GPII 1988 Insegnamenti - Ai Vescovi ugandesi in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Ai Vescovi ugandesi in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "L'Uganda ascolti la vostra voce e si dedichi al recupero dei valori spirituali e morali indeboliti nel lungo conflitto"

Testo:

Caro Cardinale Nsubuga, cari fratelli Vescovi.


1. Dopo le conversazioni personali che abbiamo avuto riguardo alla situazione delle vostre diocesi, sono molto felice di avere questo ulteriore momento di incontro con voi, pastori della Chiesa cattolica in Uganda, un Paese molto vicino al mio cuore a causa della gloriosa memoria dei suoi martiri e delle sue più recenti sofferenze. Vi do il benvenuto e unisco la mia alle vostre preghiere, chiedendo al nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo di mandare la sua pace e il suo amore misericordioso sopra il vostro popolo e il vostro Paese.

Oggi siete qui nella città che conserva le tombe dei benedetti apostoli Pietro e Paolo, per fare la vostra "visita ad limina": "ad limina Apostolorum". In questo modo voi unite ancor di più la professione di fede del vostro popolo alla professione apostolica della fede tramandata di generazione in generazione all'interno della comunità ecclesiale e garantita dal ministero dell'unità che il Signore ha affidato a Pietro (cfr. LG 18). Ringrazio Dio per la vostra fedeltà a Gesù Cristo, il "primo Pastore" (1P 5,4), e vi incoraggio nel vostro servizio pastorale al Popolo di Dio in Uganda.

Inoltre la vostra presenza mi dà la possibilità di lodare la tenacia e la perseveranza delle Chiese che voi presiedete nella carità. Il pensiero del vostro amato popolo, così provato da anni di conflitto diventa un'accorata preghiera al principe della pace, perché possa concedere i doni della riconciliazione e dell'armonia ai cuori di tutti i vostri compatrioti: "Pace in terra agli uomini che egli ama" (Lc 2,14).


2. La Chiesa in Uganda è costantemente nutrita dalla memoria dei suoi martiri.

San Charles Lwanga e i suoi compagni sono la speciale testimonianza della chiamata del vostro popolo a condividere il mistero salvifico della croce e della risurrezione di Cristo. Essi riconoscono la priorità essenziale delle verità del Vangelo, prima di ogni altro interesse, nel determinare il loro comportamento cristiano. La memoria dei martiri serve ad assicurare a noi in ogni circostanza che "le sofferenze del tempo presente non siano assolutamente paragonabili alla gloria che Dio ci manifesterà". (Rm 8,18).

Il messaggio cristiano ha il suo centro nella croce e nella risurrezione di Gesù Cristo. E', perciò, un messaggio di speranza e di coraggio. In unione con Cristo, con il sostegno dell'amore di Dio che lo Spirito riversa nei nostri cuori (cfr. Rm 5,5), voi non siete mai soli nell'affrontare le prove e i rischi del vostro pellegrinaggio terreno. Il Signore stesso protegge voi e il vostro popolo.


3. In quanto pastori voi comprendete che il vostro compito è quello di guidare il Popolo di Dio a scoprire ed accettare la sua degna vocazione cristiana e a cercare quella "santità senza della quale nessuno può vedere il Signore" (He 12,14). Voi siete consapevoli del vostro compito di "dare un esempio personale di santità, in carità, umiltà e semplicità di vita... (e) e di fare ogni sforzo per promuovere la fede cristiana secondo la vocazione propria di ciascuno" (CIC 387). Io vi incoraggio e vi sostengo in questo lavoro e vi raccomando alla benedetta Vergine Maria, alla quale nell'anno mariano guarda l'intera Chiesa con rinnovata devozione e fiducia.

Nella vostra lettera pastorale "Con un cuore nuovo e uno spirito nuovo", avete richiamato l'attenzione del vostro popolo all'imperativo della santità e dell'apostolato al quale tutti sono chiamati, e per il quale lo Spirito Santo dispensa grazie speciali fra tutti i fedeli (cfr. LG 12). Una delle gravi conseguenze della guerra civile che ha turbato il vostro Paese è stata la distruzione di una formazione catechistica e spirituale. A causa di ciò avete registrato un decadimento morale in molti aspetti della vita privata e pubblica.

La ricostruzione della nazione è dunque un bisogno non solo materiale, ma soprattutto spirituale e morale. Le coscienze necessitano di essere indirizzate verso quei valori etici che sono essenziali alla costruzione di una civiltà umana.

In questo compito enorme i Vescovi, i sacerdoti, i religiosi ed i laici di Uganda sono chiamati a dare il loro contributo e, soprattutto, quella visione di fede e quella forza carica di speranza che nascono da una vita autenticamente cristiana.


4. Il compito non è facile. Soprattutto quando uno spirito materialistico ed individualistico tende ad affermare se stesso e finisce per esercitare un grande influsso sui giovani. Attraverso piccole comunità cristiane e attraverso l'evangelizzazione delle famiglie voi state cercando di rovesciare il trend negativo che constatate nella vita dei fedeli. Avete accettato la sfida di evangelizzare i giovani del vostro Paese. Essi sono la speranza della Chiesa nella vostra terra e ovunque. E' buona cosa che voi cerchiate di introdurli ad un'esperienza personale di preghiera e di rapporto con Cristo, che è la base sicura per uno sviluppo umano e cristiano. Solo quando capiscono che il Signore li ama, li chiama e li manda nella sua vigna come suoi collaboratori nel lavoro di redenzione e di autentica liberazione, allora faranno l'esperienza della chiarezza interiore e troveranno il coraggio di dare se stessi fino in fondo nel compito di migliorare la società e di costruire la comunità ecclesiale, ciascuno secondo i doni ricevuti.

I vostri sacerdoti hanno un unico compito da svolgere nell'evangelizzare e catechizzare la gioventù in Uganda. Essi possono essere particolarmente vicini ai giovani, da amici e da guide, insegnando la dottrina cattolica in parrocchia e a scuola, e stimolandoli a partecipare ad iniziative culturali, sociali e caritative. Dovete continuamente incoraggiare i vostri preti in questo compito, invitarli a dare il meglio di loro stessi, del loro tempo e delle loro energie, per la formazione morale spirituale delle giovani generazioni. Questo è un grande contributo alla Chiesa e alla società.


5. Il numero crescente di vocazioni che registrate in alcune regioni costituisce un segno di speranza, ed una ulteriore responsabilità pastorale per voi. So che vi state impegnando per offrire a quei giovani che desiderano farsi preti o dedicarsi alla vita religiosa un'adeguata preparazione per la vita e le responsabilità che li attendono. Ogni sforzo e sacrificio fatto in questa direzione è importante per il futuro della Chiesa nel vostro Paese. La vostra preoccupazione di migliorare il livello culturale dei preti, dei religiosi e dei laici, attraverso programmi di formazione permanente, così da metterli nella condizione di affrontare le sfide crescenti portate alla dottrina cattolica e ai principi morali, mostra come abbiate chiara consapevolezza del fatto che ogni genuino progresso sociale dipende dal risvegliarsi nelle coscienze di un senso di responsabilità e di solidarietà in ogni aspetto della vita.

La missione della Chiesa abbraccia l'intera persona umana - corpo e anima - che vive in questo modo ma è destinata alla vita eterna. I servizi sociali e gli interventi per lo sviluppo sono un aspetto molto importante della testimonianza di una comunità cristiana, ma essi non possono sostituirsi alla missione primaria della Chiesa di evangelizzare e diffondere il Regno di Dio.

Questo è vero soprattutto per vescovi e preti, il cui compito principale è di agire "in persona Christi", così da trasmettere i frutti della redenzione conquistati dal Signore Gesù nella sua passione e risurrezione.


6. La Chiesa è "segno e strumento di unione intima con Dio e con l'umanità intera" (LG 1). Il tema dell'unità nella Chiesa e nella società civile alla quale appartenete è molto vicino ai vostri cuori. Nel contesto dell'Uganda, e anche dell'Africa intera, i membri della Chiesa sono chiamati a servire la causa di quell'unità ed armonia tra individui, gruppi e nazioni che è rispettosa delle differenze etniche, linguistiche, culturali e religiose, ma che nel contempo richiama e promuove la più fondamentale unità di tutti gli uomini e le donne nella loro comune umanità e nelle loro dignità di amati figli di Dio.

Voi ben sapete quanti pregiudizi e quante resistenze debbano essere superati. La vostra esperienza in Uganda mostra che la costruzione di una unità nazionale nella libertà e nel rispetto di ciascuno è un compito delicato che richiede grande saggezza e prudenza. La comunità ecclesiale ha un ruolo speciale da giocare nel promuovere queste unità.


7. Nelle vostre lettere pastorali avete offerto un insegnamento chiaro e dettagliato su molti importanti aspetti della vita. Avete rivolto numerosi appelli per la riconciliazione e il perdono tra tutti i settori della popolazione. Avete fatto presente la necessità di rispettare la dignità umana e i diritti di ogni uomo, donna e bambino. Prego perché la vostra voce sia ascoltata e che l'intero Paese abbandoni l'individualismo e i pregiudizi faziosi per un recupero di quei valori morali e spirituali venuti meno durante gli anni del conflitto.

L'unità richiede un atteggiamento aperto e pieno di rispetto da parte della mente e del cuore. Qui il ruolo pastorale della Chiesa ha un vasto campo d'azione. Vescovi, preti, religiosi e laici, in collaborazione con altri cristiani e con tutti gli uomini e le donne di buona volontà, in ogni parte del Paese, devono essere fermi nel rifiutare divisioni e coraggiosi nel prendere iniziativa per costruire una nazione pacifica, stabile, che veramente sarà una patria per ciascun ugandese. Vi incoraggio a continuare a chiamare il vostro popolo ad assumersi questo compito.


8. Il vostro esempio di reciproca comprensione, aiuto e collaborazione nel quadro della Conferenza episcopale ugandese dà maggior vigore al vostro appello. Nella ricostruzione di una unità è anche molto importante continuare ad integrare giovani provenienti da diverse zone del Paese in un ambiente di seminario pieno di unità ed armonia, specialmente nei vostri seminari maggiori, così che possano imparare ad accettarsi gli uni gli altri come fratelli in Cristo e come araldi di un solo Vangelo di grazia (cfr. Ac 20,24). La stessa cosa vale per le comunità religiose. Noto che avete già invitato molti cattolici provenienti diverse parti del Paese a ritornare a praticare la religione facendoli incontrare l'un con l'altro in fede e fraternità in occasione di pellegrinaggi e celebrazioni speciali.

Possano queste ed altre iniziative, comprese quelle realizzate dal Segretario cattolico, portare frutti abbondanti per la Chiesa e per l'intera società civile.

I passi intrapresi per incrementare le relazioni ecumeniche contribuiscono pure direttamente a superare antiche divisioni. Sono felice di apprendere che il Consiglio unitario cristiano ha ripreso le sue attività e che in molte aree la collaborazione con i cristiani non cattolici sta facendo molti progressi.

L'iniziativa per l'unità da parte della Chiesa può essere ancor più rafforzata dall'incoraggiare, in ciascuna diocesi, rapporti fraterni tra Vescovo e preti, siano essi ugandesi o missionari, e tra preti, religiosi e laici tra loro e con il loro Vescovo. Analizzando i principi e le direttive contenute nei documenti del Concilio e nel Codice di diritto canonico concernenti la struttura della Chiesa locale, troviamo un appello a ciascuno di accettare una condivisione di responsabilità per la vita e la crescita della Chiesa. Senza alcuna diminuzione del ruolo specifico e dell'autorità dell'ordinario, è giusto che i membri della Chiesa locale, laici compresi, acquisiscano un proprio senso di responsabilità per l'evangelizzazione e l'apostolato. Attraverso il Battesimo e la Cresima ai laici è stato affidato un compito nella comunità ecclesiale per il quale è essenziale che essi siano sempre più aiutati e motivati.


9. Cari fratelli vescovi: davanti a voi sta la grande sfida di consolidare la Chiesa nel vostro Paese. Mentre voi confidate innanzitutto nella grazia di Dio, perché è Dio che incrementa (cfr. 1Co 3,7), continuerete a fare ogni sforzo per incoraggiare tutti i settori della Chiesa locale a darsi da fare con ardore per la santità della vita, lo zelo nell'evangelizzazione, e le opere di carità che discendono dalla fedeltà al Signore. In molti modi voi godete dell'aiuto fraterno di altre Chiese locali, dalle quali ricevete missionari e forme di assistenza che giocano un ruolo importante nella vita della Chiesa in Uganda e che sono, a pieno diritto, un'espressione della cattolicità o universalità. Sono felice di sapere che a vostra volta rispondete a questa generosità cercando di venire incontro ai bisogni delle regioni circostanti, e che state mandando aiuti all'Etiopia e al Sudan. Spero che voi e i vostri sacerdoti abbiate sempre una visione spirituale e sopranazionale della vostra missione ecclesiale e del vostro servizio pastorale.

Possa Dio onnipotente assistere voi, Vescovi dell'Uganda, mentre vi dedicate alla costruzione della Chiesa nel vostro Paese.

Concludendo vi ripeto le parole di san Paolo, con le quali desidero esprimervi la mia vicinanza e il mio fraterno e accorato sostegno: "ringraziamo sempre Dio per tutti voi e vi ricordiamo nelle nostre preghiere. Quando siamo di fronte a Dio, nostro Padre, pensiamo continuamente alla vostra fede più attiva, al vostro amore molto impegnato, alla vostra speranza fermamente rivolta verso Gesù Cristo, nostro Signore".

Con la mia apostolica benedizione.


Data: 1988-06-20 Data estesa: Lunedi 20 Giugno 1988




Per l'inaugurazione della mostra "Imago Mariae" (Roma)

Titolo: A Maria attraverso la "via della bellezza"

Testo:


1. Sono grato al Cardinale Luigi Dedaglio per l'invito rivoltomi a prendere parte alla inaugurazione di questa mostra "Imago Mariae: tesori d'arte della civiltà cristiana", organizzata dal comitato centrale per l'anno mariano, in collaborazione col Ministero per i beni culturali e ed ambientali. Rivolgo il mio saluto al ministro, signora Vincenza Bono Parrino, di cui ho ascoltato con attenzione il nobile indirizzo, e ringrazio coloro che hanno collaborato alla raccolta dei quadri e oggetti d'arte mariana qui esposti. Saluto con animo grato le personalità, le quali rendono più significativa con la loro presenza questa bella iniziativa destinata ad onorare la Madre di Dio, nell'anno a lei dedicato.

L'iniziativa merita plauso anche perché avviene quasi in coincidenza con le celebrazioni del XII Centenario del Concilio Niceno II, che "si pronuncio a favore del ristabilimento del culto delle immagini", come ho ricordato nella lettera apostolica "Duodecimum Saeculum".

Questa mostra fa seguito all'esposizione delle antiche icone romane nella Basilica di Santa Maria Maggiore. L'uno e l'altro avvenimento hanno in comune l'interesse storico e culturale per le testimonianze di devozione alla Madre di Dio nella civiltà dell'Europa cristiana.

In questa sede di palazzo Venezia sono stati raccolti capolavori appartenenti alle diverse epoche della civiltà cristiana: dalle origini fino al XIX secolo. Un percorso per tappe segnato dalla riflessione sulle verità teologiche e bibliche, liturgiche ed esistenziali, che uomini di genio hanno espresso con la poesia delle arti figurative. Sono pittori, scultori, orafi, artisti che hanno raffigurato il volto della Vergine, hanno raccontato la sua vita, hanno raccolto le testimonianze del suo immenso amore verso il Figlio e verso gli uomini. Nella loro arte si coglie la fede personale di ciascuno e quella delle comunità cristiane alle quali essi appartennero.

La devozione alla Madre di Dio costituisce una della radici più profonde del sentimento religioso dei nostri popoli, un tessuto connettivo per la comunione e la comprensione umana. Nel suo nome hanno camminato gli uomini dell'Europa cristiana, creando una società ispirata alla legge dell'amore, della solidarietà, della pace.


2. Davanti a questa raccolta di opere d'arte il nostro animo si riempie di ammirazione, di gioia e anche di stupore nel contemplare la grazia della forme e dei colori, con cui gli artisti hanno saputo rivestire le fattezze della Vergine santa. E' vero, a Maria si va per la via della verità, cioè attraverso lo studio biblico, storico e teologico; ma vi è anche la via della bellezza, che è espressa dall'arte e che rende accessibile e quasi palpabile il mistero di Maria, mirabilmente associata all'opera dell'incarnazione e della redenzione. I grandi maestri che dalle prime raffigurazioni bizantine, a quelle del medioevo, della rinascenza, del barocco e fino all'ottocento, hanno illustrato episodi della vita della Madonna, ci hanno donato non solo un momento di felicità e di gaudio interiore, ma ci hanno fatto meglio intuire reconditi aspetti della pietà e della devozione mariane. Sappiamo infatti che tutta la tradizione iconografica sia d'Oriente che d'Occidente ha saputo esprimere in ricche variazioni non solo la bellezza fisica, ma soprattutto quella spirituale di Maria; ispirandosi in ciò anche alle parole di sant'Ambrogio, il quale asseriva che la bellezza conveniva a Maria in quanto "la stessa bellezza del corpo fu un'immagine dell'anima, figura della probità" (S.Ambrosii "De Virginibus", II, 2).


3. La grandezza delle opere esposte risiede proprio nel fatto che esse esprimono il mistero dell'essere e della missione della Vergine santa, e ne hanno recepito la luminosità e il significato. Esse ci aiutano a percepire il piano salvifico nella vicenda di Maria; esse ci tramandano un'esperienza vitale e incancellabile che s'imprime nel nostro spirito, perché ci fanno risalire dalla bellezza di Maria all'autore stesso del vero e del bello come afferma il libro della Sapienza: "Dalla grandezza e bellezza delle creature, per analogia, si conosce l'autore" (Sg 13,5).

Su quanti hanno allestito questa mostra, sui presenti e su tutti coloro che sosteranno davanti a queste opere d'arte invoco, per intercessione di Maria, "Mater Pulchrae Dilectionis", la divina assistenza, in pegno della quale imparto di cuore la mia benedizione.


Data: 1988-06-20 Data estesa: Lunedi 20 Giugno 1988









Al termine dell'udienza generale - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il Papa chiede di pregare per l'unità della chiesa nella fedeltà alla verità

Testo:

In questi giorni siamo particolarmente preoccupati per l'unità della santa Chiesa nella fedeltà alla verità rivelata.

Ritorniamo alla preghiera di Cristo che nell'ultima cena esorto i suoi discepoli ad essere una cosa sola. Pregando alla fine di questa udienza il "Pater Noster", facciamolo con questa particolare intenzione.


Data: 1988-06-22 Data estesa: Mercoledi 22 Giugno 1988




Messaggio televisivo all'Austria nell'imminenza della visita

Titolo: Un gioioso incontro tra fratelli per un si alla fede e alla vita

Testo:

Cari fratelli e sorelle nella fede, Cari cristiani e cittadini dell'Austria!


1. Con grande gioia e attesa guardo alla mia imminente seconda visita pastorale nel vostro Paese. Fin da oggi vi mando i più cordiali saluti dalla tomba dell'apostolo Pietro, che Cristo ha posto come fondamento permanente della sua chiesa. Desidero dichiararvi la mia più alta stima per il popolo austriaco e per la sua ricca storia e cultura, che fin dall'inizio sono state strettamente congiunte col cristianesimo. La riflessione sul proprio passato e sulla propria identità significa per l'Austria anche la riscoperta della sua vocazione cristiana. E' un ammonimento a riconoscere quei valori religiosi e morali, che hanno animato la vita del vostro popolo in tutti gli ambiti della società, imprimendovi determinate caratteristiche.

Il fatto di essere situato nel centro dell'Europa dà al vostro Paese la possibilità e il compito di essere ponte e mediatore tra Nord e Sud, tra Est e Ovest di questo continente. Il lavoro tenace e fruttuoso di ricostruzione dopo le rovine della seconda guerra mondiale ha posto l'Austria in grado di realizzare oggi le sue possibilità europee in modo metodico. La chiesa è pronta a dare il suo particolare contributo, affinché il continente europeo raggiunga oggi una nuova unità in forza delle originarie radici cristiane della sua storia, e possa così diventare ancor più efficacemente una garanzia della pace e della giustizia nella comunità dei popoli.


2. Provo grande gioia nel poter incontrarvi nuovamente dopo cinque anni e di poter conoscere questa volta un numero ancor maggiore di diocesi e di regioni. Durante la mia visita potro conoscere molte cose circa la vita e la fede dei cristiani nel vostro Paese. Il doppio si del motto di questi giorni "Si alla fede - Si alla vita" ha contraddistinto la lunga tradizione cristiana del vostro popolo. La fede ha già aiutato i vostri antenati a rimanere in vita nei giorni buoni e in quelli cattivi e far cominciare un nuovo inizio dopo ogni crisi. Questa fede è la grande forza, che viene offerta da Dio anche agli uomini di oggi e di domani. Possa il Signore anche in futuro animare la cultura di vita del vostro Paese e la vita dei singoli e darvi il giusto orientamento e misura.

La mia imminente visita vuol essere un gioioso incontro tra fratelli e sorelle nella comune fede cristiana. Vogliamo confortarci reciprocamente, con la forza che viene da Lui, nel lodare il Dio Uno e Trino nella preghiera comunitaria e nell'implorare la sua benedizione per poter svolgere la nostra missione cristiana nel mondo di oggi. In questo ci saranno compagni lungo il cammino i santi di cui faremo memoria nei vari luoghi della nostra visita. Questi santi uomini e donne hanno pronunciato e vissuto il loro deciso si alla fede e alla vita, rispondendo alle esigenze storiche della loro epoca. Che ci aiutino, affinché anche la nostra fede divenga viva e ci renda coraggiosi nel prendere una chiara decisione a vantaggio della vita, anzi alla piena vita in Cristo. Ciò che in questi uomini e donne è stato grande, è ancor oggi importante. E' necessario per una vita in pienezza. La mia prossima visita nel vostro Paese vuol essere un ulteriore servizio a tale scopo.


Dio vi protegga e vi benedica tutti! [Traduzione dal tedesco]


Data: 1988-06-22 Data estesa: Mercoledi 22 Giugno 1988




Il saluto all'aeroporto di Vienna (Austria)

Titolo: Rinnoviamo insieme in questi giorni il nostro si alla fede che è un si alla vita in tutte le sue espressioni

Testo:

Illustre signor Presidente federale.

La ringrazio e di tutto cuore per le amichevoli parole di benvenuto che lei mi ha appena rivolto in qualità di primo rappresentante della Repubblica austriaca. Assieme a lei rivolgo il mio saluto a tutti i rappresentanti della vita pubblica e a tutti gli uomini di questa stimata terra, la cui ospitalità ho avuto modo di apprezzare già cinque anni or sono.

Un particolare e fraterno saluto va ai Vescovi austriaci, i quali mi hanno amichevolmente invitato a questa seconda visita in Austria. Nell'anno 1983 un gran numero di fedeli ha partecipato a Vienna al "Katholikentag" sul tema: "Vivere la speranza - dare speranza". Questa festa della fede così colma di significati è ancora viva nella mia memoria. Io sono convinto, che i molti che hanno preso parte alle celebrazioni tenutesi a Vienna e a Mariazell, hanno riportato quella gioia e la certezza della fede nelle loro famiglie e nelle loro comunità parrocchiali.

Questa mia seconda visita pastorale mi condurrà ora in molte altre diocesi del suo Paese. Mi verrà dunque offerta l'opportunità di conoscere ancora meglio la variegata configurazione dell'Austria e la ricchezza delle sue testimonianze di fede cristiana. I luoghi in cui in questa occasione mi incontrero con i fedeli, sono stati scelti con cura. Essi tracciano come un grande arco attraverso la storia così ricca di eventi di questo Paese, una storia che è anche storia della fede.

Essi richiamano alla nostra mente i tempi della grazia e della vita cristiana nel suo fiorire, ma ci ricordano anche le tribolazioni che sono state e rimangono particolarmente intense.

L'antico "Lauriacum", il duomo di Salisburgo, di Gurk e di Vienna, il Bergisel di Innsbruck, Eisenstadt vicina al confine con l'Ungheria, l'allora campo di concentramento di Mauthausen ci dimostrano con chiarezza il significato di quelle parole che si ascoltano nel suo inno nazionale: "molto famosa" ma anche "molto provata Austria".

Ho un particolare invito da rivolgere a tutti i cattolici dell'Austria all'inizio di questo mio nuovo soggiorno in questa terra: nei luoghi in cui ci incontreremo, portiamo con noi l'ingente e dura eredità del passato assieme alle gioie e alle preoccupazioni del presente; affidiamole alla nostra comune preghiera a Dio. Rinnoviamo la nostra fedeltà alla vocazione cristiana, che ci è stata tramandata dai nostri predecessori, ed attraverso la celebrazione della santa Eucaristia rinnoviamo la nostra forza per una lieta convinta testimonianza a Cristo ed al suo messaggio salvifico nel nostro tempo.

Soltanto Dio può darci il coraggio necessario e il giusto orientamento per la nostra missione di cristiani nel mondo di oggi. Questo concetto è espresso anche con differenti parole dal motto di questa visita pastorale: "Si alla fede, si alla vita". Soltanto un deciso "si" alla fede vi metterà in condizione di dire e mantenere un altrettanto decisivo "si" alla vita in tutte le sue forme ed aspetti. La nostra vocazione cristiana è una vocazione alla vita, che risulta vincitrice su qualsiasi cultura di morte. Cristo stesso dice a proposito della sua missione nel mondo, che egli è venuto, affinché gli uomini abbiano la vita e la abbiano in abbondanza (cfr. Jn 10,10). Rinnoviamo quindi ed approfondiamo assieme nei prossimi giorni il nostro "si" alla fede, che è un "si" alla vita, e scaturisce dalla nostra intima comunione con Cristo. Pertanto imploriamo la particolare intercessione della Madre di Dio in questo anno mariano a lei dedicato. Nello stesso tempo possono aiutarci i santi di questa terra, i cui luoghi commemorativi visiteremo assieme.

Già da ora ringrazio di tutto cuore lei, signor Presidente e tutti gli abitanti di questa nazione, per la squisita ospitalità, che ancora una volta offre a me ed al mio seguito in questa terra austriaca bella per i suoi paesaggi e ricca per l'eredità culturale e religiosa.

Tutto ciò che di buono scaturisce da questi giorni, possa tradursi in un futuro colmo di benedizioni per l'Austria e per i suoi abitanti!


Data: 1988-06-23 Data estesa: Giovedi 23 Giugno 1988




Omelia alla celebrazione dei Vespri - Vienna (Austria)

Titolo: Nel coraggio della verità spianate la strada che va verso Dio

Testo:

Cari fratelli e sorelle in Cristo!


1. "Venne un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per rendere testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui" (Jn 1,6-7).

Il ricordo di Giovanni Battista, colui che ha preparato le vie del Signore, ci riunisce la sera antecedente alla sua festa - all'inizio della mia visita pastorale - per celebrare i Vespri in questo magnifico duomo di Santo Stefano a Vienna. La figura e la missione di questo grande messaggero di Dio inviato come testimone della luce, affinché gli uomini credessero, ci invita alla riflessione. In lui vogliamo riconoscere il nostro compito di preparare le vie del Signore, in qualità di discepoli di Gesù Cristo, nella nostra vita e nel mondo di oggi. Ringrazio di cuore voi che siete venuti a questa celebrazione. Il mio saluto particolare va all'intera arcidiocesi di Vienna con il suo Arcivescovo Hans-Hermann Groër, il quale presto sarà insignito da me della dignità cardinalizia, e con il carissimo Arcivescovo Franz Koenig. Porgo il mio saluto al signor Presidente federale, al signor Cancelliere federale e a tutti i membri del governo qui presenti, come a tutti gli uomini e donne che rivestono una carica di particolare responsabilità nella Chiesa e nella società della città di Vienna, della regione austriaca meridionale e dell'intero Paese.

Nello stesso tempo saluto tutti coloro che da vicino e da lontano sono in contatto con noi tramite la radio e la televisione e partecipano alla nostra preghiera.


2. "Egli venne come testimone per rendere testimonianza alla luce" (Jn 1,7).

Il prologo al Vangelo di Giovanni, in cui si trovano le parole dell'odierna lettura, indirizza lo sguardo di noi credenti verso il mistero della parola di Dio, che fu "in principio" (cfr. Jn 1,1).

"Il mondo fu fatto per mezzo di lui" (Jn 1,10), perché la parola "era Dio" (Jn 1,1). Ci incontriamo qui con il mistero della Creazione, il mistero di Dio che crea. Il Verbo è la luce eterna, della stessa natura del Padre. E' il Figlio di Dio, il primogenito dell'intera creazione (cfr. Col 1,15). Questa luce si trasmette alle creature, che portano in sè le tracce della divina sapienza. In particolar modo questa luce si trasmette agli uomini. Pertanto il prologo di Giovanni che tratta del Dio creatore ci introduce nel mistero dell'essenza umana.

Poiché il Verbo che è della stessa natura del Padre si trasmette agli uomini attraverso il fatto che esso stesso "diviene carne" (cfr. Jn 1,14).

Il Verbo viene, per divenire la luce degli uomini - per "illuminare" ogni uomo che viene al mondo, da vicino, dall'intimo centro della sua essenza umana e dalla storia dell'umanità. Per questo il Verbo eterno agisce come uomo, affinché ogni uomo possa meglio riconoscere Dio stesso nella natura umana di Dio.

Allo stesso tempo l'uomo deve comprendere profondamente anche la sua propria natura umana, che fin dal principio reca in sè l'immagine e la somiglianza di Dio.


3. A questo modo il prologo al Vangelo di Giovanni ci illustra il mistero della natura umana del Verbo divino, l'apogeo ed il decisivo punto di svolta nella storia dell'umanità e del mondo. Ma egli aggiunge: "Egli (il Verbo) era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo riconobbe. Venne fra la sua gente, ma i suoi non l'hanno accolto" (Jn 1,10-11). Con queste parole l'evangelista abbraccia la vita ed il destino di Gesù Cristo, il messia, il salvatore mandato da Dio nel mondo. Egli stesso lo ha contemplato proprio con i suoi occhi, lo ha ascoltato con le proprie orecchie; con le sue mani ha toccato il Verbo divino, che è divenuto carne.

Come uomo venne Dio fra gli uomini - il Verbo fatto uomo, attraverso il quale ogni cosa viene creata -, ma le sue creature non lo hanno accolto. "La luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l'hanno accolta" (Jn 1,5). Gli uomini preferirono le tenebre alla luce.


4. In questa rappresentazione generale del mistero di Dio in Gesù Cristo viene introdotta - già dal Prologo - la figura dell'uomo, del quale si dice: "Venne un uomo mandato da Dio; e il suo nome era Giovanni" (Jn 1,6).

Egli è mandato come testimone, per "rendere testimonianza alla luce" (Jn 1,7-8); non al termine della vita e delle opere di Gesù, ma proprio al principio: non appena il Verbo divino ha oltrepassato la soglia dell'eterno mistero, non appena Cristo venne al mondo nella notte di Betlemme, allorché egli nacque dal seno della Vergine.

Ed è proprio come al principio, quando il trentenne Gesù si reca da Nazaret al Giordano, per cominciare la sua messianica missione in Israele.

Chi è questo Giovanni? Già nel prologo del quarto Vangelo lo vediamo - e così pure nei sinottici - presso il Giordano. Ed ascoltiamo perfino la sua voce: "Colui che viene dopo di me mi è passato avanti perché era prima di me" (Jn 1,15).

Giovanni è il testimone che, essendo della stessa età di Cristo, ne prepara la venuta. Egli si erge nell'intera antica alleanza all'altezza dei profeti che hanno annunziato la venuta del Messia, ed è allo stesso modo fra di loro "il più grande".

Il Prologo al quarto Vangelo non lo definisce profeta, ma dice che "egli venne come testimone" (Jn 1,7). Egli è il primo di coloro che Cristo ha chiamato ad essere suoi testimoni con le parole: "E anche voi mi renderete testimonianza, perché siete stati con me fin dal principio" (Jn 15-27).

Giovanni che battezza presso il Giordano è il primo di questi testimoni.

Egli è testimone di quel "nuovo inizio", che era cominciato con il mistero del Verbo divino che diviene uomo. La sua testimonianza appartiene ancora al grande avvento di Israele e dell'intera umanità. Egli è allo stesso tempo "la soglia della testimonianza" che divide l'antica dalla nuova alleanza. Tutti coloro, che in seguito in armonia con lo spirito della verità, che procede dal Padre (cfr. Jn 15,26), danno testimonianza di Cristo crocefisso e risorto - tutti costoro hanno già oltrepassato la "soglia" della testimonianza di Giovanni presso il Giordano.


5. Nel momento in cui noi oggi, cari fratelli e sorelle - all'inizio della mia visita pastorale - ci incontriamo nel duomo di santo Stefano a Vienna, vogliamo soffermarci un attimo sul profondo significato di questa "testimonianza", la quale - iniziata da Giovanni Battista, e proseguita negli apostoli - è stata tramandata come missione per l'intero Popolo di Dio.

"Testimoniare" Cristo definisce l'intima essenza del nostro essere cristiani. Essere discepoli di Gesù Cristo, significa essere testimoni! Il Signore dice di se stesso dinanzi a Pilato: "Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità" (Jn 18,37). Questa missione che Cristo ha ricevuto dal Padre, viene trasmessa agli apostoli dopo la resurrezione: "Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi" (Jn 20,21). Alla sua ascensione si concretizza subito in loro la missione della Chiesa, di testimoniare a tutti i popoli la sua lieta novella: "Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura" (Mc 16,15).

La testimonianza di innumerevoli messaggeri ha diffuso il messaggio di Cristo attraverso i secoli ed in tutte le parti della terra. Ancora oggi c'è bisogno di grandi sforzi, affinché esso raggiunga tutti gli uomini. Nello stesso tempo pero, anche nei Paesi già cristiani, mai come prima d'ora i cristiani stessi sono chiamati a fare di tutto, affinché la fede e la fedeltà a Cristo non si spenga in loro, ma si risvegli a nuova vita.

Il nostro intero continente europeo - cosiddetto cristiano - ha bisogno oggi di una rievangelizzazione. Per questo motivo il Concilio Vaticano II ha rivolto a tutti i cristiani l'appello ad una nuova e più decisiva testimonianza di fede. Non solo Vescovi, sacerdoti e religiosi, ma "ogni laico deve essere davanti al mondo il testimone della resurrezione e della vita del Signore Gesù, e segno del Dio vivo" (LG 38). Anche l'ultimo Sinodo dei Vescovi sulla missione e vocazione dei Laici nel mondo contemporaneo ha fatto suo questo appello. Nel rivolgersi al Popolo di Dio esso afferma: "Chi ha ricevuto il Battesimo, la Confermazione e l'Eucaristia, è chiamato a seguire Cristo - anche nel lavoro e nella professione - ed a testimoniarlo in ogni aspetto della sua vita".


6. Come ho già sottolineato davanti ai vostri Vescovi durante la mia prima visita pastorale, noi viviamo in un periodo "in cui il volto di Dio si è offuscato ed è divenuto per molti uomini irriconoscibile. L'esperienza dell'apparente assenza di Dio pesa non solo su coloro che sono lontani, ma è generale" ("Vindobonae, allocutio ad Episcopos Conferentiae Episcoporum Austriae", die 12 sept. 1983: , VI, 2 [1983] 499). Il motto dei prossimi giorni "Si alla fede - si alla vita" deve essere un appello rivolto a noi stessi, per confrontarci apertamente con questa necessità di chi vive al nostro fianco. I cristiani non debbono accontentarsi di lamentare l'assenza o l'oblio di Dio fra gli uomini. Essi debbono subito ricominciare a preparare le vie di Dio; dapprima attraverso la propria personale conversione e con la dedizione verso i propri simili, come suggerisce il profeta Isaia: "Spianate, preparate la via, rimuovete gli ostacoli sulla via del mio popolo" (Is 57,14). Per questo io dico a voi oggi: Rimuovete gli ostacoli, che si frappongono alla fede in Dio ai nostri giorni! Create le condizioni che facilitino la fede! Cercate una nuova fiducia reciproca sul modello della fiducia in Dio. Dove è la sfiducia reciproca che regola l'esistenza, allora non solo i rapporti fra un uomo e l'altro sono resi difficili.

Accade qualcosa di più profondo e ben visibile: scompare del tutto la fiducia nell'uomo, nella sua capacità e nella sua disposizione al vero ed al bene. La trasparenza del mondo che poggia sulla verità e sulla base della fiducia si offusca lentamente. Un mondo offuscato dalla sfiducia sbarra le strade che conducono verso Dio, paralizza il cammino della fede.

Nel coraggio della verità e della fiducia reciproca spianate la strada che va verso Dio, che vuole che ogni uomo venga salvato e giunga alla conoscenza della verità (cfr. 1Tm 2,14). E tale compito non è solo religioso, ma è anche di natura eminentemente sociale per il cristiano. Il Concilio Vaticano II, che sottolinea il particolare carattere religioso della missione della Chiesa con speciale attenzione, dice a tal riguardo con uguale chiarezza: "Eppure proprio da questa missione religiosa scaturiscono dei compiti, della luce e delle forze, che possono contribuire a costruire e a consolidare la comunità degli uomini secondo la legge divina" (GS 42).


7. San Clemens Maria Holfabuer, patrono di questa città, giunse a Vienna dopo aver già operato fruttuosamente nella mia patria e qui divenne il rinnovatore della vita religiosa e sociale. Assieme ai suoi confratelli egli opero in tutti i campi della cura pastorale contro l'indifferenza del secolo dell'illuminismo.

Possa egli aiutarvi ad impegnarvi nel suo spirito e con lo stesso zelo per un rinnovamento della Chiesa e della società di oggi. Voi vivete in uno Stato democratico, in grado di facilitare ogni reale collaborazione alla costruzione della società, e si attende da voi tutti questo tipo di aiuto. Come cristiani dovete domandarvi, se offrite quel contributo che vi è stato affidato da Dio e dal Vangelo. Che cos'è di una società in cui gli anziani vengono trattati come una malattia, e fra di loro i malati sono visti come disturbatori, una società in cui si contraggono a cuor leggero matrimoni che vengono sciolti con leggerezza ancora maggiore, ed in cui decine di migliaia di bambini vengono uccisi ogni anno prima ancora di vedere la luce? A proposito del compito del cristiano nella società, l'ultimo Sinodo dei Vescovi si è espresso con le seguenti parole rivolgendosi al Popolo di Dio: "La coerenza tra fede e vita deve accompagnare l'impegno dei fedeli laici nella sfera pubblica, nella partecipazione alle istituzioni politiche e sociali, come nella vita quotidiana per impregnare evangelicamente le strutture e le attività secolari". Diciamo pertanto il nostro deciso "si" alla fede - "si" alla vita, anche al cospetto di un egoismo senza speranza che soffoca l'esistenza.

Diciamo "si" alla fede - "si" alla vita, nella profonda convinzione, che noi siamo una comunità di uomini, "i quali, riuniti insieme nel Cristo, sono guidati dallo Spirito santo nel loro pellegrinaggio verso il Regno del Padre ed hanno ricevuto un messaggio di salvezza da proporre a tutti" (GS 1).


8. In un'opera della cristianità antica, la "Lettera a Diogneto", sono indicati i ruoli del cristiano nella società: "I cristiani sono uomini come gli altri: differiscono dagli altri non per nazione, lingua o costumi... si sposano come tutti gli altri e generano bambini, ma non ripudiano il frutto del loro corpo... per dirla in breve: la funzione che l'anima ricopre nel corpo, i cristiani la ricoprono nel mondo. L'anima impregna tutte le membra del del corpo, i cristiani tutte le città del mondo.... I cristiani sono prigionieri del mondo eppure tengono il mondo unito..." ("Epist. ad Diogn.", 6).

Nel mondo ma non di questo mondo! Come i cristiani di quel tempo antico così anche i cristiani di oggi devono conservare il coraggio e la fiducia in Dio, per distinguersi nella loro vita da ciò che li circonda, non per farsene giudici, ma per penetrare questo ambiente con la luce e la verità del Vangelo attraverso la loro testimonianza di vita; così come l'anima pervade e vivifica il corpo, come il lievito fa crescere ogni sostanza.

La testimonianza del cristiano si concretizza dinanzi al "mondo", nei diversi problemi, ma essa rimane in ultima analisi una testimonianza a Cristo, alla luce, che illumina le tenebre, affinché illumini sempre di più gli uomini e il mondo. Il "si" del cristiano alla vita è dunque un "si" a Cristo, che è venuto proprio affinché "noi avessimo la vita e l'avessimo in abbondanza" (cfr. Jn 10,10).

Come Giovanni rese testimonianza alla luce, affinché tutti attraverso di lui giungessero alla fede, così anche la nostra testimonianza cristiana nel mondo deve essere sempre una testimonianza della salvezza, affinché gli uomini trovino la loro salvezza eterna in Cristo.

Oggi come allora Dio concede a tutti coloro che accolgono il suo verbo divino, il Figlio suo fattosi uomo, il potere di divenire figli di Dio (cfr. Jn 1,12).

San Giovanni Battista, tu che fosti testimone e preparasti le vie del Signore, fai di noi oggi, secondo il tuo modello, dei testimoni più credibili di Cristo e del suo Regno nei cuori degli uomini e nel mondo! - Amen.


Data: 1988-06-23 Data estesa: Giovedi 23 Giugno 1988





GPII 1988 Insegnamenti - Ai Vescovi ugandesi in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)