GPII 1988 Insegnamenti - Al termine del discorso con le autorità e la cittadinanza - Modena

Al termine del discorso con le autorità e la cittadinanza - Modena

Titolo: La grande opera di Giovanni XXIII per la Chiesa e per il mondo

Testo:

Volevo approfittare di questa ora serotina per ricordare che oggi, 3 giugno 1988, sono 25 anni dalla morte del Papa Giovanni XXIII. E' una data che appartiene già alla storia della Chiesa, alla storia della vostra terra, appartiene anche un po' alla nostra vita perché tanti fra noi ancora ricordano bene Papa Giovanni, ricordano la sua bontà, il suo genio umano e cristiano e la sua grande opera per la Chiesa e per il mondo.

Volevo che questa giornata non passasse senza un altro ricordo della sua persona; già stamane lo avevo ricordato celebrando la Messa presso la sua tomba nella Basilica Vaticana.

A tutti i presenti come anche a tutti i modenesi voglio offrire una benedizione, nel nome del Padre, del Figlio, e dello Spirito Santo.


Data: 1988-06-03 Data estesa: Venerdi 3 Giugno 1988




Nella Cattedrale - Modena

Titolo: "San Geminiano, san Silvestro Papa, dal cielo benedite questa Chiesa per la quale avete lavorato e sofferto"

Testo:

San Geminiano, padre della fede di questo forte e generoso popolo, il successore di Pietro oggi ti rende pubblico omaggio ed eleva a te il ringraziamento per aver trovato qui sempre viva ed operante la tua opera evangelizzatrice.

La fiamma che simbolicamente ho acceso resti come luce per il cammino di questa tua gente, perché non soccomba nei pericoli e nelle tenebre del male.

Silvestro Papa, compatrono di questa Chiesa modenese-nonantolana, sostenga i nostri voti! O santi patroni, rafforzate la nostra fede, alimentate la nostra speranza, fateci vivere nell'amore.

In questo anno mariano il vostro esempio e la vostra intercessione ci guidino a Maria, che ci precede come il più alto modello della santità, alla quale tutti siamo chiamati.

Dal cielo benedite questa Chiesa per la quale avete lavorato e sofferto; benedite il suo pastore, il Capitolo della Cattedrale e l'intero presbiterio diocesano, i religiosi, le religiose e tutte le anime consacrate; benedite il popolo cristiano, specialmente i piccoli, i poveri, gli ammalati.

Benedite! E con la vostra intercessione fate si che quanti quaggiù v'invocano come patroni possano un giorno, insieme con voi, godere della beatificante visione di Dio, nella patria del cielo!


Data: 1988-06-03 Data estesa: Venerdi 3 Giugno 1988




Alle comunità dell'Università dell'Accademia Militare e delle scuole cittadine - Modena

Titolo: Perchè la scienza abbia come scopo il bene dell'uomo occorre che sia animata dalla cultura morale

Testo:

Illustri docenti! Cari studenti dell'Università, dell'Accademia Militare, e delle altre scuole di Modena!


1. Vi rivolgo il mio saluto cordiale e il mio vivo ringraziamento per questo incontro così significativo e così importante nel corso del mio pellegrinaggio a Modena. Incontro importante perché mi permette uno scambio di idee sul rapporto educativo e sul cammino verso la maturità, a cui mira la scuola al fine di elevare gli animi ai grandi ideali umani, spirituali e sociali.

Oggi infatti l'educazione e la scienza che la illumina e la sostiene, ossia la pedagogia, sono nobili attività, che acquistano un grande valore per l'uomo e il futuro delle istituzioni, preposte all'elevazione morale e spirituale della gioventù.

Attraverso l'educazione, l'individuo giunge alla capacità di orientarsi alla verità e al bene; approda cioè all'autonomia della sua persona, all'arte d'inserirsi come soggetto d'iniziativa e di cultura nel proprio ambiente, al possesso di quelle virtù umane, morali e religiose, che costituiscono la struttura spirituale dell'uomo maturo.

L'educazione è un atto di carità dell'uomo verso l'uomo: dei genitori verso i figli, degli insegnanti verso gli alunni, degli adulti verso i minori. Gli educatori hanno perciò il dovere di conoscere i processi psicologici delle varie età per adeguare la loro azione alle capacità ricettive e assimilative dei singoli per servire meglio la crescita dei figli o degli alunni.

Per questo gli educatori devono coltivare il proposito di progredire in continuazione assieme agli alunni, di essere modello di vita al fine di favorire una condotta ispirata agli ideali di vita coerente ed impegnata, da essi perseguiti. Anche i discepoli hanno il dovere di cooperare all'azione educativa, esprimendo rispetto e gratitudine per quanti operano nella scuola: sentimenti che sono dovuti dagli alunni per giustizia agli insegnanti, così come dai figli ai genitori. E' questo un dovere che tutti i ragazzi devono scoprire, via via che avanzano verso l'età adulta. I docenti introducono gli alunni nella conoscenza della verità e del bene. Essi hanno il compito di restare punto di riferimento dei giovani e devono incrementare le attitudini nascenti, non mortificarle; orientare alle virtù e non ostacolarne il possesso.


2. L'educazione comincia in famiglia. Occorre aiutare i genitori ad acquisire la preparazione necessaria e a trovare il tempo indispensabile per poter educare i figli. Alla Chiesa, come alla società civile, compete il difficile compito di illuminarli sui loro diritti-doveri, inalienabili e insopprimibili.

L'educazione familiare deve muovere bene i primi passi sin dall'infanzia, perché possa poi svolgersi in modo ordinato nella fanciullezza, nella preadolescenza e nell'adolescenza. Ognuna di queste età, infatti, mentre è condizionata dalla precedente, prepara la seguente.

I genitori non bastano, pero, da soli a far fronte alle molteplici esigenze educative, rese oggi sempre più complesse. Necessitano di altre istituzioni: la Chiesa, la scuola, i gruppi e le associazioni giovanili.

La scuola è venuta assumendo un'importanza centrale nella società postmoderna, anche perché chiamata a fornire le specializzazioni tecniche e scientifiche necessarie all'esercizio delle varie professioni. Una società protesa al bene dei cittadini favorisce con tutti i mezzi sia la scuola di Stato sia la scuola libera, a garanzia delle libertà democratiche e del pieno soddisfacimento delle necessità presenti e future delle generazioni che salgono.

Compito della scuola è la formazione dell'uomo. Essa perciò deve sviluppare negli alunni capacità di riflessione ed attitudini di pensiero riguardanti non soltanto la scienza, ma anche i valori umani ed etico-religiosi, senza i quali si istruisce, ma non si educa la persona.

Quando la scuola accentua, in forma unilaterale, il momento dell'istruzione a danno di quello dell'educazione, danneggia gli alunni.

Questi hanno il diritto di essere preparati non solo al lavoro e alla professione, bensi anche alla capacità d'interpretare i problemi della società e della storia, della vita personale e collettiva, in responsabile autonomia di giudizio.

Ciò vale in particolare per la scuola cattolica, che ha Cristo come fondamento del suo progetto educativo. Essa deve quindi aiutare gli alunni a trovare nella persona, nell'opera e nelle parole di Cristo la pienezza dei valori indispensabili per la loro formazione integrale.


3. La scuola deve assolvere anzitutto ai compiti dell'istruzione obbligatoria: un arco di tempo che, in Italia, si estende dai sei ai quattordici anni. E' un periodo importante, nel quale i fanciulli e i preadolescenti s'incontrano con gli insegnanti, maestri e professori, per apprendere i beni essenziali della cultura, necessari per inserirsi nella società. Insieme, fanno un cammino delicato, ma proficuo, in cui i docenti, attraverso un impegno e una riflessione che non hanno mai fine, si fanno guida sapiente e paziente degli alunni.

In questo periodo s'incontrano due libertà: quella matura degli insegnanti e quella in via di formazione dei discepoli. Esse devono dialogare ed intendersi, superando le difficoltà reciproche per raggiungere una sintonia di intenti e di propositi. L'autorità dell'adulto, che gli deriva dai valori che impersona, è un'autorità di servizio, che sa gradualmente ritirarsi a mano a mano che il soggetto interiorizza quei contenuti, che il docente gli va presentando.

La libertà dell'alunno, per rafforzarsi ad accrescersi, necessita dell'azione liberatrice dell'educatore, senza la quale non progredisce a quei livelli di sufficiente maturità, a cui dovrebbe giungere. Tra autorità e libertà non esiste, quindi, un rapporto necessariamente conflittuale. Se esso esplode, significa che l'una o l'altra sono degenerate in autoritarismo o in libertarismo, che ostacolano qualsiasi progresso educativo.

La scuola rende più efficace il proprio lavoro formativo con la collaborazione della famiglia attraverso idonei organismi, in ordine soprattutto ai contenuti essenziali del progetto educativo. Occorre che genitori e insegnanti s'incontrino e imparino a dialogare nel supremo interesse dei figli o alunni.

Bisogna capire il rapporto scuola-famiglia nelle sue istanze profonde, difenderlo dalle possibili deviazioni, rafforzarlo nelle motivazioni formatrici e renderlo efficace negli esiti concreti.


4. Alla scuola dell'obbligo fa seguito quella dell'adolescente, la quale avvia ad un lavoro qualificato o prepara agli studi universitari.

A questa età, meglio che in quelle precedenti, si coglie il valore della presenza dell'adulto come punto di riferimento per l'alunno.

L'adolescente, infatti, matura tutte le capacità della sua intelligenza: si fa riflessivo, scopre il mistero della persona, coglie la problematicità della sua esistenza, si accorge delle tensioni esistenti nella società, prende consapevolezza della provvisorietà della propria vita, si rapporta a Dio in termini più personali, diventa capace di progetto e imposta un'azione sistematica per attuarlo, intuisce le meraviglie del mondo interiore. Ogni azione educativa, quindi, comporta anche la conoscenza dei valori religiosi e morali, che sono fondamento essenziale della crescita umana.

L'adolescente si affaccia così stupito a contemplare la straordinaria ricchezza della vita: ne è meravigliato, ma anche confuso. Per questo, certe sue forme d'insubordinazione e di contestazione nascondono l'incompiutezza e la fragilità della sua età e manifestano la necessità di una guida che sappia comprendere le sue esigenze e rispondere ad esse in modo adeguato.

La scuola richiede pertanto insegnanti capaci d'introdurre gli adolescenti nelle nozioni tecnico-scientifiche delle varie discipline, ma al tempo stesso idonei ad impostare una formazione rispettosa della singolarità della persona e stimolatrice di responsabile e creativa partecipazione.


5. L'adolescente, che continua gli studi, alle soglie della giovinezza entra all'università, in cui s'introduce ai vari campi del sapere, dà vita al proprio progetto professionale, saggia le proprie capacità ed attitudini.

Negli studi universitari i giovani, attraverso il magistero e la testimonianza dei professori, scoprono che la scienza e la cultura sono a servizio dell'uomo. Ricerca e scoperta scientifica, frutto dell'intelligenza umana, devono contribuire a rendere la vita delle persone più sicura e più degna. Tutto infatti è per l'uomo, nulla contro l'uomo: questi è il valore più alto nell'ordine del creato visibile. L'uomo è un fine a cui tutto va sottoposto. Se diventa strumento della scienza, perde la propria dignità, diventa oggetto, si trasforma in cosa nelle mani delle potenze di questo mondo.

Perché i progressi nei vari settori della scienza abbiano sempre come scopo il bene dell'uomo e l'incremento della vita dal concepimento alla morte naturale occorre che siano animati dalla cultura morale. Ciò non significa un limite per l'intelligenza umana, bensi un aiuto perché dal suo interno intravveda ciò che la esalta e la nobilita.

Durante gli studi universitari i giovani vanno formati a capire che oltre le verità scientifiche, razionalmente descritte e comprovate, ve ne sono altre di ordine morale e religioso alle quali l'uomo è chiamato ugualmente ad aprirsi con la sua intelligenza. Sono gli stessi professori che, con la loro maturità culturale, possono essere di valido aiuto ai giovani nella progressiva scoperta della consonanza che esiste tra gli assiomi della scienza e quelli della religione.

In tal modo, i giovani apprenderanno, con grande loro vantaggio, che scienza e fede sono due universi tra i quali sussiste, pur nella diversità, un'armonia profonda, feconda di stimoli per l'una e per l'altra, apportatrice di luce per la cultura e di sostegno per l'uomo nella vita quotidiana.

Illustri docenti e cari studenti! Vi auguro ogni successo in questa ardua, ma gratificante ricerca della verità. Non vi scoraggino le difficoltà e non vi arrestino le incomprensioni. Non disperate mai della verità: continuate a cercare, se ancora non l'avete trovata.

Il raggiungimento del traguardo compenserà largamente la fatica del cammino. Da parte mia, prego Iddio perché vi sia largo di luce e di sostegno e vi conceda la gioia della verità, il "gaudium de veritate", di cui parlava Agostino: di quella verità che trova la sua pienezza in Cristo.

Accompagno questi miei pensieri e questi miei voti con la mia benedicente invocazione al Signore, perché assista e conforti il vostro impegno.

[Al termine del discorso il Santo Padre ha così improvvisato:] Vorrei fare un'osservazione: avete scelto molto bene l'ambiente in cui si svolge questo incontro. Si tratta della chiesa di sant'Agostino. Il santo patrono, sant'Agostino, certamente dice tanto non soltanto agli scienziati della filosofia e della teologia, ma a tutti i rappresentanti della cultura e non solamente ai cristiani ma anche agli altri, perché, certamente, egli era un genio, un genio dell'intelletto, della conoscenza, ma nello stesso tempo un genio dell'amore. Queste due forze costituiscono l'insieme dell'uomo, della sua personale struttura, della sua trascendenza, della necessità quasi innata, o connaturale, alla umanità di andare fuori, di trascendere cioè se stessa; e fuori vuole dire andare verso la verità, andare verso il bene ed ancora verso l'uno e altro nel senso di ricerca dell'Assoluto. Tutto questo appartiene alle "scoperte" di sant'Agostino, come anche della tradizione filosofico-teologica cristiana in genere. Se si prende in considerazione tutto ciò allora si vede facilmente che l'uomo non può essere, definito in altri termini da quelli con i quali è luminosamente definito nel libro della Genesi: "Fu creato ad immagine e somiglianza di Dio". L'uomo non si spiega altrimenti, si spiega soltanto con queste categorie.

Vi auguro sempre più, seguendo altre indicazioni di sant'Agostino, di avere quell'inquietudine creativa: "Cognoscere te, cognoscere me".

Queste due conoscenze, queste due inquietudini, questo "inquietum cor", tanto caratterizzante la personalità e la vita del santo, si possono augurare ad ogni uomo. In questa tensione si realizza la nostra vocazione di essere uomo. Si realizza questo essere di più. Viviamo in una civiltà che, in un certo senso, preferisce, privilegia l'avere, l'avere di più; allora ciascuno di noi deve sempre riscoprire in se stesso la necessità di "essere di più", perché questa è la vera finalità della nostra esistenza umana.


Data: 1988-06-04 Data estesa: Sabato 4 Giugno 1988




Il saluto agli infermi dalla piazza sant'Agostino - Modena

Titolo: Cristo ci ha insegnato a soffrire ma anche ad aiutare chi soffre

Testo:


1. S'affaccia su questa piazza uno degli ospedali di Modena, intitolato a sant'Agostino. Con noi sono collegati televisivamente anche gli altri complessi ospedalieri della città. Sentiamo, così, unita con noi, in questo momento, tutta la grande famiglia dei nostri fratelli e sorelle ammalati.

Carissimi, desidero rivolgervi un cordiale saluto, col quale intendo raggiungere anche gli infermi assistiti nelle famiglie, le persone anziane e sole, come pure quanti si prodigano per non farvi mancare la necessaria assistenza. Voi sapete quanto il Papa vi ami e quanto apprezzi il sostegno che gli viene dalle vostre preghiere e dall'offerta delle vostre sofferenze. Da quando il Redentore stesso ha preso su di sè l'umana sofferenza, il dolore è diventato, per chi sa vederlo nella luce della fede, mezzo di redenzione e di santificazione. Nella sua azione evangelizzatrice la Chiesa trae impareggiabile vigore dalle vostre sofferenze, accettate ed offerte in unione con quelle di Cristo, anzi, per usare la forte espressione dell'apostolo Paolo, a "completamento di ciò che manca ai patimenti di Cristo" (cfr. Col 1,24).

Vi auguro, cari fratelli e sorelle, di non cedere mai allo scoramento, ma di saper vincere ogni impressione di nonsenso o di inutilità guardando al Crocifisso e meditando sugli immensi tesori scaturiti dalla sua passione. Vi sia accanto la Vergine santa, alla quale guardiamo, soprattutto in questo anno a lei dedicato, come a perfetto modello di obbedienza della fede. A fianco di Cristo fin sul Calvario, ai piedi della croce, Maria è con l'intera sua vita la grande testimone del Vangelo della sofferenza (cfr. "Salvifici Doloris", 25). Ella vi assista e vi conforti.


2. Una parola di compiacimento e di esortazione sento il dovere di rivolgere anche al personale medico e paramedico, che ha la missione di lottare contro la malattia e di alleviare la sofferenza umana. E' missione nobilissima. Di fronte a chi è toccato dalla sofferenza non si può passar oltre con indifferenza per superficialità, per disattenzione, per egoismo. Occorre fermarsi con animo partecipe e prestare il proprio aiuto concreto. Cristo ha insegnato non solo a soffrire, ma anche ad aiutare chi soffre e per incoraggiare la nostra generosità ha identificato se stesso con ogni persona sofferente (cfr. Mt 25,31-46).

Esorto pertanto quanti prestano la loro assistenza ai malati a riscoprire ogni giorno le ragioni profonde del loro servizio e a moltiplicare le loro premure, perché nulla manchi a chi di tutto ha bisogno.

Nell'invocare su tutti voi l'intercessione della beata Vergine della Salute, che si venera nella chiesa del Policlinico, vi imparto di cuore, quale pegno dell'assistenza divina, la mia affettuosa benedizione.


Data: 1988-06-04 Data estesa: Sabato 4 Giugno 1988




Con il mondo del lavoro all'autodromo di Fiorano - Modena

Titolo: La forza più autentica di progresso è l'amore che si traduce in solidarietà operante

Testo:


1. Giunto in visita pastorale nella vostra regione, porgo il mio cordiale saluto a voi, esponenti del mondo del lavoro, che partecipate a questo incontro: a voi operai, tecnici, dirigenti ed imprenditori, impegnati nelle attività agricole, industriali, artigianali, cooperative e commerciali, giovani e anziani, uomini e donne, che rappresentate vaste zone dell'arcidiocesi di Modena-Nonantola e la zona sassolese della diocesi di Reggio Emilia.

Il luogo dove ci incontriamo, segnato fortemente dal lavoro e dall'ardimento umano, da fabbriche e campi, da capannoni e ciminiere, è vicinissimo al Santuario diocesano della Madonna del Castello di Fiorano Modenese.

Questa circostanza mi pare significativa. E' in compagnia di Maria di Nazaret, la quale veglia dall'alto del Santuario, che vogliamo sostare assieme per riflettere brevemente sulla situazione economico-sociale dell'Emilia e per accogliere con cuore aperto la parola del divino lavoratore, e meditare sul suo esempio.

Queste vostre terre, nel dopoguerra, hanno visto uno sviluppo rapidissimo ed equilibrato dei vari settori produttivi. La florida condizione economica della zona è ben nota. Essa è il risultato di risorse naturali, come la posizione e la qualità del territorio, unite alla vostra capacità di lavoro e al vostro spirito di iniziativa.

E' stato possibile sviluppare l'occupazione; e i diritti del lavoratore, sia esso subordinato o autonomo, sia professionista o operatore economico, sia dipendente o imprenditore, sia singolo che associato, sono qui meno in pericolo che altrove.

Ma è da chiedersi se, di fatto, questa disponibilità di mezzi e di risorse sia usata in tutte le sue potenzialità e in modo corretto e giusto, cioè per finalità di promozione umana; o se non accada a volte, anche qui, che le tendenze speculative e l'ansia del massimo e più rapido profitto condizionino l'operato di tutte le parti interessate, fino al punto che, anche in questa generale situazione di avanzato sviluppo, sorgano problemi nei rapporti di lavoro, permangano squilibri territoriali, ci sia lo sfruttamento sconsiderato dei beni naturali e primari fino al degrado dell'ambiente e a situazioni di grave inquinamento.

Ma soprattutto ritorna, come spesso nei nostri tempi, deludendo tante sicurezze, la minaccia della disoccupazione, la quale, se pur contenuta in questo ultimo periodo, resta consistente, specialmente in questa zona, dove le capacità occupazionali dell'industria ceramica sono diminuite.

Tende così purtroppo ad allargarsi il dramma ben noto di lavoratori inoccupati ancora validi, di giovani e di donne in cerca di una prima occupazione, di handicappati estromessi o non ammessi al lavoro, di nuovi pendolari, di immigrati che ritornano sconsolati ai luoghi di origine e di alcune famiglie a reddito zero.


2. Ho ricordato rapidamente alcuni tratti della vostra situazione, passata e attuale: quanti bastano per indurre a volgere lo sguardo con rinnovata attenzione ad alcuni valori morali e spirituali fondamentali, che la Chiesa non si stanca di riproporre per una giusta impostazione delle attività economico-sociali nella vita delle famiglie e di tutta la società.

E' la voce di Gesù che arriva a voi attraverso la voce del pastore visibile della sua Chiesa. La Madonna dal suo Santuario ci ripete quello che disse alle nozze di Cana: "Fate quello che vi dirà" (Jn 2,5).

Il Figlio di Dio è disceso dal cielo per noi uomini e per la nostra salvezza e ha stabilito la Chiesa quale testimone e continuatrice della sua opera.

Per questo l'uomo è "la via della Chiesa" (cfr. RH 14): l'uomo cioè nella sua vocazione terrena ed eterna, l'uomo rispettato, anzi amato, in tutte le sue dimensioni di corpo, volontà, affettività, intelligenza e spirito.

Certamente di questa vocazione dell'uomo fa parte il lavoro in tutte le sue forme e manifestazioni. Il lavoro è il mezzo onesto e normale, non solo per procurare quanto occorre alla propria vita e a quella dei propri cari, ma anche per consentire a ciascuno di realizzarsi nella sua personale identità e di contribuire alla costruzione del bene comune. Diritto al lavoro dovere del lavoro si coniugano così in modo inscindibile nella vita di tutti e rappresentano una strada obbligata per l'azione e per lo sviluppo della società.

L'uomo, inoltre, aperto a Dio e illuminato dalla fede, comprende che la sua fatica quotidiana è collaborazione all'opera del Creatore e del Redentore.

Questi contenuti del lavoro dimostrano inequivocabilmente il grande valore che esso ha nella vita dell'uomo, anche se la persona umana nel suo stesso impegno lavorativo deve essere aperta ad altri valori, ancora più grandi: la famiglia, la cultura, la vita religiosa e sociale.

In questo quadro appare chiaro il diritto-dovere di tutte le persone di avere o di procurarsi un lavoro. Ma appare altrettanto chiaro il dovere dei gruppi sociali e della società di fare quanto è in loro potere perché il lavoro non manchi a nessuno.


3. E doveroso riconoscere che la vostra molteplice capacità di iniziativa in campo economico-sociale riesce a rendere meno drammatico il cambiamento che state vivendo, e di questo la società stessa, come i suoi membri, vi sono riconoscenti.

Così infatti i diritti dei singoli vengono meglio rispettati e i relativi doveri sono più facilmente adempiuti. Ogni iniziativa, ed anche l'attività economica, per essere autentico fatto umano deve essere espressione di valori morali. Non dovete quindi temere di lasciarvi guidare da questi valori.

Anche il diritto di associazione professionale, che voi avete sviluppato in maniera notevole, si fonda su di un valore morale. Ma se così è, occorre dedurne che la finalità di questi fatti associativi non può essere soltanto la pur legittima promozione degli interessi dei vari gruppi. L'azione delle diverse associazioni sindacali deve essere orientata verso forme più responsabili di coinvolgimento in obiettivi di bene comune, nel quale consiste, come ben sapete, il primo valore morale di una società.

Un modo di pensare e di essere, che congiunge armonicamente valori economici e valori morali, subordinando gli uni agli altri, dovrebbe entrare sempre più a far parte della vita di tutte le imprese ed animare l'elaborazione delle politiche economiche, a tutti i livelli. L'azienda deve tendere sempre meglio ad essere una comunità di persone, in cui s'incontrano e coordinano i diritti e i doveri personali in vista del bene dell'azienda e di quello più generale della società.

Oltre all'impegno per il dialogo e l'ascolto mutuo, la dottrina sociale della Chiesa sollecita fortemente a camminare verso forme di partecipazione in cui ciascuno, pur nella distinzione dei ruoli, abbia il senso di lavorare in proprio nella consapevolezza di lavorare per il bene di tutti.

Nelle vostre zone è molto forte la spinta all'esportazione anche verso i Paesi del terzo mondo. Si pone allora il problema di adottare decisioni economiche e sindacali che non danneggino il cammino di sviluppo di quei popoli, in un doveroso atteggiamento di universale solidarietà (cfr. SRS 46).


4. I problemi che ho appena ricordato sono resi fortemente complessi dalle rapide e profonde innovazioni tecnologiche che stanno penetrando in ogni campo, con notevoli conseguenze sulla quantità e qualità del lavoro e sulla stessa mentalità del mondo economico e della società.

Certamente queste innovazioni vanno accettate e anche ricercate. Ma occorre contemporaneamente affermare la necessità di un criterio o parametro interiore (cfr. SRS 29) che le orienti al servizio dell'uomo. E affinché tale cambiamento sia effettivamente al servizio e sotto il controllo della persona umana, fine e motivo di tutto l'ordinamento economico, occorre garantire a tutte le parti sociali la possibilità di far sentire la loro voce, in un contesto di comune impegno morale.

Per questo alle stesse parti sociali viene richiesta una visione corretta della persona umana, come pure dello sviluppo economico e sociale. Tale visione aiuterà ad individuare eventuali comportamenti ingiusti e meccanismi economici dannosi o anche perversi. Ad ogni persona responsabile s'imporrà allora il dovere di correggere tali comportamenti e di modificare tali meccanismi. Un obbligo morale anche questo da esercitare con competenza, con coraggio, con paziente perseveranza, unendo le proprie forze a quelle di chi cammina nella stessa direzione e partecipa degli stessi ideali.

In attesa delle necessarie riforme a livello nazionale e mondiale occorre stimolare la coscienza personale e associativa a saper usare con profonda sensibilità umana gli spazi di libertà che sono oggi nelle mani dei lavoratori e degli imprenditori, soprattutto per favorire e creare nuove attività che diano lavoro.


5. Da quanto ho fin qui detto, emerge chiarissima l'esigenza della salvaguardia del bene comune, cioè del bene di tutti, con attenzione preferenziale al bene dei più bisognosi.

Diventa allora doveroso riflettere insieme, ancora una volta, sul grande valore della solidarietà della quale ho parlato ampiamente nell'enciclica "Sollicitudo Rei Socialis" (cfr. SRS 40s).

Si sente dire e si legge a volte che la solidarietà è un residuo di società ormai tramontate. Chi riflette seriamente sul significato e sul contenuto del vivere sociale si accorge che il rispetto reciproco, la coscienza della propria insufficienza a procurarsi tutto quello che è necessario e l'apertura conseguente all'accettazione della collaborazione degli altri sono alla base stessa del vivere sociale, fondato appunto sull'interdipendenza. Tutto questo è un modo di esprimere e di vivere la solidarietà.

Qualcuno tende ad affermare che nella vita economica sarebbero soltanto i conflitti di interessi privati a determinare il progresso e il bene di tutti. La dottrina sociale della Chiesa afferma chiaramente che la libera iniziativa è un diritto importante, purché sia attuata in forme corrette di confronto, evitando ogni forma di prevaricazione sugli altri. La Chiesa sente il dovere di ridire a tutti che la forza più autentica di progresso è l'amore, che si traduce in solidarietà operante.

Questo amore si esprime certamente in tante forme di volontariato, di aiuto gratuito alle persone che hanno bisogno di sostegno immediato, si esprime in forme di assistenza previste da stabili iniziative private e da norme e iniziative pubbliche, ma si esprime in maniera non meno impegnativa nella ricerca della giustizia, da attuare attraverso molteplici iniziative economiche, giuridiche, sociali, politiche e culturali.

La vera carità non si esaurisce nelle cosiddette attività caritative, ma è la guida e lo stimolo per ogni opera di giustizia e di fraternità. Si tratta di una strada impegnativa, ma che è l'unica autenticamente umana.


6. Cari fratelli e sorelle, uomini e donne del mondo economico e sociale, a questo punto occorre il coraggio di dirci tutta la verità. Per accettare e vivere gli orientamenti che ho brevemente ricordato occorre essere profondamente consapevoli della nostra realtà di persone umane e di figli di Dio.

A volte possiamo essere tentati di credere che ci sviluppiamo come persone nella misura in cui affermiamo la nostra autonomia nei confronti degli altri, dominandoli e strumentalizzandoli per fini di successo o di prestigio. La dottrina sociale cristiana insegna che la persona gode certamente della sua autonomia; essa esiste per se stessa, non è strumento di nessuno, ma non può ritrovare pienamente se stessa se non attraverso il dono sincero di sè (cfr. GS 24). La persona cioè si sviluppa nella misura in cui è capace di rispettare gli altri, di aprirsi alla collaborazione e al servizio reciproco.

Questo insegnamento trova piena conferma e altissima valorizzazione nella nostra realtà di figli e figlie di Dio. Gesù, Figlio consustanziale del Padre, ha donato tutto se stesso e per questo è stato glorificato. Maria, la prima figlia adottiva di Dio e la prima discepola di Cristo, ha percorso la stessa strada.

La società moderna ha estremo e urgente bisogno di uomini e donne che seguano a loro volta la strada dell'amore e della solidarietà, che si esprime nel rispetto, nella collaborazione e nel servizio, di uomini e di donne che sappiano garantirsi i tempi necessari per coltivare la vita spirituale, la comunione tra i coniugi e l'educazione dei figli.


7. Nell'adempimento di questi compiti, miei cari, potete contare sul sostegno della Chiesa. Essa sente il dovere di esservi sempre più vicina, di comprendervi sempre più a fondo, di condividere le vostre gioie e le vostre speranze, le vostre preoccupazioni e i vostri dolori. Fondata sulla roccia di Cristo, desidera portare a tutti le energie di salvezza che riceve dal Salvatore, impegnandosi più a fondo nella formazione delle coscienze, nella cura della vita spirituale dei vari operatori, nel sostegno di ogni cammino di autentico rinnovamento nella giustizia e nella libertà, a favore soprattutto dei poveri di queste terre e del mondo intero. La Chiesa che è in Italia, in comunione con l'intera Chiesa cattolica, intende intensificare l'opera della pastorale sociale, perché la forza del Vangelo e della grazia di Cristo penetri sempre più profondamente negli uomini di oggi che operano nel difficile campo dell'economia e del lavoro.

Imploriamo insieme, in questo anno mariano, l'intercessione di Maria, presente nel vicino Santuario, perché ci ottenga dal Signore di aumentare quotidianamente in noi l'amore per l'uomo, creato da Dio e redento da Cristo, il quale è morto e risorto per noi.

Su voi tutti, lavoratori, imprenditori, tecnici, dirigenti, cooperatori, sulle vostre famiglie, in particolare sui bambini, sugli anziani, sugli ammalati, su tutti gli abitanti di queste terre la mia benedizione, che vi imparto con tanto affetto e con tanta cordialità.

[Al termine della visita il Santo Padre ha pronunziato le seguenti parole:] Ho ricevuto tanti doni, tanti doni. Non sono in grado di ringraziare ma, d'altra parte, non posso fare altro che dire "grazie". Tutti questi doni sono cose preziosissime, non solamente opere d'artigianato, ma anche veramente opere d'arte, di grande creatività. Sono doni molto specifici: per esempio, io non so se i presenti si rendano conto che il Papa ha ricevuto anche un cavallo, con la condizione di non usarlo, ma di destinarlo ad altri e soprattutto ai ragazzi, ai bambini che hanno bisogno di questo sforzo e di questo esercizio.

Così arriviamo al significato di tutti questi doni: io mi sento come colui che ha ricevuto tanti doni, ma nello stesso momento mi sento come un potenziale donatore di questi doni agli altri. E per tutti questi sentimenti che si concatenano in un senso logico e, direi, evangelico, voglio ringraziare tutti i presenti, perché voi avete suscitato questi sentimenti nel mio cuore.

Mi viene ancora in mente la grande figura di san Benedetto, che forse non è così direttamente legato con la vostra terra come è legato con Montecassino e con altri luoghi in Italia. Ma essendo patrono d'Europa, egli è legato con tutti i Paesi e con tutte le regioni europee. Soprattutto rimane il suo messaggio, che è molto semplice. Si riduce a due parole: "Ora et labora". Io penso che questo suo messaggio semplice, benedettino, conservato non solamente dentro i monasteri benedettini del mondo, è anche un messaggio accolto, ricevuto e praticato da tanti cristiani, da tutti noi qui presenti. In un certo senso, questo messaggio di san Benedetto, "Ora et labora", può essere letto anche partendo dalla seconda parola: "Labora et ora".

Ma qui vorrei fare una esegesi di queste parole di san Benedetto così composte: "labora" ed "ora". Penso che queste parole così pronunciate, così sistemate, ci spieghino il senso di quello che è l'insegnamento sociale della Chiesa. Perché la realtà del lavoro umano è stata sempre presente nel mondo, nella storia dell'umanità, delle nazioni, dei popoli, ma e diventata una misura del tutto nuova negli ultimi secoli. Il lavoro umano è diventato un fatto nuovo: la "rivoluzione del lavoro". L'umanità ha vissuto e vive ancora questa "rivoluzione del lavoro". E occorreva adesso davanti a questo lavoro così grande, così rivoluzionato, così nuovo, occorreva verificare i principi che si trovano nel Vangelo. E così la Chiesa attraverso i diversi "Benedetti" dei nostri tempi, più vicini alla nostra epoca - tra i quali sono anche alcuni Papi, cominciando da Leone XIII - ha fatto quel cammino. Passando per il lavoro, per la realtà del lavoro umano, così ricco, così sviluppato e così sconvolto, così minacciato, ha cercato di entrare nel Vangelo e di trovare nel Vangelo le risposte.

Così è nata la dottrina sociale della Chiesa, e così nasce, nasce ancora, nasce sempre. Nasce in quanto per noi diventa sempre più chiaro e più evidente che fuori di quei principi, di quelle verità evangeliche, non troviamo risposte adeguate a tutto ciò che riguarda il lavoro umano, a tutti i problemi umani, sociali, economici, politici. Per esempio, leggendo il discorso di oggi ho pensato che c'è un passo in questa catechesi sulla dottrina sociale della Chiesa, un passo in cui questi principi del Vangelo circa la realtà del lavoro, nella sua dimensione non solamente individuale, familiare, non solamente nazionale, ma mondiale, diventano ancora più chiari e più esigenti, più indispensabili. Per esempio, il principio della solidarietà, che oggi esprime le necessità della giustizia e dello sviluppo omogeneo, proporzionale, non solamente di tutti i gruppi nella società, in una stessa società, di tutte le persone, ma di tutti i popoli. Il problema di oggi è quello dello sviluppo e soprattutto del sottosviluppo di tanti popoli; il problema della distribuzione ingiusta dei beni che provengono dal lavoro umano; il problema delle sproporzioni tremende fra i Paesi sviluppati, anzi, possiamo dire, soprasviluppati, e quelli sottosviluppati, e ancora, più o meno sottosviluppati. Ecco, così si pone il problema, oggi. E questo, seguendo la realtà del lavoro nelle sue diverse dimensioni, non ha potuto non scoprire la Chiesa nel suo insieme: non ha potuto non scoprire e non chiamare per nome la Chiesa e non cercare poi le risposte.

Torniamo al motto di san Benedetto, "ora et labora". Io direi a tutti: dovete continuare con questa metodologia benedettina, "ora et labora". Dovete continuare, ma dovete anche, nello stesso tempo, introdurre la seconda metodologia che proviene dalla prima: "labora et ora".

Cerca nella orazione, nella preghiera, nel Vangelo, cerca le luci, cerca i motivi, cerca le risposte per portare la giustizia al mondo, per risolvere i problemi dello sviluppo! Cerca nella preghiera, cerca nel Vangelo: là si troveranno! E questo è un grande invito a tutti noi, perché tutti siamo la Chiesa e tutti siamo, in un certo modo, coinvolti in questo apostolato della Chiesa che, è nello stesso tempo, apostolato del lavoro, "Laborem Exercens", e nello stesso tempo "Sollicitudo Rei Socialis": è un impegno evangelico, è un impegno cristiano per tutti.

Deve essere "sollicitudo": vi sono diverse categorie economiche, ma mancava questa "sollicitudo". Diverse categorie: la categoria, per esempio, del profitto è giusta, ma non è sufficiente; deve essere "sollicitudo". Cosa vuol dire "sollicitudo"? "Sollicitudo" vuol dire che al centro si trova la persona umana, l'uomo.

Allora, io lo dico non per prolungare, ma per tirare un po le conclusioni di questo nostro incontro, nelle prospettive di quel grande lavoro evangelico che la Chiesa deve intraprendere, in cui si deve impegnare sempre di più. La Chiesa vuol dire tutti noi: noi tutti siamo la Chiesa, come ha detto chiaramente il Vaticano II nella "Lumen Gentium" con la sua dottrina sul "Popolo di Dio". Grazie per la vostra pazienza e grazie per la vostra "Sollicitudo Rei Socialis"! Ancora una parola, per il coro. Non c'è lavoro senza canto. Anche questo ci ha insegnato san Benedetto. Sappiamo bene come i benedettini e le benedettine siano veramente i protagonisti del canto liturgico. Ringraziamo i nostri cantori e le nostre coriste, per averci facilitato questa nostra odierna "Sollicitudo Rei Socialis"... E' arrivato fra noi il Cardinale Segretario di Stato, appena tornato dalle Nazioni Unite. Vuole essere presente nella visita alla sua terra, alla terra d'origine.


Data: 1988-06-04 Data estesa: Sabato 4 Giugno 1988





GPII 1988 Insegnamenti - Al termine del discorso con le autorità e la cittadinanza - Modena