GPII 1988 Insegnamenti - Lettera a monsignor Lefebvre

Non soltanto io la invito a questo, ma glielo chiedo, per le piaghe del Cristo nostro Redentore, nel nome del Cristo che, la vigilia della sua passione, ha pregato per i suoi discepoli, "affinché tutti siano una sola cosa" (Jn 17,20).

A questa richiesta e a questo invito, unisco la mia preghiera quotidiana a Maria, madre di Cristo.


Caro fratello, non permetta che l'anno dedicato in maniera tutta particolare alla Madre di Dio porti una nuova ferita al suo cuore di Madre! Dal Vaticano il 9 giugno 1988


Data: 1988-06-09 Data estesa: Giovedi 9 Giugno 1988




A un gruppo di Vescovi Usa in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: E' nella preghiera la radice dell'azione sociale della Chiesa

Testo:

Cari fratelli in Gesù Cristo.


1. Un caloroso e fraterno saluto a tutti voi, pastori delle Chiese locali delle province di Baltimora, Washington, Atlanta e Miami.

Noto con piacere la presenza dell'Arcivescovo Hicky prima del Concistoro in cui sarà creato Cardinale. Con l'Arcivescovo Borders saluto la prima sede di Baltimora che si prepara a celebrare il bicentenario nel prossimo anno, con grande significato per l'intera Chiesa. Saluto con una speciale e fraterna affezione l'Arcivescovo di Atlanta, Marino, il primo Arcivescovo negro degli Stati Uniti, che presto verrà a ricevere il Pallio. Ricambio con gratitudine il benvenuto dell'Arcivescovo McCarthy al mio arrivo a Miami. A tutti voi, cari fratelli nell'episcopato, esprimo la mia stima e solidarietà in Cristo Gesù.

Recentemente ho parlato ai Vescovi della V regione dell'invito alla conversione, e in questa circostanza vorrei parlare a voi dell'invito alla preghiera.

Abbiamo meditato sulle parole di Gesù: "Pregate in ogni momento perché abbiate la forza... di comparire davanti al Figlio dell'uomo" (Lc 21,36). E oggi di nuovo accogliamo l'invito alla preghiera che viene a ciascuno di noi e a tutta la Chiesa da Cristo stesso. L'invito alla preghiera pone nella giusta prospettiva tutto l'impegno della Chiesa. Nel 1976, parlando all'incontro di Detroit su "l'invito a impegnarsi", Paolo VI dichiaro che "nella Tradizione della Chiesa ogni invito all'azione è prima di tutto invito alla preghiera". Queste parole sono di grande significato anche oggi. Sono una provocazione per la Chiesa negli Stati Uniti e in tutto il mondo.


2. La Chiesa universale di Cristo, e quindi ogni Chiesa particolare, esiste per pregare. Nella preghiera la persona umana esprime la sua natura; la comunità esprime la sua vocazione; la Chiesa raggiunge Dio. Nella preghiera la Chiesa entra in comunione con il Padre e con il Figlio suo, Gesù Cristo (cfr. 1Jn 1,3). Nella preghiera la Chiesa esprime la sua vita trinitaria, perché si dirige verso il Padre, è sottoposta all'azione dello Spirito Santo e vive pienamente il rapporto con Cristo. Davvero essa si sperimenta come corpo di Cristo, come Cristo mistico.

La Chiesa incontra Cristo nella preghiera nel più profondo del suo essere. In questo modo essa scopre la verità dei suoi insegnamenti e assume la sua mentalità. Cercando di vivere un rapporto personale con Cristo, la Chiesa realizza compiutamente la dignità personale dei suoi membri. Nella preghiera la Chiesa si concentra su Cristo; prende Cristo; prende possesso di lui, gusta la sua amicizia ed è perciò in grado di comunicarlo. Senza la preghiera tutto questo viene a mancare ed essa non avrebbe niente da offrire al mondo. Ma con l'esercizio della fede, la speranza e la carità nella preghiera, si rafforza la sua capacità di comunicare Cristo.


3. La preghiera è l'obiettivo di ogni catechesi nella Chiesa, poiché è un mezzo di unione con Dio. Attraverso la preghiera la Chiesa esprime la signoria di Dio e compie il primo e grande comandamento dell'amore.

Tutto ciò che di umano esiste viene segnato dalla preghiera. Il lavoro umano viene rivoluzionato dalla preghiera, elevato al suo più alto livello. La preghiera è la sorgente della piena umanizzazione del lavoro. Nella preghiera viene compreso il valore del lavoro, perché cogliamo il fatto di essere veramente collaboratori di Dio nell'opera di trasformazione ed elevazione del mondo. La preghiera consacra questa collaborazione. Nello stesso tempo è un mezzo attraverso il quale noi affrontiamo i problemi della vita e in cui ogni impegno pastorale viene concepito e portato avanti.

L'invito alla preghiera deve precedere l'invito all'azione, ma l'invito all'azione deve in realtà accompagnare l'invito alla preghiera. La Chiesa trova nella preghiera la radice del suo impegno sociale, la capacità di motivarlo e di sostenerlo. Nella preghiera noi scopriamo le necessità dei nostri fratelli e sorelle e le facciamo diventare nostre, perché nella preghiera noi scopriamo che le loro necessità sono le necessità di Cristo. La coscienza sociale è formata nella preghiera. Secondo le parole di Gesù, giustizia e misericordia sono tra "le prescrizioni più gravi della legge" (Mt 23,23). L'impegno della Chiesa per la giustizia e la sua ricerca della misericordia avranno successo solo se lo Spirito Santo le darà il dono della perseveranza: questo dono deve essere cercato nella preghiera.


4. Nella preghiera noi giungiamo a comprendere le beatitudini e le ragioni per cui viverle. Solo attraverso la preghiera noi possiamo cominciare a vedere le aspirazioni degli uomini secondo la prospettiva di Cristo. Senza le intuizioni della preghiera non potremmo mai cogliere tutte le dimensioni dello sviluppo umano e l'urgenza, per la comunità cristiana, di impegnarsi in questo lavoro.

La preghiera ci invita a un esame di coscienza su tutti i problemi che colpiscono l'umanità. Ci invita a valutare la nostra responsabilità, personale e collettiva, davanti al giudizio di Dio e alla luce della solidarietà umana. Per questo la preghiera trasforma il mondo. Tutto in essa si rinnova, sia negli individui sia nelle comunità. Nuove mete e nuovi ideali emergono. Si riafferma la dignità e l'azione cristiana. Le promesse del Battesimo, della Confermazione e dell'Ordine Sacro acquistano un'urgenza nuova. Nella preghiera si spalancano gli orizzonti dell'amore coniugale e della missione della famiglia.

La sensibilità cristiana dipende dalla preghiera. La preghiera è conduzione essenziale - anche se non l'unica - per una corretta lettura dei "segni dei tempi". Senza preghiera è inevitabile ingannarsi in una questione così delicata.


5. Le decisioni richiedono la preghiera; le grandi decisioni richiedono intensa preghiera. Gesù stesso ce ne ha dato l'esempio. Prima di chiamare i discepoli per sceglierne dodici, Gesù trascorse la notte, sulla montagna, in comunione con il Padre (cfr. Lc 6,12). Per Gesù pregare il Padre non significava solo luce e forza.

Voleva dire anche fiducia, abbandono e gioia. La sua natura umana esultava nella gioia della preghiera. L'intensità della gioia della Chiesa, in ogni secolo, è proporzionata alla sua preghiera.

L'intensità della sua forza e la condizione per la sua fiducia sono la fedeltà nella preghiera. I misteri di Cristo si svelano pr coloro che si avvicinano a lui nella preghiera. La piena applicazione del Concilio Vaticano II sarà sempre condizionata dalla perseveranza nella preghiera. I grandi passi compiuti dai laici nella Chiesa nel comprendere quanto essi appartengono alla Chiesa - si possono spiegare - in ultima analisi solo per la grazia e la sua accoglienza nella preghiera.


6. Nella vita della Chiesa oggi noi ci accorgiamo spesso che il dono della preghiera è legato alla parola di Dio. Una rinnovata scoperta delle Sacre Scritture ha portato avanti i frutti della preghiera. La Parola di Dio, accolta e meditata, ha la forza di portare il cuore dell'uomo in una comunione sempre più grande con la Santissima Trinità. Sempre di più questo avviene nella Chiesa di oggi. I benefici ricevuti attraverso la preghiera legata alla Parola di Dio ci spingono a un'ulteriore risposta di preghiera (la preghiera di lode e ringraziamento).

La Parola di Dio genera preghiera in tutta la comunità. Nello stesso tempo è nella preghiera che la Parola di Dio viene compresa, applicata e vissuta.

Per noi tutti che siamo ministri del Vangelo, con la responsabilità pastorale di annunciare la buona novella "opportune et inopportune" e di esaminare attentamente la realtà della vita quotidiana alla luce della sacra Parola di Dio, la preghiera è il contesto in cui noi prepariamo la proclamazione della fede. Tutta l'evangelizzazione è preparata nella preghiera; nella preghiera dapprima si applica a noi; nella preghiera viene poi offerta al mondo.


7. Ogni Chiesa locale è se stessa con verità nella misura in cui è una comunità in preghiera, con tutto il dinamismo conseguente che la preghiera mette in atto. La Chiesa universale non è mai se stessa come quando riflette fedelmente l'immagine di Cristo in preghiera: il Figlio che, pregando, volge tutto il suo essere al Padre e consacra se stesso per amore dei fratelli "perché siano anch'essi consacrati nella verità" (Jn 17,19).

Per questo motivo, cari fratelli nell'episcopato, desidero incoraggiarvi in tutti i vostri sforzi per insegnare alla gente a pregare. E' compito della Chiesa apostolica trasmettere gli insegnamenti di Gesù a tutte le generazioni, offrire fedelmente ad ogni Chiesa locale la risposta di Gesù alla domanda: "Insegnaci a pregare" (Lc 11,1). Vi assicuro l'appoggio mio e di tutta la Chiesa nel vostro impegno di predicare l'importanza della preghiera quotidiana e dare l'esempio della preghiera. Dalle parole di Gesù noi sappiamo che dove due o tre sono riuniti nel suo nome, egli è in mezzo a loro (cfr. Mt 18,20). E sappiamo che in ogni Chiesa locale riunita in preghiera attorno al Vescovo vive l'incomparabile bellezza di tutta la Chiesa cattolica come immagine fedele del Cristo in preghiera.


8. Nel suo compito di pastore della Chiesa universale, il successore di Pietro è chiamato a vivere una comunione di preghiera con i suoi fratelli Vescovi e le loro diocesi. Per questo tutte le vostre iniziative di promozione della preghiera hanno il mio pieno sostegno. Nella carità fraterna e pastorale vi sono vicino quando invitate il vostro popolo alla preghiera quotidiana, quando lo invitate a scoprire nella preghiera la loro dignità di cristiani. Ogni iniziativa diocesana o parrocchiale che esorta a una più intensa preghiera individuale e familiare è una benedizione per la Chiesa universale. Ogni gruppo che si riunisce per la recita del rosario è un dono per il Regno di Dio. Si, dovunque due o tre sono riuniti nel nome di Cristo, là c'è lui. Le comunità contemplative sono un dono speciale dell'amore di Dio per il suo popolo. Esse hanno bisogno e meritano la pienezza del vostro amore e sostegno pastorale. Il loro compito particolare nel mondo è di testimoniare la supremazia di Dio e il primato dell'amore di Cristo "che sorpassa ogni conoscenza" (Ep 3,19).

Quando esercitiamo, come Vescovi, la nostra responsabilità apostolica di richiamare il nostro popolo alla preghiera, noi compiamo così pienamente e profondamente il nostro ministero pastorale. Non tutti risponderanno, ma milioni di persone desiderano farlo. E lo Spirito Santo desidera servirsi dei Vescovi della Chiesa come strumenti in un'opera che, in ragione della sua suprema delicatezza, tocca a lui solo, che è "Dextrae Dei Digitus". Il soffio dello Spirito Santo può rinnovare completamente la Chiesa, oggi, attraverso il dono della preghiera. Dobbiamo considerare di ricevere questo dono, così legato all'amore di Dio; dobbiamo invocarlo per la Chiesa qui ed ora, e vederlo anche anche come la caratteristica della Chiesa del millennio. Questo è il contesto vitale in cui, come pastori, dobbiamo invitare la Chiesa a pregare. Qui si tocca con mano l'identità del Vescovo come segno di Cristo, "un segno del Cristo che prega, un segno del Cristo che parla al Padre suo, dicendo: ''Io ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terrà"" (Lc 10,21) ("Ad quosdam episcopos e Civitatibus Foederatis Americae Septemtrionalis occasione oblata "ad limina" visitationis coram admissos", 2, die 3 dec. 1983: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VI, 2 [1983] 1234).


9. La preghiera raggiunge un livello di dignità ed efficacia speciale per la comunità nella sacra liturgia della Chiesa e particolarmente nella celebrazione eucaristica, che è la fonte e il culmine della vita cristiana. In questo senso la celebrazione eucaristica della domenica è di immensa importanza per le vostre Chiese locali e per la loro vitalità. Cinque anni fa, parlando a lungo su questo argomento, ricordai che "in tutti gli Stati Uniti c'è stata una grande storia di partecipazione all'Eucaristia da parte del popolo, e per questo dobbiamo ringraziare Dio" ("Ad quosdam episcopos e Civitatibus Foederatis Americae Septemtrionalis occasione oblata "ad limina" visitationis coram admissos", 1, die 9 iul. 1983: , VI, 2 [1983] 46). Il tempo è maturo per rinnovare la nostra gratitudine verso Dio per questo grande dono e pr rafforzare questa splendida tradizione dei cattolici americani. In quell'occasione ricordai anche: "Tutta la tensione dei laici volta a consacrare il mondo dell'attività secolare a Dio trova ispirazione e magnifica conferma nel sacrificio eucaristico. La partecipazione all'Eucaristia è solo una piccola parte della settimana dei laici, ma tutta l'efficacia della loro vita e tutto il rinnovamento cristiano dipende da essa: la prima e indispensabile fonte dell'autentico spirito cristiano". ("Ad quosdam episcopos e Civitatibus Foederatis Americae Septemtrionalis occasione oblata "ad limina" visitationis coram admissos", 1, die 9 iul. 1983: , VI, 2 [1983] 48).

Nell'assemblea eucaristica domenicale il Padre glorifica sempre la risurrezione del Figlio Gesù Cristo accettando il suo sacrificio offerto per tutta la Chiesa. Conferma il carattere pasquale della Chiesa. L'ora del culto eucaristico domenicale è una espressione potente della natura cristocentrica della comunità, che Cristo offre al Padre come dono. E mentre offre la Chiesa al Padre, Cristo stesso convoca la Chiesa per la sua missione: missione soprattutto di amore e lode, per poter dire: "Sei tu la mia lode nella grande assemblea" (Ps 23[22],26).

Mentre la Chiesa viene chiamata alla lode, è chiamata al servizio nella carità fraterna e nella giustizia, la misericordia e la pace. Proprio nel convocare la Chiesa per il servizio, Cristo consacra questo servizio, lo rende fecondo e lo offre al Padre nello Spirito Santo. Questo servizio cui la Chiesa è chiamata è il servizio dell'evangelizzazione e della promozione umana in tutti i suoi aspetti vitali. Si tratta di un servizio nel nome di Cristo e della sua misericordia, nel nome di colui che ha detto: "Sento compassione di questa folla" (Mt 15,32).


10. Ci sono molti altri aspetti della preghiera, privata e liturgica, che meritano una riflessione. Ci sono molte altre dimensioni dell'invito alla preghiera che la Chiesa potrebbe sottolineare. Ma in questo momento desidero solo accennare a due realtà che la Chiesa deve sempre affrontare e che può affrontare in maniera appropriata solo nella preghiera. Si tratta della sofferenza e del peccato.

E' nella preghiera che la Chiesa comprende e affronta la sofferenza; essa reagisce ad essa come Gesù nell'Orto degli Ulivi: "In preda all'angoscia, pregava più intensamente" (Lc 22,44). Davanti al mistero della sofferenza, la Chiesa non è ancora in grado di modificare o migliorare il consiglio di san Giacomo: "Chi tra voi è nel dolore, preghi" (Jc 15,13). Insieme agli sforzi per alleviare le sofferenze degli uomini - che essa deve moltiplicare fino alla fine dei tempi - la risposta definitiva della Chiesa alla sofferenza si trova solo nella preghiera.

L'altra realtà cui la Chiesa risponde nella preghiera è il peccato.

Nella preghiera la Chiesa si sostiene nella lotta pasquale con il peccato e il male. Nella preghiera essa domanda perdono per il peccato; nella preghiera essa chiede la forza dell'Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo. La risposta della Chiesa al peccato è domandare la salvezza e la sovrabbondanza della grazia di Gesù Cristo, il salvatore del mondo. "A colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue... a lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli" (Ap 1,5-6).

Profondamente persuasi della potenza della preghiera e umilmente impegnati in essa, proclamiamo con fiducia, cari fratelli, in tutta la Chiesa l'invito alla preghiera. E' in gioco la stessa necessità per la Chiesa di essere se stessa, Chiesa orante, per la gloria del Padre. Lo Spirito Santo ci assisterà e i meriti del mistero pasquale di Cristo suppliranno alla nostra umana debolezza.

L'esempio di Maria, madre di Gesù, come modello di preghiera, è una fonte di fiducia confidente per tutti noi. Guardando a lei, noi sappiamo che il suo esempio sostiene i nostri sacerdoti, religiosi e laici. Noi sappiamo che la sua generosità è un'eredità per tutta la Chiesa da proclamare e imitare.

Per finire, con le parole di Paolo, chiedo a voi tutti: "Pregate per me, perché quando apro la bocca mi sia data una parola franca, per far conoscere il mistero del Vangelo... e io possa annunziarlo con franchezza come è mio dovere...

La grazia sia con tutti quelli che amano il Signore nostro Gesù Cristo, con amore incorruttibile" (Ep 6,19-20 Ep 6,24).


Data: 1988-06-10 Data estesa: Venerdi 10 Giugno 1988




Alla Plenaria del Pontificio Consiglio per la famiglia - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Promuovere un'autentica civiltà della vita

Testo:

Signor Cardinale, cari fratelli nell'episcopato, cari amici.


1. Sono felice di ricevervi in questi giorni in cui siete riuniti in assemblea plenaria. Saluto tutti i membri, in particolare quelli che partecipano per la prima volta ai lavori del Pontificio Consiglio per la famiglia e che assumono così un nuovo tipo di responsabilità per la pastorale familiare.

Come tema centrale delle vostre riflessioni avete scelto "la famiglia nella missione dei laici", con uno speciale riferimento a una "civiltà della vita". Questo tema pone un legame tra l'ultimo Sinodo dei Vescovi e quello del 1980 sulla famiglia. Vorrei, da parte mia, sottolineare l'importanza della famiglia nella società civile come anche nella Chiesa, la famiglia che i laici costituiscono e difendono, la famiglia responsabile dell'evangelizzazione delle nuove generazioni.


2. Riflettendo sulla vocazione e sulla missione dei laici nella Chiesa e nel mondo, l'ultima assemblea del Sinodo dei Vescovi ha approfondito l'insegnamento del Concilio Vaticano II ed esaminato le esperienze ecclesiali vissute negli ultimi due decenni. Sono stati messi in rilievo due aspetti importanti della vocazione dei laici: l'appartenenza attiva e responsabile dei laici alla missione comune della Chiesa, e il richiamo personale alla santità rivolto a ciascuno.

Molto è stato fatto in questi anni per far conoscere gli insegnamenti conciliari; occorrerà continuare a studiarli e fare in modo che tutti i fedeli diventino chiaramente consapevoli della loro vocazione. La nostra conformazione con Cristo - il fatto che siamo stati battezzati e siamo tutti figli di Dio - è il fondamento comune della diversità di funzioni che toccano i membri del Popolo di Dio per l'azione dello Spirito Santo. La missione dei laici non si esercita solo all'interno delle strutture ecclesiali. I fedeli laici, sale della terra e luce del mondo, contribuiscono a "trasfigurare tutta l'esistenza con il dinamismo della grazia e della libertà" ("Allocutio ad precationem "Angelus"", 1, die 1 mar. 1987: , X, 1 [1987] 458s).

La famiglia è un ambito privilegiato in cui i laici cristiani devono "cercare il Regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio" (LG 31). La famiglia è la sorgente naturale da cui sgorga una cultura della vita, il centro dove convergono i valori che la proteggono e il nucleo fondamentale di ogni civiltà al servizio della vita.


3. Per il fatto che la famiglia è la cellula originaria della società e della Chiesa, tutti i cristiani partecipano in un modo o nell'altro a questa istituzione. Di più, il sacramento del matrimonio santifica la mutua donazione coniugale dei cristiani e li conferma nel loro proprio ruolo di padri e madri. Si tratta di realtà create che il Magistero della Chiesa ha la missione di spiegare alla luce della rivelazione cristiana. Questo esercizio del Magistero, in un campo così importante per la vita della società e della Chiesa stessa di Cristo, costituisce una costante sollecitudine pastorale dei Vescovi. Lo testimonia lo spazio riconosciuto al matrimonio e alla famiglia dal Concilio Vaticano II. Nel periodo successivo, conviene ricordare la riflessione del Sinodo del 1980 e la dottrina esposta nell'esortazione apostolica "Familiaris Consortio". Un'attenzione particolare va riservata all'enciclica "Humanae Vitae" di Paolo VI, di cui ricorre il ventesimo anniversario e che ha costituito e continua a costituire un si deciso alla vita, un si al Creatore, un'accettazione positiva delle leggi da lui assegnate all'uomo per trasmettere e proteggere la vita.


4. Ma il matrimonio e la famiglia non sono istituzioni esclusivamente cristiane; fanno parte dell'eredità donata da Dio all'umanità: "Dio creo l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creo; maschio e femmina li creo" (Gn 1,27). Queste realtà naturali sono state costituite e strutturate secondo leggi e valori che, lungi dal limitare e restringere la libertà dell'uomo, permettono il progresso personale e sociale.

Coscienti del fatto che il sacramento del matrimonio eleva e santifica queste realtà naturali, i cristiani devono stimare e riconoscere i valori che sono alla base del grande mistero dell'amore coniugale. In effetti, come ricorda il Concilio Vaticano II: "Tutte le realtà che costituiscono l'ordine temporale, cioè i beni della vita, della famiglia, la cultura, l'economia... non soltanto sono mezzi con cui l'uomo può raggiungere il suo fine ultimo, ma hanno un "valore" proprio, riposto in esse da Dio" (AA 7). I beni della vita e la famiglia sono dunque uno dei componenti dell'ordine temporale che i fedeli laici devono non solo difendere, ma anche promuovere e sviluppare, in unità con tutti gli altri uomini di buona volontà. La società stessa trae beneficio da simili azioni.

Questi beni appartengono all'ordine stesso della creazione; così, per natura il cuore dell'uomo dovrebbe cercarli e in essi fiorire. Tuttavia l'orgoglio, l'egoismo e tutto il disordine introdotto dal peccato impediscono spesso di scoprire, e soprattutto accettare e osservare le leggi morali che custodiscono questi beni. Ora, il cristiano li coglie alla luce della rivelazione e la grazia lo aiuta a conformarsi ad esse.


5. In questo senso, i laici cristiani possono compiere un apostolato di preparazione evangelica. Mettendo la loro competenza al servizio dei valori evidenziati dal Magistero, essi contribuiscono a farli conoscere meglio dalle persone e nei gruppi sociali. La loro azione mirerà a far rispettare questi valori essenziali, perché siano rafforzati dalle stesse istituzioni che governano i popoli.

La testimonianza di vita familiare da parte degli sposi cristiani può costituire un prezioso contributo, facendo comprendere, in tutta la società. che cosa è in realtà la famiglia "nel suo essere ed agire, in quanto intima comunità di vita e di amore" (FC 50).

La ricchezza della comunione delle persone, nella loro fedeltà, farà comprendere meglio che il divorzio e l'instabilità della donazione di sè sono in realtà germi di morte, mentre il legame indissolubile delle persone è fonte di vita.

La mentalità contro la vita, la sua accoglienza e trasmissione, conducono ad azioni come l'aborto, la sterilizzazione o la contraccezione. Questo porta a una visione distorta del matrimonio; questo limita il senso della mutua donazione tra gli sposi. "La ragione ultima di questa mentalità è l'assenza, nel cuore degli uomini, di Dio, il cui amore soltanto è più forte di tutte le possibili paure del mondo e le può vincere" (FC 30). Quando i bambini non vengono visti come un dono di Dio; quando l'amore coniugale diviene come un egoistico ripiegamento su se stessi; quando le leggi del matrimonio sono considerate come un impedimento insopportabile; quando il potere civile non sostiene la famiglia nella sua struttura e nei suoi bisogni, allora diviene particolarmente necessaria la promozione di una autentica civiltà della vita. Sono i laici, uomini e donne di ogni generazione, e poter far scoprire, intorno a loro, i valori e le ricchezze che racchiudono le esigenze umane, con un apostolato quotidiano che comincia con l'educazione.

"La famiglia è la prima ... scuola di socialità. ... La comunione e la partecipazione quotidianamente vissuta nella casa, nei momenti di gioia e di difficoltà, rappresenta la più concreta ed efficace pedagogia per l'inserimento attivo, responsabile e fecondo dei figli nel più ampio orizzonte della società" (FC 37).


6. Attraverso di voi, cari amici, desidero rivolgermi a tutti gli sposi cristiani.

Fate comprendere il significato sociale della vostra vocazione di sposi e genitori cristiani! Il vostro impegno non riguarda un campo estraneo al bene di tutta la società. Il rispetto della vita, la cura della formazione umana e cristiana, le virtù dell'onestà, della moderazione e dell'ospitalità, l'educazione alla castità e all'autocontrollo, la capacità di amare superando il proprio egoismo, l'attenzione agli anziani e agli ammalati, tutto fa parte di un insieme di valori di cui gli uomini hanno bisogno per vivere in pienezza la loro dignità.

Incoraggio pertanto tutti i gruppi che, in fedeltà al Magistero della Chiesa, aiutano gli sposi cristiani ad affermare la loro spiritualità e a sviluppare il loro apostolato.

Aiutare la famiglia a rispondere pienamente alla sua vocazione, è una preoccupazione apostolica comune a tutti i cristiani. Tutti devono essere attenti a ciò che illumina o rafforza i valori del matrimonio, della paternità e della maternità. Incrocio di generazioni, la famiglia acquista una dimensione missionaria particolare nella Chiesa. Viva e solida, è un luogo di primaria importanza per una più ampia diffusione del Vangelo e la edificazione del Regno di Dio nel mondo di oggi.


7. Formulo molti auguri per il vostro lavoro, per tutto il vostro impegno, in collegamento con quanti si occupano della pastorale familiare nelle Chiese particolari. Chiedo al Signore di colmarvi di benedizioni insieme alle famiglie al cui servizio vi dedicate.


Data: 1988-06-10 Data estesa: Venerdi 10 Giugno 1988




Ai pellegrini polacchi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Preghiamo che il Regno di Dio venga anche nella nostra terra polacca"

Testo:

Prima di tutto vorrei esprimere la mia gioia per il fatto che ci incontriamo proprio oggi, nella solennità del santissimo Cuore di Gesù. Questo giorno ha un'eloquenza particolare. Particolare in tutta la Chiesa, e particolare nella storia della Chiesa in Polonia. La Chiesa in Polonia ha seguito sin dal principio il messaggio del Sacro Cuore che sopraggiungeva da Paray-le-Monial, e con la voce dell'episcopato ha appoggiato la istituzione della solennità del Sacro Cuore. E se preghiamo così come ha fatto poc'anzi il vostro Vescovo: "santissimo Cuore di Gesù, ti affidiamo la nostra patria, le nostre città, le nostre parrocchie e noi stessi", vi assicuro, cari compatrioti, che è anche la mia preghiera: anch'io affido al santissimo Cuore di Gesù la mia patria, tutte le parrocchie polacche, tutte le diocesi; affido tutte le famiglie e tutti i compatrioti, quelli in Polonia e quelli che vivono fuori del Paese, emigrati.

Mi rende particolarmente lieto il fatto che questo incontro si svolga ad un anno dalla mia visita in patria, dall'ultimo viaggio pastorale nel mio Paese, in Polonia. Mi è stato dato di visitare varie città, vari ambienti, diocesi, Chiese. Mi rimane impresso nella memoria soprattutto l'incontro a Stettino. Ho considerato una cosa necessaria, una cosa molto importante, includere questa città nell'itinerario del mio viaggio pastorale in patria. Ero lieto di poter essere a Stettino, incontrarmi con la Chiesa e con tutta la società che vive li: sull'Oder e sul Baltico. Ed anche di poter essere in seguito negli altri posti del litorale polacco, che per la prima volta ho potuto conoscere in così larga misura.

Ringrazio Dio per il dono di quel mio servizio apostolico nella terra polacca e gli chiedo che questo servizio porti dei frutti. Le parole che indirizziamo al Sacro Cuore nella nostra preghiera per la patria cosl si esprimono in questa seconda parte: "Sacro Cuore, venga il tuo Regno".

Venga il tuo Regno: ecco la nostra preghiera, preghiera continua, quotidiana, parte del "Pater noster". E' stato Cristo ad insegnarci questa preghiera; ed è Cristo che ci guida al Regno di Dio. Cristo ci ha dato il Regno di Dio come dono e come compito.

Recitando "Sacro Cuore, venga il tuo Regno", tutti assumiamo il compito di partecipare alla costruzione del Regno di Dio in tutta la terra, e soprattutto nella nostra terra natale, in diversi suoi luoghi. La costruzione del Regno di Dio è nello stesso tempo costruzione della società umana che vive nella pienezza della dignità dell'uomo, nella pienezza dei diritti umani, che vive dignitosamente, vive nello spirito della civiltà dell'amore, civiltà della vita, nello spirito delle grandi tradizioni della sua cultura. Tutto questo fa parte della costruzione del Regno di Dio, tutto questo fa parte della preghiera al Cuore di Gesù: "Venga il tuo Regno". Questa parte della preghiera io elevo, cari fratelli, con voi; lo faccio spesso, ogni giorno, e specialmente oggi, chiedendo che venga il Regno di Dio in tutto il mondo, tra tutti i popoli e nazioni di questa terra, e in modo particolare nella mia terra natale.


Data: 1988-06-10 Data estesa: Venerdi 10 Giugno 1988




L'incontro con le autorità e la popolazione della città sullo stretto - Messina

Titolo: "Messina, porta della Sicilia e dell'Oriente, irradia la luce del bene che in te si compie!"

Testo:


1. Sono veramente lieto di essere tornato in Sicilia, di trovarmi qui con voi, oggi, a Messina, e di recarmi domani in pellegrinaggio al Santuario della Madonna di Tindari.

Sento il dovere di ringraziare l'onorevole Sergio Mattarella, rappresentante del governo, per le deferenti espressioni rivoltemi ed il signor sindaco per le cordiali parole di benvenuto, eco viva dei sentimenti con cui la città ha atteso e preparato questa mia visita. Saluto altresi i miei confratelli nell'episcopato, il pastore di questa Chiesa locale, monsignor Ignazio Cannavo, e i Vescovi ausiliari, le autorità civili e militari, il clero, i religiosi e le religiose presenti e tutti voi, fratelli e sorelle carissimi, qui convenuti ad accogliermi.

Con speciale gratitudine saluto il Cardinale Arcivescovo di Palermo come Legato del Congresso eucaristico nazionale che si svolge a Reggio Calabria.


2. Giungendo a Messina, sono rimasto particolarmente colpito dallo stupendo scenario nel quale è incastonata la città, distesa tra le falde dei monti Peloritani, degradanti verso la costa, e lambita dal mare, che rinvia al ricordo di miti suggestivi e di antiche leggende, tanto vivi nelle credenze del mondo classico e diventati in seguito patrimonio del linguaggio e della letteratura mondiale. Ma, sorvolando lo Stretto, il ricordo è andato soprattutto ai primi apostoli del Vangelo - a Paolo, in particolare (cfr. Ac 28,13) -, che hanno solcato queste acque, prima di arrivare sulle sponde italiche, mentre eran diretti a testimoniare il Cristo ed a portarne l'insegnamento a Roma, nel cuore stesso dell'Impero. Ho anche pensato all'innumerevole schiera di persone - intraprendenti navigatori o semplici turisti -, che di qui son passati, utilizzando una naturale e vantaggiosa rotta per raggiungere approdi di commercio, di studio o di svago.

Chi, come voi, conosce le vicende della vostra Città, affianca a tali memorie, dense di storia, il richiamo ad eventi, purtroppo tristi, che hanno inciso profondamente nel suo tessuto urbanistico e colpito le vostre famiglie. Mi riferisco, innanzitutto, ai violenti fenomeni sismici: e come non pensare a quello più noto che nel 1908 devasto anche la vicina Reggio, e di cui ricorre quest'anno l'ottantesimo anniversario? Mi riferisco ancora all'ultima guerra, che qui ha seminato, non meno che altrove, rovine e lutti. Questo quadro di luci e di ombre permette di stabilire un eloquente confronto con la situazione presente della città, e di cogliere il generoso impulso grazie al quale essa è come rinata.


3. Anzitutto la scelta della vita, che ha continuato ad essere amata, accolta e diffusa, nonostante ogni vicenda di morte; l'operosità e l'industriosità, con cui si è saputo reagire a pesanti eredità, affinché la civile convivenza non solo riprendesse il suo corso secondo ritmi cari agli effetti ed alle consuetudini locali, ma fosse anche più tutelata con una preveggente messa in opera di accorgimenti protettivi; la tenacia nella ricostruzione di insigni monumenti - si pensi alla maestosa Basilica Cattedrale -, simboli preziosi da trasmettere alle generazioni future; la profonda e radicata fiducia in Dio, specialmente quando tante circostanze avverse avrebbero potuto indurre a disperare.

Dei messinesi si può dire che, veramente, la loro fede in Dio è stata forte e coraggiosa, in sintonia con l'atto di abbandono del salmo: "Dio è per noi rifugio e forza, aiuto sempre vicino nelle angosce. perciò non temiamo se trema la terra, se crollano i monti nel fondo del mare" (Ps 46[45],2-3). Da questo travaglio sembra che la città abbia tratto una lezione complementare, che l'ha resa più decisa ed esperta nel preferire le vie del bene, resistendo a falsi miraggi ed impedendo che pericolosi fenomeni di degrado sociale vi si insinuassero come tarlo roditore della sua identità.


4. Occorre proseguire su questa strada. Qui, dove la natura è un inno perenne alla grandezza del Creatore, è più facile disporre l'animo a pensieri alti e soavi e soffermarsi in preghiera. La vostra patrona, la beata Eustochia Smeralda Calafato, che questa sera ascrivero nell'albo dei santi, ed il monastero di Montevergine, da lei fondato, sono in questa linea un punto di richiamo e di riferimento.

La cura ed il primato dello spirito trovano certo condizioni più propizie nella quiete austera e silenziosa di un chiostro, ma non ne sono appannaggio esclusivo. Il Signore si lascia trovare sempre da quanti lo cercano con cuore sincero; egli è vicino a ciascuno dei suoi figli ed ognuno invita alla beatificante ed intima unione con sè. Occorre piuttosto saper incrociare il suo sguardo, coglierne il messaggio e tradurlo in opera.

Ogni stato di vita è via alla santità, cioè alla più completa realizzazione della persona e, dunque, ad ognuno è possibile vivere, contemporaneamente, come familiare dei santi e cittadino del Regno dei cieli, e collaborare, con dedizione e competenza, alla costruzione della città terrena affinché essa sia, in certo qual modo, immagine ed anticipazione di quella futura.

E' così che anche la città diventa luogo dell'incontro con Dio, e si pongono le premesse per un suo futuro di autentica elevazione sociale e religiosa; è così che si supera il rischio di perdere o di vedere attenuato il senso della presenza di Dio, in un'epoca nella quale si preferisce insistere nella esaltazione delle capacità dell'uomo. A Messina tali verità non risultano nuove, perché la sua storia civile è strettamente connessa con la sua storia di fede, come attestano simboli emblematici, quali il ben noto "Vascelluzzo". Si tratta piuttosto di ravvivarle nella coscienza e di farne motivi ispiratori nella condotta di ogni giorno.

Ciò ridonderà a vantaggio di tutti. La nostra città, infatti, carissimi fratelli e sorelle, come porta della Sicilia e dell'Oriente, attraverso la quale l'Europa ed i popoli del Mediterraneo, incontrandosi, hanno dato origine ad una civiltà e ad una cultura ancora vive ed aperte al futuro, è naturalmente chiamata a diventare come la città evangelica posta sul monte, che irraggia luce mediante il bene che vi si compie.


5. Sulla base che regge la stele della Madonnina d'oro collocata sulla punta estrema del porto, si legge una frase semplice,ma carica di senso: "Vos et ipsam Civitatem benedicimus". Si coglie in essa la tradizione secolare che lega Messina con un particolare rapporto di amore alla Madre di Dio. Faccio mio questo saluto di Maria e anch'io, come chiedeva il signor sindaco, benedico volentieri e di cuore voi, l'intera Messina ed anche i suoi figli lontani. Auspicando che la vostra città possa conoscere sempre giorni di sereno progresso, rivolgo alla Madre celeste la mia preghiera affinché continui ad essere il suo faro luminoso nel mare della storia e la sua àncora di salvezza nella traversata verso le sponde dell'eternità.


Data: 1988-06-11 Data estesa: Sabato 11 Giugno 1988





GPII 1988 Insegnamenti - Lettera a monsignor Lefebvre