GPII 1988 Insegnamenti - Omelia della santa Messa durante il conferimento della Cresima a 800 giovani - Palazzo dello Sport di Torino

Omelia della santa Messa durante il conferimento della Cresima a 800 giovani - Palazzo dello Sport di Torino

Titolo: "Da oggi la missione della Chiesa continua e si realizza in voi"

Testo:


1. "Se mi amate, osserverete i miei comandamenti" (Jn 14,15).

Siamo riuniti a Torino in occasione del centenario della morte di san Giovanni Bosco. Egli educava i giovani proprio nello spirito di queste parole di Cristo. Educava all'amore di Dio e del prossimo perché questo è "il più grande e primo dei comandamenti" (cfr. Mt 22,38) e questo è, nello stesso tempo, "il vincolo di perfezione" (cfr. Col 3,14). Educava all'amore che si esprime e si conferma nella vita, nelle opere, nel comportamento. Sapeva dalla propria esperienza, che un tale amore è capace di trasformare l'uomo, di far emergere il bene nascosto nel profondo del cuore umano, e, nello stesso tempo, di far superare il male, che in esso si annida.

Don Bosco sapeva tutto questo; e tutto sapeva tradurre in atto. In questo consiste la particolare "capacità dei santi". In questi giorni ci rechiamo numerosi nei luoghi legati al ricordo di san Giovanni Bosco, per guardare, ancora una volta, dalla prospettiva di un secolo, questa grande "opera" del padre della famiglia salesiana; per ringraziare, ancora una volta, la Santissima Trinità di questa "capacità dei santi" di irradiare Dio nella loro vita. Lo irradiava san Giovanni Bosco, quando visse ed opero qui - e continua ad irradiarlo oggi.

"Benedictus Deus... et sanctus in omnibus operibus suis".


2. Il mio primo saluto a tutti voi, giovani cresimandi, che con fervido animo vi accingete a ricevere la Confermazione, il sacramento della maturità cristiana e della testimonianza. Un saluto anche ai vostri padrini, coloro che vi accompagnano a questo passo come garanti della vostra fede e della vostra preparazione, e come guide spirituali nel vostro inserimento cristiano nella società degli adulti.

Saluto i vostri genitori, dai quali avete ricevuto la prima iniziazione alla fede, a mano a mano che crescendo vi siete interrogati su Dio, su Cristo, sulle verità eterne. Saluto i vostri catechisti, efficaci cooperatori in questi anni della vostra crescita e maturazione di fede verso l'età adulta. Saluto in modo particolare i Vescovi del Piemonte qui convenuti per amministrare, insieme con me, il sacramento della Cresima. Saluto i sacerdoti, i religiosi e le religiose, che vi hanno preparato a questa tappa tanto importante per la vostra vita cristiana; saluto tutta la comunità che oggi vi accoglie con festa. E saluto in modo speciale le autorità civili, che rappresentano questa illustre città di Torino.


3. Il Vangelo odierno ci ricorda le parole del Signore Gesù, pronunciate nel cenacolo il giorno prima della sua passione: "Io preghero il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore, perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito di verità" (Jn 14,16). Lo Spirito Santo, lo Spirito di verità doveva trasformare il cuore degli apostoli, guidarli e rafforzarli dopo la partenza del Signore Gesù.

A questo Spirito, chiamato da Cristo Consolatore, desideriamo rivolgerci anche noi tutti, ai quali è caro il patrimonio di san Giovanni Bosco.

Per questo alla celebrazione del suo Giubileo uniamo la celebrazione del sacramento della Confermazione. "Un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo" (Ep 4,5). Il sacramento della Cresima è come un compimento del Battesimo, la tappa di maturazione del cammino verso il pieno ingresso nel mistero di Cristo e verso la responsabile accettazione della vocazione nella Chiesa.


4. Per comprendere il significato di questo sacramento occorre che noi riflettiamo anzitutto sul valore di tutti i sacramenti: essi fanno rivivere in noi il Vangelo, cioè riportano alla nostra vita e comunicano alla nostra esistenza personale, la figura, la vita, i misteri, la parola, gli eventi della stessa vita di Gesù. Gesù si avvicina, entra nella nostra storia proprio mediante questi segni sacramentali, concreti e visibili. Con questi segni Gesù ci chiama, ci associa alla sua missione, ci fa partecipi di tutti i misteri della sua vita.

Nella missione di Gesù il momento della Pentecoste è fondamentale, perché dal dono dello Spirito Santo i discepoli di Cristo possono comprendere tutta la verità del Signore, ed il loro spirito è rigenerato nella pienezza della partecipazione alla vita soprannaturale.

La Confermazione è per voi, carissimi giovani, la vostra personale Pentecoste. Voi oggi ricevete l'effusione dello Spirito Santo, che nel giorno della Pentecoste fu mandato dal Signore risorto sugli apostoli. Ogni battezzato ha bisogno di accogliere, nella sua storia di credente, il momento ed il mistero della Pentecoste: essa compie e perfeziona il dono del Battesimo.


5. Dalla Pentecoste, come sappiamo, i discepoli del Cristo partirono e si dispersero per il mondo come annunciatori del Vangelo. Il dono dello Spirito ha fatto di loro i continuatori efficaci e generosi dell'opera di Gesù: "Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni... insegnate loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni..." (Mt 28,19-20). Proprio con la Pentecoste gli apostoli "cominciarono a parlare... come lo Spirito dava loro il potere di esprimersi" (Ac 2,4).

Con il sacramento della Cresima, dunque, anche voi, che avete conosciuto il Cristo e siete stati innestati in lui in un solo corpo mediante il Battesimo, ora siete chiamati a "parlare" di lui, ad essere suoi testimoni coraggiosi nella difesa della fede e nella pratica della vita cristiana in un mondo che talora si mostra indifferente di fronte al problema religioso e morale. Venite posti strettamente in rapporto con la missione del Figlio: siete "afferrati" oggi dallo Spirito Santo, che vi dona il "potere di esprimervi", di annunciare ad ogni nazione, ad ogni uomo, ad ogni donna, in ogni circostanza verrete a trovarvi, la vostra fede in Dio, in Gesù suo Figlio, nello Spirito Santo.


6. Comprendete dunque la vostra vocazione, e siate araldi di vita nuova, motivo di vigorosa speranza per tutta la Chiesa. Comprendete che da oggi, la missione della Chiesa, degli apostoli, dei discepoli, continua e si realizza in voi, e trova il suo cammino per mezzo vostro. Con voi la Chiesa adempie il suo impegno di essere sempre più operante nell'edificazione della fede e della carità.

Lasciate spazio allo Spirito Santo. Lasciatevi condurre dalla sua multiforme azione. Egli, lo Spirito di Cristo, sa che cosa vuole fare di voi, e voi lasciatevi guidare da lui.

Tutta la spiegazione dell'eccezionale vita di don Bosco, come ben sapete, si trova proprio in questa grande sua disponibilità all'azione dello Spirito Santo.


7. "Vi esorto... a comportarvi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto", così leggiamo nella lettera agli Efesini (Ep 4,1).

Il sacramento della Cresima imprime nell'anima di ciascuno di noi un particolare segno: che è come sigillo dello Spirito Santo. Questo sigillo è stato impresso da Cristo stesso prima sul cuore degli apostoli, quando - durante la sua apparizione nel giorno della risurrezione - "alito su di loro e disse: Ricevete lo Spirito Santo" (cfr. Jn 20,22). Queste parole costituiscono come un'introduzione al giorno della Pentecoste, quando - dopo la dipartita di Cristo al Padre - lo Spirito Santo discese su di loro nello stesso cenacolo. E allora nei cuori dei Dodici è stato impresso, con la potenza dello Spirito Santo, il sigillo della vocazione e della missione apostolica.

Nel sacramento della Cresima si rinnova ciò che si è compiuto nel giorno della Pentecoste. Nei nostri cuori viene impresso il sigillo della vocazione cristiana. E la vocazione cristiana - come insegna l'ultimo Concilio - è, per sua natura, vocazione all'apostolato (cfr. AA 1).


8. Comportatevi dunque "in maniera degna della vocazione che avete ricevuto".

Non vogliate rattristare mai lo Spirito Santo (cfr. Ep 4,30). E non perdetevi mai d'animo, non perdete la speranza. San Giovanni Bosco anche nei momenti più difficili irradiava la speranza. così voi, chiamati alla speranza della vostra vocazione (cfr. Ep 4,4), cercate sempre la luce e la forza di questo Consolatore, che Cristo Signore ha dato alla Chiesa, perché sia con essa per sempre. Amen! [Al termine della celebrazione eucaristica, prima di impartire la benedizione apostolica, il Santo Padre aggiunge queste parole:] Adesso vorrei invitare vostra eminenza, Arcivescovo di Torino, e tutti i miei fratelli nell'episcopato, Arcivescovi e Vescovi di questa regione piemontese, a impartire la benedizione conclusiva ai partecipanti alla santissima Eucaristia, specialmente a quei giovani che hanno ricevuto il sacramento della Cresima.

Non si poteva immaginare un modo più significativo per inaugurare questo centenario di san Giovanni Bosco. Centenario vuol dire memoria di ieri, cento anni fa. Ma si vivono i centenari, i millenni, in Cristo Gesù, si vive ogni tempo sempre come oggi, ieri si fa oggi; ieri si trova nel nostro oggi e il nostro oggi abbraccia ogni ieri. Abbiamo voluto con questa Cresima abbracciare ieri, cento anni fa, più di cento anni fa, un ragazzo che si chiamava Giovanni Bosco e riceveva la santa Cresima come oggi voi l'avete ricevuta. E così abbiamo potuto rivivere il momento decisivo della sua vita, della sua storia personale, storia di santità: tutti siamo chiamati alla santità, e lo Spirito Santo che ci è dato in dono, Spirito Santo che sigilla i nostri spiriti, ci dice: "Siete chiamati alla santità, alla partecipazione alla vita divina, a un oggi senza fine che è nella divina eternità". Forse sono orizzonti un po' troppo lontani per voi, dodicenni, quattordicenni, quindicenni, giovani, ma sono orizzonti della vita umana in ogni epoca, in ogni secolo; e la vita di san Giovanni Bosco conferma questi orizzonti e questa vocazione.

Ringrazio ancora una volta vostra eminenza come Arcivescovo di Torino, tutti i miei fratelli e l'episcopato per questa introduzione così profonda e significativa nel centenario della morte di san Giovanni Bosco. Adesso vi invito, carissimi fratelli, a impartire la benedizione a tutti i presenti e specialmente ai giovani che hanno ricevuto la santa Cresima.


Data: 1988-09-02 Data estesa: Venerdi 2 Settembre 1988




Ai giovani partecipanti al "Confronto '88" - Valdocco (Torino)

Titolo: "Ecco il mio augurio: siate ardimentosi, convinti, aperti alla speranza"

Testo:

Cari giovani.


1. San Giovanni Bosco soleva ripetere ai suoi giovani: "Qui con voi mi trovo bene, è proprio la mia vita stare con voi". Anch'io mi trovo bene con i giovani, sempre.

E particolarmente stasera per questa "buona notte", che vi do con tutto l'affetto.

Saluto tutti voi qui presenti; in particolare il Rettore maggiore, don Egidio Vigano, successore di don Bosco, i sacerdoti salesiani, tutti gli educatori, la Superiora generale delle Figlie di Maria Ausiliatrice e le sue consorelle.

Faccio mia questa espressione nello stesso spirito di don Bosco.

Sapete quando egli la utilizzava? Le Memorie Biografiche del santo che ci aprono uno spiraglio sulla storia spirituale di questo padre e maestro dei giovani, annotano: "Quando veniva da visitare nobili persone di alta posizione, ritornando qui, in questi luoghi, nei cortili di Valdocco, parlando ai giovani, ai suoi giovani che amava come la pupilla dei suoi occhi e che considerava come la porzione eletta delle sue cure, ritornando qui a Valdocco, alla sera per la "buona notte" ripeteva: qui con voi mi trovo bene" ("Memorie biografiche", IV, 654). Sono parole che vi impegnano.

Di don Bosco e della sua sollecitudine attiva a favore dei vostri coetanei del suo tempo si disse che "trovo i giovani com'erano e li aiuto a diventare come dovevano": sagacemente attenti alle questioni che la vita pone, fiduciosi nell'affrontarle.


2. Anch'io al declinare di questo giorno, con profonda simpatia rivolgo a voi, a quanti come voi vivono nelle case salesiane ed a tutti i giovani del mondo l'augurio che quanto state compiendo per la vostra formazione porti frutti di bene.

A questo augurio unisco il cordiale invito a fare vostro lo spirito di don Bosco.

Pertanto, siate giovani ardimentosi.

Qui a Torino, nel "Confronto don Bosco '88" vi siete scambiati esperienze e progetti. Rinvigoriti da tali testimonianze e prospettive, tornate ai vostri gruppi, alle comunità giovanili e parrocchiali, con la forza di chi ha colto con maggior profondità quanto può Cristo in un cuore che ha coraggio.

I fratelli nella fede e tutti gli amici desiderano che voi siate giovani capaci di dialogo e di dono di sé, per collaborare sia all'edificazione della Chiesa, come dimora di Dio e dell'uomo, sia alla costruzione di un mondo vero, giusto, libero: in pace.

Se alimenterete la vostra vita con la preghiera personale e liturgica, se vi farete sostenere dal consiglio di una guida spirituale, se non temerete il confronto con il mondo. Anzi lo affronterete con animo sereno, positivo, aperto.

Siate giovani convinti.

La convinzione si fonda sulla capacità che la ragione ha di investigare ed approfondire la verità, che il Redentore ha svelato nella sua pienezza. Essa, poi, si nutre della testimonianza di quanti, in nome di Cristo e per suo amore, vivono accanto a voi, aiutandovi ad entrare nell'esistenza, seguendo Gesù, icona del Padre e uomo vero.

La convinzione si sviluppa nel clima di famiglia e nella certezza di essere accolti ed accompagnati. Al riguardo, don Bosco fu ed è maestro di amorevolezza salda e matura, che si esplica in un metodo capace di generare la pacificante certezza che Gesù il Cristo è presente nella vita, donando letizia.

Carissimi, siate giovani "convinti" affinché la storia e la vita possano trovare in voi persone che danno forma concreta all'amore con un lavoro serio, sempre teso a costruire la civiltà della verità e dell'amore.


3. Siate giovani aperti alla speranza.

Alla scuola del santo educatore dovete imparare ad essere partecipi del ministero profetico di Gesù, testimoniando con uno stile cristiano di vita individuale, familiare e sociale che la verità di Cristo non è un'utopia, ma un rivelazione, che porta a compimento le promesse divine, secondo un disegno di amore.

Ecco perciò il mio augurio di questa sera: ardimentosi, convinti, aperti alla speranza.

Ma tutto ciò rimarrebbe solo un vano sogno, un'aspirazione velleitaria senza, appunto, un preciso riferimento a Cristo. E' lui la luce; è lui la via e la verità; è lui la vita, perché ci ha riconciliati con il Padre e ci ha donato se stesso come pane di vita.

Vivete dunque di lui! E questo, con la partecipazione convinta, costante, gioiosa all'Eucarestia domenicale, nutrendovi frequentemente del suo corpo e del suo sangue, unico sostegno nel nostro cammino terreno.

E se, lungo le strade del mondo, vi capitasse talora di inciampare e di cadere, ricorrete a lui, che, nel sacramento della Penitenza, vi attende con le sue braccia aperte sulla croce, e vi ridona il perdono, la serenità del cuore e la gioia di vivere. Confessatevi spesso, confessatevi bene! Ho in mente quella celebre foto di don Bosco, attorniato da una folla di ragazzi e di giovani, in attesa di confessarsi da lui. Che stupendo simbolo della pedagogia salesiana! Sappiate essergli fedeli anche in questo.

Cari giovani, questo è l'augurio della "buona notte" del Papa, che vi faccio nel ricordo di don Bosco, e prego per voi Maria Ausiliatrice, perché vi sia accanto in modo dolce e soave.

Che la mia benedizione vi renda partecipi della sua letizia e vi ottenga quelle energie spirituali, che permettono di crescere nella fraterna amicizia col suo Figlio, supremo ideale di vita.

[Al termine del suo discorso, Giovanni Paolo II ringrazia i giovani di "Confronto '88" per la calorosa accoglienza, rivolgendo loro queste parole:] Facciamo adesso un'autocritica. Prima di tutto io penso che il saluto della "buonanotte" che faceva don Giovanni Bosco era molto più breve. Questa è una cosa da correggere. Poi non so se le sue "buonanotte" erano preparate, scritte a macchina. Erano, certamente, più preparate di ogni discorso scritto sulla carta, perché aveva una preparazione continua nel suo cuore, e lui parlava con il cuore.

Dobbiamo ricordare questo genio spirituale, questo genio del cuore, che cento anni fa il Padre celeste ha chiamato a sé. Siamo venuti qui a questo scopo.

Vediamo ora un altro aspetto di quella "buonanotte salesiana" di don Bosco. Io penso che le sue parole di buonanotte non erano introdotte da una simile scenografia. Io vi ringrazio per questa opera artistica. Devo dire, che incontrando i giovani in diverse parti del nostro pianeta, in diversi continenti e Paesi, noto ovunque la grande iniziativa, la grande inventiva e la creatività dei giovani. Essi hanno un loro stile attraverso il quale sono capaci di dire tutto, di dire molto senza dir niente. Questo mi piace molto, perché significa che l'uomo, essendo un essere visibile, un corpo, è, nello stesso tempo una parola, "logos", uno spirito; e anche quando non parla, ed usa solamente l'espressione del suo corpo, parla, e trasmette dei contenuti. Questa è una bella cosa; insegna, ci rivela la grandezza della creazione. Vi ringrazio per la vostra "buonanotte".

Io penso che ai tempi di san Giovanni Bosco i giovani di Valdocco aspettavano la sua buonanotte. Oggi i giovani sono un po' diversi. Loro vogliono soprattutto augurare a don Bosco - che è stato già chiamato, cento anni fa, al Padre - e vogliono dire al Papa, una buonanotte nei modi a loro consueti, con le loro parole e con i loro gesti, con la loro scenografia. Ecco, questi sono i giovani del 1988. Carissimo san Giovanni Bosco, sono diversi questi ragazzi. Sono diversi ma sono buoni. Almeno sembrano buoni.

Allora lasciamoli così, carissimo don Bosco, lasciamoli andare avanti, lasciamoli crescere e lasciamoli dirci buonanotte, per rispondere da parte nostra, fedeli alla tua tradizione: buonanotte.


Data: 1988-09-02 Data estesa: Venerdi 2 Settembre 1988




Con i sacerdoti e i religiosi nella Basilica di Maria Ausiliatrice - Valdocco (Torino)

Titolo: Prete all'altare, prete in mezzo ai giovani

Testo:

Cari presbiteri e religiosi di Torino e del Piemonte.


1. Il ritrovarci qui insieme in questa Basilica mariana dove si venerano le spoglie mortali di san Giovanni Bosco, risveglia in me riflessioni e speranze da condividere con voi. Siete un gruppo di discepoli scelti da Cristo stesso per testimoniare e comunicare le ricchezze del suo ministero salvifico agli altri. La vostra è una vocazione privilegiata nel Popolo di Dio. Dalla sua autenticità sgorgano abbondanti frutti per tutti i fedeli; da una sua crisi sarebbero compromesse sia la vita delle comunità ecclesiali sia l'indispensabile lievito che esse devono inserire nella convivenza sociale.

Mi è gradito esprimere il mio più cordiale saluto a voi tutti qui presenti e anche a tutti i confratelli che non hanno potuto essere qui per motivi pastorali; un pensiero di particolare affetto ai sacerdoti ammalati e a quelli che si trovano in difficoltà.

Desidero riflettere con voi, in modo particolare, sulla vocazione dei presbiteri: ciò che meditiamo su di essi serve anche alle altre persone consacrate.

Il Concilio Vaticano II ricorda che ai presbiteri è "concessa da Dio la grazia per poter essere ministri di Cristo Gesù"; il fine a cui tendono con il loro ministero e con tutta la loro esistenza è "la gloria di Dio Padre", facendo "avanzare gli uomini nella vita divina" (PO 2).

Per raggiungere questo scopo fondamentale essi hanno bisogno di molte virtù e di una vera metodologia di santità. La possiamo veder descritta nelle ardenti parole dell'apostolo Paolo ai Filippesi: "Tutto ciò che è vero, tutto ciò che è onesto, tutto ciò che è giusto, tutto ciò che è santo, tutto ciò che è degno d'amore, tutto ciò che merita rispetto, qualunque virtù, qualunque lodevole disciplina: questo sia vostro pensiero" (Ph 4,8).

Ma sarà possibile un compito tanto alto? Certo: il nostro ministero sacerdotale è assolutamente superiore alle forze personali di ognuno di noi; non sono semplicemente le nostre qualità umane che spiegano l'efficacia ministeriale. Ci conforta il meditare che siamo "consacrati" a tale ministero; ossia, che il Padre stesso ha preso l'iniziativa di permearci con la potenza dello Spirito di Cristo per inviarci, molto più in là delle nostre forze, ad essere autentici ministri della Parola di Dio, santificatori mediante l'Eucaristia e gli altri sacramenti, ed educatori della fede nel popolo dei credenti.

Tutto questo comporta vari compiti, anche di ordine culturale e promozionale; infatti la buona novella portata da Cristo non si aggiunge artificialmente dal di fuori alla realtà umana, ma deve essere seminata e coltivata al suo interno, deve crescere dal di dentro come parte costitutiva dell'uomo integrale, e come energia indispensabile della storia. Sarà sempre una tragedia per l'umanità la separazione del Vangelo dalla cultura.

Se così numerosi e difficili sono i compiti da affrontare, vi è da chiedersi come il presbitero possa armonizzare le molteplici attività del suo ministero con le esigenze della sua testimonianza in una vera unità, in una più alta sintesi di vita.

Il Concilio Vaticano II ce ne dà la risposta: i presbiteri dovranno avere costantemente la coscienza e la consapevolezza di essere sempre e ovunque "ministri di Cristo", attenti e docili alla volontà del Padre. "Nello stesso esercizio pastorale della carità troveranno il vincolo della perfezione sacerdotale che realizzerà l'unità nella loro vita e attività" (PO 14).

La riflessione ci aiuta certamente ad approfondire questo aspetto della vita sacerdotale; ma soprattutto ci incoraggiano ad esso i modelli vivi, collaudati dalla santità ministeriale riconosciuta autenticamente dalla Chiesa con la canonizzazione.

Ecco allora la grande figura di san Giovanni Bosco prete: il vostro carissimo Arcivescovo, vi ha già fatto riflettere su di lui come "sacerdote di Cristo e della Chiesa". Effettivamente, don Bosco è stato innanzitutto e soprattutto un vero prete. La nota dominante della sua vita e della sua missione è stato il fortissimo senso della propria identità di sacerdote prete cattolico secondo il cuore di Dio. Non per nulla il nome che lo designa più correntemente è stato e resta, semplicemente, quello di "don" Bosco.

Rivelatrice è la sua dichiarazione del dicembre 1866 al presidente del Consiglio dei ministri Bettino Ricasoli che l'aveva convocato a palazzo Pitti: "Eccellenza, sappia che don Bosco è prete all'altare, prete in confessionale, prete in mezzo ai suoi giovani, e come è prete in Torino, così è prete a Firenze, prete nella casa del povero, prete nel palazzo del re e dei ministri" ("Memorie biografiche", VIII, 534).

Non possiamo guardarlo, senza commuoverci della sua intensa convizione che Dio lo voleva prete, senza essere presi da ammirazione di fronte alla penetrante intelligenza dei valori genuini della consacrazione sacerdotale. Oggi come ieri, egli parla efficacemente a noi sacerdoti per dire quanta debba essere la nostra riconoscenza, congiunta al senso di responsabilità, dinanzi al dono inestimabile ricevuto a beneficio della Chiesa e del mondo.

Il suo concetto del prete era tale che, per quanto messo a disagio da lodi ed esaltazioni rivolte alla sua persona, dava segni di gradire le manifestazioni di onore che gli venivano tributate, talora da intere popolazioni, ogni volta le giudicasse dirette non alla sua persona, ma al suo sacerdozio.


2. Certamente il ministero sacerdotale non si identifica con la persona del prete.

Pero nella storia della salvezza possiamo vedere come l'elezione da parte di Dio di alcuni inviati a una determinata missione, comporta uno stretto, intimo e vitale coinvolgimento della loro persona con il ministero ricevuto. Mosè tratta con Dio "come un uomo suole parlare al proprio amico" (Ex 33,11); e per gli apostoli e i sacerdoti del nuovo testamento questa intimità giunge fino all'identificazione nel Cristo. La ragione di questo mutuo profondo rapporto sta nel fatto che Iddio non solo chiama e invia, ma anche consacra e dà forza per la missione. E la consacrazione tocca e pervade la persona in tutta la sua esistenza.

Adeguare la propria persona a questo ministero, percorrere ogni giorno con maggiore chiarezza e intensità questo processo spirituale di identificazione, rappresenta in sintesi l'itinerario dell'unità di vita e della santità del sacerdote ministeriale.

Credo proprio che la prima grande intuizione di don Bosco riguarda questo aspetto, che comporta la totale dipendenza dell'essere sacerdotale dalla iniziativa di Dio. Una concezione tanto profonda si spiega con la presenza in lui di speciali illuminazioni dello spirito di verità e dalla direzione spirituale e dall'esempio di un altro mirabile santo torinese, don Giuseppe Cafasso, grande formatore di ottimi sacerdoti.

Essere collaboratore degli apostoli per consacrazione divina è la grande certezza che rese don Bosco tanto forte e determinato nella sua missione e gli fece comprendere sempre meglio che il compito del prete, della sua persona e del suo magistero, consiste nel rendere presente e nel prolungare l'azione stessa del Cristo: adorare, redimere, annunciare, e usare tutti i mezzi per far conoscere ed accettare l'amore tenerissimo del Padre.

Nessuna divisione, in lui tra il tempo da dare a Dio e quello da offrire alle opere, ai giovani, agli impegni dell'apostolato. Egli consegno se stesso all'azione santificante di Dio mediante la dedizione incondizionata al mandato del Signore, e la contemplazione che si affina nel sacrificio.


3. Logica conseguenza della forza della consacrazione del sacramento dell'Ordine è, nel sacerdote, una chiara e costante consapevolezza di essere "ministro di Cristo" e, quindi "amministratore dei misteri di Dio" (1Co 4,1). Il sacerdote non potrà vivere la propria consacrazione che lo fa portatore della presenza del Signore nel mondo, se non coltiva con sollecitudine quotidiana il primato della vita sacramentale in se stesso e nel popolo cristiano.

Oggi occorre sottolineare vigorosamente questa realtà: il sacerdote è colui che trasmette la vita divina agli uomini. Potrà essere anche debole, imperfetto, certamente mai pari alla grande fiducia che Dio gli ha fatto, chiamandolo ad essere suo ministro. Ma la sua forza, la sua ricchezza sta primariamente qui: divinizzare gli uomini, santificarli, nutrirli di Dio. "Finis veri sacerdotii... - sono parole di san Massimo il Confessore - tum imbui deitate, tum imbuere" (S. Maximi Conf. "Eph.", 31: PG 91, 626).

"Imbui deitate": essere pieni di Dio, nella vita interiore, nella Eucaristia, nella Confessione frequente, per passare indenni attraverso i richiami del peccato, che possono far giungere anche a noi la loro voce lusingatrice.

"Imbuere deitate": dare Dio Trinità al Popolo, che è suo; richiamarlo alla mensa della Parola e della Eucaristia, nelle celebrazioni domenicali e festive accuratamente preparate; esortarlo alla pratica della Confessione, mezzo divino di purificazione e di ascesi; proporgli l'ideale della santità nella vita familiare, ove ritrovino il loro posto il rispetto della vita, il sacrificio e la donazione di sé, la forza di reagire all'edonismo raggelante e funesto; suscitare ideali di generosità nei giovani, e coltivare le vocazioni.


4. Nel sacerdozio ministeriale consacrazione e missione non costituiscono due poli in antitesi, ma si fondano nel superiore equilibrio della carità pastorale, che porta vitalmente con sé una mirabile grazia di unità.

La missione, infatti, è per il prete una componente della stessa consacrazione; e l'azione ministeriale è, a sua volta per lui, una concreta manifestazione di interiorità. Il Signore consacra e invita; l'azione apostolica è frutto della carità pastorale.

Fervidamente convinto del valore della missione, don Bosco sostenne instancabilmente, con l'esempio e con la parola, che il sacerdote è mandato per la salvezza delle anime. "Ogni parola del prete - amava ripetere - deve essere sale di vita eterna e ciò in ogni luogo e con qualsivoglia persona. Chiunque avvicina un sacerdote deve riportare sempre qualche verità, che gli rechi vantaggi all'anima" ("Memorie biografiche", VI, 381; III, 74).

Nella sua concezione, l'impegno sacerdotale non conosce esclusione di persone, e coinvolge tutti: lo testimonia la vastità dei suoi orizzonti di azione, che vanno dall'area della gioventù maschile a quella della gioventù femminile, comprendono i ceti popolari senza ignorare gli altri, e si estendono sino ai non cristiani.

Tuttavia il suo nome resta inconfondibilmente legato a quel particolare carisma di educazione che lo fa giustamente chiamare il "santo dei giovani". E tale particolarità impone ai sacerdoti motivi di riflessione che oggi rivestono una drammatica urgenza.

Certo, non ogni sacerdote è chiamato da Dio ad essere apostolo dei giovani con una intensità pari a quella di don Bosco. Ma ciascuno deve interpretarsi come educatore di chiunque avvicini, ed ognuno deve intendere l'educazione dei giovani come sua ineludibile responsabilità personale: giacché il prete rappresenta il Signore, che ama i giovani; e rappresenta la Chiesa, il cui interesse per la formazione giovanile è obbedienza, come dice il Concilio Vaticano II, al "mandato ricevuto dal suo divino Fondatore, che è quello di annunciare il mistero della salvezza a tutti gli uomini e di edificare tutto in Cristo" (GE 1 prooemium).


5. Don Bosco è stato un grande devoto della Madonna; come tutti qui a Torino, venero con filiale amore la Consolata; e durante i tempi difficili degli attacchi alla Chiesa e ai suoi pastori, rilancio la devozione a Maria Ausiliatrice che egli chiamo anche "Madre della Chiesa" (cfr. G. Bosco, "Maraviglie della Madre di Dio invocata sotto il titolo di Maria Ausiliatrice", Torino 1868, p. 45).

Questo tempio lo volle appunto a dimostrazione della assoluta certezza dell'intervento di Maria nelle vicissitudini della storia e a lei dedico l'Istituto di suore che, come "monumento vivo", volle che si chiamassero "Figlie di Maria Ausiliatrice".

La sua vocazione sacerdotale ebbe sempre come stella polare, fin da fanciullo, la Madonna, e la sua efficacia ministeriale e la sua audacia apostolica ebbero la loro profonda e autentica radice in questa sicura fiducia in lei.

Per l'intercessione, dunque, e con l'aiuto della beata Vergine, che ci sorride da questo grande quadro, nel quale ella è circondata dagli apostoli, i primi collaboratori e ministri della nuova alleanza, ci sia concesso di ricevere docilmente e custodire gelosamente l'alto messaggio di fedeltà alla identità sacerdotale, che si sprigiona dalla figura di questo santo conterraneo.

Che don Bosco, guidandoci a Maria, ci aiuti a riconoscere, stimare e sviluppare la nostra consacrazione apostolica di sacerdoti del Signore.

Eminenza, la ringrazio per avermi introdotto in questo incontro con i sacerdoti della sua arcidiocesi di Torino e con gli altri sacerdoti di tutto il Piemonte, e la invito, come anche gli altri Vescovi qui presenti, ad offrire a questi nostri fratelli nella consacrazione sacerdotale una benedizione come gesto di ringraziamento, di solidarietà e di incoraggiamento. Questa benedizione sia anche per le vostre parrocchie, per le vostre comunità, per le persone a voi affidate, per le vostre famiglie. Grazie.


Data: 1988-09-03 Data estesa: Sabato 3 Settembre 1988




Nella parrocchia di Castelnuovo Don Bosco (Torino)

Titolo: Quella straordinaria fioritura di santità nella parrocchia di Castelnuovo Don Bosco

Testo:

Carissimi fratelli e sorelle.


1. Dopo la celebrazione eucaristica con i Vescovi del Piemonte, dopo il saluto della "buona notte" ai giovani allievi dei salesiani, secondo la amabile tradizione introdotta nella famiglia di don Bosco dall'intuito materno ed esperto di Mamma Margherita, e dopo il colloquio con il clero ed i religiosi di questa regione, non poteva mancare, nel mio pellegrinaggio ai luoghi di san Giovanni Bosco, una sosta presso la chiesa parrocchiale e il battistero, dove Giovanni Bosco ricevette i sacramenti dell'iniziazione cristiana e comincio a comprendere il progetto di Dio sulla sua vita, in conformità alla specifica vocazione cristiana e sacerdotale.


2. Saluto il vostro parroco ed i suoi collaboratori, saluto il signor ministro e saluto anche il sindaco di Castelnuovo Don Bosco, e in particolare il presidente e le autorità della Provincia di Asti. Saluto voi, genitori dei bambini nati negli anni 1987-1988.

Il mio pensiero va in particolare ai vostri figli. Sono essi che, da voi cristianamente educati e formati, continueranno a tracciare la strada che la Provvidenza ha previsto per questa comunità parrocchiale. Saluto tutti i fedeli di Castelnuovo, quelli presenti e quelli lontani, quelli nati qui, e quelli immigrati in questa terra per motivi di lavoro. A tutti il mio saluto di pace e il fervido augurio di prosperità e di bene.


3. Presso il battistero della vostra chiesa parrocchiale di sant'Andrea non possiamo fare a meno di riflettere sulle numerose schiere di santi e di veri cristiani, che qui hanno ricevuto il dono della vita cristiana. Oltre a san Giovanni Bosco, occorre ricordare anche san Giuseppe Cafasso, il grande direttore spirituale e formatore di sacerdoti; il canonico Giuseppe Allamano, fondatore dei Missionari e delle Missionarie della Consolata; il Cardinale Giovanni Cagliero, uno dei primi discepoli di don Bosco e iniziatore delle missioni salesiane in Sud America; monsignor Giovanni Battista Bertagna, rettore del convitto ecclesiastico e Vescovo Ausiliare di Torino. Non possiamo dimenticare poi, che in questa chiesa parrocchiale, san Domenico Savio ricevette la prima Comunione all'età di sette anni, e formulo i generosi propositi, che lo portarono a diventare modello di vita per tanti adolescenti.


4. Pensando a questa meravigliosa famiglia di uomini di Dio, ci chiediamo da quale radice sia scaturita la loro santità.

Il Concilio Vaticano II ci ricorda che la vocazione alla santità ha la fonte originaria nel Battesimo. Tutti i battezzati, poiché sono stati innestati in Cristo, sono guidati dalla grazia divina e dallo Spirito Santo a percorrere la via della perfezione cristiana.

Ma la straordinaria fioritura di santità di cui è adornata codesta vostra parrocchia, si spiega anche con questo motivo: i vostri padri hanno saputo vivere la fede cristiana in modo personale e comunitario, nella convinzione che l'opera educativa verso i figli è la prima ed essenziale forma dell'apostolato. E' questa una forte e significativa tradizione della vostra gente, il cui valore è sempre di attualità, anche ai nostri giorni.

La grazia battesimale ha sostenuto la vita cristiana dei vostri padri, giorno dopo giorno, ed ha fatto di essi i custodi del santuario domestico, e genitori pienamente consapevoli che il primo apostolato consiste nell'essere dei veri annunciatori della Parola di Dio per i propri figli. I santi cresciuti in questa parrocchia hanno scandito costantemente le tappe del loro incontro con Dio nella partecipazione alla santa Messa e ai sacramenti, e si sono alimentati con il pane della Parola di Dio, spezzato a loro, per primi, dai genitori.

Alcune frasi rivolte da san Giovanni Bosco ai suoi allievi per ricordare la sua prima Comunione, sono particolarmente significative di questo specifico cammino verso la santità: "Mia madre si adopero a prepararmi come meglio poteva e sapeva. Lungo la quaresima mi invio ogni giorno al catechismo; poi mi condusse tre volte a confessarmi, fui esaminato, promosso. - Giovanni mio, mi disse ripetutamente, Dio ti prepara un gran dono; ma procura di prepararti bene, di confessarti, di non tacere alcuna cosa in confessione -. Quel mattino mi accompagno alla sacra mensa e fece con me la preparazione e il ringraziamento, dandomi quei consigli che una madre industriosa sa trovare opportuni pei suoi figlioli".


5. Queste espressioni siano per tutti voi, genitori e fedeli di Castelnuovo Don Bosco, un ricordo, un monito, un impegno. Vi invito a riflettere su tali esperienze per poter orientare sempre con coraggio, con vigore e con speranza, l'educazione cristiana dei vostri figli. Siate testimoni credibili della presenza di Dio nella vita personale come nella vostra famiglia. Siate veri apostoli dei vostri figli. Abbiate piena fiducia nel Signore, il quale assicura che la pace e la gioia si trovano soltanto nella osservanza della sua volontà.

Vi protegga in questa vostra preziosa opera educativa la Vergine Maria, che voi venerate, da secoli, nella chiesetta del Castello, che sovrasta il paese.

Quale auspicio di copiose grazie celesti imparto di cuore a tutti voi qui presenti, a tutti i vostri parrocchiani e concittadini, la benedizione apostolica, invitando il vostro Cardinale, il Cardinale Presidente della CEI, i Vescovi qui presenti a condividere questa benedizione a tutta la comunità di Castelnuovo Don Bosco.


Data: 1988-09-03 Data estesa: Sabato 3 Settembre 1988





GPII 1988 Insegnamenti - Omelia della santa Messa durante il conferimento della Cresima a 800 giovani - Palazzo dello Sport di Torino