GPII 1988 Insegnamenti - Omelia della Messa concelebrata nello stadio "Braglia" - Modena

Omelia della Messa concelebrata nello stadio "Braglia" - Modena

Titolo: La Chiesa vi invita a non dimenticare che il mondo non è per nessuno di noi una dimora eterna

Testo:


1. "Assemblea santa, glorifica il tuo Signore" (cfr. Ps 147,12).

Questo è un appello in cui risuona un'eco del salmo dell'Antico Testamento, appello indirizzato a Gerusalemme, a Sion, diventata un luogo sacro per i figli e le figlie d'Israele quando si erano stabiliti nella Terra Promessa.

In questo luogo essi adoravano il Dio dell'alleanza, che li aveva fatti uscire dal paese d'Egitto, dalla condizione servile (cfr. Ex 8,14). In questo luogo rendevano grazie per il dono della rivelazione, per il dono dell'intimità con Dio, per la Parola di Dio vivente e per l'alleanza. Rendevano anche grazie per i doni della terra, di cui godevano di anno in anno e di giorno in giorno.

"Glorifica il Signore, Gerusalemme / loda, Sion, il tuo Dio. / Perché...

/ annunzia a Giacobbe la sua parola, / le sue leggi e i suoi decreti a Israele...

/ Egli ha messo pace nei tuoi confini / e ti sazia con fior di frumento" (Ps 147,12-13 Ps 147,19 Ps 147,14).


2. Oggi la liturgia indirizza quest'appello alla Chiesa - alla Chiesa, in ogni luogo ove si celebra la solennità del santissimo corpo e sangue di Cristo ("Corpus Domini").

Oggi indirizziamo quest'appello in modo particolare alla Chiesa di Modena-Nonantola. Ecco, infatti, mi è dato di vivere questa festività del corpo e sangue di Cristo insieme con voi, nella vostra città, in mezzo alla Chiesa legata a questa città da generazioni e da secoli, in intima unione col pastore di questa Chiesa.

E' al vostro Arcivescovo, monsignor Santo Quadri, quindi, che rivolgo per primo il mio saluto. Egli è il vostro pastore e la vostra guida, impegnato nel raccogliere e nel riproporre l'eredità di un'antica e valida evangelizzazione, che ha lasciato tracce profonde in questa terra. A lui l'augurio del conforto della grazia divina, specialmente per il cammino sinodale appena iniziato, che, dopo la fase di rinnovamento spirituale, si svilupperà nella fase conseguente di verifica della pastorale, articolata nei tre momenti della evangelizzazione, della liturgia, della testimonianza. Saluto con lui tutto il presbiterio, i diaconi, i religiosi e le religiose, gli accoliti, i lettori, i ministri straordinari della comunione, i catechisti e tutti gli altri operatori pastorali dell'intera comunità diocesana.

Il mio pensiero deferente si rivolge poi alle autorità civili qui convenute. Con gioia noto la presenza dei componenti della vostra antica Università che ha avuto origine nel 1175, da una precedente scuola modenese di diritto. Saluto i docenti e le autorità accademiche dei dodici corsi di laurea e del biennio di ingegneria, la comunità degli studenti delle singole facoltà e dei corsi di specializzazione.

Un particolare saluto va agli ufficiali ed ai giovani allievi dell'Accademia Militare, con l'augurio di essere sempre all'altezza delle nobili tradizioni dell'istituzione e di prepararsi alle future responsabilità mediante uno "stile di vita", improntato alla esaltazione dei più alti valori umani ed al rispetto ed all'apprezzamento per i principi della fede cristiana.

Un saluto, infine, a tutti i giovani studenti delle scuole superiori, ai lavoratori di questa comunità: i lavoratori della terra e dell'industria, delle professioni, dell'artigianato e del commercio, a tutti i lavoratori stranieri che qui trovano accoglienza, a tutti coloro che, unendosi a questa nostra Eucaristia, intendono cercare in Dio, creatore e salvatore di ogni uomo, il significato vero e trascendente della loro attività e del loro impegno.


3. La Chiesa oggi ringrazia per l'Eucaristia. Ringrazia per questo Santissimo Sacramento della nuova ed eterna alleanza, così come i figli e le figlie di Sion e di Gerusalemme hanno ringraziato per il dono dell'antica alleanza.

La Chiesa ringrazia per l'Eucaristia, il dono più grande elargitole da Dio in Cristo - mediante la croce e risurrezione: mediante il mistero pasquale.

La Chiesa ringrazia per il dono del giovedi santo, per il dono dell'ultima cena. Ringrazia per "il pane che noi spezziamo", per "il calice della benedizione che noi benediciamo" (cfr. 1Co 10,16-17). Infatti questo pane è "comunione con il corpo di Cristo". E questo "calice è comunione con il sangue di Cristo" (cfr. 1Co 10,16-17).

La Chiesa ringrazia quindi per il sacramento che, incessantemente, sia nei giorni di festa, sia negli altri giorni, ci dà Cristo, così come egli ha voluto dare se stesso agli apostoli ed a tutti coloro che, seguendo la loro testimonianza, hanno accolto la parola di vita.


4. La Chiesa ringrazia per Cristo divenuto per noi "il pane vivo". Chi "mangia di questo pane vivrà in eterno" (cfr. Jn 6,51). La Chiesa ringrazia per il cibo e per la bevanda della vita divina, della vita eterna.

In questo sta la pienezza della vita per l'uomo: la pienezza della vita umana in Dio.

"Se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risuscitero nell'ultimo giorno" (Jn 6,53-54).


5. Questo è il sacramento della peregrinazione umana attraverso il mondo visibile, attraverso la vita temporale, segnata dalla necessità di morire, per giungere fino agli ultimi destini dell'uomo in Dio, al mondo invisibile, ma più reale di quello visibile.

Proprio per questo la festa annuale dell'Eucaristia, che la Chiesa celebra oggi, contiene nella sua liturgia tanti riferimenti alla peregrinazione del popolo dell'antica alleanza nel deserto.

Mosè dice al suo popolo: "Non dimenticare il Signore tuo Dio che ti ha fatto uscire dal paese d'Egitto, dalla condizione servile; che ti ha condotto per questo deserto... che ha fatto sgorgare per te l'acqua dalla roccia durissima; che nel deserto ti ha nutrito con la manna" (Dt 8,14-16).

"Non dimenticare...".

"Ricordati di tutto il cammino che il Signore tuo Dio ti ha fatto percorrere... per... metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore...

per farti capire che l'uomo non vive soltanto di pane, ma che l'uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore" (Dt 8,2-3).


6. così Mosè.

Le sue parole sono indirizzate a Israele, al popolo dell'antica alleanza. Se, tuttavia, la liturgia dell'odierna solennità vi fa riferimento, ciò significa che queste parole s'indirizzano anche a noi, al popolo della nuova alleanza, alla Chiesa, alla Chiesa qui in Emilia, a Modena.

"Non dimenticare...".

Da quante generazioni, da quanti secoli, o Chiesa di questa terra, Cristo ti guida mediante l'ineffabile mistero della redenzione nel suo corpo e nel suo sangue? Mediante l'Eucaristia! "Non dimenticare...".

E' proprio questo il messaggio che sembra scaturire dal bassorilievo che i vostri antenati hanno voluto porre al centro della Cattedrale, nel punto più visibile della balaustra che divide il presbiterio dalla navata centrale: in esso gli antichi maestri scultori hanno raffigurato l'ultima cena, il "memoriale" del sacrificio di Cristo: "Fate questo in memoria di me". I vostri avi con quella scelta artistica hanno voluto invitare i loro discendenti a "fare memoria", a non dimenticare... Ed è significativo che le altre espressioni artistiche - che nella Cattedrale ripropongono l'opera di Dio attraverso gli eventi della storia sacra e l'opera dell'uomo nelle arti e nei mestieri - quasi convergano verso il bassorilievo centrale, facendo ad esso stupenda corona.

"Non dimenticare...".

Il ricordo, cari modenesi, vi è reso facile dai molti richiami che la città vi offre: da ogni luogo ove mi sono recato ho visto svettare la Ghirlandina, la bella torre campanaria che, insieme col magnifico Duomo, sorge nel cuore della città ed e simbolo della sua storia profondamente intrisa di cristianesimo, segno e memoria della missione che la Chiesa modenese ha sempre svolto in questa terra.

Invoco i vostri patroni e primi testimoni della fede, san Geminiano e san Silvestro, perché siano sempre "presenti" nel vostro cammino di evangelizzazione.


7. "Non dimenticare...".

A tutti gli uomini e le donne di questa comunità modenese-nonantolana, che vivono interiormente il dramma dell'assenza di Dio, del bisogno, della ricerca, della difficoltà di accogliere l'istanza della trascendenza, io voglio ricordare che Dio è vicino a chi lo cerca con cuore sincero. Egli segue ogni uomo che soffre interiormente nel contesto dell'indifferentismo, del materialismo teorico e pratico, dell'appiattimento spirituale derivante da un consumismo che soffoca l'anima. Io dico a tutti costoro: continuate a cercare Dio, finche non lo abbiate trovato. Solo in lui è possibile scoprire la risposta esauriente agli interrogativi ultimi dell'esistenza; da lui soltanto deriva l'ispirazione profonda, che ha animato la cultura di cui vivete; in lui solo trova giustificazione piena l'impegno per i valori della giustizia, della solidarietà, della pace.

A coloro che già credono raccomando: non soffocate mai la speranza che viene da Cristo; non dimenticate che la vita ha una prospettiva aperta all'immortalità, e, proprio perché destinata all'eterno, non può mai essere distrutta, da nessuno e per nessuna ragione: la vita che ciascuno possiede, quella di chi sta per nascere, quella di chi cresce, di chi invecchia, di chi è prossimo a morire.

Alla comunità cristiana di Modena-Nonantola, a questa Chiesa, costantemente sfidata da vicende sociali complesse ed in continua trasformazione, costretta a cercare una risposta ed una testimonianza credibili per tutti coloro che vivono nell'indifferenza o in forme di ateismo teorico o pratico, in una condizione di benessere economico, ma privo di spiritualità; ad una Chiesa chiamata ad essere il seme e l'umile segno dell'amore di Cristo per ciascun uomo, per chi cerca la verità e per chi rifiuta Dio; a questa Chiesa che, come piccolo gregge implora talvolta con le lacrime il dono della salvezza per la gioventù e la grazia di vocazioni nuove e generose, che prega affinché non venga a mancare chi in futuro spezzerà il pane della fede e del corpo di Cristo ai suoi figlio, io dico: Non dimenticare e confida!.


8. In questo "non dimenticare" di Mosè che attraverso secoli e millenni è giunto a noi, nelle parole dell'odierna liturgia, è contenuto qualche cosa di penetrante.

Non dimenticare! Il mondo non è per nessuno di noi una "dimora eterna".

Non si può vivere in esso, come se fosse per noi "tutto", come se Dio non esistesse; come se egli stesso non fosse il nostro fine, come se il suo Regno non fosse l'ultimo destino e la definitiva vocazione dell'uomo.

Non si può esistere su questa terra, così come se essa non fosse per noi soltanto un tempo ed un luogo di pellegrinaggio! "Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue - dice Cristo - dimora in me e io in lui" (Jn 6,56).

Non si può vivere in questo mondo senza dimorare in Cristo! Non si può vivere senza Eucaristia.

Non si può vivere fuori dalla "dimensione" dell'Eucaristia. Questa è la "dimensione" della vita di Dio innestata sul terreno della nostra umanità.

Cristo dice: "Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me" (Jn 6,57).


9. Fratelli e sorelle! Accogliamo quest'invito di Cristo. Viviamo per lui! Al di fuori di lui non vi è vita vera. Soltanto il Padre "ha la vita". Al di fuori di Dio tutto il creato passa, muore. Soltanto lui è vita.

E il Figlio, che "vive per il Padre", ci porta nonostante la caducità del mondo, nonostante la necessità di morire - la vita che è in lui. Ci dà questa vita. La condivide con noi.

Il sacramento di questo dono, di questa vita, è l'Eucaristia: "Il pane disceso dal cielo", esso non è come quello che i nostri padri hanno mangiato nel deserto e sono morti. "Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno" (cfr. Jn 6,59-61).


Data: 1988-06-04 Data estesa: Sabato 4 Giugno 1988




Al termine della Messa celebrata nello stadio - Modena

Titolo: Conservate, approfondite, personalmente e come Chiesa, il dono della fede

Testo:

Voglio aggiungere una parola di ringraziamento e di congedo, perché con questa celebrazione eucaristica si conclude la mia visita nella vostra diocesi e nella vostra provincia.

Vi ringrazio per la buona risposta, per la buona accoglienza, ma sappiamo bene che le buone risposte sono sempre quelle bene preparate. Lo sappiamo anche dalla esperienza della scuola. Allora ringrazio per questa buona preparazione e se la visita del Papa poteva servire anche per questa buona preparazione, ringrazio il Signore per questo mio compito e per questo mio ministero.

Vi auguro una buona continuazione. La Sacra Scrittura ci dice di un dono: ciascuno di noi ha un dono specifico, un dono, possiamo dire carisma, che ci viene dal Signore attraverso lo Spirito Santo e questo dono viene anche protetto in modo materno da colei che è la Madre di ciascuno di noi e della Chiesa. Perché un dono è certamente una realtà spirituale e personale, ma è anche una realtà spirituale e comunitaria. Ho potuto vivere con voi nell'arco di queste ore, di queste giornate, il dono proprio della vostra antica Chiesa di san Geminiano; ho potuto vivere con voi questo dono spirituale che attraverso i secoli si è conservato, ma ancor più approfondito dentro questa comunità che è la vostra Chiesa di Modena-Nonantola; ed aggiungerei ancora la Chiesa di Carpi perché appartiene alla vostra provincia. Ecco, augurandovi una buona continuazione penso a questo dono che deve essere ancora conservato, approfondito, ancora sviluppato nella dimensione delle persone, delle comunità, delle famiglie, degli ambienti, delle parrocchie, delle congregazioni religiose; nell'ambito delle associazioni laicali, dei movimenti e così attraverso tutte le componenti, nell'insieme della vostra Chiesa.

Auguro il buon futuro, il buon cammino di questo dono ed affido tale dono, proprio della vostra Chiesa, alla vostra Madre pellegrinante che vi ha visitato prima di questa mia visita e che continua a proteggervi precedendovi nel cammino della fede, della speranza e della perfetta unione con Gesù.


Data: 1988-06-04 Data estesa: Sabato 4 Giugno 1988




L'incontro con le autorità e la cittadinanza - Fidenza (Parma)

Titolo: L'umanesimo senza Dio mette in crisi il riconoscimento della dignità originaria di ogni essere umano

Testo:

Carissimi fratelli e sorelle.


1. Sono veramente lieto d'incontrarmi con voi questa sera, e ricambio di cuore il saluto che voi mi porgete con la vostra fervida accoglienza. Nel mio rapido e denso viaggio pastorale attraverso le diocesi dell'Emilia non poteva certo mancare l'appuntamento con l'antica e operosa città di Fidenza.

Rivolgo sentiti ringraziamenti al Vescovo, monsignor Mario Zanchin, che con tanto zelo ed esperienza guida la vostra diocesi; al signor sindaco per le parole di benvenuto, con le quali ha interpretato i sentimenti di tutta la cittadinanza.


2. La vostra città è legata, lungo una storia di secoli, alla testimonianza di un martire della fede. Il vostro attaccamento a san Donnino ed a questa sua testimonianza si è espresso in maniera visibile con l'erezione di una delle Cattedrali più splendide della regione.

Fidenza ha avuto origine come piccolo centro agricolo. Fino a sessant'anni fa portava ancora il nome di Borgo, con una popolazione costituita in massima parte da lavoratori dei campi. Le condizioni di povertà e di privazione erano inizialmente piuttosto diffuse, anche se affrontate sempre con forza d'animo e dignità personale nella luce di quella fede che, anche in situazioni difficili, apre il cuore alla speranza.

Nel giro di mezzo secolo, l'antico Borgo san Donnino ha conosciuto un rapido progresso, giungendo a configurarsi come città caratterizzata da un singolare benessere materiale. La campagna, una volta ingrata, è ora tra le più feconde e ricche. L'industria ha qui impiantato le sue moderne attrezzature. Il livello generale di vita s'è elevato al di sopra della media nazionale. I casi di vera indigenza, se non scomparsi del tutto, sono ridotti a proporzioni fortunatamente esigue.

Mi piace anche ricordare, in questo contesto, il centenario dell'Ospedale per i poveri di Villanova d'Arda, fondato da Giuseppe Verdi, il vostro grande conterraneo, da lui dotato di un cospicuo patrimonio: anche questa iniziativa, da voi sempre sostenuta con amore, è testimonianza del cuore generoso dei fidentini.

Di fronte a tale realtà non posso che rallegrarmi sinceramente con voi, per la vostra laboriosità e tenacia. E nel considerare le zone di miseria estese in tante regioni del mondo, le gigantesche sacche del sottosviluppo, sento di dover richiamare il grande imperativo della solidarietà, che riguarda tutti.

Voi conoscete in proposito il pensiero chiaro e stimolante della Chiesa.

Essa non si stanca di ripetere che i beni di questo mondo, sono per l'uomo ed è necessario che ognuno vi partecipi nella misura sufficiente per sè e per la sua famiglia. Il principio dell'universale destinazione dei beni, delle ricchezze del creato partecipate a tutti è uno dei punti cardini della dottrina sociale della Chiesa.


3. Cari fratelli e sorelle della bella Fidenza, questo la Chiesa insegna agli uomini di oggi come a quelli di ieri. Ma c'è un messaggio ancora più importante che essa sa di dover recare all'umanità di ogni tempo: quello del Figlio di Dio venuto sulla terra per portare a tutti, al di là delle stirpi e delle culture, un immenso tesoro di altri beni non calcolabili nella categoria delle ricchezze materiali, perché appartenenti all'ordine dello spirito, e più necessari di quelli materiali, perché rispondenti alle aspirazioni più profonde e vitali del cuore umano (cfr. GS 21). Da duemila anni la Chiesa lavora instancabilmente per convincere ogni essere umano ad accogliere l'invito a partecipare a questo tipo di ricchezza, a tutti offerta generosamente da Dio, e ad elevare il cuore in alto, verso il nuovo livello di esistenza.

Rifiutare un tale invito significa scegliere uno stato di povertà più grave della depressione economica, significa rinunciare deliberatamente a raggiungere la pienezza di una vita superiore. Purtroppo è proprio questo il dramma angoscioso di molti figli della moderna società del consumismo o dell'opulenza.

Il vero destino umano non può esser racchiuso entro gli angusti confini dell'esistenza nel tempo: l'uomo, in quanto persona, è un valore più grande di tutti gli altri valori della terra. Ecco perché i beni terreni, per quanto affluenti, non possono appagarlo. Sta qui la radice di quel senso d'inquietudine profonda, di quel vuoto interiore, che travaglia tanti uomini di oggi, specialmente giovani. E il risultato della povertà di valori superiori, della schiavitù della materia.

La fede nel Vangelo di Cristo dona con abbondanza ciò che il denaro e gli uomini non possono dare: la libertà interiore, la pace del cuore, la forza e serenità nel sacrificio. Essa è anche un bene sociale, perché, oltre all'armonia all'interno della comunità civile e della famiglia, porta con sè la difesa dell'uomo e dei suoi diritti.

L'umanesimo senza Dio, con la caduta del primato dei valori spirituali, mette in crisi il riconoscimento della dignità originaria di ogni essere umano, anche debole e indifeso, o non nato ancora, e, cedendo alla logica del conflitto tra gli uomini e dello sfruttamento della natura, può degenerare nella catastrofe di una gigantesca autodistruzione.


4. Cari fratelli e sorelle di Fidenza, so che nell'ambito della vostra città e della vostra diocesi sono molti quelli che accolgono con amore la Parola di Dio e si sforzano di metterla vitalmente in pratica. La fede è testimoniata come il patrimonio più santo da parte di consacrati e di laici, nelle parrocchie, nelle famiglie, nella vita associata. Fioriscono i gruppi giovanili, è attivo il volontariato al servizio generoso dei fratelli in difficoltà.

Tuttavia, anche in non pochi settori della vostra società esistono realtà purtroppo contrarie: l'indifferenza religiosa, l'assorbimento nei beni di ordine materiale, la disgregazione della famiglia, la paura della vita, che ha come contraccolpo immediato il fenomeno preoccupante di una crescente denatalità.

Ebbene, cari fratelli e sorelle di Fidenza, nell'accomiatarmi da voi, desidero rivolgervi ancora l'invito affettuoso della Chiesa a non fermarvi alla tappa raggiunta. Voi avete camminato tanto. Camminate ancora, tutti, per giungere a fruire dei beni che vi aspettano, che sono a vostra disposizione, e di cui la Chiesa è materna distributrice in nome del Padre comune.

Vi benedico tutti di cuore.


Data: 1988-06-04 Data estesa: Sabato 4 Giugno 1988




Al termine dell'incontro con la popolazione - Fidenza

Titolo: Voi mi dite: "coraggio, Papa", allora io dico a voi: "coraggio, giovani"

Testo:

Il vostro vescovo ha parlato di un Sinodo diocesano. Poi vi sono gli altri segni di questo cammino spirituale della vostra Chiesa: ha parlato il vostro Vescovo anche delle persone molto preparate, che sono state offerte alla Chiesa di Roma nel servizio della Chiesa universale, specialmente nel campo universitario.

Allora, approfittando di questo incontro, voglio soprattutto salutare cordialmente, direi abbracciare tutti i presenti, tutti i componenti della vostra comunità cittadina e diocesana. Se si tratta degli abbracci, questo va da sé, si comincia sempre con i bambini. Per il momento sono un po' nascosti, ma speriamo che durante l'ulteriore percorso nella città si faranno visibili. Vorrei rispondere a questo saluto dei giovani scritto sullo striscione. Vi incoraggio, carissimi, a diventare anche voi testimoni di Cristo. Non si può vivere senza una tale testimonianza: l'uomo è creato per dare testimonianza della verità, come ha detto Gesù stesso davanti a Pilato. Ecco, cerchiamo di essere noi testimoni di Cristo, perché lui è la verità, lui è anche la vita, è la via. Cerchiamo di essere testimoni di Cristo. Si sentono in questo nostro mondo contemporaneo movimenti forti dello Spirito Santo, che attraversano le giovani anime, i giovani spiriti, e li fanno molto coraggiosi. Allora, per i bambini un abbraccio, per i giovani un incoraggiamento. Un incoraggiamento, e io lo dico per dare risposta alle tante volte in cui i giovani mi augurano: "Coraggio, Papa". Allora io dico a voi: "Coraggio, giovani". E con la stessa parola possiamo camminare attraverso la società tutta intera, attraverso ogni famiglia, qualche volta in crisi, ma tutti sappiamo bene che la famiglia cristiana fondata sul sacramento della Chiesa, sacramento che esprime amore di Cristo e della Chiesa, è solida. E se anche l'uomo diventa debole, la persona umana insufficiente, il fondamento del sacramento è solido. Cerchiamo di superare le nostre debolezze umane con la forza del sacramento, di questo santissimo sacramento del Matrimonio, che dà la solidità, dà la coerenza e dà la fortezza alla vita familiare. Allora, coraggio, carissimi sposi! Coraggio, genitori, padri e madri! Coraggio, nei diversi campi del lavoro, perché la nostra società è una società del lavoro, delle professioni! Coraggio per tutti quelli che lavorano nelle diverse professioni: che non manchi lavoro a nessuno! E così dico al vostro giovane sindaco, dico questo incoraggiamento a lui come rappresentante della cittadinanza, e specialmente di queste preoccupazioni civiche, sociali, economiche della comunità cittadina. Dico coraggio a lui, e questo coraggio lo depongo nelle sue mani per tutti i suoi concittadini, in ogni campo di lavoro. Direi ancora, carissimi, coraggio ai sofferenti! Già ho incontrato gli ammalati nell'ospedale, già ho incontrato gli anziani nella loro Casa. Coraggio a questi che soffrono, coraggio a tutti quelli che portano la croce. Qui entriamo nella zona del mistero divino, perché là c'è Cristo: Cristo stesso e Cristo solo, che porta coraggio a questi figli, che prendono parte alla sua croce. E così vorrei arrivare alla fine a questi che cantano: coraggio al coro! Grazie per questo canto augurale.

E così mi sono soffermato davanti all'ultima parola di questo discorso scritto e l'ho sviluppata parlando della vostra comunità civica, sociale ed anche ecclesiale, per augurare a tutti questo bene che è tanto necessario per ciascuno, che si deve bene identificare per ciascuno: questo bene di ordine integrale, perché ciascuno di noi è una integrità, integrità psico-fisica, somatico-spirituale. Ma in questo bene lo Spirito deve essere sempre predominante perché, come ci ha detto il Signore, non vale niente il possedere tutti i beni di questo mondo, se si perde la propria anima. E così vi auguro di non perdere, anzi di salvare le vostre anime, di salvare in questa vita nella comunità cristiana, in questa vita in cui Cristo stesso porta avanti un programma della salvezza dell'uomo. Cerchiamo di seguirlo, cerchiamo di essere con lui per salvare noi stessi e per salvare gli altri. Questo è il programma che voglio lasciare alla vostra comunità umana e cristiana durante questo per me tanto caro incontro a Fidenza. Fidenza, mai diffidenza! Fidenza! Offro una benedizione a tutti i presenti, insieme con il vostro Vescovo e tutti i Vescovi presenti.


Data: 1988-06-04 Data estesa: Sabato 4 Giugno 1988




Nella Cattedrale con i malati - Fidenza (Parma)

Titolo: E' decisivo accettare di soffrire con Gesù, come Gesù e per suo amore

Testo:

Miei carissimi fratelli e sorelle.


1. Con questo cordiale saluto intendo porre in evidenza il legame profondo che ci unisce e che può trovare una sua suggestiva immagine nella salda coesione delle pietre di questa Cattedrale, nella quale siamo ora riuniti.

Accolti nel Corpo mistico di Cristo, siamo stati resi pietre vive nel tempio eterno, che ha come pietra angolare il redentore. Di questo tempio voi siete pietre scelte, perché con la vostra sofferenza partecipate più da vicino alla passione redentrice di Gesù, dalla quale è scaturita la vita nuova dell'umanità. Voi sapete quindi ben comprendere come il rivolgermi a voi, chiamandovi: "Miei carissimi fratelli e sorelle", sgorghi da una profonda convinzione di fede e da un conseguente specialissimo affetto.

Questo affetto mi conduce ad unire alle espressioni di saluto alcune parole che, insieme con la mia benedizione, vogliono confortare ciascuno di voi, alimentando la sua forza nella prova e la speranza nella guarigione dall'infermità che lo affligge.


2. Carissimi, il Vangelo mostra spesso Gesù nell'atto di chinarsi sugli ammalati, per confortarli e non di rado anche guarirli.

Il redentore non evito a se stesso il patire e insegno che il dolore ha un valore salvifico, tuttavia "passo beneficando e risanando tutti" (Ac 10,38).

Traspare da questo comportamento una duplice grande lezione: che il dolore umano ha un preciso ruolo da svolgere nel piano di Dio e che, tuttavia, esso muove a compassione il cuore di Gesù, che ben sa quanto la sofferenza possa scuotere la fragilità umana e metterla alla prova. Per questo egli non rifiuta mai la sua comprensione e il suo conforto a chi, ammalato, ricorre a lui con fiducia.

E' quindi molto importante, anzi decisivo accettare di soffrire con Gesù, come Gesù e per suo amore, perché questo conforma in modo specialissimo a lui e alla sua missione.

A questo riguardo san Massimo il Confessore insegna che Dio, nel suo imperscrutabile disegno di amore, consente che il dolore colpisca l'uomo non solo come castigo, ma come medicina per lui e per gli altri (S. Maximi Confessoris "Sermones": PG 90, 1041, C).

E' tuttavia legittima la domanda di guarigione, perché la salute è anch'essa un grande dono di Dio, grazie al quale ci è possibile rendere servizi preziosi a beneficio del prossimo. Ogni dono divino, infatti, non ci è mai dato ad esclusivo vantaggio personale, ma perché "possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in qualsiasi genere di afflizione con la consolazione con cui siamo stati consolati da Dio" (2Co 1,4).


3. L'ammonimento dell'apostolo Paolo, ora citato, mi porta a rivolgere la parola a voi, sacerdoti, che saluto di vero cuore. Carissimi, mentre vi dico il mio apprezzamento per lo zelo con cui esercitate il vostro ministero, mi è caro ricordare che il presbitero ha il potere di confortare i malati e di concedere il perdono dei peccati mediante la preghiera e l'unzione con l'olio nel nome dell'Onnipotente (Cfr. Jc 5,14). Abbiate, pertanto, particolare cura di svolgere tra i sofferenti il servizio, a cui la misericordia di Dio vi ha chiamato.

Portate a tutti il Cristo, ben sapendo che è atto di religione pura e immacolata dinanzi a Dio il soccorrere quanti versano in tribolazioni ed il custodire la propria esistenza limpida e santa (cfr. Jc 1,27).

Giunga un mio particolare, affettuoso saluto a voi, religiose, che con la vostra vita consacrata e col vostro servizio generoso mostrate al mondo che l'incondizionata dedizione a Dio è fonte di letizia e di bene. Care sorelle, siate sempre fedeli alla vocazione ricevuta e la vostra esistenza sia colma di fattivo amore verso i fratelli. Testimonierete in tal modo la profondità e la dolcezza della verità evangelica.

Mentre auspico che la grazia del Redentore accresca in ciascuno di voi qui presenti la fede, l'amore e la partecipazione alla vita divina, vi imparto di cuore l'apostolica benedizione.


Data: 1988-06-04 Data estesa: Sabato 4 Giugno 1988




L'incontro con le autorità e con la cittadinanza - Piacenza

Titolo: "Diletta Piacenza, patria di amici fedeli, vivi, con Dio, in serenità e in pace"

Testo:

Signor sindaco, autorità, fratelli e sorelle.


1. Dopo aver sorvolato un lungo tratto dell'antica "via Emilia", già tracciata dai romani per congiungere i luoghi che in certo modo sono l'itinerario del mio viaggio apostolico in questa florida regione della valle Padana, sono particolarmente lieto di essere qui, stasera, con voi in questa storica piazza per rivolgervi il mio saluto cordiale.

Non vi sorprenderete se vi dico che già vi conosco, che già mi siete un poco familiari e che già godete della mia amicizia. Difatti, dentro gli occhi, il cuore, l'intelligenza, i gesti e le parole, ma soprattutto dentro la fedele e discreta dedizione di alcuni vostri nobili concittadini e miei illustri collaboratori - alludo, oltreché al compianto Cardinal Antonio Samorè, ai signori Cardinali Mario Nasalli Rocca, Opilio Rossi, Silvio Oddi e Agostino Casaroli, mio Segretario di Stato, come anche al Nunzio Apostolico in Italia, monsignor Luigi Poggi, e ad altri Presuli ai quali la vostra terra ha dato i natali -, io da tempo ho intravisto i "piacentini" ed ho imparato a stimare questa vostra città.

Grazie dunque, Piacenza. E grazie a tutti voi, per la vostra accoglienza calorosa e gradita.

Un ringraziamento a tutte le autorità: al signor prefetto che mi ha portato i saluti del governo italiano e un ringraziamento particolare al signor sindaco per le elevate e cordiali parole con cui ha voluto delinearmi il volto storico e culturale, nonche i problemi attuali di questa città, ed esprimermi, a nome della cittadinanza intera la gioia per questo incontro e l'attesa per una mia parola.


2. Da parte mia, desidero anzitutto e sinceramente rendere omaggio a questa vostra presenza di popolo unito, pacifico e laborioso, espressione di quello stile di collaborazione nell'ambito di una grande famiglia civile, che distingue la vostra vita associata. Infatti, pur nelle comprensibili difficoltà a coniugare i diversi interessi e le personali divergenze ideologiche, la vita della vostra città e provincia non è stata solo ricca di figure esemplari nel passato, ma lo è anche oggi per l'apporto di cittadini tra i quali la conflittualità sociale non è turbata da eccessi, radicalismi o intolleranze, ma anzi è caratterizzata da mutuo rispetto e da un innato senso della misura e del riserbo.

La tolleranza è un valore morale della vostra cultura, non piccolo e non trascurabile.

Nella mia recente enciclica ho voluto segnalare "come valore positivo e morale la crescente consapevolezza dell'interdipendenza tra gli uomini sentita come sistema determinante di relazioni" (SRS 38). Infatti l'interdipendenza, quando viene riconosciuta e praticata, può portare a scoprire e a dare un nome a quella forma di attuazione del bene comune che è la solidarietà.

Sarebbe di grande vantaggio alla vita comunitaria, se oltre alla tolleranza, già così preziosa in un mondo tribolato dalla conflittualità, si ponesse a fondamento del vivere pubblico la categoria morale della solidarietà, che "non è un sentimento di vaga compassione o di superficiale intenerimento per i mali di tante persone vicine o lontane, ma è la determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune: ossia per il bene di tutti e di ciascuno, perché tutti siano veramente responsabili di tutti" (SRS 38).


3. Viaggiando in questi giorni per l'Emilia, una delle regioni più ricche d'Italia, mi torna alla mente la parabola evangelica dell'uomo ricco (cfr. Lc 12,13-21) che è tentato di confidare esclusivamente sui beni che è riuscito a mettersi da parte.

Pur incontrando anche da voi il triste fenomeno della disoccupazione specialmente giovanile ed altre situazioni di disagio sociale, che sono state ricordate nell'intervento del signor sindaco e per le quali esprimo la mia sentita partecipazione, rilevo con piacere che la laboriosità della vostra popolazione, la sua singolare intraprendenza ed efficienza, sono premiate solitamente da buoni livelli di reddito uniti a una forte capacità di risparmio.

Pero il benessere e il successo economico, che pur rappresentano un legittimo desiderio dell'uomo, non possono essere aspirazione unica dell'esistenza. L'educazione delle persone e l'edificazione delle famiglie suppongono il riferimento costante a valori trascendenti e ad una cultura che metta sempre la persona prima del lavoro e dei beni materiali.

Questo non può essere interpretato come un invito a rifuggire dalle proprie responsabilità concrete. La Chiesa ricorda con chiarezza il dovere di collaborare allo sviluppo economico del territorio mediante il proprio impegno e gli investimenti per contribuire ad assicurare nuove possibilità di occupazione, oggi e domani, in un luogo per quanto possibile non troppo lontano da casa.

Aveva già detto il Concilio che "danneggiano gravemente il bene comune coloro che tengono inutilizzate le proprie ricchezze" (GS 65); e io stesso ho recentemente ricordato che "la collaborazione allo sviluppo di tutto l'uomo è un dovere di tutti verso tutti, e deve, allo stesso tempo, essere comune alle quattro parti del mondo: est e ovest, nord e sud" (SRS 32).

Vigilate perché la vostra laboriosità resti sempre virtù, sia espressione delle vostre capacità e di un giusto impegno per le realtà terrestri, ma non diventi il valore unico o principale della vostra vita. Non accada che, sotto l'influsso di un sistema dominato quasi esclusivamente dalla produttività fine a se stessa, la dedizione al lavoro diventi alienazione e si trasformi in forza distruttiva della persona e della famiglia.


4. La storia di questa città bimillenaria, le cui radici furono all'inizio irrorate dal sangue del martire sant'Antonino, annunciatore tra voi del Vangelo, testimonia l'impegno di persone, che con pari intensità hanno sviluppato i germi della operosità e della fede, della fedeltà alla patria e dell'amore alla Chiesa.

Sotto il profilo umano e religioso, il vostro passato remoto e recente, ricco di santi e di cittadini illustri, dimostra che i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo piacentino.

Auspico che anche questa mia visita apostolica serva ad incrementare quell'umanesimo cristiano a cui si ispira l'agire della vostra gente. Nessuno s'accontenti di una religiosità fatta di esteriorità, di tradizioni e di pura osservanza, ma la riempia di vera fede cristiana, voluta e coerente. E poiché cristiani non si è mai da soli, non vivete la fede isolatamente, ma nella solidarietà e nel sostegno della comunità cristiana; offrite a vostra volta agli altri il bene della fede che avete ricevuto in dono.

La Chiesa di Piacenza in Sinodo è tra voi a continuare il dialogo di amicizia e di salvezza, a cui il Papa vuol oggi portare il suo contributo.

La speranza e l'augurio di un domani migliore è affidato alla vostra vitalità, alla vostra solidarietà, alla vostra fede.

Il Papa dice a ciascuno di voi: non sopportate di nascondere nell'anonimato e nel silenzio la meraviglia di una vita vissuta in piena umanità: "Non si accende una lucerna per nasconderla sotto il moggio" (Lc 11,33).

Partecipate, accentuate gli scambi, sostenete gli organismi preposti al bene comune, soccorrete chi tra voi e nel mondo è visitato dalla sofferenza.

In questi nobili impegni, vi assista la Madre del Redentore e madre nostra Maria, che dall'alto di questo palazzo gotico vede e "precede" il vostro popolo.

Diletta Piacenza, patria di amici fedeli, vivi in serenità e pace; e che Dio ti accompagni sempre.


Data: 1988-06-04 Data estesa: Sabato 4 Giugno 1988





GPII 1988 Insegnamenti - Omelia della Messa concelebrata nello stadio "Braglia" - Modena