GPII 1988 Insegnamenti - Incontro con il mondo del lavoro - Reggio Calabria

Incontro con il mondo del lavoro - Reggio Calabria

Titolo: "Sembra essere necessario qui in Calabria un profondo rinvigorimento dell'atmosfera morale"

Testo:

Carissimi lavoratori e imprenditori.


1. Vi saluto tutti di cuore, ciascuno individualmente, e vi ringrazio per il calore della vostra accoglienza. Sono grato al presidente dell'Efim, professor Rolando Valiani, ed al rappresentante degli operai per le parole che mi hanno rivolto anche a nome delle varie componenti del mondo industriale e, in generale, del lavoro, di cui mi hanno esposto problemi e prospettive.

Sono particolarmente lieto di essere tra voi, nel cuore di queste officine meccaniche, che, qualificandosi col titolo di "Calabresi", intendono certamente esprimere la volontà e l'aspirazione di contribuire allo sviluppo economico nazionale, ma avendo sempre ben presente la situazione di questa parte d'Italia.

Sono al corrente dei particolari problemi della generosa e forte regione calabrese, che ho avuto altra volta la possibilità di visitare e di conoscere.

E sono lieto anche di essere qui per l'occasione del XXI Congresso eucaristico nazionale, quando su Reggio sono puntati, nel segno della fede e dell'amore, gli occhi e il cuore di tutti i cattolici italiani.


2. Non poteva esserci per me una circostanza più opportuna di questa per incontrarmi con voi, cari fratelli e sorelle, perché il Cristo eucaristico, se appartiene a tutte le categorie di persone, ha un rapporto tutto speciale col mondo del lavoro. Il pane e il vino, posti sull'altare per essere trasformati, in virtù del potere divino, nel corpo e nel sangue di Cristo, sono infatti il "frutto del lavoro dell'uomo", come dice il sacerdote nell'offertorio della Messa.

E proprio in nome di Cristo, venuto sulla terra per unire gli uomini nell'amore del Padre comune e per farli fratelli, che i problemi del lavoro sono ben presenti alla sollecitudine della Chiesa, la quale, pur non avendo il compito di escogitare soluzioni puramente tecniche, non può restare estranea e indifferente a tutto ciò che tocca la giustizia, il rispetto della dignità della persona umana, la pace delle famiglie e della società, nè può rimanere distante da quanti soffrono, o sono senza lavoro o in condizioni di vita non degne di un essere umano.

Il "cammino della Chiesa è infatti l'uomo" (cfr. RH 14). A lui ha voluto unirsi in qualche modo Cristo stesso (cfr. GS 22). Le sorti concrete degli uomini e delle donne, nelle loro particolari situazioni, e soprattutto quelle dei lavoratori, stanno a cuore alla Chiesa, stanno a cuore al Papa, come anche ai vostri Vescovi.

Tutti conoscete, in un modo o nell'altro le encicliche sociali, all'ultima delle quali, in ordine di tempo, il vostro rappresentante ha voluto far riferimento. L'insegnamento ivi contenuto ha come due grandi traguardi: il primo è il rispetto della dignità di ogni uomo e donna, ai quali deve essere riconosciuto il diritto al pieno sviluppo sia economico che umano e spirituale e che mai possono essere ridotti a semplici mezzi o strumenti per il raggiungimento di altri fini. Il secondo è il valore del lavoro, "dimensione essenziale della vocazione umana" (LE 4), "chiave della questione sociale" (cfr. LE 3), e mezzo privilegiato in ordine allo sviluppo (cfr. SRS 30). Questi due traguardi si riassumono nell'affermazione del valore della giustizia vissuta e applicata ad ogni livello.


3. Alla luce di questi principi, vorrei gettare con voi e davanti al Signore uno sguardo lucido, ma anche sereno e fiducioso, alla realtà di questa regione del Meridione.

E' comunemente ammesso che il Sud non ha lo stesso grado di sviluppo del Nord, che la ricchezza non è equamente distribuita tra le due zone che la possibilità di ottenere un lavoro degno e degnamente remunerato non sono le stesse, e che questo provoca l'emigrazione sia all'interno del Paese che all'estero, con le conseguenze che conosciamo.

Cari fratelli e sorelle: sono problemi veri, certamente complessi, ma non insolubili, se si ha fiducia in Dio e fiducia anche nell'uomo. Io vorrei qui sottolineare ancora una volta che gli uomini valgono più delle cose, che il profitto non è l'unico criterio valido quando si tratta di creare o di portare avanti una impresa ovvero di scegliere il tipo di beni che si vorrebbe produrre.

Vi è inoltre un dovere di solidarietà non solo tra le stesse regioni meno sviluppate, ma anche, e soprattutto, tra queste e le regioni che hanno già raggiunto traguardi di superiore sviluppo. Una solidarietà che si deve realizzare ad ogni livello e che coinvolge anche i responsabili dell'economia e della politica oltre che i lavoratori stessi e le loro associazioni.

Qui siamo già in campo morale, che è appunto il campo in cui si svolgono le attività umane, e in primo luogo le attività che mirano allo sviluppo e quindi le attività economiche, connesse in qualche modo con il lavoro umano.

Sembra dunque essere necessario, qui in Calabria, un profondo rinvigorimento dell'atmosfera morale, vero ambiente "ecologico" al di fuori del quale non si può lavorare, non si può neppure vivere da uomini e donne che vogliono mantenersi all'altezza della propria dignità. Ogni forza di sopruso, di prevaricazione, di ingiusta oppressione, di criminalità organizzata, in quanto radicalmente contrastante con la dignità umana, deve essere rifiutata e, con l'aiuto del Signore, superata.


4. Il vero senso del lavoro e dell'identità del lavoratore, come ho accennato nell'enciclica "Laborem Exercens", lo troviamo già nelle prime pagine della Sacra Scrittura.

Ivi Dio stesso mostra di voler essere rappresentato come un lavoratore.

Egli dà con la sua Parola l'essere al mondo in sei giorni, e al settimo si riposa (Gn 1,3ss). Dopo aver "plasmato l'uomo con polvere del suolo", lo colloca "nel giardino dell'Eden, perché lo coltivi e lo custodisca", dando alla coppia umana un mandato, che è il punto di partenza di ogni lavoro umano: "Riempite la terra, soggiogatela e dominate su ogni essere vivente" (Gn 1,28).

Nell'adempimento di tale mandato, ogni uomo riflette l'esempio stesso del Creatore dell'universo, sicché il lavoro umano appare nella Scrittura come una collaborazione al progetto creativo di Dio.

E se il peccato d'origine ha pesato sul lavoro umano sottoponendolo alla durezza della fatica, al dramma degli squilibri sociali, al rischio di essere ridotto a semplice merce di scambio, ciò non ha in alcun modo sminuito o soppresso il suo valore. Anzi Gesù, il Figlio di Dio, facendosi uomo, nel redimere anche il lavoro, gli ha conferito come un nuovo titolo di gloria. Lui stesso ha voluto essere operaio, "carpentiere", inscrivendo così il lavoro quotidiano nello stesso disegno salvifico di Dio.

E, dopo Gesù, i discepoli. Ad esempio l'apostolo Paolo, che per primo ha portato a Reggio l'annuncio evangelico, si è fatto portavoce di questo Vangelo del lavoro. Non solo lavorava egli stesso per procacciarsi il necessario per vivere, e per non essere di peso a nessuno (cfr. Ac 20,34 Ac 18,3 1Th 2,9 2Th 3,7s), ma condannava chi si dava all'ozio fino a scrivere: "Chi non vuol lavorare neppure mangi (2Th 3,10).

Tutti conosciamo, peraltro, che "Prega e lavora" era il motto di quei monaci benedettini che, in un periodo di distruzione barbarica, hanno fondato la civiltà europea.

Il lavoro è diventato così un mezzo di santificazione, quando lo si esercita come strumento della propria realazione umana e viene rispettato dagli altri in tutta la sua dignità.


5. Questo la Chiesa ha insegnato sempre.

Questo vorrei io ripetere oggi in questo incontro con voi, lavoratori e imprenditori della Calabria.

Ho fatto già cenno alla solidarietà. Desidero adesso aggiungere che nelle mie due encicliche sociali, "Laborem Exercens" e "Sollicitudo Rei Socialis", ho voluto porre in rilievo una dimensione della solidarietà che mi sembra di particolare importanza per voi, lavoratori della Calabria e del Meridione d'Italia, per risolvere più adeguatamente i vostri annosi problemi: lo sviluppo appunto nella solidarietà.

"Lo sviluppo dei popoli inizia e trova l'attuazione più adeguata nell'impegno di ciascun popolo per il proprio sviluppo, in collaborazione con gli altri" (SRS 44). Quindi solidarietà per lo sviluppo! Ma questa da sola non basta. "Lo sviluppo richiede soprattutto spirito d'iniziativa da parte degli stessi Paesi che ne hanno bisogno. Ciascuno di essi deve agire secondo le proprie responsabilità senza sperare tutto dai Paesi più favoriti ed operando in collaborazione con gli altri che sono nella stessa situazione.

Ciascuno deve scoprire e utilizzare il più possibile lo spazio della propria libertà" (SRS 44). Ogni regione interessata deve "individuare le proprie priorità e riconoscere bene i propri bisogni secondo le particolari condizioni della popolazione, dell'ambiente geografico e delle tradizioni culturali" (SRS 44).

Cari fratelli e sorelle, ho appreso con molto interesse che sono stati sottoposti all'approvazione dei responsabili una serie di progetti per nuovi investimenti nelle regioni meridionali. Mi auguro che la Calabria si muova più speditamente su questa linea, stimolando le proprie iniziative e moltiplicando gli impianti industriali per eliminare la piaga annosa e grave della disoccupazione, per mettere in valore le risorse locali, a cominciare dalle bellezze paesagistiche che Dio ha elargito a profusione, nel rispetto dell'ambiente geografico e delle avite tradizioni culturali, che sono attaccamento alla famiglia e alla fede, sincerità di amicizia e nobiltà di animo, solidarietà con i più poveri.


6. Queste virtù e in particolare quella della solidarietà (cfr. SRS 39-40), possono attingere particolare forza e valore proprio da quel dono eucaristico, che l'Italia è venuta a celebrare qui a Reggio.

L'Eucaristia è un banchetto di comunione fraterna, a cui tutti i credenti sono invitati ad assidersi senza distinzione di razza, di censo, di cultura, purché siano convenientemente preparati. Tutti infatti siamo chiamati a diventare "una sola cosa" in Cristo. Per questo egli è morto: "per riunire insieme i figli di Dio, che erano dispersi" (Jn 11,52).

Dall'Eucaristia soprattutto viene il monito che non basta "avere", bisogna anche "essere". La piccola ostia consacrata è nulla sul piano dell'"avere", ma è tutto su quello dell'"essere": è infatti il corpo di Cristo, morto e risorto, che ci trasforma in sè e ci fa diventare fratelli. Alla luce di questo sacramento, che oggi l'Italia celebra con uno dei suoi Congressi nazionali, l'"essere" diventa prioritario, al livello più profondo di noi stessi, e l'"avere" si cambia in "condividere": in altri termini "essere" ed "avere" per gli altri. Il senso stesso della solidarietà di cui parliamo.


7. Cari fratelli e sorelle, questo XXI Congresso eucaristico chiama tutti ad un approfondito esame di coscienza sul contenuto e sul senso che abbiamo dato e vogliamo dare alla nostra vita sociale. Ho scritto nella "Sollicitudo Rei Socialis": "Quanti partecipiamo all'Eucaristia, siamo chiamati a scoprire, mediante questo sacramento, il senso profondo della nostra azione nel mondo in favore dello sviluppo e della pace; ed a ricevere da esso le energie per impegnarci sempre più generosamente, sull'esempio di Cristo che in tale sacramento dà la vita per i suoi amici" (SRS 48).

Siamo anche nell'anno mariano. Con Gesù eucaristico, e con Maria Madre della Chiesa, cioè di tutti noi, vogliamo sentirci maggiormente responsabili del tessuto sociale, contribuendo a rinsaldare i legami che lo costituiscono ed a ridurre quelli che lo lacerano.

Cristo ci invita ad essere costruttori di pace e di giustizia. Che la sua parola trovi in noi ascoltatori attenti e operatori generosi.

Vi saluto ancora di cuore con la mia particolare benedizione.

[Prima di impartire la benedizione apostolica il Santo Padre ha così proseguito:] Sono lieto specialmente di poter considerare questo incontro con voi quasi come una preparazione alla celebrazione conclusiva del Congresso eucaristico. E molto significativo il fatto che prima di recarmi all'altare eucaristico per celebrare la solenne conclusione del Congresso mi trovi qui tra i lavoratori e in un ambiente di lavoro. E una preparazione importante per quello che dobbiamo vivere tutti insieme attorno all'altare: per tutti quanti all'assemblea eucaristica partecipano, ma soprattutto per il celebrante principale dell'Eucaristia. E una cosa profondamente commovente il momento in cui, all'altare viene portata l'offerta del pane e del vino e quando si pronunciano delle parole su questo pane che è dono del Creatore e nello stesso tempo è anche un prodotto del lavoro umano, e la stessa cosa è per il vino. così, ogni lavoro umano, qualsiasi lavoro, ogni ambiente del lavoro umano, viene introdotto nella celebrazione eucaristica nel senso proprio ed essenziale. Questo ci dice chi era Cristo; questo ci dice come Cristo, Figlio di Dio, ci ha salvato, ci ha redento, e questo ci dice anche come noi, uomini e donne, siamo partecipi della sua opera. In ogni celebrazione eucaristica questa verità su di lui, su Cristo redentore, e su di noi, come partecipi della sua opera di redenzione, viene ripetuta in un modo speciale, viene rivissuta.

Quanto dico appartiene indirettamente, a tutti i problemi del mondo del lavoro, anche a quelli più difficili che vi preoccupano e che non possono non preoccupare anche i pastori della Chiesa. Ma quello che vi dico adesso si riferisce direttamente ad una cosa superiore, superiore a tutta la dimensione puramente umana, economicosociale del nostro lavoro: il nostro lavoro appartiene all'opera della redenzione. E una parte del Regno di Dio che Cristo ha instaurato sulla terra e che lui, insieme con noi, vuole portare avanti.

Sentiamoci, carissimi fratelli e sorelle, come lavoratori, lavoratrici, come padri e madri di famiglia, sentiamoci cittadini di questo Regno di Dio, di questo Regno di Cristo e cerchiamo di vivere questa realtà soprannaturale insieme con le realtà naturali, con le realtà quotidiane, economiche e sociali della vostra vita italiana e umana. Questo è l'augurio che vi faccio, e, lo ripeto, per me questo incontro è stato una preparazione molto preziosa alla celebrazione conclusiva del Congresso eucaristico; questo incontro con voi, con il lavoro umano qui in Calabria in questo momento è occasione per portare nella dimensione del Regno di Dio tutte queste preoccupazioni che appartengono al mondo del lavoro, al regno dell'uomo.

Vi ringrazio che siete venuti qui insieme con le vostre famiglie insieme con i vostri bambini: lavoro e famiglia camminano insieme.


Data: 1988-06-12 Data estesa: Domenica 12 Giugno 1988




Omelia alla conclusione del Congresso eucaristico nazionale - Reggio Calabria)

Titolo: Per l'unità di fede e di carità che ha la sua forza nell'Eucaristia il cristiano non può non impegnarsi nella difesa dell'uomo

Testo:


1. "Poiché c'è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un solo corpo" (1Co 10,17).

Le parole della prima lettera di san Paolo ai Corinzi sono il filo conduttore del Congresso eucaristico nazionale a Reggio Calabria: siamo un corpo solo grazie all'Eucaristia! così la Chiesa in Italia - in tutta la penisola, che dalle Alpi si protende, attraverso gli Appennini, fino alla Sicilia - vuol manifestare la sua devozione per il santissimo sacramento del corpo e sangue di Cristo ed esprime, nello stesso tempo, una verità sostanziale su se stessa: siamo un corpo solo, siamo una unità! Nel nome di questa verità eucaristica sulla Chiesa saluto tutti voi che siete riuniti fisicamente e spiritualmente a Reggio Calabria: saluto la Chiesa che è in terra italiana - nel continente e nelle isole -, in tutte le diocesi e in tutte le parrocchie; in tutte le comunità che vivono e crescono grazie a questo sacramento del sacrificio di Cristo, della sua croce e della sua risurrezione, e che - nell'Eucaristia e per l'Eucaristia - sono "un corpo solo".

Saluto in particolare te, Chiesa di Reggio Calabria, che sotto la guida del tuo zelante pastore, l'Arcivescovo Aurelio Sorrentino, hai promosso questa gande manifestazione di fede e di amore verso il sacramento eucaristico! Saluto il tuo clero, i religiosi e le religiose e tutte le persone consacrate; saluto i membri delle associazioni cattoliche e dei movimenti ecclesiali, i laici impegnati nelle attività pastorali di evangelizzazione e di carità; saluto l'intero popolo fedele, che conserva in sè il ricchissimo patrimonio di valori cristiani accumulato nei secoli da generazioni di credenti. Su di te riversi i suoi favori la divina bontà e ti conduca su vie di prosperità e di pace! 2. Il Vangelo che abbiamo ascoltato poco fa richiama alla nostra coscienza lo sviluppo della vita, quale si attua nella natura. E' noto che a simili fenomeni e processi Gesù si riferiva volentieri nel suo insegnamento sul Regno di Dio.

Benché, infatti, tra questo Regno e l'ordine della natura ci sia una differenza, allo stesso tempo c'è tra di essi anche una somiglianza. Proprio questa somiglianza - una somiglianza facile da scoprire - spiega in maniera convincente la forza dell'insegnamento di Cristo nelle parabole.

Perché il Regno di Dio è simile al grano, al seme gettato nella terra? Cristo induce i suoi ascoltatori a considerare come questo seme, gettato nella terra, cresca. Orbene "la terra produce spontaneamente, prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga" (Mc 4,28). Ciò avviene senza la partecipazione dell'uomo. Dopo che questi ha seminato il grano, la terra opera "spontaneamente": "dorma (il seminatore) o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce; come, egli stesso non lo sa" (Mc 4,27). Solo quando la spiga è matura, quando "il frutto è pronto", l'uomo, che prima ha seminato il grano nella terra, deve riprendere la sua attività. E allora "si mette mano alla falce, perchè è venuta la mietitura" (cfr. Mc 4,29).

Cristo parla della spontanea produttivita della terra: "La terra produce spontaneamente". Tuttavia è noto come, dietro questa attività spontanea della terra, vi sia la potenza vivificante, che il Creatore ha donato a ogni creatura vivente.


3. Dal momento della messe, inizia come una nuova fase nella storia della raccolta. Il grano viene, attraverso il lavoro dell'uomo, "cambiato" in pane e adeguato, così, ai bisogni umani. Diventa cibo per gli uomini.

Ed ecco, entriamo nella vita quotidiana dell'uomo, al quale il Figlio di Dio ha raccomandato di chiedere nel "Padre nostro": "Dacci oggi il nostro pane quotidiano" (Mt 6,11). Il pane è dono del Creatore e, contemporaneamente, è frutto della solerzia umana: "frutto... del lavoro dell'uomo", come ricordiamo ogni giorno alla presentazione dei doni nella santa Messa.

Il pane era presente anche nel cenacolo di Gerusalemme durante l'ultima cena. Cristo prese il pane del banchetto pasquale nelle sue mani, lo spezzo e lo diede agli apostoli, dicendo: "Prendete e mangiate, questo è il mio corpo" (Mt 26,26).

Ne rende testimonianza san Paolo nel brano della lettera che abbiamo ascoltato, quando domanda ai suoi destinatari di Corinto: "E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo?" (1Co 10,16).

Si. Lo è. Cristo disse: "Questo è il mio corpo che è dato per voi" (Lc 22,19). E poi, porgendo agli apostoli il calice colmo di vino, dopo averlo benedetto con la benedizione pasquale, disse: "Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che viene versato per voi" (Lc 22,20).

L'Apostolo domanda pertanto ai corinzi: "Il calice della benedizione che noi benediciamo non è forse comunione con il sangue di Cristo?" (1Co 10,16). Si, lo è. Cristo infatti, dopo aver istituito il sacramento del suo corpo e del suo sangue nel pane e nel vino della cena pasquale, disse alla fine agli apostoli: "Fate questo in memoria di me" (1Co 11,25).


4. E così fa la Chiesa sin dall'inizio, sin dai tempi apostolici; continua a farlo oggi e lo farà ancora sino alla fine della storia, sino alla definitiva venuta di Cristo. "Voi annunziate la morte del Signore finché egli venga (1Co 11,26). così fa la Chiesa in tutti i luoghi della terra. così fa da duemila anni qui, in questa terra, che è la vostra patria.

La Chiesa annuncia la morte e la risurrezione di Cristo con le parole del Vangelo, tuttavia, parola particolarmente eloquente e ricca di contenuto divino e umano è l'Eucaristia; il sacramento che la Chiesa celebra e mediante il quale costantemente si costruisce (cfr. "Dominicae Cenae", 4); la fonte, il centro e il culmine della vita della Chiesa e il suo tesoro più grande (cfr. LG 11 CD 30 AGD 9). Il sacramento che racchiude tutto il bene spirituale che la Chiesa ha ricevuto direttamente da Cristo (cfr. PO 5); il sacramento nel quale permane senza interruzione il mistero pasquale: il sacramento nel quale la Chiesa pronunzia incessantemente il suo ringraziamento per "le grandi opere di Dio" (cfr. Ac 2,11).

"E' bello dar lode al Signore / e cantare al tuo nome, o Altissimo, / annunziare al mattino il tuo amore, / la tua fedeltà lungo la notte" (Ps 92/[91],2-3).

Così fa la Chiesa. Lo fa in particolare la Chiesa in Italia, la quale manifesta il suo ringraziamento per "le grandi opere di Dio" mediante questo Congresso eucaristico nazionale a Reggio Calabria, che oggi giunge al suo culmine.


5. "Poiché c'è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo" (1Co 10,17): queste parole di san Paolo, sul rapporto fra Eucaristia e Chiesa, rappresentano il tema di questo XXI Congresso eucaristico nazionale.

L'Eucaristia, in quanto sacrificio e convito, ha un riferimento essenziale alla Chiesa, la quale si è sviluppata nelle singole comunità attorno agli apostoli e ai primi messaggeri della fede; tali comunità avevano la consapevolezza di essere cellule di un'unica Chiesa, a motivo dell'unicità del sacrificio di Cristo sulla croce che ogni Eucaristia riattualizzava e a motivo dell'efficacia unificante che la partecipazione al medesimo pane e al medesimo calice sviluppava nella moltitudine dei credenti.

Ciò vale anche per le comunità ecclesiali di oggi. La via per conseguire l'unità con Cristo è l'Eucaristia, della quale Gesù aveva detto nel discorso della promessa: "Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui.

Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me" (Jn 6,56).

E' nota la preghiera che i primi cristiani rivolgevano al Signore nella celebrazione eucaristica: "Come questo pane spezzato era sparso sui colli e, raccolto, divento una cosa sola, così la tua Chiesa si raccolga dai confini della terra nel tuo Regno" ("Didaché", IX, 4).

E san Cipriano, il Vescovo martire di Cartagine, approfondendo tale tema, affermava: "Gli stessi gesti sacrificali del Signore mettono in luce l'unanimità cristiana, concentrata con salda e indivisibile carità. Infatti, quando il Signore chiama suo corpo il pane composto dall'unione di molti grani, indica il nostro popolo adunato, che egli sostenta; e quando chiama suo sangue il vino spremuto dai molti grappoli e acini e fuso insieme, indica similmente il nostre gregge composto di una moltitudine unita insieme" (S.Cypriani "Epist. ad Magnum", VI: PL 3, 1189).

Tale unità dei cristiani con Cristo e tra di loro si manifesta particolarmente nell'unità di fede e nell'unità di carità; una fede che, in modo limpido e schietto, sia vissuta nella propria famiglia, nell'ambito della professione, della società civile e politica. Una carità operosa, fattiva, aperta ai bisogni dei fratelli, vittime di tante nuove forme di povertà e di emarginazione.

A motivo di questa unità di fede e di carità, che trova la sua forza e il suo sostegno nell'Eucaristia, il cristiano non può impegnarsi nella difesa dell'uomo, della sua dignità, dei suoi fondamentali diritti, primo fra tutti il diritto alla vita fin dal suo concepimento; non può non rifiutare i metodi dell'odio e della violenza palese o subdola: non può non dar prova di generosità verso gli altri, tutti fratelli in Cristo e figli di Dio.


6. "A che cosa possiamo paragonare il Regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo?" (Mc 4,30).

La liturgia ci invita a riflettere sulla parabola del grano seminato in terra. Da tale grano crescono nei campi le spighe fino al tempo della mietitura.

Da un altro seme - il granellino di senapa - cresce uno splendido albero. La parabola del grano di senapa fa riferimento alle parole del profeta Ezechiele, ascoltate nella prima lettura, nella quale si parla del modo con cui il ramoscello di cedro piantato nella terra mette radici e rami, fa frutti e diventa un cedro magnifico. Tutti gli uccelli vi dimorano, ogni volatile all'ombra dei suoi rami riposa (cfr. Ez 17,23).

Il Concilio Vaticano II, riferendosi a queste analogie, mostra, come mediante l'Eucaristia, cresca e maturi il Regno di Dio nella storia terrena dell'umanità. Ecco "il Verbo di Dio, per mezzo del quale tutto è stato creato, fattosi carne lui stesso, e venuto ad abitare sulla terra degli uomini, entro nella storia del mondo come l'uomo perfetto, assumendo questa e ricapitolandola in sè" (GS 38).

Egli chiama alcuni a dare testimonianza di fede nel loro ambiente, altri a consacrarsi al servizio degli uomini. In tutti Cristo "opera una liberazione, in quanto nel rinnegamento dell'egoismo e con l'assumere nella vita umana tutte le forze terrene, essi si proiettano nel futuro quando l'umanità stessa diventerà oblazione accetta a Dio" (GS 38); e "un pegno di questa speranza e un viatico per il cammino il Signore lo ha lasciato ai suoi in quel sacramento della fede nel quale degli elementi naturali coltivati dall'uomo vengono trasformati nel corpo e nel sangue glorioso di lui, in un banchetto di comunione fraterna che è pregustazione del convito del cielo" (GS 38)

7. "Mediante l'Eucaristia siamo un corpo solo" - così proclama la Chiesa in Italia nel presente congresso.

Questo non significa forse che, anche mediante questa unità del corpo di Cristo, noi operiamo per la crescita del Regno di Dio nella nostra terra, e nel mondo intero? Non significa questo che, mediante l'Eucaristia, viviamo del mistero di quella maturazione del Regno di Dio, la cui immagine evangelica è la maturazione del grano seminato nella terra "fino alla mietitura", oppure la maturazione del granello di senapa e la sua trasformazione in un magnifico albero frondoso? L'Eucaristia ci dice che questa crescita, questa maturazione è dono di Dio stesso. Ci dice anche che l'uomo e la Chiesa intera a tempo opportuno debbono accogliere la chiamata del donatore divino a seminare, a coltivare, a mietere.


8. L'Eucaristia.

Il sacramento del corpo e del sangue di Cristo.

Il sacramento della crescita e della maturazione del Regno di Dio sulla terra e in tutti noi.

Del resto, la lingua umana dispone forse di parole sufficienti per esprimere ciò che l'eucaristia è? Mistero veramente inscrutabile! Semplice di una semplicità massima! Ricco di una suprema ricchezza! Allora forse, al termine di questa assemblea eucaristica dell'intera Chiesa in Italia, una cosa soltanto possiamo fare. Possiamo assumere dalla Madre di Dio le ben note parole del "Magnificat" e ripeterle dal profondo dei nostri cuori: "Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente e santo è il suo nome" (Lc 1,49).

Si. "Grandi cose" ha fatto in noi - in ciascuno e in tutti.

Santo è il suo nome! Amen.


Data: 1988-06-12 Data estesa: Domenica 12 Giugno 1988




Al capitolo generale dell'Ordine Francescano Secolare - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La fedeltà alla Chiesa garanzia della qualità dei laici

Testo:

Carissimi fratelli e sorelle.


1. Ben volentieri ho accolto la vostra richiesta di un incontro in occasione del vostro Capitolo generale, dedicato allo studio delle nuove costituzioni che dovranno essere approvate dalla Sede apostolica.

Esse sostituiscono quelle del 1957, risalenti al periodo preconciliare, e pertanto bisognose di un aggiornamento, secondo le indicazioni del Vaticano II e dei successivi documenti del Magistero, concernenti il rinnovamento della vita cristiana laicale e secolare.

Tuttavia, il rinnovamento dell'Ordine Francescano Secolare aveva ricevuto un forte impulso già prima del Concilio, quando Pio XII, il 1 luglio 1956, aveva insistito, con intuito che ben si può dire profetico, sulla perfezione insita negli stessi valori dello stato secolare.

Quel mio predecessore precorreva in tal modo quanto la costituzione dogmatica "Lumen Gentium" avrebbe insegnato sia sulla dignità della vocazione laicale (LG 30-38), sia sulla chiamata universale alla santità cioè alla perfezione - nella Chiesa (LG 39-42).

Rifacendosi all'esempio di san Francesco, il Papa aveva detto che tutti possono "tendere alla perfezione del proprio stato e conseguirla, senza abbracciare lo stato di perfezione", cioè lo stato religioso della pratica dei consigli evangelici. Il comando di essere perfetti, di essere santi, non concerne i soli religiosi e sacerdoti, ma tutti i cristiani, tutti i discepoli del Signore.

La perfezione non è un lusso, non è un aspetto secondario o tanto meno superfluo della vita cristiana, ma coinvolge tutti i battezzati a una precisa risposta, che diventa addirittura questione di salvezza.


2. Ma voi siete anche un "Ordine", come disse il Papa: "Ordine laico, ma Ordine vero"; e del resto, già Benedetto XV aveva parlato di "Ordo veri nominis". Questo termine antico - possiamo dire medievale - di "Ordine" non significa altro che la vostra stretta appartenenza alla grande famiglia Francescana.

La parola "Ordine" significa la partecipazione alla disciplina ed all'austerità propria di quella spiritualità, pur nell'autonomia propria della vostra condizione laicale e secolare, la quale peraltro comporta spesso sacrifici non minori di quelli che si attuano nella vita religiosa e sacerdotale.


3. Il periodo decorso dell'approvazione delle precedenti costituzioni è stato contrassegnato da particolari attenzioni dei Sommi Pontefici nei confronti del vostro Ordine, quasi a seguirne con paterna e sollecita premura il graduale rinnovamento in un periodo che, come sappiamo bene, non è stato facile. I miei predecessori vi hanno indicato la via del vero rinnovamento, via che voi vi siete sforzati di seguire fedelmente.

Ricordero qui brevemente, oltre alla cara memoria di Pio XII, anche quella di Giovanni XXIII, che nel 1959 volle rivolgersi a voi con queste amabili parole: "Ego sum Joseph frater vester".

Importante fu l'intervento di Papa Paolo VI - che faccio mio in questa circostanza: egli vi esorto ad avere una "triplice fiducia": fiducia nella professione della povertà, prescelta come virtù specifica, liberatrice dalla "perpetua seduzione che è la ricchezza", e apportatrice di "perfetta letizia": la povertà, quindi, non solo come distacco dalle ricchezze, ma anche come umiltà ed abbandono alla divina Provvidenza; fiducia nell'amore alla croce. "Vi è una grave tentazione da vincere: quella di togliere dal Vangelo la pagina della croce"; fiducia nell'attualità della spiritualità francescana. "Noi abbiamo fiducia - disse ancora Papa Montini - che ancora la spalla forte e paziente di san Francesco sosterrà la Chiesa visibile ed umana" (Insegnamenti di Paolo VI, IX, [1971], 445s).


4. E questa fiducia è anche la mia. Ricorderete che uno dei primi atti del mio Pontificato fu quello di visitare la tomba di san Francesco. Ed una prova significativa, tra le tante, dell'attualità della spiritualità francescana, è data anche dall'esito, a raggio mondiale, dell'incontro di preghiera dell'ottobre del 1986 ad Assisi: come infatti non riconoscere in quell'avvenimento lo "stile" - vorremo dire quasi - di quell'instancabile e coraggioso predicatore di pace che fu Francesco? Per questo, mi piace ricordare l'incontro che ebbi, nel medesimo anno, con i membri della Presidenza del Consiglio Internazionale del vostro Ordine, riuniti a Roma per approfondire lo schema delle nuove costituzioni. In questa circostanza vi invitai a realizzare nella vita quotidiana, negli impegni secolari e nei rapporti con tutti gli uomini lo spirito delle beatitudini, che è quel "sale della terra" che dà vero sapore al mondo e ne fa una pregustazione del paradiso.


5. So che ora avete in programma l'approfondimento e l'attuazione degli insegnamenti dell'ultimo Sinodo dei Vescovi e della mia enciclica "Sollicitudo Rei Socialis". Sono due ottime occasioni per dar modo alla vostra buona volontà di tradursi nelle opere, nella continuità con una fedele adesione al Magistero della Chiesa che, in occasione di detto Sinodo, ha dato prova di sè con una partecipazione attiva, mediante l'invio di proposte ed auspici propri.

Vi esorto a continuare su questa linea, mentre esprimo il mio compiacimento per il lavoro che state facendo. Mi auguro in particolare, una felice conclusione del perfezionamento delle vostre costituzioni, e prego per questa intenzione.

Questo secolo, come sapete, vede un'immensa fioritura dei carismi propri dei laici. Tante volte si è ripetuto, specie dopo il Sinodo: "E l'ora dei laici".

Ed è vero. Nella fedeltà alla loro missione propria e nella fedele collaborazione con i sacri pastori, tanti laici, gruppi, movimenti, associazioni, istituzioni, mossi e guidati dallo Spirito, stanno oggi facendo un bene immenso alla Chiesa.

Sono una vera speranza. E - come ben sapete - ciò che conta non è tanto il numero, ma la qualità. Si tratti pure di gruppi piccoli ed umanamente poveri: l'importante è la buona volontà e la fedeltà alla Chiesa. Saranno - come ebbe a dire una volta, con felice espressione, Jacques Maritain - delle stelle luminose sparse nella notte del mondo.

La Vergine santissima, la quale assomma in sè - potremmo dire - la vocazione religiosa e quella laicale e familiare vi può comprendere a fondo.

Proprio per questa "sintesi" che ella realizza in sè tra spiritualità e secolarità, ella è meravigliosamente adatta a farvi comprendere il senso profondo della vostra specifica vocazione, e a guidarvi perché la possiate realizzare in pienezza. Affidatevi totalmente a lei, mentre io di cuore vi benedico tutti, insieme con i vostri confratelli e consorelle, con i familiari e le persone care.


Data: 1988-06-14 Data estesa: Martedi 14 Giugno 1988





GPII 1988 Insegnamenti - Incontro con il mondo del lavoro - Reggio Calabria