GPII 1988 Insegnamenti - Incontro con i giovani nello stadio di Harare (Zimbabwe)

Incontro con i giovani nello stadio di Harare (Zimbabwe)

Titolo: Il Signore guarda al vostro cuore e non al colore del vostro volto

Testo:

Cari giovani amici.


1. Grazie per la calorosa accoglienza che mi avete preparato! Io porto nel mio cuore ognuno di voi e tutti i giovani dello Zimbabwe. La presentazione del Vescovo Reckter e le sincere e meditate parole del vostro rappresentante mostrano come voi siate coscienti della grazia che ci viene data oggi, qui nello stadio di Harare: noi siamo riuniti in Cristo! I giovani dello Zimbabwe sono felici di incontrare il Papa quanto il Papa lo è di incontrare voi? Si, sono sicuro che lo siete, perché Cristo ci ha radunati nel suo nome.

Noi partecipiamo dello stesso Battesimo nella morte e nella risurrezione del nostro Signore e salvatore Gesù Cristo. Noi siamo figli adottivi di Dio, fratelli e sorelle nell'unica famiglia, membri della Chiesa, il corpo di Cristo.

Nella Chiesa non siete mai soli. Siete stati presenti nella preghiera di tanti fratelli e sorelle in tutti il mondo - e lo siete stati nelle mie preghiere - sia nei difficili anni che hanno preceduto l'indipendenza, sia oggi che affrontate le sfide del futuro.

Il simbolismo della vostra danza tradizionale ha espresso in modo vivo i sentimenti che pervadono i nostri cuori in questo momento. Grazie per la bellezza del vostro modo di esprimere la nostra amicizia.


2. Ci sono molte cose che il Papa vorrebbe dire a voi giovani dello Zimbabwe.

Prima di tutto vorrei ricordarvi che siete amici di Cristo. Voi siete i suoi fratelli e le sue sorelle (cfr. Mt 12,50). San Giovanni ci dice che il nostro amore per Cristo trae le sue origini dal suo amore per noi. Egli scrive: "Noi amiamo... perché egli ci ha amato per primo" (1Jn 4,19).

Cristo ci ha amato per primo. Ci ha amato come un fratello e come un amico. Il Vangelo descrive Gesù come amico di molte persone che ha incontrato.

Agli apostoli ha detto: "Voi siete miei amici... Vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi" (Jn 15,14-15). Al sepolcro del suo amico Lazzaro "Gesù scoppio in pianto; dissero allora i Giudei "vedi come lo amava!"" (Jn 11,36). Il Vangelo narra che i bambini lo circondavano (cfr. Mc 10,14); e che persino i peccatori e i mendicanti venivano considerati suoi amici (cfr. Lc 15,3 Mt 9,10-11). San Marco racconta del giovane che interrogava Gesù circa la via che conduce alla vita eterna, alla salvezza, e che "Allora Gesù fissatolo lo amo" (Mc 10,21). Sfortunatamente il giovane non accetto l'invito di Gesù a seguirlo. Egli non riusciva ad accettare le condizioni che l'amicizia con Gesù esige.

Perché essere fratello e amico di Gesù, significa prima di tutto conoscere lui e fare ciò che egli ha comandato (cfr. Jn 15,14).


3. Qualcuno di voi potrebbe dire che sarebbe stato facile seguire Gesù quando viaggiava nelle città e nei villaggi della Galilea e della Giudea, predicando e compiendo il bene. Potreste dire che è difficile per voi immaginare di essere fratelli di una persona vissuta tanto tempo fa.

Ma no, Gesù è vivo ora e sempre! Questa è la nostra fede. Questa è la fonte di tutto ciò che significa essere cristiano.

Gesù per noi non è solo morto - è risuscitato dai morti e intercede per noi alla destra del Padre (cfr. Rm 8,34). Dal giorno di Pentecoste in poi Gesù risorto è stato sempre presente nella sua Chiesa, in tutti i sacramenti, e specialmente nell'Eucaristia. E' diventato una sola cosa con ogni essere umano, così che quando serviamo i nostri fratelli e le nostre sorelle per amore suo, amiamo e serviamo davvero Gesù stesso. E' questo che egli intendeva dicendoci che qualsiasi cosa facciamo al più piccolo dei nostri fratelli e sorelle, lo facciamo a lui (cfr. Mt 25,40 Mc 9,41).

E' così giovani dello Zimbabwe che potete mettere alla prova il vostro amore per Cristo. Dovete aiutare gli altri. Dovete servirli. E potete aiutare e servire i vostri fratelli e sorelle in Cristo costruendo un mondo in cui la dignità di ogni persona venga riconosciuta, difesa e rispettata, in cui non ci siano discriminazioni di colore o di nazionalità! Ricordate che quando il Signore vi guarda, non vede un volto nero, o un volto bianco, o un volto bruno; vede il volto di Cristo suo figlio. E quando Cristo vi guarda, guarda "al vostro cuore" (cfr. Ap 2,23 Jn 2,25). Ed egli insegna ad ognuno di voi - e a tutti noi - a fare altrettanto! Quando il Signore vi interpella nel profondo della coscienza, "Dov'è tuo fratello?", non potete e non dovete rispondere come Caino che aveva ucciso suo fratello Abele. Caino al Signore ha replicato "Sono forse il guardiano di mio fratello?" (Gn 4,9). La risposta è "si". Si, voi siete in ogni momento i guardiani e i difensori dei vostri fratelli e delle vostre sorelle! Siete i loro servitori e i loro amici.


4. Ma non basta agire individualmente e da soli. Molti di voi fanno già parte delle associazioni cattoliche o di altri gruppi dove pregate insieme e svolgete attività caritativa e sociale. Attraverso questi impegni condivisi sperimentate il significato delle parole di Gesù: "Dove sono due o tre uniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro" (Mt 18,20). Avete la possibilità di scoprire la gioia di essere collaboratori l'uno dell'altro e collaboratori di Cristo nell'edificazione del suo Regno.

Voi, giovani dello Zimbabwe, siete pronti a stabilire un legame saldo e duraturo di fratellanza con Gesù? Siete pronti a diventare suoi collaboratori e suoi discepoli? Siete pronti a rinunciare ad altri interessi e attrazioni per lavorare con lui all'edificazione del suo Regno - il Regno di giustizia e misericordia, di riconciliazione e di pace? Siete pronti a collaborare con i Vescovi e con i sacerdoti e con le sorelle religiose per la costruzione della comunità ecclesiale nelle vostre parrocchie e nel vostro Paese, per favorire l'annuncio della buona novella di Gesù Cristo? La vostra buona volontà nel fare ciò, fa si che il Papa e la Chiesa abbiano fiducia nel futuro. Voi siete il futuro dello Zimbabwe! Voi siete il futuro della Chiesa! Voi siete il futuro per il quale il Papa prega ogni giorno.


5. Alcuni di voi sentiranno Gesù chiamarli, dolcemente ma insistentemente, a seguirlo nel sacerdozio e nella vita religiosa. Ascoltate questa voce nel profondo dei vostri cuori! Guardatevi intorno! Sentite che ha bisogno di voi guardando i volti dei bambini, gli anziani, i malati e i sofferenti nel vostro Paese! "La messe è molta ma gli operai sono pochi" (Mt 9,37). Quando vi sentite chiamati a fare "qualcosa di più" e quando il discorso della montagna - le beatitudini - suscita nel vostro cuore una percezione nuova del fine a cui tendere, non tacitate la chiamata! Lasciate che si sviluppi nella maturità di una vocazione! Rispondete ad essa con la preghiera e con una maggiore fedeltà ai comandamenti di Cristo! (cfr. "Epistula Apostolica ad iuvenes, internationali vertente anno iuventuti dicato", 8, die 31 mar. 1985: , VIII, 1 [1985] 773ss).


6. Il secondo tema della mia conversazione con voi e con i giovani dell'Africa, riguarda la vostra vita di famiglia. Le famiglie sono i nuclei di base della società. Se c'è pace all'interno delle famiglie ci sarà pace nella società. I valori culturali tradizionali dell'Africa sono strettamente legati ad una vita familiare caratterizzata da legami saldi e da un amore particolare per i bambini e dal rispetto per gli anziani. Voi, come giovani africani non dovete permettere che questo patrimonio di valori umani vada perduto. Non lasciatevi tentare da un nuovo stile di vita che non comporta un genuino progresso umano ma che del progresso ha solo l'apparenza, fatto di vantaggi materiali per pochi, ma che dimentica molti altri per via. Solo nel rispetto dei valori dell'amore e della vita le famiglie possono acquisire forza e stabilità e farsi quindi realmente carico dei loro membri. Quando una società non salvaguarda questi valori, non si possono conseguire che risultati negativi, e certamente non la reale prosperità e pace alla quale la gente aspira.


7. A volte i giovani non apprezzano l'importanza della vita familiare. In effetti potreste ritenere la vostra famiglia come un fatto scontato. Fate questo se rifiutate di prestare aiuto e sostegno alla vostra famiglia e se assumete atteggiamenti e comportamenti che vanno contro la vita familiare, e se vi fate coinvolgere dalla droga o vi avviate sulla strada della violenza o della irresponsabilità sessuale. Come cristiani siete chiamati ad essere costruttori di una vita familiare sana e moralmente integra. Dovete aiutare le vostre famiglie ad essere davvero delle "chiese domestiche", dove Dio è presente in tutte le gioie e le preoccupazioni dei membri della famiglia, dove l'atmosfera che si respira sia di preghiera e di devozione, di comprensione e di perdono reciproco, di incoraggiamento e di amore. Se oggi voi siete costruttori di pace nelle vostre famiglie, le vostre famiglie future saranno comunità fondate sulla fede e sulla santità, sulla rinuncia a se stessi e sulla responsabilità. La verità di Gesù Cristo deve essere il punto di riferimento delle vostre vite, nella teoria e nella pratica. Se altri modelli o valori vi vengono presentati come "progresso" e "liberazione", confrontateli alla "verità" di Gesù Cristo, e la sua promessa diverrà una realtà nelle vostre vite. Gesù ci ha promesso: "Se rimanete fedeli alla mia parola sarete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi" (Jn 8,31-32).


8. Cari giovani amici, il mio terzo incoraggiamento riguarda la vostra partecipazione in quanto cattolici allo sviluppo del vostro paese. Mi riferisco al vostro dovere di diventare dei cittadini onesti e impegnati dello Zimbabwe.

All'obbligo morale di fare il miglior uso della vostra educazione e formazione, in modo che possiate condurre delle esistenze fruttuose per il bene comune.

Mi piacerebbe che voi giovani dello Zimbabwe foste dei convinti seguaci del "vangelo del lavoro" (cfr. LE 6). "Vangelo del lavoro" significa che la nostra "fatica" quotidiana, qualunque essa sia è per noi cosa buona. E quindi necessaria nella società in cui viviamo. Ciò comporta che il lavoro è una parte importante delle nostre vite a condizione che esprima e accresca sempre la nostra dignità umana.

Il lavoro fa questo perché è al servizio della comunità e permette una reale partecipazione alla vita culturale e sociale del proprio paese e, soprattutto permette di collaborare con il Creatore al "raccolto" delle risorse e dei valori che la creazione stessa contiene (cfr. LE 25).

Io so che molti giovani africani sono disoccupati, e incontreranno in futuro molti ostacoli a trovare lavoro. Purtroppo in tutto il mondo molti giovani si trovano in questa triste situazione! Senza averne colpa alcuna, molti di voi sono privati dei mezzi per continuare la propria crescita e il proprio sviluppo individuale e per realizzare le proprie speranze, vengono cioè privati della possibilità di svolgere un lavoro o una professione. C'è bisogno dell'aiuto di altri. So che i vostri Vescovi stanno preparando dei programmi per favorire la formazione e altri tipi di assistenza, specialmente nelle aree rurali. E io continuero ad incoraggiare la creazione di un nuovo ordine economico internazionale che favorisca l'espansione dell'economia di base dei paesi più avanzati. Ma le soluzioni migliori per affrontare il problema della disoccupazione vanno ricercate nelle iniziative e nella collaborazione a livello locale. Vi esorto ad avere fiducia in voi stessi. E sappiate che il Papa è dalla vostra parte e vi sostiene con la sua preghiera perché possiate trovare delle vie concrete e originali per risolvere il problema.

Ricordate, amici miei, che sempre il lavoro è collegato all'unione con Dio. La preghiera e gli altri impegni a carattere religioso non cominciano laddove terminano il lavoro e gli altri obblighi religiosi. Ricordate l'esempio di Gesù di Nazaret, "il figlio del carpentiere" (Mt 13,55), lui stesso "carpentiere" (cfr. Mc 6,2). Il suo lavoro consisteva anche nel fare la volontà del Padre celeste (cfr. Jn 10,25). Su questo argomento sono certo che i vostri Vescovi e sacerdoti sapranno darvi ulteriori spiegazioni, alla luce della dottrina sociale della Chiesa.


9. Giovani dello Zimbabwe: per accomiatarmi da voi ho scelto le parole della lettera di san Paolo che oggi avete ascoltato: "Benedite coloro che vi perseguitano... Non rendete a nessuno male per male... Cercate di compiere il bene davanti a tutti gli uomini... Non lasciarti vincere dal male ma vinci il male con il bene" (Rm 12,14-21).

Il nostro incontro è giunto alla conclusione. Ma siate certi che vi portero sempre nel cuore. Siamo uniti nella fratellanza con il nostro Signore e salvatore Gesù Cristo, e resteremo uniti nella preghiera: una preghiera aperta allo Spirito Santo, allo Spirito di verità e di amore; una preghiera che sappia avvicinarci a Maria, nostra madre nella Chiesa, chiedendole di intercedere per noi presso Dio per le necessità del vostro paese e del mondo.

Dio vi benedica! Dio benedica tutti i giovani dello Zimbabwe!


Data: 1988-09-11 Data estesa: Domenica 11 Settembre 1988




Messaggio per la corsa "Sport AID '88"

Titolo: Competizione d'amore che offre nuova speranza e nuova gioia

Testo:

Miei cari bambini, cari giovani amici di tutto il mondo.

Oggi molti di voi partecipano alla "Corsa contro il Tempo", un programma mondiale contro la fame e la malattia e di aiuto a tutti i bambini poveri. Nel presentarmi questa torcia, mi avete invitato a partecipare al vostro lodevole sforzo, e sono felice di farlo.

Come ho già detto spesso, i giovani sono la speranza e la promessa del domani. La vostra gioia e il vostro entusiasmo donano a tutti noi un nuovo spirito. La vostra ricerca di ciò che è buono e di ciò che è vero ci ricorda cosa è più importante nella vita e ci dà fiducia nella lotta contro il male.

Soprattutto, il vostro desiderio spontaneo di manifestare il vostro amore ci fa ricordare che è l'amore che dà alla vita il suo significato e il suo obiettivo.

Come dice san Giovanni, "se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l'amore di lui è perfetto in noi" (1Jn 4,12).

Cari giovani amici, continuate sempre a vivere nell'amore di Dio e ad amarvi l'un l'altro con tutto il cuore. così "La Corsa contro il Tempo" sarà per il mondo non soltanto una corsa contro la fame e la malattia, ma anche una competizione per la bontà e la giustizia, una competizione di amore che dà a tutti noi nuova speranza e gioia.

Che Dio vi ricolmi di tutti i doni.


Data: 1988-09-11 Data estesa: Domenica 11 Settembre 1988




Con il Corpo diplomatico nella Nunziatura apostolica di Harare (Zimbabwe)

Titolo: Per un giusto equilibrio nell'ordine internazionale occorre risolvere i drammi della fame e dei rifugiati

Testo:

Eccellenze, signore e signori.


1. E' per me un grande piacere incontrare voi, distinti capi missione e personale diplomatico accreditati presso il governo dello Zimbabwe. Vi ringrazio per la cortesia di essere qui presenti e saluto ognuna delle nazioni e dei popoli che voi rappresentate.

Come sapete, le mie visite nei vari Paesi sono soprattutto visite del Vescovo di Roma, il capo della Chiesa cattolica, alle comunità cattoliche sparse in tutto il mondo. Il compito del Papa è quello di proclamare il Vangelo di Gesù Cristo, di confermare la fede dei membri della Chiesa e servire la causa dell'unità cattolica. Ma c'è anche un altro aspetto della missione che la divina Provvidenza ha affidato al Vescovo di Roma.


2. La Santa Sede, il cui territorio comprende la piccola area indipendente nel cuore di Roma chiamata Città del Vaticano, è un membro riconosciuto e attivo nell'ambito della comunità internazionale. La Santa Sede tratta con la comunità internazionale e con ogni singolo membro, in uno spirito di rispetto e sincera preoccupazione per il benessere dei popoli, nella consapevolezza della complessità e serietà dei problemi affrontati dai responsabili della vita pubblica. La particolare natura del servizio della Santa Sede alla famiglia umana, corrispondente alla missione morale e religiosa della Chiesa, richiede che il suo ruolo nella famiglia delle nazioni non sia di tipo tecnico o puramente politico.

Si tratta piuttosto di una condivisione concreta e sensibile delle aspirazioni dei popoli, delle loro speranze ed ansie, dei loro sforzi per promuovere la pace e la giustizia, per difendere la dignità umana e i diritti fondamentali dell'uomo. Infatti, la Santa Sede cerca di essere l'accompagnatrice della famiglia umana nel suo cammino verso un'esistenza più umana e colma di verità. Essa compie questo viaggio al di là d'ogni facile ottimismo, confida invece nel fatto che la famiglia umana è capace di rispondere alla verità delle cose, prima che la verità sia trasformata e assoggettata al gioco ideologico o di potere. La gente è in grado di percepire l'innata "verità delle cose" che il Creatore ha iscritto nella profondità del suo essere, ed è capace di rispondere alla verità in modo razionale e morale. Qui risiede la base della speranza in un futuro migliore per il mondo.


3. Nel servizio della famiglia umana, la Santa Sede considera la comunità diplomatica un partner altamente qualificato. Ognuno di voi è al servizio degli interessi del proprio Paese. Ma la vera natura della vostra professione e della vostra personale esperienza di altre nazioni e di altre culture vi rende consapevoli di un orizzonte più vasto, la solidarietà dell'intero genere umano, che esprime un irreversibile processo di interdipendenza facendo dipendere il benessere di ciascuna parte dal benessere del tutto. In ciò condividiamo una sfida comune: noi dobbiamo essere costruttori della pace internazionale, servitori del bene comune, promotori della comprensione e del dialogo ovunque.

Oggi tale compito non è facile. Ci sono molti punti di tensione. Vasti settori dell'umanità sono oppressi da condizioni di vita insostenibili. E mentre v'è molta collaborazione e aiuto fraterno da un Paese all'altro e attraverso le organizzazioni internazionali, v'è certamente posto per uno sforzo più generale, concertato e determinato per alleviare le tragiche situazioni di fame, miseria, malattia e analfabetismo in cui sono imprigionate centinaia di milioni di persone.

Le coscienze di molti sono giustamente turbate ed esiste una crescente convinzione nell'opinione pubblica che si debba fare di più per risolvere questi problemi. 4. Dinanzi a voi, gentili signore e distinti signori che rappresentate vari Paesi del Nord, del Sud, dell'Est e dell'Ovest, ed organizzazioni internazionali al servizio della comunità mondiale, permettetemi di rivolgere lo sguardo alla drammatica situazione di quelle regioni dell'Africa colpite da siccità e carestia.

In queste aree fame, malnutrizione cronica e morte dominano inesorabilmente.

Durante la mia prima visita pastorale in Africa nel maggio 1980, feci un appello solenne a Ouagadougou per un aiuto di emergenza al popolo sofferente della regione del Sahel. Quell'appello era diretto alle organizzazioni internazionali per continuare ad accrescere la notevole opera che esse compiono per assistere i bisognosi e rimediare alle cause della carestia; ai capi di Stato per offrire generosi sussidi; alle organizzazioni non governative per sollecitare individui e gruppi a una maggiore generosità e assistenza; agli uomini e alle donne della scienza e della ricerca per dirigere la loro opera verso la sconfitta della siccità e della carestia (cfr. "Vehemens incitamentum ad homines aquarum penuria afflictos sublevandos, in urbe Uagaduguensi ante cathedrale templum elatum", 7, die 10 maii 1980: Insegnamenti di Giovani Paolo II, III, 1 [1980] 1296).

Un grazie deve essere rivolto a tutti coloro che si sono occupati di quella grande tragedia umana. Ma il problema non è stato risolto e ancora oggi innumerevoli vite sono minacciate dalla carestia in Africa. Da allora nuove calamità naturali hanno colpito l'Africa, l'ultima delle quali ha causato un immenso disastro nel Sudan. Ancora una volta ci si appella alla solidarietà mondiale. L'effettiva sopravvivenza di milioni di nostri fratelli e sorelle sparsi nel mondo dipende dal nostro interesse per loro! 5. Mi sento inoltre in dovere di richiamare l'attenzione su un'altra delle maggiori cause di sofferenza per molte persone in diverse parti del mondo, e specialmente qui in Africa: e cioè, il problema dei rifugiati e degli espatriati.

Per diverse ragioni, alcune delle quali legate ad ingiustizie o disastri naturali, questi nostri fratelli e sorelle sono costretti a fuggire dalla loro madre patria, abbandonare tutto ciò che gli è stato familiare e caro, tutto ciò che ha offerto loro sicurezza fisica e sociale. E, diventando rifugiati, essi affrontano, spesso solo con l'aiuto della loro fede in Dio, un futuro incerto e angoscioso.

Come dissi parecchi anni fa, dopo aver visitato il campo profughi a Phanat Nikhom in Thailandia: "Il triste destino di questi uomini coraggiosi e sfortunati non può essere ignorato dalla comunità internazionale. Certamente la coscienza dell'umanità deve diventare sempre piu consapevole dei mali della situazione, cosicché possa essere intrapresa una azione pronta e decisa verso una soluzione adeguata" (Allocutio ad Gubernantes et Nationum Legatos", 2, die 11 maii 1984: , VII, 1 [1984] 1377).


6. Il tema della mia visita è "Diritti umani: la dignità della persona umana". Il problema della fame e la piaga dei profughi sono direttamente connessi con la questione essenziale dei diritti umani. Tutti gli esseri umani hanno diritto a ciò che è necessario per il sostentamento della propria vita. Ignorare questo diritto in pratica è permettere una radicale discriminazione. E' condannare i nostri fratelli e le nostre sorelle all'estinzione o ad una esistenza subumana.

Ciò perché il continuo stato di carestia in alcune regioni, e il crescente numero di rifugiati in Africa e in tutto il mondo, deve pesare sulla coscienza di tutti coloro che possono e che dovrebbero operare per porre rimedio a queste situazioni. La fame nel mondo e il multiforme problema dei rifugiati sono solo due aspetti - entrambi davvero basilari ed importanti - di tutta una serie di problemi che devono essere affrontati affinché il mondo trovi il suo giusto equilibrio in un nuovo ordine internazionale basato sulla giustizia, la solidarietà e la pace.


7. In questi contesti, la comunità diplomatica ha un ruolo vitale da svolgere. Voi e i vostri colleghi potete attirare l'attenzione dei governi e dell'opinione pubblica sulle necessità delle popolazioni che soffrono e sulla gravità delle sottostanti condizioni economiche, sociali e politiche che devono essere indirizzate. Attraverso la vostra esperienza diretta dell'Africa, con simpatia e comprensione, potete cercare di persuadere agenzie di sostentamento a disegnare i loro programmi in modo adeguato alle reali condizioni delle società africane.

Similmente voi potete dar corpo alla convinzione che gli stessi Paesi africani devono occuparsi del proprio sviluppo e del proprio destino storico. V'è bisogno urgente di assistenza esterna, ma questa sarà di aiuto solo a lungo termine se la forza fondamentale di crescita e di sviluppo è autenticamente africana.

In tal senso è giusto per me sottolineare lo speciale significato del riconoscimento internazionale allo Zimbabwe per i risultati raggiunti nel campo della produzione di generi alimentari. Nello stesso tempo, si può percepire un crescente interesse mondiale nei confronti dei rifugiati e delle loro precarie condizioni nonché nei confronti dei fattori sociali e politici che inducono la gente a lasciare la propria madre patria. Questi esempi sono fonti di ispirazione e di speranza.


8. Io prego Dio onnipotente affinché condizioni di pace prevalgano in questa regione dell'Africa meridionale e in tutto il continente così che i popoli dell'Africa possano effettivamente affrontare la grande sfida dello sviluppo dell'Africa. Sono sicuro che voi, diplomatici impegnati, farete tutto il possibile per promuovere il vero benessere della famiglia umana e che voi servirete la causa della pace e della dignità umana con tutta la forza della vostra intelligenza e buona volontà.

Dio benedica voi e le vostre famiglie. Protegga i Paesi e i popoli che voi rappresentate.


Data: 1988-09-11 Data estesa: Domenica 11 Settembre 1988




Omelia della santa Messa all'ippodromo di Bulawayo (Zimbabwe)

Titolo: L'evangelizzazione sollecita ogni cristiano a testimoniare l'amore di Dio nel mondo

Testo:

Cari fratelli e sorelle in Cristo.


1. Questo invito del profeta Isaia, un invito dell'Antico Testamento, trova la sua realizzazione con l'avvento del Nuovo Testamento, il Nuovo ed eterno Testamento, nel sangue di Cristo: nella sua croce e nella sua risurrezione.

Vedete, gli apostoli "andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro fissato" (Mt 28,16).

Cristo andrà subito dal Padre. Ma prima di andar via dirà loro: "Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28,18-20).


2. "Ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole".

Questo comandamento è già stato adempiuto e, in effetti, lo si adempie costantemente in tutte le nazioni della terra. Ciò è avvenuto ed avviene costantemente fra di voi - in questa nazione del continente africano chiamata "Zimbabwe". In effetti, i primi sforzi per l'evangelizzazione cominciarono più di quattrocento anni fa, sforzi che erano ispirati da un grande amore per il Signore risorto ma che non riuscirono a stabilire una comunità cristiana duratura. Solo nel 1879 potè essere realizzato un notevole sforzo missionario da parte della Chiesa cattolica. Ma da allora in poi, il vostro Paese ha testimoniato ed è stato benedetto dal costante adempimento del comandamento di Cristo.

Nel secolo scorso, l'azione missionaria ha sperimentato numerosi cambiamenti, cambiamenti nelle scelte delle priorità e cambiamenti nei metodi impiegati. Ma ad ogni stadio l'insegnamento ha svolto un ruolo centrale. Gesù disse: "Create discepoli... battezzateli... ammaestrateli". E questo è ciò che voi avete fatto.

Il prodigioso risultato dell'evangelizzazione è più che evidente nella Chiesa nell'attuale Zimbabwe e nella celebrazione eucaristica di oggi. Vi assicuro, cari fratelli e sorelle in Cristo, che è per me una grande gioia essere in mezzo a voi a testimoniare direttamente le opere meravigliose che la divina Provvidenza sta compiendo in questo Paese, e a celebrare insieme con voi questi sacri misteri.

Vi saluto tutti nel santo Nome di Gesù: in primo luogo il Vescovo di Bulawayo, Vescovo Karlen, e con lui tutti i miei fratelli Vescovi che condividono con me, Vescovo di Roma, la responsabilità della custodia del gregge di Cristo e della proclamazione della buona novella della salvezza. In particolar modo, saluto il Vescovo Ignatius Prieto nel venticinquesimo anniversario della sua ordinazione episcopale e anche nel venticinquesimo anniversario della diocesi di Hwange.

Estendo le mie congratulazioni e i miei più fervidi auguri al Vescovo Prieto e a tutto il suo popolo.

Un saluto fraterno anche ai sacerdoti, religiosi e laici che rappresentano tutte le comunità parrocchiali di questa vasta regione dello Zimbabwe nota con il nome di Matabeleland. E' nelle comunità cristiane locali che il messaggio di Cristo viene in primo luogo ricevuto e rafforzato, ed è li che esso deve essere messo in pratica quotidianamente. Nelle comunità parrocchiali, fede, speranza e amore sono i principi guida della vostra vita.

So che molti non sono potuti venire qui oggi, anche se lo desideravano moltissimo. perciò chiedo a voi, miei amici in Cristo, di riportare nelle vostre parrocchie l'affettuoso saluto del Papa. Assicurate loro del mio amore pastorale nel Sacro Cuore di nostro Signore Gesù Cristo.


3. In questa celebrazione dell'Eucaristia, vi chiedo di unirvi a me nel ringraziare Dio per i frutti della evangelizzazione nello Zimbabwe e di pregare perché gli sforzi in tale direzione continuino ad avere successo.

Cos'è l'evangelizzazione? Potremmo rispondere con le parole dell'apostolo Paolo nella sua lettera ai Romani: "Se confesserai con la tua bocca che Gesù è il Signore, e crederai con il tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo" (Rm 10,9).

Evangelizzazione significa accettare la rivelazione che Dio fa di se stesso in Gesù Cristo. Il che implica l'accettare con fede ciò che Dio ha rivelato all' umanità, l'accogliere la verità del Cristo crocifisso e risorto (come diciamo nel Credo, "Fu crocifisso, mori e fu sepolto; e il terzo giorno resuscito dai morti").

E' esattamente questo Cristo "il Signore di tutti". Come Signore, cioè colui al quale "è stato dato ogni potere in cielo e in terra", Cristo distribuisce ad ognuno le ricchezze della salvezza che egli ottenne per noi con il sacrificio della sua vita sulla croce. Le ricchezze della salvezza sono le ricchezze dell'amore e della grazia di Dio. Noi condividiamo questi beni attraverso la fede.

San Paolo dice: "Con il cuore si crede per ottenere la giustizia e con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza" (Rm 10,10).

Dunque si tratta di una fede accettata con il cuore (con l'intelletto e la volontà), una fede radicata nel nostro intimo. E poi, essa viene professata con la nostra bocca e le nostre opere. "Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato" (Rm 10,13).


4. Una simile fede ci aiuta a guardare il mondo in modo nuovo, a vedere tutto ciò che ci circonda in una luce diversa. Ci rende capaci di considerare l'intero creato come l'opera di Dio, come un suo dono. Dunque attraverso il creato, possiamo rivolgerci al Creatore e glorificarlo con il nostro cuore e la nostra bocca; lo glorifichiamo secondo il modo indicato dallo splendido salmo della liturgia di oggi: "Ti lodino i popoli, Dio; / ti lodino i popoli tutti. / La terra ha dato il suo frutto. / Ci benedica Dio, il nostro Dio. / Ci benedica Dio e e lo temano / tutti i confini della terra" (Ps 67[66],6-8).

La fede nel Cristo crocifisso e risorto ci ispira inoltre a trasformare il mondo nello Spirito di Dio. Ma in primo luogo ciò significa una trasformazione del cuore umano, che ha le sue conseguenze nell'ambito della società e dei rapporti fra individui e nazioni.

Torniamo di nuovo alle parole del profeta Isaia: "Venite saliamo sul monte del Signore, / al tempio del Dio di Giacobbe, / perché ci indichi le sue vie / e possiamo camminare per i suoi sentieri; / poiché da Sion uscirà la legge / e da Gerusalemme la parola del Signore. / Egli sarà arbitro fra molti popoli; / forgeranno le loro spade in vomeri, / le loro lance in falci. / Un popolo non alzerà più la spada / contro un altro popolo, / non si eserciteranno più nell'arte della guerra. / Casa di Giacobbe, vieni, / camminiamo nella luce del signore" (Is 2,3-5).


5. L'evangelizzazione comincia nel cuore umano, in quel dialogo intimo fra ognuno di noi e Dio, nel momento in cui riconosciamo i nostri peccati e il nostro bisogno di un salvatore, allorché crediamo e professiamo con la bocca che Gesù Cristo è il Signore.

Ma la fede non può rimanere un fatto puramente privato. Poiché il sacramento del Battesimo ci rende membri della comunità cristiana, e ci si aspetta che diventiamo membri attivi della Chiesa locale, ascoltiamo la Parola di Dio, partecipiamo alla liturgia sacra, viviamo in fraterna carità. E la nostra fede in Cristo ci apre gli occhi affinché guardiamo al di là della nostra comunità parrocchiale, alla vita della Chiesa universale e ai bisogni del mondo che ci circonda. La Chiesa è presente nel mondo per il bene del mondo. Ed ogni suo membro ha la responsabilità di portare l'amore di Dio nel mondo.

Qui nello Zimbabwe, ciò significa che voi siete chiamati da Cristo per rispondere alle necessità e alle difficoltà dei vostri concittadini. Pensiamo subito alla grande sofferenza causata dalla guerra. Sono trascorsi appena 8 anni da quando ha avuto fine la vostra lotta per l'indipendenza nazionale. Anche dopo la fine della guerra, molte persone nel Matabeleland non hanno ancora trovato la vera pace. Quanto ha continuato a patire la popolazione civile a causa della guerriglia ed altre forme di violenza! Recentemente, nell'aprile scorso, il fratello Killian Knoerl di questa diocesi è rimasto vittima di una simile violenza.

So che non avete sofferto soltanto per voi stessi, ma avete anche cercato di aiutare le molte vittime della violenza: gli storpi, i mutilati, i parenti dei defunti, quelli ingiustamente privati delle loro proprietà e dei loro averi. Nello stesso tempo avete dovuto lavorare con pazienza e continuità per la riconciliazione e la pace, un obiettivo raggiunto con difficoltà dopo anni di conflitti. Avete cercato di portare a compimento la profezia di Isaia, dove afferma che le genti "forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci; un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo, non si eserciteranno più nell'arte della guerra" (Is 2,4).

Si, "non più esercitazioni per la guerra". Ma esercitazioni per la pace e lo sviluppo e soprattutto esercitazione nella verità. Ecco perché l'istruzione è così importante per lo sviluppo e per la evangelizzazione. L'esercitazione implica un impegno nell' apostolato dell'insegnamento e nelle scuole, soprattutto fra i giovani. Il futuro dello Zimbabwe dipende da questo. Il futuro della Chiesa nello Zimbabwe sarà forgiato sulla base dell'istruzione, poiché essa è essenziale per lo sviluppo dell'uomo. Come Papa Paolo VI ci ha ricordato: "fra l'evangelizzazione e il progresso umano - sviluppo e liberazione - esistono profondi legami" (Pauli VI, EN 31).

Poiché ogni persona ha delle necessità sociali ed economiche nonché spirituali, la Chiesa non può ignorare nessun aspetto di ciò che significa essere pienamente umani. I suoi programmi educativi mirano allo sviluppo della persona nella sua interezza - corpo e anima.

La Chiesa si occupa molto della famiglia, la famiglia nel suo insieme e nei suoi singoli membri. Nel vostro Paese, come nella maggior parte delle nazioni del mondo, la stabilità della vita familiare è seriamente minacciata da problemi come l'immoralità sessuale ed unioni irregolari, ma anche dalla mancanza di sicurezza economica e di alloggi. Occorre che gli sforzi per rafforzare la vita familiare ed insegnare la vera natura del matrimonio comincino nelle comunità parrocchiali locali, dove si conoscono gli individui e le loro situazioni reali.

In conformità, l'opera di evangelizzazione, che è la vera ragione di esistenza della Chiesa, deve coinvolgere anche la famiglia e attraverso essa fare di ogni membro della Chiesa un discepolo attivo.


6. Fu in nome della evangelizzazione che Cristo invio i suoi apostoli nel mondo intero ed egli volle che ogni fedele prendesse parte attiva ad essa. Questa missione deve essere portata avanti in modo tale che le vite di tutti coloro che credono in Cristo abbonderanno sempre di opere buone, cosicché essi porteranno agli individui e alle nazioni il vero sviluppo e il vero progresso. Ma affinché questa missione possa essere davvero efficace, dobbiamo tenere a mente le parole di san Paolo ai Romani: "Ora, come potranno invocarlo senza prima aver creduto in lui? E come potranno sentirne parlare senza uno che lo annunzi? E come lo annunzieranno senza essere prima inviati?" (Rm 10,14-15). Ma chi deve essere inviato? Chi sono gli evangelizzatori? Papa Paolo VI ha risposto davvero chiaramente a questi interrogativi dicendo: "E' l'intera Chiesa che riceve la missione di evangelizzare, e l'opera di ciascun singolo membro è importante per l'insieme... La persona che è stata evangelizzata va ad evangelizzare gli altri. In ciò consiste la prova della verità, la pietra miliare della evangelizzazione: è impensabile che una persona debba accettare la Parola e donarsi al regno di Cristo senza diventare una persona che rechi testimonianza di esso e lo proclami a sua volta" (Pauli VI, EN 15 EN 24).

E così, nelle vostre comunità cristiane nello Zimbabwe, coloro che hanno sofferto sono i più adatti a consolare ed incoraggiare gli altri. Come dice san Paolo, "(Dio) ci consola in ogni nostra tribolazione perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in qualsiasi genere di afflizione con la consolazione con cui siamo consolati noi stessi da Dio" (2Co 1,4).

I migliori apostoli della gioventù saranno spesso i giovani stessi, giovani uomini e giovani donne che gioiscono della loro fede in Cristo e conoscono l'importanza della preghiera quotidiana. E le coppie sposate, il cui amore reciproco è stato sigillato dal sacramento del Matrimonio e si è costruito col sacrificio giornaliero, sono le più adatte ad aiutare altri mariti e mogli a conoscere più a fondo il mistero dell'amore di Cristo per la Chiesa. Circoli familiari, ritrovi per persone sposate e programmi di approfondimento matrimoniale sono mezzi idonei all'apostolato del matrimonio e della famiglia.

Ma le nostre famiglie e le nostre piccole comunità cristiane, le parrocchie e le diocesi, hanno anche bisogno di pastori che votano se stessi esclusivamente al bene del gregge di Dio. In altre parole, abbiamo bisogno di buoni sacerdoti e religiosi, uomini e donne. Senza le loro preghiere e il loro pieno servizio, la evangelizzazione potrebbe perdere il senso della sua direzione e, soprattutto, la sua consapevolezza della dimensione universale della Chiesa.


7. Oggi il Vescovo di Roma, consapevole dell'eredità apostolica derivata dai santi Pietro e Paolo, si unisce a voi nel ringraziamento per il frutto della evangelizzazione che avete già ricevuto.

Veramente, "la terra ha ottenuto il suo frutto". Davvero, "Dio, il nostro Dio, ci ha benedetti". Eppure sappiamo che, "Non tutti hanno obbedito al Vangelo" (Rm 10,16). così Cristo disse e continua a dire: "Andate, dunque, e ammaestrate tutte le nazioni".

Mentre sono qui in questa terra, in questo continente, vi invito: innalziamo i nostri cuori a colui che è "il padrone della messe" e non cessiamo mai di pregare affinché "mandi operai nella sua messe" (Mt 9,38).

Nella sua messe! Poiché questa messe è davvero ricca!


Data: 1988-09-12 Data estesa: Lunedi 12 Settembre 1988





GPII 1988 Insegnamenti - Incontro con i giovani nello stadio di Harare (Zimbabwe)