GPII 1988 Insegnamenti - Omelia della Messa a Gurk - (Austria)

Omelia della Messa a Gurk - (Austria)

Titolo: Cominciate di nuovo a parlare della fede

Testo:

Cari fratelli e sorelle.


1. "Quale gioia, quando mi dissero: andremo alla casa del Signore" (Ps 122[121],1).

E' veramente una grande gioia per me, in questo anno mariano, nell'imminenza del terzo millennio cristiano, giungere come pellegrino insieme con voi in questo venerabile duomo di Gurk, dedicato sin dalla sua costruzione, ottocento anni fa, alla particolare venerazione della Madonna. Siamo qui riuniti per commemorare ed onorare insieme santa Emma, che compi opere benefiche in questa regione verso la fine del primo millennio ed è sepolta qui, nella cripta del duomo.

Si, sono lieto di poter visitare il vostro Paese e di poter ammirare le bellezze della sua natura: i monti e le valli, i boschi, i ruscelli e i prati.

Quando oggi davanti a questo scenario solenne preghiamo con il salmista: "E ora i nostri piedi si fermano alle tue porte, Gerusalemme!" (Ps 122[121],2), ci sembra che la natura stessa si apra con tutta la sua bellezza, come "una porta", per farci entrare nel profondo mistero del mondo. E' la porta che ci schiude l'accesso a Dio, il Signore di tutto il creato. Per questo ricordiamo in questo luogo anche tutte quelle generazioni che prima di noi hanno lodato il nome del Signore in questo Paese e sono così andate come pellegrini alla Gerusalemme eterna: al luogo della eterna presenza di Dio, dove ora lo guardano "faccia a faccia".


2. Con questa gioia del salmista saluto tutti voi che siete presenti a questa celebrazione eucaristica o che vi partecipate attraverso la radio e la televisione: i fedeli delle diocesi di Gurk-Klagenfurt e di Graz, con i loro Vescovi Egon Kapellari e Johann Weber, ed anche i pellegrini della provincia ecclesiastica slovena e dell'arcidiocesi di Udine che si sono riuniti qui con i loro Vescovi, sacerdoti e religiosi per il sesto pellegrinaggio trinazionale. Voi tutti date così testimonianza della forza della fede cristiana, dei confini da superare: confini del cuore, confini della lingua e delle culture. Venendo da molti popoli, voi parlate come l'unico Popolo di Dio l'unica lingua della fede comune.

Su questa terra d'Europa s'incontrano diverse culture: quella tedesca, quella latina e quella slava che si arricchiscono e si compenetrano l'una con l'altra. Tutte sono profondamente impregnate della fede cristiana; così è stato fino ad oggi e così deve continuare ad essere anche in futuro. Nell'unione della nostra comune confessione di Cristo vorrei oggi, in questo luogo di pellegrinaggio della mia attuale visita pastorale pronunciare anche con voi il duplice si: "Si alla fede - Si alla vita".


3. Come il salmista c'invita alla casa di Dio, così Cristo dice di sé "Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi" (Mt 11,28). Si, egli stesso è la vera tenda di Dio tra gli uomini. In lui, parola eterna del Padre, che si è fatto carne, Dio si è rivelato interamente agli uomini. Infatti, come professa Gesù, a lui tutto è stato dato da suo Padre e "nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare" (Mt 11,27).

Venite a me, è l'invito che Cristo ci fa oggi. E' per questo che siamo qui. Siamo venuti e ci siamo riuniti nella Parola di Dio come attuale generazione del suo popolo, che grazie alla sua fede ha varcato le porte di Gerusalemme. Per questo l'Apostolo ci dice nella liturgia odierna: "La parola di Cristo dimori tra voi abbondantemente" (Col 3,16). Questa abbondanza la troviamo nella Chiesa, quando prepara per noi "la tavola della Parola di Dio". Ma è essenziale che non ci limitiamo ad ascoltare le letture della liturgia. La Parola di Dio deve invece "prendere dimora" di noi, affinché attraverso una fede viva e cosciente diventiamo partecipi di quella conoscenza divina con la quale il Figlio conosce il Padre. Per ottenere questa conoscenza l'Apostolo ci esorta oggi: "ammaestratevi e ammonitevi con ogni sapienza! Cantate a Dio di cuore e con gratitudine salmi, inni e cantici spirituali" (Col 3,16).


4. Cari fratelli e sorelle! I nostri antenati ed i popoli d'Europa hanno seguito già da molti secoli l'invito di Cristo e sono andati a lui. Schiere innumerevoli si sono aperte alla sua parola e hanno orientato la loro vita e la loro morte secondo il Vangelo. Ciascuno dei nostri popoli ha dato dei santi: uomini e donne che si sono lasciati catturare da Cristo senza riserve e penetrare dalla sua luce.

La storia della fede cristiana in Europa è tuttavia caratterizzata anche da crisi di fede, da resistenza e da rinnegamento del Vangelo. Questo è vero anche oggi. Molte porte si sono chiuse a Cristo. Per questo l'Europa, come ho detto ripetutamente, ha urgente bisogno di una nuova evangelizzazione, sia nelle grandi città che nelle campagne. Anche la Chiesa nelle vostre diocesi e nelle vostre regioni deve diventare di nuovo e sempre più missionaria. Quando i cristiani non danno più testimonianza della loro fede con l'esempio della loro vita e con la parola, la luce viene tolta loro (cfr. Ap 2,5). Altri verranno e pretenderanno il posto che i cristiani non occupano più.

Diamo dunque di nuovo ascolto alla chiamata dell'Apostolo: "Ammaestratevi e ammonitevi con ogni sapienza!". Cominciate di nuovo a parlare della fede, a trasmettere la fede nel dialogo tra le generazioni, i coniugi, i colleghi di lavoro, gli amici. Se i discepoli di Cristo diventano muti, le pietre parleranno: le pietre di chiese abbandonate e diroccate. Voi fate bene a mantenere le vostre belle antiche chiese. Ma è ancora più importante riempire di vita queste chiese domenica dopo domenica. Ancora più importante è essere noi stessi chiesa: un edificio di pietre vive. Per questo il Sinodo straordinario dei Vescovi del 1985 ha fatto questa esortazione: "Tutti i laici devono svolgere il loro ruolo nella Chiesa e nelle occupazioni quotidiane, in modo da permeare e trasformare il mondo con la luce e la vita di Cristo".


5. L'incarico di "ammaestrare" e di "ammonire" è affidato inoltre nel Popolo di Dio in maniera speciale ai pastori nominati da Dio, i Vescovi ed i sacerdoti. Sono i messaggeri designati attraverso i quali Cristo rivolge oggi agli uomini l'invito ad andare a lui. Sono inviati a voi affinché la sua parola dimori in voi in tutta la sua abbondanza. Per questo il Popolo di Dio ha bisogno di questi pastori in ogni momento, e specialmente oggi.

Abbiamo oggi la gioia di avere in mezzo a noi novelli sacerdoti delle diocesi di Graz e di Gurk. Ci congratuliamo con voi, cari giovani fratelli, per la gazia della vostra chiamata e raccomandiamo voi e la vostra futura opera sacerdotale alla speciale intercessione della Madonna. Restate sempre in ascolto, obbedienti alla Parola di Dio, come lo è stata Maria. Allora potrete essere anche messaggeri convinti e convincenti di Gesù Cristo nelle vostre future comunità. Il mio particolare saluto fraterno va anche ai presenti che festeggiano un anniversario sacerdotale, e innanzitutto a coloro che hanno ricevuto cinquanta anni fa la loro ordinazione nel duomo di Gurk. Ringrazio voi e tutti i sacerdoti anziani d'Austria per la fedeltà alla loro vocazione in un periodo così lungo e così travagliato. Certamente non vi è stato risparmiato di sperimentare in maniera molto personale il fatto che spetta ai discepoli condividere anche la croce di Cristo, come il Signore ci aveva predetto (cfr. Lc 9,23-24). Ma così sarete stati partecipi anche della letizia pasquale che ci è donata dalla nostra vicinanza sacerdotale al Signore risorto.


6. La Chiesa in Austria è benedetta da un'abbondanza di uomini e di donne disposti a partecipare attivamente alla vita e all'opera delle parrocchie. Ha anche il prezioso servizio dei diaconi permanenti. Ma ciò di cui ha bisogno la Chiesa, dalla sua fondazione da parte del Signore fino a tutti i tempi e in tutti i luoghi, è di uomini che mettano la loro vita totalmente e senza riserve a disposizione di Cristo e della sua opera salvifica. Di essi dice il Concilio Vaticano II: "I presbiteri, in virtù della sacra ordinazione e della missione che ricevono dai Vescovi, sono promossi al servizio di Cristo maestro, sacerdote e re, partecipando al suo ministero, per il quale la Chiesa qui in terra è incessantemente edificata in Popolo di Dio, corpo di Cristo e Tempio dello Spirito Santo" (PO 1).

Il servizio sacerdotale, che viene affidato attraverso il sacramento dell'Ordine sacro, appartiene alla essenza stessa della Chiesa. E' imprescindibile e non può essere sostituito da alcun altro servizio. Divenuto simile all'eterno sommo sacerdote, Cristo per un carattere particolare, il sacerdote agisce in sua vece. Nell'Eucaristia il sacerdote sta al posto di Cristo all'altare, rappresenta Cristo, come dice san Tommaso. Nel sacramento della Penitenza egli pronuncia in nome di Cristo le parole dell'assoluzione. "Chi ascolta voi ascolta me" (Lc 10,16), dice Gesù del loro annuncio di fede.

La mancanza di sacerdoti, da cui è colpita la Chiesa anche in Austria e nei Paesi confinanti, rappresenta una grande sfida per tutti i cristiani. Essi devono riconoscere e ammettere la loro corresponsabilità nei confronti della Chiesa e della vita nelle loro comunità. Con la sua esortazione a chiedere operai al Signore delle messi (cfr. Mt 9,36-38), Gesù dice chiaramente che la chiamata al servizio di pastore è un dono di Dio, per il quale bisogna pregare. Le vocazioni spirituali nascono dalla preghiera e dal sacrificio che viene fatto nella Chiesa perché siano risvegliate e sviluppate. Ogni singolo credente viene esortato e invitato a questo - anche i sacerdoti i quali con il loro sacerdozio vissuto nella gioia e nella pienezza diventano essi stessi l'invito più convincente a nuove vocazioni sacerdotali e religiose.

Rivolgo da qui una parola di sincera unione e di fraterno incoraggiamento a tutti i sacerdoti e i religiosi. Molti di voi, carissimi confratelli, portano grandi pesi. Ma l'esistenza dei discepoli di Cristo è sempre stata improntata dalla chiamata, dalla sfida di una fora di vita che alla naturale comprensione umana appare spesso troppo difficile e inaccettabile. Eppure Gesù ha detto: "Il mio giogo è dolce e il mio carico leggero" (Mt 11,30). Abbiamo ascoltato poco fa questa parola di Cristo nella celebrazione eucaristica. Solo chi accoglie questa parola con l'atteggiamento di Maria ne sperimenterà la verità e ne troverà la conferma anche nella propria vita sacerdotale.


7. Sorelle e fratelli carissimi! Nel nostro pellegrinaggio in questo luogo ricordiamo oggi particolarmente santa Emma. Vale per lei la lode dal libro dei Proverbi nella Bibbia: "Una donna perfetta chi potrà trovarla? Ben superiore alle perle è il suo valore... Apre le sue mani al misero, stende la mano al povero" (Pr 31,10-20). Emma ha sperimentato la benedizione di un matrimonio e di una famiglia.

Fu sottoposta a dure prove per la morte violenta dei suoi parenti più stretti.

Eppure dal suo dolore non nacquero né il dubbio né l'odio. La fede cristiana ha trasformato la sua sofferenza in compassione, in aiuto ai poveri. Emma ha costruito chiese e fondato monasteri. Ha costruito anche case per gli indigenti.

Se ricordiamo con gratitudine una donna come questa, uniamo a questo ricordo quello delle innumerevoli cose che la Chiesa ci ha donate e continua oggi a donarci attraverso le donne. Pensiamo al contributo delle donne all'annuncio della fede e specialmente alla trasmissione della fede alle generazioni future.

Pensiamo anche al contributo delle donne al servizio del prossimo e alla cultura della vita in genere.

Saluto oggi cordialmente le religiose qui presenti e tutte le religiose in Austria. La vocazione ai consigli evangelici da voi generosamente accettata e vissuta, carissime sorelle, è un grande dono di Dio alla Chiesa e all'intera comunità degli uomini. Vi ringrazio per la vostra testimonianza e per il vostro servizio.


8. Vorrei rivolgere ora una parola speciale nella vostra lingua madre ai fedeli sloveni qui presenti con i loro Vescovi ed ai pellegrini venuti dall'Italia - specialmente dal Friuli - con i loro Vescovi.

Cari confratelli nel servizio episcopale, cari fratelli e sorelle.

Siete venuti come pellegrini a Gurk in questa venerabile chiesa di Maria e presso la tomba di santa Emma. Da molto tempo Emma viene venerata anche dagli sloveni, e molti fedeli sloveni si sono recati in pellegrinaggio a Gurk. Voi oggi continuate questa tradizione. Lo fate nell'ambito del sesto pellegrinaggio delle Tre Terre, organizzato dai Vescovi delle tre diocesi e delle tre regioni. Siete rimasti fedeli alla fede ricevuta dai vostri padri e dalle vostre madri. Questa fede ha caratterizzato da secoli la vostra cultura e continuerà a farlo in futuro.

Aiutate i vostri bambini, aiutate i giovani a riconoscere la ricchezza di questa fede e a non vergognarsene mai. Siate come dei fratelli anche per quegli uomini che non hanno ancora ricevuto la grazia della fede cristiana, affinché essi per mezzo vostro possano riconoscere la bontà e l'amicizia di Dio. Fate si che Cristo sia il centro del vostro matrimonio e della vostra famiglia. Pregate affinché Dio doni alle vostre diocesi un gran numero di vocazioni al sacerdozio. "Siate saldi nella fede, lieti nella speranza e pazienti nella tribolazione". L'intercessione della Madre di Dio vi accompagni sempre.

Venerati pastori! Cari fratelli e sorelle! Avete voluto oltrepassare i confini della vostra nazione per vedere il Papa e per incontrarvi qui con i vostri fratelli nella fede dell'Austria e della Slovenia in Jugoslavia, con i quali siete uniti da una lunga storia di fede.

Infatti da Aquileia i messaggeri della fede portarono il Vangelo alle popolazioni del Friuli, della Carinzia e della Slovenia. Il Patriarcato di Aquileia, attraverso i secoli, ha collegato le tre regioni sul piano ecclesiale e culturale.

Purtroppo le antiche radici della fede sono oggi in Europa, e anche nelle vostre regioni, minacciate in diversi modi. I cristiani perciò devono reagire come comunità a questa sfida. Essi devono unirsi di più e stare più strettamente insieme. Questo pellegrinaggio di tre nazioni giova molto a tale scopo e ne è un grande aiuto.

Siete venuti al Santuario della Madre di Dio e di santa Emma di Gurk per ricevere una nuova forza per la vostra vita di ogni giorno. Conservate e rafforzate la vostra fede, guardando a Maria, alla quale santa Elisabetta ha detto: "Sei beata, perché hai creduto" (Lc 1,45).


9. Sorelle e fratelli carissimi! Nelle nostre comuni riflessioni siamo stati guidati oggi dall'augurio dell'apostolo Paolo, che la parola di Cristo abiti con tutta la sua abbondanza nel nostro cuore. I Vescovi del vostro Paese fanno propria la stessa richiesta attraverso il motto della mia visita pastorale. Vi invitano ad un duplice si: "Si alla fede - si alla vita". Dalla abbondanza della parola di Cristo, che abita nel nostro cuore e nella nostra mente, nasce anche l'abbondanza della vita divina negli uomini. Questa soprattutto dà all'uomo la pienezza definitiva della propria natura umana. Essa gli conferisce la retta visione dei valori, che "il mondo non può dare". La scala dei valori dell'uomo è spesso diventata confusa, perché ha perduto il rapporto con il valore finale, che è Dio.

La profonda nostalgia della pienezza di vita e della felicità, che può trovare solo in Dio il suo vero compimento, l'uomo cerca di soddisfarla con valori superficiali, troppo effimeri. La nostalgia della felicità diventa così brama di piaceri sempre più facili e più fugaci. Invece della pienezza sperata, aspettano l'uomo alla fine il vuoto interiore assoluto e la scontentezza.

Apriamo dunque di nuovo i nostri cuori alla lieta novella di Gesù Cristo, che solo è la retta via, la verità e la vita. Da molti secoli la Chiesa prepara su questa bella terra la mensa della Parola di Dio e la mensa del pane eucaristico: quel pane che diventa corpo e sangue del Redentore per la salvezza del mondo. Cristo ci chiama: "Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime" (Mt 11,29).

Cristo ci invita a partecipare al suo mistero pasquale: al mistero della croce. Questo è il suo "giogo": il "giogo per la redenzione del mondo". L'ha preso su di sé e l'ha portato sul Golgota e qui ha offerto se stesso in sacrificio. "Ha dato" il suo corpo e il suo sangue. Li ha usati come sacramento della nuova ed eterna alleanza di Dio con gli uomini e li ha costituiti Eucaristia per la sua Chiesa. Da ora in poi ci dice: "Prendete e mangiate, prendete e bevete" (Mt 26,26-27). "Prendere" significa allora partecipare in maniera reale. Non dobbiamo assistere solo esteriormente alla Messa, dobbiamo parteciparvi interamente e totalmente. Ecco perché Gesù ci invita: Venite con tutta la vostra vita, con la vostra croce. Imparate da me. Imparate a conoscermi, e troverete voi stessi; riconoscerete voi stessi: la vostra vera umanità.

L'Eucaristia è sacrificio - e il sacrificio diventa comunione, comunione intima di vita. Comunione significa donarsi vicendevolmente. Prendete il dono della mia vita - quella che si è rivelata completamente nel mistero pasquale - e datemi in dono la vostra vita: datemela come è, ci dice il Signore. E troverete "ristoro per le vostre anime". Perché il cuore dell'uomo è inquieto finché non riposa in Dio.

Amen!


Data: 1988-06-25 Data estesa: Sabato 25 Giugno 1988




Agli ammalati - Salisburgo (Austria)

Titolo: E' nella partecipazione che la Chiesa si rivela comunità dei figli di Dio e dimora di Dio

Testo:

Cari fratelli e sorelle!


1. E' per me motivo di grande gioia iniziare questa domenica a Salisburgo con questa preghiera comunitaria tra di voi. L'incontro con le persone anziane, malate o handicappate ha sempre un posto privilegiato durante le mie visite pastorali.

Voi non siete i figli di Dio dimenticati. Al contrario! Se un bambino malato ha un posto speciale nel cuore dei suoi genitori, tanto più grande sarà la gioia di Dio per la vostra fede e per il vostro coraggio. E Gesù Cristo ci ha assicurato, che è proprio in voi che noi lo incontriamo in modo particolare.

Purtroppo nel mondo di oggi non tutti riconoscono che chi è colpito dalla vecchiaia, dalla malattia, o dall'handicap ha lo stesso valore, come persona. Eppure a Dio non interessa la vostra efficienza in termini di produttività né l'ammontare del vostro conto in banca. Il Signore non guarda alle apparenze, ma al cuore.

Lo sguardo amorevole di Dio che si posa su ogni uomo gli dà la certezza che - vecchio o giovane, sano o malato - egli è desiderato o voluto senza alcuna eccezione. Per questo noi ci sentiamo tutti figli e figlie dello stesso Padre celeste. L'amore di Dio per noi viene al primo posto ed è fondamentale.

Sperimentare questo ed esserne coscienti è davvero qualcosa di grande; ed è importante partecipare agli altri questa esperienza e condividerla con loro nella vita.


2. La vostra sorte e la vostra fatica gravano spesso pesantemente sulle vostre spalle. Chi di voi non è mai stato tentato di chiedersi se i suoi affanni, le sue tribolazioni, la sua stanchezza fossero meritati o avessero un senso. Nella vostra sofferenza voi sperimentate concretamente la caducità e la limitatezza della creatura. Proprio per questo pero la sofferenza può diventare per noi il momento privilegiato dell'apertura agli altri e a Dio. Una vita che scorre piatta e senza interrogativi, facilmente ci porta alla superficialità e ci fa sentire sazi e autosufficienti. Invece quando la sofferenza ci provoca con i suoi inevitabili interrogativi, è li che sentiamo con forza la nostalgia. E rinnovati andiamo in cerca degli altri e, nel nostro intimo, di Dio.

Per trovare nella sofferenza consolazione e guarigione, abbiamo bisogno di essere comunità con gli altri e con Dio. Nel dolore come nella gioia non dobbiamo isolarci poiché la comunità è il luogo in cui possiamo condividere la nostra esperienza. E' uno dei compiti più belli della Chiesa quello di far sperimentare la partecipazione dei fratelli come qualcosa che guarisce. Ed è in questo che la Chiesa si rivela veramente comunità dei figli di Dio e dimora di Dio. Poiché "dov'è carità e amore qui c'è Dio!".


3. Nel brano del Vangelo che abbiamo appena ascoltato l'uomo dalla mano inaridita vive ignorato da tutti ai margini della società. Gesù lo vede come lo vedono tutti gli altri, ma non lo ignora. Nella sinagoga lo invita a spostarsi da un posto laterale verso il centro, per attirare l'attenzione di tutti su di lui. "Alzati" gli dice "e mettiti nel mezzo". E "l'uomo alzatosi si mise nel punto indicato" (Lc 6,8). Se non avesse avuto fiducia in Gesù sarebbe stato impossibile per lui mostrare pubblicamente la sua sofferenza. Egli si affida completamente a Gesù - come Pietro si affida alla voce di Gesù e cammina sulle acque. "Egli si alza": con questa breve frase l'evangelista vuole dirci come il malato non sia semplicemente un oggetto della forza salvifica di Gesù, ma che la guarigione avviene nell'incontro personale e grazie anche alla collaborazione del malato. Gesù incontra il malato come una persona alla quale egli riconosce tutto il suo valore e che ha bisogno di aiuto, il malato incontra Gesù come il Messia che era stato annunciato, come il Figlio di Dio fatto uomo; la salvezza gli proviene dalla sua adesione di fede a Cristo.

Che l'incontro con Cristo possa determinare una guarigione lo vediamo soprattutto nei luoghi di grazia, nei luoghi di preghiera e di conversione come Lourdes o Fatima o ovunque gli uomini si lasciano toccare dall'amore di Dio. Sono innumerevoli coloro che ogni anno tornano da questi luoghi colmati di ogni bene e riprendono la loro vita abituale. Il miracolo che è avvenuto è un miracolo di incontro e di fede. Nel rivolgersi fiduciosamente a Dio in Cristo, e per intercessione di Maria, si placano gli angosciosi interrogativi dell'uomo sul "perché" della sofferenza. Essi appaiono in una nuova luce, la sofferenza assume, per opera di Dio, un significato più profondo. Dio stesso ha dato una risposta al difficile mistero della sofferenza nel momento in cui si è fatto uomo, è diventato uno di noi. La risposta di Dio si chiama Gesù Cristo.


4. Nel suo nome, in nome di Gesù Cristo che chiamiamo nostro "salvatore" io vengo oggi in mezzo a voi. La parola salvatore ci indica una missione: "salvare". Gesù Cristo ha annunciato il Regno di Dio non solo a parole ma anche con i fatti.

Questo Regno è già cominciato grazie a lui e alla sua opera, soprattutto perché egli ha guarito l'uomo alla radice - nel corpo e nello spirito. Molti degli uomini che facevano ressa intorno a Gesù erano malati. Inoltre molti di loro erano schiavi del peccato. Gesù ha perdonato la loro colpa e spesso li ha guariti completamente anche nel fisico. Dopo essere stati guariti da lui i sordi non udivano più soltanto la voce del mondo, ma anche la Parola di Dio. I muti non si limitavano più a parlare con gli uomini, ma lodavano Dio dal profondo del loro cuore. E non solo i paralitici cominciavano a camminare ma camminavano verso Dio.

Il dono di Gesù a queste persone non si è limitato ad una guarigione ma è consistito nella salvezza, la pace con Dio, con se stessi e la pace con gli altri uomini.

Di fatto Gesù Cristo esteriormente non ha guarito tutte le persone che ha incontrato. Ma per tutti - senza nessuna eccezione - egli ha amaramente sofferto nella sua persona. Il suo cammino lo ha condotto sulla via della croce, sul Golgota. Egli ha sofferto ed è morto sulla croce facendosi carico della sofferenza e del peccato di ogni singolo uomo e di tutta l'umanità, e li ha salvati.


5. Da allora l'immagine del Signore crocifisso è particolarmente presente nella vita di coloro che devono sopportare una grande sofferenza materiale o spirituale.

Il divino "Uomo dei dolori" è con voi, fratelli e sorelle! Il Cristo segnato dalla croce e dal dolore pero è apparso davanti al trono di Dio trasfigurato, è risorto per noi. Dolore e morte non sono le realtà ultime di Cristo e non lo sono quindi nemmeno per l'uomo che crede in Cristo. Dolore e morte annunciano d'ora in avanti la resurrezione finale e la beatitudine eterna.

La fede cristiana e la speranza cristiana guardano al di là della morte.

Esse non sono pero motivo di consolazione solo in funzione dell'aldilà. Esse trasformano fin d'ora la nostra vita terrena. A coloro i quali hanno ricevuto il dono di credere in Cristo è data anche la forza per accettare e per sopportare le proprie sofferenze ed i propri fardelli. Essi ricevono pero anche la forza per portare le sofferenze e gli affanni del prossimo e per aiutarlo a superarli.

"Portate i pesi gli uni degli altri", dice l'apostolo Paolo, "così adempirete la legge di Cristo" (Ga 6,2). Per questo soprattutto la Chiesa dev'essere il luogo dove anziani, malati e handicappati si sentano accolti, capiti e sostenuti, perché il suo centro è Cristo, l'uomo dei dolori che ha vinto la sofferenza e la morte, il Signore trasfigurato.


6. Cari fratelli e sorelle! Certamente vi saranno sempre persone che vi passeranno accanto incuranti e indifferenti. Vi faranno sentire insignificanti e inutili. Ma siate certi che noi abbiamo bisogno di voi! Tutta la società ha bisogno di voi.

Voi interpellate continuamente il vostro prossimo circa il senso profondo dell'esistenza umana. Voi stimolate la loro solidarietà, mettete alla prova la loro capacità di amare. Soprattutto per i giovani voi siete una sfida a dare il meglio di loro stessi. Solidarietà e disponibilità ad assistere chi ne ha più bisogno. Laddove questa solidarietà viene soffocata la società diventa priva di calore umano. Tuttavia è incoraggiante vedere che tanti giovani oggi si impegnano al servizio degli anziani, degli ammalati e degli handicappati.

Proprio mentre sono tra voi voglio rivolgermi a tutta la società: non deve esistere nessuna discriminazione riguardo al valore della vita umana. Questa discriminazione ha dato luogo, qualche decennio fa, a una delle peggiori barbarie.

Non ci sono vite che hanno valore e altre che non ne hanno. Ogni vita umana sia prima che dopo la nascita, sia nel pieno delle sue potenzialità che in presenza di malformazioni - ogni vita umana, ha ricevuto da Dio la sua dignità, che nessuno può violare. Ogni uomo è fatto a immagine di Dio! 7. Per concludere voglio ripetervi ancora che la Chiesa ha bisogno di voi. In voi riconosciamo la presenza di Cristo che continua a vivere in mezzo a noi segnato dalla croce e dalla sofferenza. E se voi accettate le sofferenze che vi sono inflitte, la vostra preghiera e il vostro sacrificio a Dio avranno un'incredibile forza. Non smettete dunque di pregare! Pregate e offrite per la Chiesa, per la salvezza degli uomini e pregate anche per la mia missione apostolica.

Infine mi unisco a voi nel ringraziare tutti coloro che condividono con voi le ore tristi e le ore liete, e con la loro vicinanza a voi gettano dei ponti sull'abisso della tristezza e dell'abbandono. Sono loro a darvi coraggio nell'affrontare le prove della vecchiaia, della malattia, dell'handicap e a far rinascere quella speranza che consente al miracolo dell'incontro e al miracolo della fede di ripetersi continuamente.

Che Maria, aiuto dei cristiani, vi protegga con la sua presenza materna.

E che Dio uno e trino benedica tutti voi e tutti i fratelli e le sorelle che vi stanno vicini per aiutarvi. Che la sua pace sia con voi e vi doni una profonda gioia spirituale.

Amen.


Data: 1988-06-26 Data estesa: Domenica 26 Giugno 1988




Omelia alla Messa a Salisburgo - Austria

Titolo: Le paure dell'uomo aspettano di essere riscattate dai valori della speranza della nostra fede

Testo:

Cari fratelli e sorelle.


1. "Dio ha creato l'uomo per la immortalità" (Sg 2,23). Questa gioiosa professione di fede dal libro della Sapienza è posta come segno di speranza nella solenne liturgia odierna. E' la risposta agli interrogativi fondamentali dell'uomo, che oggi si ripresentano con particolare forza. Il Concilio Vaticano II li ha così formulati: Cos'è l'uomo? Qual è il significato del dolore, del male e della morte che malgrado ogni progresso continuano a sussistere? Cosa valgono queste conquiste ottenute a così caro prezzo? Cosa ci sarà dopo questa vita? (cfr. GS 10).

Confidando nella Parola di Dio io rispondo: "Dio ha creato l'uomo per l'immortalità". Come apostolo di Cristo continuo a rispondere: attraverso la sua morte e la sua resurrezione il Signore ha posto il fondamento anche per la nostra vittoria definitiva sulle potenze di morte, per farci dono della vita eterna in Dio.


2. Forte di questa identica fede e di questa speranza che tutti ci accomuna, la Chiesa cattolica austriaca mi ha invitato per questa nuova visita pastorale. In occasione di questa visita, che ho iniziato con grande gioia e pieno di aspettative, mi trovo oggi qui con voi in questa illustre città di Salisburgo, antica sede arcivescovile che da secoli porta addirittura il titolo onorifico di "Primas Germaniae". Sono felice e grato di questo incontro con voi e con la vostra rinomata città e diocesi. Saluto di cuore il vostro venerabile Arcivescovo Karl Berg, attuale presidente della Conferenza episcopale austriaca e i miei confratelli nel servizio episcopale e sacerdotale insieme a tutti i fratelli e sorelle che fanno parte del Popolo di Dio qui riuniti o collegati attraverso i mezzi di comunicazione.


3. Si, la nostalgia di una vita incorrutibile presente in ognuno di noi trova il suo compimento grazie all'opera salvifica di Gesù Cristo. Lo incontriamo nel Vangelo di oggi in una circostanza commovente. Si reco da lui uno dei capi della sinagoga di nome Giairo, che gli si getto ai piedi e lo pregava con insistenza di aiutarlo. "La mia figlioletta è agli estremi; vieni a imporle le mani perché sia guarita e viva" (Mc 5,23).

In questa preghiera avvertiamo la profonda nostalgia di ogni padre e di ogni madre, di ogni sposo preoccupato per la vita e per il bene dei suoi cari. Ma, nello stesso tempo, si manifesta la forte fede dell'ebreo Giairo, la sua fiducia in Cristo, inviato da Dio in grado di salvare sua figlia dalla morte e di renderle la vita e la salute. Quando giunge la notizia che la fanciulla è già morta, Gesù deve ricordare a Giairo la sua fede: "Non temere, continua solo ad avere fede!" (Mc 5,36). Il Signore si rivolge quindi alla figlia morta con la sua potenza divina che dà la vita: "Fanciulla io ti dico alzati!". E l'evangelista prosegue: "Subito la fanciulla si alzo e si mise a camminare" (Mc 5,42).

Possiamo supporre che il capo della sinagoga fosse profondamente grato a Dio onnipotente per questo dono inaudito, e si rivolgesse a lui con le parole del salmo responsoriale oggi letto: "Signore, vieni in mio aiuto. / Hai mutato il mio lamento in danza, / Signore, mio Dio, ti lodero per sempre" (cfr. Ps 30[29],11-13).

In questa drammatica vicenda di vita e di morte riconosciamo il Signore che compie nella sua persona le parole del libro della Sapienza: "Perché Dio non ha creato la morte / e non gode della rovina dei viventi / egli infatti ha creato tutto per l'esistenza... / Si, Dio ha creato l'uomo per l'immortalità; / lo fece a immagine della propria natura" (Sap 1,13;2,23).


4. Per dimostrare questa verità Gesù ha ridato la vita alla fanciulla morta. Egli è disposto a farsi condannare da coloro che non credono ad una morte ignominiosa e a morire sulla croce e a manifestare con la sua resurrezione la potenza della vita nella sua stessa persona.

Come ci ricorda la seconda lettura tratta dalla lettera ai Corinzi, il Signore si è fatto "povero" fino alla totale spoliazione sulla croce. Egli si è fatto povero per rendere noi ricchi, facendoci dono della vita eterna. Cristo ha inserito nella storia dell'uomo che è mortale, come vuole la legge della morte, la risposta di vita, della sua vita divina. D'ora in poi la sua resurrezione è presente ed agisce nella storia del mondo per una vita rinnovata ed eterna. Essa resta per sempre una fonte inesauribile di speranza. Chiunque è disperato e stanco fino alla morte, accanto a Gesù ricomincia a vivere contagiato dalla potenza del suo amore per la vita. Il povero, il cieco, l'indemoniato e l'emarginato: tutti osano farsi nuovamente avanti perché percepiscono la forza vitale che proviene dal Signore. Cristo si preoccupa di tutti coloro che non vedono via di scampo e li riporta alla vita con la sua parola salvifica. A tutti noi è rivolta la sua promessa: Io vivo e voi vivrete (Jn 14,19).


5. Cari fratelli e sorelle, questa parola del Signore indica la vita nella sua espressione più alta: indica la partecipazione alla vita divina che, in quanto verità creatrice e amore, è l'unica vita in senso pieno. Quando Cristo dice: "lo vivo e anche voi vivrete" è una provocazione inaudita e allo stesso tempo un annuncio. Significa: Voi dovete diventare come Dio - simili a Dio. Ma questa volta la parola non esce dalla bocca del tentatore, ma da quella del Figlio. Con questo non si toglie niente alla ricchezza della vita umana. Tutto ciò che la vita umana comporta con la sua fatica e la sua bellezza è un dato di fatto: poter pensare e capire, provare gioia, dolore, amore e tristezza. Accettare dei compiti e assolverli creativamente; discernere tra il bene e il male. E ancora, guardare al di là di se stessi, rivolgersi agli altri. Tutto questo cadrebbe nel nulla come una onda si perde nella corrente, se mancasse il fondamento più profondo che ci viene indicato da Dio: la vita trova la sua compiutezza solo se ci lasciamo toccare da Dio con fede e accogliamo la grazia del suo amore che ci apre le porte dell'eternità e già da ora ci fa entrare nel suo Regno.

La maggior parte di noi è dolorosamente consapevole delle minacce che incombono sulla vita nelle sue varie manifestazioni. L'uomo si distingue perché tiene conto dei pericoli e li affronta. Soprattutto noi cristiani siamo chiamati a farci carico di questa angoscia esistenziale e ad arginarla, annunciando e testimoniando il si di Dio alla vita. Mi riferisco qui alla paura di non avere abbastanza; alla paura di invecchiare e di soccombere al ritmo del lavoro; alla paura delle pericolose potenzialità di distruzione e di violenza dell'uomo; alla paura dell'oscuro abisso del nostro mondo interiore; alla paura della morte e del nulla. Queste paure aspettano di essere riscattate o addirittura sanate dai positivi valori della speranza della nostra fede.

Si è soprattutto accresciuta la necessità per l'uomo di cogliere il senso del tutto. Molti sono tormentati dalla paura di vivere inutilmente o di lasciarsi sfuggire la vera vita. La monotona routine "lavorare-guadagnare-consumare e di nuovo lavorare" non risponde alla domanda sul senso di tutto ciò. Sempre di più quindi i giovani chiedono: "Tutto qui?". Con timore i più anziani si chiedono: Che nel turbinio della mia vita quotidiana, io non abbia ancora scoperto e realizzato la cosa più importante della mia vita? Per poter dare una risposta a questi problemi esistenziali dobbiamo sempre rivolgerci alla fonte della vita che Cristo ha lasciato sgorgare per noi.

In lui incontriamo l'immagine di Dio, a somiglianza della quale siamo stati creati e che sempre più deve orientare il nostro cammino sulla terra.


6. L'impronta dell'immagine di Dio nella vita dell'uomo pero, non inizia solo ora.

In molte terre cristiane essa ha già una lunga storia, come anche qui a Salisburgo. Guardiamo a questa splendida città, circondata dalle sue belle montagne e allo stesso tempo resa famosa dai suoi numerosi monumenti storici, dalle sue opere d'arte, dall'architettura e dalla musica. Nella vivace esistenza di questa città, da sempre troviamo, insieme al commercio e alla cultura, un terzo pilastro: la fede cattolica. Ne sono prove inconfutabili i campanili della città, le cappelle e i monasteri arroccati e le croci lungo le strade. Esse ci ricordano i patroni della vostra diocesi, Ruperto e Vigilio, i due Vescovi fondatori ai quali aggiungiamo la santa madre badessa Erentrud. E' noto che da qui partirono molti missionari diretti in Oriente e verso il sud-est. così quel sale che ha dato il nome alla vostra città e ai suoi dintorni è comunque sempre stato il "sale della terra" in senso evangelico (cfr. Mt 5,13), che partendo da qui è penetrato in gran parte dell'Occidente.

Anche la storia di questa città testimonia l'eterna aspirazione dell'uomo alla verità, l'aspirazione al bene e al bello. Allo stesso tempo pero si levano gli interrogativi su ciò che resta della vita terrena per l'eternità. Come Pilato anche i vostri antenati si sono chiesti con scetticismo: "Cos'è la verità".

E allora come oggi la Chiesa dà agli uomini la stessa risposta di Gesù che di sé dice: "Io sono la via, la verità e la vita" (Jn 14,6).

Da più di un millennio, qui nel duomo e nelle numerose chiese del vostro Paese, i cristiani hanno attinto da Cristo la forza per vivere. Hanno orientato il proprio cammino secondo la sua parola. Nei momenti cruciali della loro vita si sono uniti a Dio nei sacramenti della Chiesa: quando nasceva una nuova vita; quando due persone univano i loro destini nel sacro vincolo del Matrimonio e si promettevano fedeltà per tutta la vita; quando Vescovi e sacerdoti venivano consacrati pastori del Popolo di Dio, e autentici testimoni della buona novella.

Quando una vita si concludeva sul letto di morte. Sempre in questi casi le vostre chiese si rivelavano veramente "Dimora di Dio e porte del cielo" (cfr. Gn 28,17).


7. Ma ancora oggi molti uomini seguono, più o meno consapevolmente, il cammino di Cristo e si lasciano plasmare dalla sua verità. Essi costituiscono la vera storia interiore del vostro Paese. Ad essa appartengono i santi che vivono tra di noi senza che ce ne accorgiamo e che operano come una sorgente chiara e limpida nel loro ambiente. Ad essi appartengono coloro che ogni giorno operano responsabilmente per il loro prossimo nelle famiglie e nel circondario, nelle parrocchie e nei comuni, negli ospedali e negli ospizi, nella vita pubblica e privata. Mi riferisco anche ai coniugi che malgrado le molte difficoltà si sforzano di vivere in pace e di dare spazio al mistero della vita nell'accoglienza e nella cura dei loro figli. Penso a coloro che grazie a una fede in Dio salda e matura aiutano gli altri a sopportare un destino doloroso e la tentazione della disperazione. Grazie a questi e a molti altri uomini si realizza il Regno di Dio in mezzo a noi, il Regno della giustizia e della verità, il Regno della fedeltà e dell'amore.

Ma spesso la fedeltà silenziosa dei giusti non è sufficiente. Essi devono farsi riconoscere, devono unirsi e lottare contro coloro che oggi sono più influenti e più potenti; coloro che considerano debolezza il rispetto per gli altri, chiamano la mancanza di attenzione per gli altri realizzazione di sé e che esaltano la loro astuzia come se si trattasse di un fatto eroico; che disprezzano tutti i valori tradizionali come pure i frutti di vite spirituali generose; che irridono il matrimonio, la famiglia, la fedeltà e il sacrificio.

Coloro che pensano ed agiscono così non sono vostri nemici; ma dovete opporvi al loro comportamento e non rassegnarvi. Non fatevi privare della gioia di essere uomini e cristiani e di essere capaci di pensare e amare! Abbiate il coraggio di operare costruttivamente per la riconciliazione laddove regnano discordia ed egoismo! Come genitori siate pronti a donare la vita ai vostri figli e a seguire l'avventura della loro crescita dando loro aiuto e protezione! Uomini e donne, impegnatevi a favore della vita una volta che è stata creata. Questo vale per voi come per coloro che vi circondano, a costo di qualsiasi sacrificio materiale o dell'eventuale necessità di un cambiamento del vostro modo di vivere! Aiutate i vostri figli durante la loro crescita a resistere alla tentazione dell'illusorio mondo della droga. Vi raccomando soprattutto questo nella domenica in cui in tutto il mondo è stata proclamata per la prima volta la "Giornata internazionale contro l'abuso e il traffico illegale di stupefacenti" patrocinata delle Nazioni Unite. Accettate quindi le sfide del tempo presente e dite "Si alla fede", "Si alla vita".


8. Dite si a Dio, che si è rivelato a noi come un buon Padre e che ha mostrato la sua incrollabile fedeltà in tutte le circostanze della storia dell'uomo. perciò "Ama il Signore tuo Dio, obbedisci alla sua voce, e tieniti unito a lui; poiché è lui la tua vita" (Dt 30,20). Sapere che Dio ti vuole e ha voluto darti una meta importante, è un buon fondamento per agire in suo nome e intraprendere con realismo ma, allo stesso tempo con fiducia, il cammino della vita. Con tutti noi Dio ha cominciato un'opera importante; sta a noi compiere la nostra per fare confluire tutto nel suo raccolto. Ogni "salute" grazie a Dio che pronunciamo ci riporta ai fondamenti della nostra vita.

Cogliamo con gratitudine questa opportunità che ci è stata data e si aprano i nostri occhi per vedere le molte possibilità di vivere e condividere la propria vita. Nel saluto accogliamo il prossimo, rendiamolo partecipe della nostra vita, auguriamogli la protezione di Dio per la riuscita del suo cammino.

Dite si a Gesù Cristo. In lui la benevolenza di Dio per l'uomo è diventata visibile; in tutti i modi egli ci ha rivelato cosa sia la vita e cosa può l'amore. Il suo esempio rende aperti, liberi e senza paura. Confidiamo nella sua affermazione nel Vangelo di Giovanni "Sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza" (Jn 10,10). Allora oseremo "abbandonarci" talmente al servizio dei fratelli che anche in noi si compiranno le parole di Gesù: "Chi perderà la propria vita per causa mia la salverà" (Mt 16,25).

Dite si allo Spirito Santo, allo Spirito del Padre e del Figlio che dà la vita. Da quasi duemila anni la Chiesa vive del soffio dello Spirito. Ed è questo stesso Spirito che le permette di entrare nel terzo millennio cristiano. Se siamo disposti a lasciarci guidare da lui, egli a poco a poco risveglierà in noi anche quelle energie che non abbiamo ancora conosciuto: esse devono essere poste al servizio della vita.


9. Lo Spirito Santo esorta soprattutto a un amorevole spirito di abnegazione. Si tratta certamente di un rischio, probabilmente il più grande nella vita dell'uomo che è spesso esposto alle delusioni. Ma è proprio quest'amore che caratterizza Dio. Altrimenti come farebbe l'uomo a darsi "immagine di Dio" se non vive nell'amore? "L'amore non avrà mai fine" (1Co 13,18); esso continua nell'eternità di Dio mentre tutto il resto finisce con la soglia della morte. E di tutte le energie che scaturiscono dalla fede e che contribuiscono ad una vita vera, l'amore è la più potente.

La più straordinaria possibilità dell'uomo - voi tutti lo sapete - è l'amore, che, tuttavia, è anche quella che più rischia di essere contaminata dalle scorie del nostro egoismo. Di tanto in tanto quindi il nostro pensiero e la nostra azione devono essere messi in discussione e purificati dal perdono nel sacramento della Confessione che la Chiesa amministra. L'amore ha bisogno anche di essere nutrito e rafforzato. E ciò avviene per il cristiano alla mensa della Parola e dell'Eucaristia nella santa Messa: il sacrificio di Cristo è la motivazione più profonda dell'amore per il prossimo e il criterio più sicuro della sua autenticità. Un'altra possibilità di verificare questo amore e questa abnegazione è la condivisione, la condivisione concreta, pratica dei nostri beni con coloro che sono privi del necessario e conducono una vita di stenti. L'attività della Caritas, l'impegno politico dei cristiani e gli aiuti allo sviluppo hanno le loro radici nell'amore di Dio, quell'amore che Cristo ci ha testimoniato nel corso della sua esistenza: "Da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà" (2Co 8,9).

Cari fratelli in Cristo: "Si, Dio ha creato l'uomo per l'immortalità e lo fece a immagine della propria natura" (Sg 2,23). Grazie all'amore che non ha mai fine e che è, esso stesso, Dio, viene annunciata anche all'uomo l'eternità e la vita eterna nella pienezza di Dio. Per la forza di quell'amore il Padre ha risuscitato il Figlio alla nuova vita, alla vita eterna. Come capo della Chiesa, come Signore della storia, come compagno di viaggio egli continua a rivolgersi a noi con le parole e con il cuore: "Io vivo, e voi vivrete". Amen.


Data: 1988-06-26 Data estesa: Domenica 26 Giugno 1988





GPII 1988 Insegnamenti - Omelia della Messa a Gurk - (Austria)