi tutti si incontrano attorno ad un fatto che costituisce come la tonalità dominante dell'intera polifonia. In questa maestosa composizione che è la liturgia, la Chiesa, come un grande artista, desidera parlare a noi in modo particolare. Desidera che la grande verità della rivelazione divina venga innestata e rinvigorita in modo particolare nella nostra coscienza.

La verità, che costituisce propriamente il motivo centrale di guida della liturgia odierna, è racchiusa in queste parole: "Dio ha amato il mondo".


2. "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito: chi crede in lui ha la vita eterna" (cfr. Jn 3,16).

La liturgia ripete questa frase nel cantico al Vangelo, e l'intera assemblea risponde: "Gloria e lode a te, o Cristo!"; oppure: "Gloria e lode a te, o re dei secoli!".

Le parole citate sono state scritte nel quarto Vangelo. Secondo san Giovanni, Gesù le ha pronunciate nel corso del colloquio notturno con Nicodemo. In tali parole il Figlio rende testimonianza al Padre, così che esse costituiscono la verità centrale della autorivelazione di Dio: Dio che ama - Dio che è amore.


3. Il brano della lettera agli Efesini contiene quasi un commento particolare a questa verità. Ecco, leggiamo: "Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amati, da morti che eravamo per i peccati, ci ha fatti rivivere con Cristo" (Ep 2,4-5).

L'amore di Dio risale al principio stesso, alla stessa creazione del mondo - anzi, precede la creazione: "Siamo infatti - leggiamo nella lettera agli Efesini - opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone, che Dio ha predisposto perché noi le praticassimo" (Ep 2,10).

Questa frase ci deve ricordare l'ultimo giorno della creazione in cui Dio "vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona" (Gn 1,31). L'uomo è stato creato da Dio per il bene! Questa è la verità del nostro principio.

Ma la verità della storia dell'uomo si è legata, purtroppo, con il peccato. Questo, ha forse potuto distruggere quell'eterno amore col quale il mondo - e l'uomo nel mondo - è stato amato nel Verbo eterno, nel Figlio consostanziale, in Cristo? No! Il peccato ha svelato e confermato in modo nuovo questo amore. Dio, del quale Gesù di Nazaret parla a Nicodemo, è "ricco di misericordia". Il suo amore è "misericordioso", si avvicina a noi, "morti per i peccati", per farci "rivivere con Cristo".


4. Nel colloquio notturno con lo scriba Nicodemo Gesù parla proprio di questo amore. Parla del Padre e parla di sè: Figlio. "Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito" (Jn 3,16). E lo ha dato "perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna" (Jn 3,16).

Dunque: "Dio, ricco di misericordia" ("Dives in misericordia"). Dio, Padre e Figlio.

Come pura giustizia, questo Dio avrebbe dovuto giudicare e condannare il mondo e l'uomo a causa del peccato. Ma "Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui" (Jn 3,17).

L'amore è più grande del peccato. E Dio è questo amore.


5. Che cosa vuol dire che questo amore è indulgente? Se dovessimo comprendere la autorivelazione di Dio in Gesù Cristo, come un amore indulgente verso il male, saremmo in grande errore. Anzi: avremmo falsificato la verita su Dio, e la verità sull'amore.

Dio, ricco di misericordia, è quel Padre che non è indulgente con il male. Egli va incontro al peccatore, figlio prodigo della parabola, ma non è indulgente con il male.

Infatti che cosa significa che egli "ha dato il suo Figlio unigenito?" Vuol dire (come scrive proprio l'apostolo Paolo), che lo "ha dato per tutti noi" (Rm 8,32).

Lo ha consegnato perché fosse "esaltato", innalzato sulla croce. così come una volta Mosè, per ordine di Jahvè innalzo il serpente di rame nel deserto perché i figli e le figlie d'Israele, morsi dai serpenti, potessero essere liberati dal veleno e dall'infezione rivolgendo ad esso lo sguardo.

Così, dunque, questo "amore misericordioso" del Padre porta in sè un enorme prezzo: la misura della divina giustizia; la morte sulla croce del Figlio unigenito. Il suo sacrificio redentore! 6. Questo forse vuol dire che il giudizio si è già compiuto? Che ormai è soppressa la condanna? La responsabilità per il peccato? Troviamo ancora la risposta nel colloquio con Nicodemo. Cristo dice: "Il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma...Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere. Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio" (Jn 3,19 Jn 3,21).

Così ci ritroviamo al punto centrale di questa verità, che la Chiesa desidera rinnovare nella coscienza di tutti mediante la Quaresima.

Ecco, essa dice a ciascuno di noi: guarda la tua vita, guarda le tue opere alla luce di Cristo "esaltato", innalzato sulla croce! Leggi fino in fondo la verità dell'amore divino, pronunciata su questa croce. Ed ora, alla luce di questa verità, esamina la tua coscienza! Alla sua luce giudica i tuoi pensieri, le parole, le opere, la tua vita intera.


7. Il colloquio di Cristo col Nicodemo si svolge in un determinato luogo e tempo.

Tuttavia la "struttura polifonica" della liturgia della Parola ci permette di scorgere che tutta la storia d'Israele, del Popolo dell'antica alleanza, sia pure da diverse distanze, si avvicina a questo luogo, a questo colloquio. Lo dimostra il libro delle Cronache, nella prima lettura. Ne parla anche il salmo, l'impressionante cantico degli esuli sui fiumi di Babilonia. E se, per ordine di Ciro, gli esuli devono ritornare e ricostruire per Iddio il tempio gerosolimitano, allora questo tempio non signficherà anche l'attesa di colui che Dio stesso consegnerà perché questo mondo "si salvi per mezzo di lui" (Jn 3,17)? E non solo gli uomini di quella stirpe, gli eredi dell'antica alleanza con Dio, ma l'umanità intera, tutti gli uomini, per strade anche diverse si orientano verso questa verità centrale del Dio "ricco di misericordia", del Dio che realizza la salvezza definitiva dell'uomo.


8. Anche la vostra parrocchia, cari fedeli di san Pier Damiani, è una voce nella complessa storia del nuovo Popolo di Dio, chiamato a convergere verso il luogo dell'incontro e del colloquio con il Signore. Anche a voi è rivolto l'invito ad alzare gli occhi verso il Cristo esaltato sulla croce, per trovare in lui la salvezza, la speranza, la forza di camminare nel deserto arido ed infido delle difficoltà della vita. Dio, ricco di misericordia, anche a voi si rivolge costantemente per realizzare tra di voi e per voi la salvezza. E' questo anche lo scopo del lavoro assiduo e quotidiano della vostra comunità parrocchiale, dei suoi pastori, dei collaboratori religiosi e laici.

Saluto, così, il Cardinale vicario, il Vescovo incaricato di questo settore, mons. Clemente Riva, il parroco don Vittorio Taddei e i suoi collaboratori, mons. Luigi Di Liegro, il quale si è preso l'incarico della cappella dedicata a Santa Maria del Ponte ed a san Giuseppe, nel territorio oltre la via Ostiense, detto "Centro Giano".

Un pensiero particolare va alle Suore Francescane Missionarie di Maria, per il prezioso servizio che compiono anzitutto nella catechesi e nella preparazione dei catechisti, come nella preparazione ai sacramenti accostando le giovani famiglie in occasione del battesimo dei bambini e dedicandosi alla cura dei ragazzi della prima comunione e della cresima. Le ringrazio anche per la loro intelligente e discreta dedizione ai più bisognosi ed emarginati.

Un saluto va a tutte le organizzazioni curate dalla parrocchia: a quelle giovani degli Scouts e del gruppo Gam; a quella degli anziani, che frequentano nella parrocchia le strutture disponibili per i loro incontri; al gruppo di artigianato.

Ma un pensiero particolare desidero rivolgere, con vivo compiacimento, a tutte le giovani coppie di fidanzati e di sposi, le quali, con interesse e con vivo desiderio di scoprire sempre meglio il progetto di Dio sulla loro famiglia, frequentano gli incontri di preparazione al Sacramento del Matrimonio, oppure continuano, nei gruppi familiari, a riflettere sul senso cristiano della vocazione coniugale, dando vita, così, ad un processo di fraternizzazione da cui la vita della parrocchia spera molto.

Un pensiero riconoscente, infine, va a tutti i sacerdoti e laici che con zelo e spirito di amicizia si prestano per dare vita alle iniziative di apostolato di questo territorio, affidato alla parrocchia di san Pier Damiani.


9. La liturgia odierna è anche una voce di speranza per le difficoltà che ogni comunità cristiana incontra nel suo cammino. Dio, ricco di misericordia, si rivolge, infatti, ad ogni uomo, anche al più lontano, per invitarlo ad accogliere la salvezza che viene da lui. Si rivolge ai giovani, per illuminare il loro cammino, invitandoli a scoprire nello sguardo di Cristo e nella conoscenza del suo amore la verità sui valori fondamentali della vita. Cristo invita i giovani a scoprire la loro missione circa il progresso del vero bene per la società, e li sprona ad un vigoroso impegno per il servizio sociale.

Cristo vi invita, cari fedeli, ad inserire nella compagine della vostra comunità sociale e parrocchiale l'esperienza dell'amore, della fraternità e della partecipazione. Solo la via dell'affetto e dell'accettazione dei principi della fede può distogliere l'uomo da quelle forme di egoismo che spesso si rivolgono contro l'uomo stesso, e lo distruggono facendogli dimenticare le necessità e le sofferenze dei fratelli.

Cari fedeli di san Pier Damiani, siate generosi nel mettere a disposizione le vostre forze ed il vostro tempo per lavorare insieme e costruire insieme la comunità, di cui fate parte. Bisogna uscire da ogni tentazione di isolamento, e lavorare con le vostre mani, col vostro cuore, con la vostra intelligenza, con la fede per costruire il nuovo volto della società: un volto dal quale sia possibile cogliere il desiderio, l'annuncio e la speranza di un'atmosfera di maggiore sicurezza e fiducia reciproca. Voi sapete bene che l'avvenire dell'umanità non si costruisce nell'odio, nella violenza o nell'oppressione, qualunque essa sia; come non si costruisce nel vuoto delle idee o nell'assenza di fede. Non si edifica l'umanità nell'egoismo individuale o collettivo, non nella falsa concessione della libertà. Percorrete la strada di Cristo, mandato dal Padre perché il mondo si salvi per mezzo di lui, col dono della sua grazia.


10. "Per questa grazia infatti siete salvi mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio" - leggiamo oggi nella lettera agli Efesini (Ep 2,8).

Il dono di Dio. Si. Completamente, "gratuitamente" dato. Questo dono non ha altra spiegazione, altra "copertura", ma solo l'amore. "Il prezzo" di questo dono lo conosce egli solo, il Figlio mandato dal Padre, Cristo crocifisso. Egli solo, unico, lo "conosce" a fondo. Egli "ha portato" questo amore al mondo perché egli ha "sostenuto" il suo prezzo, sovrabbondantemente.

Meditiamo questo mistero inscrutabile specialmente adesso: nel periodo della Quaresima.

Maturiamo attorno ad esso le nostre menti, i nostri cuori, le nostre coscienze.

[Ai rappresentanti deI Consiglio pastorale e dei gruppi di apostolato] Il parroco ha presentato le diverse comunità secondo la loro specificità, la loro vocazione particolare, possiamo dire i loro carismi. Conosco questi gruppi e apprezzo molto questi diversi carismi. Alla fine il parroco ha detto, e io lo condivido pienamente, che tutti insieme voi costituite una comunità. Comunità della comunità e per la comunità.

Voglio spiegarmi. La parrocchia è una istituzione. Si dice anche, se non sbaglio, nel Diritto Canonico e nel Concilio, che è una porzione del Popolo di Dio, della diocesi. Si, ma questa definizione è un po' generica. E' vero che la parrocchia è questo, e molti vivono la parrocchia in questo modo. Penso anche che non mancano coloro che non sanno qual è la parrocchia alla quale appartengono, che non sanno come si chiama il loro patrono, come si chiama il loro parroco, come si chiama il Vescovo del loro settore. Forse sanno che a Roma c'è un Papa e... naturalmente tutti conoscono il Cardinale Poletti.

Lo dico un po' scherzando e forse esagerando, ma tutto questo indica un problema. La parrocchia è canonicamente definita in modo sufficiente, ma più importante è ciò che la parrocchia deve essere. Deve essere una comunità cristiana, una comunità si realizza attraverso la comunione. E la comunione realizza, attualizza la comunità. Adesso si capisce perché ho detto che voi siete comunità per questa parrocchia. Voi siete già una comunità, composta dai diversi carismi, dalle diverse specificità apostoliche, ma tutti vi ritrovate insieme qui per servire la parrocchia, la società umana e cristiana, la società dei battezzati, che è un progetto della comunità.

Qui noi incontriamo il grande disegno del Concilio Vaticano II, che è espresso nella costituzione "Lumen Gentium" sulla Chiesa, forse specialmente nel capitolo sui laici, e in un decreto a parte, "Apostolicam Actuositatem". Sono questi i laici. Siete voi che già avete il senso della comunità e il senso del progetto della comunità che deve diventare la parrocchia. E in modi diversi, avvicinate questo grande progetto, questo grande disegno divino per la Chiesa in genere e per tutte le Chiese, per tutte le Chiese particolari e, all'interno delle Diocesi, per la parrocchia.

Vi ringrazio per questo, sono molto grato e vi incoraggio ad andare avanti con i vostri carismi, con i vostri impegni, con il vostro entusiasmo. Tra voi ci sono anche delle religiose. Esse hanno una vocazione specifica: la loro vita è destinata in primo luogo a dare testimonianza del Regno dei cieli, della realtà escatologica. I loro voti, la loro consacrazione religiosa hanno questa caratteristica, ma con questa caratteristica del tutto specifica le religiose come anche i fratelli religiosi, i laici, i sacerdoti, svolgono anche il loro apostolato e lo fanno tra voi, in mezzo a voi. Partecipano a questo apostolato globale della parrocchia. Voglio ringraziare anche per questo apostolato delle suore e di tutte le persone religiose, consacrate della vostra parrocchia.

Vi auguro di avere un sano e cristiano ottimismo in tutto questo impegno, in questo progetto. Qualche volta incontrando la società moderna, il mondo contemporaneo, abbastanza secolarizzato, indifferente, mondanizzato, si può dubitare di poter arrivare alla realizzazione del progetto divino, del progetto della Chiesa, di quella comunità cristiana, come lo era la prima comunità, la primitiva comunità gerosolimitana riunita intorno agli apostoli. Ma non dobbiamo mai rassegnarci. Dobbiamo sempre andare avanti con speranza. Dobbiamo fare tutto il possibile. E dobbiamo pregare. Lavoro apostolico e preghiera fanno miracoli.

Vi auguro di servire così il Regno di Dio in questa terra e in questo villaggio, come dice il vostro parroco. Penso che questo villaggio sia una parte omogenea della città. Vi auguro questo, come anche tutto il bene per le vostre famiglie, per i bambini. Alcuni sono qui, alcuni sono appena nati. Che il Signore vi dia questa gioia interiore, questa felicità che ci viene dalla grazia di Dio, dalla preghiera e anche dal dedicarci al suo Regno.

Vorrei offrirvi una benedizione e augurare a tutti buona Pasqua.

[Ai giovani della comunità parrocchiale] Questo non vuol dire che il Papa ha sposato solamente gli Scout. Ho sposato attraverso gli Scout tutti i giovani qui presenti, i gruppi che il vostro parroco ha elencati: il coro, al quale dobbiamo la bellezza della liturgia, i fidanzati, che si preparano al grande sacramento del Matrimonio cristiano; e tutti gli altri giovani, direi più giovani e meno giovani, fino al Papa, che è il meno giovane di tutti.

Ma proprio per questo sempre, alla fine della visita pastorale in una parrocchia, si porta il Papa davanti ai giovani, perché non dimentichi di essere giovane anche lui. Conosco la vostra età, questo periodo della vita che si chiama giovinezza, attraverso la mia esperienza personale e attraverso l'esperienza pastorale compiuta con tanti altri giovani vostri coetanei, non in questo Paese, ma in un altro Paese, in un altro ambiente. Ma i giovani sono dappertutto non proprio gli stessi, ma quasi gli stessi.

La giovinezza è il periodo di un risveglio. Risveglio dell'umanità dell'individuo, della personalità individuale, della personalità umana. Un risveglio delle diverse forze che appartengono all'insieme della natura umana e delle energie fisiche, delle energie spirituali, delle energie affettive, conoscitive, volitive: di tutto questo.

Questo risveglio si riferisce alle forze del bene e anche alle forze del peccato che si trovano in noi. Qui sta il problema centrale. Vengo subito a dirvi ciò che è essenziale nel mio messaggio. Vi auguro che la vostra giovinezza, attraverso le diverse esperienze nei gruppi, in quelli qui presenti e in altri, diventi una vittoria, perché il cammino è lungo e molte volte si debbono provare le proprie forze. E' un cammino molto lungo e si deve vincere o perdere.

Vi auguro di vincere nella vostra giovinezza; che vinca, nell'insieme del vostro risveglio giovanile, ciò che è buono, ciò che è bello, ciò che è vero.

Si tratta di fare un bilancio. Sappiamo bene, anche conoscendo poco le questioni economiche, che il bilancio può essere positivo o negativo. Questo vale anche in Vaticano. Ma vi auguro, carissimi giovani, che il bilancio della vostra giovinezza sia sempre positivo. Non permettete di avere un deficit, un bilancio negativo. Il deficit deve essere superato. Si deve arrivare a un bilancio positivo. Con questa analogia penso di aver spiegato abbastanza bene per che cosa prego per voi e insieme con voi.

Si deve pregare molto, perché il vostro risveglio è anche una chiamata.

Questo risveglio viene dalla natura umana, ma tutto quello che è natura è creato, viene da Dio. Allora anche questo risveglio, che si chiama giovinezza, viene da Dio. Dio ci invita attraverso questo risveglio della nostra giovinezza ad essere più a contatto con lui, a pregare di più, per avere più forza per superare i deficit. Per superarli e per ottenere un bilancio positivo.

Senza dubbio questo è indispensabile. Non si può vincere, non si può possedere la propria anima - come dice Cristo -, dominare la propria personalità umana senza la preghiera, senza un contatto con Dio attraverso Cristo nostro Signore.

Vi ringrazio ancora una volta per la vostra partecipazione alla visita odierna e alla vita di questa parrocchia dedicata a san Pier Damiani. E vi auguro anche una buona Pasqua.


Data: 1988-03-13 Data estesa: Domenica 13 Marzo 1988




Al partecipanti a un convegno internazionale nel XX dell'enciclica di Paolo VI "Humanae Vitae"

Titolo: I coniugi sono chiamati a vivere l'intera verità della "Humanae Vitae", i pastori ad insegnarla senza metterla in discussione

Testo:

Illustri signori, gentili signore.


1. Con viva gioia vi do il benvenuto in questa speciale udienza, che ho volentieri riservato alla vostra qualificata rappresentanza in occasione del Congresso Internazionale, indetto per ricordare il XX anniversario dell'enciclica "Humanae Vitae". Nel rivolgervi il mio cordiale saluto, con un particolare pensiero per il professor Bausola, che ringrazio per il suo indirizzo, desidero esprimere vivo compiacimento ai responsabili del "Centro Studi e Ricerche sulla regolazione naturale della fertilità" dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, i quali han promosso l'iniziativa, da ripetersi fra alcuni giorni nella città di Bologna.


2. Il ventesimo anniversario dell'enciclica "Humanae Vitae" offre a tutta la Chiesa una occasione propizia per riflettere seriamente sulla dottrina in essa insegnata, una dottrina da me ripresa nell'esortazione apostolica "Familiaris Consortio" e in numerose altre occasioni. Si tratta, infatti, di un insegnamento che appartiene al patrimonio permanente della dottrina morale della Chiesa.

L'ininterrotta continuità con cui la Chiesa l'ha proposto nasce dalla sua responsabilità per il vero bene della persona umana. Della persona umana dei coniugi, in primo luogo. Infatti, l'amore coniugale è il loro bene più prezioso.

La comunione interpersonale, che in virtù di tale amore si stabilisce tra due battezzati, è il simbolo reale dell'amore di Cristo verso la sua Chiesa. La dottrina esposta nell'enciclica "Humanae Vitae" costituisce pertanto la necessaria difesa della dignità e della verità dell'amore coniugale.

Come verso ogni valore etico, anche verso l'amore coniugale esiste una grave responsabilità dell'uomo. I primi responsabili del loro amore coniugale sono i coniugi, nel senso che essi sono chiamati a viverlo nella sua intera verità. La Chiesa li aiuta in tale impegno illuminando la loro coscienza ed assicurando, con i sacramenti, la forza necessaria alla volontà per scegliere il bene ed evitare il male.


3. Non posso tuttavia tacere il fatto che non pochi, oggi, non aiutano i coniugi in questa loro grave responsabilità, ma creano loro dei notevoli ostacoli.

Al riguardo, ogni uomo, che abbia percepito la bellezza e la dignità dell'amore coniugale, non può rimanere indifferente di fronte ai tentativi che si vanno facendo di equiparare, a tutti gli effetti, il vincolo coniugale a mere convivenze di fatto. Equiparazione ingiusta, distruttiva di uno dei valori fondamentali di ogni convivenza civile - la stima del matrimonio - e diseducativa delle giovani generazioni, tentate così di avere un concetto e di realizzare un'esperienza di libertà, che si rivelano distorti nella loro stessa radice. I coniugi inoltre, possono essere seriamente ostacolati nel loro impegno di vivere correttamente l'amore coniugale da una certa mentalità edonistica corrente, dai mass-media, da ideologie e prassi contrarie al Vangelo; ma ciò può anche avvenire, e con conseguenze davvero gravi e disgregatrici, quando la dottrina insegnata dall'enciclica sia messa in discussione, come talora è avvenuto, anche da parte di alcuni teologi e pastori di anime. Questo atteggiamento, infatti, può indurre il dubbio su un insegnamento che per la Chiesa è certo, oscurando così la percezione di una verità che non può essere discussa. Non è questo un segno di "comprensione pastorale", ma di incomprensione del vero bene delle persone. La verità non può essere misurata dall'opinione della maggioranza.

La preoccupazione, che avete avuto nel vostro Congresso, di inserire la riflessione di carattere più squisitamente tecnico e scientifico sul controllo naturale della fertilità nel contesto di ampie riflessioni teologiche, filosofiche ed etiche, deve essere sottolineata e lodata. Un altro modo per affievolire nei coniugi il senso di responsabilità verso il loro amore coniugale è, infatti, quello di diffondere l'informazione sui metodi naturali senza che sia accompagnata dalla dovuta formazione delle coscienze. La tecnica non risolve i problemi etici, semplicemente perché non è in grado di rendere migliore la persona. L'educazione alla castità è un momento che niente può sostituire. Amarsi coniugalmente è possibile solo all'uomo e alla donna che abbiano raggiunto una vera armonia nell'intimo della loro personalità.


4. A vent'anni dalla pubblicazione dell'enciclica, si può vedere chiaramente che la norma morale in essa insegnata non è solo a difesa della bontà e della dignità dell'amore conugale e dunque del bene della persona dei coniugi. Essa ha una portata etica anche più vasta. Infatti, la logica profonda dell'atto contraccettivo, la sua radice ultima, che profeticamente Paolo VI aveva già individuato, sono ora manifeste. Quale logica? Quale radice? La logica anti-vita: in questi vent'anni numerosi Stati hanno rinunciato alla loro dignità di essere i difensori della vita umana innocente, con le legislazioni abortiste. Una vera strage di innocenti si va compiendo ogni giorno nel mondo.

Quale radice? E' la ribellione contro Dio Creatore, unico Signore della vita e della morte delle persone umane: è il non riconoscimento di Dio come Dio; è il tentativo, intrinsecamente assurdo, di costruire un mondo da cui Dio sia del tutto estraneo.

Nell'enciclica "Humanae Vitae", Papa Paolo VI esprimeva la certezza di contribuire, con la difesa della morale coniugale, all'instaurazione di una civiltà veramente umana (cfr.HV 18). A vent'anni di distanza dalla pubblicazione del documento, non mancano davvero le conferme della fondatezza di quella convinzione. E sono conferme verificabili non soltanto dai credenti, ma da ogni uomo pensoso dei destini dell'umanità, giacché chiunque può vedere a quali conseguenze si è giunti, non obbedendo alla santa legge di Dio.

Il vostro impegno - come di tante altre persone di buona volontà - è un segno di speranza non solo per la Chiesa, ma per tutta l'umanità.

Nell'invitare cordialmente ciascuno di voi a perseverare generosamente sulla strada intrapresa, a tutti imparto, propiziatrice degli aiuti celesti, la mia benedizione.


Data: 1988-03-14 Data estesa: Lunedi 14 Marzo 1988









Ai diaconi dell'arcidiocesi di Milano - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Fedeli servitori della vostra Chiesa

Testo:

Carissimi diaconi della arcidiocesi di Milano!


1. Siate i benvenuti in questa vostra visita alla Sede dell'apostolo Pietro, entrata ormai nella consuetudine del cammino formativo del vostro seminario. Voi venite a Roma col cuore aperto verso la vicina ordinazione sacerdotale, guidati verso la tomba di Pietro dalle parole di sant'Ambrogio: "Ipse est Petrus, cui (Iesus) dixit: Tu es Petrus, et super hanc petram aedificabo Ecclesiam meam. Ubi ergo Petrus, ibi Ecclesia; ubi Ecclesia, ibi nulla mors, sed vita aeterna" (S.

Ambrosii "Enarr. in 12 psalmos davidicos": P. L. 14, 1082).

Vi ringrazio per questo incontro che mi consente di rivolgervi una parola di augurio e di esortazione per la missione che presto vi attende e che voi volete attuare fedelmente per condurre le anime a quella "vita aeterna" che la Chiesa costantemente offre agli uomini in nome di Cristo.


2. Il vostro primo compito sarà quello di evangelizzare, di inserire cioè con incisività il messaggio del Vangelo in quella comunità umana concreta, che costantemente si forma e si trasforma nel crogiolo della vita moderna del territorio lombardo. Ivi, in corrispondenza alle esigenze del tempo, dovranno essere confermati e resi ben visibili i segni della permanente presenza di Cristo Salvatore. Voi troverete che spesso, nel cuore delle persone, è necessario fondare di nuovo la Chiesa, aiutando ciascuno a riscoprire il senso di Dio e la fede nel Vangelo.

Non stancatevi di annunziare alla vostra gente Cristo e la "lieta notizia" della salvezza, che egli ha portato all'umanità. E' "notizia" di cui ha vitale bisogno anche l'uomo "tecnico", coinvolto, e non di rado travolto, dal fervore del lavoro, dalla ipertrofia dello sviluppo materiale, dal consumismo.

Anche in quelle anime, in cui il seme gettato da un'antica e tenace evangelizzazione sopravvive, la vita religiosa è spesso come impoverita ed umiliata da una conoscenza troppo superficiale della parola di Cristo e da un ricorso insufficiente alle fonti della sua grazia. Occorrerà per questo dare alla vostra azione pastorale una dimensione missionaria, che vi porti a farvi compagni di ogni uomo in cammino, per parlargli di Cristo con l'ardore degli apostoli.


3. Siate inoltre sempre fedeli servitori della vostra Chiesa. Oggi in tutte le diocesi, si sente, in misura forse superiore che nel passato, l'esigenza dell'unità del presbiterio intorno alla figura centrale del proprio Vescovo. Sia questo per voi un impegno costante, una sorta di punto programmatico, perché solo così si qualificherà il vostro ministero presbiterale e si rivelerà fecondo. "Le relazioni tra il Vescovo e i sacerdoti diocesani - dice il Concilio - devono poggiare principalmente sulla base di una carità soprannaturale, affinché l'unità di intenti tra i sacerdoti ed il Vescovo renda più fruttuosa la loro azione pastorale" (CD 28).


4. Vi esorto, infine, a coltivare l'amicizia sacerdotale tra di voi e con gli altri confratelli nel presbiterato. L'annuncio e la diffusione del Vangelo, oggi più che mai, richiedono programmazioni a vasto raggio, comprensive ed antiveggenti, alle quali dovrà corrispondere l'opera concorde di tutti coloro che il Signore ha chiamato a lavorare per il Regno. Ciò è possibile solo se la comunità presbiterale sarà animata da generoso spirito di collaborazione, stretta insieme dal vincolo di quell'unità spirituale che nasce e si forma nella comunità dei discepoli di Gesù maestro. Tale rapporto di affettuosa e premurosa unione nel reciproco aiuto non dovrà registrare discontinuità e tanto meno dissociazioni.

Coltivate, quindi, con l'amicizia cordiale e schietta, il desiderio di partecipazione e collaborazione, confortandovi anche, quando occorra, nelle difficoltà e nelle fatiche.

Ecco, cari diaconi, tre punti per la vostra riflessione, tre punti semplici, ma necessari per la efficacia della missione.

Io vi accompagno con l'augurio e con la preghiera, mentre a tutti imparto la mia benedizione, estensibile alle vostre famiglie, ai vostri amici, alle anime che incontrerete nel ministero, come pure a tutta la Chiesa milanese.


Data: 1988-03-17 Data estesa: Giovedi 17 Marzo 1988





GPII 1988 Insegnamenti - Visita pastorale del Vescovo di Roma - Roma