GPII 1988 Insegnamenti - All'Unione Iberoamericana dei padri di famiglia - Città del Vaticano (Roma)

All'Unione Iberoamericana dei padri di famiglia - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Promuovere e difendere i valori della famiglia

Testo:

Carissimi fratelli e sorelle! Sono lieto di questo incontro con voi, membri fondatori della Unione Iberoamericana dei Padri di Famiglia, costituita a Madrid recentemente, e che attualmente è formata da omonime associazioni dell'Argentina, della Spagna, Messico, Portogallo e Uruguay.

Questa realtà è nata per promuovere e attuare i valori permanenti della famiglia, in particolare nella sua funzione educativa. Nello stesso tempo, dato il suo carattere sovranazionale, essa punta a un dialogo con gli organismi internazionali e con gli Stati a cui appartengono le associazioni membre, per proteggere i valori di questa istituzione naturale - la famiglia - per il bene di ogni persona e della stessa società.

La vostra organizzazione, che è nata per iniziativa di numerose realtà cattoliche, e anche con il beneplacito di varie conferenze episcopali, è vista con favore da parte della Santa Sede.

La Chiesa, fedele al mandato ricevuto di diffondere la buona novella a tutte le genti, mentre reclama per sè la piena libertà religiosa nell'esercizio della sua missione evangelizzatrice, vuole evidenziare il suo compito specifico nell'educazione integrale di ogni uomo. Ma nello stesso tempo, nella sua azione pastorale, promuove e appoggia le diverse associazioni costituite dai cristiani, padri di famiglia e padri di studenti, che, in quanto cittadini responsabili, desiderano diffondere nella società i principi evangelici e veder riconosciuti i loro diritti legittimi a esprimere la propria fede cristiana, specialmente nel campo educativo.

Il pubblico potere, riconoscendo il diritto-dovere dei genitori all'educazione dei propri figli, deve favorire, senza discriminazioni, la libertà effettiva di educazione perché la scuola, come un prolungamento della famiglia, faccia maturare negli studenti i valori fondamentali. Disgraziatamente, abbastanza di frequente la libertà di educazione si trova di fatto limitata dal momento che, per difficoltà economiche o ideologiche, molte famiglie non possono scegliere per i propri figli un orientamento formativo che sia in accordo con le loro convinzioni religiose.

La scuola è uno strumento adeguato per lo sviluppo sistematico delle facoltà intellettuali della persona, per la maturazione della capacità di giudizio, e anche per la promozione dei valori umani e spirituali. Per questo, a questo centro dinamico della società - la scuola - sono chiamati a partecipare, con piena responsabilità e secondo la propria competenza, le famiglie, i professori e le associazioni.

Auspico, in questa occasione, che l' Unione Iberoamericana dei Padri di Famiglia incontri buona accoglienza ovunque e nello stesso tempo aiuti a proclamare che "la famiglia costituisce, più che una unità giuridica, sociale ed economica, una comunità di amore e di solidarietà, insostituibile per l'insegnamento e la trasmissione dei valori culturali, etici, sociali, spirituali e religiosi, fondamentali per lo sviluppo e il benessere dei suoi componenti e di tutta la società" ("Carta de los derechos de la familia").

Grato per la vostra visita, imparto a voi, come anche alle altre associazioni che aderiscono alla vostra, la mia benedizione apostolica, foriera di copiose grazie per la società presente e soprattutto per i vostri figli.


Data: 1988-03-17 Data estesa: Giovedi 17 Marzo 1988




Al nuovo Ambasciatore d'Italia presso la Santa Sede - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Tutela della persona umana, difesa della vita, formazione dei giovani, recupero dei valori familiari nella sollecitudine della Chiesa per il bene della società

Testo:

Signor Ambasciatore.


1. All'atto di iniziare la sua missione di Ambasciatore straordinario e di ministro plenipotenziario della Repubblica Italiana presso la Santa Sede, ella ha voluto rivolgermi nobili espressioni di cortese apprezzamento, assicurando al tempo stesso la propria disponibilita per una collaborazione cordiale ed aperta.

Gliene sono sinceramente grato.

In questo momento il mio deferente pensiero si volge al signor Presidente della Repubblica Francesco Cossiga, che con saggezza assolve il suo alto mandato per il bene del Paese. La prego di volersi rendere interprete di questi miei sentimenti presso il Capo dello Stato.

Nell'assumere l'impegnativo ufficio, finora degnamente ricoperto dal suo stimato predecessore, ella ha voluto mettere in rilievo la singolarità dei vincoli, che legano l'Italia alla Santa Sede. E giustamente: la storia secolare del popolo italiano, in tutte le sue espressioni, è infatti profondamente segnata dal cattolicesimo, che tanto apporto ha dato alla ricchezza culturale, di cui l'Italia va fiera. Le stesse vicende più recenti dell'Italia moderna, impegnata nel recupero delle libertà civili e politiche, hanno visto i cattolici attivamente presenti, recando, alla luce della loro fede, uno specifico contributo per la fondazione dello Stato su valori autenticamente umani, nel solco delle tradizioni cristiane della nazione.


2. L'universalità della missione connessa con l'ufficio di successore di Pietro, lungi dall'attenuare, esalta la mia sollecitudine apostolica a favore della Chiesa di Roma, che mi è affidata, e delle Chiese particolari che sono in Italia.

Chiamato per misterioso disegno di Dio al "munus petrinum" da una terra lontana, ho sentito rivolte a me le parole: "Esci dalla tua terra e va dove ti mandero". E questa terra è diventata anche la mia terra - come ho avuto occasione di dire nel giorno stesso della mia elezione al Soglio pontificio - e mie sono diventate pure le sue attese e le sue aspirazioni, le sue realizzazioni e le sue speranze.

Il servizio pastorale che svolgo nella Chiesa di Roma e i viaggi nelle varie diocesi italiane hanno come scopo la crescita nella fede, nella speranza e nell'amore dei cattolici italiani, che incoraggio ad impegnarsi, nel dialogo leale e rispettoso con tutti, in una sempre più efficace collaborazione tra Chiesa e Stato, per il bene dei singoli e della comunità.

Ella ha voluto ricordare, signor Ambasciatore, l'accordo con cui le due parti hanno inteso, in tempi recenti, confermare da un lato la distinzione tra comunità ecclesiale e comunità politica e, dall'altro, assicurare una sempre più proficua collaborazione tra di esse, essendo entrambe, anche se a diverso titolo, a servizio della vocazione personale e sociale delle medesime persone, che formano il tessuto vivo della nazione. La Santa Sede, per quanto la riguarda, è ben convinta di dovere proseguire su questa strada, e si augura che eventuali difficoltà di applicazione trovino soluzioni eque e soddisfacenti per tutti, unicamente ispirate al bene comune, e ricercate in aperta disponibilità e reciproca stima.


3. In questo contesto non posso non confermare l'attenzione per i problemi della formazione delle nuove generazioni. E' stato giustamente riconosciuto che un'educazione, la quale non desse il dovuto spazio alla dimensione religiosa, che nella società italiana si è espressa e si esprime storicamente, con così ampia preponderanza, nella religione cattolica, sarebbe carente delle sue radici etiche e culturali. Ai valori religiosi, cristiani e cattolici, si dimostra, peraltro, sensibile la società italiana di oggi, nonostante certe apparenze contrarie rilevabili in diversi campi. La scelta largamente maggioritaria dell'insegnamento religioso nella scuola pubblica ne è stata dimostrazione eloquente.

Con particolare attenzione è seguita anche oggi in Italia la famiglia, nonostante i preoccupanti segni - voglio sperare settoriali e temporanei soltanto - di un certo allentamento della tensione etica. Per la conferma e, ove occorra, per il recupero dei valori della famiglia intende operare la Chiesa, nella consapevolezza di offrire, con questa sua sollecitudine, un ricco contributo alla crescita della società. D'altra parte, la Chiesa ha fiducia che le pubbliche autorità e tutte le componenti sociali, si adoperino con pari impegno nella difesa e nella promozione dell'istituto familiare, che la stessa costituzione italiana pone tra i capisaldi del vivere civile.


4. A ragione è stato rilevato che la Carta costituzionale italiana ha tra i suoi punti irrinunciabili la promozione e la tutela della persona umana. Ora, è noto che all'elaborazione del concetto di persona ha contribuito in modo specifico e decisivo la speculazione filosofica e teologica cristiana.

La Chiesa si sente impegnata a proteggere l'esistenza, la dignità e l'inviolabilità della persona umana in ogni istante della sua esistenza, come pure nel promuovere lo sviluppo della sua dimensione sia individuale che sociale: essa incoraggia i suoi figli a non tralasciare occasione per rendersi utili in un settore tanto importante, con particolare riguardo alle forme di volontariato, destinate a portare soccorso alle antiche e nuove forme della sofferenza e della povertà.

Mi piace qui ricordare che il tema della persona sta al centro anche della recente enciclica "Sollecitudo Rei Socialis", nella quale ho inteso presentare le nuove e più impegnative esigenze della solidarietà nell'ambito di uno stesso Paese e nei rapporti tra i diversi Paesi e tra i diversi "mondi", in una prospettiva planetaria. In questa prospettiva si colloca l'anelito alla pace, che la Chiesa condivide con ogni persona di buona volontà e fattivamente sostiene con la sua azione nelle varie parti del mondo. Questo anelito è vivamente sentito dal popolo italiano, che ne ha fatto un valore qualificante della sua Carta costituzionale.


5. Promozione di ogni valore autenticamente umano, tutela della persona e dei suoi inalienabili diritti, consolidamento della pace all'interno della nazione e nei rapporti internazionali, ecco altrettanti obiettivi della collaborazione tra Chiesa e Stato in Italia. Confido, signor Ambasciatore, che - grazie anche alla sua opera - la reciproca intesa potrà ulteriormente svilupparsi, favorendo il conseguimento sempre più pieno e sicuro delle finalità menzionate.

In questa prospettiva sono lieto di assicurarle la volenterosa disponibilità della Santa Sede, della Conferenza episcopale Italiana, attivamente impegnata nell'attuazione degli accordi concordatari che ne prevedono l'intervento, e di tutte e singole le comunità ecclesiali nelle loro varie componenti. Al tempo stesso, accolgo con piacere l'attestazione della presenza di simili disposizioni nelle autorità dello Stato italiano ed esprimo la speranza di un proficuo lavoro in un clima di aperto e cordiale dialogo.

Con questi sentimenti, nell'atto di ricevere le lettere credenziali, molto volentieri porgo all'eccellenza vostra i miei auguri per il successo della sua missione, sulla quale invoco la protezione del Signore.

A lei, ai suoi familiari e collaboratori imparto di cuore la desiderata benedizione apostolica, estendendola con pari benevolenza al Capo dello Stato, alle autorità e a tutto il diletto popolo italiano.


Data: 1988-03-17 Data estesa: Giovedi 17 Marzo 1988




Alla commissione Parlamentare del Consiglio d'Europa - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Tornare ai valori originati dal cristianesimo per restituire all'Europa la sua fondamentale unità

Testo:

Signor Presidente, cari amici.


1. E' per me un grande piacere questa opportunità di ricevervi, membri del Comitato Parlamentare e delle Pubbliche Relazioni della Commissione Parlamentare del Consiglio d'Europa. In concomitanza con altri vostri impegni qui a Roma, avete voluto inserire questo incontro, e vi assicuro che sono lieto di esprimere il mio interesse personale e il convinto sostegno della Santa Sede a tutte le finalità e gli impegni che costituiscono il mandato del Consiglio d'Europa. Ricordo che Papa Paolo VI ricevette i membri del vostro Comitato, tredici anni fa, il 5 maggio 1975, e anch'io attendo con impazienza la visita a Strasburgo nell'ottobre prossimo, quando parlero all'assemblea plenaria del Parlamento.


2. Una breve esposizione dei compiti del vostro Comitato è utile per chiarire gli ideali alti e impellenti che hanno segnato le intenzioni e le attività del Consiglio d'Europa fin dalla sua istituzione sull'onda delle drammatiche esperienze della seconda guerra mondiale. Uno dei vostri compiti principali è di illuminare e incoraggiare la pubblica opinione in relazione all'unità europea, la difesa dei diritti umani e il rafforzamento dei principi e della pratica democratica all'interno degli Stati membri. Tenete anche i contatti con i rappresentanti eletti in Parlamento dei popoli dei ventun Paesi che appartengono al Consiglio, cercando di promuovere un approccio concertato ai problemi che interessano lo sviluppo sociale, politico e culturale dell'Europa. Cercate anche di salvaguardare la libertà e i diritti degli individui e dei gruppi nel contesto delle strutture e relazioni degli Stati membri, complesse e in rapida evoluzione.

Circa quarant'anni sono trascorsi dalla creazione del Consiglio d'Europa nel 1949. Molto di importante è stato fatto in questi anni. Un esempio soltanto: la firma della Convenzione Europea sui diritti umani, ha sensibilizzato la pubblica opinione sulla necessità di difendere e sostenere - ovunque - la dignità di ogni essere umano, e la coscienza della inalienabile dignità della persona come base per costruire una società che voglia essere giusta e civile. Con il passare del tempo non è diminuita la necessità di difendere la dignità e i diritti dell'uomo. Anzi, diventa sempre più urgente di fronte alle nuove situazioni e in relazione ai progressi nel campo scientifico e tecnologico. In questo, il Consiglio d'Europa e la sua Commissione Parlamentare sono rimasti fedeli all'ispirazione originale da cui sono nati. E' un segno di grande speranza e incoraggiamento che avvenga questo nel cuore dell'Europa, il "vecchio" continente, il cui destino storico è stato di dare un grande contributo al resto del mondo, nel bene e nel male.


3. Con le sue conquiste e le sue mancanze l'Europa ha lasciato un segno indelebile nel corso della storia, ed ha perciò una responsabilità che i rappresentanti delle sue nazioni devono assumersi e perseguire. Nel rafforzare una coscienza europea tra i popoli, compresi quelli non rappresentati nella vostra organizzazione, l'Europa sperimenta un vago, quasi inconsapevole senso di obbligo morale verso i propri popoli e verso il resto della famiglia umana. Per raccogliere la sfida di rispondere a questo obbligo morale, l'Europa deve recuperare la sua identità più profonda. Deve superare ogni riluttanza a riconoscere il comune patrimonio e la comune civiltà dei suoi popoli e delle sue nazioni, divise da confini fisici, politici e ideologici, ma unite dai vincoli di una cultura che realmente abbraccia tutti.

Le anomale divisioni radicate all'interno dell'Europa aumentano ulteriormente quando ci si dimentica che l'unità europea è di carattere spirituale molto più che politico. E' fondata per lo più sui valori cristiani e sull'umanesimo che da loro deriva. Come dissi qualche anno fa a un gruppo di Vescovi miei compatrioti: "Nonostante le diverse tradizioni che esistono nel territorio europeo tra la sua frazione orientale e quella occidentale, vi è in esse lo stesso cristianesimo... Proprio questo sta alle radici della storia d'Europa. Questo forma la sua genealogia spirituale" ("Allocutio ad Poloniae Episcopos in "Jasna Gora" adunatos", die 5 iun. 1979: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, II [1979] 1432ss). Questa considerazione è estremamente importante per la comprensione del ruolo dell'Europa oggi. E' mia profonda convinzione che, se l'Europa desidera riacquistare la sua unità fondamentale, deve volgersi ai valori che il cristianesimo fece emergere nella società e nella cultura europea degli inizi.


4. Desidero in particolare esprimere il mio sostegno alla campagna pubblica europea di solidarietà e interdipendenza Nord-Sud, che il Consiglio d'Europa sta portando avanti per far prendere coscienza a tutti delle complesse relazioni che esistono tra i popoli europei e quelli del Terzo Mondo. Tutta la questione dell'interdipendenza e della necessaria solidarietà tra Paesi sviluppati e sottosviluppati è parte sostanziale della mia recente enciclica sulla sollecitudine sociale della Chiesa. La Chiesa affronta tali questioni da un punto di vista eminentemente morale e religioso, ma quando si tratta della giustizia, della pace, della fraternità e della solidarietà tra i popoli, c'è un ampio spazio per l'azione comune e la collaborazione tra tutte le forze che lavorano per il bene della famiglia umana.

Dio ci aiuti tutti ad amare e servire i nostri fratelli e le nostre sorelle sempre più saggiamente e generosamente. Invoco le sue benedizioni su ciascuno di voi e i vostri colleghi nella Commissione Parlamentare. Protegga voi e le vostre famiglie, insieme alle nazioni da voi rappresentate!


Data: 1988-03-17 Data estesa: Giovedi 17 Marzo 1988




Ai collaboratori dell'Ordine Ospedaliero Fatebenefratelli - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Proclamare e propugnare i diritti sacrosanti alla vita e alla salute

Testo:

Cari fratelli e sorelle!


1. Sono lieto di incontrarmi con voi, collaboratori laici dell'Ordine Ospedaliero di san Giovanni di Dio, convenuti a Roma in rappresentanza di quarantamila operatori sanitari da venti Paesi per un vostro convegno su: Un diverso modo di essere vicini al malato e al bisognoso.

Vi ringrazio vivamente per questa significativa visita, che evoca nel mio pensiero i gravi problemi della malattia e del dolore, che sono oggetto del massimo interesse e della massima attenzione da parte della Chiesa, ma anche l'impegno e la dedizione che voi portate nel lenire le sofferenze in qualità di medici, infermieri, amministrativi ed ausiliari.

Saluto fra' Pier Luigi Marchesi, Priore generale dei "Fatebenefratelli", e ringrazio in particolare il vostro rappresentante per le parole con le quali ha voluto introdurre questo familiare incontro. A tutti esprimo i miei sentimenti di affetto e di grato apprezzamento.


2. Mi auguro che il vostro raduno romano vi sia utile non solo per la vostra reciproca conoscenza, mai anche per uno scambio di idee e per una più approfondita conoscenza degli aspetti etici dei vostri rispettivi ruoli visti nell'ottica cristiana. Oggi più che mai appare urgente la riscoperta dell'identità morale e cristiana dell'operatore sanitario in un mondo secolarizzato che va perdendo il senso della sacralità della vita e quindi del doveroso rispetto di ogni uomo e di ogni donna dal momento della concezione fino alla sua morte naturale. Questa testimonianza cristiana nel mondo ospedaliero è invocata ed apprezzata, perché essa costituisce un modo diverso, cioe evangelico, di considerare ed aiutare chi è nella necessità. Essa infatti esige lo stile del buon samaritano, il quale non curo solo le ferite dell'uomo che era incappato nei briganti, ma gli si fece prossimo: "Gli si fece vicino, gli fascio le ferite, versandovi olio e vino... e si prese cura di lui" (Lc 10,34). E' necessario che questo spirito evangelico compenetri tutto l'ambiente in cui voi svolgete i vostri rispettivi incarichi, così che esso diventi veramente una realtà in sintonia con l'ispirazione e con l'atteggiamento di servizio che il fondatore dell'Ordine Ospedaliero, san Giovanni di Dio, ha trasmesso ai membri della sua congregazione e a quanti collaborano con loro.


3. Siete chiamati in occasione di questo corso di aggiornamento, a rivedere e a confrontare le vostre esperienze, i vostri impegni, le vostre ricerche e i vostri metodi, ma in tutto questo c'è bisogno di un'anima e di una sicura orientazione: il punto di riferimento del vostro lavoro si trova nella Parola di Dio e nell'insegnamento della Chiesa, la quale, istruita dalla rivelazione cristiana, non ha mai cessato di proclamare e propugnare i diritti sacrosanti alla vita e alla salute che sono propri di ogni uomo. A questo proposito, l'antico testamento si esprime in termini perentori: "Domandero conto della vita dell'uomo alla mano dell'uomo, alla mano di ogni suo fratello. Se uno sparge il sangue di un uomo, il suo sangue sarà sparso dall'uomo. Infatti ad immagine di Dio egli ha fatto l'uomo" (Gn 9,5-6).

Tale rispetto della vita umana viene chiaramente riproposto, con accenti nuovi, ma con non minore impegno nel nuovo testamento. Al giovane ricco, che domanda quali siano i principali comandamenti per entrare nella vita, Gesù risponde indicando come primo dovere il: "Non ucciderai" (Mt 19,18).

La Chiesa fedele a questa tradizione biblica, si è sempre adoperata attraverso i secoli a difendere la vita umana. Il Concilio Vaticano II ha ammonito: "Il Signore della vita ha affidato agli uomini l'altissima missione di proteggere la vita: missione che deve essere adempiuta in modo umano" (GS 51).

Carissimi, nel ribadire questi principii cristiani, mi è di consolazione sapere che l'opera che voi svolgete si ispira a tali nobili ideali. Mi auguro che i vostri incontri vi servano per illuminare meglio e rafforzare le vostre responsabilità di fronte al mistero della vita, che siete chiamati a difendere da qualunque minaccia.

Non vi scoraggino le difficoltà che indubbiamente incontrerete. Fate si che la vita fiorisca in ogni persona; ridate, per quanto sta in voi, il sorriso e la gioia di vivere a quanti si affidano alle vostre cure.

Vi sia di sostegno in codesto vostro sforzo l'assicurazione della mia preghiera per voi; preghiera che avvaloro con la mia benedizione, che ora imparto a voi e a tutti i vostri cari.



Data: 1988-03-18 Data estesa: Venerdi 18 Marzo 1988




A un gruppo di pellegrini della diocesi di Alessandria - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Vita di grazia, professione di fede, carità per essere veri cristiani come insegna Maria

Testo:

Venerato fratello, monsignor Ferdinando Maggioni, Vescovo di Alessandria, carissimi sacerdoti, religiosi, religiose e laici della diocesi!


1. Porgo a ognuno di voi il mio cordiale saluto, e mi compiaccio con voi perché siete venuti in pellegrinaggio a Roma in occasione dell'anno mariano, con una iniziativa che coinvolge tutta la comunità diocesana; e sono assai lieto di accogliervi in questa udienza a voi riservata.

L'anno mariano, infatti, deve in qualche modo incidere nella pastorale delle singole parrocchie e diocesi, come nella vita spirituale dei fedeli, nell'ambito di una più approfondita conoscenza della dottrina cristiana e di una più convinta e coerente testimonianza. E perciò quanto si è fatto e si farà ancora in questo periodo per rendere più concreti e attuali gli insegnamenti di Maria santissima e più sentita e fervorosa la devozione alla nostra Madre celeste, porterà certamente un prezioso vantaggio morale alle singole persone, alle famiglie, ai movimenti laicali, alle parrocchie, in preparazione al nuovo secolo e al nuovo millennio, per il quale ognuno invoca ansiosamente il Padre: "Sia santificato il tuo nome! Venga il tuo Regno!".

Pertanto, questo "pellegrinaggio mariano" non può essere che un "cammino di fede", in nome di Maria e con Maria. Auspico di cuore che sia per voi tutti ricco di grazie e stimolo a santi propositi, e per l'intera diocesi faro di luce e punto di riferimento! 2. In modo particolare vorrei ora sottolineare quanto Maria santissima ci insegna in merito alle caratteristiche fondamentali del vero cristiano. Sappiamo infatti che Gesù, volendo e fondando la sua Chiesa, che è infallibile circa la verità ed indefettibile circa il tempo, ha posto dei criteri obiettivi in base ai quali potersi qualificare veri cristiani.

Il primo criterio è la vita di grazia: Dio si è incarnato per redimere l'umanità dal peccato e ridare la vita divina alle singole anime mediante il Battesimo, che elimina il "peccato originale": "Propter nos homines et propter nostram salutem descendit de coelis et incarnatus est de Spiritu Sancto ex Maria Virgine". Queste parole del "Credo" sono scolpite nella nostra mente e ci ricordano la nostra suprema grandezza e dignità, e nello stesso tempo ci richiamano anche la missione mirabile di Maria, scelta da Dio per essere Madre del Redentore, e perciò "capolavoro della sua grazia", esente dal male fin dalla concezione.

Maria, Madre della Grazia, perché Madre di Cristo e della Chiesa, vi faccia sempre più sentire quanto grande, importante, indispensabile sia vivere in grazia, partecipando della stessa vita trinitaria, ora nell'oscurità meritoria e trepidante della fede, poi nella luce gloriosa e gaudiosa del cielo! Solo tale vita soprannaturale, intensamente compresa e realizzata, può dare luce e forza per superare le difficoltà, anche grandi, opposte dalla mentalità e dai costumi secolarizzati del mondo moderno.

La seconda caratteristica del vero cristiano è la professione di fede ed anche a questo riguardo Maria è nostro modello e nostra maestra. Ella infatti, chiamata da Dio per l'unica e sublime missione della divina maternità, sa di dover tutto a Dio, accetta la singolare missione e rimane fedele alla parola data, dal momento dell'annunciazione fino alla passione e risurrezione di Gesù, all'attesa della Pentecoste con gli apostoli e i discepoli nel cenacolo, e poi fino al termine della sua esistenza. così deve essere anche per il cristiano autentico: "Voi mi sarete testimoni!" (Ac 1,8): il comando che Gesù diede agli apostoli prima di ascendere al cielo vale per tutti. "Avrete forza dallo Spirito Santo, che scenderà su di voi!" (Ac 1,8). Questo è l'impegno dei seguaci di Cristo, che perdura ormai da venti secoli e che rimarrà fino al termine della storia: "Chi mi riconoscerà davanti agli uomini, anch'io lo riconoscero davanti al Padre mio che è nei cieli" (Mt 10,32). La "professione di fede", sia nella vita individuale e familiare sia nella vita sociale e politica, è diventata oggi più difficile e più impegnativa a motivo della cosiddetta "secolarizzazione", che è penetrata ormai ampiamente nella società e che, insieme all'agnosticismo e all'indifferentismo, ha portato ad un crollo dei principii morali, umani e cristiani.

E' questo un motivo per sentirsi ancora più decisi e coraggiosi nel testimoniare la propria fede cristiana, che non solo è causa della eterna salvezza, ma è fonte anche di pace sulla terra, di concordia e di serenità.

Infine, la pratica della carità è la terza caratteristica che distingue il vero cristiano secondo l'espressa volontà di Cristo. Egli infatti parla ripetutamente di amore reciproco, di carità verso il prossimo, di donazione totale: "Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amati, così amatevi anche voi" (Jn 13,34). Gesù non si accontenta di parole o di devozioni: la fede deve tradursi in opere, e la prima opera è la carità verso il prossimo! Siamo stati inseriti dalla provvidenza nella comunità dei fratelli che dobbiamo amare, mediante la carità materiale e spirituale, pur condannando gli errori e combattendo il male. Maria santissima, che è "Consolatrice degli afflitti", "Madre dei poveri", "Rifugio dei peccatori", vi insegni e vi aiuti ad amare sempre, con coraggio e dedizione, senza polemiche e senza amarezze, con animo semplice e generoso.


3. Cari fedeli di Alessandria! Desidero terminare queste mie parole di incoraggiamento e di esortazione con il ricordo di san Pio V, il grande Pontefice che ebbe origine nelle vostre terre, a Bosco Marengo nel 1504, da povera famiglia, e che, entrato nell'Ordine Domenicano, per la sua intelligenza e per la sua austerità divenne Vescovo, Cardinale ed infine fu elevato al Pontificato il 7 gennaio 1566. Caratteristica della sua vita fu la strenua lotta contro gli errori e le eresie, accompagnata da profonda pietà e da severa austerità di vita. Il suo nome rimane scolpito a caratteri d'oro nella storia della Chiesa, oltre che per il costante assillo per l'esecuzione del Concilio Tridentino in un'ansia di riforma spirituale che ha trasformato la società cristiana, anche per l'istituzione della festa della Vergine del Rosario, dopo la battaglia di Lepanto.

San Pio V, da voi venerato e pregato, sepolto qui a Roma nella Basilica mariana per eccellenza, Santa Maria Maggiore, difenda la vostra fede! E voi imitatelo nella sua devozione alla Madonna, recitando il rosario, personalmente, nelle parrocchie e nelle famiglie. L'anno mariano - che voi solennizzate in modo così significativo con questo pellegrinaggio romano - spinga ognuno di voi e tutta la diocesi alla recita quotidiana del rosario, per le necessità della Chiesa, per le vocazioni sacerdotali e religiose, per la conversione dei lontani, per la pace del mondo.

E vi accompagni anche la mia benedizione, che di gran cuore ora vi imparto e che estendo volentieri all'intera comunità diocesana!


Data: 1988-03-19 Data estesa: Sabato 19 Marzo 1988




La solennità di san Giuseppe, patrono dei lavoratori, celebrata con i tranvieri - Roma

Titolo: L'arrivo nel capannone degli autobus

Testo:

Voglio ringraziare per le parole rivoltemi all'inizio di questa visita.

Mi viene alla mente questo binomio: vie del mondo, vie di Roma. Già da un certo tempo, il Cardinale Poletti, il vicario per Roma, mi diceva: "Papa, per san Giuseppe tu giri sempre fuori Roma, in diversi posti, in diverse parti dell'Italia; ma qui a Roma ve ne sono molti". E così mi ha convertito, e voi vedete il frutto della conversione, degno della Quaresima, dovuto al buon Cardinale vicario. Vi ringrazio per l'accoglienza a questo convertito che viene a farvi visita e lo fa con cuore aperto. Ancora una volta ringrazio il presidente e il lavoratore che mi hanno parlato e mi hanno dato il benvenuto. Mi sento benvenuto. Voglio dare una risposta più completa durante la celebrazione eucaristica perché la circostanza che ci riunisce è la festa di san Giuseppe: lasciamo parlare san Giuseppe, allora, e lasciamo che sia lui a ringraziare voi tutti, carissimi fratelli e sorelle, rappresentanti del lavoro specifico delle comunicazioni, dei trasporti di Roma, come anche le vostre famiglie qui presenti, san Giuseppe è anche patrono di ogni famiglia. Con queste brevi parole vi ringrazio per la vostra accoglienza e auguro a tutti voi una fruttuosa partecipazione a questo incontro religioso nella giornata di san Giuseppe.


Data: 1988-03-19 Data estesa: Sabato 19 Marzo 1988




Ai lavoratori dell'Atac di Roma - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La solidarietà dev'essere la guida di ogni impegno morale nella vita di lavoro

Testo:


1. "Maria, dalla quale è nato Gesù chiamato Cristo" (Mt 1,16).

Con queste parole termina la genealogia di Gesù di Nazaret, nel Vangelo di Matteo. Nello stesso brano, Giuseppe figlio di Giacobbe, della stirpe di Davide, viene chiamato "lo sposo di Maria" (Mt 1,16).

Chi era Giuseppe? Proprio la stessa pagina sacra racconta di lui quel fatto che sta al centro della sua vita e della sua vocazione: Giuseppe è l'uomo al quale fu affidato in modo particolare ed eccezionale "il grande mistero" di Dio stesso. Il mistero dell'incarnazione. Giuseppe è colui che ha creduto, e si è affidato a Dio, come ha fatto Maria. Si può dire che egli ha ottenuto il dono di una "partecipazione" singolare ed immediata alla fede di Maria. Se per il popolo e davanti alla legge di Israele egli fu il suo sposo nel senso comune del termine, dinanzi a Dio ed alla propria coscienza egli rimase lo sposo verginale della Genitrice di Dio, totalmente dedito al mistero di quella maternità, che in essa aveva miracolosamente realizzato lo Spirito Santo.


2. Di tutto ciò parla l'evangelista Matteo. Ecco le parole di quella annunciazione, che anche Giuseppe ricevette a somiglianza di Maria: "Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati" (Mt 1,20-21) Conosciamo bene il testo dell'annunciazione di Maria nel Vangelo di Luca. Là si parla del turbamento della Vergine di Nazaret, qui del turbamento di Giuseppe. Là Maria manifesta la sua emozione dinanzi al messaggero celeste. Qui l'angelo, in un certo senso, previene la domanda di Giuseppe e risponde alla sua inquietudine. Là Maria risponde: "Avvenga di me quello che hai detto" (Lc 1,38), qui Giuseppe "fa come gli aveva ordinato l'angelo del Signore" (cfr. Mt 1,24).

"Nulla è impossibile a Dio" (Lc 1,37). Non vi è alcuna "dissomiglianza" nella sostanza del messaggio. Non c'è disparità tra ciò che Maria prima, e Giuseppe poi sentono dalla bocca del messaggero: è l'annuncio che il Figlio di Dio si farà uomo, nascendo dalla Vergine.

In questo punto la fede di Giuseppe merita di essere paragonata alla fede di Abramo, elogiato con queste parole nella lettera ai Romani: "Ebbe fede, sperando contro ogni speranza" (Rm 4,18).


3. Cari fratelli e sorelle! Ci incontriamo nella solennità di san Giuseppe, nel corso dell'anno mariano. Proprio per questa circostanza la figura di quell'uomo giusto merita un particolare ricordo unito alla nostra venerazione.

Nell'anno mariano la Madre di Dio viene presentata a tutti come colei che ci "precede nella peregrinazione della fede", dando esempio a tutto il Popolo di Dio nella sua peregrinazione terrena.

Di fronte al mistero dell'incarnazione nessuno ha avuto una così diretta partecipazione alla fede di Maria quanto Giuseppe. E questo fatto è determinante per la considerazione della sua grandezza spirituale dinanzi a Dio ed agli uomini.

L'uomo al quale Dio stesso ha dato tanta fiducia - ed egli non ha deluso questa fiducia - merita pure una grande fiducia da partee degli uomini. Ed egli di fatto ha ricevuto tale fiducia.

Tutta la Chiesa, infatti, dimostra a Giuseppe il suo particolare affidamento. Vi sono due ambiti di realtà umane, che la Chiesa ama considerare riferendosi alla testimonianza di san Giuseppe: la famiglia e il lavoro. Due ambiti quanto mai estesi e fondamentali per l'intera esistenza umana! Nel corso di questo incontro, al quale partecipate voi, lavoratori di un particolare settore, quello dei trasporti, desidero considerare insieme con voi i problemi di fondo del vostro impiego, partendo dall'annuale solennità di san Giuseppe.


4. Famiglia e lavoro sono gli spazi umani, dentro i quali si svolge tutta la vostra vita. Essi, considerati insieme, richiamano l'idea della fraternità. Nella famiglia e nel lavoro gli uomini devono infatti vivere l'uno accanto all'altro senza ignorarsi, ma cercando costantemente le vie della collaborazione sincera, del reciproco servizio, della solidarieta.

E' precisamente questo spirito di fraternità che ho potuto cogliere dalle vostre parole, da quella del presidente dell'Azienda, come da quelle del rappresentante dei lavoratori. Vi ringrazio per la cordiale accoglienza che mi avete riservato, mentre porgo a tutti il mio affettuoso saluto.

Il mio pensiero va anche ai cappellani del lavoro. Li ringrazio per il loro ministero e li esorto a perseverare nelle loro iniziative pastorali per esservi vicini e testimoniare concretamente, accanto a voi nelle vostre fatiche.

l'attenzione che la Chiesa nutre per i lavoratori. Con loro voi potrete esaminare la dottrina sociale che la Chiesa ispirandosi al Vangelo, costantemente annuncia a tutti gli uomini.

Desidero, altresi, esprimere il mio compiacimento per il servizio che, come è stato detto, vede intrecciarsi, ormai da settanta anni, lo sviluppo della rete dei trasporti pubblici con la crescita della città di Roma. Mi rendo conto delle difficoltà incontrate nel seguire l'espansione intensa e febbrile della città in questi ultimi decenni, nell'intento di disporre servizi adeguati per tutta la popolazione.

Roma, oltre tutto, è una città singolare per il legame che conserva con il mondo intero. Voi siete testimoni del costante accorrere di numerosi pellegrini e visitatori, attenti ai valori civili e religiosi dell'"Urbe". E' anche attraverso di voi che spesso essi imparano a cogliere il volto di questo meraviglioso centro di testimonianze cristiane ed artistiche.

Certo, il vostro maggiore lavoro consiste nel venire incontro alla porzione più cospicua dei cittadini, alla grande massa di lavoratori come voi, che senza sosta si servono dei mezzi pubblici per raggiungere l'ufficio, la fabbrica, i negozi, la propria abitazione. E' questa dimensione, per così dire, popolare della vostra opera che segna un vostro vincolo particolare con la società civile e suscita un impegno morale di solidarietà del tutto singolare con gli altri cittadini.

Questo rapporto diretto deve sostenere lo sforzo per superare le difficoltà che scaturiscono dal vostro specifico lavoro: la tensione di trovarvi nel crogiuolo del traffico febbrile e nervoso di una città pressata dal suo crescere veloce, l'impatto con persone e circostanze imprevedibili e non facili, il peso di turni a volte particolarmente logoranti.

Vi invito ad affrontare queste situazioni con animo solidale verso quanti dipendono da voi per i loro spostamenti. Servite ogni persona con generosità, ben sapendo che qualsiasi azione intesa a contribuire al bene del prossimo e ad aiutare un fratello, è sorgente di schietta gioia per chi la compie.


5. Vorrei incoraggiarvi tutti a superare con impegno le tentazioni di reciproca indifferenza o di contrapposizione sistematica e di generale timore che spesso si insinuano nell'ambiente di lavoro, e tendono a renderlo nemico all'uomo stesso che vi opera.

La parola del Vangelo ci fa pensare che mancherebbe ad un suo preciso dovere morale chiunque rifiutasse di mettere a disposizione del bene comune, nel contesto del servizio che lo riguarda, i mezzi dell'intelligenza, le risorse tecniche e il potere di cui dispone. E certo legittimo operare per il miglioramento della propria situazione e di quella della categoria a cui si appartiene. Lo sviluppo, tuttavia, non si attua nella sola ricerca esasperata dei profitti. Ogni crescita si compie con la collaborazione di tutti verso tutti, avendo sempre presenti le incidenze che le rivendicazioni dei singoli hanno sull'interraompagine sociale. Oggi più che mai gli uomini si rendono conto di essere legati da comuni problemi e aspirazioni, e comprendono di dover costruire insieme, con equilibrio, con vera partecipazione, con onestà e verità, il bene che li riguarda tutti insieme.


6. Come è noto, per commemorare il 20° anniversario dell'enciclica del Papa Paolo VI "Populorum Progressio", ho inviato a tutti i cristiani una lettera, che inizia con le parole "Sollicitudo Rei Socialis". In essa ho cercato di mettere in risalto il valore della solidarietà. Essa è un atteggiamento dell'animo fondato sulla considerazione dei vincoli sempre più stretti che, di fatto, legano tra loro gli uomini e le nazioni del mondo contemporaneo. Ma la solidarietà è anche una virtù morale, che nasce dalla consapevolezza della connaturale interdipendenza che lega ogni essere umano ai propri simili nelle varie componenti della sua esistenza: l'economia, la cultura, la politica, la religione. La solidarietà non può, quindi, ridursi ad un vago atteggiamento di partecipazione emotiva o ad una parola senza risonanza pratica. Essa richiede un impegno morale attivo, una determinazione ferma e perseverante di dedicarsi al bene comune, ossia al bene di tutti e di ciascuno: tutti siamo responsabili di tutti.


7. Il principio della solidarietà chiede, quindi, di trovare applicazione nei diversi campi, nei quali l'uomo è chiamato ad agire, a partire da quegli ambienti sociali che lo riguardano più immediatamente: la famiglia, la comunità di lavoro, la comunità civile e quella religiosa. Anche tra di voi, dunque, la collaborazione dovrà essere improntata ai principii della solidarietà: questa dovrà essere la guida di ogni impegno morale nella vita interna dell'Azienda, come anche nella soluzione dei problemi che sorgono nell'ambito del servizio pubblico.

Si tratta, come è ovvio, di un cammino da percorrere con costante volontà di adattamento alle situazioni, superando le circostanze meno propizie con intelligenza, acume, abilità e soprattutto con sentimento di umana comprensione.

L'instaurazione di rapporti di solidarietà è, infatti, un compito che chiama in causa le qualità migliori di ciascuno. Io vi invito, pertanto, a porre in ciò il vostro quotidiano impegno.


8. Ritorniamo con la nostra mente alla famiglia di Nazaret. Ivi Maria e Giuseppe vivono la loro vita di fede, corrispondendo ad una vocazione sublime, che lega la loro esistenza al mistero di Dio presente tra gli uomini in quel loro Figlio, che è lo stesso Verbo di Dio incarnato.

Nella dedizione a lui essi trovano la quotidiana motivazione per una solidarietà tra loro che nessuna difficoltà riesce ad incrinare. Dalla fede in lui, che essi sanno essere venuto "per salvare il suo popolo" (cfr. Mt 1,21), traggono la spinta per aprirsi ad una inesauribile solidarietà verso gli altri. E questa solidarietà vivono nel nascondimento del lavoro quotidiano, affrontato con la consapevolezza di collaborare anche in quel modo all'universale piano della salvezza.

Così essi compiono la "loro peregrinazione della fede", di cui la narrazione evangelica che abbiamo ascoltato ci fa vedere solo "il punto di partenza". Il resto del cammino - specialmente del cammino di Giuseppe - è come racchiuso nel silenzio. Sappiamo solo che la vita di lui fu spesa nella quotidiana fatica del carpentiere, accanto al Figlio di Dio Gesù, il quale, crescendogli accanto giorno dopo giorno, diventava sempre più validamente suo collaboratore: carpentiere accanto al carpentiere.

Anche ogni uomo che lavora è chiamato da Dio a costruire la propria esistenza nella quotidiana fatica e nella generosa solidarietà, percorrendo con perseveranza il proprio cammino. Un cammino sul quale la fede getta un raggio di vivida luce, insegnando ad amare ogni uomo in Cristo come fratello, aiutandolo a sostenere la parte di croce quotidiana che si cela in ogni tipo di attività, invitandolo a leggere la propria vicenda nel quadro di un più ampio disegno provvidenziale, che ha come scopo la salvezza dell'umanità e come prospettiva finale il trionfo della giustizia e dell'amore nel ritorno glorioso di Cristo.

Carissimi lavoratori, queste non sono verità astratte: l'esempio dei componenti la sacra Famiglia le rende estremamente concrete. Sono verità che passano attraverso la fatica casalinga di Maria, si irrorano del sudore quotidiano di Giuseppe, hanno lo spessore degli strumenti manovrati dalle mani callose dello stesso Figlio di Dio.

Sappiate guardare a loro - a Maria, a Giuseppe, a Gesù - per ricuperare ogni giorno il senso della vostra dignità e la stima del vostro lavoro.

Sentiteveli vicini nel disimpegno quotidiano dei vostri compiti. Nell'anno mariano, che stiamo vivendo, vi è vicina in particolare la Vergine santa, alla quale, come a Madre premurosa e sollecita, potete confidare i vostri problemi, quelli di lavoro e quelli di famiglia.

A lei vi affido, perché so che vi può capire: è la sposa di un lavoratore come voi, e so che vi può aiutare: è la Madre dell'Onnipotente.

Dopo queste considerazioni omiletiche diciamo la nostra professione di fede e poi, con la preghiera dei fedeli, ci prepariamo a portare sull'altare eucaristico tutto quello che costituisce la vostra vita quotidiana: vita delle famiglie, sollecitudini, preoccupazioni, ansie, speranze, come anche tutto quello che costituisce la vostra quotidiana vita del lavoro, lavoro di giorno, lavoro di notte, tutto quello che il lavoro significa per la persona umana e per una umana comunita.

Sia lodato Gesù Cristo.


Data: 1988-03-19 Data estesa: Sabato 19 Marzo 1988





GPII 1988 Insegnamenti - All'Unione Iberoamericana dei padri di famiglia - Città del Vaticano (Roma)