GPII 1988 Insegnamenti - Ai partecipanti alla VIII "Maratona di Primavera" - Città del Vaticano (Roma)

Ai partecipanti alla VIII "Maratona di Primavera" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La scuola cattolica, luogo per formare le menti dei giovani nella pienezza della verità

Testo:

Signor ministro, signor sindaco, carissimi ragazzi.

E' un saluto semplice quello che vi rivolgo in questa mattina della domenica "in Albis"; ma desidero che esso esprima, insieme alla gioia di vedervi così numerosi e festanti, l'apprezzamento per un'iniziativa che intende richiamare l'attenzione su un settore importante dell'azione pastorale della Chiesa: la scuola cattolica.

Facendo mie le vostre preoccupazioni e speranze, voglio soprattutto confermare voi, bambini e ragazzi, nell'impegno a vivere la scuola, non solo come luogo dove potete apprendere nozioni utili e modi corretti di comportamento, ma anche, e soprattutto, come ambiente dove imparate ad aprirvi alla vita vera, di cui Gesù è sorgente inesauribile. Intendo confermare pure voi, adulti, genitori e docenti, a perseverare in un impegno rivolto ad un'educazione che risponda adeguatamente alle aspirazioni di queste giovani generazioni, formando le loro menti nella pienezza della verità, ma soprattutto insegnando a divenire amici del Redentore.

Mentre auguro che questa iniziativa sia lieta occasione per ricordare l'importanza di percorrere le strade della vita con Cristo, consapevoli che la carità autentica consiste nel vivere la verità e nel praticare la giustizia (S.

Augustini "De Trinitate", 8.7.10), pongo la vostra giornata sotto la protezione di Maria, perché vi ottenga le grazie che consolidano la fede e portano a compimento i propositi di bene.

Vi benedico ora di cuore, perché Gesù, il quale con la sua risurrezione ci ha ridato la vita, doni a ciascuno ed a ciascuna di voi molto vigore nel perseguire i propri impegni e serenità per viverli. Buona maratona!


Data: 1988-04-10 Data estesa: Domenica 10 Aprile 1988




Recita del "Regina Coeli" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Nell'isola di Tinos, la Lourdes dell'Oriente

Testo:

Carissimi fratelli e sorelle.


1. L'occhio dell'anima si volge, in questo momento di raccoglimento, verso la Grecia, dove, proprio oggi, i fratelli ortodossi celebrano la solennità pasquale che noi cattolici abbiamo commemorato domenica scorsa. Nell'unirci all'esultanza del loro spirito, inviamo ad essi ed all'intera nazione greca un cordiale e beneaugurante saluto.

Il pensiero, in questo momento di preghiera alla Vergine santa, va ai numerosi luoghi di pellegrinaggio mariano presenti in quella nobile terra. Tra essi, la Vergine dell'Annunciazione, a Tinos, è senz'altro il Santuario che richiama il maggior numero di fedeli provenienti non solo dalla Grecia, ma da tutto il mondo ortodosso. Tinos è stata infatti definita la Lourdes dell'Oriente.

Agli inizi del XIX secolo, nel 1822, nel monastero della Regina degli Angeli, nell'isola di Tinos, una monaca di nome Pelagia ricevette molte volte l'apparizione della Madre di Dio. In queste apparizioni Maria la sollecitava a parlare con il Vescovo Gabriele e con le autorità dell'isola perché si iniziassero degli scavi in una chiesa, le cui rovine sorgevano in una località alquanto isolata.

Durante gli scavi, furono messi in luce i resti di una chiesa bizantina e si ritrovo anche l'icona della Vergine dell'Annunciazione. I fedeli accorsero numerosi a venerare l'immagine e miracolose guarigioni si produssero. Fu allora iniziata la costruzione di un grandioso Santuario che potè essere inaugurato nel 1831. L'icona vi fu deposta e da quel tempo gli ex-voto dei fedeli, che vogliono esprimere la loro riconoscenza, non hanno mai cessato di moltiplicarsi.


2. Questo Santuario, sorto all'epoca delle lotte per la liberazione nazionale, è un luogo caro all'anima di tutti gli ellenici. Un decreto reale lo dichiaro, nel 1835, "pellegrinaggio di tutti gli ortodossi". Nel 1972 l'isola di Tinos è stata decretata isola sacra, in onore di questa icona miracolosa. Ogni anno tre grandi celebrazioni hanno luogo nel Santuario: il 30 gennaio, anniversario del ritrovamento dell'icona; il 25 marzo, festa dell'Annunciazione e festa nazionale della Grecia ed infine, il 15 agosto, festa della Dormizione della Madre di Dio.

In tali giorni migliaia di pellegrini confluiscono a Tinos.


3. Mi è caro esprimere l'auspicio che in questo anno mariano, i cattolici e gli ortodossi dell'isola, che sono uniti gli uni agli altri dalla pietà verso la santissima Madre di Dio, elevino a lei con rinnovato fervore le loro suppliche, affinché presto abbia a sorgere il giorno in cui tutti i suoi figli saranno riuniti e potranno innalzare al Signore Gesù la lode che egli vuole da loro: la comune professione di fede.

[Omissis. Seguono i saluti in varie lingue. Quindi il Santo Padre ha così continuato:] La Chiesa ortodossa di Etiopia celebra oggi la Santa Pasqua. Per l'occasione ho inviato un saluto augurale al Patriarca Tekle Haimanot, ed alla sua comunità.

Purtroppo, in questi giorni, il conflitto che da tempo si protrae in alcune regioni del Paese si è acuito con particolare gravità.

Ne soffrono soprattutto le popolazioni civili, anche perché gli scontri avvengono in territori dove maggiormente infierisce la carestia. Sono ora state sospese temporaneamente le attività di soccorso, condotte da vari organismi internazionali. Continuano invece ad operare le strutture caritative della Chiesa cattolica locale.

Invito tutti ad unirsi a me nell'implorare pace per l'Etiopia. A questo appello di pace si aggiunge un pensiero di solidarietà per i numerosi fratelli e sorelle che soffrono la fame. Iddio illumini le menti e muova i cuori, affinché non sia tralasciata alcuna possibilità di portar loro aiuto e si trovi il modo di superare le difficoltà che si frappongono a questo dovere urgente di umanità e di fraternità! 2. Nel tempo pasquale è stata particolarmente presente nel mio cuore e nelle mie preghiere anche la terribile guerra che imperversa tra l'Iran e l'Iraq.

Ho già inviato un messaggio ai Presidenti dei due Paesi, ed ho fatto appello al Segretario Generale delle Nazioni Unite, che si sta adoperando in favore di una tregua.

Spero vivamente che queste invocazioni trovino ascolto. Ogni giorno che passa, continuano a giungere notizie tremende: le popolazioni civili sono vittime non solo dei bombardamenti delle città, ma, in alcune regioni, anche di un largo impiego di armi particolarmente crudeli, come, specificamente, quelle chimiche.

Ciò è in contrasto con i principi umanitari, sanciti in note convenzioni internazionali.

Eleviamo la nostra preghiera a Dio onnipotente misericordioso perché dia aiuto e conforto a quanti soffrono ed illumini le menti ed i cuori nella ricerca delle vie della pace.


Data: 1988-04-10 Data estesa: Domenica 10 Aprile 1988




Visita pastorale del Vescovo di Roma - Roma

Titolo: Parrocchia di santa Maria Madre del Redentore a Tor Bella Monaca

Testo:

[Con handicappati e i malati il primo incontro] Leggendo il Vangelo vedo Cristo che ha incontrato sempre i malati, gli handicappati, che anche alla sua epoca erano disprezzati a causa del loro handicap, ma per lui erano i privilegiati, i primi. Ed io cerco di seguire le sue orme e mi fermo prima qui con voi, tanto più che in questo giorno celebriamo l'ottava di Pasqua. Sappiamo bene che il mistero pasquale vuol dire si la risurrezione, ma vuol dire anche un cammino attraverso il Venerdi Santo, un cammino attraverso la croce e tutto insieme contribuisce a creare il mistero pasquale, l'evento pasquale, la realtà pasquale nella quale e attraverso la quale Cristo ci ha salvati, ci ha aperto la strada. Una strada che forse si perde nelle visioni del mondo terrestre, nei programmi odierni, anche politici, ma è una strada che si apre presso Dio, si apre in Dio stesso. Questo è il mistero pasquale. Un uomo che si chiamava Gesù di Nazaret che ha predicato, che ha guarito i malati e che alla fine è stato torturato, crocifisso e sepolto. Questo uomo, dopo tre giorni, si è mostrato vivo, si è mostrato vivo davanti a tutti per dire "Io sono la verità", "Io sono la vita", "Io sono la via". Ecco: io vengo qui per predicare Cristo! E se non vedete nulla che vi aiuti nelle realtà umane e civili, io vi auguro di poter vedere sempre Gesù Cristo. La direzione che lui ha dato alla nostra vita umana, alla nostra realtà, ai nostri limiti umani si apre in una dimensione nuova, ed in questa dimensione nuova i privilegiati sono proprio quelli che soffrono per motivi politici, civili o per altri motivi. Si parla sovente, ed anche io ho parlato nella mia ultima enciclica "Sollicitudo Rei Socialis" del Terzo mondo, del Quarto mondo, ed ho sottolineato che questo Terzo e Quarto mondo esistono all'interno del Primo mondo, all'interno cioè del mondo dell'opulenza.

Esiste soprattutto laddove manca il cuore, dove manca il Cristo. Se non mancasse Cristo non esisterebbe più né Terzo, né Quarto mondo. Io vi auguro carissimi che in questa parrocchia, se anche esiste il Quarto mondo, esista soprattutto quello che non è né primo né secondo mondo ma solo un mondo cristiano, marcato dalla parola di Cristo, dalla realtà di Cristo, dalla sua passione e risurrezione, dal suo mistero pasquale, marcato dalla sua Eucaristia, dalla sua verità e dalla sua grazia. Lo auguro a tutta la parrocchia attraverso voi, lo auguro soprattutto a voi. E' bene che il mio ingresso in questa parrocchia sia avvenuto attraverso voi handicappati. Questa è la porta di ogni comunità cristiana, cioè della Chiesa come lo è stata per Cristo nel suo tempo e come deve essere in tutti i tempi. Io vi auguro di avere questa fede, questa fiducia, questa speranza. Con questa fede, fiducia, speranza vincerete anche le ristrettezze degli altri mondi; auguro ai vostri sacerdoti e a tutti i parrocchiani, a tutte le persone di buona volontà di farsi parte delle vostre preoccupazioni ed anche dei vostri diritti, dei vostri bisogni.

Volevo dirvi queste parole proprio iniziando la mia visita pastorale a questa vostra parrocchia che è legata in modo particolare alla redenzione. La redenzione si avverte qui soprattutto, la redenzione attraverso la stessa passione di Cristo; la passione di Cristo, la passione redentrice di Cristo deve essere sempre completata. Scriveva san Paolo che lui nelle sue sofferenze completava la passione di Cristo. Voi fate lo stesso. Vi auguro di fare ciò con grande fede, con grande speranza e con grande amore.

[Il saluto alla popolazione di Tor Bella Monaca] Prima di venire qui mi sono incontrato con un gruppo di handicappati e poi ho potuto abbracciare già tanti parrocchiani, giovani ed anche adulti. E credo che questa sia stata già una parola di saluto e di accoglienza. Ora il vostro parroco ha detto che Tor Bella Monaca era un deserto. Ma sappiamo bene che Cristo per cominciare la sua missione è andato prima nel deserto, è stato guidato dallo Spirito prima nel deserto. Allora il deserto è anche un ambiente privilegiato per l'opera della redenzione e voi siete stati marcati da questa opera della redenzione perché questo deserto è fiorito come parrocchia, come comunità cristiana nell'anno della redenzione. Ecco io devo dire che si vede poco del deserto, si vedono tante case, quasi dei grattacieli, grandi case; si vede tanta gente. Attorno alla croce di Cristo, alla croce della redenzione è nata una famiglia. Voi siete una famiglia composta di fratelli e sorelle, nonostante tutto.

Tutti approfittano di questa fratellanza umana e cristiana per crescere attorno alla croce. Anche i nomadi, che sembrano stranieri a causa della loro lingua, si trovano all'interno di questa fratellanza, di questa fraternità umana e cristiana che cresce qui, in questa parrocchia dedicata a Maria, Madre del Redentore. Io vi saluto tutti e saluto soprattutto i ragazzi, di tutti i diversi gruppi in particolare quelli dell'ACR che mi hanno accolto salutandomi con belle parole. Li saluto cordialmente. Sono tanti i vostri ragazzi; si vede che la vostra è una famiglia in cui non mancano i figli, non mancano i giovani, non mancano i ragazzi e le ragazze. Vi auguro di crescere nella grazia di Cristo, di crescere alla luce della sua risurrezione, del mistero pasquale, che oggi culmina nella Domenica in Albis, la II domenica del periodo pasquale, terminiamo oggi la grandissima solennità, la celebrazione della grandissima verità della nostra fede: Cristo è risorto. Ed anche questa verità è venuta da un sepolcro. Allora ciò significa: niente sepolcro, niente deserto ma vita! Cristo è risorto! Questa è la nostra fede e la nostra speranza. Vi auguro questa fede e questa speranza; ed a voi auguro la speciale sollecitudine materna della Madre di Cristo, la "Redemptoris Mater".


[L'omelia durante la celebrazione della santa Messa]


1. "Haec dies quam fecit Dominus:/ exsultemus et laetemur in ea!" (Ps 118[117],24).

La solennità pasquale dà inizio ad un tempo nuovo: al giorno fatto dal Signore. Le parole, che la Chiesa ripete durante l'ottava di Pasqua, indicano proprio questa novità. La risurrezione di Cristo non è soltanto uno degli avvenimenti nella storia del mondo. E' l'inizio della trasformazione di tutto ciò che esiste. L'uomo che, insieme con tutto il creato, è sottomesso alla legge della morte, s'incontra d'ora in avanti in Cristo con la vita, che è più forte della morte: "Mors, ero mors tua". Nel mistero pasquale viene aperta davanti all'uomo la prospettiva escatologica, che è prospettiva della vita in Dio.

La liturgia della Chiesa proclama con entusiasmo questo giorno fatto dal Signore, e invita tutti alla gioia della Pasqua di Cristo. La Pasqua è collegata con il tempo. Questo tempo è passato. Ma, simultaneamente, questo tempo dura.


2. La Pasqua di Cristo è collegata anche con un luogo.

Con i diversi luoghi, che sono per noi sacri, così come sacra è la terra nella quale si è compiuta la redenzione del mondo.

Tra i luoghi collegati, in modo particolarmente stretto, col mistero pasquale, riveste un significato singolare il cenacolo di Gerusalemme.

Esso è stato testimone dell'ultimo incontro degli apostoli con Cristo prima della passione: testimone dell'ultima cena. E' stato anche testimone del primo incontro di Cristo con essi dopo la risurrezione.

Proprio l'odierna liturgia ce li rende presenti. Gesù entra nel cenacolo, nonostante le porte chiuse, si ferma in mezzo ai suoi discepoli e dice: "Pace a voi! Come il Padre ha mandato me. anch'io mando voi" (Jn 20,21).

Ci viene in mente il momento della trasfigurazione sul monte, poiché Gesù è ora trasfigurato. Tutto il suo corpo manifesta la realtà della risurrezione; soltanto le cicatrici nelle mani e nel costato confermano la crocifissione.

Gesù le fa vedere agli apostoli, come se volesse assicurare loro di essere lo stesso. E allora alita su di loro e dice: "Ricevete lo Spirito Santo: a chi rimetterete i peccati saranno rimessi, e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi" (Jn 20,22-23).

Così questo primo incontro è già l'inizio della Pentecoste. Cristo introduce gli apostoli nel cuore stesso della potenza redentrice, che fa nuove tutte le cose. La risurrezione significa non soltanto la vittoria sul peccato, ma anche sulla morte, che del peccato è conseguenza.


3. Il cenacolo è il luogo in cui il giorno della risurrezione si collega con questo giorno. Dopo otto giorni (quindi alla fine dell'ottava, che termina proprio oggi) Cristo è di nuovo nel cenacolo, dove è presente anche Tommaso.

La vicenda di Tommaso, uno dei dodici, è molto significativa. Nella sua coscienza la morte - anche la morte del Maestro - rimane un fatto irreversibile.

Tutto finisce con la morte. Anche l'evento di Gesù di Nazaret è finito nel momento in cui egli è spirato sul Golgota.

Tommaso ne è così convinto, da non accettare la testimonianza degli altri: "Non credero" (cfr. Jn 20,25). Non riesce a percepire che "ciò che è impossibile agli uomini, è possibile a Dio" (cfr. Lc 18,27).

E anche se gli altri apostoli gli dicono: "Abbiamo visto il Signore!" (Jn 20,20), egli persiste ostinato nel suo rifiuto. Nello stesso tempo pone una condizione: se non vedo, non credo, se non metto il dito, non credo (cfr. Jn 20,20).


4. Questo Tommaso incredulo è un simbolo molto vasto. Ritroviamo in lui l'uomo di tutti i tempi. E, particolarmente, forse l'uomo della nostra epoca, per il quale è vero soltanto quanto è accessibile ai sensi. Non esiste verità oltre ciò che è empirico.

Possiamo quindi domandarci se Cristo non abbia esplicitamente voluto che un tale uomo si collocasse nel centro stesso degli avvenimenti pasquali - sulla soglia del tempo della Chiesa. Tommaso è certamente in grado di avvicinare al cenacolo molti altri "Tommasi".

Si potrebbe perfino dire che in ciascuno di noi c'è qualche cosa di lui.

Egli manifesta la verità sull'uomo di tutti i tempi.

E' per questo che l'odierno "ottavo giorno" (che la liturgia ci fa presente) è così importante. E' il giorno in cui ciascuno di noi può convincersi sempre di nuovo che nel mondo, oggetto della conoscenza empirica rimane aperto lo spazio per il mistero.

Si, il mistero si trova all'interno di questo mondo, all'interno di ciò che è visibile, udibile, toccabile.

Ecco, Cristo viene di nuovo nel cenacolo - e soddisfa alle esigenze poste da Tommaso. Dice: "Guarda..." Dice: "Stendi la tua mano e mettila nelle mie ferite" (cfr. Jn 20,27).

Cristo è la rivelazione del mistero. E "visibilità dell'Invisibile". E' "incarnazione". E tale è anche nella sua risurrezione. Anzi prima di tutto nella risurrezione! Nel corso della sua attività messianica ha compiuto tanti segni.

L'ultimo - la risurrezione - è il più grande. Ed è definitivo.

Ciò che è "impossibile agli uomini, è possibile" a Dio.


5. Con l'avvenimento dell'ottavo giorno (cioè del giorno odierno) il cenacolo rimane legato alla storia della Chiesa. E rimane anche nella storia dell'uomo.

E' attuale in ogni epoca.

In tutti i tempi, significa il luogo nel quale l'uomo, sottomesso nella sua conoscenza empirica alle esigenze del mondo, della realtà visibile, ritrova la dimensione del mistero.

Dio è nel mondo. Infatti egli è il suo Creatore. L'ha chiamato all'esistenza dal nulla.

Anzi, è, prima di tutto, il mondo che è in Dio, il quale mantiene ogni cosa nell'esistenza, tutto abbraccia e tutto compenetra: "In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo" (Ac 17,28).

Gesù Cristo è la rivelazione più piena di questa presenza di Dio. E' la "visibilità dell'Invisibile".

Egli dice a Tommaso: "Perché mi hai veduto, hai creduto, beati quelli che, pur non avendo visto, crederanno" (Jn 20,29).

In questo modo, per il tramite di Tommaso, egli si rivolge a ogni uomo.

Anche a ciascuno di noi qui presenti.


6. Beati noi, se pur non avendo visto e toccato fisicamente il Cristo, sapremo credere in lui, crocifisso e risorto! Se sapremo superare l'aspetto materiale e trascendere i sensi, e vedere più in profondità, al di là dell'intelligenza umana: alla luce di Dio e della sua rivelazione. Beati noi se sapremo vedere così il Cristo e credere nella sua risurrezione, che è pegno e garanzia della nostra risurrezione.

Nello spirito di questa beatitudine, vi esprimo i sentimenti della mia profonda gioia nel trovarmi quest'oggi in mezzo a voi, in questo popoloso quartiere di Tor Bella Monaca. Vi saluto tutti e vi auguro pace e letizia! Saluto in particolare il Cardinale vicario, Ugo Poletti, e il Vescovo ausiliare del settore, mons. Giuseppe Mani. Saluto il parroco don Mario Pecchielan, il quale insieme con i sacerdoti suoi collaboratori, si dedica con tanto zelo alla cura delle vostre anime.

Il mio pensiero si rivolge inoltre alle Suore della Carità di santa Giovanna Antida Thouret e alle Suore Stimmatine che operano nell'ambito di questa parrocchia, santa Maria Madre del Redentore. So che il lavoro pastorale che si svolge qui è molto impegnativo: sono grato a tutti coloro che prestano la loro collaborazione alla dinamica opera di evangelizzazione del quartiere. Ricordo gli appartenenti al Consiglio pastorale e a quello per gli affari economici, il gruppo liturgico, l'Azione Cattolica Ragazzi, l'Agesci, le Comunità Neocatecumenali e quella di sant'Egidio, i centri di accoglienza della Caritas: soprattutto quello destinato all'assistenza dei tossico-dipendenti e degli handicappati.


7. E' un lavoro meritorio quello che state compiendo per vivere con sempre maggiore convinzione e coerenza l'ideale cristiano, e per far incontrare il Cristo a quanti ancora non lo conoscono o non ne seguono gli insegnamenti. Continuate con entusiasmo e generosità codesta vostra attività parrocchiale, curando in modo particolare, come del resto già fate, l'istruzione religiosa e inculcando negli animi la necessità di una frequenza regolare ed assidua alla santa Messa domenicale e festiva, e ai sacramenti, che danno energia e vita al credente che desideri veramente porsi alla sequela del Cristo.

Vi esprimo la mia profonda gratitudine per quanto avete compiuto e continuate a fare in favore dei fratelli nomadi che sono in mezzo a voi. In attesa che la loro difficile situazione materiale e spirituale sia in qualche modo risolta, continuate a dare generosa testimonianza di solidarietà cristiana e di comprensione umana; fate capire loro che la Chiesa non è estranea e non è insensibile di fronte ai loro problemi; fate loro sentire che la Chiesa li ama e si attende da essi una risposta fatta di lealtà, di fiducia e di rispetto della pacifica convivenza.

Un'altra iniziativa che desidero incoraggiare è quella dell'assistenza agli handicappati, che soffrono il loro dramma nella solitudine e talora anche nell'abbandono da parte delle istituzioni. Per questi nostri fratelli meno fortunati siate amici sinceri, generosi e fedeli. Sia il vostro volto sempre sorridente e soprattutto il vostro animo pronto a suggerire parole di conforto e di speranza. Sappiate agire con perseveranza e continuità, senza tralasciare le occasioni più opportune per testimoniare la vostra fede e la vostra carità cristiana. Non rinunciate mai a tentare quanto è in vostro potere e a moltiplicare le vostre iniziative e i vostri gesti di incoraggiamento e di aiuto. Il Signore non vi farà mancare le ricompense che solo lui può e sa dare.

In questo anno mariano la vostra parrocchia, che è posta sotto il patrocinio di "Maria Madre del Redentore", della "Redemptoris Mater", ha un titolo di più per rinnovare e rafforzare la propria devozione verso colei che è mediatrice di tutte le grazie, nostra avvocata presso il suo Figlio Gesù ed aiuto del popolo cristiano. Invocatela, veneratela, stringetevi a lei: ed ella vi esaudirà e vi otterrà quanto di bene desidera il vostro cuore.


8. "Tutto ciò che è nato da Dio vince il mondo; e questa è la vittoria. La nostra fede" (1Jn 5,4).

In mezzo al cenacolo di Gerusalemme Tommaso "incredulo" dice a Cristo: "Mio Signore e mio Dio!" (Jn 20,28).

Forse in tutto il Vangelo non vi sono parole che in modo più pieno esprimano la verità su Cristo. Sono queste le parole della fede che "vince il mondo".

Auguro alla vostra parrocchia che sia anch'essa questo "luogo" nella vita degli uomini dei nostri tempi, e che in essa si ripeta e si rinnovi continuamente il mistero del cenacolo di Gerusalemme.

"Luogo" - cioè ambiente - cioè comunità.

Che in questo "luogo" ogni uomo riscopra la presenza di Dio e la sua potenza salvifica, che per sempre si è rivelata in Cristo crocifisso e risorto...

"Mio Signore e mio Dio!".

[A suore e laici della parrocchia] La vostra parrocchia, che è giovane, rimane e rimarrà sempre in Roma come segno commemorativo dell'anno della redenzione 1983. Ma nello stesso tempo la vostra parrocchia nascendo sotto il titolo, Madre del Redentore, è anche un segno profetico: quasi ha previsto un altro anno straordinario, l'anno mariano, l'anno in cui è stata pubblicata l'enciclica "Redemptoris Mater", così come si chiama la vostra parrocchia, parrocchia della Madre del Redentore.

Voi chiedete consigli e ciascuno non solo per se stesso ma anche per il proprio gruppo, e sono diversi - Consiglio pastorale, gruppo Caritas, le suore, con le loro congregazioni -. Voglio essere non solamente breve, ma voglio anche dare un consiglio che possa toccare tutti, tornando alla "Redemptoris Mater", alla Madre del divino Redentore. Il Concilio ci dice - e consiglio a tutti di studiare il Concilio Vaticano II, soprattutto di studiare la "Lumen Gentium" e, nella "Lumen Gentium", di studiare l'ultimo capitolo, quello sulla presenza materna della Vergine e sul mistero di Cristo e della Chiesa. Là si trovano le parole che fanno da guida a tutto il nostro anno mariano, ma possono anche fare da guida a ciascuno di voi, ai vostri diversi gruppi e ai vostri diversi impegni; il Concilio ci dice che Maria ci precede, ci precede nel cammino della fede, della speranza e dell'unione con Cristo.

Maria ci precede e la Chiesa guarda a lei come al suo modello perfetto, nella fede, nella speranza e nell'unione con Cristo. Penso che questo consiglio possa essere considerato adatto a tutti, applicabile e molto concreto. La Chiesa intera, ciascuno e tutti, deve guardare verso lei, verso la Madre di Cristo.

Quando lei cammina non dobbiamo guardare solo per osservare ma dobbiamo essere seguaci di Cristo, dobbiamo essere quelli che vogliono seguire Cristo e vogliono compiere il suo Vangelo, vogliono costruire la Chiesa, vogliono costruirla dentro questo mondo che si chiama Roma, in questa periferia, in questo quartiere, in questo mondo direi così specifico, difficile per diversi aspetti, ma in cui forse ci sono anche certi aspetti privilegiati, più facili, pur in questo ambiente difficile. Se voi compirete questo cammino di fede e di speranza guardando a Maria lo troverete sempre. Lei è la Madre dei buoni consigli.

[Alle comunità dei neocatecumenali] Carissimi, vi saluto tutti. Saluto i genitori, saluto gli adulti, i giovani e i bambini che come sempre nelle vostre comunità sono numerosi. Ringrazio il Signore per questa vita nascente.

Vi incontro spesso, vi ho incontrato la Domenica delle Palme, nel pomeriggio, ho ascoltato molte testimonianze e poi anche ho cercato di parlare un po' più a lungo. Oggi vi incontro in questa parrocchia e devo dire che gioisco per questo incontro e soprattutto per questa parrocchia che avete trovato. Già cercate di portare avanti la vostra presenza, la vostra testimonianza, la vostra missione.

Oggi, nella liturgia, abbiamo sentito di nuovo parlare del cenacolo. Il cenacolo è un luogo privilegiato della Chiesa, il luogo dove la Chiesa è nata, dove la Chiesa, come Chiesa, si è rivelata. Nata con l'ultima cena, rivelatasi con la Pentecoste. La Chiesa deve cercare sempre di stare nel cenacolo. Sempre e dovunque, per tutti i secoli e per tutte le generazioni.

Oggi abbiamo ascoltato un brano del Vangelo molto interessante sul cenacolo, perché c'era la figura di Tommaso, l'incredulo, che si è convertito a Cristo risorto nel cenacolo. Ho pensato a voi, perché le vostre comunità, come mi riferiscono in molti, sono anche i luoghi, gli ambienti in cui le conversioni di increduli, di un Tommaso incredulo che diventa un Tommaso credente e grida "Signore" si ripetono. Penso che questa sia la grazia del cenacolo. Voi dovete rimanere sempre nel cenacolo.

[L'incontro con i nomadi] Alcuni di voi ho già potuto abbracciarli fuori, all'inizio della visita.

Qui ora voglio salutare attraverso voi tutti gli abitanti di questo quartiere di Roma. Sono contento che la Chiesa di Roma ha trovato il modo di incontrarvi, di interessarsi dei vostri problemi, di aiutarvi e soprattutto di inserirvi nelle comunità parrocchiali così come si vede qui. Quando ha parlato la ragazza che vive accanto a voi, mi sono venute in mente le donne che hanno accompagnato la Pasqua di Cristo: sono state le prime al sepolcro e sono state le prime ad essere andate dagli apostoli a dire: è risorto! Ma prime sono state a sentire il messaggio della Pasqua: è risorto. Allora la carità, l'amore è sempre più veloce ad arrivare della giustizia. Sappiamo bene che i sistemi della giustizia, dello Stato, sono molto lenti, a volte anche troppo lenti; ma la carità deve essere svelta; e tra voi si è dimostrato che la carità è svelta, è rapida. L'uomo può dire, deve poter dire: Cristo è risorto. E' una parola chiave del nostro vivere, del nostro operare, ma soprattutto del nostro amore fraterno. Io vi auguro che almeno questa carità non manchi mai tra voi, soprattutto in questo momento in cui non si sa bene ancora come andranno a finire i programmi civili, come sarete sistemati. La carità non deve mancare.

[Al gruppo Italstat] Voi come artisti e specialisti degli edifici, delle costruzioni, sapete quale è il vero significato di questa pietra, del simbolo della pietra angolare, ma certamente anche di questa chiesa di cui si dice che sia una nuova cattedrale di Roma. Oggi il Vescovo di Roma ha fatto anche il suo ingresso in questa nuova Cattedrale di Roma. Nuova Roma, nuova Cattedrale.

Volevo dire che in questa splendida chiesa, veramente straordinaria come costruzione moderna, in questa chiesa tutti voi, gli artisti, i costruttori, cominciando dal primo progettista, tutti voi siete una parte di Cristo, di Cristo che è pietra angolare. Se si costruisce la Chiesa non la si può costruire altrimenti se non basandosi su di lui, pietra angolare. E si costruisce la Chiesa in senso apostolico, pastorale naturalmente; noi lo sappiamo bene, noi tutti, pastori, Vescovi, fedeli. Ma anche quelli che costruiscono la chiesa nella sua dimensione architettonica, artistica, in un certo senso materiale, devono essere consapevoli che costruiscono su questa pietra angolare che è Cristo e grazie a lui.

Ci sono bellissime pagine di queste considerazioni nella costituzione del Vaticano II "Gaudium et Spes", soprattutto nel capitolo sulla cultura; tutta la cultura umana, come tutte le opere dell'arte, dell'architettura, tutte sono espressione di una vita superiore, di una vita spirituale, di uno spirito che sa portare dentro la materia, la materia prima, una sua espressione. E la chiesa materiale è espressione di una realtà spirituale, di una verità, di una vera bellezza. Tutto ciò è partecipazione al mistero pasquale di Cristo.

Volevo dirvi queste cose semplici per congratularmi con voi per questa splendida costruzione architettonica e augurare anche le costruzioni future, per il bene della vostra patria, per l'Italia che è tanto conosciuta nel mondo da sempre nei secoli per le sue opere d'arte e anche per augurarvi tutto il bene nel senso umano e cristiano di questa parola, per le vostre famiglie. Vi ringrazio per la vostra opera e per il vostro impegno nel costruire una nuova cattedrale di Roma.

[L'augurio finale ai giovani di Tor Bella Monaca] La nostra festa non dovrebbe finire, ma deve finire. così si esprime bene anche la realtà della Pasqua, perché la Pasqua non finisce. E' la pienezza dei tempi e questa pienezza dei tempi continua.

Con la risurrezione di Cristo il mondo, l'umanità è entrata nella sua dimensione escatologica definitiva e così la nostra Pasqua non finisce. Voi cantate "non deve finire la festa, non deve finire quello che porta la gioia, che porta la speranza, che porta la fraternità", come non deve finire questo incontro.

Ma altrettanto bene poi cantate "ma questa festa siamo noi". Ecco, qui sta tutto; la festa può finire, anzi può crollare, può convertirsi in una non festa, in un deserto, e deserto c'è qui. Il vostro parroco parla sempre di deserto, Tor Bella Monaca è deserto, ma io non lo capisco. Voi siete tanti "specialisti del deserto", sapete come far vivere un deserto. Dovete andare in Africa, essere specialisti del Sahel: là vi aspettano per ravvivare anche quel deserto africano. Sappiamo bene di parlare in senso metaforico.

Dunque la festa siamo noi; la festa dipende da noi, perché noi possiamo continuare nella festa, possiamo portare in noi il messaggio della Pasqua di Cristo e così portare la vita al mondo.

Noi, noi potremo anche crollare, possiamo anche morire spiritualmente, possiamo diventare una negazione delle parole: "festa siamo noi". E allora non saremmo più una festa. Voglio augurare a tutti voi giovani di rimanere la "festa", e di rimanere questa festa attraverso tutto ciò che costituisce, compone la vostra giovinezza, le esperienze di questa carissima Comunità di Sant'Egidio, le esperienze artistiche della corale, le esperienze dell'Azione Cattolica Ragazzi.

Penso così di aver dato una risposta anche alle domande fatte da una ragazza dell'ACR. Voi giovani, attraverso tutte le vostre esperienze specifiche, comunitarie, personali, dovete rimanere "la festa", dovete essere "la festa", dovete portare in voi la Pasqua di Cristo, come gli apostoli, e così la nostra festa non finirà. Vi auguro questo. Lo auguro a questa parrocchia giovane affinché possa vivere nella festa, nella Pasqua, nella risurrezione di Cristo, e possa guardare verso il suo futuro con Cristo risorto come hanno guardato gli apostoli nonostante tutte le difficoltà, nonostante tutto il deserto del mondo. E vi auguro di portare questa testimonianza e di far vivere con la stessa testimonianza, con la stessa Pasqua di Cristo le altre persone, e tutti quelli che vivono forse molte volte abbandonati, disprezzati, discriminati.


Data: 1988-04-10 Data estesa: Domenica 10 Aprile 1988





GPII 1988 Insegnamenti - Ai partecipanti alla VIII "Maratona di Primavera" - Città del Vaticano (Roma)