GPII 1988 Insegnamenti - Alle Piccole Suore della Sacra Famiglia - Negrar (Verona)

Alle Piccole Suore della Sacra Famiglia - Negrar (Verona)

Titolo: Non fermatevi a metà: andate molto lontano!

Testo:


1. Carissime sorelle in Cristo! In questo giorno, improntato ad una gioia particolare che viene a voi e alla Chiesa intera dal vedere il vostro fondatore, monsignor Giuseppe Nascimbeni, elevato alla gloria dei beati, non potevo non accogliere l'invito ad incontrarmi con una rappresentanza delle "Piccole Suore della Sacra Famiglia" in questo ospedale, dove alcune di voi prestano servizio con evangelica dedizione.

Col mio saluto, vi esprimo i miei rallegamenti per aver abbracciato la consacrazione religiosa nello spirito e nella regola d'un uomo di Dio, così zelante e così illuminato. Nel vostro gruppo, qui presente, saluto tutte le 1400 suore che operano in ben 190 case, sparse in Italia, Svizzera, Brasile, Uruguay e in Paraguay. Il mio pensiero va in particolare alle vostre consorelle che prodigano le loro energie negli ospedali, nelle case di cura, nelle case di riposo, nelle case per handicappati e nelle 21 case per sacerdoti anziani. Ma non posso e non debbo dimenticare la generosa attività, che svolgete nel campo dell'educazione giovanile nella gestione di scuole materne, elementari, medie e superiori. E' un quadro magnifico, che fa vedere come la Congregazione corrisponda su larghissimo raggio agli intenti apostolici, caritativi e assistenziali, per i quali è stata fondata.


2. Carissime sorelle, in ogni vostra attività conservate sempre lo spirito del vostro fondatore, oggi elevato agli onori degli altari. Cercate di capire sempre meglio il segreto e cogliere il principio interiore che guido la sua vita ed attività apostolica. Certo, la molla che fece vibrare tutta la sua esistenza e ne indirizzo le scelte fu l'amore verso il Cristo: amore incontenibile, che gli fece adottare come programma di vita l'ardente espressione paolina: "Caritas Christi urget nos".

Dalla carità che lo univa al Cristo Signore deriva la carità verso i fratelli bisognosi, che lo rese loro prodigioso benefattore. Quale numero di bambini, di sofferenti, di malati, di infelici, di anziani e di handicappati oggi guardano a lui ammirati ed edificati dalla sua radiosa figura di apostolo della carità! Anche voi, carissime sorelle, fate della vostra vita un itinerario di santità e di carità; non fermatevi a metà, siate veramente discepole del nuovo beato: discepole vigilanti ed operanti nella chiesa con animo umile e fervoroso.

A questo fine vi imparto una speciale benedizione.


Data: 1988-04-17 Data estesa: Domenica 17 Aprile 1988




Ai "Poveri Servi della Divina Provvidenza" - Negrar (Verona)

Titolo: Offrite ai sofferenti nuova speranza nella luce della croce gloriosa

Testo:


1. Cari fratelli, a voi che, come sottolinea il nome stesso della Congregazione cui appartenete, servite i sofferenti con umiltà ed incrollabile fiducia nella divina Provvidenza, porgo il mio saluto, pregando il Signore che lo trasformi in benedizione apportatrice di grazia e di pace.

Nel ringraziare per le cortesi espressioni rivoltemi a nome di tutti, desidero esortarvi ad essere sempre più consapevoli della predilezione di Cristo, che vi ha chiamati al suo servizio. Tale "diaconia" è il più nobile modo di vivere la libertà, perché realizza la libertà della carità. Vi esorto, inoltre, a perseverare con slancio rinnovato nel servizio ai malati, cercando di offrire a ciascuno, insieme con le cure necessarie, tutto ciò che può essere di conforto e di sollievo per lo spirito. Voi ben sapete come sia pacificante per ogni persona conoscere la verità e il valore della propria vita soprattutto nei momenti in cui questa sembra essere divenuta inutile o, addirittura, insostenibile.


2. Il ministero, che svolgete in questo "ospedale religioso" deve avere lo scopo di annunciare la vivificante verità del Redentore, chinandovi come buoni samaritani sui degenti, i quali ricevono così il pieno sollievo di cui abbisognano.

Perseverate, pertanto, nello aiutare le persone ad aprirsi a Cristo, il Risorto, affinché, come il cielo è illuminato dal sole dopo la tempesta, così la loro anima sia irradiata dalla luce della croce gloriosa, la quale con la giustizia, con la riconciliazione e la santità porta la sapiente conoscenza di Dio. Sorretti dalla fede, i malati sapranno abbandonarsi fra le braccia di Dio e scoprire nelle disposizioni misteriose della Provvidenza un disegno di amore, che spalanca davanti a loro nuovi orizzonti di speranza.

Carissimi, attraverso il vostro servizio amorevole e assiduo, manifestate agli ammalati che l'Onnipotente non è un Dio lontano ed indifferente, ma un Dio provvido e clemente, che sta loro accanto anche mediante la vostra evangelica carità.

Mi è caro, infine, assicurarvi del mio affettuoso ricordo e della mia preghiera per voi e per la vostra spirituale famiglia, mentre, affidando alla Vergine Maria le intenzioni vostre e di quanti sono oggetto della vostra volontà di servizio, vi benedico con affetto.


Data: 1988-04-17 Data estesa: Domenica 17 Aprile 1988




Nel Santuario della Madonna della Corona - Val d'Adige (Verona)

Titolo: A te, o Vergine, affido questi giovani, primavera della Chiesa. A te affido questa amata Chiesa veronese

Testo:


1. Sul momento ormai di lasciare la terra e la Chiesa di Verona, mi è caro ancora intrattenermi con voi, giovani ed educatori del seminario e dei diversi istituti religiosi maschili e femminili della diocesi, e con voi, fedeli, legati in modo particolare a questo Santuario.

E' significativo che il nostro incontro si svolga qui, presso la Vergine Addolorata, in questo suggestivo Santuario dedicato alla Madonna della Corona, monumento singolare della fede e della devozione, con le quali nei secoli passati, fino ad ora, il popolo veronese ha saputo stringersi intorno a Maria.

Ed è di particolare conforto sapere che in questo Santuario, affidato al seminario diocesano, è radicata una tradizione di preghiera per le vocazioni sacerdotali e religiose, le quali trovano nella Vergine il modello di una risposta generosa alla chiamata di Dio, vissuta con cuore indiviso, fino alla prova suprema del Calvario.

La Vergine, infatti, che ha detto il suo "si" a Dio nel silenzioso raccoglimento di Nazaret, ha scandito poi l'intera sua esistenza nei successivi "si" di un assenso incondizionato a lui fin sotto la croce, dove ha ricevuto dal Figlio la sua ultima e definitiva chiamata: quella ad essere Madre della Chiesa.


2. In questo luogo di intensa devozione mariana sono lieto perciò di invocare l'intercessione della Vergine santa anzitutto su di voi, cari giovani del seminario diocesano affinché vi sia concesso il dono di imitarne le virtù sull'esempio dei due nuovi beati della vostra Chiesa.

Anche la loro vocazione, come oggi la vostra, ha trovato il terreno idoneo alla propria maturazione nella vita del seminario, quotidianamente intessuta di preghiera, di studi di fedeltà e di gioia fraterna. Non v'è dubbio che l'appassionato amore a Cristo e la sorprendente dedizione ai fratelli si sono radicati in loro fin dagli anni dell'adolescenza e della giovinezza, trascorsi nel vostro seminario.

Da allora non poche cose sono cambiate: e il seminario, per meglio rispondere alle nuove attese della Chiesa e dell'umanità, si è rinnovato in conformità con le direttive del Concilio, avendo cura pero di dare sempre l'opportuno risalto nella sua azione educativa alle intramontabili esigenze spirituali.

Anche oggi il seminario dà anzitutto il primato a Dio, favorendo una profonda vita spirituale che si alimenta nella celebrazione dell'Eucaristia quotidiana e nella preghiera personale e comunitaria, e proponendo come modello Cristo a cui configurarsi con una vita casta, povera, umile, obbediente e crocifissa.

Esso educa altresi ad una filiale devozione alla Madonna, le cui virtù sono fondamentali nella vita di ogni futuro presbitero, che deve continuamente adeguarsi al progetto di Dio.

In tal modo il seminario forma a quel servizio verso i fratelli che va preparato con l'assiduità dello studio, con l'ascesi richiesta dalla vita di comunità, con l'attenzione e la sensibilità nei riguardi di ogni povertà.


3. Carissimi giovani, nell'itinerario della vostra vocazione, compiuto oggi sotto la guida dei vostri educatori e in stretta collaborazione con le vostre famiglie e con le vostre comunità parrocchiali, voi dovete prepararvi al ministero sacerdotale in modo adeguato, vivendo senza riserve la chiamata del Signore e scrutando i segni del nostro tempo nella luce dello Spirito Santo, per essere presbiteri idonei alla missione evangelizzatrice della vostra Chiesa locale.

Servendo questa Chiesa, con la testimonianza di vita evangelica e con lo spirito dei due nuovi beati sempre filialmente uniti alla sede di Pietro, voi avete la certezza di servire la Chiesa universale.

Amate pertanto la vostra Chiesa, comunità del Signore stretta attorno al suo Vescovo, chiamata ad annunciare il Signore risorto nella pluralità dei carismi vissuti nell'unità di una sola comunione. Lasciate che fin da questa impegnativa e promettente stagione della vostra formazione lo Spirito di Cristo scolpisca in voi una insopprimibile esigenza di comunione con quella Chiesa, di cui domani sarete i ministri sotto la guida del vostro Vescovo.


4. Mi è gradito, poi, rivolgermi con intenso affetto a tutti voi, cari giovani e care ragazze dei diversi istituti religiosi maschili e femminili, che con i vostri educatori siete saliti a questo Santuario, e pregare la Vergine santissima con voi e per voi.

La vostra vocazione, che "appartiene alla vita e alla santità" della Chiesa (cfr. LG 44) non può non ispirarsi a Maria, secondo l'esempio eloquente dei vostri fondatori. E voi siete chiamati oggi a rendere vivo ed attuale lo stesso spirito che li animo; dovete essere i continuatori e i testimoni della loro carità in questa Chiesa, della cui ricca storia di santità i vostri istituti sono parte viva, in comunione col Vescovo. Siate all'altezza delle vostre grandi tradizioni!

5. Infine desidero invocare l'intercessione di Maria su voi, cari fedeli.

Qui voi vedete rappresentata la Madonna che accoglie sulle ginocchia il Figlio deposto dalla croce, amorosamente consenziente al dono della sua vita per la redenzione dell'uomo.

E con Cristo, Maria accoglie tutti gli uomini divenuti suoi figli sotto la croce, facendo spazio nel suo cuore di Madre a tutte le povertà e sofferenze.

Ci insegni Maria a soccorrere i bisogni dei fratelli, e questi, avvertendo la dolcezza del nostro amore, si aprano all'amore di Dio.


6. Ed ora il mio sguardo si eleva a te, o Vergine Addolorata, che innumerevoli schiere di pellegrini da secoli salgono ad implorare in questo Santuario. A te, che ci ricordi quanto alto è stato il prezzo del nostro riscatto, io affido questa amata Chiesa veronese dalle antiche e gloriose tradizioni cristiane. Tu proteggila, tu rafforzala, tu guidala nella peregrinazione della fede! A te affido il Pastore, i sacerdoti e i diaconi che con lui collaborano nei diversi ministeri ecclesiali, le persone che hanno consacrato totalmente la loro vita al Figlio tuo e quelle che si sentono interiormente chiamate ad un simile gesto di donazione.

Ti raccomando i giovani, primavera della Chiesa e della società: non permettere che l'uragano delle passioni o il gelo dello sconforto distruggano in loro con la fioritura degli entusiasmi, la promessa dei frutti.

Nelle tue mani, o Vergine, pongo le speranze e le delusioni, le gioie e le tristezze delle famiglie che l'amore, avvalorato dal sacramento, ha suscitato in questa terra, a te cara: difendi i coniugi da tutto ciò che insidia la saldezza del loro reciproco impegno; aiuta i figli ad aprirsi fiduciosi all'opera educativa di chi li ha generati alla vita; conforta gli anziani e i malati con la comprensione e il sostegno di chi gode ancora di forze integre e fresche.

A te affido, o Madre, l'intero popolo cristiano che vive, lotta, soffre, ama in questa terra dissodata dalle fatiche apostoliche di tanti santi, tra i quali ora si pongono anche i due nuovi beati: fà che la sua fede resti salda come la roccia a cui s'aggrappa questo tuo singolare Santuario; pura come l'acqua dei ruscelli che da questi monti scendono ad irrigare il piano; feconda di opere buone come le valli ubertose, su cui l'occhio spazia dalla vertiginosa altezza di questo naturale balcone.

Accogli sotto il tuo manto questa eletta porzione del gregge del tuo Figlio e conducilo su sentieri sicuri verso i pascoli della vita eterna, o clemente, o pia, o dolce Vergine Maria!


Data: 1988-04-17 Data estesa: Domenica 17 Aprile 1988




Ai vescovi della Lituania in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La Chiesa in Lituania temprata dall'esperienza del dolore prosegue con speranza sotto il segno della croce il suo cammino di fede

Testo:

Venerabili fratelli nell'episcopato.


1. E' con grande gioia che vi accolgo nuovamente insieme, dopo la vostra visita "ad limina" del 1983.

Allora, vi salutavo con particolare effusione di affetto, poiché il vostro viaggio a Roma poneva fine ad un lungo e sofferto periodo di isolamento, e questo - provvidenzialmente proprio alla vigilia di una tappa significativa della vostra storia cristiana: il V centenario della morte del principe san Casimiro, patrono della Lituania.

Ma anche l'incontro odierno assume uno speciale carattere di gioia: voi mi portate, infatti, l'eco festosa ed i ricchi frutti spirituali della celebrazione di un altro "tempo di grazia" della vita della vostra Chiesa locale: il VI centenario del battesimo della nazione. Voi sapete come ardentemente io avrei desiderato essere con voi, il 28 giugno dello scorso anno, a Vilnius, culla del vostro "battesimo", per il solenne atto d'inizio del Giubileo. Purtroppo, ciò non è stato possibile. Quello stesso giorno, tuttavia, in concomitanza con la vostra celebrazione nazionale, io presiedetti sulla tomba dell'apostolo Pietro una concelebrazione, alla quale parteciparono rappresentanti dei Vescovi di tutte le Chiese sorelle del continente europeo, per esprimere l'intima comunione spirituale con la vostra comunità. In quella stessa circostanza, ebbi la gioia di beatificare un grande figlio della terra lituana, esimio pastore d'anime e rinnovatore della vita religiosa: l'Arcivescovo Jurgis Matulaitis.


2. E' per me motivo di profonda consolazione raccogliere direttamente da voi l'edificante testimonianza della vitalità e del fervore, con cui il vostro popolo lungo tutto l'anno centenario, ha celebrato il ricordo del suo "battesimo". Nelle chiese cattedrali, nei santuari mariani, nel seminario di Kaunas, in tutte le parrocchie, le molteplici iniziative giubilari - religiose e culturali - hanno incontrato larga e convinta rispondenza da parte dei fedeli. Tale intensa partecipazione è certo un'eloquente riprova che la vostra comunità, lungo il travagliato cammino di una storia sei volte secolare, ha conservato integro l'inestimabile dono della fede, trasmettendolo con amorosa fedeltà di generazione in generazione. Ma, come giustamente voi avete sottolineato nella lettera pastorale con cui, la scorsa Pasqua, avete chiuso le celebrazioni del centenario, il Giubileo è stato prima di tutto vissuto nel cuore di ogni credente. Ciascuno vi ha trovato occasione propizia per ravvivare la propria fede e rinnovare le promesse battesimali, per una forte ripresa spirituale ed una più coerente condotta di vita.


3. così la Chiesa che è in Lituania entra, con fiducia, nel settimo secolo della sua vicenda cristiana. E' una Chiesa temprata dall'esperienza del dolore, che intraprende questo cammino sotto il segno della croce, simbolo della passione e della risurrezione del suo Signore, "unica speranza" (dalla Liturgia). Viene alla mente l'immagine del "monte delle croci" della vostra terra: migliaia di croci, testimonianza della sofferenza e della speranza di tutto un popolo che ha saputo perseverare, anche nelle ore buie della prova, nella fede accolta dai padri.

In questo cammino vi accompagnano la Chiesa di Roma con il suo Vescovo e, attraverso di lui, fondamento visibile e responsabile supremo della comunione cattolica, tutte le Chiese sparse nel mondo. Desidero assicurarvi, ancora una volta, di questa universale e fraterna unione spirituale e di questa solidarietà orante, in cui voi ed i vostri fedeli potete trovare conforto ed aiuto, e su cui potete sempre fare affidamento.


4. Di tutto cuore, perciò, mi faccio interprete anche delle legittime aspirazioni della vostra comunità, che sono intimamente condivise dalla Chiesa intera. Venti di rinnovamento sembrano spirare nella vostra società, suscitando in milioni di uomini e donne attese molto vive. E' spontaneo sperare - almeno quanto è doveroso chiedere - che non vengano deluse le aspettative dei fratelli e delle sorelle che in Lituania, come in altre regioni, professano con sincerità la propria fede religiosa. La libertà che essi invocano è inscritta nel cuore di ogni uomo: poter onorare Dio, da soli come pure assieme ai propri fratelli, senza alcuna discriminazione, portando alla vita del popolo cui appartengono il contributo di una coscienza serena, ben formata, ricca dei valori più alti di verità, di giustizia, di fraternità e di pace.

Voi cogliete quotidianamente questa aspirazione alla libertà nel cuore stesso della vostra società, cioè nelle famiglie: i genitori desiderano infatti poter trasmettere ai figli il dono della fede, che a loro volta hanno ricevuto dai propri avi, e vorrebbero poter contare sull'aiuto della Chiesa in tale compito primario dell'educazione dei bambini e dei giovani. Parimenti, voi sperimentate in prima persona il profondo disagio della Chiesa in Lituania per quel che riguarda la possibilità di organizzarsi in piena conformità con le esigenze dell'ordinamento canonico, di svolgere la sua missione pastorale, di assicurare l'insegnamento religioso e di scegliere e preparare in modo adeguato i candidati al sacerdozio.

E, ancora, voi mi portate l'eco della speranza di coloro - uomini e donne - che nella vostra patria, pur senza avere riconoscimento legale, seguono Cristo sulla via dei consigli evangelici della povertà, della castità e dell'obbedienza. Questo germoglio mai soffocato di vita religiosa, nel quale continua la mirabile tradizione dell'opera svolta dalle congregazioni religiose per l'evangelizzazione, la cultura e la promozione umana della nazione, attende con impazienza il giorno in cui potrà liberamente sviluppare tutto il suo promettente rigoglio.


5. Ed ora, venerabili fratelli, permettetemi di svolgere insieme con voi alcune riflessioni su temi specifici, che riguardano le vostre sollecitudini pastorali e che sono già stati oggetto dei colloqui personali con ciascuno di voi.

A voi ridiro quanto l'apostolo Paolo scriveva ai fedeli di Filippi: "Io vi porto nel cuore, voi che... nella difesa e nel consolidamento del Vangelo siete partecipi della grazia che mi è stata data" (Ph 1,7). Nello stesso tempo, elevo la mia supplica al Pastore eterno, affinché vi rincuori e vi sostenga nell'esercizio del ministero episcopale.

Nel discorso di saluto che mi ha appena rivolto il presidente della conferenza episcopale ha voluto ricordare l'auspicio che formulai in occasione del nostro incontro di cinque anni fa: che, cioè, tutte le diocesi della Lituania possano avere il proprio Vescovo, come esigono la costituzione della Chiesa ed il bene delle anime. Al riguardo, desidero confermarvi che la Santa Sede non ha lasciato e non lascia alcunché di intentato per poter giungere a completare la provvista delle vostre circoscrizioni ecclesiastiche, con la scelta dei Pastori degni e zelanti nell'altissimo ufficio di successori degli apostoli.

Alla Chiesa, infatti, e soprattutto a voi Vescovi, si rivolgono i credenti - e, talora, anzi sempre più spesso, anche coloro che sono privi di fede - per trovare una luce che orienti, una carità che riscaldi, una verità che dia senso alla vita.

Voi portate la formidabile responsabilità del Vangelo in una società che si evolve e diventa sempre più complessa ed inquieta. Proprio per questo, il Concilio Vaticano II, riproponendo l'antica dottrina della collegialità episcopale, ha inteso dare rilievo alle conferenze episcopali, "affinché dallo scambio di esperienze e di pareri sgorghi una santa armonia di forze, per il bene comune della Chiesa" (CD 37). Nella comunione e nel reciproco aiuto, voi troverete sostegno e sempre nuovo slancio nell'esercizio del vostro ministero. Vorrei perciò raccomandarvi, venerabili fratelli, di rendere sempre più viva ed armonica l'unione tra di voi, in seno alla vostra conferenza, consapevoli che da ciò deriva, in larga misura, l'efficacia dell'azione pastorale e la credibilità stessa della vostra testimonianza.


6. L'unità tra di voi si riverbererà in quella con i vostri sacerdoti, che costituiscono la vostra famiglia (cfr. CD 28) e debbono perciò sentirsi da voi amati come la pupilla degli occhi, paternamente guidati, aiutati e difesi. Nessuno meglio di voi conosce la fedeltà e lo zelo di questi insostituibili collaboratori nel sacro ministero, così come le non facili condizioni in cui svolgono la loro missione. Siate per loro maestri e padri, promuovendo e valorizzando le loro migliori energie, stimolandone l'iniziativa con la parola e con l'esempio, seguendoli con assiduità, così che ciascuno abbia una adesione confidente e generosa al proprio Vescovo (cfr. LG 28).

La carità del Vescovo per i suoi sacerdoti, lungi dall'esaurirsi in un moto del sentimento, suscita ed accresce l'unità in seno al Presbiterio. Solo quando ogni confratello partecipa con dedizione totale a questa unità di menti e di cuori, si può avere quella fruttuosa corresponsabilità per il bene della comunità ecclesiale, a cui ci invita il Concilio (LG 28).


7. La sollecitudine per il vostro clero si esprime altresi nella preoccupazione per i candidati al sacerdozio. Non c'è bisogno ch'io vi dica quanto profondamente condivida la vostra pena nel constatare che il numero dei sacerdoti, già di per sè insufficiente, continua a ridursi. Conosco bene, d'altronde, le limitazioni che vi sono imposte in un settore così vitale e rinnovo il più fervido auspicio che esse siano al più presto rimosse.

Nondimeno, venerabili fratelli, sento il dovere di incoraggiare ogni vostro sforzo per la promozione delle vocazioni e la formazione dei candidati al sacerdozio. Tutta la comunità cristiana deve essere costantemente sollecitata a corrispondere, con fattiva partecipazione, all'azione della provvidenza divina, attraverso "la preghiera fervente, la penitenza e una formazione sempre più profonda dei fedeli" (OT 2). Per parte loro, i sacerdoti debbono, con una vita santa e con l'esempio di una gioiosa generosità apostolica, favorire lo sviluppo dei germi di vocazione, che il Signore largamente suscita nei giovani.

Il seminario, infine, deve diventare ogni giorno di più il cuore della Chiesa locale (cfr.OT 5).

Anche per la scelta e la preparazione dei candidati il Concilio Vaticano II ha dato sapienti indicazioni. Gli alunni del seminario debbono essere sottoposti a "debita prova" e la loro ammissione decisa "con fermezza d'animo". La penuria del clero non può diventare pretesto per una diminuita vigilanza sulla retta intenzione, sulla libera volontà e sulle qualità morali, psichiche e fisiche dei candidati, "poiché non è possibile che Dio permetta che la sua Chiesa manchi di ministri" (OT 6). Eguale attenzione sia riservata alla preparazione spirituale e culturale ed alla necessaria esperienza pastorale di coloro che vengono prescelti come superiori ed educatori dei futuri sacerdoti: nelle loro mani è posta la speranza della Chiesa! Non meno che i giovani alunni, essi debbono perciò sentire vicini i loro Vescovi e docilmente collaborare con loro per garantire la formazione di sacerdoti secondo il cuore di Cristo.


8. Consentitemi infine, venerabili fratelli, di affidare a voi un saluto per i vostri più diretti collaboratori. Cari sacerdoti della Lituania fedele! Attraverso i vostri Vescovi, vi giunga la benedizione del Papa, che vi segue e vi ama. Vorrei entrare in ciascuna delle vostre Chiese, per pregare con voi e farmi partecipe del vostro lavoro apostolico, umile, silenzioso e non di rado tribolato, ma sempre prezioso per generosità e sacrificio. Abbraccio con particolarissimo affetto coloro tra voi che maggiormente soffrono, per l'infermità o la vecchiaia, per la privazione della libertà, per le prove subite "per amore del nome di Gesù" (Ac 5,41). Siate sempre fedeli alla vocazione che avete ricevuto, sforzandovi di conformarvi sempre di più all'immagine di Cristo, sommo ed eterno Sacerdote.

Lo scorso giovedi santo, ho voluto riflettere con i presbiteri di Roma sulla figura di Gesù Servo della redenzione del mondo. Ecco, cari sacerdoti, il nostro modello: Cristo, il Dio che si fa servo. La nostra partecipazione ministeriale al suo sacerdozio eterno si misura sulla capacità di renderci, come lui, veramente servi. Siate dunque infaticabili e disponibili nella vostra missione, nell'annuncio del Vangelo e nella celebrazione dei sacramenti - in primo luogo, dell'Eucaristia - con cui si edifica la Chiesa, come pure nell'orientamento e nella guida di cui i vostri fratelli hanno bisogno. In un ambiente che si ispira ad un'ideologia dichiaratamente atea ed è soggetto anche alla tentazione del materialismo pratico, il compito che vi attende è senza dubbio faticoso, ma il Signore è con voi ogni giorno (cfr. Mt 28,20). Egli suscita nel cuore dell'uomo - soprattutto dei giovani - una sete sempre nuova di verità e di amore: sappiate venire incontro ad ogni aspirazione e sostenere ogni sincera ricerca di Dio! E Maria, Regina degli Apostoli, vi sia maternamente provvida di grazie! 9. Venerabili fratelli, la vostra visita "ad limina" si svolge nell' anno mariano.

Durante la settimana santa, da poco trascorsa, abbiamo contemplato Maria ai piedi della croce: Vergine dolorosa, Madre dei dolori. Nel suo cuore di Madre erano in qualche modo assommati tutti i mali del mondo, poiché ella era associata in maniera sublime al sacrificio della nostra redenzione.

Affidiamo alla sua protezione la Chiesa che è in Lituania e tutto il popolo della vostra nobile terra. Maria, che è così venerata ed amata dai suoi figli lituani, cammini davanti a loro nella peregrinazione della fede di questo settimo secolo di vita cristiana, li sorregga nelle difficoltà, li rialzi dalle cadute e sia per tutti e per ciascuno "segno di sicura speranza e di consolazione" (LG 68).

Nel suo cuore di Madre noi deponiamo le gioie e le speranze, le tribolazioni e le angosce del vostro popolo. Sotto la sua protezione mettiamo le famiglie e l'avvenire dei giovani.

E le chiediamo, con insistenza di figli, di esserci Madre.

Con la mia apostolica benedizione.


Data: 1988-04-18 Data estesa: Lunedi 18 Aprile 1988




Per il Millennio del Battesimo della Rus' di Kiev - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Magnum Baptismi Donum"

Testo:

Al venerato fratello Myroslai Ivan Cardinale Lubachivsky Arcivescovo maggiore di Leopoli degli Ucraini, Ai venerati fratelli nell'episcopato, Ai sacerdoti, religiosi, religiose e fedeli cattolici ucraini.


1. Il grande dono del Battesimo, ricevuto a Kiev mille anni or sono, diede inizio alla fede e alla vita cristiana tra i popoli della Rus'. A ragione, perciò, in questa storica ricorrenza la Chiesa dei Santi apostoli Pietro e Paolo e tutta la Chiesa cattolica cantano un inno di riconoscimento e di gloria alla Santissima Trinità per tale inestimabile dono; ed esprimono la loro grande gioia, perché il Battesimo allora ricevuto diede inizio all'evangelizzazione dei popoli posti nella parte orientale del continente europeo e persino oltre gli Urali. Da tale evento ha origine non soltanto l'identità cristiana, ma anche quella culturale dei popoli ucraino, russo e bielorusso e, di conseguenza, la loro storia. Il Successore di Pietro condivide la letizia di questo millennio e, come ha inviato per la circostanza una Lettera apostolica a tutti i fedeli cattolici per favorire un'adeguata preparazione spirituale all'avvenimento, così desidera con questo messaggio rivolgersi in particolare ai fedeli cattolici ucraini, per celebrare con loro le meravigliose opere compiute da Dio in questo ampio arco di tempo.

Mille anni fa Iddio onnipotente, sovrano dell'universo e Signore della storia di tutti i popoli, abbraccio col suo amore infinito il popolo della Rus' di Kiev e lo condusse alla luce del Vangelo del suo Figlio Gesù Cristo, salvatore del mondo. Dalle rive del Giordano, dopo quasi dieci secoli, l'opera di salvezza per la potenza dello Spirito Santo giunse alla regione bagnata dalle acque del fiume Dniepr, dove il Signore scelse come suoi servitori Olga e Vladimiro, per donare al loro popolo la gazia del santo Battesimo. Da allora, attraverso i secoli, le Chiese sorte dal Battesimo avvenuto a Kiev cantano l'inno di riconoscenza in onore della Santissima Trinità. Con la stessa riconoscenza ringrazia oggi per tale dono la comunità cattolica ucraina, cresciuta dall'eredità millenaria di san Vladimiro.


2. Tale commosso sentimento ha le sue profonde radici nel mistero del santo Battesimo, mediante il quale l'uomo, "immerso" nella morte redentrice del salvatore del mondo, è al tempo stesso introdotto nella "nuova vita", che si è manifestata pienamente nella sua risurrezione. Mediante il Battesimo l'uomo diventa "creatura nuova e figlio di Dio" ed è innestato nel mistero pasquale di Cristo: "Se uno è in Cristo, è una creatura nuova" (2Co 5,17). Sulle rive del Dniepr il Padre ha iniziato l'opera, che il Figlio ha compiuto e lo Spirito Santo ha coronato. là si è operata la rigenerazione "ex aqua et Spiritu" (Jn 3,5) di un intero popolo. Lo Spirito Santo ha dato forza soprannaturale all'acqua battesimale, facendola diventare portatrice di grazia. perciò possiamo ripetere, applicandolo al Dniepr, quanto san Cirillo di Gerusalemme diceva del Giordano: "Lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque. Principio del mondo, l'acqua; principio dei Vangeli, il Giordano" Per i popoli della Rus' il Battesimo del 988 fu l'evento storico che li incorporo a Cristo crocifisso e glorificato, facendoli rinascere alla vita stessa di Dio: "Con lui siete stati sepolti insieme nel Battesimo, in lui siete stati insieme risuscitati per la fede nella potenza di Dio, che lo ha risuscitato dai morti" (Col 2,12 cfr. Rm 6,4). Il Battesimo "costituisce il vincolo sacramentale dell'unità, che vige tra tutti coloro che per suo mezzo sono stati rigenerati". Esso "è ordinato all'integrale professione della fede, all'integrale incorporazione nell'istituzione della salvezza, come lo stesso Cristo ha voluto e, infine, all'integrale inserzione nella comunione eucaristica".


3. Tra coloro che furono chiamati a partecipare a questa nuova vita in unione con Cristo crocifisso e risorto vi sono i vostri antenati della Rus' di Kiev. Con essi venne acceso in questa regione il fuoco sacro del Vangelo e cominciarono ad esser qui proclamate le "grandi opere di Dio" (Ac 2,11). Il popolo ucraino è legato geograficamente e storicamente con la città di Kiev, e perciò ha speciali motivi di rallegrarsi nella ricorrenza del millennio. Nello stesso tempo, esso ha la gioia di appartenere alla grande famiglia dei popoli cristiani dell'Europa e di tutto il mondo.

L'ingresso della Rus' di Kiev nel novero dei popoli cristiani fu preceduto da quello di altri popoli slavi. Il pensiero va alla cristianizzazione degli slavi meridionali, tra i quali lavoravano missionari già verso l'anno 650.

Ricordo, a questo riguardo, che ebbi occasione di ringraziare, nella Basilica di San Pietro, il popolo croato per i 1300 anni di fedeltà alla Sede apostolica.

Successivamente, come ho sottolineato nell'epistola enciclica "Slavorum Apostoli", altri popoli slavi entrarono nella famiglia cristiana dell'Europa grazie all'attività missionaria e alla vocazione ecumenica dei santi fratelli di Tessalonica Cirillo e Metodio, che a buon diritto sono stati proclamati, insieme con san Benedetto, patroni d'Europa. Sul terreno da loro preparato, il "cristianesimo durante il secolo successivo entro in modo definitivo nella storia degli slavi".

Un risultato di questa opera, ispirata da Dio, fu che per Vladimiro e gli abitanti della Rus' di Kiev, ai quali l'annuncio evangelico fu portato principalmente da missionari provenienti da Costantinopoli, il patrimonio bizantino divenne subito accessibile e potè essere assimilato più facilmente. La sua trasmissione, infatti, fu favorita sin dall'inizio dall'esistenza di traduzioni nella lingua paleoslava della Sacra Scrittura e dei libri liturgici, poiché i santi fratelli e i loro discepoli "non ebbero timore di usare la lingua slava per la liturgia, facendone uno strumento efficace per avvicinare la verità divina a quanti parlavano in tale lingua.

perciò, nel periodo in cui c'era ancora piena comunione fra la Chiesa di Roma e quella di Costantinopoli, la Chiesa di Kiev sorse in un contesto di spirituale comunione con quelle Chiese e con le Chiese vicine dell'Europa, formando con esse l'unica Chiesa di Cristo. VIadimiro inseri Kiev nella ricca architettura della Chiesa universale, conservando la tradizione dell'Oriente ed il sentimento dell'identità propria del suo popolo.

Con l'evangelizzazione della Rus' si sviluppo in quelle terre un processo di "inculturazione" della fede, che ne avrebbe segnato profondamente la storia. Come ho avuto modo di dire, "tutte le culture delle nazioni slave debbono il proprio "inizio" o il proprio sviluppo all'opera dei fratelli di Salonicco". Il loro lavoro coraggioso e quello dei loro discepoli, infatti, "conferi capacità e dignità culturale alla lingua liturgica paleoslava, che divenne per lunghi secoli non solo la lingua ecclesiastica, ma anche quella ufficiale e letteraria, e persino la lingua comune delle classi più colte della maggior parte delle nazioni slave e, in particolare, di tutti gli slavi di rito orientale".

Questa lingua, usata fino ad oggi nella liturgia di diversi popoli, ebbe anche un influsso fondamentale sulla lingua letteraria del vostro popolo ucraino, sullo sviluppo della sua ricca cultura e sulla formazione della sua identità.


4. La formazione della nuova Chiesa di Kiev avvenne, come s'è detto, al tempo in cui la cristianità non era ancora lacerata dalla dolorosa divisione. Solo più tardi le tristi contese e l'approfondirsi delle divergenze tra la Chiesa di Roma e la Chiesa di Costantinopoli condussero anche la Chiesa di Kiev verso la separazione dalla comunione ecclesiale con la Sede di Pietro.

Per lungo tempo, tuttavia, la Chiesa di Kiev rimase in contatto con i vicini fratelli cattolici e con la Sede apostolica, ed anche quando subentro una situazione di pratica separazione non mancarono, dall'una e dall'altra pare, sinceri tentativi di ricuperare la piena comunione.

La vostra Chiesa crebbe, nel suo carattere orientale, sull'eredità del Battesimo di san Vladimiro e attraverso i secoli sviluppo la propria fisionomia, arricchendosi di una propria cultura, di luoghi di culto, come pure di moltitudini di fedeli sensibili, insieme con i loro pastori, alla esigenza sia della unità del proprio interno sia della comunione con le altre Chiese e, in particolare, con quella di Roma.

Tutto ciò trovo espressione nell'atto dell'Unione di Brest (1596), quando una parte dei Vescovi della Metropolia di Kiev rinnovo i vincoli di comunione con la Sede apostolica. In questo tentativo di rivivere, ricostituendola visibilmente, la piena "communio" tra Oriente ed Occidente, scorgiamo, espressa secondo la coscienza ecclesiale del tempo, la motivazione fondamentale dell'Unione di Brest. Essa, peraltro, come è stato accennato, fu preceduta da altri tentativi, promossi da uomini animati da profondo sentimento ecclesiale. Fra questi mi piace qui ricordare in special modo il Metropolita di Kiev Isidoro, il quale prese parte al Concilio di Firenze (1439): egli fu un insigne teologo ed un convinto fautore del dialogo con la Chiesa di Roma, la quale, per parte sua, lo onoro elevandolo alla dignità cardinalizia e accogliendone poi le spoglie nell'antica Basilica di San Pietro.

L'Unione di Brest, nell'intenzione di quanti per essa si impegnarono fra incomprensioni e contrarietà di ogni genere - testimoniando a volte anche col sangue, come nel caso di san Giosafat, la profonda e indefettibile convinzione che li animava - non era diretta contro nessuno. Essa mirava all'edificazione di una Chiesa che in Oriente come in Occidente, godesse di quella piena e visibile unità, che ha la sua radice nell'unica fede e nell'unico Battesimo.


5. In tale spirito si devono leggere anche gli altri tentativi che furono fatti, nel corso dei secoli, sotto l'influsso di concrete situazioni storiche, per ristabilire la piena comunione. Non sempre tali tentativi sono stati adeguatamente compresi ed approvati; talvolta hanno avuto come risultato, non previsto nè desiderato, quello di introdurre nuove lacerazioni all'interno della comunità cristiana. Oggi, sulla base di una rinnovata e più profonda riflessione teologica, nonché della ripresa del dialogo fra cattolici e ortodossi, siamo alla ricerca di nuove strade che conducano alla sospirata meta. Tuttavia, le comunità di fedeli nate dai menzionati tentativi, e che hanno per secoli mantenuto la loro comunione con la Sede romana, obbedendo ad un impulso profondo della loro coscienza hanno chiaramente diritto alla solidarietà della comunità cattolica e specialmente del Vescovo di Roma.


6. Nel nostro secolo la Chiesa e tutta la cristianità, sotto il soffio dello Spirito Santo, sentono in modo nuovo il desiderio ardente di questa unità per cui Cristo ha pregato alla vigilia della sua passione e del suo sacrificio sulla croce. Tale prospettiva ecumenica è stata espressa dal Concilio Vaticano II, convocato dal Papa Giovanni XXIII, continuato e portato a termine da Paolo VI, al quale hanno preso parte, in veste di osservatori, numerosi delegati in rappresentanza degli altri fratelli cristiani.

I decreti che il Concilio ha promulgato "sulle Chiese Orientali Cattoliche" ("Orientalium Ecclesiarum") e "sull'Ecumenismo" ("Unitatis Redintegratio") appaiono come un vero dono che la grazia divina ha concesso ai nostri tempi, contrassegnati, si dalle divisioni, ma caratterizzati anche dal desiderio sempre più vivo dell'unità di tutti i cristiani. Ogni divisione dei cristiani, infatti, "non solo contraddice apertamente alla volontà di Cristo, ma è anche di scandalo al mondo e danneggia la santissima causa della predicazione del Vangelo ad ogni creatura".

Il Concilio Vaticano II esorta quelli "che intendono lavorare al ristabilimento della desiderata piena comunione tra le Chiese orientale e la Chiesa cattolica, affinché tengano in debita considerazione questa speciale condizione della nascita e della crescita delle Chiese d'Oriente, e la natura delle relazioni vigenti fra esse e la Sede di Roma prima della separazione, e si formino un equo giudizio di tutte queste cose". Lo stesso Concilio sottolineava i grandi valori delle tradizioni liturgiche spirituali, disciplinari e teologiche che si trovano in queste Chiese, nonché il loro diritto e dovere di vivere tali tradizioni, che appartengono alla piena cattolicità della Chiesa. I Padri conciliari, inoltre, ringraziano Dio perché le Chiese cattoliche orientali "custodiscono questo patrimonio e desiderano viverlo con maggiore purezza e pienezza". Essi, di conseguenza non vedono in queste Chiese un ostacolo verso la piena comunione con i fratelli ortodossi, al contrario, nella misura in cui risplende in esse, nella sua profondità, l'intuizione originaria che le genero, queste possono comprendere con particolare chiarezza la nuova prospettiva ecumenica suggerita in Concilio, dallo Spirito alla Chiesa tutta. Queste Chiese pertanto, sono chiamate, ora più che mai, a svolgere in questo spirito il loro ruolo per la costruzione dell'unità visibile della Chiesa, poiché vi è "un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo" (Ep 4,5).


7. E' in questo momento della storia della salvezza, così ricco di speranze che ci è dato di celebrare il millennio con la comunità cattolica ucraina, la quale ha preso stabilmente il posto assegnatole dalla Provvidenza nella Chiesa universale accanto a tante Chiese particolari sia di Oriente che di Occidente.

Saluto l'intera comunità cattolica ucraina, che nel Battesimo del popolo di Kiev vede le radici della propria esistenza e che oggi vive nella piena comunione di fede e di vita sacramentale col Vescovo di Roma.

Saluto voi, fratelli nell'episcopato con a capo il Cardinale Myroslav Ivan Lubachivsky, Arcivescovo maggiore di Leopoli degli ucraini, saluto voi, sacerdoti, religiosi, religiose e fedeli, che celebrate la ricorrenza millenaria della nascita del vostro popolo alla vita della grazia nel Battesimo della Rus' di Kiev. Saluto voi tutti col fraterno bacio della pace, come vostro fratello e primo Papa di origine slava nella storia della Chiesa.

Nell'ora del vostro grande giubileo mi sento spiritualmente unito a voi e dal cuore della Chiesa desidero stringervi in un fraterno abbraccio dinanzi a tutti i credenti in Cristo. Nel nome della Trinità Santissima, Padre, Figlio e Spirito Santo, la Chiesa di Roma si china con singolare comprensione e amore su tutti i figli e figlie spirituali di san Vladimiro, specialmente su quelli che pregano e soffrono per l'unità con la Chiesa universale.

In un momento storico straordinario per la vostra Chiesa, provata negli ultimi decenni da grandi avversità, desidero ancora una volta confermare che la sua dimensione di cattolicità, così come la sua particolare fisionomia, meritano ogni rispetto. Questo esige l'amore fraterno, questo esige la vocazione ecumenica dei santi fratelli Cirillo e Metodio, che con il loro esempio ci ricordano il diritto di ogni fedele ad essere rispettato nella sua tradizione, nel rito, nell'identità del popolo a cui appartiene.

Possa il futuro - di tutto cuore lo auspichiamo - concederci la gioia di vedere superate le incomprensioni e la vicendevole diffidenza, e riconosciuto il pieno diritto di ciascuno alla propria identità e alla propria professione di fede. L'appartenenza alla Chiesa cattolica non deve essere considerata da alcuno come incompatibile col bene della propria patria terrena e con l'eredità di san Vladimiro. Possano le moltitudini dei vostri fedeli godere della vera libertà di coscienza e del rispetto dei diritti religiosi nel rendere il culto pubblico a Dio secondo la multiforme tradizione, nel proprio rito e con i propri pastori.


8. La Sede apostolica sente un singolare affetto per la vostra Chiesa, perché lungo la storia essa ha dato tante prove del suo attaccamento a Roma, non esclusa la prova suprema del martirio. Per questa ragione la celebrazione principale del millennio della vostra Chiesa nella diaspora avrà luogo a Roma. Raccolti presso la tomba di san Pietro, accanto alla quale riposano le spoglie di san Giosafat, a voi tanto caro, ringrazieremo insieme per tutti i frutti della partecipazione ai misteri divini, nella comunione della stessa fede e nel vincolo del medesimo amore.

La vostra Chiesa non può mancare, nel concerto dell'intera Chiesa cattolica, alla celebrazione di questa straordinaria ricorrenza e neppure può mancare al solenne appuntamento del millennio il Vescovo di Roma, il quale ardentemente desidera cantare nella Basilica di San Pietro, nella vostra lingua, insieme a tutti i Vescovi e fedeli il "Te Deum" di ringraziamento.

Affido l'evento millenario, iscritto nella storia della vostra Chiesa e del vostro popolo, a Dio Uno e Trino. Con fiducia depongo nelle mani del Signore delle vicende umane la celebrazione del millennio. Desidero iniziarla insieme con tutti i Vescovi sacerdoti, religiosi, suore e fedeli cattolici ucraini, sparsi in tutto il mondo, e proseguirla poi insieme con loro sotto lo sguardo di Maria santissima, la cui presenza pervade tutta la storia della vostra Chiesa.

A lei dobbiamo la nascita di Cristo. Ella è stata presente anche alla nascita della Chiesa della Rus' di Kiev. perciò mi reco in spirituale pellegrinaggio ai piedi della Madonna di Vladimir "che ha costantemente accompagnato la peregrinazione nella fede dei popoli dell'antica Rus'". Mi reco nella Cattedrale di santa Sofia, ai piedi della Madonna orante della "Parete indistruttibile", a cui 950 anni fa il principe Jaroslav il saggio affido la citta di Kiev e tutta la Rus'.


9. Mi prostro dinanzi a te, o Madre dolcissima, e a te affido tutte le vicende della comunità cattolica ucraina.

O Madre dell'unità dei cristiani, indicaci le vie sicure che conducono verso tale traguardo. Concedi che, sulla via di questa grande opera, possiamo sempre più sovente incontrarci con i nostri fratelli nella fede e ritrovare insieme i tratti divini di quell'unità per cui Cristo stesso ha pregato.

O Madre della Consolazione, depongo nelle tue mani tutti i dolori secolari e le sofferenze, le preghiere e le testimonianze di vita di tanti tuoi figli, a te affido le speranze e le aspettative degli eredi del Battesimo della Rus', i quali dalla tua intercessione attendono che l'antico ceppo cristiano possa conoscere lo splendore di una nuova fioritura.

Stringi al petto, o Madre, la gente che soffre per la nostalgia di quanto ha perduto ma che non cessa di sperare nell'avvento di tempi migliori.

Aiuta questi tuoi fedeli seguaci perché, insieme con i loro pastori ed in spirituale comunione col successore di Pietro possano celebrare nella gioia il millennio e cantare con animo fervente l'inno di ringraziamento a Dio e a te, santissima Madre del Redentore, a te, "Theotokos!".


10. Invocando l'intercessione dei santi apostoli Pietro e Paolo, dei santi Cirillo e Metodio, apostoli degli slavi, di santa Olga e san Vladimiro, di san Giosafat e di tutti i santi, affido alla protezione della Santissima Trinità voi, fratelli nell'episcopato con a capo l'Arcivescovo maggiore di Leopoli degli ucraini, voi sacerdoti, religiosi, suore e fedeli, mentre di cuore imparto a tutti e a ciascuno la benedizione apostolica nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

Amen.

Dato a Roma, presso San Pietro, il 14 febbraio - nella festa dei santi Cirillo e Metodio - dell'anno 1988, decimo di pontificato.


Data: 1988-04-19 Data estesa: Martedi 19 Aprile 1988







GPII 1988 Insegnamenti - Alle Piccole Suore della Sacra Famiglia - Negrar (Verona)