GPII 1988 Insegnamenti - Radiomessaggio al popolo peruviano - Bolivia

Radiomessaggio al popolo peruviano - Bolivia

Titolo: Il Congresso eucaristico-mariano a Lima sia realmente un nuovo appello ad intensificare lo slancio evangelizzatore

Testo:

Amatissimi fratelli e sorelle.


1. A tre anni dalla mia prima visita pastorale nella nobile nazione peruviana, prendo nuovamente il bastone del pellegrino e questa volta per presiedere, a Lima, alla solenne cerimonia di chiusura del V Congresso eucaristico e mariano dei Paesi bolivariani.

Fra pochi giorni avro la gioia di trovarmi in questa città, divenuta ora altare delle nazioni sorelle, da cui offrite al Signore il frutto personale della vostra fede e del vostro amore comune per Gesù sacramentato. Dal più profondo del mio cuore ringrazio la divina Provvidenza per l'opportunità che mi offre di unirmi ai pastori e ai fedeli di popoli tanto cari, quali sono quelli del Perù, Bolivia, Colombia, Ecuador, Panama e Venezuela, nella professione di fede eucaristica che si celebrerà nel "Campo de san Miguel" a Lima.


2. Dalla sede dell'apostolo Pietro, centro della cattolicità, rivolgo a tutti un sincero ed affettuoso saluto con le parole di san Paolo: "Grazia a voi e pace da parte di Dio padre nostro e dal Signore Gesù Cristo" (Ga 1,3).

Insieme al mio deferente saluto alle autorità peruviane per il loro amabile invito, desidero esprimere la mia profonda gratitudine agli episcopati dei sei Paesi bolivariani, che con un gesto fraterno di comunione hanno voluto che le intense giornate di studio e di riflessione di questo congresso si concludessero con l'Eucaristia presieduta dal successore di Pietro, capo del Collegio apostolico.


3. La mia visita, pur essendo molto breve, mi permetterà, nonostante tutto, di incontrarmi con gli amatissimi figli di Lima e di molte altre parti del Perù che verranno all'appuntamento con il Papa. Giunga a tutti, fin da ora, la mia parola di incoraggiamento perché venga intensificata la preparazione spirituale che, sotto la guida dei pastori, si è sviluppata nelle parrocchie, nelle comunità, nei gruppi di preghiera e di apostolato. Mi rallegra sapere che la grande missione effettuata a Lima e in altre città, ha riunito, con impegno ed entusiasmo, le forze attive della Chiesa: sacerdoti, religiosi, religiose, diaconi, seminaristi, e, in modo particolare, i laici.

Tutti, con impegno e dedizione, stanno contribuendo affinché il congresso che chiuderemo sia realmente un nuovo appello ad intensificare lo slancio evangelizzatore, che rafforzi l'azione pastorale e la vita cristiana di ogni comunità ecclesiale.


4. Cari fratelli e sorelle dei Paesi bolivariani: innalzo la mia fervida preghiera all'Altissimo affinché il Congresso eucaristico e mariano che chiuderemo dia frutti abbondanti per le vostre anime, e che questi frutti rimangano vivi attraverso l'assidua pratica dell'adorazione al Santissimo Sacramento e la frequente partecipazione all'Eucaristia, "fonte e apice di tutta la vita cristiana" (LG 11).

Affido alla Vergine dell'Evangelizzazione le intenzioni pastorali di questo viaggio, e chiedo al Signore dei miracoli che effonda le sue grazie sugli amatissimi figli del Perù e di tutti i Paesi bolivariani, cui imparto di cuore la mia benedizione apostolica: nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.


Data: 1988-05-12 Data estesa: Giovedi 12 Maggio 1988




Omelia della Messa a Sucre (Bolivia)

Titolo: "Affrontate le situazioni nuove della società di oggi rinnovando la coraggiosa opera degli antichi missionari"

Testo:

Cari fratelli nell'episcopato, cari sacerdoti, religiosi, religiose, anime consacrate, amatissimi fratelli e sorelle.


1. Come è bello riunirsi per celebrare la stessa fede e la stessa vita in Cristo! Ci troviamo qui perché siamo stati convocati in Gesù risorto, vivo e presente che, oggi come ieri, parla al cuore degli uomini, delle famiglie e dei popoli. Voi ed io siamo non soltanto frutto, ma anche seminatori delle parole dello stesso Figlio di Dio sulla missione: "Andate dunque ed ammaestrate tutte le nazioni" (Mt 28,19).

Il mio saluto vuole essere in sintonia con la vostra gioia per la fede ricevuta, germe di una nuova vita che trasforma tutta l'esistenza secondo i disegni provvidenziali di Dio. Per questo le mie parole saranno un'eco del canto al Signore che sgorga allo stesso tempo dai vostri cuori e dal mio: "Ti lodino i popoli, Dio, ti lodino i popoli tutti... La terra ha dato il suo frutto, ci benedica Dio, il nostro Dio" (Ps 67[66],4.7).

Questo è il saluto del Papa che con grande gioia e speranza viene a visitare questa bellissima terra benedetta da Dio. Il mio saluto è rivolto a tutti e a ciascuno dei presenti e a quanti sono uniti spiritualmente a noi in tutto il Paese.

In modo speciale saluto con tutto il mio affetto questo nobile popolo di Sucre, citta che nei suoi uomini, - in voi, cari fratelli - nei suoi templi ed altri monumenti evoca alla Bolivia ed alla Chiesa intera tutta una tappa storica di evangelizzazione. Qui, nell'antica arcidiocesi di Charcas, che compie adesso 450 anni, ebbe inizio l'evangelizzazione della Bolivia. Qui si prepararono spiritualmente evangelizzatori di molti ordini religiosi, fra cui emerge la figura di padre Vicente Bernedo, quale simbolo di tanti altri che a migliaia hanno trascorso le loro vite a seminare nel cuore dei fedeli, delle famiglie e dei popoli una catechesi cristiana in grado di animare gli uomini e tutta la società.

Ai pastori che ci accompagnano do l'abbraccio di pace: al signor Cardinale Josè Clemente Maurer, Arcivescovo emerito di Sucre, encomiabile per la sua lunga e feconda opera in favore della Chiesa e del popolo della Bolivia, al pastore dell'arcidiocesi ed ai suoi Vescovi ausiliari, a tutti i fratelli nell'episcopato qui presenti, in particolare a monsignor Edmundo Abastoflor, ai suoi Vescovi ausiliari, così come al nobile popolo fedele di Potosi, che con enorme sacrificio è venuto per stare accanto al Papa a partecipare a questa Eucaristia, quasi portando ad essa il frutto del suo lavoro e della sua stessa vita personale, familiare e sociale. Grazie per essere venuto, caro popolo di Potosi! 2. Ascoltiamo nuovamente, tutti insieme, con la consapevolezza di professare la stessa fede e celebrandola con gioia, le parole di Gesù, che sono fondamento della missione della Chiesa: "Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque ed ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo" (Mt 28,18-19).

Queste parole disse Gesù ai suoi discepoli, dopo la sua risurrezione.

Gesù fa conoscere con esse che il Padre gli aveva trasmesso sin dal principio, come Figlio di Dio fatto uomo, "ogni potere in cielo e in terra". Questo potere dato a Gesù si manifesta in tutta la sua efficacia dopo che egli ebbe sofferto la morte di croce e attraverso la forza della risurrezione, indicando in tal modo la via della salvezza a tutto il genere umano. A Gesù era stato dato il potere di salvare tutti, perché "umilio se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce" (Ph 2,8). Gesù "spoglio se stesso, assumendo la condizione di servo" (Ph 2,8). Questa obbedienza conferisce un sigillo particolare alla sua vita nascosta a Nazaret, ai suoi anni di ministero pubblico, che culminerà con l'obbedienza alla volontà del Padre quando giunse l'ora di accettare la sua morte sacrificale sul Calvario. Gesù, facendo della sua vita un'oblazione, vince il male in tutte le sue conseguenze di sofferenza, di ingiustizia, di morte.


3. Adesso possiamo comprendere meglio perché Gesù prima della sua dipartita da questo mondo verso il Padre riunisce per l'ultima volta gli apostoli, per affidare loro la missione di evangelizzare: "Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni" (Mt 28,19), cioè tutti gli uomini, culture e popoli. Chi accoglie la fede in Cristo, il Figlio di Dio fatto uomo, morto e risorto, e decide di innestarsi nella sua vita attraverso il Battesimo e gli altri sacramenti, viene perdonato dai suoi peccati e riceve la vita nuova nello Spirito Santo.

Ogni volta che ci riuniamo per celebrare l'Eucaristia come stiamo facendo adesso, proclamiamo la nostra fede in Gesù, "pane della vita" (Jn 6,35 Jn 6,48). Ma vi sono milioni di persone che ancora non conoscono questo mistero d'amore del Figlio di Dio, fatto uomo ed immolatosi per noi. Ci avviciniamo ormai ad una data che segnerà una tappa fondamentale per tutta l'America Latina, per la Bolivia: i cinquecento anni dell'evangelizzazione, della fede cristiana, della celebrazione eucaristica, della preghiera affidata a Maria Madre di Dio e madre nostra; cinquecento anni di essere Chiesa, Popolo di Dio e Corpo mistico. Come non celebrare questo avvenimento con gratitudine ed anche con la decisione e la disponibilità a condividere questa stessa fede con tutti i nostri fratelli? 4. Con le navi spagnole, che scoprirono il "Nuovo Mondo" nel 1492, il Vangelo giunse all'"altra sponda" dell'Oceano o della "grande acqua" che separava queste terre da quelle del vecchio continente. La Chiesa del Nuovo Mondo e specialmente dell'America Latina, si sta preparando con una novena di anni, a celebrare questa data provvidenziale. Io stesso ho avuto la gioia di inaugurare le celebrazioni di questa novena a Santo Domingo, desiderando in tal modo testimoniare che "questa data - una delle più importanti della storia dell'umanità - segna anche quella dell'inizio della fede e della Chiesa in questo continente" ("Homilia Dominicopoli habita, ad Missam pro evangelizatione populorum", 1, die 11 oct. 1984: , VII, 2 [1984] 876).

Tutte le diocesi con le loro Chiese particolari, come ha fatto anche la Bolivia, hanno dato inizio ai preparativi per quella grande celebrazione, che deve lasciare un'impronta ed uno stimolo per l'evangelizzazione futura.

La Chiesa della Bolivia, insieme al Popolo di Dio pellegrino in tutto il continente, desidera intonare un "Magnificat" missionario che sorga spontaneo da tutti i santuari mariani e da tutti i cuori. Sin d'ora la nostra gratitudine per la fede e per il Battesimo si esprime cantando a Dio, in unione con tutti i popoli della terra: "Ti lodino i popoli, Dio, ti lodino i popoli tutti... La terra ha dato il suo frutto. Ci benedica Dio, il nostro Dio" (Ps 67[66],4.7). In questo giorno singolare lodiamo Dio che si è manifestato ai vostri antenati come Signore della vita. Lo lodiamo anche perché si è rivelato poco per volta all'umanità, come leggiamo nella Sacra Scrittura, quale Signore della vita e della storia, salvatore di tutti i popoli, ricco in misericordia, fedele alla sua alleanza d'amore con il popolo eletto, dal cui seno doveva nascere nella pienezza dei tempi il Messia promesso. Ma lodiamo Dio soprattutto perché si è definitivamente rivelato a noi nel suo Figlio Gesù Cristo, morto e risorto per la nostra salvezza. La nostra salvezza ci viene, dunque, dalla fede in Gesù, che rende feconde le nostre opere e che supera abbondantemente le speranze umane di liberazione.


5. Dio nostro Signore ha disposto nei suoi disegni la venuta del Vangelo nelle vostre terre preparando preventivamente il cuore degli uomini, delle culture e dei popoli, con il seme di alcuni valori religiosi ed umani che possono ben essere chiamati di "preparazione evangelica" (Eusebii di Caesariensis "Praeparatio evangelica", I, 1: PG 21, 28 AB; cfr. LG 16 AGD 11).

Dio nostro Padre, attraverso la storia, ha fatto sentire la sua presenza sempre misericordiosa in numerose manifestazioni della vostra vita e dei vostri costumi. Voi, cari fratelli, siete eredi di idiomi millenari, di tradizioni piene di valore umano come l'"ayllu" e l'"ayni". Ed ho saputo che coltivate ancora con entusiasmo esemplare espressioni artistiche molto ricche come le leggende, il folclore e gli artigianati delle diverse province. Potremmo enumerare ancora altri esempi della ricchezza culturale di questa terra. Dio, Signore della vita, ha vegliato con cura su questo popolo attraverso tanti e tanti secoli, preparandolo a ricevere il Vangelo con cuore aperto a tutte le esigenze personali e sociali. Nei vostri costumi e nelle sagge tradizioni si manifesta la grandezza e la presenza di Dio al servizio della vita e del benessere di tutti gli abitanti di questa cara e benedetta terra boliviana.

I missionari, che cinque secoli fa collaborarono con grandi sacrifici all'evangelizzazione della Bolivia, sono arrivati al cuore del popolo attraverso la catechesi, i sacramenti, la pietà popolare ed i servizi di carità. In quest'opera non hanno esitato a servirsi di elementi culturali locali. Essi, dunque, hanno consolidato fermamente le basi della vostra identità culturale, orientata verso la maturità in Cristo. E' stato un processo di "inculturazione" nella vostra realtà sociale e storica, durante il quale il Vangelo è stato sempre il punto di riferimento, fino a modellare l'identità cristiana del vostro popolo.


6. Cristo, Signore, che insieme all'umanità ha redento anche tutte le culture e tutti i popoli è ancora "la via, la verità e la vita" (Jn 14,6) per il loro ulteriore sviluppo. "Egli infatti è la nostra pace" (Ep 2,14). perciò la pace e la comprensione fra gli uomini non saranno possibili se essi non si avvicineranno sempre di più a Cristo. Egli è la verità.

Quando noi cristiani ci riuniamo, soprattutto per ascoltare la Parola di Dio e per celebrare il mistero eucaristico, sentiamo dentro di noi la gioia di una fratellanza universale che supera il tempo e lo spazio. così sentiva anche san Paolo quando scriveva ai cristiani di Roma: "Non c'è distinzione fra giudeo e greco, dato che lui stesso è il Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che l'invocano" (Rm 10,13).

Come Vescovo di Roma e successore di Pietro sono lieto di poter partecipare ai preparativi per i cinquecento anni dell'evangelizzazione. Insieme a tutta la Chiesa della Bolivia ringrazio e lodo Dio uno e trino, Padre e Figlio e Spirito Santo perché dai giorni della prima evangelizzazione non ha smesso di benedirvi con frutti salvifici, maturati nella vostra terra, nel cuore dei suoi figli e figlie, nel succedersi di tante generazioni.

Nel condividere, come pastore della Chiesa, questa gioia della fede cristiana vissuta e sentita, non posso non fare mie le necessità del gregge di Cristo in questa cara terra. Come non sentirmi unito a voi nei pressanti problemi che vi affliggono e per i quali attendete l'illuminazione del Vangelo? 7. Amati fratelli e sorelle, qui in Bolivia, come in tutta l'America Latina e nel mondo intero, può anche presentarsi la tentazione che provo il Popolo di Dio quando errava nel deserto, come ci narra la Bibbia (cfr. Dt 30,17-18). E' la tentazione di seguire falsi dei, che non portano la vita, ma la morte. Per questo anche nella nostra epoca dobbiamo imparare ad identificare chiaramente questi falsi dei o nuovi idoli che in pratica sono gli stessi di sempre e che possono chiamarsi "denaro", "prestigio", "potere", "piacere sfrenato"... Nella mia ultima enciclica ho voluto riferirmi a due di essi: "La brama esclusiva del profitto e... la sete del potere, col proposito di imporre agli altri la propria volontà" (SRS 37).

Il risultato di questa idolatria ideologica e pratica è stato descritto a forti caratteri dai Vescovi dell'America Latina riuniti a Puebla de los Angeles (Messico): "Consideriamo poi come il flagello più devastatore e umiliante la situazione di povertà inumana in cui vivono milioni di latino-americani espressa, per esempio, in mortalità infantile, mancanza di alloggi adeguati, problemi igienici, salari di fame, disoccupazione e sottoccupazione, denutrizione, instabilità di lavoro, migrazioni massive, forzate e non protette ecc. Analizzando più a fondo questa situazione, scopriamo che tale povertà non è una tappa casuale, ma il prodotto di situazioni e di strutture economiche, sociali e politiche, anche se vi sono altre cause di questo stato di miseria...

La situazione di estrema povertà generalizzata acquista nella vita reale volti molto concreti nei quali dovremmo riconoscere i lineamenti del Cristo sofferente, il Signore che ci pone in questione e ci interpella" ("Puebla", 29-31).


8. Gesù ci sta chiedendo di essere portatori della buona novella ai poveri di oggi e a tutti gli uomini di buona volontà. "Evangelizzare, per la Chiesa, è portare la buona novella in tutti gli strati dell'umanità e, col suo influsso, trasformare dal di dentro, rendere nuova l'umanità stessa" (Pauli VI EN 18).

Questa missione esige anche una conversione da parte nostra. Non potremo essere sinceri araldi del messaggio evangelico di conversione, se prima non ci convertiamo noi stessi, aspirando a che le nostre vite si conformino più profondamente alla persona del Cristo, con i suoi criteri e i suoi atteggiamenti.

Ciò significa purificare il cuore del boliviano da ogni sincretismo religioso, da ogni materialismo pratico, e da ogni spiritualismo disincarnato e disimpegnato. Si tratta di evangelizzare dando testimonianza di carità cristiana. Qui trovate, cari fratelli e sorelle, un segno per conoscere il grado di evangelizzazione in cui si trova una comunità. "L'opzione, o amore preferenziale per i poveri... è una forma speciale di primato nell'esercizio della carità cristiana, testimoniata da tutta la Tradizione della Chiesa" (SRS 42). Questo amore e questa opzione in favore di coloro che soffrono e dei bisognosi sono frutto e segno di una vita autenticamente cristiana e non possono essere acquisiti senza un atteggiamento contemplativo del bisogno della Parola di Dio, accogliendola così com,è e senza un atteggiamento di povertà reale, nella persona ed istituzioni, che arrivi perfino a condividere i beni con i fratelli di questo popolo e di tutti i popoli.

"Saprete rispondere adeguatamente alle situazioni umane ed ecclesiali di oggi, se resterete fedeli ai principi enunciati dai vescovi della Bolivia negli ultimi anni sulla "evangelizzazione integrale" del popolo e della realtà boliviana, "per costruire insieme il Regno di Dio, come Chiesa di Cristo, in comunione con Dio e con i fratelli a partire dall'opzione evangelica per i poveri"" (Conf. Episc. Boliviae "Enfoque pastoral").


9. Meditando su queste realtà che quotidianamente affrontiamo, non possiamo fare a meno di ascoltare, nel silenzio del nostro cuore l'eco delle parole di Gesù: "Andate... ammaestrate tutte le nazioni" (Mt 28,19). L'urgenza di questo mandato missionario di Gesù vibra insistentemente nella domanda dell'apostolo san Paolo quando si pone la necessità di diffondere la buona novella ai fratelli che ancora non l'hanno ricevuta: "Come potranno invocarlo senza aver prima creduto in lui? E come potranno credere, senza averne sentito parlare? E come potranno sentirne parlare senza uno che lo annunzi? E come lo annunzieranno senza essere prima inviati?" (Rm 10,14-15).

In questa celebrazione liturgica rendiamo grazie al Signore per tutti coloro che, nel corso dei secoli, hanno portato la parola evangelica al vostro popolo e per coloro che ancora la annunciano fra voi. Con gioia uniamo le nostre voci all'esclamazione dell'Apostolo che fa sue le parole del salmo: "Quanto son belli i piedi di coloro che recano un lieto annunzio di bene!... Per tutta la terra è corsa la loro voce" (Rm 10,15 Rm 10,18). Qui, in questa terra benedetta e amata, è già arrivato il messaggio evangelico ed ha suscitato e continuerà a suscitare nuovi evangelizzatori.

L'evangelizzazione è caratterizzata dal segno della croce. Infatti, la croce è il segreto dell'evangelizzazione, poiché segna la via per trasformare la creazione e la storia umana secondo il mandato dell'amore e delle beatitudini. Per ogni evangelizzatore, come per l'apostolo san Paolo, la croce è segno di garanzia e di efficacia evangelica (cfr. Ga 2,19;6,14; 1Co 1,17;2,2). Il 12 ottobre 1984 i Vescovi di tutta l'America Latina, riuniti a Santo Domingo, hanno dato inizio alla novena di anni per la preparazione del V Centenario dell'evangelizzazione del continente, che avrà luogo nell'anno 1992 e tutti quanti hanno ricevuto, quale segno visibile e destinato alla propria Chiesa, una croce commemorativa. Allora ho affidato loro un messaggio che affido oggi anche a voi: "Con la forza della croce, che oggi viene consegnata ai Vescovi di ogni nazione, con la luce di Cristo nelle tue mani, piene di amore per l'uomo, parte la Chiesa della nuova evangelizzazione. così potrà creare una nuova alba ecclesiale" ("Allocutio Dominicopoli habita, occasione oblata celebrationum V saeculi expleti ab initio evangelizationis Americae", IV, die 12 oct. 1984: , VII, 2 [1984] 897).

Questa è la "croce missionaria", simbolo dell'evangelizzazione, che ogni missionario - sacerdote, religioso o laico - riceve quando si incammina per annunciare Cristo crocifisso e risorto, "luce del mondo" (Jn 8,12 Jn 9,5). E questa è la croce che ricevono oggi i rappresentanti di tutte le diocesi boliviane come Chiese particolari corresponsabili nella missione universale.

Desidero che queste croci parlino a tutti e a ciascuno di voi, con tutta la verità del mistero di Cristo e con tutta la verità della vostra missione.


10. "Andate"... dice il Signore rivolgendosi a ciascuno di voi. Si rivolge ai giovani, invitandoli a condividere la vita con lui e a donarsi a tutte le esigenze della loro vocazione missionaria. Si rivolge ai padri e madri d famiglia, chiamandoli a rendere la loro casa un focolare cristiano evangelizzato ed evangelizzatore, sull'esempio del focolare di Nazaret. Si rivolge ai lavoratori e contadini, perché trasformino il proprio lavoro in una testimonianza di donazione, che sia inizio della "civiltà dell'amore" e di solidarietà cristiana come "via alla pace e insieme allo sviluppo" (SRS 39). Si rivolge ai professionisti e agli uomini di cultura, perché impregnino le realtà temporali dello spirito evangelico che è spirito di verità e spirito d'amore.

Lo sguardo di Gesù, che affida a voi una missione senza frontiere, si rivolge a tutti i catechisti, educatori, missionari laici, religiose, religiosi, sacerdoti ed altri operatori di pastorale, che vogliono edificare la Chiesa come mistero di comunione e come "sacramento universale di salvezza". Vi invita a sua volta a volgere lo sguardo verso la coraggiosa opera dei missionari e santi del passato, affinché, imitando i loro atteggiamenti evangelici, sappiate affrontare le situazioni nuove della società di oggi. Vi invita in modo particolare a donarvi nel servizio ai fratelli più umili, sull'esempio della serva di Dio madre Nazaria Ignacia e del zelante missionario fra' Vicente Bernedo.

Il Signore ci ha promesso che sarà con noi "tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28,20). Pegno di questa presenza di Gesù è anche la "presenza materna" della santissima Vergine Maria che si rende "presente nella missione della Chiesa che introduce nel mondo il Regno del suo figlio" (RMA 24 RMA 28). Maria, la Vergine di Guadalupe, patrona di Sucre e di tutte le Americhe, Madre di Dio e madre nostra, ci guarda e ci invita a cantare ancora il suo "Magnificat", come inno missionario di una nuova via e di una nuova tappa dell'evangelizzazione.

Fratelli, sorelle! "Andate!"..., portando nel cuore la gioia di essere testimoni del Signore risorto vivo e presente. Che Cristo, con la forza dello Spirito della verità, mediante il vostro ministero e servizio apostolico, effonda abbondantemente la sua grazia salvifica su quanti lo cercano, lo invocano e credono in lui. "Per tutta la terra è corsa la loro voce" (Rm 10,18 Ps 19[18],5).

"Andate" il Signore è con voi, vive e cammina con voi.


Data: 1988-05-12 Data estesa: Giovedi 12 Maggio 1988




Con gli ammalati di Sucre (Bolivia)

Titolo: Di fronte al dolore crescono la solidarietà e l'amore

Testo:

Miei cari fratelli e sorelle.


1. La mia visita alla Cattedrale di questa accogliente città di Sucre, è per me un'emozionante attrattiva, perché mi permette d'incontrarmi con voi malati, che soffrite nel corpo e nell'anima per la perdita della salute.

E' un incontro che ho particolarmente desiderato per poter dire a voi, cari malati qui presenti ed a tutti coloro che - in ogni parte della Bolivia - soffrono infermità quanto mi sento vicino a tutti voi che soffrite, come vorrei offrirvi con la mia presenza un momento di consolazione e come prego Dio perché vi dia forza e serenità nel vostro dolore.


2. Il mistero del dolore angoscia la nostra esistenza. Non è facile accettare il dolore e la morte, perché vuol dire accettare la nostra fragilità nelle sue molteplici dimensioni. Il mistero diventa ancora più profondo quando ci addentriamo nella sofferenza di Cristo, Figlio di Dio, nel quale ogni dolore umano trova la sua spiegazione ed il suo significato trascendente. Anche Gesù pati il dolore e la morte ed esclamo: "Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice! Pero non come voglio io, ma come vuoi tu!" (Mt 26,39).

Queste cose erano ricordate dai Vescovi di tutto il mondo, nel loro messaggio ai malati, a conclusione del Concilio Vaticano II: "Ma abbiamo qualche cosa di più profondo e di più prezioso da dare: la sola verità capace di rispondere al mistero della sofferenza e di recarci un sollievo senza illusioni: la fede e l'unione all'uomo dei dolori, al Cristo, Figlio di Dio, posto in croce per i nostri peccati e per la nostra salvezza" (Patrum Conciliarium "Nuntius quibusdam hominum ordinibus dati Oecumenicae Synodi tempore exeunte: "Ad infirmos"").

Inoltre, se sappiamo affrontare adeguatamente la malattia, possiamo contemporaneamente imparare a scoprire Dio, a capire il dolore dei nostri simili ed a unirci a Cristo che soffre per gli uomini. Questo è mettere in pratica ciò che già san Paolo indicava: completare "nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa" (Col 1,24).


3. Ma vi è un'altra non meno importante dimensione capace di rendere umana la sofferenza ed è l'opera che possiamo svolgere, alleviando le sofferenze dei nostri fratelli, manifestando così il nostro amore fraterno.

Di fronte al dolore crescono la solidarietà e l'amore.

Per questo, seguendo le orme e gli insegnamenti del Maestro, la Chiesa, così come il buon samaritano del Vangelo, si è particolarmente interessata, sin dalle sue origini, agli infermi, ai poveri e agli emarginati. Gli apostoli, oltre alla cura dei malati, incaricarono i diaconi di preoccuparsi delle vedove e dei bisognosi. Sin dai tempi antichi, presso i monasteri e le chiese della cristianità, venivano accolti particolarmente coloro che soffrivano per malattia o miseria. E molti anni prima che gli Stati si preoccupassero di questi cittadini, la Chiesa aveva fondato ospedali per i malati, asili per gli abbandonati ed altre istituzioni per venire incontro a chi pativa gli stenti.

Per ogni cristiano, visitare e curare gli infermi è opera di misericordia perché Gesù è presente in loro: "ero... malato e mi avete visitato" (Mt 25,36).


4. Ancora oggi la Chiesa continua a prestare questi servizi, anche se la società moderna si sta incaricando sempre più della loro organizzazione generale. Anche oggi la presenza dei cristiani nei luoghi dove l'uomo patisce malattie, solitudine ed abbandono, è ben conosciuta. E' una opera cristiana ed umanitaria.

Per assecondare questa vocazione di testimonianza evangelica, sono sorti all'interno della Chiesa, benemeriti istituti religiosi, i cui membri si consacrano integralmente ed in maniera esemplare alla cura dei malati. Non è meno apprezzabile questa presenza in Bolivia, dove la mortalità infantile è molto elevata, dove la vita media si aggira ancora su livelli bassi, dove l'alcoolismo e la nuova piaga della droga minacciano ogni settore sociale. Quivi trovano ampio campo di azione e di apostolato le religiose ed i religiosi della Bolivia, per portare l'amore laddove c'è dolore. A tutte queste persone consacrate che dedicano la propria vita ai malati, desidero esprimere la mia profonda gratitudine per l'encomiabile opera che portano avanti con tanto impegno e zelo. Cristo Gesù sarà la loro ricompensa.


5. Desidero inoltre manifestare ai medici, alle infermiere, agli infermieri ed agli ausiliari sanitari, il mio profondo apprezzamento e rispetto per la loro esemplare attenzione nell'esercizio della professione. Questa è una vera vocazione volta a confortare i fratelli che soffrono. Poche altre professioni sono tanto degne e stimabili come quella del medico quando opera con impegno e senso etico ed umanitario. Ciò lo avvicina ad una sorta di sacerdozio la cui missione consiste nel guarire il corpo ed anche nel sollevare lo spirito.

perciò incoraggio questi professionisti ad essere consapevoli della loro degnissima missione, a servire sempre la vita e mai la morte, ad una completa onestà nella scelta dei trattamenti e degli interventi chirurgici, a non cedere alla tentazione del denaro, a non abbandonare la loro patria - che ha bisogno di loro - soltanto per guadagni materiali, a vedere nei loro pazienti - anche nei più poveri, che a volte non possono neppure pagare i servizi, - persone umane e figli di Dio.


6. Carissimi fratelli e sorelle che siete malati, voi che vivete la passione del Signore, se la vivete insieme a lui, state rafforzando la Chiesa nella testimonianza della vostra fede e nel valore del vostro sacrificio. Attraverso la vostra pazienza, fortezza e serenità state proclamando il mistero del potere redentivo di Cristo e troverete il Signore crocifisso in mezzo alla vostra malattia ed alla vostra sofferenza.

Raccomando al Signore tutti quanti lavorano in favore dei malati negli ospedali, nelle cliniche, nei sanatori, nei centri di assistenza ai moribondi e nell'ospedale psichiatrico di questa città. Desidero ripetere a tutti, dottori, infermiere, cappellani e personale ospedaliero: la vostra è una nobile vocazione.

Ricordate che è Cristo che servite nelle sofferenze dei vostri fratelli e sorelle.

A voi malati che siete presenti ed a tutti coloro che seguono questo incontro attraverso la radio e la televisione, con l'amore di un fratello vi abbraccio affettuosamente, vi chiedo di offrire le vostre sofferenze per il bene della Chiesa e dei suoi pastori, per l'unità dei boliviani e la prosperità della vostra patria, mentre imparto a tutti la mia speciale benedizione apostolica.


Data: 1988-05-12 Data estesa: Giovedi 12 Maggio 1988




Con gli intellettuali a Santa Cruz (Bolivia)

Titolo: "Vostro obiettivo sia il servire l'uomo boliviano nelle sue attuali pressanti necessità concrete"

Testo:


1. E' per me motivo di grande gioia e soddisfazione, condividere questi momenti della mia visita nell'amata terra boliviana, con voi, uomini e donne che rappresentate in maniera speciale la cultura e l'animazione di importanti attività che incidono direttamente sullo sviluppo del Paese. Sono questi, due campi strettamente legati fra loro e, direi, complementari, poiché la stessa attività produttiva, che costituisce già in sè stessa una espressione culturale - e che per un cristiano deve ispirarsi all'uomo e partire da lui - deve creare tutto ciò che sia necessario per soddisfare le necessità vitali e promuovere condizioni favorevoli che permettano una crescita integrale di tutti i membri della società.

Nei miei viaggi ho sempre voluto dare particolare rilievo a questi incontri, poiché sono ben consapevole delle importanti responsabilità che avete nella società. Tuttavia, il mio soggiorno tra di voi non ha come finalità quella di esaminare argomenti che sono di vostra competenza. Sono venuto come pastore e come fratello, desideroso di condividere il patrimonio comune della fede, di avvalorare al vostro fianco le immense virtualità del messaggio cristiano che deve ispirare la vostra vita e tutta la vostra attività e che si concretizza nella cosiddetta dottrina sociale cattolica, che altro non è che una riflessione sull'uomo e le sue forme di relazione con i suoi fratelli e con il mondo, alla luce della rivelazione. Questa dottrina mira a guidare gli uomini perché essi stessi con l'aiuto della ragione e delle scienze umane, diano una risposta alla propria vocazione di costruttori responsabili della società terrena (cfr. SRS 1).


2. Costruttori responsabili! Nessuno mette in dubbio che ci troviamo di fronte ad un obbligo e ad un impegno di tutti; per questo, come già sappiamo per esperienza, è necessario che nella società venga distribuita razionalmente l'attività e si dividano i compiti secondo le capacità di ognuno, collaborando tutti insieme senza eccezioni per la ricerca del bene di tutta la collettività. Si tratta quindi di una divisione funzionale che non può dare origine a fratture, nè a discriminazioni di nessun tipo, e che comporta il fatto che alcuni debbano assumersi cariche direttive, non come un privilegio egoista, ma con la piena coscienza della grave responsabilità che comporta il dover coordinare un'attività comune, il pianificare intelligentemente le tappe del progresso sociale, i programmi di inversione, un'adeguata distribuzione dei beni, e infine, tutta la complicatissima rete di attività che denota l'esistenza di una società saggia ed efficiente, organizzata in tutte le sue componenti.

La società giusta alla quale tutti aspiriamo si costruisce giorno dopo giorno mediante la collaborazione di tutti i suoi membri, attuando in questo la vocazione d'amore che Dio ha affidato all'uomo creato dalle sue mani. Costruire la città significa, potremmo dire, costruire l'uomo: questo vuol dire mirare all'uomo completo, nella sua integrità, come mezzo e fine di ogni attività sociale, creando le condizioni necessarie perché tutti e ciascuno dei membri della comunità umana possano raggiungere una formazione ed una crescita completa. Potremmo chiederci ora: chi è che costruisce realmente la dimora degli uomini? Mi tornano alla mente e nel cuore le belle parole del salmo: "Se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori" (Ps 127[126],1). Si, miei cari partecipanti a questo incontro: la autentica preoccupazione per l'uomo, per i suoi diritti, per il rispetto della sua dignità fondamentale e inalienabile, non sarà mai compresa in tutta la sua profondità se non apriamo il cuore a questa verità. Da soli non potremo mai superare le strutture ingiuste, effetto del peccato che costituiscono un ostacolo reale alla crescita e alla realizzazione dei popoli. Voi, in quanto guide responsabili del progresso culturale e tecnico, con gli occhi e il cuore rivolti a Gesù Cristo, troverete in lui l'ispirazione necessaria per svolgere il delicatissimo compito di dare un orientamento al destino della vostra patria.


3. La recente enciclica, nella quale ancora una volta ho voluto esplicitare la continua preoccupazione sociale della Chiesa, è una chiamata alla solidarietà a tutti i livelli. Essere dirigente politico, culturale, o di qualsiasi ordine, non soltanto non esclude, ma esige questa virtù della solidarietà. Il concetto moderno dell'amministrazione si fonda sulla partecipazione attiva che esclude ogni forma che possa supporre costrizione od offesa alla dignità della persona umana.

Presuppone conoscere le necessità reali alle quali si aggiunge l'ansia di cercare le strade più idonee per risolvere innanzitutto i problemi più elementari e stabilire una gerarchia nella programmazione dell'attività sempre ordinata al bene comune, senza concedere nulla a privilegi personali o corporativi o a vantaggi egoistici. La solidarietà presuppone la determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune, perché tutti siamo veramente responsabili di tutti.

Ad essa si oppone radicalmente, la smisurata sete di guadagno e di potere, perenne tentazione che bisogna saper discernere attentamente, poiché in molte occasioni si nasconde dietro sottili apparenze di bene (cfr. SRS 38).

Il popolo della Bolivia ha diritto a guardare al futuro con una visione piena di speranza, perché è depositario di ricchi valori che integrano tradizioni autoctone e valori nuovi che hanno profilato, nella storia, la vostra identità come nazione. Il carattere profondamente umano dei boliviani, la loro nota ospitalità, la loro costanza nel far fronte ad una natura selvaggia e a volte ostile, il loro grande spirito di solidarietà, la capacità di far fronte alle avversità, la conservazione di valori con profonde radici locali, arricchiti dai valori cristiani apportati dalla vasta opera di evangelizzazione della quale ci prepariamo a commemorare il quinto centenario, rafforzano una base promettente per la costruzione della nuova società; di una Bolivia più stabile nella quale tutti possano vivere con maggior sicurezza e con il sostegno di una speranza più solida per le generazioni presenti e future.


4. Certamente l'evangelizzazione non si identifica con un processo culturale.

Tuttavia, il Regno che il Vangelo annuncia è vissuto da uomini profondamente legati ad una cultura, e la costruzione del Regno non può fare a meno di tenere conto degli elementi della cultura e delle culture umane (cfr. Pauli VI EN 20). Ed è perché l'evangelizzazione deve partire dall'uomo stesso chiamato a realizzare in sè l'immagine del suo Creatore; non imponendo ma risvegliando dentro di sè la coscienza della necessità assoluta della salvezza in Gesù Cristo. Nei valori propri di ogni cultura esistono semi veraci della Parola che, grazie al processo di evangelizzazione, tendono a dare frutto in criteri di giudizio, modelli di comportamento e in fonti di ispirazione per tutta la vita di una società, in perfetta coerenza con i valori dello stesso Vangelo.

La Bolivia può presentare una tradizione ricca che ha raggiunto espressioni molto concrete attraverso le diverse epoche della storia, non solo a partire dalla conquista, ma anche da epoche più remote, come rivelano le testimonianze archeologiche che a ragione conservate come parte importantissima della vostra tradizione culturale. A cominciare dalla Colonia sono andate creandosi a poco a poco nuove istituzioni che, come l'Università di san Francesco Saverio di Chuquisaca, esercitarono una funzione decisiva nella formazione dei cittadini e nella costruzione della nuova società, una volta ottenuta l'indipendenza. E' giusto riconoscere in questa brillante moltitudine di uomini e donne di differenti professioni - chierici, religiosi, laici - e nelle opere da loro realizzate, una chiara manifestazione dell'ispirazione cristiana che, anziché rallentare, ha contribuito efficacemente al progresso culturale pluralista del vostro Paese.


5. Voi che ora partecipate all'esercizio di queste responsabilità, sia nel campo della politica, come in quello dell'economia, dell'arte e delle scienze, in questa amata Bolivia, dovrete sforzarvi di integrare i valori propri della vostra conoscenza o del vostro incarico con le verità della fede che vi hanno tramandato i vostri antenati, sempre disposti, senza remore nè sotterfugi, al dialogo e al lavoro, alla partecipazione a tutte quelle iniziative che possano nobilitare il vostro popolo: nella cultura, nello sviluppo delle potenzialità di questa terra, nell'edificazione di una società laboriosa, partecipativa e solidale nella quale tutti coloro che pongono i loro sforzi per migliorarla ricevano anche la degna ricompensa.

La vostra sfida deve avere come obiettivo comune il servire l'uomo boliviano nelle sue pressanti necessità concrete di oggi, e prevenire quelle di domani: lottare contro la fame e la povertà, la disoccupazione e l'ignoranza; trasformare le risorse potenziali della natura con intelligenza, laboriosità, responsabilità, costanza, onesta gestione, in beni e servizi utili ai boliviani; a tutti i boliviani, senza ingiuste differenze che offendano la condizione di fratelli, di figli di uno stesso Padre e compartecipi dei doni che il Creatore ha posto nelle mani di tutti gli uomini.

Dovete vedere in questo servizio una esigenza che viene dalla fede e una domanda che vi rivolgono i vostri connazionali, specialmente quelli che si trovano ancora in situazioni di ingiusta emarginazione e di abbandono nelle campagne e nelle città; gli abitanti dei sobborghi; gli inabili al lavoro; gli infermi mal curati; i disoccupati; coloro che non sono tutelati da un'adeguata assistenza sociale e legale. E questi fratelli - nonostante sia doloroso bisogna dirlo - costituiscono ancora la maggior parte del vostro popolo.


6. La promozione integrale di un popolo richiede una infrastruttura che la renda possibile, ma questo dipende soprattutto dalla qualità umanistica degli educatori e dei dirigenti, nel senso più ampio. Solo così, vivendo e trasmettendo con pienezza i valori morali e umani, darete alla Bolivia l'elemento agglutinante della sua coesione sociale e del suo progresso verso la liberazione da condizioni socio-economiche difficili, in comunione con tutta la grande famiglia latinoamericana.

Con un pensiero, e soprattutto con una esperienza al servizio della fede, la giustizia e la solidarietà orienterete le conquiste dell'intelligenza umana, specialmente in ciò che si riferisce all'investigazione scientifica e tecnologica, per servire le necessità concrete dell'uomo boliviano. In questa sede desidero ricordare con particolare calore e apprezzamento l'Università Cattolica Boliviana, nella quale la Sede apostolica ripone vive speranze fin dalla sua fondazione nel 1966 e che fu vista con particolare predilezione da Papa Paolo VI.

Che essa possa proseguire i suoi sforzi per operare una sintesi tra fede e cultura, formando una intellettualità cristiana inserita in maniera viva nella realtà nazionale. L'umanesimo autentico, fondato sulla dignità dell'uomo, che Cristo con la sua morte ha elevato al piano di figlio di Dio, presuppone la sintesi degli elementi culturali di tutti i tempi e la loro integrazione in funzione dei valori supremi ed immutabili.

Una sintesi culturale che sia in perfetta simbiosi con la vita, che inviti alla partecipazione e al dialogo tra le persone e le comunità, e che metta a disposizione tutti i mezzi per armonizzare le ricchezze delle culture tradizionali proprie con la sensibilità per le moderne necessità. Una cultura che, partendo dalle profonde radici della stessa terra e della sua storia, cerchi un obiettivo patriottico comune che si apra verso nuovi orizzonti, unendo in un abbraccio fraterno tutti i popoli.


7. così costruiremo la civiltà dell'amore, la quale esige la virtù della solidarietà che "ci aiuta a vedere l'"altro" - persona, popolo o nazione - non come uno strumento qualsiasi, per sfruttarne a basso costo la capacità di lavoro e la resistenza fisica, abbandonandolo poi quando non serve più, ma come un nostro "simile", un'"aiuto" (cfr. Gn 2,18-20), da rendere partecipe, al pari di noi, del banchetto della vita, a cui tutti gli uomini sono egualmente invitati da Dio" (SRS 39).

Vivendo la solidarietà entreremo così nel cammino di una autentica liberazione socio-economica ed eviteremo lo sfruttamento, l'oppressione e l'annullamento degli altri, dolorose manifestazioni delle strutture di peccato che, purtroppo, rendono ogni volta più difficile il consolidamento di una convivenza pacifica. Si potrà evitare così la tentazione di considerare ogni attivita economica come una realtà unicamente tecnica, ignorando il suo carattere morale. "La vera elevazione dell'uomo, conforme alla vocazione naturale e storica di ciascuno, non si raggiunge sfruttando solamente l'abbondanza di beni e servizi, o disponendo di perfette infrastrutture" (SRS 33). In una parola: bisogna dichiararsi dalla parte dell'ideale di solidarietà di fronte all'effimero ideale del dominio.

E' necessario quindi, considerare seriamente la dimensione umana dell'economia e rivalutare il "parametro interiore" dell'uomo, la sua natura, la sua relazione con gli altri esseri creati e con il suo Creatore, per ottenere l'equilibrio necessario per una crescita a beneficio di tutti. Solamente partendo dall'uomo potrete arrivare ad ottenere che l'azienda appaia come agente di questo sviluppo, assumendo rischi e portando ad un livello ottimo il suo potenziale creativo nella produzione di ricchezza e nella creazione di posti di lavoro sempre al servizio di tutti; un'impresa che con il progressivo aumento della partecipazione, con salari giusti, corresponsabilità e senso comunitario, sia un'autentica comunità di persone rispetto ad una semplice unità di produzione.


8. Motivo di seria preoccupazione per tutti deve essere quell'atteggiamento non-solidale che viene chiamato "fuga di cervelli e di capitali" che, invece di contribuire allo sviluppo progressivo della comunità nazionale preferiscono svincolarsi dalla propria terra per cercare altri ambienti più prosperi dove potranno stabilirsi, si presume, in condizioni più favorevoli. Con ciò, non vogliamo negare il legittimo diritto, consacrato dalla dottrina sociale della Chiesa, ad emigrare verso altri Paesi e fissare li il proprio domicilio, quando ci siano giustificati motivi (cfr. Ioannes XXIII PT 25), e tantomeno il fatto che a volte queste emigrazioni siano provocate da situazioni di insicurezza esistenti nel proprio ambiente.

Sarà necessario, pertanto, che vi impegniate con generosità a rendere la Bolivia una nazione stabile e pacifica, dove regni la giustizia, dove si rispetti il diritto di ogni persona al lavoro onesto e ben remunerato e dove si dia ampio spazio all'iniziativa economica; diritto, questo, altrettanto inalienabile che, in pratica, tante volte si vede negato per l'irresponsabilità o l'egoismo delle classi dominanti.

All'interno della concezione cristiana di ogni tipo di attività lavorativa, è necessario che la legislazione ammetta e rispetti il diritto allo sciopero, evitando possibili abusi dall'una e dall'altra parte. "Questo è un metodo riconosciuto dalla dottrina sociale cattolica come legittimo alle debite condizioni e nei giusti limiti" (LE 20). Tuttavia, continua ad essere un rimedio estremo, anche se dobbiamo ammettere che a volte è anche l'unico sul quale i lavoratori possono contare per difendere i loro legittimi diritti.

Appartenere alla cosiddetta "classe dirigente", più che un onore, è una gravissima responsabilità che deve essere assunta seriamente. Desidero rivolgere un appello urgente a ciascuno di voi, affinché vi impegniate con coraggio, ognuno nel proprio campo, per rendere la Bolivia una patria comune dove non ci siano nè oppressori nè oppressi, nè padroni nè schiavi, ma fratelli che si riconoscono come tali e come tali si amano.


9. Il lavoro dei dirigenti politici dovrà essere, in questo contesto, frutto di un ambiente di diligenza e di onestà nel servizio, sforzandosi di dare spazio ad una partecipazione democratica di coloro che sono ancora ai margini, e mettendo in condizione i quadri intermedi della società di poter svolgere un ruolo importante.

Sarà competenza della classe politica la ricerca di questi spazi di dialogo e di comprensione, la promozione dei valori umani e la difesa dei propri diritti - anche nei casi di grande conflittualità - cominciando con una attiva educazione alla convivenza e con un deciso intervento a sostegno della moralità pubblica e dei valori superiori, che danno coesione e senso pieno alla vita nazionale.

Lo sforzo per avere una Bolivia rinnovata, che superi le cause di un passato segnato dalla permanente instabilità è un compito di tutti in un pluralismo legittimo e solidale. La pace, fondata sulla giustizia e sull'amore tra i fratelli senza distinzione di razza, sesso e fede, sarà la base di nuove mete culturali e umanistiche per un popolo che cerca la realizzazione del suo destino spirituale.

Senza perdere di vista questi nobili obiettivi, allargate il vostro sguardo oltre le vostre frontiere e pensate alla necessità urgente di creare la solidarietà latinoamericana, iniziando, intanto, a livello regionale, per superare gli egoismi nazionalisti e creare un fronte comune abilitato a dialogare a livello di uguaglianza con i Paesi industrializzati nella ricerca di condizioni di interscambio che rispettino l'iniziativa economica e la identità propria di ogni popolo. Questa uguaglianza deve essere la base del diritto di tutti a partecipare al processo di completo sviluppo (cfr. SRS 33). Con questo, non si tratta di creare sfide di blocchi di potere a livello latinoamericano, ma di rivendicare legittimi diritti che soltanto in modo collettivo potranno essere difesi con efficacia.

Infine, desidero rivolgervi un appello ad unirvi come laici cristiani, agli sforzi dei Vescovi boliviani, che con tanto sacrificio e dedizione diffondono il Vangelo dell'amore e della concordia, contribuendo così in modo efficace allo sviluppo integrale della persona umana e alla pace sociale. Come laici cristiani vi esorto ad assumere la vostra vocazione ecclesiale salvaguardando la dimensione trascendente della vita umana e diffondendo i valori evangelici, che devono essere vissuti, condivisi e sviluppati. Valori che mai potranno essere taciuti e che dobbiamo collocare bene in alto perché illuminino tutta l'umanità.

Oggi più che mai la parte dei laici è di primo ordine nella costruzione della nostra Chiesa. Il Signore dice a tutti, anche ai laici: "Voi siete la luce del mondo, non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, nè si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa" (Mt 5,14-15).

Guardate avanti con fiducia e speranza. Non ci sono difficoltà umane che non possano essere superate con laboriosità, costanza e onestà. E soprattutto, con il ricorso all'Onnipotente che vi aiuterà, specialmente a vincere il male, quel male che degrada l'essere umano e danneggia la società.


Data: 1988-05-12 Data estesa: Giovedi 12 Maggio 1988





GPII 1988 Insegnamenti - Radiomessaggio al popolo peruviano - Bolivia