GPII 1988 Insegnamenti - All'Ambasciatore di Gran Bretagna presso Santa Sede - Città del Vaticano (Roma)

All'Ambasciatore di Gran Bretagna presso Santa Sede - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Le nazioni salvaguardano il benessere dei loro cittadini solo rispettando la dimensione spirituale ed etica della persona

Testo:

Signor ambasciatore.

E' un piacere ricevere sua eccellenza l'ambasciatore straordinario e plenipotenziario di sua maestà la regina Elisabetta II. La ringrazio di avermi portato i saluti di sua maestà e la prego di porgerle i miei più cordiali ossequi.

Come lei ha ricordato, per l'impegno del suo stimato predecessore e per diverse importanti iniziative, le relazioni tra la Santa Sede e la Gran Bretagna hanno continuato a svilupparsi. Lei ha evidenziato un certo numero di tematiche su cui abbiamo un interesse comune e su cui desideriamo collaborare, tra cui i negoziati per la riduzione degli armamenti nucleari; i mezzi per combattere il traffico della droga, il terrorismo e i conflitti armati; misure comuni per assicurare la pace, lo sviluppo e la giustizia; sforzi per tutelare la libertà e i diritti umani fondamentali.

In particolare apprezzo il suo desiderio di collaborare strettamente con la Santa Sede per superare le divisioni del continente europeo. Come ho scritto in una recente lettera apostolica in occasione del Millennio del Battesimo della Rus' di Kiev: "Nelle diverse culture delle nazioni europee, sia in Oriente sia in Occidente, nella musica, nella letteratura, nelle arti figurative e nell'architettura, come anche nei modi di pensare, scorre una comune linfa attinta ad un'unica fonte" ("Euntes in Mundum", 12). Questa fonte e principio unificante è costituito dalle radici cristiane dell'Europa. Questa eredità del passato è insieme un dono e una responsabilità per il futuro.

A tutti i livelli la ricerca della cooperazione e della pace in Europa e in tutto il mondo deve essere fondata sul rispetto dei diritti umani. La Chiesa, si sa, svolge un ruolo attivo nella promozione della dignità e dei diritti di ogni persona. Per questo, essa incoraggia tutti i suoi membri a dedicarsi con generosità a questo compito. Essa offre loro la guida della sua dottrina sociale, l'ispirazione della fede e la motivazione forte dell'amore. Il suo scopo ultimo è la salvezza eterna di tutti ma, nello stesso tempo, poiché essa ha a cuore la liberazione di tutta la persona, non può restare indifferente di fronte alla situazione concreta della società. Essa si preoccupa molto delle necessità sociali e fisiche della famiglia umana, soprattutto dei suoi membri più poveri e indifesi.

Le preoccupazioni espresse nella mia recente enciclica "Sollicitudo Rei Socialis" - che lei ha ricordato - richiamano tutte le nazioni a un impegno concertato, fondato sul rispetto della dignità di ogni essere umano e sul diritto di tutti i popoli a costruire un mondo degno dell'uomo, che assicuri il bene comune dell'umanità. In molti Paesi sviluppati, compreso il suo, sta aumentando il dibattito pubblico sulla direzione morale ed etica del progresso e della programmazione sociale. Questioni gravi come la disoccupazione sembrano avere un effetto profondo e negativo sulla edificazione della società, poiché danneggiano o negano completamente la dignità della vita umana. Ciò avviene tanto più nel caso dell'aborto. Molti popoli cominciano a riconoscere che tali questioni devono essere affrontate sulla base dei principi etici che le governano e non solo come aspetti di una teoria o di una ideologia sociale. Le nazioni possono salvaguardare e servire il benessere delle loro popolazioni solo riferendosi costantemente alla richiesta di giustizia, di rettitudine morale e della dimensione spirituale della persona umana.

Accolgo con favore l'intenzione del suo governo di continuare ad assicurare l'educazione religiosa nelle vostre scuole. La Chiesa cattolica appoggia caldamente questo obiettivo. Nel corso di un incontro, tempo fa, con un gruppo di Vescovi inglesi, ho precisato questo punto in questi termini: "E' ferma convinzione della Chiesa che una educazione completa include necessariamente una dimensione religiosa. Se la religione viene trascurata o messa da parte nel processo educativo che forma il cuore e l'anima della nazione, allora non si salverà una moralità degna dell'uomo; la giustizia e la pace non dureranno" ("Ad Episcopos Angliae", 2, die 29 febr. 1988: , XI, 1 [1988] 528).

Signor ambasciatore, nella sua qualità di rappresentante del suo Paese presso la Santa Sede, può contare, come il suo predecessore, sulla pronta collaborazione dei diversi dicasteri con cui entrerà in rapporto. Prego il Signore onnipotente di benedirla copiosamente nell'adempimento della sua missione.

Prego anche per la sua Maestà e i membri della famiglia reale e per tutto il popolo da lei rappresentato.


Data: 1988-06-14 Data estesa: Martedi 14 Giugno 1988








Alla "Riunione Opere per l'Aiuto alle Chiese orientali" - Città del Vaticano (Roma)

"E' mio vivo desiderio che la terra di Gesù resti il centro delle vostre attività caritative"


Signor Cardinale, confratelli nell'episcopato e nel sacerdozio, cari membri ed amici della "Riunione Opere per l'Aiuto alle Chiese orientali"!


1. Ringrazio sinceramente il signor Cardinale D. Simon Lourdusamy, Prefetto della Congregazione per le Chiese orientali, presidente della ROACO per il suo cordiale indirizzo, pronunciato anche a nome di voi tutti. Saluto monsignor Miroslav Marusyn, segretario, e gli officiali di quel dicastero, unitamente a tutti voi, che a vario titolo appartenete alla benemerita "Riunione", ben nota mediante la sua sigla, e ne sostenete l'ampio respiro di carità e di interessamento a favore di persone e istituzioni delle venerande comunità orientali.

I vostri raduni annuali rendono testimonianza del vivo impegno, che sostenete per il consolidamento e la crescita del Regno di Dio in quelle regioni; e perciò essi sono per me motivo di soddisfazione, di gioia e di conforto, che mi è molto caro potervi esprimere in questa occasione.

Nel gettare uno sguardo retrospettivo, dobbiamo ringraziare il Signore per quanto abbiamo potuto vivere, con esperienze ecclesiali di carattere veramente straordinario, in questo periodo. Infatti, possiamo ben dire che questo è stato un anno di grazia particolare per l'Ordine cristiano, di cui vi prendete principalmente cura: vi si sono svolti, e si stanno svolgendo, avvenimenti di grande significato storico e religioso, la cui traccia permarrà profondamente inscritta nel cuore dei fedeli.


2. E, anzitutto, in questo anno mariano, abbiamo potuto rivivere i riti delle varie tradizioni orientali in tutta la loro ricchezza di contenuti teologici e fragranza di sentimenti e di emozioni, tanto più autentiche perché inquadrate nella celebrazione liturgica, che rende presente il mistero della redenzione e in essi ci immerge, facilitando la nostra lode e il nostro culto a Dio Padre, per mezzo di Gesù Cristo, agnello immolato, nello Spirito Santo.

Inoltre, tali celebrazioni mostrano con trasparente chiarezza e con l'augusta solennità delle loro cerimonie, come il patrimonio liturgico e spirituale dell'Oriente sia esemplarmente adatto ad esprimere e ad approfondire la venerazione di tutta la Chiesa cattolica verso la Madre di Dio, nel suo ruolo all'interno della storia della salvezza, nel suo atteggiamento di Vergine orante e adorante, nella sua intercessione che accompagna il cammino di fede della Chiesa fino alla seconda venuta del suo Figlio.


3. Non posso non ricordare brevemente, inoltre, un secondo evento, anch'esso compiuto sotto gli auspici della Madonna santissima, nel corso dell'anno a lei dedicato: il mio incontro, all'inizio del dicembre scorso, con sua Santità Dimitrios I, Patriarca ecumenico di Costantinopoli, venuto per la prima volta in questa città e Chiesa di Roma, che "presiede nella carità" e che conserva come preziose reliquie le tombe dei corifei degli apostoli Pietro e Paolo.

Porgendo al Patriarca ecumenico il benvenuto, lo salutai con le parole del salmista: "Benedetto colui che viene nel nome del Signore" (Ps 118[117],26).

Come ho ricordato al Collegio dei Cardinali e alla Prelatura della Curia romana, per gli auguri natalizi, "l'evento ha tenuto pienamente conto della maturazione di sentimenti avvenuta fra cattolici ed ortodossi dal Concilio in poi e anche dei risultati del positivo dialogo teologico in corso": quanto alla comune venerazione per la "Theotokos", il Patriarca - ho aggiunto - "ha voluto proporre che "il tema della mariologia occupi un posto centrale nel dialogo teologico, ma anche antropologico e in particolare ecclesiologico per il pieno ristabilimento della nostra comunione ecclesiale, per la quale preghiamo, ci adoperiamo e verso la quale guardiamo con molta attesa". Questo pensiero incontra direttamente l'orientamento dell'enciclica "Redemptoris Mater". Rallegrandomi profondamente, esprimo la convinzione che anche per questo punto la visita del Patriarca ha dato un impulso positivo in profondità alle relazioni tra cattolici ed ortodossi.

L'incontro nella carità fa vedere meglio la verità e fa vivere nella speranza. Sia gloria a Dio" ("Allocutio ad Sacrum Collegium Cardinalium et Romanae Curiae Praelatos", 6, die 22 dec. 1987: , X, 3 [1987] 1490).

In questa occasione, col cuore trepidante e pieno di santa letizia, abbiamo pregato insieme il comune Signore di donare alle nostre due Chiese la grazia di una comunione perfetta nella fede e nell'amore. Invito anche voi a questa stessa preghiera perché si compia ciò che, più che mai, è indispensabile per l'efficacia del messaggio cristiano.

La vostra preghiera si accompagni sempre nell'opera di umana solidarietà e di amore cristiano, che svolgete secondo la volontà del Signore, nella fedeltà ai vostri statuti, aprendovi all'illuminazione dello Spirito Santo. Con l'aiuto divino, potrete continuare insieme a porgere il necessario aiuto ai fratelli in necessità dell'Oriente cristiano, imitando così con tutto il vostro possibile sforzo Gesù di Nazareth, il quale è passato tra noi "facendo del bene" (cfr. Ac 10,38).


4. Ma il pensiero non può, in questo momento, non andare a quella terra di Gesù, dove, da mesi, la sorte di tantissimi uomini è incerta e la vita è resa difficile e ardua; è mio vivo desiderio che essa resti il centro delle vostre attività caritative e sociali. Fate si che nella coscienza della Chiesa universale rimanga ben vivo il legame permanente fra "la storia e la geografia della salvezza", secondo la felice definizione del mio venerato predecessore Paolo VI (Pauli VI "Nobis in Animo": AAS 66 [1974] 181).

Anche questo impegno potrà essere annoverato fra i frutti speciali dell'anno mariano.


5. Ritengo infine doveroso accennare ad un terzo avvenimento, che Dio ha predisposto per noi: il Millennio del Battesimo della Rus' di Kiev. La sollecitudine che nutrite per le Chiese di antica tradizione orientale, nel vastissimo raggio in cui esse si trovano a vivere e ad operare, fedeli alla sacra eredità ricevuta dai loro santi padri e dalle precedenti generazioni, induce a ricordare qui l'evento, che tanto ha colpito l'opinione pubblica mondiale.

In previsione di tale solenne Giubileo, ho voluto esprimere i miei sentimenti di partecipazione fin dal 25 gennaio scorso, con la lettera apostolica "Euntes in Mundum", per il Millennio, e col messaggio "Magnum Baptismi Donum", del 14 febbraio successivo, indirizzato ai cattolici ucraini per la grande commemorazione, che li tocca tanto da vicino.

Questi due documenti affido anche a voi, perché so che la ROACO è da diversi anni generosamente aperta ai popoli eredi del Battesimo di Vladimiro, e si adopera in varie modalità a rinforzare e sviluppare la fede in quei Paesi lontani.

Mi conforta sapere che, anche per il vostro tramite, la Tradizione orientale è avvalorata nei suoi profondi e molteplici significati; e perciò mi è caro rinnovare qui quell'auspicio che tanto mi sta a cuore: che la Chiesa "torni a respirare pienamente con i suoi "due polmoni": l'Oriente e l'Occidente... Sarebbe anche la via per la Chiesa in cammino di cantare e vivere in modo più perfetto il suo "Magnificat"" (RMA 34).


6. Mi è ancora gradito esprimervi la mia sincera e viva riconoscenza per tutto ciò che la ROACO ha fatto e fa in favore delle Chiese orientali. Il Signore non lascia senza ricompensa quanto è fatto in suo nome.

E perciò, affettuosamente uniti nella gioia di questo Millennio con Maria, Madre di Cristo e della Chiesa, ed invocando l'intercessione dei santi apostoli Pietro e Paolo, dei santi Cirillo e Metodio, apostoli degli slavi, di santa Olga e di san Vladimiro, di san Giosafat e di tutti i santi, affido voi tutti alla protezione della Santissima Trinità.

Di cuore vi imparto la mia benedizione.


Data: 1988-06-16 Data estesa: Giovedi 16 Giugno 1988




Agli allievi Vigili del fuoco - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: L'amore che spinge fino al sacrificio sia il vanto del vostro comportamento

Testo:


1. Vi saluto tutti cordialmente, carissimi giovani allievi vigili volontari ausiliari della Scuola Centrale Antincendi di Roma- Capannelle.

Saluto, con voi, gli ufficiali, i superiori e gli istruttori, il cappellano capo, monsignor Gino Di Ciocco, e i vostri familiari.

Ringrazio tutti per questa visita, che mi consente di riflettere insieme con voi sulla futura missione che vi attende nella società.

Voi già conoscete quale impegnativo programma vi attende, e come esso sia improntato all'ideale dell'aiuto al prossimo, talora anche in condizioni di rischio, per proteggere le persone in pericolo, e i beni pubblici e privati da tutte quelle minacce che possono scaturire tanto dalla violenza del fuoco, quanto da altre calamità.

La storia della vostra organizzazione è piena di valorose testimonianze: desidero esprimere il mio compiacimento sia per il costante servizio che essa rende al Paese, sia per l'aggiornamento che la distingue.


2. Durante il corso che state concludendo certamente avrete curato la preparazione tecnica e avrete sviluppato le qualità necessarie per essere vigili esperti e pronti. A voi infatti si richiede che siate uomini coraggiosi, capaci di esercizi fisici ardui e talvolta anche rischiosi. Vi si domanda di avere sempre presenza di spirito, prontezza di riflessi e di azione, tempestività di decisione, chiara cognizione dei fenomeni sui quali dovrete intervenire, anche in circostanze di particolare complessità.

Nel compiere il vostro tirocinio avrete anche compreso ed apprezzato, quasi scoprendola giorno dopo giorno, in tanti esempi offerti alla vostra considerazione, quale sia la radice umana e spirituale che sostiene il servizio.

Essa nasce dalla formazione della vostra coscienza ai valori della fraternità sociale. Scaturisce dalla maturazione del sentimento dell'amore cristiano. Cristo ha insegnato ad amare il prossimo fino al sacrificio della propria vita.


3. Fate di questo amore, di questa solidarietà cristiana il vanto e la regola del vostro comportamento, qualunque sia il luogo in cui presterete in seguito la vostra opera. La professione del vigile del fuoco si tradurrà, così, in una costante testimonianza di vita e si arricchirà nel desiderio di promuovere senza sosta il bene di tutti, tanto a livello individuale che sociale. Il sentimento della solidarietà possa infondere nel vostro animo fiducia, sicurezza, conforto anche nelle situazioni più difficili e nelle circostanze più imprevedibili.

Vi esorto, altresi, a non dimenticarvi della preghiera, anzi a farne un punto qualificante della vostra vita. Camminate alla divina presenza, e guardate al Cristo, il buon samaritano che soffre e che invoca aiuto.

Vi assista la Vergine, Madre del Redentore e aiuto dei cristiani.

Con tali auspici imparto volentieri a tutti voi la benedizione apostolica, che volentieri estendo alle vostre famiglie ed alle persone care.


Data: 1988-06-17 Data estesa: Venerdi 17 Giugno 1988




Al consiglio della Segreteria del Sinodo dei Vescovi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Annuncio della pubblicazione del documento sulla dignità e vocazione della donna

Testo:

Venerabili fratelli.


1. Sono lieto di salutarvi e di incontrarvi in questa udienza di lavoro, in occasione della seconda riunione plenaria del consiglio della segreteria generale del Sinodo dei Vescovi.

Come ho potuto personalmente costatare dall'ordine del giorno, due punti di maggiore rilievo emergono dalla vostra riunione: la preparazione del documento post-sinodale sulla "Vocazione e la Missione dei laici nella Chiesa e nel mondo", e la valutazione delle risposte e dei suggerimenti concernenti la scelta del tema della prossima assemblea generale ordinaria.

Non c'è dubbio che, tenendo conto di un'esperienza ormai più che ventennale, i padri della settima assemblea pensavano già al vostro compito attuale quando vi hanno designati ad entrare nel Consiglio della segreteria generale del Sinodo dei Vescovi, come espressione dell'impegno pastorale dell'episcopato mondiale. Infatti nel prendere conoscenza, sia pur rapida, del vostro lavoro, vedo con quale competenza ed efficacia siano state analizzate le proposte dei Vescovi in vista della scelta del tema del prossimo Sinodo, e quale sia l'aiuto "sinodale" che mi offrite nella preparazione del documento postsinodale, tanto atteso dalla Chiesa intera.


2. Riflettendo sul vostro lavoro e sulle osservazioni così valide, non posso che rendere gazie a Dio per il crescente sviluppo della realtà collegiale e dell'istituzione sinodale, voluta dal Concilio Vaticano II ed istituita dal mio venerato predecessore Paolo VI al fine di "favorire la collaborazione tra il Sommo Pontefice ed i Vescovi di tutto il mondo" ("Apostolica Sollicitudo", 2).

La vostra collaborazione, tanto apprezzata in occasione di questa 2° riunione plenaria, è frutto copioso del vasto lavoro, maturato nel Sinodo per diversi anni. Ormai questa istituzione si fa sentire a tutti i livelli, e incide con una benefica influenza in tutti gli strati della Chiesa. Come ebbi occasione di dire altra volta la "Communio non è altro che l'unità nel suo significato dinamico" -"unitas in sua dynamica significatione" - ("Intervento nel Sinodo", die 15 oct. 1969). Mi rendo sempre maggiormente conto che il lavoro sinodale, grazie proprio a questa sua dinamicità interiore dal carattere fortemente unitario, invade tutte le cellule di quel corpo vivente che è la Chiesa, per coinvolgere l'intero Popolo di Dio in un vero impegno ecclesiale.

Penso al metodo del lavoro sinodale: dalla fase di consultazione per la scelta del tema, allo scambio di informazioni nella fase preparatoria, come nella stessa assemblea sinodale; penso in modo particolare all'impulso vivace di reazioni dirette e personali, provocate dalla riflessione sull'"Instrumentum Laboris" di ogni sinodo e sulle esortazioni postsinodali.

E' un processo vivo, dinamico e complesso, come vivo, complesso e dinamico è ogni organismo vivente. Se i movimenti e le fasi di svolgimento seguono un ritmo e un ordine collaudato, le idee e le reazioni non si ripetono mai nello stesso modo. In tale processo, che tocca la Chiesa intera, le opinioni diverse non si escludono, ma si completano per l'annuncio del messaggio di Cristo, per il servizio dei fratelli, e per il bene di tutta la comunità ecclesiale.


3. I padri della settima Assemblea generale hanno espresso il desiderio che, sulla base del lavoro sinodale, cioè dei "Lineamenta", dell'"Instrumentum Laboris", delle relazioni dopo le discussioni in aula, dei rapporti dei "Circoli Minores", e delle "Propositiones" che il Sinodo mi ha affidato, sia offerto alla Chiesa un documento pontificio sulla "Vocazione e Missione dei Laici nella Chiesa e nel mondo".

Rispondendo a questo voto già nella mia allocuzione conclusiva ho promesso ai membri dell'assemblea uscente di compiere questo lavoro, avvalendomi della competenza del Consiglio della segreteria del Sinodo ("Allocutio ad Patres Synodi Episcoporum", 2, die 29 oct. 1987: , X, 3 [1987] 950-951). Studiero attentamente il materiale che risulta dalla vostra riunione plenaria, affinché nel mio documento post-sinodale si rifletta tutta la ricchezza del Sinodo stesso, e sia data risposta alle attese pastorali, alle speranze apostoliche e spirituali dei fedeli laici e della Chiesa tutta, che furono manifestate in occasione dell'ultima assemblea Ordinaria.


4. Ma fin d'ora mi piace sottolineare alcuni punti, che hanno ritenuto in modo particolare l'attenzione dei padri sinodali.

Seguendo il suggerimento del Consiglio della segreteria generale ho dato incarico ad una commissione appositamente formata perché, alla luce delle esperienze degli ultimi tempi, e della riflessione del Sinodo, nonché delle ricerche teologiche, si venga incontro alle richieste del Sinodo riguardanti i "ministeria, munera, officia" da affidare ai laici. Questa commissione sta lavorando con molto impegno, sotto la presidenza del Segretario generale del Sinodo, e aspetto prossimamente il risultato del loro lavoro.

La seconda richiesta dei padri sinodali riguarda lo studio dei criteri secondo i quali la Santa Sede potrebbe dare la sua approvazione formale a vari movimenti, associazioni e gruppi cattolici. Su questo punto sono lieto di informarvi che ho incaricato il Pontificio Consiglio per i Laici di esaminare tali criteri di approvazione perché si elaborino le opportune proposte. Quell'organismo si sta attivamente impegnando in questo compito.

La terza decisione che ha attirato la sollecitudine dei padri sinodali concerne il ruolo e la dignità della donna nella società e nella Chiesa. I padri sinodali, consci del ruolo sempre attivo ed efficace che le donne hanno avuto nella storia della Chiesa, delle culture e delle varie nazioni, e desiderosi di promuovere sempre di più tale partecipazione alla missione della Chiesa e nella società hanno auspicato tra l'altro che si approfondiscano i fondamenti antropologici e teologici necessari a risolvere i problemi relativi al vero significato e alla dignità della donna e dell'uomo. E' un soggetto che mi sta particolarmente a cuore, soprattutto in questo anno mariano, in cui ricordiamo la Madre di Dio come "testimone eccezionale del mistero di Cristo" (RMA 27): e pertanto ho voluto interessarmi in modo particolare dello studio di tale tema.

Prima ancora della pubblicazione del documento post-sinodale, intendo pubblicare prossimamente un ampio documento sulla dignità e vocazione della donna, come già avevo annunciato nell'enciclica "Redemptoris Mater". In tal modo desidero rispondere al desiderio, che i padri sinodali hanno espresso al riguardo e, nello stesso tempo, inserire la riflessione sul ruolo della donna nel contesto dell'anno mariano, che tende ormai verso la conclusione.


5. Questi sono alcuni punti concreti, espressamente citati perché erano nelle preoccupazioni e nei voti dei padri sinodali, e perché corrispondono anche ai desideri e alle attese di molti fedeli laici, che vivono la loro vocazione e missione nelle realtà del mondo presente. Essi sono da inserire all'interno del lavoro complessivo del Sinodo del 1987, che, per tutta la Chiesa, è stato un avvenimento provvidenziale destinato ad esercitare un influsso sempre più profondo negli anni futuri.

Rinnovo, a voi tutti, venerabili fratelli, la mia gratitudine per l'aiuto prezioso che mi offrite e che contribuirà a far si che il lavoro sinodale, compiuto in autentico spirito collegiale, sbocchi, a tutti i livelli della Chiesa, in azioni pastorali concrete e durature, per rendere tutto il Popolo di Dio sempre più consapevole della sua missione.

Con la mia benedizione apostolica.


Data: 1988-06-17 Data estesa: Venerdi 17 Giugno 1988




A Cory Aquino Presidente delle Filippine - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Nelle famiglie il bene della nazione

Testo:

Signor Presidente.

E' per me un grande piacere accoglierla in Vaticano. La sua presenza qui testimonia, infatti, l'amicizia tra il popolo filippino, da lei rappresentato, e il Vescovo di Roma, che svolge il ministero universale di servizio alla Chiesa di tutti i Paesi. Nel corso del mio Pontificato ho avuto molte occasioni di sperimentare la forza di questo legame, specialmente durante la mia visita del 1981 nel vostro Paese, e nei frequenti incontri con i pellegrini provenienti dalle Filippine in visita alla città degli apostoli Pietro e Paolo. La ringrazio per le gentili parole di benevolenza espresse a nome loro.

La storia recente del suo Paese è piena di avvenimenti importanti che hanno profonde ripercussioni sulla vita dell'intera nazione. Il nuovo modo di governare il Paese è visto con favore da quanti considerano questo processo come il modo migliore per affrontare alcuni dei problemi più pressanti del popolo filippino. Molti dei suoi compatrioti sono persuasi che si può servire meglio il bene della nazione attraverso una più ampia partecipazione di tutti alla vita nazionale e attraverso un accordo negoziato su tutti i maggiori problemi che riguardano l'unità e la struttura della nazione, compresa l'importante questione del rapporto tra il governo centrale e i gruppi e i movimenti che reclamano l'autonomia. La riforma agraria, che è un punto importante del suo programma di governo, può essere di aiuto per rispondere in profondità alla sfida della costruzione di una società più giusta. Gli sforzi compiuti finora per assicurare un miglioramento in molti settori della vita pubblica e privata, incoraggiano tutti a continuare con ancora più grande determinazione nel servizio al bene comune.

Infatti questo miglioramento invita il governo e il popolo filippino a non diminuire i suoi sforzi per recuperare e rafforzare i valori per cui il suo Paese è, a ragione, stimato in tutto il mondo. Desidero ricordare in particolare i valori della dignità dell'uomo e della vita familiare, da cui dipende in modo diretto e immediato il benessere della nazione. I filippini non possono sopravvivere come società amante della pace, giusta e umana se le famiglie filippine non restano unite e resistono alla distruzione dei valori morali ed etici che sono il fondamento della società. E' il momento di richiamare il tradizionale impegno filippino nella famiglia e nella comunità e l'etica della solidarietà che segna così profondamente il carattere filippino. Nella vostra Tradizione c'è un senso istintivo di alcuni elementi che ho trattato nella mia recente enciclica sulla dottrina sociale della Chiesa: la centralità della persona in ogni processo di sviluppo e la necessità di superare continuamente gli ostacoli morali allo sviluppo, ostacoli come un desiderio esasperato di profitto e potere, che è diametralmente opposto all'invito evangelico "a perdere se stessi" per il bene degli altri invece del loro sfruttamento, e a "servirli" invece di opprimerli per il proprio personale vantaggio (SRS 38). Il popolo filippino, signor Presidente, possiede quelle qualità tradizionali chiamate "pakakaisa" e "bayanihan" che possono contribuire alla promozione della giustizia sociale e ad assicurare il rispetto e la difesa della dignità e dei diritti di ogni persona.

La Chiesa non ha programmi politici od economici da offrire, ma nello svolgimento della sua missione, in un contesto di libertà religiosa, essa rende presente in ogni settore della vita i valori e le verità religiose che rafforzano la risoluzione di servire il bene comune con dedizione totale e onestà inesauribile. Essa insegna un amore speciale per i membri più bisognosi e meno favoriti della società, e per questo incoraggia la messa in atto di opere di carità e giustizia che "umanizzano" grandemente la società. Il suo insegnamento sulla fede e la moralità non è estraneo alla vita di ogni giorno, ma piuttosto incita a una coerenza inesauribile tra i valori in cui si crede e il comportamento. La dottrina sociale della Chiesa è un richiamo permanente alla coscienza sia dei seguaci di nostro Signore e salvatore Gesù Cristo sia degli uomini e donne di buona volontà che riconoscono il benessere della persona come criterio adeguato di ogni progresso. I cattolici filippini, come i loro fratelli e sorelle musulmani, possono trovare nelle rispettive tradizioni religiose le motivazioni e l'energia morale necessarie a condurre il proprio Paese, dalle attuali tensioni, a un periodo di armonia, caratterizzato da un serio impegno per lo sviluppo e una grande moralità nella sfera della vita pubblica e privata.

Il compito a lei assegnato dalla storia, eccellenza, al servizio del suo Paese, non è facile. Le assicuro il ricordo nella preghiera, per lei e i suoi compatrioti. In questo anno mariano affido a lei, la sua famiglia e tutto il popolo filippino all'amorosa protezione della Madre di Dio, Maria santissima. I filippini sono fieri di chiamarsi un "pueblo amante de Maria". Possa la sua presenza spirituale continuare a confortare e sostenere le famiglie filippine nel rispondere alle necessità dell'attuale momento della vostra storia! Dio benedica le Filippine.


Data: 1988-06-18 Data estesa: Sabato 18 Giugno 1988




Lettera apostolica per la riforma della Commissione per l'America Latina

Titolo: "Decessores Nostri"

Testo:


1. I nostri predecessori e noi stessi, mossi dalla quotidiana "sollicitudo omnium Ecclesiarum", abbiamo riposto gran parte delle nostre cure e delle nostre ferme speranze nelle sorti della Chiesa nei Paesi dell'America Latina. Ne è testimonianza la creazione, da parte del Sommo Pontefice Pio XII, in data 21 aprile 1958, di un'apposita Commissione pontificia, con la finalità di studiare in maniera unitaria i principali problemi della vita cattolica, della difesa della fede e dell'incremento della religione nell'America Latina, favorendo la maggiore cooperazione fra gli organismi della Curia romana interessati alla loro soluzione, e di assistere con i mezzi pastoralmente più opportuni il Consiglio episcopale Latino-americano (CELAM).

Si aggiunse poi il Consiglio generale della Pontificia Commissione per l'America Latina, istituito da Paolo VI il 30 novembre 1963, con la espressa finalità di studiare i temi e i problemi di maggior interesse riguardanti il continente Latinoamericano, formulandone gli opportuni suggerimenti.

I frutti dati da entrambi gli organismi strettamente collegati fra loro e l'importanza della funzione che essi hanno lodevolmente svolto in questi anni consigliano oggi di potenziarli ulteriormente e di dare loro una struttura solida e articolata, in consonanza anche con la nuova organizzazione della Curia romana.

perciò, "Motu Proprio", con conoscenza di causa e dopo matura deliberazione, dichiariamo che rimangano unificati la Pontificia Commissione per l'America Latina e il Consiglio generale della Pontificia Commissione per l'America Latina. L'organismo così costituito continuerà a chiamarsi "Pontificia Commissione per l'America Latina".

Questa commissione è strettamente vincolata alla Congregazione per i Vescovi e si reggerà secondo le norme che seguono.

I. La Pontificia Commissione per l'America Latina ha il compito primario di studiare in maniera unitaria i problemi dottrinali e pastorali concernenti la vita e lo sviluppo della Chiesa nell'America Latina, nonché di assistere e aiutare gli organismi della curia maggiormente interessati per propria autorità e competenza nella soluzione di questi specifici problemi. Tramite il suo presidente, la Commissione informa regolarmente in merito il Sommo Pontefice, e gli presenta anche tutti i suggerimenti di eventuali iniziative e misure di governo che si ritengono convenienti od opportuni.

II. La commissione svolge anche un'opera di specifico collegamento tra la Santa Sede e i diversi organismi soprannazionali o nazionali per l'America Latina. Concretamente, essa è in contatto regolare: a) con il CELAM e il suo Segretariato generale, tenendo continui rapporti con gli stessi e seguendo attentamente quanto riguarda il loro funzionamento e le loro iniziative; in particolare, s'interessa all'esame, d'accordo con i competenti organismi della Curia romana, delle conclusioni e risoluzioni prese dal CELAM nelle proprie riunioni; b) con gli organismi episcopali nazionali e altri enti di aiuto all'America Latina; c) con la Confederazione latino americana dei religiosi (CLAR), chiedendo consiglio alla Congregazione che si chiamerà per gli Istituti di Vita Consacrata e Società di Vita Apostolica, specialmente per quanto concerne l'inserimento e la partecipazione dei religiosi nella pastorale della Chiesa in America Latina e, pertanto, i rapporti di detta Confederazione con i Vescovi diocesani, con le Conferenze episcopali e con lo stesso CELAM; d) con le istituzioni cattoliche internazionali e le altre associazioni e movimenti che operano in America Latina, opportunamente udito il parere del Consiglio per i Laici.

III. Presidente della Pontificia Commissione è il prefetto della Congregazione per i Vescovi, che è coadiuvato da un Vescovo vicepresidente. Li assistono, come consiglieri, alcuni Vescovi scelti dal romano Pontefice, sia dalla Curia romana sia dall'episcopato di America Latina.

IV. Membri della medesima, nominati dal Sommo Pontefice, sono: - i segretari dei dicasteri maggiormente interessati; - due Vescovi che facciano parte del Consiglio episcopale Latinoamericano; - tre Presuli diocesani di America Latina.

V. La Commissione ha propri officiali.

VI. La CAL si riunirà di regola ogni tre mesi per l'esame di tutte le questioni ordinarie e straordinarie appartenenti alla competenza propria della Commissione (art. I e II).

VII. Per lo studio di questioni generali di particolare importanza la CAL si avvarrà di una propria assemblea Plenaria ("Consiglio Generale") alla quale saranno invitati oltre ai membri della medesima commissione: il presidente del Consiglio episcopale Latinoamericano; i presidenti e i segretari degli organismi episcopali nazionali per l'aiuto alla Chiesa in America Latina e di altre istituzioni, a giudizio della Santa Sede; -i presidenti dell'Unione dei Superiori Generali; -e dell'Unione Internazionale delle Superiore; -e della Confederazione latinoamericana dei religiosi.

VIII. In un regolamento, da sottoporre alla nostra approvazione, verranno ulteriormente specificate e dettagliate le norme con le quali si reggerà e funzionerà questa Pontificia Commissione.

Quanto stabilito da noi in questa lettera "Motu Proprio" comandiamo essere tutto confermato e ratificato, senza che nulla osti in contrario.

Dato a Roma, presso San Pietro, il giorno 18 del mese di giugno dell'anno 1988, decimo del nostro Pontificato.


Data: 1988-06-18 Data estesa: Sabato 18 Giugno 1988





GPII 1988 Insegnamenti - All'Ambasciatore di Gran Bretagna presso Santa Sede - Città del Vaticano (Roma)