GPII 1988 Insegnamenti - Con il re del Lesotho - Palazzo reale di Maseru (Lesotho)

Con il re del Lesotho - Palazzo reale di Maseru (Lesotho)

Titolo: "Desidero essere per ognuno di voi strumento di unità e di pace"

Testo:

Vostra maestà il re Moshoeshoe II, vostra maestà la regina Mamohato, vostra eccellenza, presidente del consiglio militare e del consiglio dei ministri, miei fratelli Vescovi, membri del consiglio militare e ministri del governo, signor presidente della corte, membri del Corpo diplomatico, distinti membri del governo, amato popolo del Lesotho, a tutti voi io dico: "Khotso! Pula! Nala!".


1. E' per me motivo di grande gioia essere qui nel Lesotho. Come il salmista dice nella Bibbia: "Questo è il giorno fatto dal Signore, rallegriamoci ed esultiamo in esso!" (Ps 118,24). Grazie, Maestà, per le vostre parole di benvenuto. Ho apprezzato il vostro gentile invito a visitare il vostro Paese e sono grato ai Vescovi cattolici del Lesotho per avermi anch'essi invitato a venire. I miei ringraziamenti vanno a tutti coloro che hanno generosamente collaborato alla preparazione di questa visita pastorale.

Estendo il mio cordiale saluto a tutto l'amato popolo di questa terra.

E' un piacere trovarmi qui con voi. Sono venuto in mezzo a voi con spirito di amicizia e stima, grato a Dio per questa opportunità di parlare con voi e di imparare da voi, desiderando essere per ognuno di voi uno strumento di unità e di pace.


2. Sono venuto anche come servitore di Gesù Cristo, in veste di primo pastore della Chiesa cattolica. In questo servizio a nostro Signore, desidero pregare con i miei fratelli e le mie sorelle in Cristo, per confermarli nella loro fede e nella speranza e per incoraggiarli nel loro amore per il nostro Redentore.

E' stato per me motivo di particolare gioia celebrare la beatificazione di padre Joseph Gérard, uno dei primi missionari cattolici in mezzo al popolo basotho e uomo che amava profondamente i vostri antenati, un servitore di Cristo che cercava di essere amico di tutti. Egli è stato aiutato dal celebre fondatore di questa nazione, sua maestà il re Moshoeshoe I.

La Chiesa cattolica ha appena commemorato il centoventicinquesimo anniversario dell'arrivo nel Lesotho di padre Gérard e dei suoi compagni. Questo avvenimento e le molte benedizioni che Dio ha riversato su questa Chiesa nel corso degli anni mostrano la provvidenza e la fedeltà di Dio verso il suo popolo. E la memoria dell'amorevole provvidenza divina nel passato rinnova oggi lo slancio dei seguaci di Gesù Cristo, li conferma nei loro sforzi di essergli fedeli. La beatificazione di padre Gérard è quindi un segno evidente della continua crescita e del vigore della Chiesa.


3. Sono lieto degli sforzi che la Chiesa nel Lesotho sta compiendo per facilitare la comprensione e la comunione. E sono felice di aver potuto incontrare nel corso della mia visita i responsabili delle altre comunità ecclesiali. Perché se i seguaci di Gesù Cristo devono farsi strumenti di riconciliazione nel mondo, essi devono pero anche ripristinare tra di loro quella totale comunione nella fede e nella carità per la quale egli stesso ha pregato.

So anche che i cittadini del Lesotho condividono questo anelito all'unità e alla pace, perché esso è parte del loro patrimonio nazionale, già dal tempo del re Moshoeshoe I, un sovrano che durante il suo governo adotto i principi della tolleranza e del perdono, del dialogo e della persuasione. Questi ideali che continuano ad ispirare voi come nazione, sono degni di ammirazione e di essere sostenuti. E posso assicurarvi che la Chiesa è sempre pronta a dare il suo contributo quando si tratta di rafforzare una preziosa tradizione.


4. Uno dei miei compiti di Sommo Pontefice della Chiesa è quello di promuovere il dialogo e la comprensione tra i popoli. E' questa una delle ragioni per le quali intraprendo i miei viaggi in tutto il mondo, e una delle mie speranze venendo qui nel Lesotho.

Di fatto tutta la Chiesa desidera continuare il dialogo tra tutti gli uomini e le donne.

Il caloroso benvenuto che mi avete dato ha espresso la vostra apertura e il valore che attribuite al dialogo. In questi giorni della mia visita si sono avute molte possibilità di raccogliere i frutti dei dialogo, ascoltandoci e parlandoci vicendevolmente. E abbiamo avviato il dialogo più importante di tutti, il dialogo che è preghiera - il nostro dialogare ed essere in comunione con Dio.


5. Voglio esprimervi il mio profondo interesse per la cultura del Lesotho. Il vostro cordiale benvenuto è una manifestazione della vostra ospitalità e della vostra bontà. E prego che la mia visita possa servire a promuovere il bene di tutto il popolo basotho. In modo speciale vorrei offrire il sostegno della mia preghiera ai poveri, ai malati e a coloro che non hanno potuto prendere parte alle celebrazioni di questi giorni. Che possano conoscere e sperimentare l'abbondanza della grazia divina. E su tutto l'amato popolo del Lesotho invoco i doni di pace e di gioia del Signore Dio nostro.


Data: 1988-09-15 Data estesa: Giovedi 15 Settembre 1988




Congedo dal Lesotho - Aereoporto di Maseru

Titolo: "Le vostre case siano benedette dalla pace e dall'amore"

Testo:

Vostra maestà il re Moshoeshoe II, vostra maestà la regina Mamohato, vostra eccellenza, presidente del consiglio militare e del consiglio dei ministri, miei fratelli Vescovi, membri del consiglio militare e ministri del governo, signor presidente della corte, membri del Corpo diplomatico, distinti membri del governo, amato popolo del Lesotho.

E' tempo ormai per me di dire addio al Lesotho. E' stata una visita più breve di quanto era stato inizialmente previsto, ma una visita tutta piena di preghiera e di fatti, di gioia e di amicizia. Desidero esprimere la mia profonda gratitudine per la vostra affettuosa accoglienza e per la cordiale ospitalità.

Sono grato a vostra maestà, il re del Lesotho, a tutte le autorità della nazione, e ai responsabili dell'ordine pubblico durante la mia visita pastorale.

Ringrazio tutti coloro che hanno dedicato il loro tempo e i loro servizi, alla preparazione della mia visita e a fare di questa un' esperienza memorabile. Sono grato, soprattutto, a tutto il popolo basotho che mi ha aperto il suo cuore e la sua mente, ricevendomi nel pieno rispetto e in amicizia, e aiutandomi subito a capire le proprie lotte e i propri successi.


2. Con fraterno amore in Cristo, esprimo il sincero ringraziamento ai Vescovi del Lesotho e all'intera Chiesa cattolica di questo Paese. Non dimentichero mai la liturgia della beatificazione del beato Joseph Gérard, né l'altra occasione in cui ci siamo riuniti in preghiera per lodare la Santissima Trinità ed essere rinnovati dallo Spirito Santo nella nostra fede, speranza e carità.

L'incontro con i miei fratelli Vescovi, l'entusiasmante incontro con i giovani ieri pomeriggio, e l'incontro con il vostro clero, religiosi e seminaristi, mi hanno mostrato come il seme della fede ha affondato le sue radici in questa terra e come abbondanti siano i suoi frutti. Sicuramente oggi, in paradiso, Joseph Gérard e tutti i santi gioiscono per come il Vangelo è stato abbracciato da questo amato popolo ed è diventato per molti la regola della vita quotidiana.

Con l'aiuto delle preghiere del beato Joseph Gérard e per intercessione della santissima Vergine Maria, possiate trovare la forza di portare avanti la grande opera di evangelizzazione. Con le parole di san Paolo posso fiduciosamente affermare: "Sono persuaso che colui che ha iniziato in voi quest'opera buona, la porterà a compimento fino al giorno di Gesù Cristo" (Ph 1,6).


3. Nel suo messaggio di addio ai discepoli, Gesù Cristo ha detto: "Nessuno ha un amore più grande di questo: donare la vita per i propri amici" (Jn 15,13). Poiché lascio il Lesotho questa mattina desidero richiamare ancora la saggezza di tali parole, la saggezza di cercare di operare nell'amore altruista.

Ciò di cui ha bisogno il mondo di oggi è "una civiltà dell'amore", un genere di atmosfera in cui la mente umana ha pensieri di pace e rifiuta le opzioni della violenza, dove il cuore è proteso verso la bellezza e la benevolenza e verso l'urgente bisogno degli altri, dove la gente si dà la mano come fratello e sorella per operare nella solidarietà per i diritti e la dignità di tutti, soprattutto dei membri più poveri e più bisognosi della società.

Si, "non vi può essere un amore più grande di quello di un uomo che dedica la propria vita ai suoi amici". Questa è la chiave per comprendere la vita di Gesù Cristo e dei suoi fedeli seguaci in ogni tempo e luogo. E' un'accurata descrizione del beato Joseph Gérard, negli anni in cui ha vissuto in questo Paese.

Ed anche per quelli che non credono nella fede cristiana, queste parole sull'amore si rivelano autentiche. L'amore è la forza più potente per cambiare l'aspetto della terra.

Caro popolo del Lesotho: grazie per l'amore che mi hai dimostrato. Come gesto di partecipazione del mio amore e rispetto per voi, bacero il suolo del Lesotho. Vi portero oggi e sempre nel mio cuore. Possano le vostre case essere santificate dalla pace e dall'amore.

E il Dio dell'amore vi tenga sempre sotto la sua protezione. Dio vi benedica tutti. "Khotso - Pula - Nala" (Pace - pioggia - prosperità).


Data: 1988-09-16 Data estesa: Venerdi 16 Settembre 1988




Omelia della Messa nello stadio di Mbabane (Swaziland)

Titolo: La pace, dono di Dio affidato alla responsabilità dell'uomo

Testo:

"Ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù... e il suo regno non avrà mai fine" (Lc 1,31-33).

Cari fratelli e sorelle.


1. Siamo oggi riuniti nel nome di Gesù Cristo, il re eterno, il cui regno non avrà fine: "Davanti a lui camminerà la giustizia e sulla via dei suoi passi la salvezza" (Ps 85[84],14).

Ci presentiamo a lui, il Re della pace. Il suo Regno di pace è anche un Regno di grazia e di verità, di giustizia e di amore. E sua Madre, la Vergine di Nazaret, dice all'angelo dell'annunciazione: "Io sono la serva del Signore" (Lc 1,38). Ed è proprio come serva del Signore che partecipa della natura regale di suo Figlio. Questo è il motivo per cui ella è la Regina della pace.


2. Io so che qui nello Swaziland la Chiesa venera in modo particolare Maria con il titolo di "Regina della Pace". Nella mia gioia di essere tra di voi desidero anche unirmi a questa venerazione della Madre di Cristo. In questo spirito e unendomi all'intera Chiesa dello Swaziland, rivolgo il mio caldo saluto a voi tutti che siete qui riuniti per questa celebrazione memorabile e a tutte le popolazioni di questo bellissimo Paese durante questo anno in cui celebrate il ventesimo anniversario della vostra indipendenza nazionale.

Porgo i miei rispettosi saluti a sua maestà il re Mswati III e la sua maestà la regina madre. Insieme con loro saluto anche gli autorevoli membri del governo. Estendo i miei fraterni saluti in Cristo al Vescovo Ndlovu, ai sacerdoti e ai religiosi dello Swaziland e a tutti i membri della Chiesa cattolica nel vostro Paese. Saluto anche i presenti che appartengono ad altre comunità ecclesiali o a religioni non cristiane. A voi tutti porgo il mio saluto nell'amore di Dio.


3. La prima lettura di oggi della Sacra Scrittura ci aiuta a comprendere meglio cosa intendiamo dire quando affermiamo che Cristo è il Re della pace. San Paolo ci dice che "è stato Dio infatti a riconciliare a sé il mondo in Cristo" (2Co 5,19).

Questa riconciliazione si è compiuta attraverso il sacrificio di redenzione sulla croce ed è la base della pace che riempie il Regno di Dio. E' una riconciliazione che non può essere distrutta. Rimane per sempre una fonte di frutti di riconciliazione e di pace per l'intera razza umana. L'opera di riconciliazione di Cristo ci trasforma dall'interno. Ci libera dall'egoismo e dal peccato e ci dona una nuova vita in lui. Come ci dice san Paolo: "E' stato Dio infatti a riconciliare a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe" (2Co 5,19); "...Ed egli è morto per tutti perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto ed è risuscitato per loro" (2Co 5,15). "...Quindi se uno è in Cristo, è una creatura nuova" (2Co 5,17).

Cristo è il Re della pace perché fonda una nuova creazione e restituisce la dimensione della fratellanza alla vita umana sulla terra. Tutti i popoli sono tra di loro fratelli e sorelle perché Dio è il loro padre comune. Cristo ci rivela questo fatto insegnandoci a chiamare Dio "Padre nostro". Questo è il fondamento della pace del Regno di Dio.


4. O meglio, Dio soltanto è la fonte di questa pace. In lui troviamo la fonte di ogni riconciliazione, umana e divina. San Paolo proclama questa realtà quando dice che "tutto questo pero viene da Dio" (2Co 5,18).

Eppure anche noi sappiamo per via della fede che il dono della pace è al tempo stesso una responsabilità umana data a tutti e a ciascuno. Dice ancora san Paolo: "l'amore del Cristo ci spinge" (2Co 5,14). Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante il Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione (2Co 5,18). E così: "Noi fungiamo quindi da ambasciatori per Cristo: come se Dio esortasse per mezzo nostro. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio" (2Co 5,20). Naturalmente, san Paolo sa che sta diffondendo "un messaggio di riconciliazione". Rappresenta una missione non soltanto per i suoi contemporanei ma anche per la Chiesa attraverso tutti i secoli.


5. Dopo molti secoli questa missione apostolica, descritta nella seconda lettera ai Corinti e proclamata durante la liturgia odierna ha raggiunto questa terra nella regione meridionale del continente africano. Che cosa significa questa missione per noi che siamo oggi radunati qui, per la Chiesa nello Swaziland e per tutte le popolazioni di questo Paese? In che modo l'apostolico "messaggio di riconciliazione" risuona qui, oggi, pieno di nuovo vigore? Un ambasciatore è conosciuto per le sue credenziali. Deve dare prove credibili che è stato inviato. Come ambasciatori di Cristo anche noi dobbiamo dare prove della nostra missione. E la prova più grande è la nostra fedeltà ad uno stile di vita cristiano. Se noi siamo riconciliati con Dio, con noi stessi e con gli altri, e se noi, a nostra volta, incoraggiamo questa riconciliazione all'interno della società, siamo poi in grado di esibire prove convincenti di essere ambasciatori del regno di pace. In questo modo la buona novella che Dio in Cristo ha riconciliato a sé il mondo sarà credibile per coloro che ci guardano e ci ascoltano.


6. Una sfida importante oggi nella nostra vita e nella vita della società è la grande necessità di sostenere e rafforzare la famiglia che "è intima comunione di vita e di amore" (GS 48) che è la fonte primaria della società. Il Vangelo di oggi ci ricorda che Cristo, che è la nostra pace (Ep 2,14), era lui stesso membro di una famiglia. Era il Figlio di Maria. Attraverso il "si" di Maria, attraverso il suo abbandono amoroso alla volontà di Dio, Gesù è entrato nel nostro mondo come un uomo ed è diventato membro della famiglia umana, la santa famiglia di Nazaret. E così facendo ha riaffermato la dignità e il valore della vita familiare.

Come la santa famiglia di Nazaret ogni famiglia dello Swaziland, ogni famiglia del mondo è costruita nell'amore ed esiste per l'amore. Come ho affermato nella mia esortazione apostolica sul ruolo della famiglia nel mondo moderno, "la famiglia riceve la missione di custodire, rivelare e comunicare l'amore quale riflesso vivo e reale, partecipazione dell'amore di Dio per l'umanità e dell'amore di Cristo Signore per la Chiesa sua sposa" (FC 17).

Nella vita familiare, l'amore tra marito e moglie è di primaria importanza. Poiché rivela la sua natura di comunione intima di vita e amore allora il marito e la moglie devono formare una amorosa comunione di totale e reciproco dono di sé. Dio Creatore nostro ha stabilito una complementarietà naturale ed una uguale dignità tra l'uomo e la donna che facilita e favorisce questa comunione.

Inoltre quale fonte di grazia particolare Cristo ha istituito il sacramento del Matrimonio nel quale lo Spirito Santo viene riversato su ogni coppia per dare loro luce e saggezza, la forza di rimanere fedeli per tutta la vita alle loro promesse matrimoniali. Il matrimonio cristiano, allora, è caratterizzato da uno speciale vincolo di unità e indissolubilità perché Cristo dona ad ogni coppia la grazia di superare tutti gli ostacoli per un'unione nell'amore che sia esclusiva e che duri per tutta la vita.

Per questo motivo i cristiani trovano che un'unione coniugale monogama dona le basi sulle quali costruire una famiglia stabile in armonia con l'originale progetto di Dio per il matrimonio. "Dall'inizio", Dio ha creato il matrimonio fondato sulla uguale dignità personale degli uomini e delle donne "che nel matrimonio si donano con un amore totale e perciò stesso unico ed esclusivo" (FC 19). perciò ogni forma di disprezzo per la uguale dignità degli uomini e delle donne deve essere considerata come una seria contraddizione alla verità che Cristo, il Re della pace, ha portato nel mondo.

Al tempo stesso è importante riconoscere le usanze e i valori positivi che rafforzano e sostengono il matrimonio e la vita familiare. Tra queste vanno incluse le usanze e i valori tradizionali swazi che sono giunti fino a voi. E' stata una tradizione costante nella Chiesa quella di ricevere da varie culture qualunque realtà che contribuisca ad esprimere meglio l'impenetrabile ricchezza del Cristo.

La vostra cultura può arricchire la Chiesa intera nel momento in cui si unisce alla saggezza umana e prende vita dai valori morali (cfr. FC 10).


7. L'amore di Cristo e la verità del Vangelo vi spingono anche ad aiutare coloro che nelle vostre comunità hanno una vita matrimoniale e familiare travagliata a causa dell'infedeltà e della promiscuità, dell'abuso di droghe e alcool, dell'uso sfrenato della moderna tecnologia in modi che non rispettano la dignità della vita umana. Questi ed altri mali sociali non sono racchiusi nei confini dello Swaziland. Sono sintomi di una mancanza di riconciliazione con Dio e con gli altri che noi troviamo nei singoli cuori umani e nella società del mondo odierno nel suo insieme.

Nonostante questi mali sociali e le sofferenze di cui sono fonte, non c'è mai una ragione perché noi cristiani ci facciamo prendere dallo scoraggiamento; piuttosto dovremmo essere ricolmi di gioia e di fede nel Signore, nella buona novella della vittoria della croce, nell'infinito amore del nostro Padre celeste. A questo proposito, per esempio, ricordiamo quelle nonne che, quando si trovarono di fronte case distrutte e bambini abbandonati si sono prese cura dei loro nipotini con amore e li hanno iniziati alla fede cristiana e alla vita sacramentale. Possiamo imparare da queste donne, piene di bontà, la potenza dell'amore, da come si prendono generosamente cura dei giovani che sono il futuro dello Swaziland.


8. Cari fratelli e sorelle: la ricerca della riconciliazione e della pace che comincia nelle vostre famiglie deve essere anche estesa alle vostre comunità, al vostro Paese e all'intera stirpe umana. La pace è un dono che Dio fa a noi (cfr. Jn 14,27) ma, come peccatori, dobbiamo costantemente essere alla ricerca della pace e lottare per mantenerla. Il mio predecessore Paolo VI ha richiamato l'attenzione su un aspetto importante di questa ricerca quando ci ha detto: "Se vuoi la pace lavora per la giustizia" (Pauli VI "Nuntius ob diem ad pacem fovendam dicatum pro a.D. 1972", die 8 dec. 1971: Insegnamenti di Paolo VI, IX [1971] 1073ss).

Come cattolici abbiamo un grande contributo da dare per la costruzione di una società più giusta per i nostri concittadini. Il senso tradizionale della giustizia che i vostri antenati vi hanno lasciato può essere arricchito dalla rivelazione cristiana per condurre ad un rinnovato e più profondo impegno per un autentico sviluppo umano per tutti. A questo proposito desidero raccomandarvi gli sforzi che vengono fatti nello Swaziland per assicurare l'armonia tra le differenti razze, la libertà religiosa, il benessere sociale e una calda accoglienza per i rifugiati. E' anche presente una lunga tradizione di apertura alle idee delle altre nazioni. Tutto questo contribuisce a promuovere una società più giusta ed umana e una maggiore pace nel mondo.


9. La missione apostolica di essere ambasciatori di riconciliazione conferisce a tutti i cristiani il dovere particolare di cercare una riconciliazione al loro interno. Insieme a voi tutti saluto con favore le iniziative che sono state intraprese dalle organizzazioni ecumeniche a livello nazionale così come le ancora più spontanee collaborazioni tra i cristiani a livello locale. Un vero spirito di ecumenismo non ignorerà le reali differenze dottrinali che esistono tra i cristiani né dovrebbe condurre all'indifferenza nei confronti della nostra identità cattolica o nella pratica della nostra fede. Ma noi possiamo e dovremmo rallegrarci di ogni sforzo che miri a promuovere l'unità cristiana, specialmente mentre lavoriamo insieme per una maggiore giustizia e una pace più duratura.


10. Miei fratelli e sorelle in Cristo: l'angelo Gabriele è stato mandato da Dio alla Vergine Maria per annunciarle la salvezza del mondo: "Ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e sarà chiamato Figlio dell'Altissimo... e il suo regno non avrà mai fine" (Lc 1,31-33).

Si, il Regno di Cristo non avrà mai fine, anche se le potenze di questo mondo passeranno, anche se il cielo e la terra passeranno. La sua parola non passerà: la parola di Cristo durerà per sempre perché è parola di verità ed amore, parola di giustizia e di grazia, parola di riconciliazione e di pace.

Ciò che il salmista aveva predetto si è così avverato: "Misericordia e verità si incontreranno / giustizia e pace si baceranno. / Quando il Signore elargirà il suo bene, / la nostra terra darà il suo frutto. / Davanti a lui camminerà la giustizia / e sulla via dei suoi passi la salvezza" (Ps 85[84],11-14).

L'angelo Gabriele annuncio: "Non temere Maria perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco concepirai un figlio lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù" (Lc 1,30-31): Gesù, un nome che significa "Dio salva", un nome che significa salvatore.


11. E colei che voi qui venerate nello Swaziland come la Regina della pace rispose con queste parole: "Io sono la serva del Signore... avvenga di me quello che hai detto" (Lc 1,38).

La Regina della pace è colei che desidera servire - che desidera soprattutto essere al servizio della missione di riconciliazione e di pace che Gesù suo Figlio ha portato nel mondo. Lei - la Madre del Re della pace - desidera soprattutto servire ed intercedere in modo tale che "la nostra terra darà il suo frutto", il frutto della pace con Dio e tra tutti i popoli.

Maria - Regina della pace - desidera soprattutto servire, perché "servire Dio è regnare". Amen.

[Durante la santa Messa il Papa ha affidato lo Swaziland a Maria con queste parole:] O Maria Madre di nostro Signore Gesù Cristo.

Al termine di questa celebrazione della santa Eucaristia, in cui abbiamo meditato sul mistero dell'annunciazione e ti abbiamo onorato sotto il titolo di "Regina della pace", ti rivolgo ora una fiduciosa preghiera.

Guarda con amore al Popolo di Dio oggi qui riunito in preghiera. Guarda come gioisce nella buona novella del tuo Figlio. Tu sai come esso creda fermamente nel Vangelo. Tu sai quanto è profondo il suo amore per lui. Sii sempre vicina ad esso, o Madre del Redentore, per assisterlo nei suoi pellegrinaggi di fede. In unione con il corpo di Cristo nel mondo, la Chiesa dello Swaziland cerca di rispondere con generosità alla grande opera di evangelizzazione: per sostenere fedelmente gli insegnamenti della Chiesa, per difendere la dignità e i diritti di ogni persona, per rendere sempre lode e gloria alla Santissima Trinità.

O carissima Madre del nostro Salvatore, prego affinché il tuo amore abbracci tutti i membri della Chiesa in questo territorio, i Vescovi e sacerdoti, i religiosi e le religiose, tutti i laici che servono Cristo nel mondo.

Te li affido con grande speranza, fiducioso che insegnerai loro come crescere ogni giorno nella conoscenza e nell'amore del tuo divino Figlio.

O beata Vergine Maria, ti affido soprattutto i giovani di questa nazione: i bambini piccoli nella loro gioia ed innocenza, e i ragazzi e le ragazze che ora stanno decidendo cosa fare delle loro vite. Guidali lungo la strada della verità e dell'amore verso un futuro che risplende di speranza. Possano le loro menti e i loro cuori, come te, essere guidati dalla saggezza dello Spirito Santo.

O Maria, Madre della tenerezza, ti affido il malato e l'anziano, e tutti quanti ne hanno cura. Il tuo stesso cuore è stato segnato dalla sofferenza e dalla tristezza poiché hai reso testimonianza delle sofferenze della redenzione del tuo Figlio. Aiuta coloro che hanno generosamente condiviso la croce di Cristo a condividere ugualmente la promessa della risurrezione. Possano le famiglie dello Swaziland essere unite nell'amore di Cristo e possano le loro case essere come la casa di Nazaret, un luogo di caldo benvenuto e di affetto.

O Maria, Regina della pace, affido alla tua affettuosa cura tutto l'amato popolo che vive in questa terra. Ti porto le loro aspirazioni e desideri, soprattutto il loro desiderio di giustizia e pace. Quando tuo Figlio nacque a Betlemme, gli angeli cantarono in coro: "Gloria a Dio nel più alto dei cieli / e pace in terra agli uomini che egli ama" (Lc 2,14).

Si, il Figlio di Dio, tuo Figlio, è venuto a portare la pace, pace agli uomini e alle donne di buona volontà, pace agli uomini di ogni razza e nazione, pace agli uomini "che egli ama", una pace che è fondata sulla grazia e sulla giustizia. Intercedi presso il Figlio tuo, o Regina della pace, per il dono della pace nel mondo e per la pienezza della pace nei cuori di tutti. E possa il Regno del Principe della Pace essere sempre più stabile qui nello Swaziland. Amen.


Data: 1988-09-16 Data estesa: Venerdi 16 Settembre 1988




Con il clero, i religiosi e i malati nella Cattedrale di Manzini (Swaziland)

Titolo: Il cammino della sofferenza e quello del servizio sono un dono di sé che è pieno di amore redentivo

Testo:

Caro Vescovo Ndlovou, cari fratelli e sorelle.


1. E' una grande gioia per me salutare tutti voi nel nome di nostro Signore Gesù Cristo, che ha dato la sua vita per noi sulla croce ed è risorto per la nostra salvezza. Nel suo nome ci siamo riuniti in questa Cattedrale per glorificare Dio e ringraziarlo per i doni di vita e di redenzione che abbiamo ricevuto attraverso suo Figlio.

I nostri cuori si rallegrano per la "buona novella" che abbiamo ascoltato un momento fa: Beati i poveri in spirito, i miti, i misericordiosi, i puri di cuore, gli operatori di pace, beati gli afflitti, coloro che hanno fame e sete della giustizia, i perseguitati (cfr. Mt 5,1-12).

Siamo pieni di fiducia e speranza per queste parole pronunciate dal Figlio di Dio. Le Beatitudini proclamano l'amore di Dio per i vulnerabili di questo mondo, per coloro che sono considerati, da alcuni, membri di seconda classe della famiglia umana o che non sono in grado di condurre una vita piena. Le Beatitudini annunciano l'amore di Dio per tutti coloro che si tengono stretti al Vangelo di fronte ad ogni ostacolo.

Le Beatitudini, inoltre, dischiudono al mondo una più profonda saggezza, basata sulla fede. Esse sono inseparabili dalla croce. Quando gli sforzi umani non possono annullare le devastazioni del peccato guardiamo a Dio con fede per una risposta, e la risposta è Cristo crocifisso. Come ci dice san Paolo: "E mentre i Giudei chiedono i miracoli e i Greci cercano la sapienza, noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, predichiamo Cristo potenza di Dio e sapienza di Dio" (1Co 1,22-24).

Questo messaggio si applica ad ogni cristiano, ma io so che ha un significato speciale per molti di voi presenti oggi in questa Cattedrale. Chi fra gli ammalati e gli handicappati può dire che il suo cuore non è stato trasformato dalla esperienza della croce? Chi fra i sacerdoti e i religiosi non ha visto la potenza e la sapienza di Cristo crocifisso all'opera del mondo? Il cammino della sofferenza, il cammino del servizio, possono essere trasformati per grazia di Dio in un dono di sé che è pieno di amore redentore. Questa è la via delle Beatitudini; è la via di Dio rivelata in Cristo.


2. Cari fratelli e sorelle che siete malati o handicappati, il mondo esulta ogni qualvolta superate le vostre limitazioni fisiche invece di lasciarvi opprimere da esse. Ma il Popolo di Dio vi ama teneramente ancor più, perché riconosce in voi una fonte straordinaria di potere spirituale nel cuore dell'umanità. Dio ci assicura che il suo potere è al massimo quando è all'opera in mezzo alla debolezza umana (cfr. 2Co 12,9). Voi potete spiegare una vasta riserva di amore per il bene di tutti coloro che hanno particolarmente bisogno della misericordia e dell'aiuto di Dio. Voi edificate il corpo di Cristo nella comunione dei santi, quel legame misterioso per il quale cielo, terra e purgatorio sono uniti in un grande desiderio che Dio sia "tutto in tutti" (1Co 15,28).

Voi partecipate in modo speciale dell'opera redentiva di Cristo. Egli ha vinto il male del peccato, della sofferenza e della morte con l'amore che ha mostrato sulla croce. Unendo amorevolmente le vostre sofferenze alle sue, aiutate a trasformare spiritualmente il mondo dal di dentro. Voi operate una larga breccia nel cuore dell'umanità perché l'amore redentivo di Dio vi possa entrare. Per questa ragione la Chiesa via ama teneramente e chiede le vostre preghiere, come io faccio oggi: pregate perché nel mondo vi siano più perdono e più pace. Pregate per coloro che cercano Dio e hanno bisogno della sua misericordia. Pregate per la Chiesa.

So che, come il resto dell'umanità, voi attraversate momenti di tristezza e di scoramento. Anche voi dovete combattere per superare la tentazione, per conformare le vostre vite al Vangelo, e soprattutto per preservare la fede. Ma non dovete mai permettere a voi stessi di dubitare dell'amore di Dio e della verità di quanto egli ha promesso. Voi non siete dimenticati. Potete trarre conforto dall'esempio di san Paolo, che mentre svolgeva la sua eroica opera missionaria scriveva: "Per questo non ci scoraggiamo, ma anche se il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore si rinnova di giorno in giorno" (2Co 4,16).


3. Desidero inoltre rivolgere una speciale parola di saluto e di incoraggiamento ai sacerdoti e ai religiosi dello Swaziland che sono oggi qui presenti, come pure ai sacerdoti e ai religiosi che provengono da altri Paesi. I Serviti, che per primi piantarono il seme del Vangelo nello Swaziland con pazienza e amore, sono stati raggiunti da altre comunità religiose. Non dimentichiamo oggi i pionieri del Regno di Dio in questo Regno dello Swaziland, quelli che hanno iniziato il lavoro, e quelli che l'hanno portato avanti, compreso naturalmente il primo Vescovo di Manzini e primo Vescovo dello Swaziland, Mandlenkosi Zwane. Sono felice per il numero crescente di vocazioni swazi sia al sacerdozio che nelle file dei religiosi, uomini e donne. Per tutti voi ringraziamo Dio! Anche voi potete rallegrarvi nella verità delle Beatitudini, che è sempre all'opera nelle nostre vite e nei nostri ministeri, così come lo è stata nel corso di tutta la storia dell'attività missionaria nell'Africa del Sud.

Come Cristo, che "vedendo le folle" inizio ad insegnare loro il vero cammino verso la felicità (cfr. Mt 5,1), anche voi, sacerdoti e religiosi, avete una missione profetica. Voi invitate la gente a mettere da parte il modo di pensare terreno e a cercare il Regno di Dio. Li invitate ad avere fede in ciò che non si può vedere. Quelli che le Beatitudini chiamano beati, sperimentano già "la bontà del Signore" in questa vita, ma il loro completo riscatto è riservato al Regno che verrà. Ecco perché san Paolo ci dice che noi camminiamo "nella fede e non ancora in visione" (2Co 5,7). E ciò si applica a noi stessi come pure al nostro popolo. Quali sacerdoti e religiosi impariamo la pazienza e l'umiltà nel nostro lavoro. Come i "poveri in spirito", sappiamo che senza Dio i nostri sforzi sono vani. Facendo assegnamento sul suo aiuto, possiamo perseverare nell'adempiere al compito apostolico: "Annunzia la parola, insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e dottrina" (2Tm 4,2).


4. La nostra esperienza di fede insegna a tutti noi - sacerdoti, religiosi e laici - quanto noi dipendiamo da Dio, ma la lezione non termina qui. Se la fede ci dà la ferma convinzione che "noi non siamo dimenticati", essa per parte sua ci insegna che non dobbiamo dimenticare gli altri, soprattutto i bisognosi. Possiamo essere tentati dal mostrare rispetto soltanto nei confronti dei grandi della terra, di riservare il nostro amore soltanto alle nostre famiglie e ai nostri amici. Ma Cristo ci insegna che, nel bene e nel male, quello che facciamo all'ultimo dei nostri fratelli, lo facciamo a lui (cfr. Mt 25,40).

Certamente il nostro amore, come quello di Dio, deve abbracciare la persona umana in ogni dimensione. La nostra preoccupazione riguarda il benessere di ogni membro della famiglia umana. La spiritualità comprende necessariamente coloro che non hanno ancora udito il Vangelo o coloro che, dopo averlo ascoltato, si sono allontanati dalla pratica della loro fede; coloro che hanno bisogno della catechesi o di incoraggiamento e guida morale, soprattutto i giovani e le coppie sposate. Allo stesso modo l'amore cristiano abbraccia tutti coloro che sono nel bisogno fisico o materiale; gli ammalati e gli invalidi, i poveri e disoccupati, i senza tetto e gli affamati, gli oppressi, i perseguitati e i carcerati.

Esiste inoltre il grave flagello dei rifugiati. Come ho scritto nella mia ultima enciclica sulla questione sociale, il problema dei rifugiati è una "piaga" che priva milioni di persone di "casa, lavoro, famiglia e patria" e che è "tipica e rivelatrice degli squilibri e dei conflitti del mondo contemporaneo" (SRS 24). So che nello Swaziland la Chiesa, come pure le pubbliche autorità ed organizzazioni non governative e internazionali, hanno svolto un duro lavoro per venire incontro alle necessità dei rifugiati. Il governo e il popolo dello Swaziland debbono essere lodati per l'ospitalità e la gentilezza dimostrati nei confronti di questa gente, e per tutto quanto hanno fatto per la loro risistemazione, nonostante le limitate risorse ed il problema della disoccupazione. Questa politica nazionale è un tributo alla memoria del vostro ultimo venerato re Sobhuza II, che l'ha avviata, e al monarca regnante, re Mswati III, che ha seguito l'esempio di suo padre.


5. Cari fratelli e sorelle: abbiamo riflettuto sulle Beatitudini e sulla loro promessa di riscatto futuro per i poveri e gli umili. Abbiamo meditato sulla croce di Cristo e sul suo potere di portare salvezza e redenzione nel mondo. E' giusto che ciò sia avvenuto in questa Cattedrale, eretta in onore dell'Assunzione di Maria, corpo e anima, nella gloria del cielo.

Come umile "serva" del Signore (cfr. Lc 1,38), la Vergine di Nazaret è stata il modello di tutte le Beatitudini. Come "Madre Addolorata" essa ha partecipato in modo unico alla morte redentrice di suo Figlio sulla croce. Adesso, dal cielo, essa testimonia il compimento di tutte le promesse di Dio: "Tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente" (Lc 1,48-49).

Quali pellegrini che camminano ancora "nella fede e non in visione", rivolgiamoci alla Madre di Dio per ricevere speranza e conforto. Uniamo le nostre gioie e i nostri dolori ai suoi. Lei ci insegnerà il significato delle Beatitudini. Lei ci condurrà nel mistero della redenzione: nel mistero dell'amore redentivo.


Data: 1988-09-16 Data estesa: Venerdi 16 Settembre 1988





GPII 1988 Insegnamenti - Con il re del Lesotho - Palazzo reale di Maseru (Lesotho)