GPII 1988 Insegnamenti - Dopo il concerto di musiche ucraine - Città del Vaticano (Roma)

Dopo il concerto di musiche ucraine - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La cultura ucraina è cresciuta sull'eredità del Battesimo, perciò è radicata nel terreno dell'Europa cristiana

Testo:

Carissimi fratelli e sorelle!


1. Molte volte durante i miei viaggi apostolici ho avuto l'occasione d'incontrarmi con la diaspora dei cattolici ucraini e con la vostra cultura nelle sue diverse espressioni.

Oggi invece siete voi che mi presentate, qui in Roma, la componente sacra della vostra cultura per commemorare il Millennio del Battesimo della Rus' di Kiev, illustrando i frutti che la predicazione del santo Vangelo ha ottenuto fra la vostra gente.

Nel rivolgervi il mio saluto cordiale, desidero esprimere tutta la mia gioia e il mio plauso per quanto siete riusciti oggi a realizzare con le sole vostre forze di ucraini, che vivono nella diaspora. Ho potuto ammirare, insieme con i collaboratori della Curia romana e con gli ospiti, l'arte della vostra lingua, del vostro canto, della vostra musica, ed è stato un vero godimento spirituale.


2. "Guardate alla roccia da cui siete stati tagliati" (Is 51,1), diceva il profeta Isaia al suo popolo. Ecco: l'odierna serata, ricca di episodi evocativi della religiosità popolare, è tutta un invito a "guardare alla roccia da cui siete stati tagliati". Tale roccia è Cristo, è il suo Vangelo, il cui accoglimento in tutta la vostra cultura ha consentito una tale fioritura di bellezza.

La cristianizzazione ha reso possibile alla Rus' di Kiev, ancora omogenea, la creazione di una cultura a sfondo popolare e religioso. La lingua di Cirillo e Metodio divenne la lingua degli scrittori e della scienza, e i libri sacri, soprattutto il Vangelo e il salterio, diventarono modelli dell'arte della parola. Persino la cultura popolare, cresciuta sul terreno del paganesimo, subi col tempo un processo di sacralizzazione, esprimendosi in particolari opere di poesia e di prosa religiosa.


3. La cultura del popolo ucraino è crescita sull'eredità del Battesimo di san Vladimiro, perciò è radicata nel terreno dell'Europa cristiana.

Un significato rilevante, per le sue conseguenze nella vita spirituale e nazionale, ebbe l'atto dell'Unione di Brest nel 1596. La Chiesa dopo il rinnovamento dell'unione con Roma sviluppo una larga attività culturale.

Inestimabili benemerenze hanno acquisito in quest'ambito i padri basiliani, i cui monasteri diventarono centri d'istruzione e di cultura. Anche il clero, sia cattolico che ortodosso, ha avuto una presenza significativa in tutti i campi della cultura.

Ricordiamo oggi quella "roccia" della cultura ucraina "da cui siete stati tagliati" e della quale siete così orgogliosi. Essa è la misura della storia del vostro popolo ed anche della Chiesa, che "come un coro armonioso, sostenuto dalle voci di sterminate moltitudini di uomini, si leva secondo innumerevoli modulazioni, timbri ed intrecci per la lode di Dio" ("Slavorum Apostoli", 17).

Ringrazio i promotori di questa manifestazione, gli esecutori, gli artisti e autori - uomini di arte e di cultura - e mentre assicuro la mia preghiera per gli scrittori, i musicisti, i cantori e per tutto il mondo della cultura del grande popolo ucraino in patria e nella diaspora, di cuore, insieme con i Vescovi della vostra Chiesa qui presenti e con il Cardinale Myroslav Ivan Lubachivsky, vi imparto la benedizione apostolica.


Data: 1988-07-10 Data estesa: Domenica 10 Luglio 1988




Ai Capitolari dei chierici di san Viatore - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Nello spirito del fondatore associate i laici alla vostra missione catechetica e liturgica

Testo:

Signor vicario generale, cari chierici di san Viatore.


1. Permettetemi anzi tutto un pensiero augurale per il vostro vecchio superiore generale, di recente nominato Vescovo ausiliare di Saint-Jean Longueuil in Canada.

Ringrazio voi tutti per la visita ispirata dal vostro incrollabile attaccamento al successore di Pietro.


2. Fin dagli inizi della sua fondazione, il 3 novembre 1831, da parte del padre Louis Querbes, sacerdote della diocesi di Lyon, e posta sotto la protezione di san Viatore, chierico e lettore esemplare del Vescovo san Just, alla fine del IV secolo, la vostra congregazione religiosa apostolica si è diffusa in tredici Paesi. Si può davvero parlare del piccolo seme che è diventato un albero frondoso.

Rendiamo grazie insieme al "Signore dell'impossibile" per tutto il bel lavoro di evangelizzazione già compiuto un secolo e mezzo dopo, e sempre in espansione in Europa, Africa, America del Nord e del Sud, Estremo Oriente.


3. Mentre state tenendo il 25° Capitolo generale della vostra storia, io sono lieto di confermarvi nella vostra specifica vocazione, come ho fatto per tanti altri istituti. All'indomani della rivoluzione francese, il padre Louis Querbes così definiva lo scopo della fondazione: "L'insegnamento della dottrina cristiana e il servizio del santo altare". Mi felicito con voi per avere, nel corso di questo capitolo, approfondito e saggiamente formulato per i nostri tempi, quello che l'umile e ardente presbitero della parrocchia di Vourles, a sud di Lyon, aveva meditato e proposto ai suoi discepoli. Lo spirito ardente e potente che animava il vostro mirabile fondatore era ignaziano. Louis Querbes, alla scuola di sant'Ignazio, fu e resta per voi un appassionato di Gesù Cristo e del suo Regno.

Questo è il segreto della sua estrema sensibilità ai bisogni del suo tempo. Tutte le epoche storiche conoscono dei poveri e rifiutati, e attendono degli apostoli. E proprio questo rapporto personale e comunitario con il cuore di Cristo darà alla vostra missione di chierici di san Viatore il dinamismo, lo spirito soprannaturale, l'efficacia.


4. La vostra specifica vocazione, serenamente meditata e aggiornata durante questo capitolo, è molto attuale. Che cosa c'è di più urgente della presentazione ai giovani, alle loro famiglie, agli adulti delle parrocchie di cui siete responsabili, di un insegnamento dottrinale solido, completo, esigente e realmente "buona novella" capace di rischiarare il cammino degli uomini? Si, siate dunque dei catechisti appassionati, competenti e fedeli! Sapete bene che lamentarsi dei cambiamenti del nostro tempo non serve a niente. E' necessario muoversi con fede, coraggio e perseveranza: tanti giovani, adulti e anziani non sanno niente o troppo poco di Cristo e del Vangelo! Molti si accontentano di soddisfazioni terrene, ampiamente pubblicizzate dai mass-media, il cui contenuto è troppo spesso senza significato, se non nefasto.


5. Apprezzo e incoraggio i vostri sforzi incessanti e competenti per raggiungere il mondo dei giovani, attraverso le scuole che dirigete e le parrocchie che molti Vescovi vi hanno affidate. Ammiro anche la vostra pastorale parrocchiale: attraverso questi giovani raccolti per la catechesi, voi cercate con successo di avvicinare i genitori, lieti di ripercorrere anch'essi un cammino di formazione o di approfondimento religioso che non avevano mai potuto fare. Incoraggio anche il vostro impegno crescente a favore dei fanciulli meno favoriti. Sono tanti nel terzo mondo e anche in Europa. Voi li accogliete nelle vostre scuole, nei centri di ospitalità, nelle parrocchie.


6. Infine, il vostro fondatore ha trasmesso ai suoi figli il suo carisma pastorale e il suo amore per la fede celebrata con il massimo di dignità e fervore. Voi svolgete un compito ecclesiale la cui importanza e splendore non c'è bisogno di dimostrare. Voi amate leggere, e meditare, e far gustare a molti la costituzione "Sacrosanctum Concilium". Il vostro modo di celebrare la liturgia può e deve essere una ottima catechesi, a condizione che siano bene armonizzati il rispetto del rito, la dignità del comportamento, la partecipazione ben preparata del popolo dei battezzati. Incoraggio il vostro zelo a educare i giovani al valore insostituibile del culto divino, la sua ricchezza e bellezza; a farli anche collaborare, al posto loro, allo svolgimento della celebrazione dei misteri della salvezza. La costituzione e lo sviluppo delle comunità di fede, perfettamente formate e unite nella celebrazione, è una testimonianza insostituibile. I cristiani abbandonano le parrocchie senza vita, riempiono invece le Chiese in cui la liturgia è di grande qualità e dignità.


7. C'è un altro punto delle vostre riflessioni capitolari che desidero sottolineare. Già il vostro fondatore aveva avuto l'intenzione di associare dei laici alla vostra missione catechetica e liturgica. Allora la cosa non si potè realizzare. La Congregazione per i religiosi e gli istituti secolari ha approvato questo orientamento nei vostri statuti del 1978. Con la chiarezza e la saggezza necessarie per lo sviluppo di questo progetto, io mi auguro che vengano numerosi laici cristiani, a cooperare alla vostra vita apostolica, ripieni dello spirito della famiglia dei chierici di san Viatore.


8. In conclusione, il vostro venticinquesimo capitolo è stato un eccellente riattingere allo spirito del padre Louis Querbes. Insieme a voi spero e mi auguro che esso dia un grande slancio all'evangelizzazione che portate avanti, nel campo immenso del Regno di Dio. Cristo e la Chiesa anche a voi dicono: "Non abbiate paura!". Avanzate e coinvolgete nuovi compagni di apostolato, chierici e laici, sulle ampie strade della catechesi, della costituzione di comunità di fede, scolastiche e parrocchiali, della promozione di una liturgia veramente degna di Dio e veramente buona per i battezzati, del rapporto privilegiato con i giovani in generale, e con i meno favoriti in particolare.

Con voi, cari chierici di san Viatore, continuero a portare questi obiettivi di lavoro evangelico ed ecclesiale. Resto anche unito a voi nella preghiera, specialmente con la fondata speranza di nuove e solide vocazioni.

Vi benedico affettuosamente, a nome del Signore, e questa benedizione sia per tutti i membri della Congregazione e tutte le opere che essa si sforza di mantenere, animare o fondare. Che la santa Madre di Cristo, Regina degli Apostoli, vi accompagni! Il padre Louis Querbes vi ha esortati ad amare Maria: quando inviava in missione dei nuovi chierici, li accompagnava sempre a Notre-Dame de Fourviere perché affidassero il loro apostolato al cuore materno della Madre di Cristo. Continuate questa bella e buona tradizione!


Data: 1988-07-11 Data estesa: Lunedi 11 Luglio 1988




Ai Capitolari Giuseppini del Murialdo - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Andate incontro con coraggio alle esigenze dei giovani d'oggi

Testo:

Carissimi sacerdoti e fratelli "Giuseppini" del Murialdo!


1. In occasione del XVIII capitolo generale ordinario della vostra congregazione, avete vivamente desiderato questo incontro col Papa, per manifestare e rinnovare i profondi sentimenti di devozione che vi legano alla Sede apostolica, secondo gli insegnamenti del vostro fondatore.

Vi ringrazio di cuore per tale attestato di ossequio e di fedeltà, che vivamente apprezzo, e con grande gioia porgo il mio saluto al superiore generale, ai collaboratori e a voi tutti, e lo estendo ai vostri confratelli, dediti alle varie attività in Italia, in Spagna, nell'America Latina, negli Stati Uniti e nell'Africa.


2. La vostra presenza è invito a riflettere sulla forte personalità di san Leonardo Murialdo e sugli impegni pastorali, da lui voluti per i suoi figli spirituali.

Siamo di fronte ad un uomo, che il Magistero autentico della Chiesa, divinamente assistito, ha dichiarato "santo", riconoscendo in lui virtù umane e cristiane esercitate in modo eroico, nell'impegno di conformarsi sempre più pienamente a Gesù Cristo. C'è in san Leonardo quanto si richiede per farne un maestro, un esempio, un intercessore anche nel contesto della società odierna che è notevolmente cambiata rispetto a quella dei suoi tempi.

Mi piace inquadrare la sua figura con le parole che uso Paolo VI, di venerata memoria, quando lo dichiaro "beato" il 3 novembre 1963, definendolo "modesto, ma ardito e saggio fondatore", "uomo mite e gentile, sacerdote pio ed esemplare, fondatore saggio e laborioso"; la sua storia, aggiungeva Paolo VI, "è semplice, non ha misteri, non avventure straordinarie... Non è un uomo lontano e difficile, non è un santo sequestrato dalla nostra conversazione; è un nostro fratello, è un nostro sacerdote, è un nostro compagno di viaggio!" (Insegnamenti di Paolo VI, Vol. I [1963] 275s).

Effettivamente egli fu sacerdote di profonda spiritualità e di continua preghiera, che il perfetto equilibrio tra vita interiore ed attività esteriore rese acuto lettore ed interprete dei segni dei tempi. Di qui nacquero le sue opere coraggiose, grazie alle quali può essere considerato un antesignano nel campo della sociologia e della pastorale. Ricordiamo, per esempio, l'"Ufficio cattolico di collocamento al lavoro per operai disoccupati", la "Casa Famiglia" per giovani operai e per studenti, la "Cassa pensione e previdenza per vecchi e infortunati sul lavoro" da lui proposta, l'"Opera per la buona stampa", il "Segretariato del popolo", la "Lega del lavoro".

Queste molte iniziative sociali, nella loro vastità e concretezza, avevano sempre come scopo ultimo l'elevazione morale e spirituale dei giovani, dei lavoratori e del popolo, alla luce del messaggio di Cristo e della Chiesa.

"Il vero male - diceva un giorno rammaricandosi - è che i cattolici hanno lasciato per troppo tempo ai liberi pensatori, ai rivoluzionari, ai nemici della società e della religione, la direzione del movimento operaio".


3. L'esempio e gli scritti del vostro fondatore siano per voi sempre un incentivo ed una guida nelle attività pastorali e specialmente nell'opera educativa dei giovani. E' questo un impegno oggi assai delicato, e tuttavia fondamentale e necessario per la Chiesa e per tutti coloro che in essa assumono responsabilità formative e direttive. In modo del tutto particolare raccomando i giovani al vostro ministero pastorale! Come costatate voi stessi ogni giorno, il giovane oggi è turbato nella sua coscienza e frastornato nella sua capacità logica; a volte è anche ferito e scandalizzato dalla società in cui vive: una società agnostica e secolarizzata, che offre risposte confuse quando non contraddittorie nell'ambito degli interrogativi supremi. Il dilagare della permissività sconcerta e sconvolge la fragile sua costituzione spirituale, sollecitata da contrastanti modelli di vita inautentica. Ma al tempo stesso, il giovane è esigente, e specialmente in campo religioso e morale vuole chiarezza e certezza, vuole sapere se veramente la fede è in grado di dare una soluzione appagante al problema del senso della vita. Infine è sensibile ai valori della verità, della purezza, della carità, dell'amicizia, ed attende di incontrare qualcuno che sappia comprendere queste sue attese e corrispondervi.

Andate incontro con amore e con coraggio alle giuste esigenze dei giovani d'oggi! la vostra formazione culturale, morale, ascetica sia profonda ed aperta a sempre nuovi arricchimenti! Cercate di avere il senso della vera paternità che sa temprare l'autorità con l'affetto, la dolcezza con la fiemezza, perché i giovani hanno bisogno di maestri e di guide, in cui confidare e trovare appoggio, guida e sicurezza. Soprattutto vi caratterizzi sempre una convinta sensibilità soprannaturale, perché dovete infondere nei giovani una fede illuminata e serena, che li renda spiritualmente forti contro l'errore e il male, coraggiosi nella loro testimonianza cristiana, generosi nella carità, lieti di camminare con Cristo verso l'eterna felicità del cielo! 4. Cari sacerdoti e fratelli! San Leonardo Murialdo - come scrive il Reffo, suo primo biografo -, fu uomo di azione e di preghiera, e più ancora di preghiera che di azione: pregava sempre e in ogni luogo; prolungava la preghiera anche per lunghe ore di notte; negli ultimi anni non impiegava meno di quattro ore tra la preparazione, la celebrazione della santa Messa e il ringraziamento. "Fare e tacere" fu il programma di vita e di apostolato. Alla luce del suo insegnamento sappiate ispirare la vostra consacrazione religiosa, con l'aiuto di Maria santissima e l'intercessione di san Giuseppe, vostro speciale patrono! A tanto vi corrobori la benedizione, che vi imparto con grande affetto, e che estendo a tutti i vostri confratelli!


Data: 1988-07-11 Data estesa: Lunedi 11 Luglio 1988




Ai padri capitolari dell'Ordine Cappuccino - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Imitate maggiormente san Francesco d'Assisi traducendo in fatti la sua scelta di vita

Testo:

Fratelli carissimi.


1. Sono particolarmente lieto di trovarmi con voi, membri del Capitolo generale dell'Ordine dei Frati Minori Cappuccini. In voi vedo rappresentata l'intera vostra famiglia religiosa, e, come capitolari, vedo in voi anche un segno eminente dell'unione nella carità di tutti i fratelli dell'ordine.

Alla vostra visita, espressione dell'"obbedienza e reverenza" che promise frate Francesco "al Papa e ai suoi successori e alla Chiesa romana" (RB 1, FF 76), mi è gradito corrispondere, manifestando il mio affetto e le mie attese nei confronti della vostra vita e del vostro specifico servizio alla Chiesa e all'uomo di oggi. Affetto e attese che vorrei esprimere mettendo in rilievo alcuni pensieri che vi siano di aiuto per le vostre riflessioni e per le vostre scelte operative.


2. Durante questi giorni avete eletto i fratelli responsabili del governo centrale dell'ordine per il prossimo sessennio. A tutti loro - specialmente al ministro generale, padre Flavio Roberto Carraro, che è stato rieletto - porto i miei fervidi auguri. Ma, oltre a questo fatto giuridicamente e pastoralmente importante, vi siete soffermati su alcuni argomenti oggi particolarmente rilevanti nella vostra fraternità cappuccina: un impegno giusto, giacché "la celebrazione del Capitolo generale deve costituire un momento di grazia e di azione dello Spirito Santo e si propone di rinnovare e proteggere il patrimonio spirituale dell'istituto" (CRIS, "Elementi essenziali dell'insegnamento della Chiesa sulla vita religiosa", 31 maggio 1983, II, 51).

Sono certo che i vostri lavori capitolari hanno mirato ad uno scopo fondamentale: quello di garantire "la fedeltà dinamica alla vostra vocazione", per dirla con le parole del mio messaggio alla XIV assemblea generale della Conferenza dei religiosi del Brasile (cfr. "Nuntius scripto datus iis qui XIV coetus conferentiae Religiosorum Brasiliae interfuerunt", die 11 iul. 1986: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, IX, 2 [1986] 237s). Appunto per garantire questa fedeltà alla vostra vocazione vorrei raccomandarvi un triplice impegno.


3. In primo luogo, un impegno di consapevolezza, che assicuri sempre la dovuta sensibilità e freschezza nei confronti dell'identità tipica del cappuccino, cioè: il primato della vita evangelica fraterna, vivificata da una forte esperienza contemplativa, vissuta in radicale povertà, austerità, semplicità, lieta penitenza, e nella piena disponibilità al servizio di tutti gli uomini. Crescere così, continuamente, nella coscienza della propria identità religiosa, suppone un'attenzione continua alle ragioni evangeliche fondamentali del proprio carisma e del proprio Ordine.

A questo proposito, mi è caro dirvi che ho molto gradito e apprezzato l'omaggio del primo volume de I Frati Cappuccini - documenti e testimonianze del primo secolo, recentemente pubblicato; un'opera monumentale sulle fonti del vostro ordine. Esso potrà essere indubbiamente un buon aiuto per facilitare il vostro impegno di rispecchiarvi alle sorgenti della genuina ispirazione cappuccina.

Poi, un impegno di realismo, nel senso di coerenza pratica e di adeguata incarnazione nelle odierne condizioni storiche. Durante parecchi anni, a partire dal Concilio, avete riflettuto in modo approfondito sulla vostra identità religiosa; tali riflessioni hanno trovato forma appropriata nelle vostre costituzioni rinnovate, come negli Orientamenti dei consigli plenari dell'ordine e di alcuni capitoli generali. Un passo decisivo da compiere dovrà essere quello di imitare maggiormente san Francesco nella sua preoccupazione di non restare sul piano delle parole, ma di passare ai fatti. Impegnatevi, seriamente e con realismo, in tale processo di applicazione pratica, a tutti i livelli, secondo quei criteri di vita e di speranza che già avete; cercate di incarnare con umiltà, con sincerità e fino alle ultime conseguenze quei valori che formano il vostro carisma.


4. Infine, un impegno di discernimento vale a dire, saper operare le scelte giuste e prioritarie, nel piano della vita, delle presenze e dei servizi.

In questo senso, mi limito ad attirare la vostra attenzione sulla necessità della formazione.

In recenti occasioni ho avuto l'opportunità di sottolineare la estrema importanza della formazione iniziale e permanente dei fratelli per assicurare il vero rinnovamento dell'Ordine, come vuole lo stesso Concilio. Come dicevo ai religiosi del Brasile, la vitalità di una famiglia religiosa, dipende in buona misura dalla formazione dei membri dell'istituto. Un obbligo pratico a questo proposito, è la preparazione dei formatori specializzati, nonostante la molteplicità degli impegni e dei bisogni apostolici che premono sulle famiglie religiose (cfr. "Nuntius scripto datus iis qui XIV coetui conferentiae Religiosorum Brasiliae interfuerunt", die 11 iul. 1986: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, IX, 2 [1986] 237ss). Prestate, quindi, un'attenzione tutta particolare alla promozione integrale dei vostri fratelli, assicurando per tutti un processo continuo di maturità contrassegnato, anzitutto, dai tratti specifici della spiritualità cappuccina.


5. Un settore che giustamente rimarcate nei vostri programmi di evangelizzazione, è quello dell'opzione per i poveri. Come veri figli di san Francesco, dovete sentirvi lieti vivendo "tra persone di poco conto e disprezzate, tra poveri e deboli, tra infermi e mendicanti..." (RnB 9: FF 30); ma come san Francesco, fratello di tutti, uomo pacifico e pacificatore, operatore instancabile di bene, dovete anche avvicinare tutti per le vie della riconciliazione, dell'amore e della speranza.

Come ho ricordato nel mio recente viaggio apostolico in Bolivia, "l'opzione preferenziale, ma non esclusiva nè escludente, per i poveri è frutto dell'amore che è fonte di energia morale, capace di sostenere la nobile lotta per la giustizia... ("Oruri, allocutio ad agriccolas, fossores metallarios, opifices et suburbanos habita", 3, die 11 maii: , XI, 1 [1988] 1288). I criteri da adottare nella nobile lotta per la giustizia, non devono mai essere quelli dello scontro violento, ma devono essere ispirati e mossi in ogni momento dai principi evangelici della collaborazione e del dialogo, sia pure adottando, all'occorrenza, tutta la fermezza necessaria, e senza temere contrarietà.


6. Cari fratelli, come i miei predecessori hanno contato su san Francesco e sui suoi figli, così anch'io conto su di voi: siate fedeli alla vostra precisa vocazione ecclesiale, nutrendo profeticamente la vostra vita e il Popolo di Dio con ciò che lo Spirito Santo dice oggi a voi mediante il Magistero della Chiesa.

Il vostro Capitolo generale si celebra nell'ultima fase dell'anno mariano, il che porta il pensiero alla Vergine Maria. In lei, Madre di Dio e Madre della Chiesa, la vostra vita religiosa comprende più profondamente se stessa, trova il segno di sicura speranza. Meditando sulla figura della Vergine, pensate alla vostra vocazione, che ha segnato una svolta nel cammino della vostra personale relazione con il Dio vivente.

La Vergine Immacolata, regina e patrona del vostro Ordine, vi ottenga il dono di ascoltare sempre, come ha fatto lei, la parola dello Spirito Santo e di metterla in pratica, sulle orme del vostro serafico padre.

A voi, a tutti e a ciascun fratello del vostro Ordine, in particolare a quelli che soffrono persecuzioni per il Vangelo, la mia apostolica benedizione.


Data: 1988-07-12 Data estesa: Martedi 12 Luglio 1988




Ai Fratelli della Carità - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Fedeli al carisma di carità del fondatore: servire i piccoli, i deboli, gli abbandonati

Testo:

Caro fratello superiore generale, cari fratelli delegati al capitolo.

E' davvero una gioia e una consolazione per il Papa accogliere nel corso degli anni un certo numero di capitoli generali dei religiosi, quando si riuniscono al cuore stesso della Chiesa. Tutti questi istituti, animati dallo spirito evangelico e originale del loro fondatore o fondatrice, sono un dono prezioso del Signore alla sua Chiesa, per il servizio e la salvezza dell'umanità.

Saranno presto due secoli da quando il canonico Pierre-Joseph Triest, della diocesi di Gand, soprannomminato subito "il san Vincenzo de' Paoli del Belgio", pose le fondamenta di un istituto che egli aveva consacrato ai più diseredati. Glorifichiamo insieme il Signore che rinnova sempre le forze della sua Chiesa attraverso la fede e la carità testimoniate da tanti suoi discepoli (cfr. "Praefatio Sanctorum II").

Durante il vostro Capitolo generale, avete fortemente risentito ed espresso con chiarezza un nuovo richiamo a restare fedeli al carisma di carità del vostro padre fondatore: servire i piccoli, i deboli, gli abbandonati. Questa dedizione individuale e comunitaria porta gioia e speranza alla Chiesa di Cristo.

Per essere più preciso, allo scopo di sostenere la vostra missione di Fratelli della Carità, desidero sottolineare, a nome della Chiesa, che la vostra vita religiosa, come fratelli a servizio dei poveri, dei malati e degli handicappati di ogni tipo, è anzitutto - nella profondità della vostra consacrazione attraverso il Battesimo rinnovata con i voti evangelici - una partecipazione all'amore stesso di Dio: "Deus caritas est" (1Jn 4,16). Insomma, il carisma della vostra congragazione ha origine dal mistero trinitario, e ogni Fratello della Carità ha un solo desiderio (svolgendo i suoi compiti professionali con competenza): restare immerso nel mistero dell'amore divino.

Concretamente, il Verbo incarnato - in missione di carità per il bene degli uomini di tutti i tempi e di tutti i luoghi - è il modello perfetto del vostro stile di vita religiosa. Noi tutti ricordiamo bene le commoventi parabole sulla tenerezza di Dio per le persone ferite dalla vita, specialmente quella del buon samaritano, quella della pecora perduta, quella del figliuol prodigo. Noi tutti abbiamo meditato le numerose occasioni in cui Gesù si lasciava circondare e assillare dai malati, gli infermi, i senza speranza. Questi segni di bontà e potenza, compiuti discretamente per il bene di tante persone, fanno percepire il fatto che Gesù è il divino liberatore, vincitore del male e della morte. La sua risurrezione sarà il segno per eccellenza della sua divinità e della sua potenza e salvifica che egli desidera condividere con tutti i suoi fratelli uomini. Cari fratelli, la vostra missione quotidiana concreta deve alimentarsi di questa ardente contemplazione di Cristo risorto, per essere in grado - per quanto è possibile - di far rivolgere lo sguardo di fede dei vostri malati e handicappati verso questo evento storico misterioso della risurrezione. Riattingendo, come avete fatto, alle profonde motivazioni, allo spirito e allo stile quotidiano della vostra vocazione, voi avete compiuto l'opera del Signore. Egli attendeva questo approfondimento e questo nuovo slancio da questo diciottesimo capitolo generale. E voi che siete i delegati dei vostri ottocento fratelli, voi saprete trasmettere loro le ricchezze spirituali scoperte in queste settimane di riflessione e di preghiera.

Ho notato che una delle preoccupazioni di questo capitolo è stata di associare alla vostra missione di carità dei laici cristiani, che desiderano vivere con generosità l'ideale dell'istituto. Un appello, con giudizio, perché si associno i laici è senza dubbio ispirazione dello Spirito Santo. Con ardore e umiltà, custodite e sviluppate il carisma di padre Triest, in modo che, per un fenomeno di osmosi evangelica, possiate giungere a costituire, con i vostri collaboratori laici, delle comunità non solo meglio strutturate professionalmente, ma soprattutto trasparenti dell'amore di Dio per le persone ferite nel loro essere fisico o psichico.

Da parte loro, i Fratelli della Carità edificheranno così quella civiltà dell'amore, secondo la bella espressione del mio predecessore Paolo VI. Sulla linea di questo progetto di associare dei laici ai molteplici servizi di carità della vostra congregazione, auspico che giungiate a far intuire ai numerosi giovani, che frequentano le vostre scuole, come l'attenzione alla sofferenza, il rispetto e il servizio generoso agli esseri deboli e limitati costituisca una pedagogia evangelica capace di far loro comprendere a poco a poco che la sofferenza, accettata e offerta in unità con Cristo redentore, acquista un senso e può contribuire allo sviluppo della salvezza di Dio nella vita degli uomini.

Cari fratelli, il Signore Gesù è con voi, cammina con voi, soffre con voi, opera con voi. Non abbiate paura, malgrado le difficoltà! E' proprio di tutti i battezzati e confermati vivere nella speranza, a maggior ragione i religiosi devono rifulgere di questa speranza soprannaturale! E Gesù ha donato sua Madre a tutti gli uomini, e ancor di più a quelli e quelle che hanno accolto la sua chiamata e lo seguono più da vicino. Che Maria vi insegni ad amare, come il Signore Gesù, i giovani, gli adulti, gli anziani, che soffrono infermità o sono feriti nelle loro facoltà umane! Per sostenervi sulle strade della carità, accordo a voi, e a tutti quelli che rappresentate, la mia affettuosa benedizione apostolica.


Data: 1988-07-12 Data estesa: Martedi 12 Luglio 1988









Agli Alpini sull'Adamello

Titolo: In avvenire sia la pace a guidare il cammino dell'umanità.

Testo:

Benedite, ghiacci e nevi, il Signore, / lodatelo ed esaltatelo nei secoli! / Benedite, monti e colline, il Signore; / Benedite, sorgenti, il Signore! (Da 3,70 Da 3,75).

Carissimi Alpini.


1. Grande gioia è per me poter elevare al Signore, insieme con voi, il cantico della lode e della riconoscenza qui vicino alla vetta dell'Adamello, di fronte ai maestosi ghiacciai del Pian di Neve. Qui, dove la natura è un inno perenne alla grandezza del Creatore, è facile disporre l'animo a pensieri alti e corroboranti, e soffermarsi in preghiera.

Le montagne hanno sempre avuto un particolare fascino per il mio animo: esse invitano a salire non solo materialmente ma spiritualmente verso le realtà che non tramontano.

Sono pertanto grato alla Sezione Alpina della Valle Camonica per l'invito che mi ha rivolto di venire qui alla Lobbia Alta dell'Adamello, per celebrare la santa Messa sull'altare, recentemente costruito dagli alpini sia di detta Valle, sia di Carisolo.

Porgo a tutti il mio saluto cordiale, rivolgendo uno speciale pensiero alle autorità civili e militari, ai dirigenti ed organizzatori; esprimo il mio apprezzamento per questo incontro amichevole e assai significativo, perché vuole ricordare il settantesimo anniversario della fine della Prima Guerra Mondiale, e il venticinquesimo del pellegrinaggio che gli alpini "camuni" compiono annualmente per commemorare i caduti di tutte le guerre e le vittime della montagna.

Qui, tra gli spazi sconfinati e nel silenzio solenne delle cime, si avverte il senso dell'infinito! In questo scenario maestoso e possente, l'uomo si sente piccolo e fragile, e più facilmente percepisce la magnificenza e l'onnipotenza di Dio, creatore dell'universo e redentore del genere umano.

Qui veramente il pensiero, contemplando il creato, penetrando, anzi, nell'ordine mirabile dell'intero universo, si fa preghiera di adorazione e di fiducioso abbandono: "Signore, io credo in te, ti adoro, ti amo e spero in te!".

Qui, intorno all'altare del sacrificio, il pensiero si innalza al disegno salvifico dell'incarnazione del Verbo e della redenzione dell'uomo per mezzo della sua passione e morte in croce. Su queste alture immacolate, mentre rinnoviamo il sacrificio della croce, ci troviamo realmente, uniti a Cristo Signore, che ci ha amato e si è donato per noi.

"Benedite, monti e colline, il Signore / lodatelo ed esaltatelo nei secoli!" (Da 3,75).


2. Da queste montagne lo sguardo scende verso le valli che le circondano e il pensiero raggiunge spiritualmente le genti che le popolano: donne e uomini segnati dal forte carattere delle virtù montanare. Anche a loro è indirizzato il mio saluto benedicente con l'auspicio che siano fedeli alle tradizioni che le contraddistinguono: tradizioni di fede robusta e di retti costumi morali. Elevo la mia preghiera perché non si lascino prendere dalle tentazioni della società consumistica, dall'edonismo, dall'indifferentismo; perché guardino alle vette non solo come alla meta del loro duro vivere quotidiano, ma anche come a simbolo di possibile, elevante, purificatrice ascesi spirituale.

Sono a conoscenza che nella Valle Camonica, a Bienno - in onore ed a memoria del mio venerato predecessore Papa Paolo VI, di cui si celebrerà tra poco il decennio della morte - la diocesi di Brescia ha promosso prima l'erezione di un centro di spiritualità laicale, l'Eremo dei santissimi Pietro e Paolo, e poi, l'istituzione di un nuovo monastero femminile di clausura, dedicato a santa Chiara, che sta per inaugurarsi.

Sono, questi, segni confortanti, che meritano attenzione e solidarietà, perché fanno si che di fronte alla secolarizzazione si afferi la spiritualità, di fronte alla superficiale esteriorità si torni alla meditazione. L'uomo deve saper ritrovare in se stesso la coscienza del proprio valore spirituale.

Vada quindi un saluto particolare a quanti operano per la causa della fede e per la formazione cattolica all'Eremo di Bienno, ed altresi uno speciale augurio alle religiose clarisse che stanno per entrare nel nuovo monastero, luogo di preghiera e di elevazione mistica. Forse taluno pensa che la vita contemplativa sia avulsa dalla società: queste anime oranti sono invece veramente partecipi della vita che le circonda e con la misteriosa reale forza della gazia sostengono i fratelli e le sorelle di tutta l'umanità nelle fatiche e nelle prove del vivere quotidiano.


3. La Messa celebrata su questo altare, collocato proprio dove correva la linea del fronte di guerra, nel 1915-1918, è anche un ricordo e una preghiera di suffragio per tutti i combattenti che, settant'anni fa, su questi aspri gioghi alpini, furono feriti o andarono incontro alla morte, invocando la pace. Com'è noto questo paesaggio, ora così sereno ed elevante, fu teatro di terribili battaglie.

Pensando agli aspri episodi di guerra avvenuti in questi luoghi e alle innumerevoli vittime colpite a morte nelle gole di queste montagne, sconvolte dall'odio e dalla violenza, si sente una profonda angoscia per la sorte di questi uomini, in balia dei crudeli rivolgimenti della storia.

Ma dobbiamo anche ricordare che nell'immenso anfiteatro di questi ghiacciai e di queste vette, tra i quali ancora oggi si vedono trincee e fili spinati, schegge di granate e residui di materiale bellico, pur nello stridente contrasto delle rivendicazioni nazionali, era presente da ambo le parti il conforto e l'amicizia di Cristo, il redentore, che nessuno abbandona e che tutti ama e vuole salvare per la vita al di là del tempo e della storia.

Quante volte il bianco colore della neve si è tinto del rosso del sangue! Il nostro pensiero va a tutti coloro che sono caduti sull'Adamello, a tutte le vittime delle guerre passate e presenti, alle loro famiglie, ai loro ideali infranti, e mentre eleviamo per loro la nostra preghiera di suffragio, esprimiamo nuovamente il nostro anelito e la nostra invocazione alla pace, alla fraternità, alla concordia tra i popoli e le nazioni. In avvenire sia la pace a guidare il cammino dell'umanità. La pace maestosa di queste montagne è un invito ad un impegno a costruire e a consolidare una società libera dalla schiavitù della guerra e dell'odio.

Noi desideriamo non soltanto la pace che fa tacere le armi - anch'essa indubbiamente già un gran bene - ma desideriamo anche la pace interiore degli animi, che è frutto della retta coscienza, del senso della giustizia e della carità, e fondata sulla paternità universale di Dio Creatore, sull'amicizia con Cristo, il Figlio di Dio incarnatosi proprio per liberarci dal male e indicarci il nostro destino soprannaturale.


4. Infine, l'ultima riflessione che desidero ancora proporvi, cari alpini, riguarda la memoria della Madonna del Carmine, che la liturgia ci fa celebrare, oggi 16 luglio. Per il vostro venticinquesimo pellegrinaggio sull'Adamello avete scelto una giornata veramente mariana, e avete deciso di innalzare accanto a questo altare l'effigie della Madonna dell'Adamello, che volentieri benediro al termine della celebrazione eucaristica. Mi compiaccio vivamente per questo gesto, che bene si inserisce nel quadro dell'anno mariano, e per la vostra devozione alla Madre Celeste, che in ogni luogo e in ogni tempo, è vicina ad ognuno di noi col suo amore e la sua protezione. Non è questo il momento per fermarci ad illustrare la particolare devozione alla Madonna del Carmine. Mi limito a citare alcune parole di Pio XII, il quale così scriveva in un autorevole documento: "Nessuno certamente ignora quanto ad avvivare la fede cattolica e ad emendare i costumi conferisca l'amore verso la beatissima Madre di Dio, specialmente attraverso quelle espressioni di devozione con cui, a preferenza di altre, sembra che le menti si arricchiscano di dottrina soprannaturale e gli animi siano spinti al culto della vita cristiana. Tra queste va ricordata la devozione al Sacro Scapolare del Carmine, che si adatta per la sua semplicità all'indole di ogni persona ed è larghissimamente diffusa tra i fedeli cristiani, con ricchi frutti spirituali" (Pii XII "Neminem Profecto", die 11 febr. 1950: AAS 42 [1950] 390).

Sempre, ma specialmente in questa singolare festività, Maria santissima ci ricorda che lo scopo essenziale della vita è la salvezza eterna e ci assicura la sua intercessione per la perseveranza nella fede e nella grazia fino al termine del pellegrinaggio terreno.

La Vergine Maria, che "avanzo nella peregrinazione della fede", anche da questo monte guarderà con occhio di materna benevolenza le popolazioni delle valli circostanti, aiutando ad avere una fede capace di far fronte alle sfide dei nostri tempi.

Guarda con amore, o Vergine Maria, i poveri, i sofferenti, i giovani, speranza del domani. Sii maternamente vicina a tutte le persone, le famiglie e le nazioni. Soccorri il popolo cristiano nella sua lotta contro il male. O clemente, o pietosa, o dolce Vergine Maria! [Al termine della solenne concelebrazione il santo Padre saluta e ringrazia tutti i presenti con queste parole:] Voglio ancora una volta ringraziare di cuore per questo invito durante l'anno mariano. Era doveroso per il Papa ritornare qui, dopo essere venuto già una volta da sciatore. Doveva venire in questo anno mariano per celebrare qui il servizio eucaristico. Non c'è posto più adatto che invita a questo sacrificio di Cristo. Un posto, un ambiente di tanti sacrifici delle giovani vite, delle giovani persone, dei nostri fratelli nel Signore, caduti.

Tanti sacrifici. Doveva essere celebrato il sacrificio di Cristo che ci ricorda la sua morte, che ci dà la vita, che ci assicura della vittoria della vita in lui e per noi. Si doveva celebrare questo mistero qui, appunto oggi e vi ringrazio, per avermi invitato. Ringrazio tutti che mi hanno invitato. E mi avete invitato per una giornata tanto cara a me, giornata della Madonna del Carmine, del Monte Carmelo. Deve essere presente la Madonna Vergine Maria delle Montagne, così come ci ricorda san Luca che, dopo aver concepito nello Spirito Santo il Verbo divino, era andata nelle montagne per visitare la sua cugina Elisabetta... deve essere presente nelle montagne. E' andata nelle montagne e in queste montagne del suo paese di Giudea, in queste montagne ha sentito le parole: "Benedetta sei tu che hai creduto".

Le parole che ci guidano durante l'anno mariano. Questa effige della Madonna deve essere il segno della sua fede che ci guida tutti, che guida tutta la Chiesa, tutti i popoli, tutte le persone, tutte le comunità nel pellegrinaggio terrestre, ma pellegrinaggio della fede che ci porta verso la vita, la vita soprannaturale.

Vi ringrazio per questo invito sulle montagne dove durante questo anno mariano abbiamo potuto celebrare la Vergine, direi montanara. Ecco, stando sulle montagne, nella casa di Elisabetta, Maria ha pronunciato il "Magnificat". E questo ci ispira sempre, ci ispira insieme con la fede di Maria. E la parola della natura, la grandezza delle montagne ci ispira a ripetere "Magnificat". Grandi cose ci ha fatto il Signore.

Vi auguro, carissimi fratelli e sorelle, questa ispirazione mariana durante l'anno mariano e durante tutti gli anni. Lo auguro soprattutto a voi carissimi alpini, auguro anche a tutti gli alpinisti e a tutti gli sciatori, a tutti gli abitanti delle montagne, a tutta la gente delle montagne, a tutti coloro che amano le montagne, che nelle montagne ci sia sempre il segno del pellegrinaggio che conduce in alto, che ci conduce a Dio.

Con questi auguri vi ringrazio ancora una volta; vi lascio tornando non a piedi, non con gli sci ma con l'elicottero.

Sia lodato Gesù Cristo!


Data: 1988-07-16 Data estesa: Sabato 16 Luglio 1988





GPII 1988 Insegnamenti - Dopo il concerto di musiche ucraine - Città del Vaticano (Roma)