GPII 1988 Insegnamenti - Omelia alla Messa per gli agricoltori - Villarica (Paraguay)

Omelia alla Messa per gli agricoltori - Villarica (Paraguay)

Titolo: Le autorità pubbliche devono trovare una soluzione ai conflitti che vive oggi la società contadina

Testo:

"Il Regno di Dio è come un uomo che getta il seme nella terra" (Mc 4,26).


1. Dopo aver ascoltato queste parole della parabola di Gesù così suggestive per tutti i presenti, saluto cordialmente e do il benvenuto a tutti voi che partecipate a questa Eucaristia: il Vescovo di questa diocesi, i sacerdoti, i religiosi e le religiose, le autorità e tutte le famiglie, gli abitanti di queste terre e i cittadini di questa bella città di Villarrica, e anche tutti quelli che sono venuti da luoghi tanto lontani come Concepcion, che saluto con particolare affetto, da Pedro Juan Caballero, da San Pedro, da Hernandarias, da Puerto presidente Stroessner, o da località più vicine come Caaguazu, Arroyos e Esteros, Caazapa e San Juan Bautista de las Misiones". Rivolgo un saluto particolare al Pastore, al clero e ai fedeli della diocesi di Coronel Oviedo. Ma soprattutto desidero rivolgermi a voi, amati fratelli e sorelle contadini.

"Che corazoité güivé, po mo maitei opaité chokokué mba'apo hara pe" (Di tutto cuore vi saluto, contadini, lavoratori della terra).


2. Voi e le vostre famiglie sapete che cosa significa spargere la semente nella terra. Intuite forse, meglio di ogni altro, grazie alla vostra esperienza, ciò che Cristo vuol dire con la parabola del seminatore. Sapete anche che, "di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce" (Mc 4,27), mentre l'uomo che lo ha seminato dorme o veglia. Il seme cresce ed egli stesso non sa come. E' la terra che "produce spontaneamente, prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga" (Mc 4,28).

Cristo parla della terra che produce il frutto da sola, ma allo stesso tempo si riferisce al lavoro svolto dall'uomo. Infatti, il contadino, dopo aver seminato, resta in attesa di poter continuare il suo lavoro raccogliendone il frutto. "Quando il frutto è pronto, subito si mette mano alla falce, perché è venuta la mietitura" (Mc 4,29).


3. Le parole di Gesù indicano la somiglianza tra il vostro lavoro nei campi e il ministero del Regno di Dio. Per questo siete invitati a che, mentre state lavorando, vi sforziate nel trovare questo Regno al quale tutti siamo chiamati da Dio in Gesù Cristo. Il profeta infatti dice: "Cercate il Signore, mentre si fa trovare" (Is 55,6). Il lavoro nei campi e il contatto con la natura creano alcune condizioni favorevoli perché l'uomo possa avvicinarsi meglio al suo Creatore.

L'uomo, fin dal principio, fu chiamato da Dio a "soggiogare la terra e dominarla" (cfr. Gn 1,28). perciò il lavoro dei campi è il primo che gli viene affidato, come leggiamo nella Genesi. "Il Signore Dio prese l'uomo e lo pose nel giardino di Eden perché lo coltivasse e lo custodisse" (Gn 2,15). Era un lavoro semplice e piacevole, perché il Creatore aveva affidato alla cura dell'uomo "ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra e ogni albero in cui è il frutto, che produce seme" (Gn 1,29), e nello stesso giardino dell'Eden, Dio aveva fatto "germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, tra cui l'albero della vita in mezzo al giardino" (Gn 2,9).

In questo racconto "è iscritta molto profondamente questa verità fondamentale, che l'uomo, creato a immagine di Dio, mediante il suo lavoro partecipa all'opera del Creatore: è collaboratore del suo Creatore" (LE 25). Questa verità, che si riferisce a qualsiasi lavoro umano, per insignificante che appaia, si applica in modo speciale ai lavori dei campi.


4. Come non ricordare qui tante espressioni uscite dalle labbra di Cristo! La frequenza con cui paragona il Regno dei cieli a fenomeni, fatti o trasformazioni che possiamo vedere quasi ogni giorno nella natura! La conoscenza dei lavori agricoli che rivela con i suoi esempi! Gesù parla del lavoratore, della semina e della mietitura (cfr. Mc 4,26-29), dei gigli del campo e degli uccelli (cfr. Mc 6,25-34), della zizzania e del grano (cfr. Mt 13,24-30), del vino e dell'olio (cfr. Lc 16,1-12). Paragona se stesso alla vera vite e suo Padre al vignaiolo (cfr. Jn 15,1). E tuttavia quanto restano estranei per alcuni tutti i suoi insegnamenti! Si direbbe che, nella misura in cui gli uomini progrediscono nel soggiogare e nel dominare la terra, dimenticano ogni volta di più Dio, Creatore di questa e di ciò che essa contiene.

"Il Regno dei cieli si può paragonare a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma mentre tutti dormivano venne il suo nemico, semino zizzania in mezzo al grano e se ne ando" (Mt 13,24-25).

In questo campo seminato, che si riferisce alla vita, dono di Dio per ciascuno di noi, spunta spesso la zizzania, sparsa qua e là, dal nemico. Infatti voi ben sapete quali sono le conseguenze del peccato originale. Avete sperimentato la profonda verità che racchiudono quelle parole della Genesi: "Con dolore ne trarrai... il cibo per tutti i giorni della tua vita. Spine e cardi produrrà per te e mangerai l'erba campestre. Con il sudore del tuo volto mangerai il pane" (Gn 3,17-19). Quanto lavoro perché la semente gettata nella terra fruttifichi abbondantemente! Sradicare le erbacce, disboscare, incanalare le acque, lottare contro le calamità, tutti questi lavori esigono il vostro impegno per poter giungere al raccolto. Quanta fatica! Quante preoccupazioni e incertezze davanti al presente e al futuro! Perché, sebbene sia certo che questa terra fertilissima che Dio vi ha dato premia abbondantemente i vostri sforzi, quante volte coloro che lavorano non possono vederne i frutti! La mancanza di pace e di tranquillità di fronte all'incertezza per il futuro familiare o la mancanza di un adeguato sistema di previdenza sociale; l'intransigenza in fatto di salari e contrattazioni ingiuste e perfino gli scogli che bisogna superare per accedere alla proprietà, sono alcune delle moderne spine e dolori che aggravano le già difficili condizioni del vostro lavoro. A tutto ciò si aggiungono poi altri problemi: la commercializzazione dei vostri prodotti, i prezzi stabiliti dalle città, i problemi di politica commerciale a livello nazionale e internazionale. Insomma, gli interessi di tanti che, non tenendo conto delle esigenze del bene comune nè delle necessità ogni giorno più pressanti dei contadini, si prefiggono come unico obiettivo il guadagno ad ogni costo.

Molti concentrano tutti i loro sforzi nell'accumulare il maggior numero dei beni e considerano il diritto alla proprietà come qualcosa di assoluto, dimenticando che è "subordinato al diritto dell'uso comune, alla destinazione universale dei beni" (LE 14). Per questo dimenticano quell'avvenimento dell'apostolo Giacomo: "Ecco il salario da voi defraudato ai lavoratori che hanno mietuto le vostre terre grida; e le proteste dei mietitori sono giunte alle orecchie del Signore degli eserciti" (Jc 5,4); poiché si comportano come se mai dovessero rendere conto a Dio della loro amministrazione (cfr. Lc 16,2).


5. La soluzione di così numerosi problemi dei campi richiede la collaborazione solidale di tutti i settori della società. Oggigiorno il lavoro agricolo moderno è vincolato anche alle città, dove possono essere ostacolati o, al contrario, perfezionati i meccanismi economici e giuridici senza i quali la produzione dei campi, per quanto possa essere abbondante, continuerà a favorire soprattutto soltanto alcuni.

Per un sentimento di solidarietà e, ancor più, per un dovere di giustizia, le autorità pubbliche e tutti coloro la cui attività imprenditoriale o professionale è direttamente o indirettamente legata ai campi, devono sentirsi obbligati a cercare una soluzione ai conflitti che la società contadina della vostra terra vive attualmente. Lo sviluppo progressivo dell'industria, del commercio e dei servizi non deve gravare ingiustamente sul mondo agricolo. A loro volta, gli incrementi della produttività conseguiti in agricoltura, negli allevamenti e nei boschi, devono convertirsi in giuste retribuzioni e nel miglioramento della qualità della vita di tutti i lavoratori e delle loro famiglie. I piccoli produttori indipendenti dovrebbero poter contare, senza alcuna difficoltà, sulla possibilità di accedere liberamente a sistemi di commercializzazione e di trasformazione che non li danneggino.

Infine, è auspicabile che vengano prese le opportune misure affinché siano sempre più numerosi i lavoratori che possono accedere alla proprietà della terra. Ciò sarà senza alcun dubbio una garanzia di sviluppo e di stabilità sociale.

I valori propri del vostro carattere paraguayano sono profondamente radicati nella vita e nel lavoro agricolo: l'amicizia generosa, la prontezza nel condividere, la solidarietà verso i bisognosi, l'amore per la famiglia e il senso dell'esistenza. Ciò deve portare tutti gli abitanti di questo Paese a sentire in prima persona i problemi e i bisogni degli uomini dei campi.

"Chokokué mba'apo hara rupi, imbaratévaera opa ara ko pe ne reta Paraguay". (Grazie ai contadini, questa vostra patria che è il Paraguay diventerà grande e forte).


6. "Quanto il cielo sovrasta la terra tanto le mie vie sovrastano le vostre vie" (Is 55,9).

Dio continua ad aver fiducia nell'uomo; perciò il peccato e le sue conseguenze non annullano il comando del Creatore: "soggiogate la terra e dominatela" (Gn 1,28). Cristo annuncia e realizza mediante tutta la sua vita un autentico "Vangelo del lavoro". Il lavoro fisico, oltre ad essere un modo diretto, anche se non l'unico, di partecipare all'opera creatrice di Dio Padre, è chiamato ad essere una forma di collaborazione con Dio-Figlio nella redenzione dell'umanità. perciò la vostra fatica, amati contadini, il vostro sudore, le vostre inquietudini, non sono qualcosa di inutile. Sono per voi la croce di ogni giorno. Cristo vuole che lo aiutiate a portare la sua croce, che siate per lui come un altro Cireneo, "che veniva dalla campagna" (Mc 15,21) e prese sulle sue spalle la croce che Cristo portava.

Non pensate pero che aiutare Cristo a portare la croce attraverso il lavoro significhi semplicemente accettare con rassegnazione le difficoltà che incontrate. Sapete per esperienza che coltivare la terra è una continua sfida, poiché bisogna considerare un insieme di elementi naturali oltre che superare tanti ostacoli. Non è del tutto errato pensare che la soluzione almeno parziale di molti problemi che vi affliggono dipende anche da voi. Dovete vivere la solidarietà fra di voi, perché la solidarietà è una virtù cristiana che proviene dalla carità, segno distintivo dei discepoli di Cristo (cfr. Jn 13,35) e pertanto segno di unione con la sua croce (cfr. SRS 40).

Allo stesso tempo gli orizzonti di un'effettiva solidarietà fra voi sono immensi, come sono illimitate le esigenze dell'amore. Infatti la collaborazione con Dio consapevole e sottomessa attraverso il vostro lavoro implica non solo mettere tutto l'impegno nel coltivare i vostri poderi e appezzamenti, ma anche intelligenza e sforzo al servizio di un fecondo lavoro in comune. Dio vuole aiutarvi ma attende la vostra decisa adesione alla sua iniziativa. Se non la darete non vivrete pienamente come suoi figli e, senza rendervene conto, cederete alla pigrizia e al conformismo. Molte volte il desiderio di soluzioni assolute realizzate da altri può nascondere la fuga dall'impegno quotidiano ed intelligente.

"Ayeruré nandeyara ha tupasyme to me'e peémefe, esperanza y caridad pe mba'apo hagua hekope, nepytyvo yoaitépe, ha pe moi hagua pende atiyre, Jesucristo kurhzuicha, opaité pe ne quebranto ha pe ne mba'e rembipota". (Chiedo a Dio e alla Vergine Maria che vi siano concesse la fede, la speranza e la carità perché possiate lavorare in armonia, in intima solidarietà, come cristiani, gli uni per gli altri e perché carichiate sulle vostre spalle, a imitazione della croce di Cristo, tutti i vostri dolori e tutti i vostri grandi desideri).


7. "Cercate il Signore mentre si fa trovare, invocatelo mentre è vicino" (Is 55,6).

Cercate Dio nel vostro lavoro, nelle circostanze della vita quotidiana.

Cercatelo da quando vi alzate - molte volte prima che appaiano i primi raggi del sole - fino a quando, forse stanchi per il lavoro, vi concedete il meritato riposo. Cercate Dio nel lavoro ben fatto per potergli offrire qualcosa che sia degno di lui: il meglio delle vostre energie.

Nella celebrazione della Messa, il sacerdote offre il pane "frutto della terra e del lavoro dell'uomo" e il vino "frutto della vite e del lavoro dell'uomo". Assieme a questo pane e a questo vino potete offrire tutta la vostra giornata e le vostre vite: il lavoro e il riposo, il sonno e la veglia, le tristezze e le gioie. Tutto ciò, unito al sacrificio di Cristo sulla croce, acquista il suo valore più profondo, un valore corredentore.

"I miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie" (Is 55,8), dice Dio per bocca del profeta Isaia. Quando si perde la visione cristiana del lavoro, i piani dell'uomo non sono più conformi ai piani di Dio, i cammini dell'uomo non sono i cammini di Dio. Ma, continua a dire il profeta, "l'empio abbandoni la sua via e l'uomo iniquo i suoi pensieri; ritorni al Signore che avrà misericordia di lui e al nostro Dio che largamente perdona" (Is 55,7).

Il Signore vi sta sempre aspettando. Dio, "ricco in misericordia" è sempre disposto ad aiutarci. Ma perché questa "pietà divina" sia la vera fonte della pace per le anime, bisogna tornare "al Signore": l'uomo deve abbandonare "la sua vita" e entrare nelle "vie" di Dio. L'anima di ogni persona, come la "terra buona" (Mt 13,8) ha bisogno di continue cure per dar frutto. Bisogna seminare in essa il seme della parola di Dio; bisogna bagnarla frequentemente con i sacramenti che infondono la grazia - particolarmente con la Penitenza e l'Eucaristia -; bisogna estirpare la zizzania delle passioni sviate. Dovete coltivare la vostra anima - e le anime dei vostri figli - anche con più affetto di quello che mettete nel coltivare la terra: è il vostro lavoro più imporante e quello che darà più frutto. Non potete mai essere "caigüe" - pigri e apatici - nelle cose di Dio.


8. "Il Regno di Dio è come... un granellino di senapa che, quando viene seminato per terra, è il più piccolo di tutti i semi che sono sulla terra; ma appena seminato cresce e diviene più grande di tutti gli ortaggi e fa rami tanto gandi che gli uccelli del cielo possono ripararsi alla sua ombra" (Mc 4,26 Mc 4,31-32).

Ogni cristiano è chiamato a contribuire con la sua vita e con il suo lavoro allo sviluppo del Regno di Dio sulla terra. Nel Vangelo di oggi si paragona anche il Regno con il grano di senapa. In questa parabola possiamo riscontrare anche una similitudine con lo sviluppo della Chiesa, che, sin dai suoi modesti inizi, si ando estendendo tra tanti popoli, nazioni e Paesi. Nella vostra patria questo processo, iniziato ormai da cinque secoli, ebbe caratteristiche così particolari, come la stessa fecondità dei vostri campi e boschi.

Il Signore volle che i popoli guarani fossero la "terra buona" per la "semente" della parola divina. Fin dall'inizio della fondazione di Nuestra Senora de la Asuncion, nel 1537, i missionari poterono realizzare un intenso e ampio lavoro grazie alla buona disponibilita dei nativi ad apprendere le cose divine ed umane. Il Paraguay divenne un centro imporante di evangelizzazione e di civiltà, che guadagno meritatamente per la vostra città il titolo di "Madrede ciudades".

Prima che fosse trascorso un secolo da quella fondazione i "criollos" e i "guarani" di Asuncion avevano portato la fede e lo sviluppo dai lontani fiumi dell'Amazzonia fino alle Ande. In quei primi secoli, sacerdoti, religiose e catechisti mostrarono al mondo il potere del Vangelo quando la sua semenza cade in "terra buona". La vostra fede crebbe e si irrobusti come i vostri "tayis e ibirapytas", e diede frutti di santità come san Roque Gonzàlez de Santa Cruz, mantenendosi salda nonostante le avversità che il vostro popolo dovette affrontare.


9. Ora spetta a voi continuare questo lavoro per far si che quel piccolo seme (cfr. Mc 4,31), produca "rami tanto grandi che gli uccelli del cielo possano ripararsi alla sua ombra" (cfr. Mc 4,32). Questo è compito di tutta la Chiesa, nell'ambito della quale il lavoro dei laici ha un posto preminente. Siete voi, amati laici, che dovete permeare di senso cristiano tutte le attività temporali, i campi e la città, l'industria e il commercio, la politica, la cultura e tutta la vita sociale. Questa è la vostra missione: "permeare e perfezionare l'ordine delle realtà temporali con lo spirito evangelico" (AA 5).

Al laico che sente vivamente nel suo intimo la necessità dell'apostolato si possono applicare le parole del profeta: "l'ho costituito testimonio tra i popoli" (Is 55,4). Voi, laici, dovete esercitare questo meraviglioso lavoro in primo luogo con la coerenza della vostra vita - testimonianza della presenza di Cristo tra gli uomini -, in modo che vedendo "le vostre opere buone, rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli" (Mt 5,16).


10. La Parola di Dio nella liturgia di oggi si riferisce in modo particolare a quanti lavorano nei campi. così leggiamo nel libro del profeta Isaia: "Come infatti la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza aver irrigato la terra... così sarà della parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto" (Is 55,10-11).

Isaia parla della fertilità della terra, che dipende anche dalla pioggia. La gente che lavora nei campi sa quanto è imporante ciò che ci ha detto il profeta. Oltre che alla fertilità della terra, la liturgia di oggi ci fa pensare alla fertilità delle anime. Quando discende su di essi la parola di Dio, come quando cade la pioggia sulla terra, bisogna aspettare che questa Parola produca i frutti adeguati.

Amati fratelli e sorelle! Tutti voi, che oggi ascoltate il successore dell'apostolo Pietro e, in particolare, voi che lavorate i campi! Prego con fervore Cristo, Buon Pastore perché questa parola che ho potuto pronunciare davanti a voi non rimanga "senza frutto", ma produca molto frutto nella vostra vita e in tutta la società paraguaiana.

"Cercate il Signore... invocatelo mentre è vicino... Quanto il cielo sovrasta la terra tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri" (Is 55,6-9). Amen.


Data: 1988-05-17 Data estesa: Martedi 17 Maggio 1988




L'incontro con gli indios nella Missione di "Santa Teresita" - Mariscal Estigarribia (Paraguay)

Titolo: I paraguayani devono collaborare all'integrazione dei loro fratelli indigeni nella comunità nazionale

Testo:

Amatissimi fratelli indigeni del Paraguay


1. "Yma güivéma, aimesé pendendivé. Ha péina aga, aimema pendeapytépe". (E' da molto tempo che desideravo trovarmi fra voi ed ora, finalmente, sono arrivato).

Da questa Missione di "Santa Teresita", desidero rivolgermi ai "nivaclé, guaranies occidentali e guaranies nandeva; ai lengua, sanapana, angaité, toba maskoy, guana, manjui, toba qom, maka, ayoreo; ed agli aché, mbyà apyteré, ava chiripa e pai tavytera". So che per molti di voi arrivare a questo incontro con il Papa ha richiesto un grande sforzo, perché avete dovuto attraversare le immense pianure del Chaco paraguayano. Mi commuove questo sacrificio che ci permette di stare oggi tutti insieme. Che il mio saluto giunga anche ai chaquenos ed ai popoli indigeni, tanto a quelli nati in questa terra come a quelli che sono venuti da altri luoghi per abitare e lavorare questa terra.

Mi rivolgo inoltre a tutti i vostri fratelli che sono venuti da altre parti del continente americano: a quelli che vengono dalla Bolivia e dal Brasile. Vi prego di portare anche il mio saluto di gioia e di pace nel Signore, a tutti i vostri villaggi e famiglie. Saluto anche i vostri Pastori, i sacerdoti, i missionari, le missionarie e i catechisti, soprattutto quelli della diocesi di Benjamin Aceval e del Vicariato apostolico del Chaco paraguayano. Ringrazio tutti per l'affetto e la bontà che mi avete manifestato.


2. Si sta avvicinando il grande avvenimento del V centenario della evangelizzazione dell'America. Questa data, che è motivo di gioia per tutta la Chiesa, lo è soprattutto per voi. Dio "vuole che tutti gli uomini siano salvati ed arrivino alla conoscenza della verità" (1Tm 2,4). perciò affido ai suoi apostoli e a tutta la Chiesa la missione di andare a fare discepoli fra tutte le genti, battezzandole nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo e insegnando loro ad osservare i suoi comandamenti (cfr. Mt 28,19-20). Seguendo questo comandamento di Cristo, per cinque secoli sono giunti qui uomini e donne, spinti da un grande amore per Dio e per gli abitanti di queste meravigliose terre, senza altro fine se non quello di diffondere la luce della fede e promuovere la nuova vita, la vita della grazia nei loro cuori.

Attraverso la fede l'uomo arriva ad una conoscenza più piena di Dio e acquista anche una dimensione più profonda della propria dignità come persona, che è comune a tutti gli uomini. Infatti, come ci insegna il Concilio Vaticano II, "tutti gli uomini, dotati di un'anima razionale e creati ad immagine di Dio, hanno la stessa natura e la medesima origine; e poiché da Cristo redenti, godono della stessa vocazione e del medesimo destino" (GS 29). In virtù di questa comune origine, siamo tutti uguali nella dignità, senza distinzione di razza, lingua o nazione. Non vi è più, come dice l'Apostolo, nè ebreo, nè greco, nè barbaro (cfr. Col 3,11), perché siamo tutti stati chiamati ad essere "familiari di Dio" (Ep 2,19).

Questo fatto originario, che siamo tutti usciti dalle mani di Dio, comporta enormi conseguenze per la persona, come individuo e come famiglia umana.

La prima è che siamo tutti fratelli perché abbiamo uno stesso Padre: Dio. Pensate, carissimi abitanti di queste terre, ciò che deve significare per le vostre vite ed il vostro comportamento professare che realmente siete fratelli, membri di una sola famiglia.

Questi vincoli strettissimi sul piano della natura sono stati definitivamente confermati da Cristo, che ci permette di condividere la nuova vita della grazia che egli ha conquistato per noi sulla croce e che ci fa essere parte del popolo eletto di Dio. La fratellanza che deve regnare nel genere umano deve portare infatti ad una collaborazione e solidarietà fra tutti gli uomini ed i popoli, che permetta lo sviluppo di tutti, rispettando le caratteristiche di ciascuno (cfr. SRS 33).


3. L'uomo è superiore a tutte le altre creature della terra, perché è capace di conoscere e amare Dio. Per questo non può lasciarsi trascinare dagli istinti, poiché la sua condizione di figlio di Dio lo deve indurre a comportarsi in maniera conforme a tale dignità, osservando i dieci comandamenti dati da Dio a Mosè (cfr. Ex 20,1-17) e che Cristo ha elevato e perfezionato con il nuovo comandamento dell'amore (cfr. Jn 13,34).

Ciononostante, la nostra coscienza e la nostra esperienza ci mostrano un fatto doloroso, e cioè che esiste dentro di noi un'inclinazione al peccato, una tendenza verso modi di vivere che si oppongono alla legge di Dio ed al volere divino. perciò ciascuno dovrà esaminare approfonditamente se stesso per scoprire quello che nella vita e nel comportamento personale si oppone alla sua condizione di figlio di Dio e fratello del suo prossimo.

Per osservare i comandamenti della legge di Dio, vincendo in tal modo le inclinazioni al male, disponiamo dell'aiuto della preghiera. Venite, dunque, al Signore con fiducia, nella consapevolezza che egli è particolarmente vicino a voi.

Insegnate anche ai vostri figli a rivolgersi a "Nandeyara" - nostro Padre Dio - con le semplici preghiere che sin dalla tenera età avete imparato: specialmente con il "Padre nostro", la preghiera che Gesù stesso ci ha insegnato (cfr. Mt 6,9-13). Invocate spesso "Tupasy" - la Vergine santissima -, Madre di Gesù e madre nostra, pregando l'"Ave Maria", che le è molto gradita; ella vi incoraggerà a compiere la volontà del suo divin Figlio osservando la santa legge di Dio.

I sacramenti sono la fonte della grazia divina da cui riceverete le forze, per superare le debolezze proprie della condizione umana. Il Signore nella sua bontà ha previsto questi aiuti per soccorrerci in ogni momento del nostro pellegrinaggio terreno. Infatti, il Battesimo ci rinnova come figli di Dio e ci rende parte della Chiesa. Nell'Eucaristia, Cristo si offre al Padre per la salvezza del mondo e si offre a noi come alimento della vita eterna (cfr. Jn 6,51). Attraverso il sacramento della Riconciliazione, Gesù come il Buon Pastore che cerca la pecora smarrita (cfr. Lc 15,4-7), va incontro al peccatore per guarirlo dalle sue ferite, cioè, dalle sue mancanze, mediante l'assoluzione del sacerdote.

L'unione fra l'uomo e la donna è stata santificata da Cristo nel sacramento del matrimonio. In esso, gli sposi si uniscono indissolubilmente per costituire una comunità di vita e d'amore (cfr. GS 48) e dar vita a una famiglia. Nel suo seno nascono i figli, frutto dell'amore dei genitori, che compiono la volontà di Dio e collaborano in questo modo al suo potere creatore.

Questo sacramento vi dà la grazia necessaria per accrescere l'amore, conservare la fedeltà ed educare i vostri figli ad essere uomini onesti e buoni cristiani.

Consapevoli della dignità del matrimonio e della famiglia, dovete respingere quei comportamenti che si oppongono agli insegnamenti di Cristo ed alla vera felicità coniugale.


4. L'insieme di questa verità della dottrina cristiana sulla preghiera e i sacramenti viene acquisito ed approfondito nella catechesi. Per questo, vi chiedo, cari fratelli indigeni, di dedicare tutti i vostri sforzi a conoscere meglio i fondamenti della vostra fede cattolica partecipando assiduamente ai gruppi di catechesi e meditando sugli insegnamenti di Gesù nel Vangelo.

L'evangelizzazione delle vostre comunità raggiungerà la sua piena maturità quando saranno molti i sacerdoti che provengono dalle vostre stesse famiglie. Non tralasciate dunque di pregare affinché il Signore chiami molti dei vostri figli e figlie al sacerdozio ed alla vita religiosa. Non tralasciate di invitare i giovani ad ascoltare l'appello di Dio e a dedicare la propria vita al servizio di Dio in mezzo ai loro fratelli.

Cristo è "la luce vera, quella che illumina ogni uomo" (Jn 1,9). La fede cristiana che avete ricevuto nel Battesimo è questa luce che illumina le vostre vite e guida le vostre comunità.

La fede, se è genuina, deve caratterizzare sempre più gli autentici valori tradizionali che si sono formati nel corso dei secoli e che costituiscono l'anima delle vostre culture; infatti la fede in Gesù Cristo è anche "un elemento decisivo per quel progresso civile ed umano che tanta importanza riveste per l'esigenza e per lo sviluppo di ogni nazione e di ogni Stato" ("Euntes in Mundum", 5). Infatti, la Chiesa ha sempre posto una cura particolare perché il messaggio cristiano sia espresso con i concetti e nella lingua di ciascun popolo. In Paraguay avete, fra i tanti, l'esempio di padre Luis Bolanos che ha tradotto in guarani il Catechismo del Concilio di Lima del 1583. "La Chiesa - ricorda a questo proposito il Concilio Vaticano II - nulla sottrae al bene temporale di qualsiasi popolo, ma al contrario favorisce ed accoglie tutte le risorse, le ricchezze, le consuetudini dei popoli, nella misura in cui sono buone, e accogliendole le purifica, le consolida e le eleva" (LG 13).


5. Ho ascoltato da voi la testimonianza dei grandi problemi che vi affliggono.

Conosco le difficoltà e le sofferenze che hanno affrontato i vostri padri nel passato ed anche quelle che incontrate voi al presente. Nella vita delle vostre comunità sono frequenti gli stati di povertà, di malattia e persino la mancanza di ogni assistenza sociale. Ciononostante, non servirebbe a nulla cedere allo sconforto. La fede deve quindi condurvi a vedere tali realtà in una nuova prospettiva. Ricordate l'esempio di Gesù, particolarmente vicino a tutti coloro che soffrono: la sua vita di lavoro povero ed umile, le sue parole di conforto agli stanchi e agli oppressi (cfr. Mt 11,28-30), il suo incoraggiamento alla speranza per "quelli che hanno fame e sete della giustizia" (cfr. Mt 5,6) e per "gli operatori di pace" (cfr. Mt 5,9).

I vostri desideri di promozione integrale sono giusti. Innanzitutto volete essere rispettati come persone e che siano riconosciuti e tutelati i vostri diritti, sia umani che civili. Conosco i gravi problemi che vi affliggono; soprattutto per quel che riguarda il possesso di terre e i titoli di proprietà.

perciò mi appello al senso di giustizia e umanità di tutti i responsabili, perché siano favoriti i meno abbienti. Sin dagli inizi dell'evangelizzazione in queste terre, la Chiesa ha difeso la libertà e la dignità degli indigeni, dei cui diritti i missionari sono stati spesso portavoce contro gli abusi cui a volte i vostri antenati erano sottoposti. Volete anche essere protagonisti dello sviluppo dei vostri popoli e chiedete il rispetto per le vostre culture, e per le libere decisioni che prendete. Desiderate al tempo stesso una promozione a livello economico ed umano, che favorisca il vostro progresso, attraverso una educazione che sappia coniugare ed integrare i vostri valori tradizionali con i progressi del mondo moderno. Da parte mia esorto ed esortero sempre, quale Pastore della Chiesa, tutta la società paraguayana a proseguire la grande sintesi interculturale realizzata cinque secoli fa ad Asuncion e nelle regioni dei fiumi Parana e Uruguay e che fu un modello per il mondo. Desidero rivolgere anche un appello alla solidarietà (cfr. SRS 40) a tutti i paraguayani di buona volontà affinché, senza cadere nell'egoistica indifferenza, collaborino al compito dell'integrazione dei loro fratelli indigeni nella comunità nazionale. perciò incoraggio gli sforzi che sono stati realizzati e che ancora si compiono per raggiungere questa meta desiderata.


6. La Parola di Dio che abbiamo appena ascoltato, presa dalla lettera dell'apostolo Paolo ai Romani, ci diceva: "Accoglietevi perciò gli uni agli altri come Cristo accolse voi, per la gloria di Dio" (Rm 15,7). L'Apostolo ci invita ad accoglierci gli uni gli altri, ad essere comprensivi reciprocamente, a creare fra tutti un clima di convivenza pacifica. Infatti, la pace è un grande valore per l'uomo: Cristo risorto saluta i suoi discepoli dando loro la pace (cfr. Jn 20,19).

Essa è un bene imprescindibile per lo sviluppo dei vostri popoli. La violenza, invece, non è la via per risolvere i problemi, perché offende Dio, chi la soffre e chi la pratica.

Ciononostante, l'esortazione dell'Apostolo non è un invito alla passività, bensi al lavoro ordinato e costante, volto a superare le divisioni storiche e culturali che, dentro e fuori le vostre comunità, potrebbero rendere difficili la convivenza e la pace.

Non bisogna dimenticare, d'altronde, che le ricchezze culturali che avete ereditato dai vostri antenati non possono essere motivo per chiudersi "in uno sterile isolazionismo" ("Puebla", 424), come hanno messo in guardia i Vescovi latinoamericani a Puebla. Nel rispettare tutti i valori culturali di ciascuno, ricordate sempre che la mancanza di "forme strutturate di istruzione, di scrittura e di certe abilità ed abiti mentali sono condizioni che emarginano e che mantengono in situazione di svantaggio" ("Puebla", 1015).


7. "Sono anch'io convinto... - ci dice san Paolo nella lettera ai Romani - che voi pure siete pieni di bontà, colmi di ogni conoscenza e capaci di correggervi l'un l'altro" (Rm 15,14).

In tutta quest'opera di evangelizzazione, che contiene anche una efficace premura in favore della promozione umana, è fondamentale il lavoro dei catechisti. E' il Signore che, attraverso i Vescovi, li invia alle vostre comunità per cooperare nella missione che egli ha affidato alla sua Chiesa e di insegnare il Vangelo a tutte le nazioni (cfr. Mt 28,19-20).

Cari catechisti: continuate ad andare avanti con vera dedizione e generosità e non perdetevi d'animo in questa encomiabile opera. Il Signore accende e ravviva la fede in coloro che vi ascoltano, attraverso la testimonianza della vostra vita cristiana e dell'insegnamento sistematico e costante della dottrina di Gesù. L'opera che realizzate è particolarmente importante in quei luoghi dove i fedeli si vedono forzosamente privati della presenza del sacerdote durante lunghi periodi di tempo. Ricade, allora, fondamentalmente su di voi la missione di evangelizzare, per cui avete bisogno di una preparazione dottrinale adeguata e di una solida vita spirituale.

Che l'insegnamento e la diffusione della dottrina di Cristo tra gli indigeni sia anche accompagnata dalla vostra preoccupazione per la promozione umana di queste comunità. L'esempio della vostra carità cristiana - manifestantesi in opere concrete in favore di questa promozione - sarà un modo efficace di incoraggiare fra di loro la pratica della fede, perché vedranno nelle vostre vite un fedele riflesso della dottrina che insegnate.


8. Desidero rivolgere adesso la mia parola agli abitanti non indigeni di questa terra, molti dei quali immigrati dall'Europa centrale. E' noto che, con costanza e tenacia ammirevoli, state ponendo le basi economiche e una accogliente dimora per le vostre famiglie, contribuendo contemporaneamente al progresso di questa nazione.

L'uomo sin dall'inizio della creazione è stato creato da Dio per sottomettere la terra e dominarla (cfr. Gn 1,28). Particolarmente nei lavori agricoli l'uomo si sente collaboratore del Creatore. In essi si uniscono il lavoro del contadino e il dono di Dio, la terra. Per questo, quanto più sottomette e domina la terra, tanto più l'uomo deve avvicinarsi a colui che gli ha donato tutti i beni che essa contiene.

E' necessario che le vostre preoccupazioni non vi portino a dimenticare gli obblighi di ogni cristiano verso Dio, nostro Padre. Celebrate la domenica, giorno del Signore, osservando il precetto domenicale. Non trascurate l'educazione cristiana dei vostri figli, ma dedicate ad essa, così come a tutti gli altri aspetti della loro formazione, il tempo necessario.

Il lavoro contadino porta con sé abitudini e modi di vita di grande valore umano: suscita la solidarietà con i più bisognosi, dispone gli animi a condividere i beni ed è fonte di amicizia, di amore familiare e di pace.

Contemporaneamente vi spinge a vincere l'isolamento e a stringere amichevoli e sempre più stretti contatti con i fratelli indigeni.

Nel vostro noto impegno per migliorare le condizioni di vita di questi popoli, è sempre prezioso il rapporto con i cristiani non cattolici che lavorano in questi luoghi.

Anche ad essi desidero rivolgere il mio saluto e la mia parola. Come ho ricordato nella mia ultima enciclica, il dovere di impegnarsi nello sviluppo dei popoli è un dovere per tutti e per ognuno degli uomini e donne, "in particolare per la Chiesa cattolica e per le altre Chiese e comunità ecclesiali con le quali siamo pienamente disposti a collaborare in questo campo" (SRS 32). Spero che questa cooperazione aumenti e sia ogni giorno più feconda in questo Paese.

"Pohayhu che corazö mbytetéguivé che hermano kuéra. Aikua 'à pende kaneo; anandu pendé angata; aimé penendivé. Nandajara pendé rayhu; Te pendé rovasa. Ta pendé membareté. Pe joaju, peiko poravé hagua Pejoayhuke Nandejara Jesucristo Oipotahaicha".

(Vi amo di tutto cuore cari fratelli. Conosco le vostre fatiche; partecipo alle vostre amarezze; sono con voi. Dio vi ama; egli vi benefica. Vi dia forza. Unitevi per poter vivere meglio. Amatevi gli uni gli altri come Gesù Cristo desidera).


9. Cari fratelli: con profonda gioia sono stato oggi con voi. Al termine di questo incontro che ha luogo in un anno mariano, rivolgiamo il nostro sguardo verso "Tupasy'", verso Maria, Madre di Dio e madre nostra: - a lei che loda il Signore perché effonde la sua misericordia di generazione in generazione e - spiegando la potenza del suo braccio - innalza gli umili (cfr. Lc 1,46-55); - a lei, che è causa della nostra gioia, consolazione degli afflitti, aiuto dei cristiani; - a lei ricorriamo perché "il Dio della speranza vi riempia di ogni gioia e pace nella fede perché abbondiate nella speranza per la virtù dello Spirito Santo" (Rm 15,13).

Così sia.


Data: 1988-05-17 Data estesa: Martedi 17 Maggio 1988





GPII 1988 Insegnamenti - Omelia alla Messa per gli agricoltori - Villarica (Paraguay)