GPII 1988 Insegnamenti - Ad un congresso sul Battesimo della Rus' - Città del Vaticano (Roma)

Ad un congresso sul Battesimo della Rus' - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il bisogno di equilibrio spirituale dei popoli è la sfida centrale della nostra civiltà

Testo:


1. Rivolgo con gioia il mio saluto a voi, illustri studiosi di diverse Istituzioni scientifiche dell'Est europeo e dell'Occidente, qui convenuti in occasione del Congresso Internazionale sul tema "Il Battesimo delle Terre Russe, Bilancio di un Millennio", promosso dall'Accademia Nazionale dei Lincei e dalla Fondazione Giorgio Cini in collaborazione con l'Accademia delle Scienze dell'URSS e con l'Associazione degli Scrittori Sovietici.

L'avvenimento che costituisce l'oggetto della vostra riflessione comune ha avuto, nel corso di quest'anno, una risonanza vastissima, ben oltre i confini dei popoli direttamente coinvolti. La provenienza di molti di voi, egregi signori, ne rende ulteriore testimonianza. Il Battesimo di san Vladimir e del suo popolo propagandosi infatti nel tempo come un'onda dal centro dell'antica Kiev ha raggiunto, com'è noto, le genti di una vastissima area geografica.


2. Anche le comunità stabilitesi in seguito nei giovani Paesi d'oltre oceano non hanno rinunciato al legame spirituale con la loro cultura d'origine.

Al contrario, nella fedeltà alla loro storia religiosa esse hanno visto la possibilità di offrire un contributo originale e creativo allo sviluppo culturale dei loro nuovi Paesi. Per queste ragioni può ben dirsi che il Battesimo di san Vladimir, mille anni dopo, esercita il proprio influsso anche al di là dei territori e dei popoli a cui appartiene in modo speciale. Voi senza dubbio, illustri signori, rappresentate una pluralità di sguardi sul medesimo oggetto; e non soltanto per i diversi interessi o le varie metodologie all'interno della scienza storica.

Tra di voi vi è chi si accosta agli eventi del Battesimo di Kiev con lo sguardo del credente, scorgendovi quel dono supremo nel quale, in Cristo, viene offerta all'uomo la possibilità di un radicale rinnovamento della vita in tutte le sue dimensioni costitutive.

Vi è anche lo sguardo di chi medita sul passato al di fuori dell'orizzonte della fede cristiana. Egli, con l'onestà intellettuale richiesta ad ogni studioso, credente o no, saprà constatare - tra le intricate complessità di tutto ciò che riguarda la storia - la fecondità di un avvenimento che non si presta, come del resto ogni fenomeno religioso, ad essere completamente risolto in categorie ad esso estranee.


3. In uno dei documenti con i quali ho inteso attirare l'attenzione dei fedeli cattolici sul millennio della conversione della Russia ho voluto ricordare, tra l'altro, come "le parole "culto" e "cultura" hanno la stessa radice" e come "anche tra gli slavi d'oriente il culto cristiano ha suscitato uno straordinario sviluppo della cultura in tutte le sue forme" ("Euntes in Mundum", 8).

I credenti in Cristo, è chiaro, non hanno potuto accostarsi a questa memoria giubilare senza far spazio alla preghiera di lode e di ringraziamento. Per questa ragione la Chiesa sorella del Patriarcato di Mosca ha voluto accanto a sé, nei momenti centrali del rendimento di grazie, l'intero mondo cristiano. Con grande gioia e vivissima partecipazione spirituale la Chiesa cattolica è stata rappresentata da una numerosa delegazione, guidata dal mio Segretario di Stato.

Per la medesima ragione i figli di san Vladimir della Chiesa di Kiev, che si riconoscono in piena comunione col successore di Pietro, hanno voluto celebrare la ricorrenza insieme con me, nella Basilica di San Pietro.

Il fatto linguistico che "culto" e "cultura" abbiano la stessa radice è traccia di una fondamentale verità: il culto rappresenta la forma primordiale e sorgiva della cultura. Sono sicuro che voi, con gli strumenti della vostra scienza, nel vostro "Bilancio del Millennio" non avete mancato di rendere testimonianza a questa verità.


4. Il problema centrale della nostra civiltà planetaria è eminentemente culturale: si avverte il bisogno di un equilibrio spirituale dei popoli, grazie al quale controllare le forze immense liberate dal progresso tecnologico degli ultimi decenni.

Un tale equilibrio, se ricercato in un fondamentale vuoto di cultura, conduce a quelle forme di miseria, inevitabilmente correlate, che ho chiamato la miseria del sovrasviluppo e quella del sottosviluppo. La memoria del passato, coltivata con metodo e coinvolgimento personale, da veri uomini di scienza, significa molto di più di un puro esercizio accademico. Serve per progettare. il futuro. E' in gioco quella cultura nuova, che intuiamo in gestazione specialmente quando ci immergiamo nella considerazione del passato. Essa richiede frontiere aperte alla circolazione dello spirito, ancor prima che delle merci. Ma soprattutto richiede una rinnovata attenzione al mistero del culto, del quale occorre saper finalmente comprendere, al di là delle letture riduttive proprie delle ideologie degli ultimi secoli, l'inesauribile ricchezza come principale e fondamentale sorgente di significato e di rinnovamento.

Alla luce di questi pensieri, la memoria del Battesimo dell'antica Rus' sul quale, specialmente nel corso di quest'anno, ci siamo così a lungo trattenuti, ci conduce a rivolgere lo sguardo verso l'alba del prossimo millennio.

Faccia Dio che esso arrechi all'umanità e in particolar modo ai popoli in cui rivive il patrimonio spirituale della Rus' di Kiev, pace e prosperità nel contesto di un umanesimo sempre più aperto ai perenni valori del Vangelo di Cristo.


Data: 1988-11-12 Data estesa: Sabato 12 Novembre 1988




Ai partecipanti al II Congresso Internazionale di Teologia Morale - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Non si può parlare di diligente ricerca della verità se non si tiene conto di ciò che il Magistero insegna

Testo:


1. Con viva gioia rivolgo il mio saluto a voi, illustri docenti, e a voi tutti che avete preso parte al Congresso Internazionale di Teologia Morale, giunto ormai alla sua conclusione. Il mio saluto si estende al signor Cardinale Hans Hermann Groër, Arcivescovo di Vienna, e ai rappresentanti dei Cavalieri di Colombo, i quali col loro generoso contributo hanno reso possibile la celebrazione del congresso.

Una parola di compiacimento va pure all'Istituto di studi su Matrimonio e Famiglia della Pontificia Università Lateranense e al Centro Accademico Romano della Santa Croce, che l'hanno promosso e realizzato.

Il tema che vi ha impegnato in questi giorni, cari fratelli, stimolando la vostra approfondita riflessione, è stata l'enciclica "Humanae Vitae" con la complessa rete di problemi che ad essa si ricollegano.

Come sapete, nei giorni scorsi si è svolto un convegno, a cura del Pontificio Consiglio per la Famiglia, al quale hanno preso parte, in rappresentanza delle conferenze episcopali di tutto il mondo, i Vescovi responsabili, della pastorale familiare nelle rispettive nazioni. Questa non casuale coincidenza mi offre subito l'opportunità di sottolineare l'importanza della collaborazione tra i pastori e i teologi e, più in generale, tra i pastori e il mondo della scienza, al fine di assicurare un sostegno efficace e adeguato agli sposi impegnati a realizzare nella loro vita il progetto divino sul matrimonio.

E' a tutti noto l'esplicito invito che nell'enciclica "Humanae Vitae" è rivolto agli uomini di scienza, e in special modo agli scienziati cattolici, perché mediante i loro studi contribuiscano a chiarire sempre più a fondo le diverse condizioni che favoriscono una onesta regolazione della procreazione umana (cfr. Pauli VI HV 24). Tale invito ho rinnovato anch'io in diverse circostanze, giacché sono convinto che l'impegno interdisciplinare sia indispensabile per un approccio adeguato alla complessa problematica che attiene a questo delicato settore.


2. La seconda opportunità, che mi si offre, è di dare atto dei confortanti risultati già raggiunti ai molti studiosi che, nel corso di questi anni, hanno fatto progredire la ricerca in questa materia. Grazie anche al loro apporto è stato possibile mettere in luce la ricchezza di verità, ed anzi il valore illuminante e quasi profetico, dell'enciclica paolina, verso la quale volgono l'attenzione con crescente interesse persone delle più diverse estrazioni culturali.

Accenni di ripensamento è possibile cogliere anche in quei settori del mondo cattolico, che furono inizialmente un po' critici nei confronti dell'importante documento. Il progresso nella riflessione biblica e antropologica ha consentito, infatti, di meglio chiarirne presupposti e significati.

In particolare, deve essere ricordata la testimonianza offerta dai Vescovi nel Sinodo del 1980: essi "nell'unità della fede col successore di Pietro" scrivevano di tenere fermamente "ciò che nel Concilio Vaticano II (cfr. GS 50) e, in seguito, nell'enciclica "Humanae Vitae" viene proposto e, in particolare, che l'amore coniugale deve essere pienamente umano, esclusivo e aperto alla vita (Pauli VI HV 11 et cfr. HV 9 HV 12)" (Synodi Episc. 1980 "Propositio 22").

Tale testimonianza raccolsi poi io stesso nell'esortazione post-sinodale "Familiaris Consortio", riproponendo, nel più ampio contesto della vocazione e della missione della famiglia, la prospettiva antropologica e morale della "Humanae Vitae" nonché la conseguente norma etica che se ne deve trarre per la vita degli sposi.


3. Non si tratta, infatti, di una dottrina inventata dall'uomo: essa è stata inscritta dalla mano creatrice di Dio nella stessa natura delta persona umana ed è stata da lui confermata nella rivelazione. Metterla in discussione, pertanto, equivale a rifiutare a Dio stesso l'obbedienza della nostra intelligenza. Equivale a preferire il lume della nostra ragione alla luce della divina sapienza, cadendo così nell'oscurità dell'errore e finendo per intaccare altri fondamentali capisaldi della dottrina cristiana.

Bisogna al riguardo ricordare che l'insieme delle verità, affidate al ministero della predicazione della Chiesa, costituisce un tutto unitario, quasi una sorta di sinfonia, nella quale ogni verità si integra armoniosamente con le altre. I venti anni trascorsi hanno dimostrato, al contrario, quest'intima consonanza: l'esitazione o il dubbio circa la norma morale, insegnata nella "Humanae Vitae", ha coinvolto anche altre fondamentali verità di ragione e di fede. So che questo fatto è stato oggetto di attenta considerazione durante il vostro congresso, e su di esso vorrei ora attirare la vostra attenzione.


4. Come insegna il Concilio Vaticano II, "nell'intimo della coscienza l'uomo scopre una legge, che non è lui a darsi, ma alla quale invece deve obbedire...

L'uomo ha in realtà una legge scritta da Dio dentro il suo cuore; obbedire è la dignità stessa dell'uomo e secondo questa egli sarà giudicato" (GS 16).

Durante questi anni, a seguito della contestazione della "Humanae Vitae", è stata messa in discussione la stessa dottrina cristiana della coscienza morale, accettando l'idea di coscienza creatrice della norma morale. In tal modo è stato radicalmente spezzato quel vincolo di obbedienza alla santa volontà del Creatore, in cui consiste la stessa dignità dell'uomo. La coscienza, infatti, è il "luogo" in cui l'uomo viene illuminato da una luce che non gli deriva dalla sua ragione creata e sempre fallibile, ma dalla sapienza stessa del Verbo, nel quale tutto è stato creato. "La coscienza" - scrive ancora mirabilmente il Vaticano II - "è il nucleo più segreto e il sacrario dell'uomo, dove egli si trova solo con Dio, la cui voce risuona nell'intimità propria" (GS 16).

Da ciò scaturiscono alcune conseguenze, che mette conto di sottolineare.

Poiché il Magistero della Chiesa è stato istituito da Cristo Signore per illuminare la coscienza, richiamarsi a questa coscienza precisamente per contestare la verità di quanto è insegnato dal Magistero comporta il rifiuto della concezione cattolica sia di Magistero che di coscienza morale. Parlare di dignità intangibile della coscienza senza ulteriori specificazioni, espone al rischio di gravi errori. Ben diversa, infatti è la situazione in cui versa la persona che, dopo aver messo in atto tutti i mezzi a sua disposizione nella ricerca della verità, incorre in errore e quella invece di chi, o per mera acquiescenza alla opinione della maggioranza spesso intenzionalmente creata dai poteri del mondo, o per negligenza, poco si cura di scoprire la verità. E' il limpido insegnamento del Vaticano II a ricordarcelo: "Tuttavia succede non di rado che la coscienza sia erronea per ignoranza invincibile, senza che per questo essa perda la sua dignità.

Ma ciò non si può dire quando l'uomo poco si cura di cercare la verità e il bene, e quando la coscienza diventa quasi cieca in seguito all'abitudine del peccato" (GS 16).

Tra i mezzi che l'amore redentivo di Cristo ha predisposto al fine di evitare questo pericolo di errore, si colloca il Magistero della Chiesa: in suo nome, esso possiede una vera e propria autorità di insegnamento. Non si può, pertanto, dire che un fedele ha messo in atto una diligente ricerca del vero, se non tiene conto di ciò che il Magistero insegna; se, equiparandolo a qualsiasi altra fonte di conoscenza, egli se ne costituisce giudice; se, nel dubbio, insegue piuttosto la propria opinione o quella di teologi, preferendola all'insegnamento certo del Magistero.

Il parlare ancora, in questa situazione, di dignità della coscienza senza aggiungere altro, non risponde a quanto è insegnato dal Vaticano II e da tutta la Tradizione della Chiesa.


5. Strettamente connesso col tema della coscienza morale è il tema della forza vincolante propria della norma morale, insegnata dalla "Humanae Vitae".

Paolo VI, qualificando l'atto contraccettivo come intrinsecamente illecito, ha inteso insegnare che la norma morale è tale da non ammettere eccezioni: nessuna circostanza personale o sociale ha mai potuto, può e potrà rendere in se stesso ordinato un tale atto. L'esistenza di norme particolari in ordine all'agire intra-mondano dell'uomo, dotate di una tale forza obbligante da escludere sempre e comunque la possibilità di eccezioni, è un insegnamento costante della Tradizione e del Magistero della Chiesa che non può essere messo in discussione dal teologo cattolico.

Si tocca qui un punto centrale della dottrina cristiana riguardante Dio e l'uomo. A ben guardare ciò che è messo in questione, rifiutando quell'insegnamento, è l'idea stessa della santità di Dio. Predestinandoci ad essere santi e immacolati al suo cospetto, egli ci ha creati "in Cristo Gesù per le opere buone che... ha predisposto perché noi le praticassimo" (Ep 2,10): quelle norme morali sono semplicemente l'esigenza, dalla quale nessuna circostanza storica può dispensare, della santità di Dio che si partecipa in concreto, non già in astratto, alla singola persona umana.

Non solo, ma quella negazione rende vana la croce di Cristo (cfr. 1Co 1,17). Incarnandosi, il Verbo è entrato pienamente nella nostra quotidiana esistenza, che si articola in atti umani concreti; morendo per i nostri peccati, egli ci ha ri-creati nella santità originaria, che deve esprimersi nella nostra quotidiana attività intra-mondana.

Ed ancora: quella negazione implica, come logica conseguenza, che non esiste alcuna verità dell'uomo sottratta al flusso del divenire storico. La vanificazione del mistero di Dio, come sempre, finisce nella vanificazione del mistero dell'uomo, ed il non riconoscimento dei diritti di Dio, come sempre, finisce nella negazione della dignità dell'uomo.


6. Il Signore ci dona di celebrare questo anniversario perché ciascuno esamini se stesso davanti a lui, al fine di impegnarsi in futuro - secondo la propria responsabilità ecclesiale - a difendere e ad approfondire la verità etica insegnata nell'"Humanae Vitae".

La responsabilità che grava su di voi in questo campo, cari docenti di teologia morale, è grande. Chi può misurare l'influsso che il vostro insegnamento esercita sia nella formazione della coscienza dei fedeli sia nella formazione dei futuri pastori della Chiesa? Nel corso di questi venti anni non sono, purtroppo, mancate da parte di un certo numero di docenti forme di aperto dissenso nei confronti di quanto ha insegnato Paolo VI nella sua enciclica.

Questa ricorrenza anniversaria può offrire lo spunto per un coraggioso ripensamento delle ragioni che hanno portato quegli studiosi ad assumere tali posizioni. Allora si scoprirà probabilmente che alla radice dell'"opposizione" all'"Humanae Vitae" c'è un'erronea o, almeno, un'insufficiente comprensione dei fondamenti stessi su cui poggia la teologia morale. L'accettazione acritica dei postulati propri di alcuni orientamenti filosofici e l'"utilizzazione" unilaterale dei dati offerti dalla scienza possono aver condotto fuori strada, nonostante le buone intenzioni, alcuni interpreti del documento pontificio. E' necessario da parte di tutti uno sforzo generoso per meglio chiarire i principi fondamentali della teologia morale, avendo cura - come ha raccomandato il Concilio - di far si che "la sua esposizione scientifica, maggiormente fondata sulla Sacra Scrittura, illustri l'altezza della vocazione dei fedeli in Cristo e il loro obbligo di apportare frutto nella carità per la vita del mondo" (OT 16).


7. In questo impegno un notevole impulso può venire dal Pontificio Istituto per studi su matrimonio e famiglia, il cui scopo è appunto di mettere "sempre più in luce con metodo scientifico la verità del matrimonio e della famiglia" e di offrire la possibilità a laici, religiosi e sacerdoti di "conseguire in questo ambito una formazione scientifica sia filosofico-teologica sia nelle scienze umane", che li renda idonei ad operare in modo efficace a servizio della pastorale familiare (cfr. "Magnum Matrimonii", 3).

Se si vuole tuttavia che la problematica morale connessa con la "Humanae Vitae" e con la "Familiaris Consortio" trovi il suo giusto posto in quell'importante settore del lavoro e della missione della Chiesa che è la pastorale familiare e susciti la risposta responsabile degli stessi laici quali protagonisti di un'azione ecclesiale che li riguarda tanto da vicino, è necessario che istituti come questo si moltiplichino nei vari Paesi: solo così sarà possibile far progredire l'approfondimento dottrinale della verità e predisporre le iniziative di ordine pastorale in modo adeguato alle esigenze emergenti nei diversi ambienti culturali ed umani.

Soprattutto occorre che l'insegnamento della teologia morale nei seminari e negli istituti di formazione sia conforme alle direttive del Magistero, così che da essi escano ministri di Dio, i quali "parlino uno stesso linguaggio" (Pauli VI HV 28), non sminuendo "in nulla la salutare dottrina di Cristo" (Pauli VI HV 29).

E' qui chiamato in causa il senso di responsabilità dei docenti, i quali devono essere i primi a dare ai loro alunni l'esempio di "un leale ossequio, interno ed esterno, al Magistero della Chiesa" (Pauli VI HV 28).


8. Vedendo tanti giovani studenti - sacerdoti e non - presenti a questo incontro, voglio concludere rivolgendo anche a loro un particolare saluto.

Uno dei profondi conoscitori del cuore umano, sant'Agostino, scrisse: "Questa è la nostra libertà: sottometterci alla verità" (S. Augustini "De Libero Arbitrio", 2,13,37). Cercate sempre la verità: venerate la verità scoperta; ubbidite alla verità. Non c'è gioia al di fuori di questa ricerca, di questa venerazione, di questa ubbidienza.

In tale mirabile avventura del vostro spirito, la Chiesa non vi è di ostacolo: al contrario, vi è di aiuto. Allontanandovi dal suo Magistero, vi esporrete alla vanità dell'errore e alla schiavitù delle opinioni: apparentemente forti, ma in realtà fragili, poiché solo la verità del Signore rimane in eterno.

Nell'invocare la divina assistenza sulla vostra nobile fatica di ricercatori della verità e di suoi apostoli, imparto a tutti di cuore la mia benedizione.


Data: 1988-11-12 Data estesa: Sabato 12 Novembre 1988




Messaggio per il Congresso eucaristico in Ecuador - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il "pane disceso dal cielo" preservi e difendi la vita da quanti intendono seminare desolazione e morte

Testo:

Signor Cardinale, cari Vescovi dell'Ecuador, amatissimi fratelli e sorelle.


1. Con grande gioia e speranza desidero unirmi spiritualmente a tutti voi per il V Congresso eucaristico nazionale che con il motto "Con Maria verso Cristo, pane disceso dal cielo", vede riuniti a Guayaquil gli amati figli e figlie della Chiesa dell'Ecuador per condividere la comune fede nell'Eucarestia e rafforzare i vincoli di carità fra i membri del corpo mistico di Cristo.

Da Roma, sede dell'apostolo Pietro e centro della cattolicità, invio un saluto caloroso ed affettuoso a tutti gli ecuadoriani: "Grazia a voi e pace da parte di Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo" (Ga 1,3).

In questa solenne occasione desidero anche rendermi presente in modo particolare nella persona del signor Cardinale Eduardo Martinez Somalo, mio inviato speciale per questo Congresso eucaristico.

Mi tornano in mente le intense giornate che ho vissuto a Quito, Latacunga, Cuenca e Guayaquil durante il mio viaggio apostolico in quella amata nazione e, nuovamente, rendo grazie a Dio per aver reso possibili quei calorosi incontri con i pastori ed il popolo dei fedeli ecuadoriani, che con tanto affetto e sollecitudine ha espresso la sua vicinanza e comunione con il successore di Pietro, mostrando chiaramente ancora una volta l'anima generosa e nobile dei figli di quella terra benedetta.


2. Il Congresso eucaristico nazionale deve essere un forte richiamo per ravvivare i valori cristiani che hanno forgiato l'identità della vostra nazione attraverso la storia. Guayaquil diventa in questa occasione un nuovo cenacolo, in cui il Popolo di Dio si riunisce per cantare e riaffermare la fede della Chiesa nel Santissimo Sacramento.

L'Eucarestia è per eccellenza il sacramento della nostra fede, poiché in essa è contenuto, si offre e si riceve nostro Signore Gesù Cristo, perpetuando il memoriale della sua morte e risurrezione. perciò la Chiesa di tutti i tempi ha proclamato questo sacramento come culmine e fonte del culto e della vita cristiana (cfr. LG 11). Sotto le spoglie sacramentali del pane e del vino, Gesù è realmente presente con il suo corpo, il suo sangue, la sua anima e la sua divinità.


3. Nel pane disceso dal cielo adoriamo il Figlio di Dio, "nato da donna" (Ga 4,4), nato da Maria, che per opera dello Spirito Santo concepi nel suo seno e diede alla luce un figlio a cui diede il nome di Gesù (cfr. Lc 1,31-35). Con ragione avete voluto che, nel contesto dell'anno mariano, la Vergine fosse presente in modo particolare nel vostro Congresso eucaristico nazionale. In questo modo, anche la devozione a nostra Signora riceverà una nuova vitalità, stimolando una più intensa formazione cristiana nei fedeli, una più attiva partecipazione alla vita liturgica e caritativa della Chiesa, ed un rinnovato dinamismo apostolico.


3. La comunione con il corpo e il sangue di Cristo porta con sé alcune esigenze inderogabili che devono tradursi in un deciso impegno cristiano che ispiri la vita dell'individuo, della famiglia, della società.

Nella misura in cui il fedele cristiano, nel profondo del suo cuore, resta aperto nei confronti di Gesù Eucaristia, sarà capace di annunciare agli altri la buona novella di salvezza.

Allo stesso modo, la famiglia, che si vede oggi attaccata da pericoli ed ideologie diverse, potrà trovare nel pane disceso dal cielo il sostegno che la potrà mantenere unita e dedita alla difesa della vita di fronte a tutte le forze che vogliono seminare desolazione e morte.

Da parte sua la comunità, che intorno all'altare professa il mistero della fede, deve essere lo stimolo affinché i valori morali ed etici siano salvaguardati nella vita sociale e nella gestione dei poteri pubblici, nonostante le innegabili deficienze, frutto di egoismi ed interessi contrapposti.


4. Nelle mie preghiere davanti al tabernacolo chiedo a Gesù sacramento che il Congresso eucaristico nazionale di Guayaquil sia una pietra miliare nella storia della Chiesa nell'Ecuador: che la confermi come Chiesa impegnata nella nuova evangelizzazione a cui tutta l'America Latina è chiamata di fronte al V centenario dell'arrivo del messaggio salvifico al nuovo mondo. Che sia una Chiesa in cui fioriscano abbondanti vocazioni sacerdotali e religiose, e che si impegni in modo deciso nell'edificazione della civiltà della verità e della giustizia, dell'amore e della libertà.

In questa solenne circostanza vi invito ad invocare Maria perché grazie alla sua intercessione materna il suo divino Figlio elargisca abbondanti doni di grazia ai pastori e fedeli dell'Ecuador, particolarmente a coloro che più ne hanno bisogno: i malati, i poveri, gli emarginati e tutti coloro che soffrono.

Con questi ferventi auguri ed in segno della costante assistenza divina, imparto di cuore una speciale benedizione apostolica.


Data: 1988-11-13 Data estesa: Domenica 13 Novembre 1988




Recita dell'"Angelus" - Città del Vaticano (Roma

Titolo: Il Santuario di Nostra Signora del Santo Rosario del Capo, centro di evangelizzazione e di devozione mariana in Canada

Testo:

Carissimi fratelli.


1. Il Collegio Canadese di Roma ha recentemente celebrato il centenario della sua fondazione ed i Vescovi di quel grande Paese stanno compiendo in queste settimane la loro visita "ad limina". L'occasione è propizia per volgere il pensiero, durante questo "Angelus", al Santuario mariano più importante del Canada: quello di Nostra Signora del Santo Rosario del Capo, situato a metà strada tra Québec e Montréal nella città di Cap-de-la-Madeleine, in diocesi di Trois-Riviéres.

Il culto a Maria in quel luogo ebbe inizio nel 1714 in una piccola cappella, rivelatasi ben presto insufficiente ad accogliere i pellegrini. Fu perciò decisa la costruzione di un nuovo tempio, inaugurato nel 1888. La beata Vergine si degno di manifestare la sua predilezione per tale Santuario impetrando da Dio alcuni segni prodigiosi, all'inizio e al termine dei lavori di costruzione.

Da allora le pratiche di pietà e l'afflusso dei pellegrini non hanno fatto che aumentare fino ai nostri giorni.


2. Nel 1902 il Santuario fu affidato alla cura dei Missionari Oblati di Maria Immacolata, che tuttora svolgono con grande zelo una vasta e molteplice opera pastorale, coadiuvati da molti laici e da organizzazioni e movimenti assistenziali e caritativi. Dal 1954 al 1964 si dette mano alla costruzione di una Basilica, a fianco del tempio precedente, sicché oggi questo centro mariano comprende due chiese in mezzo ad ameni giardini e ad opportune strutture di accoglienza, che soddisfano alle esigenze di quanti desiderano trovare, ai piedi della Madre comune, luce e ristoro allo spirito affaticato dalle traversie e dalle oscurità della vita.

Il Santuario vuole essere principalmente un centro di evangelizzazione e di devozione mariana. Pertanto, vi viene largamente amministrato il sacramento della Riconciliazione; vi si svolge un'opera intensa di formazione catechetica e teologica; vi si organizzano incontri liturgici o paraliturgici di vario genere, a seconda delle possibilità o degli interessi dei pellegrini.


3. Il vertice di tutte le manifestazioni mariane del Santuario è raggiunto in occasione della solennità dell'Assunzione, che è accuratamente preparata da una novena, nel corso della quale e per la durata di tre ore al giorno, migliaia di pellegrini pregano, cantano, ascoltano la Parola di Dio e partecipano alla celebrazione eucaristica.

Il Santuario ha vissuto con particolare entusiasmo alcuni "momenti forti" del cammino ecclesiale di questi ultimi anni, come il recente anno santo della redenzione e l'anno mariano. Quando, nel settembre del 1984, ebbi la gioia di visitarlo, vi fui accolto da commoventi manifestazioni d'affetto, di cui conservo sempre vivo il ricordo nel cuore.

Spiritualmente inginocchiato davanti all'immagine di Nostra Signora del Santo Rosario del Capo, affido anche oggi alla sua protezione materna le popolazioni del Canada, impetrando per esse e per tutti i figli della Chiesa il dono di una fede ardente ed operosa, capace di testimoniare davanti al mondo di oggi i perenni valori del Vangelo.

[Al termine della preghiera il Santo Padre ha pronunziato le seguenti parole:] Rivolgo un saluto particolare ai rappresentanti dei coltivatori della terra convenuti a Roma per celebrare la XXXVIII Giornata del Ringraziamento.

Questa Giornata, promossa dalla Conferenza episcopale Italiana, sia occasione propizia per rinnovare la nostra lode e il nostro ringraziamento a Dio per i frutti della terra e del lavoro umano, come anche per tutti i benefici che egli ci concede. Ma sia anche occasione per riflettere sui gravi problemi della fame nel mondo e del giusto uso dei beni e delle risorse, perché si giunga a realizzare forme sempre più valide di generosa solidarietà sociale.


[Omissis. Segue saluto ai rappresentanti dei Coltivatori Diretti]


Data: 1988-11-13 Data estesa: Domenica 13 Novembre 1988




Visite pastorali del Vescovo di Roma - Roma

Titolo: Parrocchia di santa Maria Maggiore in san Vito

Testo:

[Ai bambini che frequentano i corsi del catechismo] Sia lodato Gesù Cristo.

Vorrei esprimere soprattutto il mio apprezzamento per le parole della vostra amica. Ha pronunciato un discorso molto saggio e abbastanza elevato. Vorrei ringraziare anche per questi doni che mi sono stati offerti dagli altri due amici un po' più piccoli: i disegni. Sono molto belli.

Ho ascoltato con grande attenzione quello che mi è stato detto. E mi è venuta in mente una parola che qualche volta il papà o la mamma dicono soprattutto ai ragazzi: guardami negli occhi! Ecco, perché devo guardare negli occhi la mia mamma? Perché la mia mamma vuol vedere i miei occhi? Perché in questi occhi è iscritta, quasi la verità, la tua verità. Gli occhi dei bambini, gli occhi umani hanno una speciale profondità, che quasi rispecchia tutta la verità sulla persona umana.

La vostra amica ha parlato della verità e lo ha fatto facendo allusione all'ambiente in cui ci troviamo. Ci troviamo dentro una università dove si tengono corsi accademici, dove si insegna la verità, dove si cerca e poi si cerca di tradurre ciò che si è cercato come verità. Ci troviamo in una università, ma la verità non si cerca solamente nelle università, ma dappertutto. L'uomo non può vivere senza la verità, anche questi piccoli bambini non possono vivere senza la verità.

Allora ringrazio per queste parole perché erano molto adatte alla circostanza, a questa aula in cui ci troviamo e soprattutto alla vostra vita. Vi auguro, carissimi bambini, di camminare sulla strada della verità, di quella verità di cui Cristo è il nostro maestro, la nostra guida. Nella parrocchia, nella catechesi si compie questo cammino. Si cerca di camminare seguendo Cristo, ascoltando la sua verità per essere illuminati, per portare questa verità negli occhi, ma soprattutto nella mente e nel cuore, per orientare con questa verità la propria vita.

Vi auguro tutto questo per ogni anno di catechesi, a cominciare dagli anni prescolastici a quelli della prima classe, della preparazione alla Comunione, delle classi maggiori, della preparazione alla Cresima e per tutta la vita.

Questo volevo offrirvi, ragazzi e ragazze di questa parrocchia, e questo vorrei anche offrire ai vostri genitori, qui presenti, perché i genitori sono preoccupati, in ansia, hanno una responsabilità perché questo cammino della vostra vita si compia nella verità, nella verità di Cristo, nella verità cristiana, nella fede. Allora rivolgo questi auguri anche ai vostri genitori, a coloro che vi insegnano il catechismo, al vostro ambiente, a questa comunità, a questa comunità cristiana che si chiama parrocchia di san Vito della quale sono oggi ospite. Vi ringrazio perché siete stati voi, i più giovani, ad incontrare per primi il Papa, voi che siete i più giovani parrocchiani e che ci parlate più degli altri dell'avvenire della comunità parrocchiale, delle vostre famiglie e di questo popolo al quale appartenete, della Chiesa.

Con queste riflessioni e con questi sentimenti vorrei offrire a tutti voi qui presenti, giovani parrocchiani, una benedizione insieme con il Cardinale vicario e con il Vescovo della vostra zona pastorale del centro.


[Omelia durante la celebrazione eucaristica]


GPII 1988 Insegnamenti - Ad un congresso sul Battesimo della Rus' - Città del Vaticano (Roma)